SENTENZA DELLA CORTE (Grande
Sezione)
6
ottobre 2020 (*)
Indice
I.
Contesto normativo
A.
Normativa dell’OMC
1.
Accordo che istituisce l’OMC
2. Il
GATS
3.
L’intesa sulla risoluzione delle controversie
B.
Diritto dell’Unione
C.
Diritto ungherese
II.
Procedimento precontenzioso
III. Sul
ricorso
A. Sulla
ricevibilità
1.
Argomenti delle parti
2.
Giudizio della Corte
B. Sulla
competenza della Corte
1.
Argomenti delle parti
2.
Giudizio della Corte
C. Nel
merito
1. Sul
requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale
a) Sugli
effetti da riconoscere all’impegno dell’Ungheria, per quanto riguarda i servizi
di insegnamento superiore, alla luce della regola del trattamento nazionale
contenuta nell’articolo XVII del GATS
1)
Argomenti delle parti
2)
Giudizio della Corte
b) Sulla
modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali
analoghi
1)
Argomenti delle parti
2) Giudizio
della Corte
c) Sulla
giustificazione ai sensi dell’articolo XIV del GATS
1)
Argomenti delle parti
2)
Giudizio della Corte
2. Sul
requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede
l’istituto interessato
a)
Sull’articolo XVII del GATS
1) Sulla
modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali
analoghi
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
2)
Sull’esistenza di una giustificazione
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
b)
Sull’articolo 49 TFUE
1)
Sull’applicabilità dell’articolo 49 TFUE
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
2)
Sull’esistenza di una restrizione
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
3)
Sull’esistenza di una giustificazione
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
c)
Sull’articolo 16 della direttiva 2006/123 e, in subordine, sull’articolo
56 TFUE
1)
Sull’applicabilità della direttiva 2006/123
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
2)
Sull’esistenza di una restrizione
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
3)
Sull’esistenza di una giustificazione
i)
Argomenti delle parti
ii)
Giudizio della Corte
3.
Sull’articolo 13, sull’articolo 14, paragrafo 3 e sull’articolo 16 della Carta
a)
Sull’applicabilità della Carta
1)
Argomenti delle parti
2)
Giudizio della Corte
b)
Sull’esistenza di limitazioni ai diritti fondamentali interessati
1)
Argomenti delle parti
2)
Giudizio della Corte
c)
Sull’esistenza di una giustificazione
1)
Argomenti delle parti
2)
Giudizio della Corte
Sulle
spese
«Inadempimento
di uno Stato – Ricevibilità – Competenza della Corte – Accordo
generale sugli scambi di servizi – Articolo XVI – Accesso al
mercato – Elenco di impegni specifici – Condizione relativa all’esistenza
di un’autorizzazione – Articolo XX, paragrafo 2 – Articolo
XVII – Trattamento nazionale – Prestatore di servizi con sede in uno
Stato terzo – Normativa nazionale di uno Stato membro che impone
condizioni per la fornitura di servizi di insegnamento superiore nel proprio
territorio – Requisito relativo alla conclusione di un accordo
internazionale con lo Stato in cui ha sede il prestatore – Requisito
relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede il
prestatore – Modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei
prestatori nazionali – Giustificazione – Ordine pubblico –
Prevenzione delle pratiche ingannevoli – Articolo 49 TFUE –
Libertà di stabilimento – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato
interno – Articolo 16 – Articolo 56 TFUE – Libera
prestazione dei servizi – Esistenza di una restrizione –
Giustificazione – Motivi imperativi di interesse generale – Ordine
pubblico – Prevenzione delle pratiche ingannevoli – Livello elevato
di qualità dell’insegnamento – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea – Articolo 13 – Libertà accademica – Articolo 14,
paragrafo 3 – Libertà di creare istituti di insegnamento – Articolo
16 – Libertà d’impresa – Articolo 52, paragrafo 1»
Nella
causa C‑66/18,
avente
ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE,
proposto il 1° febbraio 2018,
Commissione
europea, rappresentata
da V. Di Bucci, L. Malferrari, B. De Meester e
K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Ungheria, rappresentata da
M.Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,
convenuta,
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta
da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente,
A. Arabadjiev, A. Prechal, M. Vilaras, M. Safjan e
S. Rodin, presidenti di sezione, E. Juhász, J. Malenovský
(relatore), L. Bay Larsen, T. von Danwitz, C. Toader e
C. Lycourgos, giudici,
avvocato
generale: J. Kokott
cancelliere:
R. Șereș, amministratrice
vista la
fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2019,
sentite
le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 marzo 2020,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con
il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:
– dichiarare
che, imponendo agli istituti di insegnamento esteri con sede al di fuori dello
Spazio economico europeo (SEE) la conclusione di un accordo internazionale tra
l’Ungheria e lo Stato d’origine quale condizione per poter fornire servizi di
insegnamento, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), del
Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011
relativa all’istruzione superiore nazionale) (Magyar Közlöny 2011/165),
come modificato dal Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény
módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017 recante modifica
alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale), adottato
dal Parlamento ungherese il 4 aprile 2017 (Magyar Közlöny 2017/53)
(in prosieguo: la «legge sull’istruzione superiore»), l’Ungheria è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo XVII dell’Accordo
generale sugli scambi di servizi (General Agreement on Trade in Services; in
prosieguo: il «GATS»), che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che
istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech e
approvato dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994,
relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua
competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994)
(GU 1994, L 336, pag. 1) (in prosieguo: l’«accordo che istituisce
l’OMC»);
– dichiarare
che, imponendo agli istituti di insegnamento superiore esteri di offrire una
formazione d’insegnamento superiore nel proprio paese di origine, conformemente
all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’articolo 16 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU
2006, L 376, pag. 36), e, in ogni caso, in forza degli articoli 49 e
56 TFUE, nonché dell’articolo XVII del GATS;
– dichiarare
che, imponendo le misure summenzionate, conformemente all’articolo 76,
paragrafo 1, lettere a) e b), della legge sull’istruzione superiore (in
prosieguo: le «misure controverse»), l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e
dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in
prosieguo: la «Carta»), e
– condannare
l’Ungheria alle spese.
I. Contesto
normativo
A. Normativa
dell’OMC
1. Accordo
che istituisce l’OMC
2 L’articolo
XVI, paragrafo 4, dell’accordo che istituisce l’OMC così dispone:
«Ciascun
membro garantisce la conformità delle proprie leggi, dei propri regolamenti e
delle proprie procedure amministrative con gli obblighi che gli incombono
conformemente a quanto previsto negli accordi allegati».
2. Il
GATS
3 L’articolo
I, paragrafi da 1 a 3, del GATS enuncia quanto segue:
«1. Il
presente accordo si applica a provvedimenti adottati dai membri che incidono
sugli scambi di servizi.
2. Ai
fini del presente accordo, per scambio di servizi s’intende la fornitura di un
servizio:
(...)
c) da parte di
un prestatore di servizi di un membro, attraverso la presenza commerciale nel
territorio di un qualsiasi altro membro;
(...)
3. Ai fini del
presente accordo:
a) “provvedimenti
adottati dai membri” significa misure adottate da:
i) autorità e
governi centrali, regionali o locali; e
ii) organismi
non governativi, nell’esercizio dei poteri delegati da governi o autorità
centrali, regionali o locali.
Nell’adempimento
degli obblighi e degli impegni derivanti dall’accordo, ciascun membro prenderà
tutte le opportune misure a sua disposizione per garantirne l’osservanza da
parte di governi e autorità regionali e locali, nonché di organismi non
governativi nell’ambito del suo territorio;
(...)».
4 L’articolo
XIV del GATS così dispone:
«Fermo
restando l’obbligo di non applicare i provvedimenti in maniera da causare
discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni
analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi, nulla di
quanto contenuto nel presente accordo è inteso ad impedire l’adozione o
l’applicazione da parte dei membri di misure:
a) necessarie a
salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico;
(...)
c) necessarie
per garantire l’osservanza di leggi e regolamenti che non siano incompatibili
con le disposizioni del presente [accordo], ivi compresi quelli relativi:
i) alla
prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al trattamento degli
effetti di un’inadempienza rispetto a contratti di servizi;
(...)».
5 Gli
articoli da XVI a XVIII del GATS rientrano nella parte III di tale accordo,
intitolata «Impegni specifici».
6 L’articolo
XVI del GATS, rubricato «Accesso al mercato», prevede quanto segue:
«1. Per
quanto concerne l’accesso al mercato attraverso le modalità di fornitura
definite all’articolo I, ciascun membro accorderà ai servizi e ai prestatori di
servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello
previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle condizioni concordate e
specificate nel suo elenco.
2. In
settori oggetto di impegni in materia di accesso al mercato, le misure che un
membro dovrà astenersi dal tenere in essere o dall’adottare, a livello
regionale o per l’intero territorio nazionale, salvo quanto diversamente
specificato nel suo elenco, sono le seguenti:
a) limitazioni
al numero di prestatori di servizi, sotto forma di contingenti numerici,
monopoli, concessioni di diritti di esclusiva, o imposizione di una verifica
della necessità economica;
b) limitazioni
al valore complessivo delle transazioni o dell’attivo nel settore dei servizi
sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della
necessità economica;
c) limitazioni
al numero complessivo di imprese di servizi o alla produzione totale di servizi
espressa in termini di unità numeriche definite sotto forma di contingenti o di
imposizione di una verifica della necessità economica;
d) limitazioni
al numero totale di persone fisiche che possono essere impiegate in un particolare
settore o da un prestatore di servizi, e che sono necessarie e direttamente
collegate alla fornitura di un servizio specifico, sotto forma di contingenti
numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica;
e) misure che
limitano o impongono forme specifiche di personalità giuridica o joint venture
con le quali un fornitore di servizi può svolgere la sua attività; o
f) limitazioni
alla partecipazione di capitale estero in termini di limite percentuale massimo
alle partecipazioni straniere o di valore totale di investimenti stranieri
singoli o complessivi».
7 L’articolo
XVII del GATS, intitolato «Trattamento nazionale», così dispone:
«1. Nei
settori inseriti nel suo elenco e ferme restando eventuali condizioni e requisiti
indicati nello stesso, ciascun membro accorda ai servizi e ai prestatori di
servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello
accordato ad analoghi servizi e fornitori di servizi nazionali, per quanto
riguarda tutte le misure concernenti la fornitura di servizi.
2. Un
membro può adempiere all’obbligo di cui al paragrafo 1 accordando ai servizi e ai
fornitori di servizi di qualsiasi altro membro un trattamento formalmente
identico o formalmente diverso rispetto a quello accordato ad analoghi servizi
e prestatori di servizi nazionali.
3. Un
trattamento formalmente identico o formalmente diverso è considerato meno
favorevole qualora esso modifichi le condizioni della concorrenza a favore di
servizi o fornitori di servizi del membro rispetto ad analoghi servizi o
[fornitori] di servizi di un altro membro».
8 Ai
termini dell’articolo XX, paragrafi 1 e 2, del GATS:
«1. Ciascun
membro indica in un elenco gli impegni specifici assunti ai sensi della parte
III del presente accordo. Per quanto concerne i settori nei quali vengono
assunti gli impegni, ciascun elenco deve specificare:
a) termini,
limitazioni e condizioni dell’accesso al mercato;
b) condizioni e
requisiti per il trattamento nazionale;
(...)
2. Eventuali
misure incompatibili con gli articoli XVI e XVII sono inserite nella colonna
relativa all’articolo XVI. In tal caso la voce inserita sarà considerata una
condizione o un requisito anche per l’articolo XVII.
3. L’intesa
sulla risoluzione delle controversie
9 L’intesa
sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle
controversie, che figura all’allegato 2 dell’accordo che istituisce l’OMC (in
prosieguo: l’«intesa sulla risoluzione delle controversie»), prevede, al suo
articolo 1, paragrafo 1, che le norme e le procedure in essa contenute si
applicano alle controversie promosse ai sensi delle disposizioni in materia di
consultazioni e di risoluzione delle controversie degli accordi figuranti
all’allegato 1 dell’accordo che istituisce l’OMC, tra cui il GATS.
10 L’articolo
3, paragrafo 2, di tale intesa prevede quanto segue:
«Il
sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC svolge un ruolo essenziale
nell’assicurare certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale.
I membri riconoscono che esso serve a tutelare i diritti e gli obblighi dei
membri derivanti dagli accordi contemplati, nonché a chiarire le disposizioni
attuali di tali accordi conformemente alle norme di interpretazione abituali
del diritto pubblico internazionale. Le raccomandazioni e le decisioni
del[l’organo di conciliazione] non possono ampliare né ridurre i diritti e gli
obblighi previsti dagli accordi contemplati».
11 Ai
sensi dell’articolo 11 di detta intesa:
«I panel
hanno la funzione di assistere [l’organo di conciliazione] ad adempiere ai
compiti ad esso attribuiti dalla presente intesa e dagli accordi contemplati.
Un panel dovrebbe pertanto procedere a una valutazione oggettiva della
questione sottoposta al suo esame, ivi compresa una valutazione oggettiva dei
fatti in questione, dell’applicabilità degli accordi contemplati pertinenti e
della compatibilità [dei fatti] con tali accordi, e procedere alle ulteriori
constatazioni che possono aiutare [l’organo di conciliazione] a formulare le
raccomandazioni o le decisioni previste negli accordi contemplati. I panel
dovrebbero procedere a regolari consultazioni con le parti della controversia e
offrire loro adeguate occasioni per elaborare una soluzione reciprocamente
soddisfacente».
