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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

15 aprile 2021 (*)

 

 

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento – Trattato sulla Carta dell’energia – Articolo 10 – Applicabilità – Direttiva 2009/28/CE – Articolo 3, paragrafo 3, lettera a) – Promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili – Produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici – Modifica di un regime di sostegno»

Nelle cause riunite C‑798/18 e C‑799/18,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) con ordinanze del 28 settembre 2018, pervenute in cancelleria il 17 dicembre 2018, nei procedimenti

Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) e a. (C‑798/18),

Athesia Energy Srl e a. (C‑799/18)

contro

Ministero dello Sviluppo economico,

Gestore dei servizi energetici (GSE) SpA,

nei confronti di:

Elettricità Futura Unione delle imprese elettriche italiane,

Confederazione generale dell’agricoltura italiana - Confagricoltura,

 

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, M. Ilešič, E. Juhász, C. Lycourgos e I. Jarukaitis (relatore), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) e a., da V. Onida, C. Montella e B. Randazzo, avvocati;

–        per l’Elettricità Futura Unione delle imprese elettriche italiane e la Confederazione generale dell’agricoltura italiana - Confagricoltura, da V. Onida e B. Randazzo, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Varrone e da G. Aiello, avvocati dello Stato;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da S. Eisenberg e D. Klebs, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da K. Boskovits, S. Charitaki e A. Magrippi, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta, J. Ruiz Sánchez e A. Rubio González, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da O. Beynet, K. Talabér‑Ritz, Y. Marinova, G. Gattinara e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 ottobre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con il trattato sulla Carta dell’energia, approvato a nome della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, della Comunità europea e della Comunità europea dell’energia atomica con decisione 98/181/CE, CECA, Euratom del Consiglio e della Commissione, del 23 settembre 1997, concernente la conclusione da parte delle Comunità europee del trattato sulla Carta dell’energia e del protocollo della Carta dell’energia sull’efficienza energetica e sugli aspetti ambientali correlati (GU 1998, L 69, pag. 1; in prosieguo: la «Carta dell’energia»), degli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU 2009, L 140, pag. 16), letta alla luce dei principi della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento, della leale cooperazione e dell’effetto utile.

2        Le domande sono state presentate nell’ambito di controversie sorte tra, da un lato, nella causa C‑798/18, la Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) nonché 159 imprese che producono energia elettrica da impianti fotovoltaici e, nella causa C‑799/18, l’Athesia Energy Srl nonché altre 15 imprese operanti nello stesso settore e, dall’altro lato, il Ministero dello Sviluppo economico (Italia) e il Gestore dei servizi energetici (GSE) SpA, in merito all’annullamento dei decreti attuativi delle disposizioni legislative nazionali che prevedono una revisione delle tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici e delle relative modalità di pagamento.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        L’articolo 10 della Carta dell’energia, intitolato «Promozione, tutela e disciplina degli investimenti», al paragrafo 1 così dispone:

«Ciascuna Parte contraente, in conformità al disposto del presente trattato, incoraggia e crea condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti per gli investitori di altre Parti contraenti che effettuano investimenti nella sua area. Queste condizioni comprendono l’impegno ad accordare in ogni occasione agli investimenti di investitori di altre Parti contraenti un trattamento giusto ed equo. Gli investimenti godono inoltre di una piena tutela e sicurezza e nessuna Parte contraente può in alcun modo pregiudicare con misure ingiustificate e discriminatorie la gestione, il mantenimento, l’impiego, il godimento o l’alienazione degli stessi (...)».

 Diritto dell’Unione

4        I considerando 14 e 25 della direttiva 2009/28 così recitano:

«(14)      La principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori è creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. (...)

(...)

(25)      Gli Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e diversi regimi di sostegno all’energia da fonti rinnovabili a livello nazionale. (...) Per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali è essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali. Uno strumento importante per raggiungere l’obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste nel garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, come previsto dalla direttiva 2001/77/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (GU 2001, L 283, pag. 33)], al fine di mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri di elaborare misure nazionali efficaci per conformarsi al suddetto obiettivo (...)».

5        L’articolo 1 della direttiva medesima, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e per la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti (...)».

6        Il successivo articolo 3, intitolato «Obiettivi e misure nazionali generali obbligatori per l’uso dell’energia da fonti rinnovabili», dispone quanto segue:

«1.      Ogni Stato membro assicura che la propria quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia nel 2020 (...) sia almeno pari al proprio obiettivo nazionale generale per la quota di energia da fonti rinnovabili per quell’anno, indicato nella terza colonna della tabella all’allegato I, parte A. (...)

2.      Gli Stati membri adottano misure efficacemente predisposte per assicurare che la propria quota di energia da fonti rinnovabili sia uguale o superiore alla quota indicata nella traiettoria indicativa di cui all’allegato I, parte B.

