SENTENZA N. 37
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente
Dott. Gaetano AZZARITI
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, promossi con le seguenti ordinanze pronunziate il 25 giugno 1956 dalla Corte di cassazione, Sezioni unite civili, nei procedimenti civili vertenti rispettivamente tra:
1) la Società per azioni Carlo Erba, il Ministero dell'industria e commercio e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la Società ParkeDavis & Company;
2) la Società per azioni Carlo Erba, l'Istituto De Angeli, il Ministero dell'industria e commercio e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro le ditte J. R. Geigy A. G., Usines Chimiques des Laboratoires Francaises ed altre ditte;
3) l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta Farbwerk A. G. Vermales Meister Lucius & Bruening;
4) la Società per azioni Carlo Erba e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta May e Baker;
5) la Società dr. Recordati laboratorio farmacologico e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta May e Baker;
6) la Società per azioni Carlo Erba e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta C. I. B. A. S. A. ;
7) l'Istituto De Angeli e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta The Wellcome Foundation Limited di Londra;
8) l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta American Cyanamid Company;
9) l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta American Cyanamid Company;
10) l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità contro la ditta American Cyanamid Company;
ordinanze iscritte rispettivamente ai nn. 311, 312, 313, 314, 315, 320, 321, 324, 325 e 326 del Reg. ord. 1956 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1956 le prime cinque, e le altre nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 3 novembre 1956.
Udita nell'udienza pubblica del 19 dicembre 1956 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;
uditi gli avvocati Carlo Arturo Jemolo, Mario Rotondi, Natale Mazzolà ed Enrico Porzio per la Società Carlo Erba e l'Istituto De Angeli, e gli avvocati Umberto Allioni, Virgilio Andrioli, Adolfo Mario Bentivoglio e Costantino Mortati per le ditte Parke Davis & Company, J. R. Geigy A. G., Usines Chimiques des Laboratoires Francaises, Farbwerk A. G. Vermals Meister Lucius & Bruening, C. I. B. A. S. A.
Ritenuto in fatto
Con dieci ordinanze pronunciate il 25 giugno 1956, la Corte di cassazione a sezioni unite civili ha disposto la sospensione di altrettanti giudizi davanti ad essa pendenti e la trasmissione degli atti a questa Corte per la decisione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, che dispone testualmente: "non possono costituire oggetto di brevetto i medicinali di qualsiasi genere né i processi per la loro produzione".
La questione di legittimità costituzionale del citato art. 14 era stata sollevata nel corso di vari procedimenti, instaurati da diverse case farmaceutiche avanti alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti presso il Ministero dell'industria e commercio, a seguito del rifiuto opposto dall'ufficio brevetti alle domande di privativa per invenzioni industriali di metodi di fabbricazione di medicinali.
In questi procedimenti i difensori delle case ricorrenti avevano sostenuto la tesi - poi accolta dalla Commissione - della illegittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, del citato R.D. n. 1127 del 1939, per essere questa norma in contrasto con la delega legislativa conferita al Governo con il R.D.L. 24 febbraio 1939, n. 317, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, e in particolare per avere stabilito, eccedendo i limiti della delega, la esclusione della brevettazione dei processi per la produzione di medicamenti.
Contro le decisioni della Commissione dei brevetti avevano proposto ricorso per cassazione alcune case farmaceutiche italiane che avevano spiegato intervento nei giudizi davanti alla Commissione stessa, nonché, in via incidentale adesiva, il Ministero dell'industria e commercio e l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità. Innanzi alla Corte di cassazione era stata riproposta la questione di legittimità costituzionale ed essendo, nel frattempo, entrata in funzione la Corte costituzionale, era stata appunto chiesta la sospensione del processo e la trasmissione degli atti a questa Corte per la decisione.
