Corte suprema
di cassazione, sez. I pen.,
sent. 24 febbraio-16 maggio 2014, n. 20447
[…]
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 12
febbraio 2013 la Corte d'appello di Milano, in sede di rinvio disposto dalla
Sezione Quinta della Corte di cassazione con pronuncia 19 settembre 2012, in
parziale riforma della sentenza 4 novembre 2009 del Tribunale di quella sede
appellata dal Procuratore della Repubblica e dalle parti civili, dichiarava Luciano
Di Gregori, Raffaele Di Troia, Nicolò Pollari, Giuseppe Ciorra e Marco Mancini
colpevoli del reato loro ascritto di concorso nel sequestro pluriaggravato di
Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar, condannando Di Gregori, Di Troia e
Ciorri alla pena di anni 6 di reclusione ciascuno, Mancini a quella di anni 9
di reclusione e Pollari ad anni 10 di reclusione, nonché tutti i predetti alle
pene accessorie di legge ed, in solido con gli imputati giudicati a parte, al
risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
2. La Corte territoriale
premetteva che il fatto storico del sequestro di persona ai danni di Abu Omar,
commesso in Milano il 17 febbraio 2003, era certo, essendo ormai definitive le
sentenze di condanne a carico dei 23 agenti americani della Cia che lo avevano
organizzato ed eseguito nonché a carico del M.llo Pironi che aveva
materialmente concorso all'atto esecutivo.
Abu Omar, Imam di Milano, era
oggetto designato di un'operazione di extraordinary rendition da parte degli
apparati statunitensi in quanto ritenuto vicino al terrorismo islamico e
comunque a conoscenza di notizie utili in tale direzione. Si trattava dunque di
apprenderlo fisicamente e trasferirlo, per sottoporlo poi a stringente e
specifico interrogatorio. In tale quadro, l'addebito agli imputati odierni
ricorrenti è - in assoluta sintesi - riconducibile al seguente schema
accusatorio: - Pollari, all'epoca direttore del Sismi, aveva ricevuto da Jeff
Castelli, responsabile della Cia in Italia, richiesta di collaborare all'operazione,
in particolare di svolgere attività preparatorie; accolta la richiesta, aveva
impartito le conseguenti direttive al Gen. Pignero (deceduto nel 2006) ed al
Mancini; - Mancini (responsabile Sismi per il Nord Italia) aveva organizzato e
dato esecuzione a tali attività preparatorie inviando, per sopralluoghi ed
osservazioni finalizzate, Di Gregori (appartenente al centro Sismi di Bologna),
Di Troia (appartenente al centro di Torino) e Ciorra (in servizio presso il
centro Sismi di Milano).
3. Ricostruendo poi l'iter del
processo, la Corte milanese ricordava:
a - essendo stato opposto il
segreto di Stato ed attivato conflitto di attribuzione tra poteri, la Corte
costituzionale, con sentenza 106/2009, aveva ricondotto l'area del segreto di
Stato ai rapporti tra i Servizi italiani e stranieri ed agli interna corporis
(assetti organizzativi ed operativi) del Servizio italiano; preso atto, e
traendone le conseguenze processuali, in particolare sul regime di
utilizzabilità degli atti, il Tribunale di Milano con sentenza 4 novembre 2009
dichiarava non doversi procedere a carico di tutti i predetti imputati ex art.
202, comma 3, c.p.p.
b - in secondo grado, su
gravame del P.M. e delle parti civili, la Corte d'appello di Milano, pur
inizialmente acquisite ex art. 513 c.p.p. le dichiarazioni rese nella fase
delle indagini preliminari dagli imputati Mancini, Di Troia, Di Gregori e
Ciorra, ritenendo che l'opposizione del segreto in fase dibattimentale
equivalesse a rifiuto di rispondere, ma depurate le stesse da quanto
considerato coperto da segreto, e dunque ritenute le stesse irrilevanti sul
piano probatorio, tanto da restituirle poi al P.M., con sentenza 15 dicembre
2010 confermava l'improcedibilità pronunciata in primo grado.
c - la Corte di
cassazione, Sezione Quinta, con sentenza in data 19 settembre 2012, in
accoglimento del ricorso del Procuratore Generale e delle parti civili,
annullava con rinvio l'anzidetta sentenza di secondo grado nei confronti dei
sopra indicati imputati. Quindi, al fine di tenere presenti ex art. 627, comma
3, c.p.p. i principi fissati in sede di legittimità, la Corte di rinvio ne
riprendeva le argomentazioni nei suoi capisaldi:
- nella fattispecie si erano
sviluppate dinamiche anomale, in quanto il segreto non era stato opposto dagli
appartenenti al Sismi nella fase delle indagini preliminari, né in sede di
perquisizione presso la sede centrale del Sismi a Roma, ma solo al
dibattimento;
- la Corte costituzionale,
nella citata sentenza 106/2009, aveva affermato che il sequestro di Abu Omar,
come tale, non era coperto da segreto di Stato, esso gravando solo sui rapporti
esterni dei servizi segreti e sugli interna corporis;
- la vigente disciplina
normativa non contemplava un'immunità soggettiva generale ed assoluta degli
appartenenti ai Servizi, l'art. 17 l. 124/2006 prevedendo un'esimente speciale
su condotte di reato solo alle condizioni, nella fattispecie non ricorrenti,
che le stesse fossero state singolarmente autorizzate e risultassero
indispensabili alle finalità istituzionali (esclusa, comunque, una serie di
reati tra cui quelli contro la libertà personale);
- dall'ambito applicativo del
segreto di Stato, come circoscritto dalla citata sentenza della Corte
costituzionale, se ne doveva derivare che esulava l'operato di singoli appartenenti
al servizio che avessero agito al di fuori delle proprie funzioni
istituzionali, e dunque a titolo personale;
- il Presidente del Consiglio
dei Ministri aveva sempre proclamato l'assoluta estraneità, sotto ogni profilo,
del Governo e del Sismi a qualsivoglia risvolto riconducibile al sequestro Abu
Omar (estraneità ribadita anche dal Pollari davanti al Parlamento Europeo),
anche in considerazione che mai il Sismi avrebbe potuto partecipare ad
un'azione illegale del tutto estranea alle proprie finalità istituzionali;
- nessun segreto gravava,
pertanto, sulle fonti di prova afferenti singole condotte criminose poste in
essere al di fuori dei doveri istituzionali;
- quanto all'apposizione
tardiva del segreto di Stato, le acquisizioni avvenute in mancanza di
opposizione di tale segreto erano legittime, dovendosi escludere una loro
demolizione retroattiva, e dovendosene ammettere l'utilizzabilità, altrimenti
l'apposizione tardiva del segreto di Stato finirebbe per equivalere a garanzia
di impunità e non avendo senso apporre il segreto su notizie già ampiamente
divulgate, in conformità, del resto, anche alla giurisprudenza della CEDU sul
punto.