3.      Per il conseguimento degli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, gli Stati membri possono, tra l’altro, applicare le seguenti misure:

a)      regimi di sostegno;

(...)».

 Diritto italiano

7        L’articolo 7 del decreto legislativo del 29 dicembre 2003, n. 387 – Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (supplemento ordinario alla GURI n. 25, del 31 gennaio 2004, pag. 5; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 387/2003»), disponeva quanto segue:

«1.      Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con la Conferenza unificata, adotta uno o più decreti con i quali sono definiti i criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare.

2.      I criteri di cui al comma 1, senza oneri per il bilancio dello Stato e nel rispetto della normativa comunitaria vigente:

a)      stabiliscono i requisiti dei soggetti che possono beneficiare dell’incentivazione;

(...)

d)      stabiliscono le modalità per la determinazione dell’entità dell’incentivazione. Per l’elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare prevedono una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio;

e)      stabiliscono un obiettivo della potenza nominale da installare;

f)      fissano, altresì, il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere l’incentivazione;

(...)».

8        L’articolo 24 del decreto legislativo del 3 marzo 2011, n. 28 – Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (supplemento ordinario alla GURI n. 71, del 28 marzo 2011, pag. 1; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 28/2011»), intitolato «Meccanismi di incentivazione», così prevedeva:

«1.      La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 è incentivata tramite gli strumenti e sulla base dei criteri generali di cui al comma 2 (...).

2.      La produzione di energia elettrica dagli impianti di cui al comma 1 è incentivata sulla base dei seguenti criteri generali:

a)      l’incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio;

b)      il periodo di diritto all’incentivo è pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso;

c)      l’incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto e può tener conto del valore economico dell’energia prodotta;

d)      gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (...);

(...)».

9        Ai sensi del successivo articolo 25 del decreto legislativo medesimo:

«1.      La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, è incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (...).

(...)

10.      (...) l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio successivamente al [31 maggio 2011] è disciplinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela [del territorio e] del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il 30 aprile 2011, sulla base dei seguenti principi:

a)      determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti;

b)      determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri (...);

c)      previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell’area di sedime;

d)      applicazione delle disposizioni dell’articolo 7 del decreto legislativo [n. 387/2003], in quanto compatibili con il presente comma».

10      L’articolo 26 del decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 91 – Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea (GURI n. 144, del 24 giugno 2014), convertito in legge, con modifiche, dalla legge dell’11 agosto 2014, n. 116 (supplemento ordinario alla GURI n. 192, del 20 agosto 2014) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 91/2014»), così dispone:

«1.      Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull’energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all’articolo 7 del decreto legislativo [n. 387/2003] e all’articolo 25, comma 10, del decreto legislativo [n. 28/2011] sono erogate secondo le modalità previste dal presente articolo.

2.      A decorrere dal secondo semestre 2014, il [GSE] eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, nell’anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell’anno successivo. Le modalità operative sono definite dal GSE entro 15 giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico.

3.      A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata, a scelta dell’operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014:

a)      la tariffa è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall’entrata in esercizio degli impianti, ed è conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all’allegato 2 al presente decreto;

b)      fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all’opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all’anno per il periodo 2015-2019, rispetto all’erogazione prevista con le tariffe vigenti;

c)      fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è ridotta di una quota percentuale dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantità:

1)      6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW;

2)      7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW;

3)      8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW.

In assenza di comunicazione da parte dell’operatore il GSE applica l’opzione di cui alla lettera c).

(...)

5.      Il beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4 può accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo già spettante al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato ai sensi dei commi 3 e 4. Tali finanziamenti possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia concessa dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (...)».

 Procedimenti principali e questione pregiudiziale

11      L’Anie rappresenta le imprese che esercitano, in Italia, un’attività diretta alla produzione di beni e/o servizi nel settore elettrotecnico ed elettronico, o in settori affini. Si tratta di una «federazione di primo livello», al cui interno sono costituite le associazioni di settore, tra cui l’associazione Anie Energie Rinnovabili, volta alla tutela dell’industria del settore delle energie rinnovabili. Gli altri ricorrenti nei procedimenti principali sono società e imprenditori individuali, titolari e responsabili di uno o più impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW, situati in diverse località del territorio italiano, che hanno stipulato con il GSE convenzioni ventennali, qualificate come contratti di diritto privato ai sensi del diritto italiano, per il riconoscimento della tariffa incentivante per la produzione di energia elettrica da conversione fotovoltaica. Tali ricorrenti beneficiavano quindi degli incentivi previsti all’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/2003 e all’articolo 25 del decreto legislativo n. 28/2011. Il GSE è una società pubblica interamente controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia), alla quale sono attribuite numerose funzioni di natura pubblicistica nel settore energetico.

