SENTENZA N. 18
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente
Dott. Gaetano AZZARITI
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELLI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 20 marzo 1956, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 21 successivo ed iscritto al n. 49 del Reg. ric. 1956, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Regione siciliana 20 aprile 1951, n. 78 - A, che concedeva il regime di deposito franco allo stabilimento industriale tessile della società "Cotonificio Siciliano".
Udita nell'udienza pubblica del 14 novembre 1956 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il ricorrente e l'avv. Giuseppe Chiarelli per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con decreto 20 aprile 1951, n. 78 - A, il Presidente della Regione siciliana concedeva il regime di deposito franco allo stabilimento industriale tessile della società "Cotonificio Siciliano", con sede legale in Palermo.
Il regime di deposito franco riguardava uno stabilimento di filatura, con non meno di 300. 000 fusi, da impiantarsi in Comune di Palermo, contrada Piana di Gallo, sulla strada tra Partanna Mondello e Tommaso Natale, terreno catastato al foglio n. 2, particelle 610, 611, 613, 628 a, 1248.
L'atto di concessione stabiliva che l'impianto dello stabilimento di filatura avrebbe dovuto iniziarsi entro tre mesi ed entrare in attività entro due anni dalla pubblicazione del decreto (art. 1); indicava poi le materie prime, prodotti e merci, che con la immissione nello stabilimento dovevano considerarsi fuori dalla linea doganale (art. 2); disciplinava il pagamento dei diritti doganali per i filati e i prodotti tessili estratti dallo stabilimento (artt. 3 e 4), nonché il transito in territorio italiano delle merci di provenienza estera destinate in franchigia allo stabilimento e di quelle estratte da esso e destinate all'estero (art. 5); demandava, infine, all'Assessore per le finanze di stabilire le modalità particolari per assicurare la necessaria vigilanza (art. 6). Il Presidente del Consiglio dei Ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 20 marzo 1956, ha impugnato il provvedimento predetto davanti a questa Corte chiedendo, che, in linea di principio, si dichiari che ogni attribuzione in materia doganale spetta allo Stato, e che, in concreto, spettava e spetta allo Stato di concedere nel territorio della Regione siciliana depositi franchi; che, conseguenzialmente, sia annullato il decreto impugnato.
A conforto del ricorso, l'Avvocatura dello Stato sostiene che il decreto istitutivo di deposito franco segna una illegittima invasione della Regione in una sfera, come quella doganale e dell'imposta di fabbricazione, che é invece riservata alla competenza esclusiva dello Stato; che, in particolare, la Regione avrebbe violato le disposizioni di cui agli artt. 20, 36, 39 dello Statuto speciale, nonché i principi generali in esso contenuti, determinando persino il regime delle merci in transito fuori del territorio regionale. Né sarebbe giustificato il richiamo all'art. 31 del D.L.L. 28 dicembre 1944, n. 416, posto a base del provvedimento e richiamato nel preambolo del decreto, poiché questa norma riguardante i poteri dell'Alto Commissario per la Sicilia é da considerarsi abrogata dall'art. 39 dello Statuto. Parimenti non sarebbe consentito argomentare dal principio di cui all'art. 20 dello Statuto, per il quale il Presidente della Regione e i singoli Assessori possono esplicare attività amministrative secondo le direttive del Governo dello Stato su materie non comprese negli artt. 14, 15 e 17 dello stesso Statuto.
A parte che questa attività amministrativa deve svolgersi nel rispetto della legislazione statale, sarebbe, in contrario, decisiva l'obiezione che detta norma, anche perché non sono state ancora impartite le prescritte direttive, non può trovare applicazione.
II Presidente della Regione siciliana, costituitosi ritualmente in giudizio, col patrocinio degli avvocati Pietro Bodda, Giuseppe Chiarelli, Pietro Virga e Giuseppe Guarino, resiste al ricorso.