Le ordinanze della Corte di cassazione sono state regolarmente notificate ai sensi di legge, comunicate ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
Nei termini di legge si sono costituite in giudizio davanti a questa Corte solo alcune delle parti rispettivamente ricorrenti e resistenti nel giudizio di cassazione. In particolare, le società Carlo Erba e Istituto De Angeli si sono costituite con il patrocinio degli avvocati Enrico Porzio, Mario Rotondi, Carlo Arturo Jemolo e Natale Mazzolà; le società Parke Davis & Company, R. Geigy A. G., Farbwerk Bruening e C. I. B. A. con il patrocinio degli avvocati Umberto Allioni, Virgilio Andreoli, Adolfo Mario Bentivoglio, Costantino Mortati e Piero Petrilli. Non si é invece costituita l'Avvocatura generale dello Stato.
La Corte di cassazione, nelle sue ordinanze, ha sostanzialmente osservato che la questione di legittimità costituzionale proposta é rilevante per la definizione dei giudizi dal momento che, per stabilire se sia o meno consentita la brevettazione di singoli processi per la fabbricazione di medicamenti, si deve preliminarmente risolvere la questione di legittimità costituzionale della norma che quella brevettazione esclude; che la questione stessa, nonostante abbia per oggetto un eccesso del provvedimento delegato rispetto alla legge di delegazione verificatosi anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione, é di competenza di questa Corte; che infine l'eccezione non poteva considerarsi come manifestamente infondata per l'assorbente ragione che la stessa Corte di cassazione in suoi precedenti giudicati l'aveva accolta.
I difensori delle case farmaceutiche che avevano sollevato l'eccezione di illegittimità costituzionale ribadiscono, in questa sede, la loro tesi. Premettono che la materia delle privative industriali e dei marchi di fabbrica e di commercio era stata regolata con R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, per delegazione contenuta nella legge 25 novembre 1926, n. 2032; che l'art. 16 del R.D. stabiliva che non potevano costituire oggetto di privativa i medicamenti di qualsiasi genere, ma che si poteva tuttavia "concedere la privativa per i processi usati nella loro produzione"; che peraltro l'art. 134 delle disposizioni transitorie dello stesso decreto ne aveva rinviato l'entrata in vigore a quindici giorni dopo l'entrata in vigore del regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto; che il regolamento non era mai stato emanato, sicché il decreto non aveva mai acquistato forza di legge; che con D.L. 24 febbraio 1939, n. 317 (convertito poi nella legge 2 giugno 1939, n. 739) era stata disposta l'attuazione del R.D. n. 1602 del 1934 in tempi diversi e mediante separati provvedimenti, ma che, per quanto propriamente concerne la norma di cui all'art. 16 di quest'ultimo decreto, si era voluto differirne a tempo indeterminato l'entrata in vigore.
Osservano poi che, per rimanere nei limiti della delega, si sarebbe dovuto: o omettere ogni menzione degli articoli del decreto del 1934, nella parte costituente una innovazione rispetto alla legislazione anteriore, ovvero riprodurre puramente le disposizioni della legislazione anteriore (nella specie, art. 6 legge sardo - piemontese 30 ottobre 1859, n. 3731, che disponeva: "Non possono costituire argomento di privativa. . . i medicamenti di qualsiasi specie"). Rilevano che nel testo dell'art. 14 del R.D. n. 1127 del 1939 é stato invece inserito l'inciso "né i processi per la loro produzione", che non si trova in nessuna delle leggi che si dovevano riprodurre e che perciò esorbita dai limiti della delega.
Concludono chiedendo dichiararsi la illegittimità costituzionale dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, nella parte in cui ha sancito che non possono formare oggetto di brevetto i processi per la produzione dei medicamenti.