12      Il regime italiano di incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici è stato modificato dall’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014, attuato con decreti ministeriali del 16 e del 17 ottobre 2014, di cui i ricorrenti nei procedimenti principali chiedono l’annullamento dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia).

13      Il giudice del rinvio rileva, sostanzialmente, che l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014 ha previsto una rimodulazione degli incentivi per gli impianti con potenza superiore a 200 kW al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi nonché di favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili. Detto giudice fa altresì presente che, con tale disposizione, il legislatore italiano ha imposto agli operatori del settore interessato il passaggio a un diverso sistema tariffario a seconda di una delle opzioni previste al comma 3 di detta disposizione. È pacifico che ciascuna di tali opzioni inciderebbe in senso peggiorativo sulla situazione degli operatori medesimi quale stabilita nelle convenzioni di incentivazione stipulate tra essi e il GSE, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell’importo delle tariffe incentivanti.

14      In particolare, il giudice del rinvio rileva che, ai sensi dell’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014, per il secondo semestre del 2014, le tariffe incentivanti dovevano essere erogate sotto forma di rate mensili costanti pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto nell’anno solare di produzione, effettuando poi un conguaglio in relazione alla produzione effettiva. Pertanto, tale disposizione ha modificato le condizioni contrattuali in essere, sostituendo il criterio della «produzione effettiva» con quello della «producibilità media annua», senza considerare il fatto che i beneficiari degli incentivi in questione hanno acceduto al regime di sostegno a condizioni diverse.

15      I ricorrenti nei procedimenti principali sostengono dinanzi al giudice a quo che i decreti ministeriali del 16 e 17 ottobre 2014 hanno inciso negativamente su rapporti in corso, già definiti dai rispettivi provvedimenti di concessione e dalle relative convenzioni stipulate di conseguenza con il GSE, venendo pertanto a ledere in modo consistente il loro legittimo affidamento. Esse deducono altresì una violazione del principio della certezza del diritto e della direttiva 2009/28, nella misura in cui l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014 ha introdotto retroattivamente misure incentivanti meno favorevoli, tali da sovvertire le condizioni iniziali di investimenti già realizzati, e dovrebbe pertanto essere disapplicato in quanto contrario al diritto primario e derivato dell’Unione. Il Ministero dello sviluppo economico conclude nel senso del rigetto dei ricorsi contro tali decreti ministeriali.

16      Il giudice del rinvio rileva che i procedimenti principali si collocano in un vasto contenzioso nell’ambito del quale imprese che si trovano in situazioni analoghe a quella dei ricorrenti nei procedimenti principali hanno sollevato le stesse questioni poste nei procedimenti principali. Lo stesso giudice del rinvio aveva quindi sottoposto alla Corte costituzionale (Italia) la questione della costituzionalità dell’articolo 26, comma 3, del decreto-legge n. 91/2014. La Corte costituzionale, con una sentenza del 24 gennaio 2017, ha dichiarato che tale disposizione non era contraria alla Costituzione italiana, rilevando che essa costituisce un intervento rispondente a un interesse pubblico, in termini di equo bilanciamento degli opposti interessi in gioco, volto a coniugare la politica di supporto alla produzione di energia da fonte rinnovabile con la maggiore sostenibilità dei costi correlativi a carico degli utenti finali dell’energia elettrica. Essa ha inoltre dichiarato che la modifica del regime di incentivi di cui ai procedimenti principali non è stata imprevedibile né improvvisa, per cui un operatore economico prudente e accorto avrebbe potuto tener conto della possibile evoluzione legislativa, considerate le caratteristiche di temporaneità e mutevolezza dei regimi di sostegno.

17      Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, che detta sentenza della Corte costituzionale non abbia risolto talune questioni rilevanti ai fini della soluzione delle controversie principali e che occorra sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale al fine di stabilire se sia consentito al legislatore nazionale, in forza del diritto dell’Unione, intervenire in un modo che pregiudichi non solo il regime generale di incentivazione, applicabile alle imprese del settore interessato, bensì parimenti le convenzioni concluse individualmente da tali imprese con una società pubblica, nel caso di specie il GSE, ai fini della determinazione delle concrete misure incentivanti per un periodo di 20 anni.

18      Il giudice del rinvio si chiede, in particolare, se le disposizioni nazionali in questione siano compatibili con i principi generali della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, in quanto l’intervento legislativo oggetto dei procedimenti principali ha modificato unilateralmente le condizioni giuridiche sulla cui base i ricorrenti nei procedimenti stessi avevano impostato la propria attività economica, e ciò in assenza di circostanze eccezionali che giustificherebbero una simile modifica. Per queste stesse ragioni, tale giudice nutre altresì dubbi quanto alla compatibilità di tali disposizioni con gli articoli 16 e 17 della Carta, riguardanti, rispettivamente, la libertà d’impresa e il diritto di proprietà, nonché con l’articolo 10 della Carta dell’energia.