4. Tanto rievocato, la Corte di
rinvio, assumendo di doversi attenere a tali capisaldi, procedeva al giudizio
nel corso del quale, respinte tutte le istanze difensive (sulle quali infra),
acquisiva i verbali degli interrogatori degli imputati resi nella fase delle
indagini preliminari (atteso che la Corte di cassazione aveva annullato le
ordinanze della precedente Corte di appello che li aveva restituiti al P.M.);
tutti gli imputati dichiaravano di opporre il segreto di Stato a cagione del
quale era loro impedito di difendersi; le difese producevano le note in data 25
gennaio 2013 e 4 febbraio 2013 a firma del Direttore del AISE, la prima delle
quali riaffermava la vigenza del segreto di Stato nei termini già indicati
nelle precedenti note dei Presidenti del Consiglio pro tempore, la seconda
delle quali precisava che le attività del personale del Sismi di cui ai verbali
degli interrogatori degli imputati erano da ritenersi coperte dal segreto di
Stato in quanto inquadrabili nel contesto delle attività istituzionali del
Servizio di contrasto al terrorismo internazionale di matrice islamica.
Si dava quindi atto
dell'attivazione di un nuovo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,
depositato in data 11 febbraio 2013, proposto dal Presidente del Consiglio dei
Ministri con riferimento alla sentenza 19 settembre 2012 della Corte di
cassazione ed alle ordinanze 28 gennaio 2013 e 4 febbraio 2013 della stessa
Corte d'appello di Milano, assumendo peraltro che ciò non imponeva la
sospensione del processo.
5. Ciò posto, la sentenza della
Corte di rinvio procedeva poi con le seguenti cadenze argomentative, così
sintetizzabili:
- era vincolante per il giudice
di rinvio l'interpretazione del segreto di Stato fornita dalla Corte suprema
cui derivava l'individuazione del materiale probatorio utilizzabile o non
utilizzabile;
- la Corte costituzionale,
nella sentenza 106/2009, aveva specificato che il segreto di Stato sbarra il
potere giurisdizionale solo nei limiti dell'atto o del documento cui il segreto
accede ed a partire dal momento in cui l'esistenza del segreto ha formato
oggetto di comunicazione all'Autorità giudiziaria procedente;
- il Presidente del Consiglio
dei Ministri pro tempore, con nota in data 11 novembre 2005, aveva attestato
che il Governo ed il Sismi sono del tutto e sotto ogni profilo estranei
rispetto a qualsivoglia risvolto riconducibile al sequestro di Nasr Osama
Mustafa Hassan, alias Abu Omar;
- successive note 26 luglio
2006, 6 ottobre 2008 e 15 novembre 2008 avevano rivendicato l'apposizione del
segreto di Stato con circoscritto riguardo ai rapporti con servizi segreti
stranieri ed alle modalità organizzative ed operative interne, fermo essendo
che sul fatto del sequestro di Abu Omar non esisteva alcun segreto di Stato;
- le note in data 25 gennaio e
1° febbraio 2013, prodotte dalla difesa, non potevano avere rilievo, in
particolare per ampliare nel senso richiesto l'area del segreto di Stato, sia
per un motivo soggettivo, preliminare ed assorbente (esse provenivano non dal
Presidente del Consiglio dei Ministri, unico titolare ex lege, ma dal Direttore
dell'Aise), sia per una ragione oggettiva in quanto in contrasto con i
precedenti pronunciati che escludevano le condotte finalizzate al sequestro per
cui è processo dall'ambito delle attività istituzionali del Sismi;
- ciò posto, non vi era spazio
per dar seguito alla richiesta difensiva di attivare l'interpello al Presidente
del Consiglio dei Ministri previsto dall'art. 41 l. 124/2007;
- erano dunque acquisibili ex
art. 513 c.p.p. i verbali delle dichiarazioni rese in fase di indagini
preliminari dagli imputati Mancini, Di Gregori, Di Troia e Ciorra, posto che il
loro opporre, al dibattimento, il segreto di Stato su aspetti non ad esso
riconducibili, tenuto presente il suo circoscritto ambito come sopra già
delineato (da Corte costituzionale e Cassazione), doveva essere equiparato a
rifiuto di rispondere, con il limite di utilizzazione degli aspetti
effettivamente coperti dal segreto; in tal senso non poteva essere censurato il
P.G. che aveva omissato le parti ritenute riconducibili al segreto, nei termini
già chiariti, operazione che autolimitava le fonti di prova per l'accusa e che
non precludeva alla difesa, che era a conoscenza dell'intero verbale, di
produrre, eventualmente, a sua discrezione, anche qualcuna delle parti
omissate;
- ribaditi, dunque, i limiti di
utilizzazione del materiale probatorio nei termini anzidetti, ma riaffermato
anche che era dictum vincolante della Corte di cassazione che l'opposizione
tardiva del segreto non precludeva comunque l'utilizzazione degli atti assunti
in precedenza, il criterio di valutazione doveva tener conto che era escluso
che si fosse trattato di un'operazione congiunta Cia-Sismi (dunque
istituzionale) e che, pertanto ogni fonte di prova poteva essere valutata quale
espressione di condotte o conoscenze assunte a titolo personale;
- quanto alla mancata lettura
degli atti, ex art. 511 c.p.p., non ne derivava alcuna nullità, essendo stata
già respinta dalla Corte di cassazione, con la sentenza rescindente, la stessa
questione proposta con riferimento alla prima sentenza d'appello;
- data quindi ragione della non
necessità di procedere a rinnovazione dibattimentale (§. 8.3, ff. 56-60), si
ponevano a base della decisione i seguenti supporti probatori, con fondamentale
riferimento: - alle dichiarazioni del Pignero; - a quelle degli imputati
Mancini, Di Gregorio, Di Troia e Ciorra; - ad alcune intercettazioni
telefoniche; - alla registrazione fatta dal Mancini, all'insaputa del suo
interlocutore, del suo colloquio intrattenuto con il Pignero in data 2 giugno
2006 (colloquio ritenuto apertamente ammissorio di tutti gli aspetti centrali
della vicenda); - ai contributi dichiarativi di altri personaggi variamente
coinvolti, quali il sottufficiale dell'Arma Pironi (uno degli esecutori
materiali), il Col. D'Ambrosio (già capocentro del Sismi di Milano), gli
addetti Sismi Scandone, Mascolo, e altri; - alle risultanze documentali;
- tutto ciò, in una sicura
convergenza probatoria, consentiva la ricostruzione in fatto nei seguenti
termini (come sopra già sintetizzato): - Jeff Castelli, capo della Cia in
Italia, aveva chiesto al Pollari, direttore centrale de Sismi, la
collaborazione di suoi uomini; - costui aveva incaricato il Pignero,
passandogli una busta datagli dal Castelli, con le indicazioni del caso, in cui
figurava in cima il nome di Abu Omar quale obbiettivo della rendition; - a sua
volta il Pignero aveva incaricato il Mancini (capocentro per il Nord Italia); -
il Mancini aveva iniziato l'attività operativa, organizzando una riunione a
Bologna cui avevano preso parte, tra gli altri, il Di Gregorio ed il Di Troia;
- questi ultimi, accompagnati dal Ciorra, ritenuti tutti particolarmente
affidabili, avevano eseguito a Milano alcuni sopralluoghi ed accertamenti, in
vista di localizzare l'Abu Omar e verificare abitazione, movimenti, abitudini,
prima in Via Quaranta e poi in Viale Jenner;
- risultava poi del tutto certo
e provato che tutti i protagonisti della vicenda avevano ben chiaro che non si
trattava di una mera attività di accertamento finalizzato ad operazioni lecite