12 L’articolo
17 della medesima intesa, intitolato «Esame d’appello», prevede in particolare
quanto segue:
«6. Un
appello si limita alle questioni giuridiche contemplate nella relazione del
panel e alle interpretazioni giuridiche sviluppate dal panel.
(...)
13. L’organo
d’appello può conf[e]rmare, modificare o annullare le constatazioni e le
conclusioni giuridiche del panel.
(...)».
13 Ai
sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, dell’intesa sulla risoluzione delle
controversie:
«Qualora
un panel o l’organo d’appello giunga alla conclusione che una misura è
incompatibile con un accordo contemplato, esso raccomanda che il membro
interessato renda tale misura conforme all’accordo. Oltre a formulare le
proprie raccomandazioni, il panel o l’organo d’appello può suggerire i modi in
cui il membro interessato potrebbe ottemperare a tali raccomandazioni».
14 L’articolo
21 di detta intesa, rubricato «Verifica dell’applicazione delle raccomandazioni
e delle decisioni» enuncia quanto segue:
«1. Per
garantire un’efficace risoluzione delle controversie a vantaggio di tutti i
membri è essenziale che le raccomandazioni e le decisioni [dell’organo di
conciliazione] siano prontamente rispettate.
(...)
3. Nel
corso di una riunione [dell’organo di conciliazione] da tenersi entro trenta
giorni dalla data di adozione della relazione di un panel o dell’organo d’appello,
il membro interessato informa [l’organo di conciliazione] delle sue intenzioni
per quanto riguarda l’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni
[dell’organo di conciliazione]. Qualora non gli sia possibile ottemperare
immediatamente a tali raccomandazioni e decisioni, il membro interessato può
farlo entro un periodo ragionevole. (...)
(...)
6. [L’organo
di conciliazione] esercita una sorveglianza sull’applicazione delle
raccomandazioni o delle decisioni adottate. (...)
(...)».
15 L’articolo
22, paragrafo 1, della suddetta intesa enuncia quanto segue:
«La
compensazione e la sospensione di concessioni o di altri obblighi sono misure
provvisorie cui si può fare ricorso nei casi in cui le raccomandazioni e le
decisioni non siano applicate entro un periodo ragionevole. (...)».
16 Secondo
l’articolo 23, paragrafo 1, della medesima intesa:
«Nel
cercare di ottenere riparazione di una violazione di obblighi o di un altro
annullamento o pregiudizio dei benefici previsti dagli accordi contemplati o di
un impedimento al conseguimento di un obiettivo degli accordi contemplati, i
membri utilizzano e rispettano le norme e procedure della presente intesa».
B. Diritto
dell’Unione
17 Il
considerando 41 della direttiva 2006/123 enuncia quanto segue:
«Il
concetto di “ordine pubblico”, come interpretato dalla Corte di giustizia,
comprende la protezione contro una minaccia effettiva e sufficientemente grave
per uno degli interessi fondamentali della collettività e può includere, in
particolare, questioni legate alla dignità umana, alla tutela dei minori e
degli adulti vulnerabili ed al benessere degli animali. (...)».
18 A
norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, quest’ultima si
applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.
19 L’articolo
4, punto 1, di detta direttiva definisce la nozione di «servizio» come
«qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE]
fornita normalmente dietro retribuzione».
20 L’articolo
16 della suddetta direttiva, intitolato «Libera prestazione di servizi», ai
suoi paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:
«1. Gli
Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno
Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti.
Lo Stato
membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a
un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio
territorio.
Gli
Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio
della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti
principi:
a) non
discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente
discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche,
della sede,
b) necessità: i
requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente,
c) proporzionalità:
i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito
e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.
(...)
3. Allo
Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre
requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano
giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità
pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. (...)».
C. Diritto
ungherese
21 In
forza dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione
superiore, un istituto di insegnamento superiore estero può esercitare nel
territorio ungherese un’attività di insegnamento finalizzata al rilascio di una
laurea soltanto se «il governo ungherese e il governo dello Stato in cui si
trova la sede dell’istituto di insegnamento superiore estero hanno acconsentito
ad essere vincolati da un accordo relativo al sostegno di principio concesso
all’istituto al fine di esercitare un’attività in Ungheria, accordo che, nel
caso di uno Stato federale, si baserà su un accordo previamente stipulato con
il governo centrale qualora lo stesso non sia competente a stipulare accordi
internazionali vincolanti» (in prosieguo: il «requisito relativo all’esistenza
di un previo accordo internazionale»).
22 In
forza dell’articolo 77, paragrafo 2, della legge sull’istruzione superiore,
l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), di tale legge non si applica agli
istituti di insegnamento superiore esteri stabiliti in un altro Stato membro
del SEE.
23 L’articolo
76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore dispone che
gli istituti di insegnamento superiore esteri che esercitano un’attività in
Ungheria devono non solo avere la qualità di istituto di insegnamento superiore
riconosciuto dallo Stato nel paese in cui si trova la loro sede, ma altresì
offrire «effettivamente una formazione di insegnamento superiore» nel paese in
questione (in prosieguo: il «requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato»).
24 Conformemente
all’articolo 77, paragrafo 3, della legge sull’istruzione superiore, le
disposizioni dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), di tale legge si
applicano anche agli istituti di insegnamento superiore aventi sede in uno
Stato membro del SEE.
25 L’articolo
115, paragrafo 7, della legge sull’istruzione superiore fissava al
1° gennaio 2018 il termine concesso agli istituti di insegnamento
superiore esteri per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo
1, di tale legge, ad eccezione degli Stati federali per i quali doveva essere
concluso un previo accordo con il governo centrale nei sei mesi successivi alla
pubblicazione della legge XXV del 2017, ossia prima dell’11 ottobre 2017. Tale
disposizione prevedeva inoltre che agli istituti di insegnamento superiore
esteri che non soddisfacevano i requisiti previsti da detta legge sarebbe stata
revocata l’autorizzazione di cui disponevano e che, a decorrere dal 1° gennaio
2018, nessuno studente avrebbe potuto essere iscritto al primo anno di una
formazione impartita in Ungheria da un istituto di insegnamento superiore
estero, mentre i corsi di formazione già iniziati in Ungheria al
1° gennaio 2018 potevano essere completati, al più tardi, nell’anno
accademico 2020/2021, a condizioni immutate secondo un regime di abbandono
progressivo.
II. Procedimento
precontenzioso
26 Ritenendo
che, adottando la legge XXV del 2017, l’Ungheria fosse venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 9, 10 e 13, dell’articolo
14, punto 3), e dell’articolo 16 della direttiva 2006/123, nonché, in
subordine, degli articoli 49 e 56 TFUE, dell’articolo XVII del GATS e
dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della
Carta, il 27 aprile 2017 la Commissione ha inviato una lettera di diffida a
tale Stato membro, impartendogli un termine di un mese per presentare le sue
osservazioni. L’Ungheria vi ha risposto con lettera datata 25 maggio 2017, nella
quale contestava gli inadempimenti che le erano stati in tal senso addebitati.
27 Il
14 luglio 2017 la Commissione ha emesso un parere motivato, in cui concludeva,
in particolare, che:
– imponendo
agli istituti di insegnamento superiore esteri situati al di fuori del SEE la
conclusione di un accordo internazionale quale requisito per poter fornire
servizi di insegnamento, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera
a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria era venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS;
– imponendo
agli istituti di insegnamento superiore esteri di offrire una formazione
d’insegnamento superiore nel proprio paese di origine, conformemente
all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore, l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’articolo 16 della direttiva 2006/123 e, in ogni caso, in forza degli
articoli 49 e 56 TFUE, e
– imponendo
le misure controverse, l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e
dell’articolo 16 della Carta.
28 La
Commissione ha impartito all’Ungheria un termine di un mese per adottare le
misure necessarie al fine di conformarsi al parere motivato o per presentarle
osservazioni.
29 Con
lettera datata 17 luglio 2017, l’Ungheria ha chiesto una proroga di tale
termine, che la Commissione le ha negato.
30 L’Ungheria
ha risposto al parere motivato con lettera del 14 agosto 2017, nella quale
concludeva per l’insussistenza degli inadempimenti in tal senso asseriti.
31 Tale
Stato membro, con lettera dell’11 settembre 2017, ha trasmesso alla Commissione
nuove osservazioni dirette, in particolare, a confrontare la propria situazione
con quella di altri Stati membri nonché a fornire informazioni complementari
riguardanti vari Stati membri.
32 Il
26 settembre 2017 si è tenuta una riunione di esperti tra i rappresentanti
della Commissione e quelli dell’Ungheria.
33 Il
5 ottobre 2017 la Commissione ha inviato all’Ungheria un parere motivato
complementare nel quale sosteneva che, imponendo agli istituti di insegnamento
superiore esteri l’obbligo di impartire un insegnamento superiore nel loro
paese d’origine, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della
legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria era altresì venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS.
34 Con
lettera del 6 ottobre 2017, l’Ungheria ha fatto pervenire alla Commissione un
complemento di informazioni, nel quale essa spiegava che gli Stati Uniti
d’America erano l’unico Stato federale non membro del SEE con il quale doveva
essere concluso un previo accordo, quale previsto all’articolo 76, paragrafo 1,
lettera a), della legge sull’istruzione superiore. Secondo le informazioni
fornite successivamente dalle autorità ungheresi, un previo accordo del genere
sarebbe stato concluso nel termine inizialmente previsto all’articolo 115,
paragrafo 7, di tale legge, che scadeva l’11 ottobre 2017.
35 L’Ungheria
ha risposto al parere motivato complementare con lettera del 18 ottobre 2017,
nella quale informava la Commissione dell’adozione da parte del Parlamento
ungherese, il 17 ottobre 2017, di un disegno di legge recante modifica della
legge sull’istruzione superiore e il cui effetto, in particolare, era di
rinviare al 1° gennaio 2019 il termine previsto all’articolo 115,
paragrafo 7, di tale legge per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 76,
paragrafo 1, della stessa.
36 L’Ungheria
indicava peraltro, in tale lettera, che la legge recante promulgazione
dell’accordo relativo alla cooperazione in materia di insegnamento superiore
concluso tra il governo ungherese e lo Stato del Maryland (Stati Uniti), avente
ad oggetto l’esercizio, da parte del McDaniel College, di un’attività in Ungheria,
era stata pubblicata nel Magyar Közlöny (Gazzetta ufficiale
dell’Ungheria).
37 Infine,
con lettera del 13 novembre 2017, l’Ungheria ha inviato alla Commissione nuove
informazioni complementari, precisando che l’accordo internazionale necessario
alla prosecuzione in Ungheria delle attività dell’Università di medicina di
Heilongjiang Daxue (Cina) era stato firmato il 30 ottobre 2017.
38 È
in tale contesto che la Commissione, il 1° febbraio 2018, ha proposto il
presente ricorso per inadempimento vertente sulle misure controverse.
39 Con
decisione del 25 luglio 2018, il presidente della Corte ha disposto che la
presente causa venisse trattata in via prioritaria, in conformità all’articolo
53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.
III. Sul
ricorso
A. Sulla
ricevibilità
1. Argomenti
delle parti
40 Nel
controricorso, l’Ungheria sostiene che il ricorso deve essere respinto in
quanto irricevibile, in considerazione del comportamento della Commissione
durante il procedimento precontenzioso e dei vizi di illegittimità che ne
deriverebbero. Tale Stato membro espone anzitutto che la Commissione gli ha
imposto, senza fornire alcuna giustificazione, di presentare le proprie
osservazioni sulla lettera di diffida, poi sul parere motivato, entro il
termine di un mese, invece di quello di due mesi abitualmente applicato
nell’ambito dei procedimenti precontenziosi, e ciò sebbene l’Ungheria dovesse
far fronte ad altri due procedimenti per inadempimento avviati parallelamente e
disciplinati anch’essi da termini analoghi. Inoltre, la Commissione avrebbe
respinto le sue domande di proroga di tale termine senza fornire una
motivazione adeguata.
41 Un
simile comportamento dimostrerebbe che la Commissione non ha cercato di sentire
in modo adeguato l’Ungheria, in violazione del principio di leale cooperazione
e del diritto a una buona amministrazione. Tale comportamento costituirebbe
altresì una violazione del diritto dell’Ungheria a sviluppare un’utile difesa.
42 Nella
controreplica, l’Ungheria rileva, inoltre, che la Commissione tenta di
giustificare il proprio comportamento invocando la circostanza che le autorità
ungheresi non erano disposte ad abrogare le disposizioni controverse della
legge sull’istruzione superiore. Orbene, una circostanza del genere non
potrebbe essere invocata per giustificare una riduzione dei termini applicabili
al procedimento precontenzioso, salvo disattendere gli obiettivi di
quest’ultimo.
43 Peraltro,
l’Ungheria sostiene che, lasciando chiaramente intendere di aver avviato il
presente procedimento per inadempimento esclusivamente nell’interesse della
Central European University (CEU) e per considerazioni puramente politiche, la
Commissione ha gravemente leso il diritto a una buona amministrazione, sancito
all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.
44 La
Commissione contesta la fondatezza di tale argomentazione.