19      Inoltre, secondo detto giudice, le disposizioni nazionali di cui trattasi potrebbero essere contrarie all’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28, nella misura in cui possono incidere negativamente sui regimi di sostegno alla produzione dell’energia elettrica da impianti fotovoltaici, i quali, in forza di tale direttiva, dovrebbero essere caratterizzati da stabilità e costanza. Tali disposizioni potrebbero altresì pregiudicare gli obiettivi della politica energetica, ai sensi di detta direttiva.

20      Di conseguenza, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte, in ciascuna delle cause riunite, la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’[Unione] osti all’applicazione di una disposizione nazionale come quella di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, del [decreto-legge n. 91/2014], che riduce ovvero ritarda in modo significativo la corresponsione degli incentivi già concessi per legge e definiti in base ad apposite convenzioni sottoscritte dai produttori di energia elettrica da conversione fotovoltaica con il [GSE], società pubblica a tal funzione preposta;

in particolare se tale disposizione nazionale sia compatibile con i principi generali del diritto dell’[Unione] di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di leale collaborazione ed effetto utile; con gli articoli 16 e 17 della [Carta]; con la direttiva [2009/28] e con la disciplina dei regimi di sostegno ivi prevista; con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, in particolare in rapporto al[la Carta dell’energia]».

21      Con decisione del presidente della Corte del 5 febbraio 2019, le cause C‑798/18 e C‑799/18 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulla questione pregiudiziale

22      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28 e gli articoli 16 e 17 della Carta, letti alla luce dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nonché l’articolo 10 della Carta dell’energia debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede la riduzione o il rinvio del pagamento degli incentivi per l’energia prodotta dagli impianti solari fotovoltaici, incentivi precedentemente concessi mediante decisioni amministrative e confermati da apposite convenzioni concluse tra gli operatori di tali impianti e una società pubblica.

23      Tale giudice rileva che l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014 ha rimodulato gli incentivi per gli impianti di potenza superiore a 200 kW, assegnati in forza dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/2003 o dell’articolo 25 del decreto legislativo n. 28/2011, al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e di favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili. L’articolo 26 ha pertanto previsto, al comma 2, che a partire dal secondo semestre del 2014 le tariffe incentivanti devono essere erogate sotto forma di rate mensili costanti in misura pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto nell’anno solare di produzione, facendo in seguito un conguaglio in relazione alla produzione effettiva, stabilendo, inoltre, il passaggio a un sistema tariffario diverso a seconda di una delle opzioni indicate al comma 3, vale a dire l’estensione della durata dell’incentivo, che è portata a 24 anni, con una riduzione proporzionale delle erogazioni annue di una determinata percentuale, la riduzione degli importi per il periodo compreso tra gli anni 2015 e 2019, compensata da un aumento per il periodo successivo, o una riduzione della tariffa di una percentuale da determinare rispetto alla potenza nominale degli impianti.

24      Il giudice del rinvio ritiene che detto articolo 26 possa essere contrario al diritto dell’Unione, avendo ridotto le tariffe e modificato le modalità di pagamento di incentivi già assegnati in applicazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/2003 nonché dell’articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28/2011 e confermati mediante convenzioni concluse individualmente dal GSE con i gestori degli impianti fotovoltaici, che indicano le tariffe incentivanti concrete e le modalità specifiche del loro pagamento per un periodo di 20 anni.

25      Al riguardo, per quanto concerne, in primo luogo, la direttiva 2009/28, che il regime di incentivi di cui ai procedimenti principali è volto ad attuare, essa mira, come risulta dal suo articolo 1, a stabilire un quadro comune per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, fissando in particolare obiettivi nazionali obbligatori per la quota di energia da tali fonti sul consumo finale lordo di energia.

26      L’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28 prevede che gli Stati membri possano, in particolare, applicare regimi di sostegno al fine di conseguire gli obiettivi di cui ai precedenti paragrafi 1 e 2 dello stesso articolo 3, a termini dei quali, da un lato, ogni Stato membro provvede affinché la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia nel 2020 sia almeno pari al proprio obiettivo nazionale generale, quale previsto dall’allegato I, parte A, di tale direttiva, e, dall’altro, gli Stati membri adottano misure efficacemente predisposte per assicurare che la propria quota di energia da fonti rinnovabili sia quantomeno uguale alla quota indicata nella traiettoria indicativa di cui all’allegato I, parte B, di detta direttiva.