di polizia giudiziaria (tra l'altro era ben noto che l'Abu Omar era già sotto
controllo della Digos di Milano), ma di concorrere al suo prelevamento
illegale; era poi del pari certo e provato che l'esito di tali accertamenti
fosse stato riferito agli agenti statunitensi operanti sul nostro territorio;
- vi era certa concorrenza
causale, così disattesa anche l'ulteriore tesi difensiva di una desistenza
attiva, sia per il contributo positivo fornito, sia per non avere impedito
l'evento, data la loro qualificazione soggettiva, sia per avere rafforzato il proposito;
non vi erano gli estremi per cause di giustificazione;
- quanto al trattamento
sanzionatorio ed anche per il diniego delle attenuanti generiche, confermate le
aggravanti contestate, doveva essere evidenziata la straordinaria gravità della
vicenda nel suo complesso ivi compresi le considerazioni soggettive, con la
determinazione delle singole pene come sopra già indicate;
- doveva altresì seguire la
condanna risarcitoria in favore delle costituite parti civili, con assegnazione
di una provvisionale negli stessi termini quantitativi già disposti dalle
precedenti sentenze a carico dei coimputati già giudicati.
6. Avverso l'anzidetta sentenza
di secondo grado, resa in sede di rinvio, ed avverso ordinanze pronunciate in
quel giudizio, proponevano ricorso per cassazione gli imputati Luciano Di
Gregori, Raffaele Di Troia, Nicolò Pollari, Giuseppe Ciorra e Marco Mancini che
motivavano le rispettive impugnazioni, con atti dei loro difensori, deducendo
violazione di legge e vizio di motivazione, in particolare argomentando nei
seguenti termini (con l'avvertenza che non saranno qui ripetuti, se non per
titoli, gli argomenti analoghi proposti da più imputati):
6.1. Di Gregori (con gli Avv.
T.L. Milella e P. Capurro):
a] abnormità strutturale
e funzionale della sentenza impugnata che, anziché attendere il giudizio della
Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione già sollevato dal Governo
contro la pronuncia della Sezione Quinta della Corte di cassazione, aveva
proceduto al giudizio attribuendosi, in modo anomalo, il potere di superare
l'antinomia - che la difesa rileva - tra i principi fissati dalla Corte
costituzionale nella sentenza 106/2009 ed il dictum della sentenza della Corte
di cassazione;
b] di conseguenza,
ritenere - come ha ritenuto la Corte di rinvio - che l'attività esplicata nella
vicenda dagli imputati era stata a titolo personale e non istituzionale,
significava sovrapporsi alle valutazioni, in ordine all'ampiezza del segreto di
Stato, di spettanza del Presidente del Consiglio dei Ministri;
c] mancata attivazione del
potere-dovere di disporre la rinnovazione dell'istruttoria, sempre consentita
in sede di rinvio in caso di annullamento per vizio di motivazione, non
ammettendo le nuove prove richieste, pur dopo avere acquisito le note 25 gennaio
2013 e 1° febbraio 2013 del Direttore del Servizio AISE, Gen. Santini, che
indicavano la natura istituzionale delle attività svolte dagli agenti del
Sismi; in tal senso andava chiarita l'apparente incongruenza con la nota 11
novembre 2005 del Presidente del Consiglio dei Ministri che aveva escluso la
riconducibilità ad operazioni istituzionali dei fatti in imputazione; si
rendeva quindi necessario procedere, su tali temi, all'escussione del Gen.
Santini, del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica nel
Gennaio-Febbraio 2013 e quelli precedenti, dovendosi perciò lamentare che le
ordinanza reiettive avessero lasciato inesplorato tale fondamentale profilo;
d] non consentita
utilizzazione, ai fini della ritenuta colpevolezza, degli elementi refluenti
dalla riunione di Bologna, espressamente dichiarata coperta dal segreto di
Stato dalla sentenza 106/2009 della Corte costituzionale; in tal senso dovevano
ritenersi illegittime l'acquisizione e l'utilizzazione del verbale di
interrogatorio del Di Gregori in data 11 luglio 2006 - contenente dichiarazioni
ritenute chiaramente confessorie - sul presupposto che la sua invocazione del
segreto di Stato era da considerarsi impropria, con ciò esplicando
un'argomentazione surrettizia e dimenticando l'art. 41 della l. 124/2007 che
imponeva il divieto di riferire riguardo a fatti coperti dal segreto di Stato;
in definitiva esso ricorrente se avesse risposto avrebbe violato il segreto di
Stato cui era vincolato dalla sentenza della Corte costituzionale 106/2009,
dalla l. 124/2007, dalle lettere del Presidente del Consiglio dei Ministri;
e] illegittimità
dell'ordinanza 28 gennaio 2003 con la quale si rimetteva alla fase decisoria la
valutazione del materiale utilizzabile, così lasciando la difesa
nell'incertezza sul punto;
f] violazione del principio di
correlazione tra accusa e decisione e della disciplina del concorso nel reato,
essendo stati applicati in maniera congetturale argomenti relativi ad altri
imputati, non avendo comunque la riunione di Bologna funzione deliberativa e
non avendo svolto esso ricorrente alcuna conseguente concreta attività avente
efficacia causale nel contestato reato (inutile sopralluogo in via Quaranta);
peraltro si trattava solo di un'attività di osservazione nella non specificata
e non riferita - dal Mancini - finalità della richiesta degli statunitensi; del
resto la zona era già presidiata dalla Digos, dal Ros e dalla Cia; egli non
aveva mai fatto sopralluoghi né in viale Jenner né nei pressi dell'abitazione
di Abu Omar; in definitiva contributo irrilevante sia sul piano oggettivo che
su quello soggettivo;
g] eccessività del
trattamento sanzionatorio, mancata concessione delle attenuanti generiche,
senza considerare l'incensuratezza e l'ostacolo difensivo costituito dal
segreto di Stato;
h] ingiustificata ed
immotivata liquidazione della provvisionale;
i] volersi disporre la
sospensione dell'esecuzione della disposta provvisionale;
l] volersi disporre
l'assegnazione del processo, per l'importanza delle questioni e per i contrasti
insorti, alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
6.2. Di Troia (Avv. A. Mittone
e V. Ramella):
- con motivi principali:
a] la sua attività era
stata svolta nell'ambito istituzionale, comandata dal Mancini, suo superiore;
le note del Direttore del Servizio 25 gennaio 2013 e 1° febbraio 2013
ribadivano la copertura del segreto di Stato per tutta la vicenda; si imponeva,
comunque, un approfondimento rispetto alla precedente nota della Presidenza del
Consiglio dei Ministri del Novembre 2005;
b] errata valutazione dell'addebitata
responsabilità concorsuale nel sequestro; egli aveva la consapevolezza che si
trattava di un'attività di controllo di un estremista islamico, mentre il tema
dell'eventuale adesione alle richieste statunitensi era stato esplicitamente
lasciato in sospeso dal Mancini e mai risolto; si trattava di effettuare dei
sopralluoghi assolutamente preliminari in vista di possibili osservazioni, non
di accertamenti veri e propri; peraltro quest'ultimi erano stati svolti
dall'apposita squadra americana alle dipendenze di Bob Lady; in definitiva da
un lato il concorso morale ascritto violava il principio di correlazione,
dall'altro era evidente - ma non rilevato dalla sentenza di rinvio - che
difettava qualsiasi efficacia causale tra la condotta di osservazione eseguita
e l'evento di reato.