2. Giudizio
della Corte
45 Per
quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento vertente sui termini di risposta,
di cui si lamenta l’eccessiva brevità, imposti dalla Commissione all’Ungheria,
occorre ricordare che il procedimento precontenzioso ha lo scopo di dare allo
Stato membro interessato la possibilità di conformarsi agli obblighi che gli
derivano dal diritto dell’Unione o di sviluppare un’utile difesa contro gli
addebiti formulati dalla Commissione (sentenza del 26 ottobre 2006,
Commissione/Italia, C‑371/04, EU:C:2006:668, punto 9). La regolarità di
tale procedimento costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato FUE
non soltanto per tutelare i diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma
anche per assicurare che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una
controversia chiaramente definita [sentenza del 2 aprile 2020,
Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di
ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17, C‑718/17
e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 91 e giurisprudenza ivi citata].
46 Tali
scopi impongono alla Commissione di concedere agli Stati membri interessati un
termine ragionevole per rispondere alla lettera di diffida e per conformarsi a
un parere motivato o, eventualmente, per preparare la loro difesa. Per valutare
la ragionevolezza del termine impartito, si deve tener conto del complesso
delle circostanze caratterizzanti il caso di specie [v., in tal senso, sentenza
del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo
temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17,
C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 92 e giurisprudenza ivi
citata].
47 La
Corte ha in tal senso dichiarato che un termine breve può ammettersi in
situazioni specifiche, in particolare quando vi sia l’urgenza di porre rimedio
a un inadempimento o quando lo Stato membro interessato sia a conoscenza del
punto di vista della Commissione ben prima che venga avviato il procedimento
[sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca
(Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione
internazionale), C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17,
EU:C:2020:257, punto 92].
48 Nel
caso di specie, il parlamento ungherese, il 4 aprile 2017, ha adottato la legge
XXV, in forza della quale gli istituti di insegnamento superiore che non
soddisfano le condizioni ora elencate all’articolo 76, paragrafo 1, della legge
sull’istruzione superiore, da un lato, si vedrebbero revocare l’autorizzazione
all’esercizio della loro attività e, dall’altro, non potrebbero più ammettere
nuovi studenti al primo anno a partire dal 1° gennaio 2018, mentre i corsi
di formazione già iniziati dovrebbero essere completati al più tardi durante
l’anno accademico 2020/2021.
49 Il
27 aprile 2017 la Commissione ha inviato all’Ungheria una lettera di diffida e
le ha impartito un termine di un mese per presentare osservazioni. Il 14 luglio
2017 tale istituzione ha emesso un parere motivato nel quale ha impartito a
tale Stato membro il termine di un mese per adottare i provvedimenti necessari
per conformarvisi o per presentare osservazioni.
50 Alla
luce delle circostanze summenzionate, dalle quali risulta che il termine
impartito all’Ungheria era motivato dall’urgenza, secondo la Commissione, di
porre rimedio all’inadempimento contestato a tale Stato membro, un termine di
un mese non appare irragionevole.
51 Del
resto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo ungherese, tale
valutazione non è rimessa in discussione dal fatto che la Commissione ha
proposto il presente ricorso per inadempimento solo il 1° febbraio 2018.
Infatti, quest’ultima era stata previamente informata, con lettera del 18
ottobre 2017, del rinvio al 1° gennaio 2019 della data a partire dalla
quale gli istituti di insegnamento superiore che non soddisfacevano i requisiti
di cui all’articolo 76, paragrafo 1, della legge sull’istruzione superiore non
avrebbero più potuto ammettere nuovi studenti al primo anno.
52 Ad
ogni modo, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il fatto che la
Commissione assoggetti un procedimento precontenzioso a termini brevi non può,
di per sé, comportare l’irricevibilità del successivo ricorso per
inadempimento. Invero, una simile irricevibilità s’impone solo nel caso in cui
il comportamento della Commissione abbia impedito allo Stato membro interessato
di sviluppare un’utile difesa nei confronti delle censure formulate dalla
Commissione e abbia in tal modo violato i diritti della difesa, circostanza di
cui spetta allo stesso Stato membro fornire la prova [v., in tal senso,
sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18,
EU:C:2020:476, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].
53 Orbene,
nel caso di specie, l’Ungheria non fornisce una prova siffatta.
54 Al
contrario, dall’esame dello svolgimento del procedimento precontenzioso, come
ricordato ai punti da 26 a 37 della presente sentenza, emerge anzitutto che
l’Ungheria, entro il termine di un mese impartitole dalla Commissione, ha
presentato osservazioni circostanziate relative alla lettera di diffida e,
successivamente, al parere motivato. Tale Stato membro ha poi presentato nuove
osservazioni al riguardo in tre lettere datate 11 settembre, 6 ottobre e 13
novembre 2017, tutte accettate dalla Commissione. Infine, dall’analisi dei
documenti scambiati durante il procedimento precontenzioso e da quella
dell’atto introduttivo del giudizio emerge che la Commissione ha preso in
debita considerazione l’insieme delle osservazioni formulate dall’Ungheria
nelle diverse fasi del procedimento in questione, comprese quelle presentate
successivamente alla scadenza dei termini impartiti.
55 In
tali circostanze, è irrilevante che all’Ungheria siano stati impartiti termini
analoghi, durante lo stesso periodo, in altri due procedimenti per
inadempimento che la riguardavano.
56 Per
quanto riguarda, in secondo luogo, l’affermazione dell’Ungheria secondo cui la
Commissione avrebbe asseritamente avviato il presente procedimento per
inadempimento al solo scopo di tutelare gli interessi della CEU, e ciò a fini
puramente politici, occorre ricordare che l’obiettivo perseguito dal
procedimento di cui all’articolo 258 TFUE è l’accertamento oggettivo
dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, degli obblighi impostigli dal
diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019,
Commissione/Germania C‑620/16, EU:C:2019:256, punto 40 e giurisprudenza
ivi citata). Orbene, secondo giurisprudenza costante, nell’ambito di un
procedimento del genere, la Commissione dispone, per quanto riguarda
l’opportunità di avviare un tale procedimento, di un potere discrezionale sul
quale la Corte non può esercitare un controllo giurisdizionale [v., in tal
senso, sentenza del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Lotta contro il
riciclaggio di capitali), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 49 e
giurisprudenza ivi citata].
57 Risulta
dalle suesposte considerazioni che il ricorso per inadempimento in esame è
ricevibile.
B. Sulla
competenza della Corte
1. Argomenti
delle parti
58 L’Ungheria
eccepisce l’incompetenza della Corte a conoscere del presente ricorso per
inadempimento per quanto riguarda le censure della Commissione vertenti su
violazioni del GATS.
59 In
primo luogo, tale Stato membro fa valere che, conformemente all’articolo 6,
lettera e), TFUE, il settore dell’istruzione superiore non rientra nella
competenza dell’Unione europea e che, di conseguenza, sono gli Stati membri
interessati che, in tale settore, rispondono, individualmente, dell’eventuale
inosservanza dei loro obblighi ai sensi del GATS.
60 In
secondo luogo, conformemente alle norme generali del diritto internazionale,
spetterebbe esclusivamente ai panel e all’organo d’appello dell’OMC (in
prosieguo: l’«organo d’appello») istituiti dall’organo di conciliazione
(Dispute Settlement Body; in prosieguo: il «DSB») valutare se la legge
sull’istruzione superiore sia compatibile con gli impegni assunti dall’Ungheria
in forza del GATS.
61 Infatti,
come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 10 settembre
1996, Commissione/Germania, C‑61/94, EU:C:1996:313, punti 15 e 16), la
Commissione sarebbe competente a esaminare l’attuazione di un accordo dell’OMC
divenuto parte integrante del diritto dell’Unione nell’ambito delle relazioni
tra Stati membri e istituzioni dell’Unione, ma non in quello delle relazioni
tra uno Stato membro e uno Stato terzo.
62 Peraltro,
nell’ipotesi in cui la Corte accogliesse la domanda della Commissione in quanto
fondata su una violazione del GATS, essa pregiudicherebbe, con la sua
interpretazione autonoma degli articoli del GATS e dell’elenco di impegni
specifici dell’Ungheria, la competenza esclusiva dei membri dell’OMC e degli
organi che costituiscono il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC
a interpretare gli accordi dell’OMC, e ciò in violazione dell’articolo 216,
paragrafo 2, TFUE, rischiando così di compromettere l’interpretazione uniforme
del GATS.
63 Infatti,
una volta che la Corte abbia accertato la sussistenza dell’inadempimento, da
parte di uno Stato membro, degli obblighi ad esso incombenti in forza del GATS,
gli Stati terzi non avrebbero più alcun interesse ad avviare un procedimento
nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC.
64 La
Commissione replica, in primo luogo, che, conformemente all’articolo 207,
paragrafo 4, TFUE, il commercio dei servizi di insegnamento rientra nella
competenza esclusiva dell’Unione, in quanto è incluso nell’ambito di
applicazione della politica commerciale comune. Di conseguenza, garantendo il
rispetto degli impegni derivanti dal GATS, gli Stati membri soddisferebbero un
obbligo nei confronti dell’Unione, la quale si è assunta la responsabilità
della corretta esecuzione di tale accordo.
65 In
secondo luogo, conformemente all’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, gli accordi
internazionali conclusi dall’Unione vincolano gli Stati membri. Di conseguenza,
come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 10 settembre
1996, Commissione/Germania, C‑61/94, EU:C:1996:313, punto 15), la loro
inosservanza da parte di questi ultimi rientrerebbe nell’ambito del diritto
dell’Unione e costituirebbe un inadempimento che potrebbe essere oggetto di un
ricorso sulla base dell’articolo 258 TFUE.
66 Nel
caso di specie, poiché il GATS è un accordo internazionale concluso
dall’Unione, spetterebbe dunque alla Commissione vigilare affinché gli Stati
membri rispettino gli obblighi internazionali che ne derivano per l’Unione, il
che consentirebbe, in particolare, di evitare che possa sorgere la
responsabilità internazionale dell’Unione in una situazione in cui esiste il
rischio che una controversia venga portata dinanzi all’OMC.
67 L’esistenza
del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC sarebbe irrilevante al
riguardo. Da un lato, infatti, l’Unione, in quanto membro dell’OMC, sarebbe
tenuta a vigilare sul rispetto, nel suo territorio, degli obblighi ad essa
incombenti in forza degli accordi dell’OMC. Dall’altro lato, i paesi terzi non
sarebbero vincolati né dalla risoluzione, all’interno dell’Unione, delle
controversie riguardanti gli obblighi internazionali vincolanti per l’Unione e
i suoi Stati membri, né dall’interpretazione che la Corte dà di tali obblighi internazionali.
2. Giudizio
della Corte
68 In
via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo
258 TFUE, un ricorso per inadempimento può avere ad oggetto soltanto
l’accertamento dell’inosservanza di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione
(v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda, C‑13/00,
EU:C:2002:184, punto 13).
69 Orbene,
la Corte ha ripetutamente dichiarato che un accordo internazionale concluso
dall’Unione costituisce, a partire dalla sua entrata in vigore, parte
integrante dell’ordinamento giuridico di quest’ultima [v., in particolare,
sentenze del 30 aprile 1974, Haegeman, 181/73, EU:C:1974:41, punti 5 e 6; del
21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10,
EU:C:2011:864, punto 73, nonché parere 1/17 (Accordo ECG UE-Canada), del 30
aprile 2019, EU:C:2019:341, punto 117].
70 Nel
caso di specie, l’accordo che istituisce l’OMC, di cui il GATS fa parte, è
stato firmato dall’Unione, poi approvato da quest’ultima, il 22 dicembre 1994,
con la decisione 94/800. Esso è entrato in vigore il 1° gennaio 1995.
71 Ne
consegue che il GATS fa parte del diritto dell’Unione.
72 Per
quanto riguarda, in primo luogo, l’obiezione sollevata dall’Ungheria e
menzionata al punto 59 della presente sentenza, occorre ricordare che,
conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, l’Unione ha
competenza esclusiva nel settore della politica commerciale comune.
73 Orbene,
la Corte ha dichiarato che gli impegni assunti nell’ambito del GATS rientrano
nella politica commerciale comune [v., in tal senso, parere 2/15 (Accordo di
libero scambio con Singapore), del 16 maggio 2017, EU:C:2017:376, punti 36 e
54].
74 Ne
consegue che, sebbene dall’articolo 6, lettera e), TFUE risulti che gli Stati
membri dispongono di un’ampia competenza nel settore dell’istruzione, poiché
l’Unione ha, in materia, soltanto una competenza «a sostenere, coordinare o
completare l’azione degli Stati membri», gli impegni assunti nell’ambito del
GATS, compresi quelli riguardanti la liberalizzazione del commercio dei servizi
di insegnamento privati, rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione.
75 Pertanto,
a torto l’Ungheria sostiene che, nel settore del commercio dei servizi di
insegnamento, sono gli Stati membri interessati a rispondere, individualmente,
dell’eventuale inosservanza dei loro obblighi ai sensi del GATS.
76 Per
quanto riguarda, in secondo luogo, l’obiezione sollevata dall’Ungheria e
esposta ai punti da 60 a 63 della presente sentenza, occorre sottolineare che
tale Stato membro non contesta, in generale, la competenza della Corte a
conoscere, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, di un ricorso diretto a far
constatare un inadempimento di uno Stato membro ai suoi obblighi derivanti da
un accordo internazionale vincolante per l’Unione. Tuttavia, l’Ungheria
sostiene che ad ostare all’esercizio di tale competenza da parte della Corte è
la particolarità relativa all’esistenza del sistema di risoluzione delle
controversie dell’OMC, applicabile in particolare agli obblighi dei membri
dell’OMC derivanti dal GATS.