27      Inoltre, ai sensi del considerando 25 della direttiva 2009/28, «[g]li Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile» ed è essenziale che essi possano, per garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, controllare gli effetti e i costi dei loro regimi di sostegno in funzione del loro potenziale.

28      Come emerge dalla formulazione stessa dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28 e, in particolare, dal termine «possono», gli Stati membri non sono affatto obbligati, al fine di promuovere l’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ad adottare regimi di sostegno. Essi godono infatti di un potere discrezionale quanto alle misure ritenute necessarie per raggiungere gli obiettivi nazionali generali obbligatori fissati all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’allegato I della medesima. Un siffatto potere discrezionale implica che gli Stati membri sono liberi di adottare, modificare o sopprimere regimi di sostegno purché, in particolare, tali obiettivi siano raggiunti (sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605, punto 27).

29      Peraltro, occorre sottolineare che, come risulta da costante giurisprudenza, quando gli Stati membri adottano, in tal modo, misure tramite le quali danno attuazione al diritto dell’Unione, essi sono tenuti a rispettare i principi generali di tale diritto, tra i quali figurano, in particolare, il principio della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605, punto 28 nonché giurisprudenza ivi citata).

30      Ne consegue che l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28 non osta a una normativa nazionale, quale l’articolo 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91/2014, che modifica un regime di sostegno riducendo le tariffe e modifica le modalità di pagamento di incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici, purché tale normativa rispetti detti principi.

31      Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli articoli 16 e 17 della Carta, occorre rilevare che, come risulta dai loro rispettivi titoli e contenuti, il decreto legislativo n. 387/2003 attua la direttiva 2001/77 e il decreto legislativo n. 28/2011 traspone nell’ordinamento italiano la direttiva 2009/28, che ha abrogato tale prima direttiva. Ne consegue che le disposizioni di detti decreti legislativi attuano il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché quest’ultima è applicabile ai procedimenti principali. Di conseguenza, in sede di tale trasposizione deve essere raggiunto il livello di protezione dei diritti fondamentali previsto dalla Carta, indipendentemente dal margine di discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono in occasione di detta trasposizione (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Pelham e a., C‑476/17, EU:C:2019:624, punto 79).

32      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, esso prevede che ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità e che nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. Inoltre l’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale.

33      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che la tutela attribuita a tale articolo non verte su semplici interessi od opportunità di carattere commerciale, il cui carattere aleatorio è inerente alla natura stessa delle attività economiche, bensì su diritti aventi valore patrimoniale da cui deriva, con riguardo all’ordinamento giuridico, una posizione giuridica acquisita che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del suo titolare [sentenze del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 34, e del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli), C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 69].

34      Occorre pertanto valutare, nel caso di specie, se le garanzie conferite all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta si estendano agli incentivi alla produzione dell’energia fotovoltaica, come quelli di cui ai procedimenti principali, i cui importi non sono stati ancora erogati, ma che erano assegnati nell’ambito di un regime di sostegno esistente.

35      Al riguardo, per quanto attiene alla questione di stabilire se si possa ritenere che tali incentivi presentino un valore patrimoniale, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che occorre prendere in considerazione in forza dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, risulta che la nozione di «beni» menzionata nella prima parte di tale articolo 1 possiede portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni tangibili e che anche taluni altri diritti e interessi che costituiscono elementi patrimoniali possono ritenersi «diritti patrimoniali» (Corte EDU, 22 giugno 2004, Broniowski c. Polonia, EC:ECHR:2004:0622JUD003144396, § 129).

36      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha quindi affermato che, a determinate condizioni, la nozione di «beni» può coprire i valori patrimoniali, compresi i crediti (v., in tal senso, Corte EDU, 28 settembre 2004, Kopecký c. Slovacchia, CE:ECHR:2004:0928JUD004491298, § 35).

37      Nel caso di specie, dagli atti sottoposti alla Corte risulta che le convenzioni concluse dal GSE con i gestori di impianti fotovoltaici interessati, in applicazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/2003 nonché dell’articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28/2011, erano state concluse ad hoc e individualmente e che tali convenzioni indicavano le tariffe incentivanti specifiche e la durata della loro erogazione. Risulta, pertanto, che gli incentivi assegnati sulla base di tali disposizioni e confermati da dette convenzioni non costituivano semplici interessi o opportunità di carattere commerciale, ma avevano un valore patrimoniale.

38      Tuttavia, alla luce della giurisprudenza richiamata supra al punto 33, affinché il diritto alla percezione di incentivi come quelli oggetto dei procedimenti principali possa rientrare nella tutela offerta dall’articolo 17 della Carta, occorre parimenti esaminare se tale diritto costituisca una posizione giuridica acquisita, ai sensi di tale giurisprudenza (v., per analogia, sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 36).