- con motivi aggiunti
depositati il 20 giugno 2013:
a] eccessiva ed
immotivata irrogazione della pena anche per l'ingiusto diniego delle
circostanze attenuanti generiche; errata attribuzione dell'aggravante ex art.
112 c.p., per mancata conoscenza soggettiva del numero dei concorrenti; errato
diniego dell'attenuante ex art. 114 c.p., nonostante sia stato descritto il
ruolo marginale di esso ricorrente;
b] mancata motivazione
in ordine al disposto risarcimento quanto alle conseguenze di danno; mancata
motivazione in ordine alla disposta provvisionale; necessità di sospendere
l'esecutività della provvisionale.
6.3. Pollari (avv. F. Coppi e
T. Madia):
a] illegittimità delle
ordinanze reiettive delle richieste della difesa di escussione dei testi
indotti, pur ritenuti in precedenza pertinenti e rilevanti e contro
l'indicazione della sentenza della cassazione, in violazione dei diritti
difensivi;
b] illegittimità
dell'ordinanza reiettiva della richiesta difensiva di ordinare al Presidente
del Consiglio dei Ministri di esibire tutta la documentazione in suo possesso
relativa alla vicenda per cui è processo, in violazione dei diritti difensivi e
contro le indicazioni della sentenza della cassazione;
c] illegittimità del rifiuto
della Corte di rinvio di rinnovare l'esame di esso imputato ricorrente;
d] illegittimità della mancata
indicazione preliminare degli atti utilizzabili;
e] e f] illegittimità
del rifiuto della Corte di rinvio di attivare la procedura di interpello di cui
all'art. 41 della l. 124/2007 al fine di chiarire - come per i punti precedenti
- elementi determinanti per la difesa del ricorrente; confusione tra la
valutazione preliminare di essenzialità e decisione finale di merito;
g] errata utilizzazione
di materiale probatorio coperto da segreto di Stato, essendosi la Corte di
rinvio arrogato il diritto di stabilire essa l'area di incidenza del segreto di
Stato, in contrasto con le note del Presidente del Consiglio dei Ministri e con
il dictum della Corte costituzionale, dovendo ritenere coperti dal segreto i
contatti con le autorità straniere e le direttive interne, anche se collegate a
vicenda (il sequestro Abu Omar) di per sé non coperta dal segreto;
h] illegittimità della
ritenuta colpevolezza sulla base di dichiarazioni di soggetti mai sottoposti al
vaglio dibattimentale, dovendosi distinguere tra utilizzazione dei relativi
verbali e valutazione dei contenuti;
i] vizio di motivazione
illogica e travisamento della prova in ordine al fatto, ritenuto accertato, che
esso Pollari abbia ricevuto da Jeff Castelli la lista delle persone oggetto di
accertamenti richiesti al SISMI e che si trattasse di accertamenti finalizzati
al sequestro di Abu Omar, e non una richiesta di normali accertamenti su
soggetti pericolosi, e non piuttosto che sia stato lo stesso Pignero a ricevere
direttamente dal Castelli tale richiesta; in tal senso mancata valutazione di
elementi favorevoli all'imputato;
l] vizio di motivazione laddove
la sentenza ritiene, solo in via congetturale, che il Pollari abbia comunicato
alla Cia gli esiti degli accertamenti; mancata valutazione degli argomenti
difensivi sul punto;
m] omessa valutazione dei dati
che provavano che la Cia si sentiva autorizzata, per norme interne, ad
effettuare operazioni di extraordinary renditions anche in violazione
dell'altrui sovranità; peraltro la Cia di Milano aveva rapporti privilegiati
con la Digos e i Ros, e quindi non necessitava della collaborazione del Sismi;
n] errata valutazione di
un concorso nel reato, anche a titolo di rafforzamento morale, essendo pacifico
ed acquisito che la determinazione al sequestro era già sicura e completa negli
agenti Cia;
o] mancata
considerazione della richiesta difensiva di confermare le sentenze di
improcedibilità per sussistenza ed operatività del segreto di Stato;
p] vizio di motivazione
in ordine al trattamento sanzionatorio, al diniego delle attenuanti generiche
ed al riconoscimento dell'aggravante ex art. 605, comma 2, c.p.;
q] e r] vizio di
motivazione in ordine alla misura della disposta provvisionale immediatamente
esecutiva; richiesta di sospensione dell'esecuzione di tale provvisionale;