Con le deduzioni depositate in cancelleria il 9 aprile 1956, in via pregiudiziale eccepisce: a) che il ricorso non é stato notificato al "Cotonificio Siciliano" da considerarsi soggetto controinteressato all'atto; b) che non ricorrono i presupposti del conflitto di attribuzione, dato che non ogni vizio dell'atto amministrativo può dare origine ad un conflitto di attribuzione ma solo il vizio di incompetenza in senso stretto, ovverosia la violazione di una sfera di competenza che trova il suo fondamento in una legge costituzionale.
Nel merito oppone:
1) che la istituzione di un deposito franco concerne la materia di cui all'art. 14, lettera e, dello Statuto per la Sicilia come attinente all'incremento della produzione agricola ed industriale e sulla quale la Regione ha competenza esclusiva di carattere legislativo e, di conseguenza, di carattere amministrativo (art. 20);
2) che, d'altra parte, la Regione ha competenza amministrativa anche nelle materie sulle quali non ha potestà legislativa, e quindi anche su quella doganale, sicché l'attività posta in essere riceverebbe fondamento dall'art. 20, primo comma, seconda parte, dello Statuto speciale; norma questa contenente un precetto suscettibile di immediata applicazione, di fatto già attuato in svariate materie, e che nella specie ben poteva attuarsi anche in mancanza di direttive specifiche da parte del Governo dello Stato, ma già tracciate nella legislazione statale;
3) che, in linea ulteriormente subordinata, il potere di concedere il regime di deposito franco, sia pure quale esercizio di funzioni statali, era già stato trasmesso al Presidente della Regione dall'art. 1 del D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567, trattandosi di un tipo di attività specificamente compresa tra le attribuzioni dell'Alto Commissario per la Sicilia (art. 31 D.L.L. 28 dicembre 1944, n. 414). Conseguirebbe peraltro a ciò che, se una violazione di legge fosse pure stata commessa nell'esercizio di questa funzione statale, si tratterebbe di una questione di mera legittimità, non proponibile davanti alla Corte;
4) quanto alla censura relativa all'art. 5 del decreto impugnato, la difesa della Regione deduce, infine, che, se pur essa fosse fondata, non potrebbe travolgere l'intero provvedimento; ma, d'altra parte, afferma che l'illegittimità non esiste, trattandosi di regolamentazione riproducente la legislazione statale o almeno già consentita all'Alto Commissario.
Per tutti questi motivi la difesa della Regione conclude chiedendo dichiararsi irricevibile il ricorso proposto dallo Stato e subordinatamente respingersi il ricorso stesso perché infondato, dichiarandosi la competenza della Regione siciliana nella materia in oggetto.
Nelle memorie depositate, rispettivamente, il 18 ottobre e il 1 novembre 1956, sia l'Avvocatura dello Stato che la difesa della Regione hanno ribadito i motivi di ricorso e di difesa precedentemente svolti.
In più l'Avvocatura dello Stato, replicando alla eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Regione, ha negato che il ricorso dovesse essere notificato al "Cotonificio Siciliano", e ciò perché nei giudizi di carattere costituzionale tra lo Stato e le Regioni non vi sarebbe posto per parti private.
Dal suo canto, la difesa della Regione contesta particolarmente che il provvedimento di concessione del deposito franco interferisca su materie di competenza statale e, in specie, sulla imposta di fabbricazione e sull'ordinamento doganale.
A questo ultimo riguardo sostiene che l'art. 39 dello Statuto siciliano prevede una riserva di competenza statale quanto al potere di legiferare con norme di carattere generale in materia doganale, ma non anche per quel che riguarda il potere amministrativo di concedere, in singoli casi, lo speciale regime di deposito franco.
Considerato in diritto
L'eccezione sollevata dalla difesa della Regione siciliana, secondo cui il ricorso del Presidente del Consiglio avrebbe dovuto essere notificato anche al "Cotonificio Siciliano", controinteressato all'impugnazione, non ha fondamento.
Già con ordinanza del 30 maggio 1956 questa Corte ebbe a decidere che ai giudizi di legittimità costituzionale avanti alla Corte costituzionale é estranea la figura del controinteressato. Identico principio la Corte deve affermare a proposito dei conflitti di attribuzione.