39      La Corte ha ricordato, al punto 61 della sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535), che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali risulta che un reddito futuro può essere considerato un «bene» che può godere della tutela dell’articolo 17 della Carta solo se è stato già percepito, se è stato oggetto di un credito certo oppure in presenza di circostanze specifiche che possono fondare, in capo all’interessato, il legittimo affidamento di conseguirne il valore patrimoniale.

40      Occorre pertanto esaminare, alla luce dei precedenti punti 30 e 39, la portata dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento per quanto riguarda la normativa nazionale di cui ai procedimenti principali.

41      Secondo costante giurisprudenza della Corte, il principio di certezza del diritto, che ha come corollario quello della tutela del legittimo affidamento, impone, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando possono avere conseguenze sfavorevoli sugli individui e sulle imprese. In particolare, detto principio impone che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che questi ultimi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605, punti 29 e 30 nonché giurisprudenza ivi citata).

42      Secondo giurisprudenza parimenti costante della Corte, la possibilità di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento è prevista per ogni operatore economico nei cui confronti un’autorità nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative. Tuttavia, qualora un operatore economico prudente e avveduto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, esso non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali (sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

43      Spetta al giudice del rinvio esaminare se una normativa nazionale come quella di cui ai procedimenti principali sia conforme a tali principi; la Corte, allorché statuisce su un rinvio pregiudiziale a norma dell’articolo 267 TFUE, è competente esclusivamente a fornire a detto giudice tutti gli elementi interpretativi rientranti nel diritto dell’Unione che possono consentirgli di valutare tale conformità. A tal fine, il giudice del rinvio può tener conto di tutti gli elementi rilevanti ricavabili dai termini, dalla finalità o dall’economia delle normative in questione (v., in particolare, sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605, punti 33 e 34 nonché giurisprudenza ivi citata).

44      Per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre rilevare, in particolare, i seguenti elementi che si evincono dagli atti sottoposti alla Corte.

45      Per quanto concerne, anzitutto, il decreto legislativo n. 387/2003, che ha istituito il regime di incentivi alla produzione di energia da impianti solari fotovoltaici in Italia, trasponendo la direttiva 2001/77, dall’articolo 7, comma 2, di tale decreto legislativo risulta che, relativamente all’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici, i decreti ministeriali di attuazione del suddetto decreto legislativo hanno istituito una tariffa incentivante specifica di importo decrescente e di una durata che consente di garantire un equo compenso dei costi d’investimento. Tali decreti hanno altresì fissato un limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono beneficiare dell’incentivo.

46      Si può quindi ritenere, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, che la formulazione stessa di tale articolo 7 indichi a un operatore economico prudente e avveduto, ai sensi della giurisprudenza richiamata supra al punto 42, che gli incentivi in questione non erano garantiti a tutti gli operatori interessati per un periodo determinato, tenuto conto, in particolare, del riferimento a un importo decrescente delle tariffe incentivanti nonché alla durata limitata dell’incentivo e della fissazione di un limite massimo di potenza elettrica cumulata ammissibile all’incentivo medesimo.

47      Per quanto riguarda, poi, il decreto legislativo n. 28/2011, che ha abrogato il decreto legislativo n. 387/2003, la Corte ha già operato, sostanzialmente, la stessa constatazione al punto 44 della sentenza dell’11 luglio 2019, Agrenergy e Fusignano Due (C‑180/18, C‑286/18 e C‑287/18, EU:C:2019:605), affermando che le disposizioni di diritto nazionale adottate a titolo di tale decreto erano tali da indicare sin dall’inizio a operatori economici prudenti e avveduti che il regime di incentivi applicabile agli impianti solari fotovoltaici poteva essere adattato, o addirittura soppresso, dalle autorità nazionali per tener conto dell’evoluzione di determinate circostanze.

48      Infatti, il decreto legislativo n. 28/2011 disponeva, al suo articolo 25, che l’incentivo alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici è disciplinato da un decreto ministeriale che fissa un limite annuale della potenza elettrica cumulata di simili impianti ammissibili a beneficiare delle tariffe incentivanti e che prevede tali tariffe tenendo conto della riduzione del costo delle tecnologie e degli impianti nonché delle misure incentivanti applicate negli altri Stati membri e della natura del sito degli impianti.

49      Per quanto riguarda, infine, le convenzioni concluse con il GSE, dagli atti sottoposti alla Corte risulta che, da un lato, le convenzioni concluse con i proprietari degli impianti fotovoltaici interessati entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012 si limitavano a prevedere le condizioni pratiche dell’erogazione degli incentivi, assegnati sotto forma di una precedente decisione amministrativa adottata dal GSE. Secondo il governo italiano, tali convenzioni sono state qualificate dalla Corte costituzionale come contratti di diritto pubblico facenti seguito a un atto amministrativo.