77 Orbene,
occorre rilevare che tale questione non è stata risolta dalla Corte nella
giurisprudenza relativa ai rapporti del diritto dell’Unione con il diritto
dell’OMC.
78 Infatti,
fino ad oggi, la Corte si è pronunciata o nell’ambito della valutazione della
validità di un atto di diritto derivato dell’Unione per motivi attinenti alla
sua incompatibilità con il diritto dell’OMC (v., in particolare, sentenza del
1° marzo 2005, Van Parys, C‑377/02, EU:C:2005:121, punti 1 e 39
nonché giurisprudenza ivi citata), o nell’ambito dell’eventuale sussistenza
della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e dell’attuazione del
diritto al risarcimento del danno subito (v., in particolare, sentenza del 9
settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P
e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punti 1 e 107).
79 In
particolare, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze citate al punto
precedente, la Corte era stata posta di fronte a decisioni emesse dall’OMC e
sfavorevoli all’Unione, e aveva dovuto pronunciarsi su diversi aspetti della
loro esecuzione, segnatamente quello dell’invocabilità delle norme dell’OMC da
parte dei singoli interessati.
80 Orbene,
nella presente causa, da un lato, la Commissione fa valere che talune
disposizioni legislative adottate da uno Stato membro sono incompatibili con il
GATS, di modo che tale Stato membro sarebbe venuto meno al diritto dell’Unione,
di cui tale accordo internazionale costituisce parte integrante. Dall’altro
lato, in mancanza di una decisione del DSB che dichiari l’incompatibilità con
il diritto dell’OMC di un comportamento dell’Unione o di uno Stato membro, la
questione di un’eventuale esecuzione della decisione medesima non si pone.
81 Ciò
premesso, come risulta dal punto 66 della presente sentenza, la Commissione fa
valere che l’obiettivo del presente procedimento per inadempimento è quello di
evitare qualsiasi affermazione della responsabilità internazionale dell’Unione
in una situazione in cui sussiste il rischio che una controversia venga portata
dinanzi all’OMC.
82 A
tal riguardo, l’articolo 3, paragrafo 2, dell’intesa sulla risoluzione delle
controversie precisa che il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC
svolge un ruolo essenziale nell’assicurare certezza e prevedibilità al sistema
commerciale multilaterale, ed è volto a tutelare i diritti e gli obblighi dei
membri dell’OMC nonché a chiarire le disposizioni di tali accordi conformemente
alle norme di interpretazione abituali del diritto pubblico internazionale.
83 Più
in particolare, in forza dell’articolo 11 dell’intesa sulla risoluzione delle
controversie, un panel è autorizzato a procedere a una valutazione oggettiva
della questione sottoposta al suo esame, ivi compresa una valutazione oggettiva
dei fatti in questione, dell’applicabilità degli accordi contemplati pertinenti
e della compatibilità di detti fatti con tali accordi. Ai sensi dell’articolo
17, paragrafo 13, di tale intesa, l’organo d’appello può confermare, modificare
o annullare le constatazioni e le conclusioni del panel; la sua competenza si
limita, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, di detta intesa, alle questioni
giuridiche contemplate nella relazione del panel e alle interpretazioni
giuridiche sviluppate da quest’ultimo. I membri dell’OMC sono tenuti, in linea
di principio, a conformarsi immediatamente alle raccomandazioni e alle
decisioni del DSB, come risulta dall’articolo 21, paragrafi 1 e 3, della
medesima intesa.
84 Da
tali elementi discende che, in determinate circostanze, il controllo svolto
nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC può condurre
a dichiarazioni di non conformità al diritto di tale organizzazione delle
misure adottate da un membro di quest’ultima e può, in definitiva, far sorgere
la responsabilità internazionale dell’Unione, che ne è membro, a causa di un
fatto illecito.
85 Inoltre,
occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo XVI, paragrafo 4, dell’accordo
che istituisce l’OMC, ciascun membro dell’OMC ha l’obbligo, nell’ambito del
proprio ordinamento giuridico interno, di vigilare sul rispetto degli obblighi
ad esso incombenti in forza delle norme dell’OMC nelle varie parti del suo
territorio. Un obbligo analogo è peraltro previsto all’articolo I, paragrafo 3,
lettera a), del GATS.
86 In
tali circostanze, la particolarità relativa all’esistenza del sistema di
risoluzione delle controversie dell’OMC non solo è ininfluente sulla competenza
attribuita alla Corte in forza dell’articolo 258 TFUE, ma l’esercizio di
tale competenza è, inoltre, pienamente coerente con l’obbligo di ciascun membro
dell’OMC di vigilare sul rispetto dei propri obblighi derivanti dal diritto di
tale organizzazione.
87 Occorre
ancora ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’Unione è tenuta ad
esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto internazionale nel suo
complesso, ivi comprese non soltanto le disposizioni delle convenzioni
internazionali che la vincolano, ma anche le norme e i principi del diritto
internazionale generale consuetudinario (v., in tal senso, sentenza del 27
febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto
47 e giurisprudenza ivi citata).
88 Orbene,
anzitutto, come risulta dall’articolo 3 degli articoli sulla responsabilità
dello Stato per fatto internazionalmente illecito, elaborati dalla Commissione
del diritto internazionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e di cui
l’Assemblea generale di tale organizzazione ha preso nota nella sua risoluzione
56/83 del 12 dicembre 2001, i quali codificano il diritto internazionale
consuetudinario e sono applicabili all’Unione, la qualificazione del fatto
dello Stato come «internazionalmente illecito» spetta solamente al diritto
internazionale. Di conseguenza, su tale qualificazione non può incidere la
qualificazione del medesimo fatto che sia eventualmente effettuata in base al
diritto dell’Unione.
89 A
tal riguardo, sebbene la Commissione sottolinei, correttamente, che la
valutazione del comportamento contestato allo Stato membro interessato che
spetta alla Corte in forza dell’articolo 258 TFUE non vincola gli altri
membri dell’OMC, occorre osservare che una simile valutazione non incide
neppure su quella che potrebbe eventualmente essere adottata dal DSB.
90 Inoltre,
dall’articolo 32 degli articoli sulla responsabilità dello Stato per fatto
internazionalmente illecito risulta che lo Stato responsabile non può
richiamarsi a disposizioni del proprio diritto interno per giustificare un
inadempimento degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto
internazionale.
91 Ne
consegue, in particolare, che né l’Unione né lo Stato membro interessato
possono far richiamo alla valutazione, alla luce della normativa dell’OMC, del
comportamento di detto Stato effettuata dalla Corte, nell’ambito di un
procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, per
rifiutare di conformarsi alle conseguenze giuridiche previste dalle norme
dell’OMC nel caso in cui il DSB constatasse la non conformità di tale
comportamento a tale diritto.
92 Infine,
fatti salvi i limiti posti all’invocabilità del diritto dell’OMC al fine di
controllare la legittimità di atti delle istituzioni dell’Unione dinanzi al
giudice dell’Unione, ricordati nella giurisprudenza citata al punto 78 della
presente sentenza, occorre rilevare che il principio di diritto internazionale
generale del rispetto degli impegni contrattuali (pacta sunt servanda), sancito
dall’articolo 26 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23
maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155,
pag. 331), implica che la Corte, ai fini dell’interpretazione e
dell’applicazione del GATS, debba tener conto dell’interpretazione delle
differenti disposizioni di tale accordo fatta dal DSB. Inoltre, nell’ipotesi in
cui il DSB non abbia ancora interpretato le disposizioni di cui trattasi,
spetta alla Corte interpretare tali disposizioni conformemente alle norme
interpretative consuetudinarie di diritto internazionale che vincolano
l’Unione, nel rispetto del principio dell’esecuzione in buona fede di tale
accordo internazionale, enunciato dal suddetto articolo 26.
93 Dalle
considerazioni che precedono risulta che l’argomentazione dedotta
dall’Ungheria, relativa all’incompetenza della Corte a conoscere del presente
ricorso per inadempimento per quanto riguarda la censura vertente su una
violazione del GATS, deve essere integralmente respinta.
C. Nel
merito
1. Sul
requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale
94 Al
fine di statuire sulla prima censura, occorre, anzitutto, precisare la portata
degli impegni dell’Ungheria in materia di servizi di insegnamento superiore
alla luce della regola del trattamento nazionale contenuta all’articolo XVII
del GATS, poi, esaminare la questione se il requisito relativo all’esistenza di
un previo accordo internazionale modifichi le condizioni di concorrenza a
favore dei prestatori nazionali di servizi siffatti o dei servizi che essi
forniscono, in violazione di tale disposizione, e infine, in caso affermativo,
esaminare gli argomenti dell’Ungheria diretti a giustificare detta modifica
sulla base di una delle eccezioni previste all’articolo XIV del GATS.
a) Sugli
effetti da riconoscere all’impegno dell’Ungheria, per quanto riguarda i servizi
di insegnamento superiore, alla luce della regola del trattamento nazionale
contenuta nell’articolo XVII del GATS
1) Argomenti
delle parti
95 La
Commissione sostiene, in primo luogo, che l’iscrizione dei servizi di
insegnamento superiore a finanziamento privato nell’elenco di impegni specifici
dell’Ungheria e, per quanto riguarda l’istituzione di una presenza commerciale,
prevista all’articolo I, paragrafo 2, lettera c), del GATS (in prosieguo: il
«metodo di fornitura 3»), la menzione del termine «nulla» nella colonna
relativa alle «limitazioni relative al trattamento nazionale» di cui
all’articolo XVII di tale accordo implicano l’assenza di restrizioni nei confronti
di tale impegno e, pertanto, un impegno integrale di detto Stato membro al
riguardo.
96 In
secondo luogo, tale istituzione fa valere che la condizione, menzionata
dall’Ungheria nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato»
di cui all’articolo XVI del GATS, secondo cui «[l]a creazione di istituti è
subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte delle autorità centrali»,
non può considerarsi riferita anche alla regola del trattamento nazionale, ai
sensi dell’articolo XX, paragrafo 2, del GATS.
97 A
tale riguardo, la Commissione fa valere anzitutto che tale condizione è
formulata in modo talmente vago e generico da consentire di subordinare il
conseguimento di tale autorizzazione a una qualsiasi condizione specifica, in
violazione del tenore letterale dell’articolo XX, paragrafo 1, lettere a) e b),
del GATS.Una condizione del genere, relativa al conseguimento di una previa
autorizzazione, sarebbe peraltro tale da compromettere la finalità della
sottoscrizione di impegni ai sensi degli articoli XVI e XVII del GATS, quale
enunciata al secondo comma del preambolo del GATS e consistente
nell’«espansione [del commercio dei servizi] in condizioni di trasparenza e di
progressiva liberalizzazione». Inoltre, anche supponendo che tale condizione,
contenuta nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», si
applichi effettivamente al trattamento nazionale, essa, così come formulata,
non può includere il requisito specifico previsto all’articolo 76, paragrafo 1,
lettera a), della legge sull’istruzione superiore, secondo cui il governo
ungherese e il governo dello Stato in cui è situata la sede dell’istituto di
insegnamento superiore estero devono aver acconsentito ad essere vincolati da
un accordo relativo al sostegno di principio concesso a detto istituto al fine
dell’eventuale esercizio da parte di quest’ultimo di un’attività in Ungheria.
98 Inoltre,
la Commissione fa valere che, conformemente alle linee direttrici per la
redazione degli elenchi di impegni specifici nell’ambito dell’Accordo generale
sugli scambi di servizi (GATS), adottate dal Consiglio per gli scambi di
servizi dell’OMC il 23 marzo 2001 (S/L/92), le prescrizioni in materia di
autorizzazione non possono essere considerate limitazioni all’accesso al
mercato ai sensi dell’articolo XVI del GATS. Di conseguenza, l’Ungheria non
potrebbe rifugiarsi dietro il requisito relativo al rilascio di una previa
autorizzazione per escludere l’esistenza di una violazione del principio del
trattamento nazionale.
99 Infine,
la Commissione fa valere che tale requisito non è una misura rientrante
nell’ambito di applicazione dell’articolo XVI del GATS. Infatti,
l’articolo XVI, paragrafo 2, di tale accordo elencherebbe in modo esaustivo le
limitazioni rientranti nell’ambito di applicazione di tale articolo. Orbene,
tale requisito non figurerebbe in tale elenco né sarebbe riconducibile ad
alcuna delle misure ivi elencate.
100 La
Commissione ne conclude che, per quanto riguarda la modalità di fornitura 3,
l’Ungheria si è impegnata ad applicare ai prestatori di servizi di paesi terzi
membri dell’OMC un trattamento non meno favorevole di quello che tale Stato
membro concede ai propri prestatori nazionali.
101 L’Ungheria
sostiene che, conformemente all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, la
condizione che essa ha inserito nella colonna relativa alle «limitazioni
all’accesso al mercato», menzionata al punto 96 della presente sentenza, ha
effetti anche sull’obbligo di trattamento nazionale.
102 Tale
Stato membro fa inoltre valere che la formulazione, in termini generali, di
tale condizione lo autorizza a mantenere un «sistema di licenza discrezionale»
di cui potrebbe adattare liberamente le modalità, all’occorrenza limitando lo
stabilimento dei prestatori stranieri, anche attraverso l’obbligo di previa
conclusione di un accordo internazionale.
2) Giudizio
della Corte
103 Anzitutto,
ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 1, del GATS, ogni membro dell’OMC è
tenuto, nei settori inseriti nel proprio elenco di impegni specifici e fermi
restando eventuali condizioni e requisiti indicati nello stesso, ad accordare
ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro dell’OMC un
trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e
fornitori di servizi nazionali.