Sta, infatti, che l'istituto dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regioni, così come é regolato nell'art. 134 della Costituzione e nell'art. 39 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, trae la sua ragion d'essere dalla necessità di comporre, attraverso il supremo organo delle garanzie costituzionali, un contrasto insorto fra enti costituzionali, definendo la sfera delle rispettive competenze: un contrasto, cioè, tra Stato e Regioni o tra Regioni, in rapporto alla sfera di attribuzioni garantita costituzionalmente a ciascuno di questi enti. Esso é pertanto il mezzo concesso a difesa di un interesse tutto particolare, che si risolve nell'interesse al rispetto della competenza dell'ente e, come tale, necessariamente trascende l'interesse particolare di singoli alla conservazione o alla rimozione dell'atto la cui emanazione ha dato occasione al conflitto. Ciò é reso vieppiù manifesto dalla circostanza, altrettanto certa, secondo cui la stessa impugnazione dell'atto, in quanto si propone lo scopo di ottenere una pronuncia dichiarativa di competenza in rapporto alla materia sulla quale l'atto ha interferito, finisce per andar ben oltre l'impugnazione del singolo atto ed involgere il titolo della funzione esercitata, ovverosia la spettanza o meno del potere in capo al soggetto che l'atto ebbe ad emanare.
Per questa particolare natura dell'azione, nettamente differenziata rispetto ad ogni altra azione giudiziaria, e in special modo nei confronti del ricorso alle giurisdizioni amministrative, é da escludere che possano valere nel giudizio dinanzi a questa Corte le norme di procedura relative alla notificazione del ricorso al controinteressato, ad una figura, cioè, che non ha riscontro nel giudizio avanti alla Corte costituzionale.
Ciò dimostra la infondatezza anche della seconda eccezione pregiudiziale sollevata dalla difesa della Regione.
Con essa si sostiene che non ricorrerebbero, nella fattispecie, i presupposti del conflitto costituzionale di attribuzione, nel senso - come la difesa della Regione spiega - che non ogni vizio dell'atto amministrativo può dare origine ad un tale conflitto, ma solo la violazione di una sfera di competenza che trovi il suo fondamento in una legge costituzionale. Questa ultima affermazione é esatta; così pure non si contesta che il conflitto di attribuzione denunciabile davanti a questa Corte possa solo concernere atti amministrativi o di normazione subordinata (regolamenti) che siano viziati per incompetenza istituzionale dello Stato o delle Regioni; ma il conflitto costituzionale di attribuzione nasce appunto perché si tratta di materie costituzionalmente attribuite alla competenza rispettivamente della Regione, dello Stato, ovvero di altre Regioni. La decisione della Corte - in tale ambito - ha appunto lo scopo di definire le sfere delle rispettive competenze costituzionali, con una efficacia che trascende il caso che ha dato occasione alla controversia, il che nettamente distingue l'istituto del conflitto di attribuzione dal comune caso di impugnativa per incompetenza in sede giurisdizionale amministrativa. Nella specie viene, in effetti, denunciato che con l'emanazione di un atto amministrativo da parte di un organo legittimato a dichiarare all'esterno la volontà della Regione siciliana sia stata invasa una sfera di competenza costituzionalmente sottratta a qualsivoglia organo della Regione perché riservata allo Stato.
Or non é dubbio - passando al merito - che tutto quanto attiene al regime doganale é di competenza esclusiva dello Stato. Tassativamente ciò é stabilito nel primo comma dell'art. 39 dello Statuto siciliano: "Il regime doganale della Regione é di esclusiva competenza dello Stato". Una norma così chiara non ammette eccezioni né distinzione - come sembra abbia voluto intendere la difesa della Regione - fra la materia legislativa e quella amministrativa, per attribuire questa ultima, o in base al richiamato art. 39 o in base all'art. 20 dello Statuto speciale, agli organi della Regione. Sta di fatto che il potere di istituire depositi franchi incide sulla materia doganale, risolvendosi in un particolare regime per effetto del quale quella parte di territorio destinata a deposito franco viene posta fuori della linea doganale (art. 1 legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424), e non vi ha dubbio che con la locuzione "regime doganale", di cui all'art. 39 dello Statuto regionale, si sia inteso riservare alla competenza esclusiva dello Stato tutto quanto concerne sia le modalità di transito delle merci che la materia dei diritti doganali. Questa sfera di riserva statale - secondo l'ampia formulazione della legge - non può esaurirsi nell'aspetto puramente normativo, ma abbraccia anche, in linea logica, il campo di attuazione pratica degli interessi pubblici connessi al fenomeno doganale, e quindi l'attività amministrativa ed esecutiva della legislazione statale in materia.