s] istanza di
assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
6.4. Ciorra (Avv.
Pellicciotta):
a] mancato apprezzamento
che trattavasi di attività istituzionale; mancato esercizio del dovere di
stabilire quali parti del materiale probatorio fossero coperte dal segreto di
Stato;
b] mancata attivazione
della procedura di interpello prevista dall'art. 41 l. 124/2007;
c] violazione delle norme di
legge in ordine all'acquisizione ed utilizzabilità dei verbali di
interrogatorio effettuate per ritenuta insussistenza del segreto di Stato;
mancata indicazione degli atti utilizzabili; mancata rinnovazione
dell'istruttoria; illegittima utilizzazione dei verbali delle dichiarazioni dei
coimputati pur in assenza di consenso di esso ricorrente;
d] illegittima utilizzazione
della sentenza di non luogo a procedere a carico di Regondi e delle
dichiarazioni di costui, non acquisite e comunque in mancanza di consenso;
e] violazione del
diritto di esso ricorrente di ottenere l'escussione del teste richiesto, mai
sentito, essendo stato prosciolto nei precedenti gradi;
f] vizio di motivazione e
travisamento delle prove: esso ricorrente non aveva partecipato alla riunione
di Bologna; egli non era consapevole delle finalità dei sopralluoghi cui aveva
partecipato solo come autista; comunque Mancini gli aveva detto che
l'intenzione degli americani era solo quella di parlare con Abu Omar; non c'è,
comunque, prova che gli esiti degli accertamenti siano stati portati a
conoscenza degli americani, per cui non può affermarsi aver cagionato un
rafforzamento del proposito delittuoso; mancata considerazione delle
dichiarazioni del Pironi che attestavano l'irrilevanza degli accertamenti fatti
dagli uomini del Sismi; mancata considerazione delle dichiarazioni del Pignero
secondo cui nessun accertamento su Abu Omar è stato trasmesso agli americani;
mancata valutazione del memoriale di Abu Omar secondo cui costui in Egitto era
stato trattato bene;
g] errato diniego della
scriminate dell'adempimento di un dovere, non essendogli state riferite
finalità illecite;
h] errato diniego
dell'ipotesi dell'errore, ex art. 47 c.p., sulle finalità dell'azione,
eventualmente colposo, il che induce inconfigurabilità del sequestro di persona
colposo;
i] errata applicazione
dell'aggravante del numero delle persone, circostanza non conosciuta da esso
ricorrente;
l] errato diniego della
diminuente della minima partecipazione;
m] errato diniego della
desistenza volontaria;
n] vizio di motivazione
in ordine al diniego delle attenuanti generiche e quanto alla dosimetria
sanzionatoria;
o] vizio di motivazione
in ordine alla disposta provvisionale; richiesta di sospensione
dell'esecutività della stessa.
6.5. Mancini (avv. L. Panella e
L.J. Lauri):
a] illegittima
utilizzazione di notizie coperte da segreto di Stato; travisamento delle
sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione;
b] illegittima
utilizzazione degli interrogatori 7 luglio 2006 e 8 luglio 2006 resi da esso ricorrente
e delle dichiarazioni di Stefano D'Ambrosio;
c] mancata attivazione
dell'interpello richiesto ex art. 41 l. 124/2007;
d] errata equiparazione
dell'opposizione del segreto di Stato al rifiuto di rispondere, alla base
dell'illegittima utilizzazione ex art. 513 c.p.p. degli interrogatori resi in
sede di indagini preliminari;
e] violazione dei
diritti difensivi per l'utilizzazione di verbali di interrogatorio omissati
unilateralmente dal P.M.;
f] mancata assunzione di
prove decisive richieste dalla difesa;
g] omessa motivazione in
ordine alla richiesta difensiva di esame degli imputati;
h] omessa rinnovazione
del dibattimento;
i] motivazione incongruente;
l] utilizzazione degli
interrogatori degli altri imputati in difetto di consenso;
m] violazione dell'art. 6 CEDU;
n] errato diniego delle
attenuanti generiche;
o] eccessività della
pena inflitta;
p] errata condanna al
risarcimento dei danni; istanza di revoca o di sospensione della esecutorietà
della disposta provvisionale.
7. Occorre qui dare poi atto
che il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto depositato presso la
Corte costituzionale in data il 3 luglio 2013, proponeva conflitto di
attribuzione tra i poteri dello Stato nei confronti della Corte d'appello di
Milano in relazione alla sopra rievocata sentenza emessa, in sede di rinvio, in
data 12 febbraio 2013.
8. Con decreto in data 22
luglio 2013 il Primo Presidente di questa Corte Suprema rigettava la richiesta,
contenuta nelle impugnazioni dei ricorrenti Di Gregorio e Pollari, di assegnazione
del procedimento alle Sezioni Unite.
9. Con sentenza n. 24
depositata il 13 febbraio 2014 la Corte costituzionale risolveva i sollevati
conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato con esito riassunto dal
seguente dispositivo, qui di seguito letteralmente riportato:
"La Corte Costituzionale,
riuniti i giudizi, dichiara:
1. che non spettava alla Corte
di cassazione annullare - con la sentenza n. 46340/12 del 19 settembre 2012 -
il proscioglimento degli imputati Pollari Nicolò, Ciorra Giuseppe, Di Troia
Raffaele, Di Gregori Luciano e Mancini Marco, nonché le ordinanze emesse il 22
ed il 26 Ottobre 2010, con le quali la Corte d'appello di Milano aveva ritenuto
inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini
preliminari, sule presupposto che il segreto di Stato apposto in relazione alla
vicenda del sequestro Abu Omar concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio
italiano e la Cia, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni
autorizzate dal Servizio, e non anche al fatto storico del sequestro in
questione;
2. che non spettava alla Corte
d'appello di Milano, quale giudice del rinvio, ammettere - con l'ordinanza del
28 Gennaio 2013 - le produzione, da parte della Procura Generale della
Repubblica presso la medesima Corte, dei verbali relativi agli interrogatori
resi nel corso delle indagini da Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori - atti
dei quali era stata disposta la restituzione al Procuratore Generale da parte
della stessa Corte d'appello con le ordinanze del 22 e 26 Ottobre 2010, poi
annullate dalla Corte di cassazione con la sentenza innanzi indicata;
3. che non spettava alla Corte
d'appello di Milano - in riferimento all'ordinanza pronunciata il 4 Febbraio
2013 - omettere l'interpello del Presidente del Consiglio dei Ministri ai fini
della conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari, Mancini,
Ciorra, Di Troia e Di Gregori nel corso dell'udienza dello stesso 4 Febbraio
2013, invitando il Procuratore Generale a concludere e a svolgere la sua requisitoria
con l'utilizzo di fonti di prova coperte da segreto di Stato;
4. che non spettava alla Corte
d'appello di Milano - in relazione alla sentenza n. 985 del 12 Febbraio 2013 -
affermare la penale responsabilità degli imputati Pollari Nicolò, Di Troia
Raffaele, Ciorra Giuseppe, Mancini Marco e Di Gregori Luciano, in ordine al
fatto-reato costituito dal sequestro di Abu Omar, sul presupposto che il
segreto di Stato apposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in
relazione alla relativa vicenda, concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio
italiano e la Cia nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni
autorizzate dal Servizio, e non anche quelli che appartengono comunque al fatto
storico del sequestro in questione;
5. che non spettava alla Corte
d'appello di Milano emettere la sentenza innanzi indicata sulla base
dell'utilizzazione dei verbali relativi agli interrogatori resi dagli imputati
nel corso delle indagini preliminari - di cui era stata disposta la
restituzione al Procuratore Generale da parte della stessa Corte d'appello con
le ricordate ordinanze del 22 e 26 Ottobre 2010 - senza che si fosse dato corso
all'interpello del Presidente del Consiglio dei Ministri ai fini della conferma
del segreto di Stato opposto dagli anzidetti imputati nel corso della udienza
del 4 Febbraio 2013, essendosi invitato il Procuratore Generale a concludere,
in modo tale da consentirgli di svolgere la sua requisitoria utilizzando fonti
di prova coperte dal segreto di Stato;
6. che spettava alla Corte d'appello
di Milano non sospendere il procedimento penale a carico degli imputati
Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori in pendenza del giudizio per
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
annulla, nelle corrispondenti
parti, la sentenza della Corte di cassazione e quella della Corte d'appello di
Milano, innanzi indicate, nonché le ordinanza anzidette, anch'esse nelle
rispettive parti.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 Febbraio 2014".