A queste argomentazioni si oppongono le difese delle Società Carlo Erba e Istituto De Angeli, osservando che, in virtù degli articoli 2 e 5 della legge di delegazione del 1939, era stata differita sine die l'entrata in vigore dell'art. 16, comma secondo, del R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, concernente la brevettazione delle invenzioni di processi per medicamenti; che pertanto, non potendo entrare in vigore questo precetto, il decreto legislativo ben poteva - sia pure fino a quando non fosse stata data esecuzione al principio di cui al più volte citato art. 16 - codificare il principio opposto. Il che appunto era stato fatto, nei limiti della delegazione, anzi formulando, con parole diverse, un comando che era già contenuto negli artt. 2 e 5 della legge di delegazione.
Conseguentemente le difese delle Società Carlo Erba e Istituto De Angeli concludono chiedendo che si dichiari la legittimità costituzionale della norma in questione.
In una memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte il 6 dicembre, i difensori delle società Parke Davis, C. I. B. A., Geigy e Farbwerke hanno ulteriormente illustrato i motivi esposti nelle precedenti deduzioni, osservando non essere vero che l'art. 14 del decreto legislativo del 1939 avrebbe avuto lo stesso significato se non avesse fatto menzione del divieto di brevettabilità dei processi; e che neppure si potrebbe ritenere che la statuizione, nel senso della non brevettazione, fosse meramente interpretativa della disposta sospensione del principio della brevettibilità.
Quanto alla portata della legge di delegazione del 1939, negano che in materia di processi medicinali il Governo fosse stato autorizzato a portare deroghe alla legislazione anteriore.
Rispetto a questa legislazione anteriore sostengono, infine, che sotto l'impero della legge del 1859 la prassi amministrativa era nel senso di autorizzare la brevettazione, ed indicano 62 casi nei quali sarebbero stati concessi altrettanti brevetti di processi di fabbricazione di medicinali.
A sua volta la difesa delle case farmaceutiche Carlo Erba e Istituto De Angeli, con memoria in pari data, premette che la presente controversia, così come ogni altra questione di legittimità costituzionale di un atto avente forza di legge, rientra nella competenza di questa Corte, e ribadisce le ragioni già esposte nel senso della piena costituzionalità dell'art. 14 più volte citato.
Specificamente osserva che per la legge di delegazione 24 febbraio 1939 il legislatore poteva, e perfino doveva, modificare il testo del 1934; che l'attuale non brevettabilità dei processi era stata espressamente voluta dal legislatore delegante; che, a parte ogni questione sulla interpretazione dell'art. 6 della legge del 1859, non si sarebbe neppure potuto ignorare che questa legge rientra tra quelle esplicitamente abrogate dall'art. 104 della legge delegata del 1939, a ciò facoltizzata dall'art. 3 della legge di delegazione.
II Presidente, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 15 delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte, ha disposto che le dieci cause promosse con le sopra indicate ordinanze e chiamate alla stessa udienza siano congiuntamente discusse.
Considerato in diritto
I giudizi cui hanno dato luogo le dieci ordinanze delle Sezioni unite della Corte di cassazione vanno riuniti e decisi con unica sentenza, data la identità della controversia, dei motivi che vi hanno dato origine e, sostanzialmente, delle argomentazioni svolte a sostegno delle tesi dibattute.
Per quanto la questione circa la competenza di questa Corte a giudicare della legittimità costituzionale delle leggi delegate in riferimento alle rispettive leggi deleganti, e col rispetto dei principi costituzionali che consentono e disciplinano la facoltà di delega al Governo di emanare norme aventi forza di legge, non abbia formato oggetto di specifica discussione da parte delle rispettive difese (e su tale questione la Corte deve richiamarsi alla propria pronuncia del 16 gennaio 1957, n. 3, nella quale questa fondamentale questione é ampiamente trattata, con l'affermazione della competenza della Corte medesima), ritiene tuttavia il Collegio che, nel caso in esame, trattandosi di delega anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, sia necessario, innanzi tutto, affermare la competenza della Corte anche riguardo alle leggi delegate anteriori alla Costituzione e determinare poi, rispetto a queste, i limiti della propria indagine.