104 Inoltre,
conformemente all’articolo XVI, paragrafo 1, del GATS, per quanto concerne
l’accesso al mercato attraverso le modalità di fornitura definite all’articolo
I del GATS, ciascun membro dell’OMC è tenuto ad accordare ai servizi e ai
prestatori di servizi di un altro membro dell’OMC un trattamento non meno
favorevole di quello previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle
condizioni concordate e specificate nel suo elenco di impegni specifici.
105 Infine,
l’articolo XX, paragrafo 1, del GATS precisa che ciascun membro dell’OMC è
tenuto ad indicare, in un elenco, gli impegni specifici assunti ai sensi della
parte III del GATS, nella quale rientrano, in particolare, gli articoli XVI e
XVII. Per quanto concerne i settori nei quali vengono assunti gli impegni,
ciascun elenco deve specificare termini, limitazioni e condizioni dell’accesso
al mercato, nonché condizioni e requisiti per il trattamento nazionale. Tali
elenchi di impegni specifici formano parte integrante del GATS.
106 Di
conseguenza, dagli articoli XVI, XVII e XX del GATS risulta che l’elenco di
impegni specifici proprio di un membro dell’OMC precisa gli impegni che
quest’ultimo ha assunto per settore e per modalità di fornitura. Un siffatto elenco
precisa, in particolare, i termini, le limitazioni e le condizioni relative
alle «limitazioni all’accesso al mercato» nonché le condizioni e i requisiti
relativi alle «limitazioni al trattamento nazionale». Tali precisazioni sono
oggetto di due colonne distinte.
107 Peraltro,
conformemente all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, le misure incompatibili
con gli articoli XVI e XVII del GATS devono, a fini di semplificazione, essere
inserite nella sola colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato»
dell’elenco di impegni specifici del membro interessato, ritenendosi allora che
tale iscrizione unica introduca anche in modo implicito una condizione o un
requisito in materia di trattamento nazionale [v. la relazione del gruppo
speciale dell’OMC, del 16 luglio 2012, intitolata «Cina – Determinate
misure concernenti i servizi di pagamento elettronico» (WT/DS 413/R), adottata
dal DSB il 31 agosto 2012, paragrafo 7.658].
108 Ne
consegue che una condizione formalmente iscritta ai sensi del solo articolo XVI
del GATS consente di derogare all’obbligo di trattamento nazionale previsto
dall’articolo XVII solo nell’ipotesi in cui il tipo di misure da essa
introdotto sia in contrasto tanto con l’obbligo previsto dall’articolo XVI
quanto con quello previsto dall’articolo XVII del GATS [v. la relazione del
gruppo speciale dell’OMC, del 16 luglio 2012, intitolata «Cina –
Determinate misure concernenti i servizi di pagamento elettronico» (WT/DS
413/R), adottata dal DSB il 31 agosto 2012, paragrafo 7.658].
109 Nel caso
di specie, l’elenco degli impegni specifici adottato dall’Ungheria (GATS/SC/40,
del 15 aprile 1994) contiene, nella colonna relativa alle «limitazioni
all’accesso al mercato», per quanto riguarda i servizi di insegnamento
superiore forniti attraverso una presenza commerciale, la condizione secondo
cui la creazione di scuole è subordinata al rilascio di una previa
autorizzazione da parte delle autorità centrali.
110 La
colonna relativa alle «limitazioni al trattamento nazionale» contiene la
menzione «nulla», per quanto riguarda il sottosettore dei servizi di
insegnamento superiore.
111 Ciò
premesso, occorre stabilire se la condizione relativa all’esistenza di una
previa autorizzazione, menzionata al punto 109 della presente sentenza,
contenuta nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», sia
o meno applicabile anche all’obbligo di trattamento nazionale previsto
dall’articolo XVII del GATS.
112 A tal
riguardo, dalla portata della regola di semplificazione di cui all’articolo XX,
paragrafo 2, del GATS, come precisata al punto 108 della presente sentenza,
deriva che una condizione può beneficiare di detta regola e, pertanto,
applicarsi anche all’articolo XVII del GATS, solo se presenta carattere
discriminatorio.
113 Orbene,
si deve rilevare che, come risulta dalla formulazione stessa della condizione
relativa all’esistenza di una previa autorizzazione, tale condizione è da
considerarsi riferita a tutti gli istituti di insegnamento, indipendentemente
dalla loro origine, cosicché essa non presenta alcun aspetto discriminatorio.
Pertanto, la regola di cui all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS non può
trovare applicazione nel caso di specie. Ne consegue che detta condizione non
consente all’Ungheria di far valere una deroga all’obbligo di trattamento
nazionale previsto dall’articolo XVII del GATS.
114 Alla
luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che è corretta
l’affermazione della Commissione secondo cui l’iscrizione, da parte
dell’Ungheria, dei servizi di insegnamento superiore a finanziamento privato
nel suo elenco di impegni specifici e, per quanto riguarda la modalità di
fornitura 3, l’iscrizione del termine «nulla» nella colonna relativa alle «limitazioni
al trattamento nazionale» implicano l’assenza di restrizioni agli impegni di
tale Stato membro ai sensi dell’articolo XVII del GATS per quanto riguarda tali
servizi.
b) Sulla
modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali
analoghi
1) Argomenti
delle parti
115 La
Commissione sostiene che, poiché gli istituti di insegnamento superiore con
sede in un paese membro dell’OMC diverso da quelli del SEE possono fornire
servizi di insegnamento superiore in Ungheria a condizione che lo Stato in cui
si trova la loro sede abbia concluso previamente con il governo ungherese un
accordo internazionale, la normativa ungherese riserva a tali prestatori di
servizi un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficiano sia i
prestatori analoghi ungheresi sia quelli stabiliti in uno Stato del SEE, in
violazione dell’obbligo di trattamento nazionale previsto all’articolo XVII del
GATS.
116 Facendo
riferimento al testo della legge sull’istruzione superiore, la Commissione aggiunge
che il governo ungherese dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda
il contenuto di tale accordo e la decisione di avviare negoziati in vista della
sua conclusione. Di conseguenza, sarebbe consentito a tale governo rifiutare,
anche per motivi arbitrari, di concludere un simile accordo anche quando lo
Stato in cui si trova la sede del prestatore di servizi vi sia disposto.
117 L’Ungheria
sostiene che il primo obiettivo del requisito relativo all’esistenza di un
previo accordo internazionale è quello di intensificare gli sforzi diplomatici
in materia di politica culturale. Il governo ungherese si sarebbe detto, a più
riprese, pronto ad avviare negoziati e avrebbe fatto tutto il possibile per
portarli a termine. Le firme di due convenzioni, una con lo Stato del Maryland
(Stati Uniti) e l’altra con la Repubblica popolare cinese, intervenute
successivamente alla modifica della legge sull’istruzione superiore,
fornirebbero la prova che il provvedimento adottato non costituisce una
condizione impossibile da soddisfare.
2) Giudizio
della Corte
118 In via
preliminare, occorre rilevare che il requisito relativo all’esistenza di un
previo accordo internazionale, che richiede la conclusione di un accordo tra
l’Ungheria e un altro Stato, non appartenente al SEE, può riguardare, in ogni
caso, solo taluni prestatori esteri. Poiché tale requisito impone a tali
prestatori esteri una condizione supplementare per fornire servizi di
insegnamento superiore in Ungheria rispetto a quelli applicabili ai prestatori
di servizi analoghi stabiliti in tale Stato membro o in un altro Stato membro
del SEE, detto requisito introduce un trattamento formalmente diverso di tali
categorie di prestatori, ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 3, del GATS.
119 Conformemente
a tale disposizione, occorre pertanto stabilire se il requisito relativo
all’esistenza di un previo accordo internazionale, introducendo un trattamento
formalmente diverso, modifichi le condizioni di concorrenza a favore dei
prestatori di servizi di insegnamento superiore stabiliti in Ungheria, o dei
servizi che essi forniscono.
120 A tal
riguardo, occorre rilevare che detto requisito, come formulato all’articolo 76,
paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, implica che
l’Ungheria dispone di un potere discrezionale, per quanto riguarda sia
l’opportunità di concludere una convenzione siffatta sia il contenuto di
quest’ultima. In tali circostanze, la possibilità, per gli istituti di
insegnamento superiore aventi sede in uno Stato membro dell’OMC diverso da
quelli del SEE, di esercitare le loro attività sul territorio ungherese è
interamente subordinata al potere discrezionale delle autorità ungheresi.
121 Ne
derivano svantaggi concorrenziali per i fornitori di servizi aventi sede in uno
Stato membro dell’OMC non appartenente al SEE, cosicché il requisito
dell’esistenza di un previo accordo internazionale modifica le condizioni di
concorrenza a favore dei prestatori ungheresi, in violazione dell’articolo XVII
del GATS.
c) Sulla
giustificazione ai sensi dell’articolo XIV del GATS
1) Argomenti
delle parti
122 L’Ungheria
sostiene che il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo
internazionale è necessario al fine di mantenere l’ordine pubblico e di
prevenire le pratiche ingannevoli. Infatti, tale requisito consentirebbe di
assicurarsi che lo Stato in cui si trova la sede dell’istituto interessato
consideri tale prestatore «degno di fiducia» e fornisca il proprio sostegno
alla futura attività di tale istituto in Ungheria. Detto requisito
consentirebbe inoltre di assicurarsi che l’istituto di cui trattasi rispetti la
normativa dello Stato in cui è situata la sua sede e che, se del caso, impone
il rispetto di talune condizioni al fine di poter esercitare un’attività in
Ungheria.
123 Tale
Stato membro fa inoltre valere che non esiste una soluzione alternativa,
compatibile con le norme dell’OMC, che consenta di raggiungere gli obiettivi
perseguiti dal legislatore ungherese.
124 In
particolare, contrariamente a quanto prospettato dalla Commissione, non sarebbe
realistico applicare agli istituti di insegnamento superiore esteri interessati
la normativa nazionale pertinente allo stesso modo che agli istituti ungheresi.
125 La
Commissione sostiene che il requisito relativo all’esistenza di un previo
accordo internazionale non è giustificabile in base ad alcuna delle eccezioni
autorizzate dal GATS, in particolare quelle previste all’articolo XIV, lettera
a) e lettera c), i) e ii) dello stesso.
126 A tal
riguardo, l’Ungheria non avrebbe, più in particolare, fornito alcun elemento
che consenta di suffragare la sua affermazione secondo cui tale requisito
contribuisce al mantenimento dell’ordine pubblico, e neppure spiegato, in tale
contesto, in cosa consista il rischio reale e sufficientemente grave per uno
degli interessi fondamentali della società ungherese, né, del resto, avrebbe
precisato in che modo tale requisito potrebbe rivelarsi necessario per
conseguire l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine pubblico, ammesso
che quest’ultimo sia dimostrato, e perché, in tal caso, non esistano soluzioni
alternative meno restrittive.
127 Inoltre,
la Commissione sostiene che, in ragione del potere discrezionale di cui dispone
l’Ungheria per avviare negoziati con lo Stato in cui si trova la sede di un
istituto di insegnamento superiore estero, lo stesso requisito non rispetta, ad
ogni modo, la condizione prevista all’articolo XIV del GATS secondo cui i
provvedimenti eventualmente giustificabili alla luce di tale articolo non
devono essere applicati «in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o
ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni
dissimulate agli scambi di servizi».
2) Giudizio
della Corte
128 In primo
luogo, occorre rilevare che l’articolo XIV del GATS prevede in particolare, al
punto a) e al punto c), i), che nulla di quanto contenuto in tale accordo è
inteso ad impedire l’adozione o l’applicazione di misure necessarie, da un
lato, a salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico e,
dall’altro, a garantire l’osservanza di leggi e regolamenti che non siano
incompatibili con le disposizioni di detto accordo, ivi compresi quelli
relativi alla prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al
trattamento degli effetti di un’inadempienza rispetto a contratti di servizi.
129 Ciò
premesso, occorre rilevare che i due obiettivi invocati dall’Ungheria, vale a
dire, da un lato, quello relativo al mantenimento dell’ordine pubblico e,
dall’altro, quello relativo alla prevenzione di pratiche ingannevoli, sono
effettivamente presi in considerazione nel GATS.
130 In
secondo luogo, per quanto riguarda l’esame del carattere giustificato del
requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale alla luce
dell’obiettivo del mantenimento dell’ordine pubblico, la nota a piè di pagina
n. 5, inserita sotto l’articolo XIV, lettera a), del GATS, precisa che
«[l]’eccezione in materia di ordine pubblico può essere invocata esclusivamente
ove uno degli interessi fondamentali della società sia esposto ad un rischio
reale e sufficientemente grave».
131 Orbene,
l’Ungheria non ha presentato alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo
concreto e circostanziato, in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di
un’attività di insegnamento superiore da parte di istituti aventi sede in uno
Stato non facente parte del SEE costituirebbe, in mancanza di un simile
accordo, un rischio reale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse
fondamentale della società ungherese.
132 Pertanto,
si deve concludere che il requisito relativo alla conclusione di un previo
accordo internazionale non può essere giustificato dall’argomento dell’Ungheria
relativo al mantenimento dell’ordine pubblico.