10. Il 20 febbraio 2014 la
difesa dell'imputato Marco Mancini depositava memoria con la quale si chiede
che, preso atto della decisione della Consulta, si voglia annullare senza
rinvio l'impugnata sentenza.
Note d'udienza, con analoghe
conclusioni, depositavano poi le difese degli imputati Raffaele Di Troia e
Luciano Di Gregori.
Considerato in diritto
1. La decisione che questa
Corte di legittimità è chiamata oggi a pronunciare non può non essere
profondamente incisa e radicalmente contrassegnata da quella sopra riportata n.
24/2014 della Corte costituzionale - di cui occorre istituzionalmente prendere
atto - fino a porsi quale effetto consequenziale, diretto e costituzionalmente
ineludibile, della stessa.
I ricorsi degli imputati
diventano pertanto oggi, e solo oggi, fondati sulla forza dirompente - in
quanto dilacerante ogni diverso tessuto decisorio finora assunto - del
sopravvenuto ultimo dictum del Giudice del conflitto tra poteri.
2. Nessuno invero, in
particolare la dottrina costituzionalista, aveva dubitato - non autorizzandolo
né il testo, né la complessiva coerenza argomentativa di quelle autorevoli
sentenze - che il quadro consolidato che usciva dalle precedenti decisioni che
la Corte costituzionale aveva pronunciato sui sollevati conflitti, nel presente
processo, sul delicatissimo tema del segreto di Stato, involgente capisaldi
dell'assetto democratico del Paese, fosse quello che la Corte di cassazione,
Sezione Quinta, aveva lucidamente delineato nella sua sentenza 19 settembre
2012 e che la Corte d'appello di Milano, quale giudice del disposto rinvio,
aveva doverosamente (ex art. 627, comma 3, c.p.p.) e senza fraintendimenti
recepito: la sentenza n. 106/2009, fedele al compito suo proprio di leggere gli
ambiti dei poteri costituzionalmente attribuiti ai vari poteri dello Stato,
aveva ricondotto ed in termini oggettivi circoscritto il segreto di Stato ai
rapporti tra i Servizi italiani e quelli stranieri ed agli interna corporis,
intesi come assetti organizzativi ed operativi di ambito istituzionale.
Del resto per anni le autorità
competenti non avevano abbassato il nero sipario del segreto, pur consapevoli
che imputati e testi, appartenenti ai Servizi, stavano riferendo sui fatti; i
Presidenti del Consiglio dei Ministri, succedutisi pro tempore, avevano
affermato, appunto, che Governo e Sismi, in quanto tali, erano estranei al
sequestro di Obu Omar; infine, avevano sostenuto che il segreto di Stato si
limitava ai rapporti con i Servizi stranieri ed agli assetti interni
organizzativi ed operativi (interna corporis), senza coprire esplicitamente e
direttamente le condotte degli imputati: da tutto ciò partivano le
considerazioni della citata sentenza n. 106/2009 che, pur ribadendo che
l'individuazione in concreto delle notizie da segretare è frutto di un
apprezzamento della competente autorità amministrativa, in una valutazione che
in senso ampio si può definire politica, tuttavia svincolavano il segreto da
una concezione latamente oggettiva (quasi per genus: tutti gli atti e le
condotte di un certo ambito) per riportarlo - così anche autorevoli
commentatori - sul terreno finalistico e strumentale, dunque necessariamente
istituzionale; né la risoluzione di un conflitto di attribuzione potrebbe
essere mai affermazione astratta, priva di un concreto contenuto di
riferimento, pena il dissolvimento della stessa funzione cui la Consulta è
istituzionalmente chiamata.
Il bene della giurisdizione, di
primario valore costituzionale, in quanto funzione dello Stato, poteva cedere,
nell'equilibrio dei poteri, solo a quello della sopravvivenza stessa dello
Stato come comunità associata: il confine tracciato era dunque quello del minor
sacrificio dell'uno rispetto all'altro, nei termini anzidetti, secondo un
filone valoriale da sempre mantenuto dalla Consulta, custode degli equilibri
costituzionali, ogni qual volta siano a confrontarsi principi di rango
primario.
Non poteva non seguire, in
assoluta coerenza logico-giuridica, e nel rispetto della dinamica processuale
nonché di tutte le acquisite evidenze, che: a) il sequestro di Abu Omar, in sé,
come fatto storico già accertato, non era coperto dal segreto di Stato; b) il
Sismi, quale organismo dello Stato, era estraneo a qualsivoglia risvolto
riconducibile a detto sequestro, non potendo partecipare ad azioni illegali al di
fuori delle proprie funzioni istituzionali, come sempre proclamato dal
Presidente del Consigli dei Ministri; c) nessun segreto gravava, né poteva
gravare, alla stregua dei predetti chiarissimi dicta, sulle singole condotte
criminose poste in essere al di fuori dei doveri istituzionali, tutto ciò non
incidendo né sui rapporti tra i Servizi italiani, proclamati estranei in quanto
tali, e quelli stranieri, né sugli interna corporis che rimanevano avulsi da
condotte eterodosse; d) l'opposizione tardiva del segreto di Stato, formulata
dagli imputati al dibattimento, ma non in sede di indagini, si poneva contro il
quadro attributivo già disegnato in via oggettiva dalla Corte costituzionale,
avente forza cogente nel presente processo; da tale ultimo presupposto seguiva
il corollario che le prove già acquisite, per nulla incise dal segreto di Stato
come sopra delimitato (sentenza Corte cost. 106/2009), erano ben utilizzabili.