50      Dall’altro lato, per quanto riguarda gli incentivi per gli impianti entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2012, tali incentivi erano «assegnati», come risulta dalla formulazione dell’articolo 24, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 28/2011, mediante contratti di diritto privato stipulati tra il GSE e gli enti responsabili degli impianti interessati, sulla base di un contratto-tipo definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

51      Di conseguenza, come rilevato dal governo italiano nelle proprie osservazioni scritte, risulta che le convenzioni concluse tra i gestori di impianti fotovoltaici interessati e il GSE erano firmate sulla base di contratti-tipo, che esse non assegnavano, di per sé, incentivi agli impianti stessi, ma fissavano unicamente le modalità della loro erogazione, e che, quanto meno per quanto riguarda le convenzioni concluse dopo il 31 dicembre 2012, il GSE si riservava il diritto di modificare unilateralmente le condizioni di queste ultime a seguito di eventuali sviluppi normativi, come espressamente indicato in tali convenzioni. Detti elementi costituivano, quindi, un’indicazione sufficientemente chiara per gli operatori economici nel senso che gli incentivi in questione potevano essere modificati o soppressi.

52      Le misure previste all’articolo 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91/2014 non incidono peraltro sugli incentivi già erogati, ma sono applicabili unicamente a decorrere dall’entrata in vigore di tale decreto-legge e unicamente agli incentivi previsti, ma non ancora dovuti. Di conseguenza, tali misure non sono retroattive, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti nei procedimenti principali.

53      Tutte queste circostanze sembrano risultare chiaramente, sempre fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, dalla normativa nazionale oggetto dei procedimenti principali, cosicché la loro applicazione era, in linea di principio, prevedibile. Infatti, dagli atti di cui dispone la Corte risulta che le disposizioni normative di cui ai procedimenti principali sono state debitamente pubblicate, che esse erano sufficientemente precise e che i ricorrenti nei procedimenti principali erano a conoscenza del loro contenuto. Pertanto, un operatore economico prudente e accorto non può far valere una lesione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento a causa delle modifiche apportate a tale normativa.

54      Di conseguenza, si deve dichiarare che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 48 delle proprie conclusioni, il diritto fatto valere dai gestori di impianti fotovoltaici interessati di beneficiare degli incentivi di cui ai procedimenti principali in modo immutato per l’intera durata delle convenzioni da essi concluse con il GSE non costituisce una posizione giuridica acquisita e non rientra nella tutela prevista all’articolo 17 della Carta, ragion per cui la modifica degli importi di tali incentivi o delle modalità della loro erogazione, effettuata da una disposizione nazionale quale l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014, non può essere assimilata a un pregiudizio del diritto di proprietà come riconosciuto al suddetto articolo 17.

55      In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo 16 della Carta, occorre ricordare che esso sancisce la libertà d’impresa e prevede che essa sia riconosciuta conformemente al diritto dell’Unione nonché alle legislazioni e prassi nazionali.

56      Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la tutela conferita da tale articolo 16 implica la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale, la libertà contrattuale e la libera concorrenza, come emerge dalle spiegazioni relative a questo stesso articolo, le quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima (sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

57      La libertà contrattuale, ai sensi dell’articolo 16 della Carta, si riferisce, in particolare, alla libera scelta della controparte economica nonché alla libertà di determinare il prezzo richiesto per una prestazione (sentenza del 20 dicembre 2017, Polkomtel, C‑277/16, EU:C:2017:989, punto 50).

58      Nel caso di specie, i ricorrenti nei procedimenti principali sostengono che l’articolo 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91/2014 pregiudica la libertà contrattuale dei beneficiari degli incentivi previsti dalle convenzioni concluse con il GSE nonché il loro diritto di disporre liberamente delle loro risorse economiche e finanziarie, avendo tale decreto-legge modificato le condizioni di assegnazione di tali incentivi.

59      Orbene, come già rilevato supra ai punti 49 e 50, dagli atti sottoposti alla Corte risulta che, da un lato, le convenzioni concluse con i proprietari degli impianti entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012 prevedevano unicamente le condizioni pratiche per l’erogazione degli incentivi assegnati con decisioni amministrative precedenti e che, dall’altro, gli incentivi per gli impianti entrati in esercizio dopo tale data risultavano confermati da contratti-tipo conclusi tra il GSE e i gestori degli impianti interessati che fissavano unicamente le modalità di erogazione di tali incentivi.

60      Di conseguenza, risulta che i ricorrenti nei procedimenti principali non disponevano del potere negoziale in ordine al contenuto delle convenzioni stipulate con il GSE. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, quando si tratta di un contratto-tipo redatto da una parte contrattuale, la libertà contrattuale della controparte consiste, in sostanza, nel decidere se accettare o meno le condizioni del contratto stesso. Inoltre, come rilevato supra al punto 51, almeno per quanto riguarda le convenzioni concluse successivamente al 31 dicembre 2012, il GSE si riservava il diritto di modificare unilateralmente le condizioni delle medesime.