133 In terzo
luogo, per quanto riguarda l’obiettivo relativo alla prevenzione delle pratiche
ingannevoli, dall’argomentazione dell’Ungheria a tale titolo, riassunta al
punto 122 della presente sentenza, risulta che l’Ungheria sembra ritenere che
la conclusione di un previo accordo internazionale sia necessaria al fine di
ottenere, da parte dello Stato terzo interessato, la garanzia che l’istituto di
insegnamento superiore estero interessato sia affidabile e di prevenire così il
verificarsi di rischi al riguardo.
134 Tale
argomentazione non può tuttavia giustificare il requisito relativo
all’esistenza di un previo accordo internazionale.
135 Infatti,
l’articolo XIV del GATS stabilisce che le eccezioni ivi elencate non possono
essere applicate in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o
ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni
dissimulate agli scambi di servizi.
136 Orbene,
da un lato, occorre rilevare, come ha fatto in sostanza l’avvocato generale ai
paragrafi 119 e 120 delle conclusioni, che il requisito relativo all’esistenza
di un previo accordo internazionale consente all’Ungheria di impedire
arbitrariamente l’ingresso di un istituto nel suo mercato o il proseguimento
delle attività di un istituto in tale mercato, dal momento che la conclusione
di un simile accordo e, pertanto, il soddisfacimento di tale requisito
dipendono, in definitiva, dalla mera volontà politica di tale Stato membro.
Sotto tale aspetto, tale requisito si distingue fondamentalmente da una
condizione secondo cui l’affidabilità di un istituto di insegnamento estero
dovrebbe essere attestata da una dichiarazione unilaterale del governo dello
Stato terzo in cui esso ha sede.
137 Dall’altro
lato, nella parte in cui si applica a istituti di istruzione superiore esteri
che erano già presenti nel mercato ungherese, il requisito relativo
all’esistenza di un previo accordo internazionale non è, in ogni caso, proporzionato,
dal momento che l’obiettivo di prevenire le pratiche ingannevoli potrebbe
essere più efficacemente raggiunto controllando le attività di tali istituti in
Ungheria e, se del caso, vietando la prosecuzione di tali attività ai soli di
essi riguardo ai quali sia stato possibile dimostrare l’adozione di simili
pratiche.
138 Ciò
considerato, il requisito relativo alla conclusione di un previo accordo
internazionale non può essere giustificato dall’argomento dell’Ungheria basato
sulla prevenzione delle pratiche ingannevoli.
139 Alla
luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, adottando la
misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge
sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti
in forza dell’articolo XVII del GATS.
2. Sul
requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede
l’istituto interessato
a) Sull’articolo
XVII del GATS
140 In via
preliminare, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 76, paragrafo 1,
lettera b), della legge sull’istruzione superiore, su cui verte l’addebito
della Commissione, impone all’istituto di insegnamento superiore estero che
intenda esercitare un’attività in Ungheria di offrire una formazione nello Stato
in cui esso ha sede, indipendentemente dal fatto che tale Stato sia uno Stato
membro o uno Stato terzo e, dall’altro, che l’argomentazione presentata dalla
Commissione a sostegno di tale addebito riguarda il requisito relativo
all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto
interessato, senza distinguere a seconda che tale requisito si applichi a
istituti di istruzione esteri che hanno sede in uno Stato membro o in uno Stato
terzo. Tuttavia, dato che, come risulta da quanto esposto al punto 73 della
presente sentenza, l’articolo XVII del GATS rientra nella politica commerciale
comune, tale disposizione è pertinente ai fini dell’esame di questo addebito
solo nei limiti in cui detto requisito si applichi a istituti di insegnamento
superiore aventi sede in uno Stato terzo membro dell’OMC.
141 Precisata,
al punto 114 della presente sentenza, la portata degli impegni dell’Ungheria ai
sensi dell’articolo XVII del GATS per quanto riguarda i servizi di insegnamento
superiore, occorre esaminare se il requisito relativo all’offerta di una
formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, laddove si tratti
di uno Stato terzo membro dell’OMC, modifichi le condizioni di concorrenza a
favore dei prestatori nazionali analoghi o dei servizi che essi forniscono, in
violazione di questa stessa disposizione, e, in caso di risposta affermativa,
esaminare gli argomenti dell’Ungheria intesi a giustificare detta modifica
sulla base di una delle eccezioni previste all’articolo XIV del GATS.
1) Sulla
modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali
analoghi
i) Argomenti
delle parti
142 La
Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato modifica le condizioni di
concorrenza a favore dei prestatori nazionali e, pertanto, che esso è contrario
all’obbligo di trattamento nazionale che l’Ungheria è tenuta a rispettare
integralmente in forza dell’articolo XVII del GATS.
143 Più
precisamente, la Commissione fa valere che il GATS non subordina il
riconoscimento della qualità di prestatore che beneficia dei diritti garantiti
da tale accordo alla condizione di fornire servizi nel paese d’origine.
Pertanto, poiché tale requisito avrebbe l’effetto di impedire ai prestatori di
servizi esteri di creare inizialmente un istituto in Ungheria, esso sarebbe
discriminatorio nei loro confronti.
144 L’Ungheria
rinvia, mutatis mutandis, all’argomentazione da essa sviluppata con riferimento
al requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale.
ii) Giudizio
della Corte
145 In via
preliminare, occorre ricordare che, come risulta dal punto 114 della presente
sentenza, l’Ungheria si è impegnata, ai sensi dell’articolo XVII del GATS, a
garantire un trattamento nazionale integrale per quanto riguarda la presenza
commerciale di prestatori di servizi di insegnamento superiore.
146 Orbene,
si deve rilevare che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello
Stato in cui ha sede l’istituto interessato si riferisce specificamente ai
prestatori con sede all’estero.
147 Occorre,
di conseguenza, determinare se il requisito relativo all’offerta di una
formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, introducendo tale
trattamento formalmente diverso, modifichi le condizioni di concorrenza a
favore dei prestatori ungheresi o dei servizi da essi forniti rispetto ai
fornitori di servizi analoghi che hanno la loro sede in qualunque Stato terzo
membro dell’OMC o ai servizi che questi ultimi forniscono.
148 A tal
riguardo, occorre rilevare che i prestatori di servizi di insegnamento
superiore con sede in uno Stato terzo membro dell’OMC che intendano stabilirsi
in Ungheria sono tenuti a creare previamente un istituto in tale Stato terzo e
a offrire effettivamente in quest’ultimo una formazione di insegnamento
superiore.
149 Ne
deriva uno svantaggio concorrenziale per i fornitori di servizi stranieri
interessati, cosicché il requisito relativo all’offerta di una formazione nello
Stato in cui ha sede l’istituto interessato modifica le condizioni di
concorrenza a favore dei prestatori ungheresi analoghi.
2) Sull’esistenza
di una giustificazione
i) Argomenti
delle parti
150 Al fine
di giustificare una siffatta modifica delle condizioni di concorrenza,
l’Ungheria invoca, da un lato, l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine
pubblico e, dall’altro, quello relativo alla prevenzione di pratiche
ingannevoli.
151 La
Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non è giustificabile in base
ad alcuno di tali obiettivi. Essa fa valere, più specificamente, che l’Ungheria
non avrebbe fornito alcun elemento che consenta di suffragare la sua
affermazione secondo cui tale requisito contribuisce al mantenimento
dell’ordine pubblico, né avrebbe spiegato in cosa consista il rischio reale e
sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società
ungherese, né, del resto, avrebbe precisato in che modo tale requisito potrebbe
rivelarsi necessario per conseguire l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine
pubblico, ammesso che quest’ultimo sia dimostrato, e perché, in tal caso, non
esistano soluzioni alternative meno restrittive.
ii) Giudizio
della Corte
152 Come
emerge dai punti 128 e 129 della presente sentenza, i due obiettivi invocati
dall’Ungheria, vale a dire, da un lato, quello relativo al mantenimento
dell’ordine pubblico e, dall’altro, quello relativo alla prevenzione di
pratiche ingannevoli sono effettivamente presi in considerazione,
rispettivamente, all’articolo XIV, lettera a), e all’articolo XIV, lettera c),
i), del GATS.
153 A tal
riguardo, l’Ungheria rinvia, senza suffragarla ulteriormente, alla sua
argomentazione riguardante il requisito relativo all’esistenza di un previo
accordo internazionale.
154 Orbene,
occorre rilevare che, così facendo, l’Ungheria non ha presentato alcun
argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo
l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da
parte di istituti con sede in uno Stato non facente parte del SEE
costituirebbe, laddove simili istituti non offrano una formazione nello Stato
in cui hanno sede, un rischio reale e sufficientemente grave nei confronti di
un interesse fondamentale della società ungherese che consenta a detto Stato membro
di invocare una giustificazione vertente sul mantenimento dell’ordine pubblico.
155 Parimenti,
limitandosi in tal senso a rinviare alla sua argomentazione relativa al
requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale, l’Ungheria
non ha fornito alcun elemento concreto idoneo a dimostrare in che modo il
requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede
l’istituto interessato sarebbe necessario al fine di prevenire le pratiche
ingannevoli.
156 Pertanto,
si deve concludere che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo
1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria, laddove tale
disposizione si applica ad istituti di istruzione superiore aventi sede in uno
Stato terzo membro dell’OMC, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza dell’articolo XVII del GATS.
b) Sull’articolo
49 TFUE
1) Sull’applicabilità
dell’articolo 49 TFUE
i) Argomenti
delle parti
157 L’Ungheria
fa valere, in via principale, che non possono essere qualificate come «attività
economica», ai sensi del Trattato FUE, le formazioni offerte da istituti di
insegnamento finanziati, essenzialmente, da fondi privati quando, come nel caso
della CEU, è lo stesso prestatore di servizi a finanziare l’attività di
insegnamento. Ne deriverebbe che l’articolo 49 TFUE non è applicabile al
caso di specie.
158 La
Commissione sostiene, al contrario, che i servizi di istruzione superiore
forniti dietro corrispettivo da istituti privati costituiscono «servizi» ai
sensi del Trattato FUE. Di conseguenza, gli istituti privati che esercitano in
Ungheria in maniera stabile e continuativa attività di insegnamento e di
ricerca scientifica sarebbero legittimati ad avvalersi del diritto alla libertà
di stabilimento, in forza dell’articolo 49 TFUE.
ii) Giudizio
della Corte
159 L’articolo
49, paragrafo 1, TFUE dispone che, nel quadro delle disposizioni contenute nel
capo 2 del titolo IV della terza parte del Trattato FUE, le restrizioni alla
libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un
altro Stato membro sono vietate.
160 A tale
riguardo, occorre anzitutto rilevare che la Corte ha dichiarato che
l’organizzazione, dietro corrispettivo, di corsi di insegnamento superiore è
un’attività economica che rientra in detto capo 2 quando è svolta da un
cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e
continuativa, a partire da un centro di attività principale o secondario in
quest’ultimo Stato membro (sentenza del 13 novembre 2003, Neri, C‑153/02,
EU:C:2003:614, punto 39).
161 Nel caso
di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore è applicabile agli istituti di insegnamento superiore, senza che sia
effettuata alcuna distinzione a seconda che tali istituti offrano dietro
corrispettivo o meno le proprie formazioni finalizzate al rilascio di una
laurea.
162 Inoltre,
la Corte ha dichiarato che rientra nella libertà di stabilimento una situazione
in cui una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro nel quale
ha la sua sede sociale desideri creare una succursale in un altro Stato membro,
quand’anche detta società sia stata costituita, nel primo Stato membro, al solo
scopo di stabilirsi nel secondo, nel quale essa svolgerebbe l’essenziale, se
non il complesso, delle sue attività economiche (sentenza del 25 ottobre 2017,
Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 38).
163 Di
conseguenza, il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in
cui ha sede l’istituto interessato rientra nell’ambito di applicazione
dell’articolo 49 TFUE laddove tale requisito si applichi a un istituto di
insegnamento superiore con sede in uno Stato membro diverso dall’Ungheria e che
offre in quest’ultimo Stato una formazione dietro corrispettivo.
2) Sull’esistenza
di una restrizione
i) Argomenti
delle parti
164 Secondo
la Commissione, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai
sensi dell’articolo 49 TFUE, il requisito secondo cui gli istituti di
insegnamento superiore interessati sono tenuti, in applicazione dell’articolo
76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, a
soddisfare condizioni specifiche nello Stato membro della loro sede per poter
creare un altro istituto in Ungheria.
165 In
particolare, uno Stato membro non potrebbe negare a un ente giuridico il
beneficio dei vantaggi connessi alla libertà di stabilimento con la motivazione
che esso non esercita alcuna attività economica nello Stato membro in cui è
stato costituito.
166 L’Ungheria
sostiene, in subordine, che il requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non restringe la libertà di
stabilimento. Infatti, tale requisito sarebbe connesso all’esercizio di
un’attività, e non alla costituzione di società. In particolare, esso non impedirebbe
ad un istituto di insegnamento superiore estero di creare, ad esempio,
nell’ambito di uno stabilimento secondario, una succursale in Ungheria. Esso
non limiterebbe neppure la scelta della forma giuridica dell’istituto e
prevedrebbe soltanto, per quanto riguarda i prestatori di servizi già stabiliti
in Ungheria tramite uno stabilimento secondario, una condizione relativa
all’esercizio di un’attività di insegnamento superiore.
ii) Giudizio
della Corte
167 Per
consolidata giurisprudenza, devono essere considerati restrizioni alla libertà
di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno
attraente l’esercizio di tale libertà (sentenza del 6 settembre 2012,
Commissione/Portogallo, C‑38/10, EU:C:2012:521, punto 26).