L'attuazione di questo principio rende superflua una particolare valutazione del contenuto del provvedimento di concessione impugnato davanti a questa Corte, in rapporto al quale é stato pur esattamente osservato dall'Avvocatura dello Stato che esso (art. 3) deroga alla legislazione statale che disciplina unitariamente e inderogabilmente il regime dei depositi franchi (T.U. 17 marzo 1938, n. 726) ed esorbita dagli stessi limiti territoriali della competenza regionale in quanto garantisce, sia pure in conformità alla legge doganale - il che in tesi poco importa -, il libero transito delle merci fuori del territorio regionale. Né vale osservare in contrario, che l'istituzione di depositi franchi può ricollegarsi, e magari anche soddisfare, al più generale interesse dell'incremento della produzione industriale ed agricola, favorendo iniziative, in tali settori, nel territorio regionale. L'apprezzamento di questi interessi, di indole economica e sociale, é sì rimesso alla competenza regionale, giusta il disposto dell'art. 14 dello Statuto speciale per la Sicilia, ma nella scelta dei mezzi per soddisfare a quelle esigenze la Regione non può valicare i limiti che ad essa specificatamente fissa lo stesso Statuto, interferendo nella disciplina di materie di esclusiva competenza statale.
Nemmeno fondate appaiono le ragioni prospettate in linea subordinata dalla difesa della Regione in relazione all'art. 20 dello Statuto speciale, già innanzi richiamato, e al disposto degli artt. 31 del D.L.L. 28 dicembre 1944, n. 416, e l del D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567.
Quanto alla tesi che il Presidente della Regione avrebbe emanato il provvedimento impugnato in base all'art. 20, nella veste eccezionale di organo non regionale ma statale, é appena da rilevare che ciò non risulta affatto dall'atto in rapporto al quale fu elevato il conflitto. Dalle circostanze di fatto risulta, al contrario, che l'atto fu emanato nella supposizione piena, sebbene erronea, della competenza regionale in materia. Del che, se pur ve ne fosse bisogno, potrebbe apparire come certa riprova la posizione assunta dalla Regione nel presente giudizio ove, in fondo, si rivendica una competenza propria della Regione nella materia di cui si tratta.
Né é consentito - per affermare sotto altro aspetto la competenza del Presidente regionale - argomentare dal citato art. 1 del D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567. In virtù di questa norma, infatti, non tutte le funzioni già esercitate nel territorio della Regione dall'Alto Commissario furono trasferite al Presidente della Giunta regionale, sebbene soltanto quelle previste in disposizioni di legge "ancora applicabili", condizione questa che non si verificava per il potere di concedere depositi franchi di cui all'art. 31 del D.L.L. 28 dicembre 1944, n. 416, da considerarsi ormai abrogato per incompatibilità, una volta che la materia era stata regolata dall'art. 39 dello Statuto siciliano, che frattanto era entrato in vigore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunziando sul conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso del 20 marzo 1956 in relazione al decreto del Presidente della Regione siciliana 20 aprile 1951, n. 78, concernente la concessione del regime di deposito franco allo stabilimento industriale e tessile della S. p. a. "Cotonificio Siciliano":
respinge le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa della Regione;
accoglie il ricorso e dichiara la competenza dello Stato per la concessione dei depositi franchi anche nel territorio della Regione siciliana e
annulla il decreto del Presidente della Regione, innanzi indicato, 20 aprile 1951, n. 78.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1957.
Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELLI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA
Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.