61      Pertanto, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, non si può ritenere che la normativa nazionale di cui ai procedimenti principali costituisca un’ingerenza nella libertà contrattuale delle parti delle convenzioni oggetto dei procedimenti principali, ai sensi dell’articolo 16 della Carta.

62      Peraltro, la libertà d’impresa sancita in quest’ultima disposizione comprende anche il diritto di ogni impresa di poter liberamente utilizzare, nei limiti della responsabilità per le proprie azioni, delle risorse economiche, tecniche e finanziarie di cui dispone (sentenze del 27 marzo 2014, UPC Telekabel Wien, C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 49, e del 30 giugno 2016, Lidl, C‑134/15, EU:C:2016:498, punto 27).

63      Una restrizione di tale diritto è costituita, in particolare, dall’obbligo di adottare misure che possono rappresentare, per un operatore economico, un costo notevole, avere un impatto considerevole sull’organizzazione delle sue attività o richiedere soluzioni tecniche difficili e complesse (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2014, UPC Telekabel Wien, C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 50).

64      Tuttavia, nel caso di specie, non risulta che l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014 abbia ristretto, ai sensi della giurisprudenza richiamata supra ai punti 62 e 63, il diritto dei gestori degli impianti fotovoltaici interessati di utilizzare liberamente risorse di cui dispongono, dal momento che le tariffe incentivanti, quali assegnate dagli atti amministrativi e fissate nelle convenzioni concluse tra i gestori stessi e il GSE, non possono essere considerate risorse di tal genere, in quanto, come risulta sostanzialmente dai punti da 51 a 53 supra, si tratta solo di incentivi previsti ma non ancora dovuti, e tali gestori non possono far valere un legittimo affidamento sul fatto che essi beneficeranno di tali incentivi in modo invariato.

65      Pertanto, dagli atti di cui dispone la Corte non risulta che l’articolo 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91/2014 abbia assoggettato i gestori di impianti fotovoltaici a vincoli come quelli menzionati nella giurisprudenza richiamata supra al punto 63.

66      Di conseguenza, si deve dichiarare che una disposizione nazionale quale l’articolo 26 del decreto-legge n. 91/2014 non può essere considerata una violazione della libertà d’impresa sancita dall’articolo 16 della Carta.

67      In terzo luogo, considerato che il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità dell’articolo 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91/2014 con l’articolo 10 della Carta dell’energia, occorre rilevare che, alla luce dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, la Carta, costituendo un accordo misto, vincola le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri.

68      Ai sensi dell’articolo 10 della Carta dell’energia, ciascuna parte contraente incoraggia e crea, conformemente alle disposizioni di tale Carta, condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti per gli investitori «di altre [p]arti contraenti» che effettuano investimenti nella sua area.

69      Dal tenore del menzionato articolo 10 risulta che le condizioni ivi stabilite devono essere assicurate agli investitori delle altre parti contraenti.

70      Orbene, nel caso di specie, dagli atti di cui dispone la Corte non risulta che uno o più investitori interessati siano investitori delle altre parti contraenti ai sensi dell’articolo 10 della Carta dell’energia o che essi abbiano dedotto una violazione di tale articolo in tale qualità di investitore. Di conseguenza, l’articolo 10 della Carta dell’energia non risulta applicabile ai procedimenti principali, cosicché non occorre esaminare la compatibilità della normativa nazionale con tale disposizione.

71      Alla luce di tutti i suesposti rilievi, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti, l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28 e gli articoli 16 e 17 della Carta, letti alla luce dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede la riduzione o il rinvio del pagamento degli incentivi per l’energia prodotta dagli impianti solari fotovoltaici, incentivi precedentemente concessi mediante decisioni amministrative e confermati da apposite convenzioni concluse tra gli operatori di tali impianti e una società pubblica, qualora tale normativa riguardi gli incentivi già previsti, ma non ancora dovuti.

 Sulle spese

72      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

Fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti, l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, e gli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti alla luce dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede la riduzione o il rinvio del pagamento degli incentivi per l’energia prodotta dagli impianti solari fotovoltaici, incentivi precedentemente concessi mediante decisioni amministrative e confermati da apposite convenzioni concluse tra gli operatori di tali impianti e una società pubblica, qualora tale normativa riguardi gli incentivi già previsti, ma non ancora dovuti.

Regan

Ilešič

Juhász

 

Lycourgos

 

Jarukaitis

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 aprile 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente della Quinta Sezione

 

A. Calot Escobar

 

E. Regan


*      Lingua processuale: l’italiano.