Sul primo punto é da rilevare che, dopo l'affermazione fatta da questa Corte fin con la sua prima sentenza, del 5 giugno 1956, e ripetuta in altre numerose successive, della propria competenza a giudicare della questione circa la legittimità delle leggi emanate anche anteriormente alla entrata in vigore della Costituzione, non vi può essere dubbio alcuno circa la competenza della Corte medesima a giudicare della legittimità costituzionale dei decreti delegati emanati anteriormente alla Costituzione. I decreti delegati sono atti legislativi aventi piena forza di legge, epperò sullo stesso piano delle leggi ordinarie, ai fini del controllo della loro legittimità costituzionale, li hanno collocati l'art. 134 della Costituzione e l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, sussistendo ovviamente anche per essi la medesima esigenza di legittimità costituzionale.
Sull'altro punto, e cioè sui limiti del sindacato di legittimità costituzionale della Corte sui decreti delegati anteriori alla Costituzione, é da rilevare, intanto, che nessun dubbio vi é che per le deleghe legislative posteriori all'entrata in vigore della Costituzione l'indagine deve essere innanzi tutto rivolta - come é stato precisato con la richiamata sentenza di questa Corte del 16 gennaio 1957, n. 3 - all'accertamento dell'osservanza dei limiti e delle condizioni che l'art. 76 della Costituzione pone per l'esercizio della facoltà di delega legislativa da parte del Governo. Per quanto riguarda, invece, il periodo anteriore alla entrata in vigore della Costituzione, pur non esistendo quei limiti e quelle condizioni ora tassativamente posti dalla Costituzione, sussistevano tuttavia dei principi costituzionali fondamentali, dai quali il Governo nell'emanazione dei decreti delegati non poteva in nessuna guisa decampare: fondamentalmente due, e cioè la esistenza di una delega legislativa e la limitazione, insita nella delega stessa, posta al Governo di mantenersi entro i confini della delega. Di questi principi costituzionali - fondamentali e tradizionali di ogni Stato di diritto sono ora espressione le attuali disposizioni degli artt. 70 e 77, primo comma, della Costituzione, la prima delle quali stabilisce che la funzione legislativa appartiene alle due Camere e, la seconda, che il Governo non può senza delegazione delle Camere emanare decreti aventi valore di legge ordinaria.
Se così é, nel caso attuale l'indagine della Corte é circoscritta all'esame dell'assunto eccesso di delega che risulterebbe dal confronto fra l'art. 14, primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127 (decreto delegato), che stabilisce che non possono costituire oggetto di brevetto i processi per la produzione dei medicamenti, e l'art. 2, ultimo comma, del R.D.L. 24 febbraio 1939, n. 317 (legge delegante), che differiva l'attuazione dell'art. 16 del R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, il quale ammetteva la concessione della privativa industriale per i processi usati per la produzione dei medicamenti.
L'assunto eccesso, se sussistente, violerebbe entrambi i principi costituzionali sopra richiamati, ora consacrati nella Costituzione.
Ritiene la Corte che per giudicare circa la sussistenza o meno del dedotto eccesso di delega, e quindi sulla illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, occorra inquadrare le disposizioni in esame nel sistema seguito dal legislatore in materia di concessione di brevetti per la produzione dei medicamenti.