168 Nel caso
di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore impone che i fornitori di servizi interessati che intendano fornire
in Ungheria servizi di insegnamento superiore mediante un centro di attività
stabile impartiscano effettivamente una formazione di insegnamento superiore
nello Stato in cui hanno sede.
169 Orbene,
un requisito del genere è tale da rendere meno attraente l’esercizio della
libertà di stabilimento in Ungheria per i cittadini di un altro Stato membro
che desiderino stabilirsi in Ungheria al fine di fornirvi servizi di
insegnamento superiore.
170 Di
conseguenza, il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in
cui ha sede l’istituto interessato costituisce una restrizione alla libertà di
stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE.
3) Sull’esistenza
di una giustificazione
i) Argomenti
delle parti
171 L’Ungheria
sostiene anzitutto che il requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato è necessario al fine di
mantenere l’ordine pubblico e di prevenire le pratiche ingannevoli. Tale
requisito sarebbe inoltre necessario per garantire la qualità dell’offerta di
insegnamento da parte degli istituti interessati in Ungheria, tanto più che i
diplomi rilasciati da questi ultimi sono documenti ufficiali produttivi di
effetti giuridici.
172 Tale
Stato membro fa poi valere che detto requisito è uno strumento che consente di
garantire in modo adeguato il rispetto di tali obiettivi, in quanto l’autorità
competente sarebbe così in grado di appurare che esiste un’attività effettiva e
legale nel paese in cui ha sede il prestatore di servizi, e ciò allo scopo di
garantire un insegnamento universitario di elevato livello di qualità in Ungheria.
173 Ciò
premesso, l’Ungheria osserva che le sue autorità si limitano, in pratica, ad
esaminare l’attività di insegnamento superiore, i diplomi già rilasciati, la
formazione attestata da tali diplomi, vale a dire le condizioni e il programma
di insegnamento, nonché le qualifiche del corpo docente che assicura tale
insegnamento.
174 Infine,
non esisterebbe una misura meno restrittiva, in quanto l’obiettivo consistente
nel garantire formazioni dell’insegnamento superiore di alto livello potrebbe
essere realizzato solo esaminando l’attività svolta nello Stato in cui
l’istituto ha sede. In ogni caso, poiché l’insegnamento superiore non è stato
oggetto di un’armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri
disporrebbero di un notevole margine di manovra al riguardo.
175 La
Commissione sostiene anzitutto che il requisito relativo all’offerta di una
formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non è idoneo a
soddisfare alcuno degli obiettivi invocati dall’Ungheria. Infatti, l’Ungheria
non avrebbe dedotto alcun argomento convincente quanto ai motivi per i quali
tale requisito sarebbe giustificato e proporzionato rispetto a tali obiettivi,
né avrebbe indicato in cosa consisterebbero gli abusi che esso consentirebbe di
impedire.
176 La
Commissione fa valere, in particolare, che detto requisito è inadeguato, in
quanto il livello di qualità dell’insegnamento offerto nello Stato in cui ha
sede l’istituto interessato non fornirebbe alcuna indicazione sulla qualità del
servizio fornito in Ungheria. Inoltre, se il suo obiettivo fosse veramente
quello di prevenire le frodi e gli abusi, l’Ungheria avrebbe dovuto adottare
norme specifiche al riguardo.
177 Infine,
il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede
l’istituto interessato sarebbe sproporzionato. Infatti, lo scambio di
informazioni con gli organismi di garanzia della qualità e/o autorizzazione
dello Stato in cui ha sede l’istituto di insegnamento interessato, come
prospettato dalle conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla garanzia
della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione (GU 2014, C 183,
pag. 30), e la cooperazione rafforzata all’interno del SEE tra autorità
dell’insegnamento superiore costituirebbero soluzioni alternative meno
restrittive.
ii) Giudizio
della Corte
178 Come
risulta da giurisprudenza costante della Corte, una restrizione alla libertà di
stabilimento può essere ammessa solo a condizione, in primo luogo, di essere
giustificata da una ragione imperativa di interesse generale e, in secondo
luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che essa
sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione
dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo
(sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C‑179/14,
EU:C:2016:108, punto 166).
179 Inoltre,
spetta allo Stato membro interessato dimostrare che queste condizioni
cumulative sono soddisfatte [sentenza dell’18 giugno 2020, Commissione/Ungheria
(Trasparenza associativa), C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 77].
180 Nel caso
di specie, l’Ungheria invoca, in primo luogo, la necessità di mantenere
l’ordine pubblico.
181 A tal
riguardo, occorre ricordare anzitutto che, nell’ambito delle libertà
fondamentali garantite dai Trattati, i motivi di ordine pubblico possono essere
invocati solo in presenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente
grave per uno degli interessi fondamentali della società (sentenza del 19
giugno 2008, Commissione/Lussemburgo, C‑319/06, EU:C:2008:350, punto 50).
182 Orbene,
l’Ungheria si limita ad affermare che il requisito relativo all’offerta di una
formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato consente
all’autorità competente di accertare che esiste un’attività reale e legale nel
paese in cui ha sede il prestatore di servizi interessato. Come è stato
rilevato al punto 154 della presente sentenza, essa non ha presentato alcun
argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo
l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da parte
di tali istituti costituirebbe, in caso di mancato rispetto di tale requisito,
una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un
interesse fondamentale della società ungherese.
183 Pertanto,
si deve concludere che l’esistenza di una siffatta minaccia non è dimostrata
nel caso di specie.
184 In
secondo luogo, l’Ungheria invoca l’obiettivo consistente nel prevenire le
pratiche ingannevoli. Senza suffragare ulteriormente il suo argomento, tale
Stato membro sembra ritenere che l’accesso degli istituti di insegnamento
superiore esteri al mercato ungherese comporti il rischio che siffatte pratiche
si sviluppino.
185 Orbene,
basandosi su una presunzione generale, l’Ungheria non dimostra, nonostante
l’onere della prova gravante sulla stessa, ricordato al punto 179 della
presente sentenza, in cosa consista concretamente un siffatto rischio, né come
il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede
l’istituto interessato consentirebbe di prevenirlo.
186 In ogni
caso, e come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 185 delle
sue conclusioni, l’Ungheria non ha spiegato perché l’obiettivo di prevenzione
di pratiche ingannevoli non potrebbe essere conseguito se fosse consentito ad
un fornitore che non offra previamente una formazione di insegnamento superiore
nello Stato membro in cui ha sede di dimostrare con ogni altro mezzo che esso
rispetta la normativa di tale Stato e presenta peraltro carattere affidabile.
187 In terzo
luogo, l’obiettivo, invocato dall’Ungheria, consistente nel garantire un
livello elevato della qualità dell’insegnamento superiore può certamente
giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento (v., in tal senso,
sentenza del 13 novembre 2003, Neri, C‑153/02, EU:C:2003:614, punto 46).
188 Occorre
tuttavia rilevare che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello
Stato in cui ha sede l’istituto interessato non contiene alcuna precisazione
quanto al livello richiesto della qualità dell’insegnamento che l’istituto
straniero impartisce nello Stato membro in cui ha sede e che, del resto, esso
non fornisce alcuna indicazione sulla qualità dell’insegnamento che sarà
dispensato in Ungheria, cosicché esso non è, in ogni caso, idoneo a garantire
la realizzazione di tale obiettivo.
189 Dalle
considerazioni che precedono risulta che il requisito relativo all’offerta di
una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non può essere
giustificato dall’argomentazione dell’Ungheria fondata sul mantenimento
dell’ordine pubblico, né da quella fondata su motivi imperativi di interesse
generale relativi alla prevenzione delle pratiche ingannevoli e alla necessità
di garantire un livello elevato della qualità dell’insegnamento superiore.
190 Pertanto,
si deve concludere che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo
1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria, nella parte
in cui tale disposizione si applica ad istituti di insegnamento superiore che
hanno sede in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE.
c) Sull’articolo
16 della direttiva 2006/123 e, in subordine, sull’articolo 56 TFUE
1) Sull’applicabilità
della direttiva 2006/123
i) Argomenti
delle parti
191 L’Ungheria
sostiene che non possono essere qualificate come «attività economica», ai sensi
dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123, le formazioni offerte da
istituti di insegnamento finanziati, essenzialmente, con fondi privati quando,
come nel caso della CEU, è lo stesso prestatore di servizi a finanziare
l’attività didattica. Detta direttiva non sarebbe pertanto applicabile nel caso
di specie.
192 La
Commissione sostiene che, conformemente all’articolo 2 della direttiva 2006/123,
nonché all’articolo 4, punto 1, di quest’ultima, il quale rinvia alla
definizione di servizi contenuta nel Trattato FUE, l’ambito di applicazione di
tale direttiva include le attività di insegnamento e le formazioni che sono
essenzialmente finanziate mediante partecipazioni finanziarie private. Di
conseguenza, gli istituti privati che esercitano temporaneamente in Ungheria
attività didattiche e di ricerca scientifica sarebbero legittimati ad avvalersi
del diritto alla libera prestazione dei servizi ai sensi di detta direttiva.
ii) Giudizio
della Corte
193 A norma
dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, quest’ultima si applica
ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.
194 Ai sensi
dell’articolo 4, punto 1, della direttiva, per «servizio» si intende qualsiasi
attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE fornita
normalmente dietro retribuzione.
195 Nel caso
di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore riguarda in generale le prestazioni di servizi di insegnamento che
possono essere esercitate dagli istituti di insegnamento superiore esteri in
Ungheria e, pertanto, anche l’offerta di corsi di formazione dietro
retribuzione. Orbene, tale offerta costituisce un’«attività economica», ai
sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123. Quest’ultima è
pertanto applicabile nel caso di specie
2) Sull’esistenza
di una restrizione
i) Argomenti
delle parti
196 La
Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione
nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, in quanto riguarda anche gli
istituti di insegnamento superiore che intendano fornire in Ungheria servizi
transfrontalieri, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei
servizi, garantita dall’articolo 16 della direttiva 2006/123. In subordine, la
Commissione sostiene che tale requisito viola l’articolo 56 TFUE.
197 L’Ungheria
contesta tale argomentazione.
ii) Giudizio
della Corte
198 In via
preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 16, paragrafo 1,
secondo comma, della direttiva 2006/123, lo Stato membro in cui è prestato il
servizio garantisce, in particolare, il libero esercizio dell’attività di
servizi nel suo territorio.
199 Nel caso
di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore impone che gli istituti di insegnamento superiore offrano una
formazione di insegnamento superiore nello Stato in cui hanno sede.
200 Considerato
alla luce della direttiva 2006/123, un requisito siffatto, in quanto impone ai
prestatori di servizi aventi sede in un altro Stato membro una condizione
supplementare, è idoneo a limitare il loro diritto al libero esercizio di
attività di insegnamento superiore in Ungheria, nell’ipotesi in cui essi
desiderino esercitare la loro attività dapprima in Ungheria anziché nello Stato
membro della propria sede, così come in quella in cui essi intendano esercitare
una simile attività esclusivamente in Ungheria.
3) Sull’esistenza
di una giustificazione
i) Argomenti
delle parti
201 L’Ungheria
sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato
membro in cui ha sede l’istituto interessato è necessario al fine di mantenere
l’ordine pubblico. A tal riguardo, l’Ungheria rinvia, mutatis mutandis, alla
sua argomentazione relativa al motivo vertente su una violazione dell’articolo
49 TFUE.
202 La
Commissione ritiene che l’Ungheria non abbia dimostrato che i servizi di
insegnamento forniti temporaneamente dagli istituti di istruzione superiore
stabiliti in uno Stato membro incidessero sull’ordine pubblico in Ungheria,
come richiederebbe tuttavia l’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva
2006/123.
ii) Giudizio
della Corte
203 Ai sensi
dell’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, lo Stato membro in cui
il prestatore si reca ha la facoltà di imporre requisiti relativi alla
prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati, in
particolare, da motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza nonché in
conformità del paragrafo 1 di detto articolo 16.
204 Occorre
tuttavia ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 181
della presente sentenza, alla quale rinvia il considerando 41 della direttiva
2006/123, i motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza presuppongono, in
particolare, l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente
grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. Orbene, come è
stato rilevato ai punti 154 e 182 della presente sentenza, l’Ungheria non ha
dedotto alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato,
in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento
superiore da parte di istituti aventi sede in un altro Stato membro
costituirebbe, in mancanza del rispetto del requisito relativo all’offerta di
una formazione nello Stato membro in cui ha sede l’istituto interessato, una minaccia
reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse
fondamentale della società ungherese.
205 Pertanto,
si deve ritenere che tale requisito non possa essere giustificato alla luce
dell’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.
206 Da
quanto precede discende che, adottando la misura prevista all’articolo 76,
paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria,
nella parte in cui tale disposizione si applica ad istituti di insegnamento superiore
che hanno sede in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza dell’articolo 16 della direttiva 2006/123. Di conseguenza,
non occorre esaminare se tale Stato membro abbia violato l’articolo
56 TFUE, in quanto tale violazione è stata dedotta dalla Commissione solo
in via subordinata.
207 Alla
luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, adottando la
misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge
sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale
disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in
uno Stato terzo membro dell’OMC, agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’articolo XVII del GATS e, nella parte in cui essa si applica a istituti di
insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 16 della
direttiva 2006/123.