Ma era altresì del tutto
evidente, con argomento di assoluta quanto ovvia priorità logica - che diventa
priorità giuridica sia per lo stesso dictum della già citata pronuncia della
Corte costituzionale n. 106/2009, sia per le reiterate pronunce della CEDU in
materia - che l'opposizione processuale del segreto, ove questo sia già
ampiamente divulgato, non ha senso, venendo meno la ragione stessa della tutela
privilegiata della notizia; vale solo aggiungere che l'argomento risulta nella
concreta fattispecie quanto mai esaltato ove si consideri che la divulgazione
delle notizie in sede processuale era stata fatta dagli stessi imputati,
funzionari del Sismi, e che nessun rappresentante di tale organo si ebbe ad
opporre, accampando il segreto (per il maggior bene della salus reipublicae),
in sede di perquisizione nella stessa sede centrale dell'organismo. Quanto mai
logica, da tale finora indiscusso duplice postulato (è un vero nonsenso
segretare notizie di pubblico dominio; il Sismi, quale ente istituzionale, è
estraneo al sequestro), la successiva inferenza che neppure era concepibile
quella che è stata chiamata demolizione retroattiva del materiale acquisito che
si sarebbe tradotta in mera impunità soggettiva, del tutto estranea al sistema,
quanto estranea a testo e sostanza della citata sentenza n. 106/2009. Del resto
gli stessi imputati, riferendo liberamente delle proprie condotte, e - alcuni,
almeno - invocando o i limiti oggettivi del proprio coinvolgimento, o la
propria buona fede in ordine ai fini dei compiuti sopralluoghi, ovvero
registrando le conversazioni, chiaramente ponevano la vicenda - la cui marcata
illegalità era a tutti ben evidente - fuori dei perimetri istituzionali
dell'organo di appartenenza; dunque l'iniziale inerzia processuale sul fronte
del segreto coinvolgeva due piani: - presa d'atto che le notizie erano ormai
divulgate (piano funzionale), - tener fuori lo Stato da una vicenda quanto mai
illegale (piano sostanziale).
3. Su tale quadro è
intervenuta, con la forza che le è propria, la sentenza n. 24 del 2014 della
Corte costituzionale, sopra trascritta nella sua parte dispositiva.
Non si possono avere esitazioni
nel definire tale pronuncia decisamente innovativa, sia nel panorama generale
della giurisprudenza della Consulta, in relazione ai precedenti in materia, in
quanto - come è saltato con evidenza agli occhi di ogni lettore - sembra
abbattere alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità,
continenza e ragionevolezza dell'esercizio del potere di segretazione in capo
alla competente autorità amministrativa, con compressione del dovere di
accertamento dei reati da parte dell'autorità giudiziaria che inevitabilmente
finisce per essere rimessa alla discrezionalità dell'autorità politica - il che
non può non indurre ampie e profonde riflessioni che vanno al di là del caso
singolo -, sia nella concreta incidenza nel presente procedimento, posto che
esso si era mosso finora proprio e fedelmente sulla strada tracciata dalle
precedenti pronunce, di diverso segno, emesse nello specifico dalla stessa
Corte costituzionale.
Del resto i Presidenti del
Consiglio succedutisi pro tempore - giova ribadire - avevano sempre proclamato
l'assoluta estraneità sotto ogni profilo del Governo e del Sismi a qualsivoglia
risvolto riconducibile al sequestro Abu Omar (cui, peraltro, mai avrebbero
potuto partecipare a titolo istituzionale), mentre la riconduzione del segreto
di Stato ai rapporti del Sismi con servizi stranieri ed agli interna corporis
(Corte costituzionale 106/2009) non poteva che essere riferita unicamente ad
attività istituzionale lecita.
In tale coerente contesto -
finora chiaro e definito - le due produzioni difensive alla Corte di rinvio
sembravano, a buona logica (normale e giuridica), non poter produrre
sostanziali novità sul tema: - la nota 25 gennaio 2013 (con cui il Direttore
dell'AISE comunicava il pensiero del Presidente del Consiglio in proposito)
perché, pur confermando il segreto di Stato come apposto ed opposto nel
procedimento de quo dai Presidenti del Consiglio pro tempore, con ciò stesso
non faceva altro che confermare l'estraneità del Governo e del Sismi, come
tali, all'intera vicenda; - la nota 1° febbraio 2013 (proveniente ancora dal
Direttore dell'AISE) perché non direttamente riferibile al titolare del potere
di segretazione (il Presidente del Consiglio); peraltro quest'ultima nota
introduceva un profilo (le condotte degli imputati dovevano ritenersi
inquadrabili nel contesto delle attività istituzionali del Servizio di
contrasto al terrorismo internazionale di matrice islamica) da un lato in netto
contrasto con quanto finora sempre sostenuto dal titolare della segretazione
(il Presidente del Consiglio), che aveva sempre escluso coinvolgimenti
istituzionali, dall'altro processualmente ininfluente, posto che la più volte
citata sentenza 106/2009 aveva escluso la possibilità di retroattiva
demolizione del materiale probatorio fino ad allora legittimamente acquisito.
Però, proprio da tali note di
provenienza degli stessi Servizi la Corte costituzionale nella sua sentenza 10
febbraio 2014 - tanto ampia nella parte rievocativa (ff. 1-9), quanto stringata
nella parte valutativa (ff. 9-12), oltre che totalmente silente circa la pur
autorevole tesi dottrinale che ritiene non più opponibile il segreto in
relazione a fatti oramai divenuti di pubblico dominio - prende le mosse e
declina argomenti, peraltro pur assumendo di volersi porre nel solco dei
principi tradizionalmente enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in
materia.
A questo punto non può questa
Corte di legittimità che riportarsi all'incipit delle proprie considerazioni
[v. sopra, al §.1 del Considerato in diritto] ove si è richiamato l'obbligo
istituzionale - che si intende qui rispettare con leale neutralità - di
prendere atto dell'ultima pronuncia della Corte costituzionale quale giudice
dei sollevati conflitti di poteri. Vengono così in evidenza - ed è di necessità
qui richiamare - i passaggi-chiave delle proposizioni argomentative della Corte
costituzionale, proprio per poterne poi trarre le conclusioni agli effetti
della presente decisione; del resto la pronuncia in esame termina proprio (dopo
aver proceduto ad annullamenti ablativi dei ritenuti sconfinamenti) rimettendo
alle valutazioni di questa autorità gli effetti sul piano processuale
"competerà, poi, alla autorità giudiziaria valutare le conseguenze che,
sul piano processuale, scaturiscono dalla pronuncia di annullamento".