L'originaria legge sardo - piemontese 30 ottobre 1859, n. 3731, sulle privative industriali, stabiliva, all'art. 6, n. 4, che non potevano costituire "argomento" di privativa "i medicamenti di qualsiasi specie". L'esclusione della brevettabilità dei medicamenti, per sè stessi considerati, é ripetuta nelle leggi successive, e sul tal punto non nasce questione alcuna. É dubbio se, in base alla ricordata legge sardo - piemontese, durante il lunghissimo periodo di tempo in cui essa rimase in vigore, si potessero concedere brevetti per i procedimenti industriali di fabbricazione dei medicamenti, avvalendosi del n. 3 dell'art. 2 della legge stessa che ammetteva la brevettabilità, in generale, per i processi o metodi di produzione industriale. Certo é che si deve giungere al R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, per trovare la espressa disposizione dell'art. 16 - molto probabilmente introdotta a seguito dello sviluppo industriale nel nostro Paese nel settore chimico - farmaceutico e delle conseguenti richieste delle categorie interessate - con la quale, fermo il divieto della concessione della privativa per i medicamenti di qualsiasi genere, si stabiliva che poteva "tuttavia concedersi la privativa per i processi usati nella loro produzione". Sennonché, né l'art. 16, né le altre disposizioni del R.D. 13 settembre 1934 entrarono mai in vigore, giacché l'entrata in vigore del decreto stesso era, dall'articolo 134, condizionata alla pubblicazione del regolamento e il decreto avrebbe dovuto entrare in vigore quindici giorni dopo tale pubblicazione. Il regolamento non fu mai emanato. La brevettabilità dei procedimenti industriali per la produzione dei medicamenti rimaneva così un principio legislativamente accolto, ma in una legge mai entrata in vigore.
Per regolare la complessa materia delle privative industriali sopraggiunse la legge delega 24 febbraio 1939, n. 311, in base alla quale fu poi emanato il decreto delegato 29 giugno 1939, n. 1127, contenente l'art. 14, ora impugnato di illegittimità costituzionale.
La legge delega richiamava il R.D. 13 settembre 1934 e stabiliva (art. 1) che esso avrebbe dovuto avere attuazione "in tempi diversi, mediante distinti provvedimenti, separatamente per la materia delle invenzioni, per quella dei modelli e per quella dei marchi". Circa la ripartizione delle disposizioni riguardanti le materie e il tempo della loro emanazione, la legge delega concedeva al Governo una certa ampiezza di poteri.
Infatti, l'ultimo comma dell'art. 1 così si esprimeva: "Al Governo del Re sono delegati i necessari poteri per stabilire la ripartizione delle disposizioni secondo le tre distinte materie anzidette, per regolare la gradualità dell'applicazione delle disposizioni stesse e per riunire in appositi testi le disposizioni da mettere in attuazione per prime, nonché quelle da attuare in tempi successivi". Circa, infine, l'ampiezza dei poteri che con la delegazione venivano conferiti e il metodo da seguire per il loro esercizio, il secondo e il terzo comma dell'art. 3 stabilivano: "Il Governo del Re, con i poteri anzidetti, provvederà altresì a coordinare. . . le disposizioni richiamate,. . . al fine di disciplinare organicamente le singole materie, integrando, modificando, sopprimendo le disposizioni stesse (le disposizioni del R.D. 13 settembre 1934, n. 1602), anche per armonizzarle con le convenzioni internazionali, esecutive nel Regno, e, in generale, con le altre leggi dello Stato. Gli stessi testi indicheranno anche le leggi e i decreti che resteranno abrogati con la loro entrata in vigore".
L'art. 2 della legge delega, ai fini della formazione dei testi di cui si é discorso, rinviava a tempi successivi l'attuazione di varie disposizioni del richiamato R.D. 13 settembre 1934. Fra queste, nello stesso art. 2 é contenuta - come già si é ricordato - la disposizione: "Analogamente, é differita l'attuazione: art. 16, comma secondo, riguardante le invenzioni dei processi per medicamenti. . . ". Circa queste disposizioni da emanare in tempi successivi, l'art. 5 disponeva al primo comma: "In conformità degli artt. 1 e 3 e con i poteri da essi conferiti al Governo del Re, sarà provveduto a dare attuazione alle norme la cui applicazione é differita ai sensi dell'art. 2".
Da queste disposizioni e dalla precisazione dei poteri conferiti con la legge di delegazione é dato trarre le conclusioni decisive ai fini della risoluzione della controversia in esame.
1. - Indubbiamente, con la emanazione della legge delega, doveva rimanere sospesa la possibilità di concessione di privative industriali in materia di processi di fabbricazione di medicamenti.