3. Sull’articolo
13, sull’articolo 14, paragrafo 3 e sull’articolo 16 della Carta
a) Sull’applicabilità
della Carta
1) Argomenti
delle parti
208 La
Commissione fa valere che, quando gli Stati membri adempiono gli obblighi ad
essi incombenti in forza di accordi internazionali conclusi dall’Unione, quali
il GATS, essi «attuano il diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51,
paragrafo 1, della Carta, cosicché sono tenuti a rispettare le disposizioni di
quest’ultima.
209 Peraltro,
poiché l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione
superiore limita le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, dalla
direttiva 2006/123 e dal GATS, tale disposizione dovrebbe essere compatibile
con la Carta.
210 L’Ungheria
sostiene che, da un lato, una misura nazionale che viola gli impegni assunti
dagli Stati membri nell’ambito del GATS non può considerarsi rientrante
nell’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo
1, della Carta.
211 Dall’altro
lato, poiché, secondo tale Stato membro, né le disposizioni del Trattato FUE
relative alla libera prestazione dei servizi né le disposizioni della direttiva
2006/123 si applicano nel caso di specie e, di conseguenza, le misure
controverse non sarebbero costitutive di una restrizione che viola le libertà
fondamentali sancite dal Trattato FUE o dalla direttiva 2006/123, esse non
rientrerebbero nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ragion per
cui la Carta sarebbe priva di pertinenza.
2) Giudizio
della Corte
212 L’ambito
di applicazione della Carta, relativamente all’operato degli Stati membri, è
definito nel suo articolo 51, paragrafo 1, secondo cui le disposizioni della Carta
si applicano agli Stati membri «esclusivamente nell’attuazione del diritto
dell’Unione».
213 Nel caso
di specie, da un lato, come rilevato al punto 71 della presente sentenza, il
GATS fa parte del diritto dell’Unione. Ne consegue che, quando gli Stati membri
adempiono gli obblighi derivanti da tale accordo, ivi compreso quello imposto
dall’articolo XVII, paragrafo 1, dello stesso, si deve ritenere che essi
attuino il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della
Carta.
214 Dall’altro,
quando uno Stato membro sostiene che una misura di cui esso è l’autore, e che
restringe una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, è giustificata
da una ragione imperativa di interesse generale riconosciuta dal diritto
dell’Unione, si deve ritenere che una simile misura attui il diritto
dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché essa
deve essere conforme ai diritti fondamentali sanciti da quest’ultima [sentenza
del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18,
EU:C:2020:476, punto 101 e giurisprudenza ivi citata]. Lo stesso è a dirsi per
quanto attiene all’articolo16, della direttiva 2006/123.
215 Di
conseguenza, le misure controverse devono essere conformi ai diritti
fondamentali sanciti dalla Carta.
216 In tali
circostanze, occorre esaminare se tali misure limitino i diritti fondamentali
invocati dalla Commissione e, in caso affermativo, se esse siano nondimeno
giustificate, come sostiene l’Ungheria.
b) Sull’esistenza
di limitazioni ai diritti fondamentali interessati
1) Argomenti
delle parti
217 Secondo
la Commissione, le misure controverse incidono, in primo luogo, sulla libertà
accademica, garantita dall’articolo 13 della Carta, e, in secondo luogo, sulla
libertà di creare istituti di insegnamento nonché sulla libertà d’impresa,
sancite rispettivamente all’articolo 14, paragrafo 3, della Carta e
all’articolo 16 della stessa.
218 Per
quanto riguarda la libertà accademica, tale istituzione ritiene che dette
misure incidano sulla facoltà degli istituti di insegnamento superiore esteri
interessati di condurre liberamente lavori di ricerca in Ungheria nonché di
diffondere le conoscenze e i risultati scientifici.
219 Per
quanto riguarda la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà
d’impresa, la Commissione ritiene che le misure controverse restringano il
diritto dei singoli di esercitare un’attività commerciale e il diritto delle
imprese di beneficiare di una certa stabilità per quanto riguarda la loro
attività.
220 L’Ungheria
fa valere, con riferimento alla libertà accademica, che il fatto che un
istituto di insegnamento superiore debba adempiere determinati obblighi
giuridici non incide né sulla libertà accademica dell’istituto interessato, né
su quella del suo personale. Infatti, obblighi del genere non avrebbero
inevitabilmente un’incidenza sulla facoltà di esercitare attività scientifiche,
né da un punto di vista istituzionale né da un punto di vista personale.
221 Per
quanto riguarda la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà
d’impresa, l’Ungheria non contesta, in sostanza, il fatto che le misure controverse
limitino l’esercizio della prima di esse.
2) Giudizio
della Corte
222 Per
quanto riguarda, in primo luogo, la libertà accademica, essa è sancita in
termini generali dall’articolo 13, seconda frase, della Carta, a termini del
quale «[l]a libertà accademica è rispettata».
223 Ai sensi
dell’articolo 52, paragrafo, della Carta, occorre attribuire ai diritti sanciti
nella stessa e corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a
Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e, quanto
meno, la stessa portata di quelli conferiti dalla suddetta Convenzione.
224 È vero
che il testo della CEDU non fa riferimento alla libertà accademica. Tuttavia,
si evince dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che
tale libertà è associata, in particolare, al diritto alla libertà di
espressione sancito dall’articolo 10 della CEDU (Corte EDU, 15 aprile 2014,
Hasan Yazıcı c. Turchia, CE:ECHR:2014:0415JUD004087707, §§ 55 e
69, e Corte EDU, 27 maggio 2014, Mustafa Erdoğan e altri c. Turchia,
CE:ECHR:2014:0527JUD000034604, §§ 40 e 46), il che è confermato anche dal
commento relativo all’articolo 13 della Carta contenuto nelle spiegazioni
relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303,
pag. 17).
225 In tale
ottica specifica, la libertà accademica, nella ricerca così come
nell’insegnamento, deve garantire la libertà di espressione e di azione, la
libertà di comunicare informazioni così come quella di ricercare e di
diffondere senza restrizioni il sapere e la verità, con la precisazione che
tale libertà non è limitata alla ricerca accademica o scientifica, ma si
estende anche alla libertà delle università di esprimere liberamente i loro
punti di vista e le loro opinioni (Corte EDU, 27 maggio 2014, Mustafa
Erdoğan e altri c. Turchia, CE:ECHR:2014:0527JUD000034604, § 40).
226 Ciò
premesso, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 145 e 146 delle sue
conclusioni, la nozione di «libertà accademica» deve essere intesa in modo più
ampio.
227 A tal
riguardo, la Corte considera utile, al fine di chiarire i diversi elementi
propri della libertà accademica e di determinare se le misure controverse
costituiscano limitazioni a tale libertà, prendere in considerazione il
contenuto della raccomandazione 1762 (2006), adottata dall’Assemblea
parlamentare del Consiglio d’Europa il 30 giugno 2006 e intitolata «Libertà
accademica e autonomia delle università», da cui risulta che la libertà
accademica presenta anche una dimensione istituzionale e organizzativa, dato
che il collegamento ad un’infrastruttura rappresenta una condizione essenziale
per l’esercizio delle attività di insegnamento. È altresì pertinente il punto
18 della raccomandazione relativa alla condizione del personale docente di
istruzione superiore, adottata l’11 novembre 1997 dalla Conferenza generale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la
cultura (Unesco), riunita a Parigi dal 21 ottobre al 12 novembre 1997 nella sua
29ª sessione, a termini del quale «[l]’autonomia è l’espressione istituzionale
delle libertà accademiche e una condizione necessaria affinché i docenti e gli
istituti di insegnamento superiore possano svolgere le funzioni ad essi
affidate». Il punto 19 di tale raccomandazione precisa che «[è] dovere degli
Stati membri tutelare l’autonomia degli istituti di insegnamento superiore
contro ogni minaccia, da ovunque essa provenga».
228 Alla
luce di quanto precede, si deve ritenere che le misure controverse possano
mettere a repentaglio l’attività accademica degli istituti di insegnamento
superiore esteri interessati nel territorio ungherese e, pertanto, privare gli
universitari interessati dell’infrastruttura autonoma necessaria alla
conduzione delle loro ricerche scientifiche e all’esercizio delle loro attività
pedagogiche. Di conseguenza, dette misure sono idonee a limitare la libertà
accademica tutelata all’articolo 13 della Carta.
229 Per
quanto riguarda, in secondo luogo, la libertà di creare istituti di
insegnamento e la libertà d’impresa, esse sono sancite rispettivamente all’articolo
14, paragrafo 3, della Carta e all’articolo 16 della stessa.
230 In forza
dell’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, la libertà di creare istituti di
insegnamento nel rispetto dei principi democratici deve essere rispettata
secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.
231 L’articolo
16 della Carta prevede peraltro che la libertà d’impresa dev’essere
riconosciuta conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi
nazionali.
232 In via
preliminare, occorre rilevare che, come risulta dalle spiegazioni relative alla
Carta dei diritti fondamentali, la libertà di creare istituti di insegnamento,
pubblici o privati, è garantita come uno degli aspetti della libertà d’impresa,
ragion per cui occorre esaminare tali libertà congiuntamente.
233 A tal
riguardo, occorre rilevare che le misure controverse sono, a seconda dei casi,
tali da rendere incerta o da escludere la possibilità stessa di creare in
Ungheria un istituto di insegnamento superiore o di continuare a gestirvi un
simile istituto già esistente.
234 Di
conseguenza, si deve ritenere che dette misure limitino sia la libertà di
creare istituti di insegnamento garantita all’articolo 14, paragrafo 3, della
Carta sia la libertà d’impresa sancita all’articolo 16 di quest’ultima.
c) Sull’esistenza
di una giustificazione
1) Argomenti
delle parti
235 L’Ungheria
sostiene che le misure controverse sono giustificate alla luce dei requisiti
enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.
236 Per quanto
riguarda, in particolare, la libertà di creare istituti di insegnamento e la
libertà d’impresa, tale Stato membro fa valere che queste ultime devono essere
esercitate nel rispetto dei principi democratici e nell’ambito delle
disposizioni nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Pertanto, a uno Stato
membro non potrebbe rimproverarsi alcuna limitazione illegittima qualora esso
disciplini un’attività economica allo scopo di consentire ad altri soggetti di
diritto di esercitare tali libertà.
237 La Commissione
sostiene che le limitazioni che le misure controverse apportano alle libertà
sancite rispettivamente all’articolo 13, all’articolo 14, paragrafo 3, e
all’articolo 16 della Carta non risultano giustificate alla luce dei requisiti
enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.
238 Infatti,
l’Ungheria non dimostrerebbe, nel caso di specie, che le limitazioni apportate
dalle misure controverse alla libertà accademica e alla libertà di creare
istituti di insegnamento rispondano a obiettivi di interesse generale
riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà
altrui, né che tali limitazioni siano proporzionate.
2) Giudizio
della Corte
239 L’articolo
52, paragrafo 1, della Carta prevede che eventuali limitazioni all’esercizio
dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta debbano essere previste
dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà.
Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate
limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a
finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di
proteggere i diritti e le libertà altrui.
240 Nel caso
di specie, la Corte ha considerato, ai punti 132, 138, 154, 155 e 189 della
presente sentenza, che le misure controverse non erano giustificate da alcuna
delle finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione che l’Ungheria ha
invocato.
241 Ne
consegue che tali misure, che apportano limitazioni ai diritti sanciti
rispettivamente dall’articolo 13, dall’articolo 14, paragrafo 3, e
dall’articolo 16 della Carta, come dichiarato dalla Corte ai punti 228 e 234
della presente sentenza, non rispondono, in ogni caso, a tali obiettivi di
interesse generale.
242 Alla luce
delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che, adottando le misure
controverse, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della
Carta.
243 Tenuto
conto dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve dichiarare che:
– adottando
la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge
sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS;
– adottando
la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge
sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale
disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in
uno Stato terzo membro dell’OMC, agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’articolo XVII del GATS e, nella parte in cui essa si applica a istituti di
insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 16 della
direttiva 2006/123, e
– adottando
le misure controverse, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti
in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16
della Carta.
Sulle
spese
244 A norma
dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di
specie, l’Ungheria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese,
conformemente alla domanda della Commissione.
Per
questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Adottando
la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), del Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011,
relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017.
évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011
relativa all’istruzione superiore nazionale), che subordina l’esercizio, in
Ungheria, di un’attività di formazione finalizzata al rilascio di una laurea da
parte degli istituti di insegnamento superiore esteri situati al di fuori dello
Spazio economico europeo alla condizione che il governo ungherese e il governo
dello Stato in cui ha sede l’istituto interessato abbiano acconsentito ad
essere vincolati da un accordo internazionale, l’Ungheria è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo XVII dell’Accordo generale
sugli scambi di servizi, che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che
istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech e
approvato dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994,
relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua
competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994).
2) Adottando
la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), del Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011,
relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017.
évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011
relativa all’istruzione superiore nazionale), che subordina l’esercizio, in
Ungheria, dell’attività degli istituti di insegnamento superiore esteri alla
condizione che essi offrano una formazione di insegnamento superiore nello
Stato in cui hanno sede, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale
disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in
uno Stato terzo membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII dell’Accordo generale
sugli scambi di servizi, che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che
istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech e
approvato dalla decisione 94/800, e, nella parte in cui essa si applica a
istituti di insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo
16 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.
3) Adottando
le misure previste all’articolo 76, paragrafo 1, lettere a) e b), del Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011,
relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti
felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017.
évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011
relativa all’istruzione superiore nazionale), l’Ungheria è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14,
paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea.
4) L’Ungheria
è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale:
l’ungherese.