Orbene, i passaggi in parola
(ai punti 5 e 6 del considerato in diritto della sentenza in esame) sono i
seguenti:
a. nell'ambito del segreto di
Stato il Presidente del Consiglio dei Ministri gode di un ampio potere
discrezionale sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici
comuni, perché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello
Stato ha natura politica;
b. tanto induce una preminenza
dell'interesse della salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto alle
esigenze dell'accertamento giurisdizionale, e ciò vale anche quando la fonte di
prova segretata risultasse essenziale e mancassero altre fonti di prova;
c. risulta quindi inibito agli
organi dell'azione e della giurisdizione l'espletamento di atti che incidano -
rimuovendolo - sul perimetro tracciato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri nell'atto o negli atti con i quali ha indicato l'oggetto del segreto,
un oggetto che soltanto a quell'organo spetta individuare;
d. ciò posto, con specifico
riferimento all'affermazione della Cassazione secondo cui il segreto non poteva
coprire le condotte extrafunzionali, nessuna limitazione poteva derivare in
ordine a tali fatti in dipendenza di una riconducibilità o meno degli stessi a
formali deliberazioni governative o dei vertici dei Servizi;
e. tale considerazione è
supportata dalla presa d'atto che la stessa contestazione del formale addebito
di reato prevede l'aggravante di cui al secondo comma, n. 2, dell'art. 605 c.p.
(fatto commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue
funzioni) e fa riferimento sia al collegamento con la rete CIA in Italia, sia
all'utilizzo di una struttura del SISMI;
f. il fatto stesso che il
Presidente del Consiglio dei Ministri, pur a conoscenza dei fatti per cui è
processo, anziché prendere i provvedimenti imposti dall'art. 18 l. 124/2007,
ove avesse rilevato condotte violatrici, abbia invece perseguito la via di
sollevare i proposti conflitti, deve far concludere per l'implausibilità della
tesi che vorrebbe ricondurre i fatti ad iniziative personali;
g. in conclusione risultano
coperti da segreto di Stato, ritualmente apposto, le direttive e gli ordini che
sarebbero stati impartiti dal Direttore del Sismi agli appartenenti al medesimo
organismo ancorché fossero in qualche modo collegati al fatto di reato, con la
conseguenza dello sbarramento al potere giurisdizionale.
Un'analisi quanto mai asettica
di tali proposizioni porta a rilevare come le prime tre (di cui alle precedenti
lettere a, b, c) abbiano chiaro contenuto definitorio e delimitativo, in senso
giurisprudenziale, la quarta e la quinta (lettere d ed e) impingano
direttamente nei fatti processuali, dandone una lettura, la sesta (lettera f)
sia francamente remissiva (se non tautologica), mentre la settima (lettera g)
si pone come abduttiva.
Seguono (al §. 7 del
considerato in diritto) gli annullamenti - da rimandare all'art. 38 della l. 11
marzo 1953, n. 87: "La Corte Costituzionale risolve il conflitto... e, ove
sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla" -
pronunciati tutti con la formula "non spettava": 1. alla Corte di cassazione annullare il proscioglimento degli
imputati; 2. alla Corte d'appello di Milano, in sede
di giudizio di rinvio, affermare la penale responsabilità degli imputati; così
come non spettava pronunciare la condanna sulla base della utilizzazione
processuale dei verbali relativi agli interrogatori resi dagli imputati nel
corso delle indagini. - Segue ancora quello che può definirsi un anticipato
dispositivo: a questa dichiarazione di non spettanza consegue l'annullamento in
parte qua dei corrispettivi atti giurisdizionali, ribadito al §. 9: segue
l'annullamento degli atti che hanno integrato la menomazione, nella parte e per
i profili che qualificano ciascuna dichiarazione di non spettanza. Segue infine
l'articolato dispositivo già sopra riportato (v. sopra al §. 9 del ritenuto in
fatto) nel quale sono espressamente annullate - sia pur nelle corrispondenti parti
- la sentenza della Corte di cassazione e quella della Corte d'appello di
Milano in sede di rinvio.
4. Orbene, posti i dichiarati
annullamenti sul presupposto dello sconfinamento dei poteri - esito specifico
della risoluzione del conflitto - e poste le dichiarate inutilizzabilità che di
quegli annullamenti sono l'esplicito presupposto logico-giuridico, non resta a
questa Corte che prendere atto da un lato che non residuano, e non possono
residuare, prove esterne a quell'ampio perimetro così inaspettatamente
tracciato dalla sentenza ultima della Corte costituzionale, dall'altro che i
pronunciati annullamenti da parte della stessa Consulta, pur formalmente aperti
ad ulteriori conclusioni in capo all'Autorità giudiziaria competente, cui è
rimesso l'esito finale, in sostanza chiudono ex se il cerchio decisorio.
Sul primo punto, di per sé
sufficientemente conclusivo, basterà leggere ciò che la stessa sentenza, qui in
esame, afferma nella proposizione finale del suo §. 6: "pare arduo negare
che la copertura del segreto... si proietti su tutti i fatti, notizie e
documenti concernenti le eventuali direttive operative, gli interna corporis di
carattere organizzativo e operativo, nonché i rapporti con i Servizi stranieri,
anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar".-
"Fatti, notizie e documenti" relativi al coinvolgimento del Sismi, e
dei suoi funzionari, nel sequestro di Abu Omar vanno dunque espunti dal
presente procedimento: tale è il dictum francamente demolitorio della sentenza
n. 24 emessa in data 10 febbraio 2014 dalla Corte costituzionale.
Quanto al secondo profilo, esso
propone una questione processuale - tanto interessante sul piano teorico,
quanto oziosa sul piano pratico - su cui, dati i presupposti fin qui
analizzati, risulta ultroneo sviluppare approfondimenti: quale possa essere la
formula che l'Autorità giudiziaria competente (allo stato questa Corte di
cassazione) debba adottare, posto che essa si trova a dover comunque decidere,
come incontestabilmente gli compete, su ricorsi proposti contro sentenza già
oggetto di esplicito annullamento da parte della Corte costituzionale; del
resto si è già visto come il pronunciato annullamento, pur adottato in parte
qua (i coinvolgimenti nel segreto di Stato), in sostanza si ponga come del tutto
totalizzante.
Peraltro, viene in proposito di
necessità leggere ed applicare il comma 3 dell'art. 202 c.p.p. che regola la
specifica materia e che, imponendo esito di improcedibilità, come tale
soverchia ogni altro possibile epilogo (compresi quelli di merito pure invocati
dai ricorrenti imputati) e si rende applicabile in ogni stato e grado del
procedimento.
Restano inevitabilmente
assorbiti tutti gli altri profili dedotti dalle parti.
Si rende ineludibile, in
definitiva, nei confronti di tutti i ricorrenti imputati, l'esito di cui al
seguente dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la
sentenza impugnata nei confronti di Luciano Di Gregori, Raffaele Di Troia,
Nicolò Pollari, Giuseppe Ciorra e Marco Mancini perché l'azione penale non
poteva essere proseguita per l'esistenza del segreto di Stato.
Depositata il 16 maggio 2014.