2. - Rimasta sospesa la concessione dei brevetti, se anche si fosse potuto ricorrere, precedentemente, alla legge sardo - piemontese del 1859, per ottenere la brevettazione in base al n. 3 dell'art. 2, che si riferiva, genericamente, ai processi e metodi di produzione industriale, tale ricorso diveniva ormai inammissibile.
3. - Diveniva anche formalmente impossibile procedere a tal ricorso, in quanto, con la legge delegata, la legge del 1859 veniva espressamente abrogata. E l'abrogazione era giustificata sotto duplice motivo: perché, formalmente, la facoltà di abrogazione di testi precedenti era espressamente concessa - come si é visto - con l'ultimo comma dell'art. 3 della legge delega; perché, sostanzialmente, il decreto delegato (R.D. 29 giugno 1939, n. 1127), disciplinava l'intera materia dei brevetti per invenzioni industriali e quindi la legge del 1859, che appunto tale materia disciplinava, rimaneva abrogata.
4. - Disciplinando il R.D. 29 giugno 1939 l'intera materia dei brevetti per invenzioni industriali, nasce la questione se il medesimo doveva occuparsi o meno - mantenendosi nei limiti della delegazione - anche della materia della brevettazione dei processi per la fabbricazione dei medicamenti. Su tal punto ritiene la Corte che il Governo, dovendo emanare, quale prima legge di attuazione della delega, un testo organico sulla materia dei brevetti industriali, e quindi un testo necessariamente completo, doveva indubbiamente occuparsi della materia. Doveva occuparsene, tenendo conto dello stato della legislazione e in riferimento alla legge delega. Ora se l'art. 2 della legge delega aveva rinviato sine die l'attuazione del secondo comma dell'art. 16 del R.D. 13 settembre 1934, n. 1602, che aveva ammessa la possibilità di concessione della privativa per i processi usati per la produzione dei medicamenti (e tale disposizione, per giunta, come si é ricordato, non era mai entrata in vigore), lo stato di fatto, che trovava espresso riscontro nella legislazione allora vigente, era che, fino alla emanazione di nuove disposizioni, brevetti per la fabbricazione di medicamenti non se ne potevano concedere. Come stabiliva l'art. 5 della legge delega, solo successivamente si sarebbe provveduto a dare attuazione alle altre norme del R.D. 13 settembre 1934, la cui attuazione era stata differita, e fra queste quella sulla brevettabilità dei processi per la produzione dei medicamenti. Consegue che, non può davvero dirsi che sia costituzionalmente illegittima, in quanto eccedente i limiti della delega, la disposizione dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, la quale, rispecchiando quello stato di fatto, quale si era venuto formando attraverso le ricordate disposizioni legislative, stabiliva che "non possono costituire oggetto di brevetto i medicamenti di qualsiasi genere, né i processi per la loro produzione". In sostanza, la norma impugnata del decreto delegato trae la sua ragion d'essere dalla constatazione che, nell'ordinamento in vigore, era sancito, sia pure attraverso la formula della sospensione del principio della brevettabilità, il divieto della brevettazione, del che il Governo, nell'esercizio della delega, non poteva non prendere atto.
Il divieto peraltro, della brevettazione, nel periodo cui si é accennato, non implica negazione del principio che venne posto nel decreto del 13 settembre 1934, che ammetteva la possibilità della concessione della privativa per i processi di fabbricazione dei medicamenti. Dato il rinvio di una disciplina definitiva ad un tempo successivo, in base alla riserva contenuta nel più volte citato art. 5 del R.D. 10 febbraio 1936 - e riannodandosi appunto a tale riserva-, il legislatore potrà riprendere eventualmente in esame l'intera materia.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando con unica sentenza nei giudizi riuniti indicati in epigrafe:
dichiara, nei sensi espressi nella motivazione, non fondata la questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, proposta con le ordinanze 25 giugno 1956 delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, in riferimento al R.D.L. 24 febbraio 1939, n. 317.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1957.
Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA
Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.