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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

6 ottobre 2020 (*)

Indice

 

I. Contesto normativo

A. Normativa dell’OMC

1. Accordo che istituisce l’OMC

2. Il GATS

3. L’intesa sulla risoluzione delle controversie

B. Diritto dell’Unione

C. Diritto ungherese

II. Procedimento precontenzioso

III. Sul ricorso

A. Sulla ricevibilità

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

B. Sulla competenza della Corte

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

C. Nel merito

1. Sul requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale

a) Sugli effetti da riconoscere all’impegno dell’Ungheria, per quanto riguarda i servizi di insegnamento superiore, alla luce della regola del trattamento nazionale contenuta nell’articolo XVII del GATS

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

b) Sulla modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali analoghi

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

c) Sulla giustificazione ai sensi dell’articolo XIV del GATS

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

2. Sul requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato

a) Sull’articolo XVII del GATS

1) Sulla modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali analoghi

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

2) Sull’esistenza di una giustificazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

b) Sull’articolo 49 TFUE

1) Sull’applicabilità dell’articolo 49 TFUE

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

2) Sull’esistenza di una restrizione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

3) Sull’esistenza di una giustificazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

c) Sull’articolo 16 della direttiva 2006/123 e, in subordine, sull’articolo 56 TFUE

1) Sull’applicabilità della direttiva 2006/123

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

2) Sull’esistenza di una restrizione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

3) Sull’esistenza di una giustificazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

3. Sull’articolo 13, sull’articolo 14, paragrafo 3 e sull’articolo 16 della Carta

a) Sull’applicabilità della Carta

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

b) Sull’esistenza di limitazioni ai diritti fondamentali interessati

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

c) Sull’esistenza di una giustificazione

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

Sulle spese

 

«Inadempimento di uno Stato – Ricevibilità – Competenza della Corte – Accordo generale sugli scambi di servizi – Articolo XVI – Accesso al mercato – Elenco di impegni specifici – Condizione relativa all’esistenza di un’autorizzazione – Articolo XX, paragrafo 2 – Articolo XVII – Trattamento nazionale – Prestatore di servizi con sede in uno Stato terzo – Normativa nazionale di uno Stato membro che impone condizioni per la fornitura di servizi di insegnamento superiore nel proprio territorio – Requisito relativo alla conclusione di un accordo internazionale con lo Stato in cui ha sede il prestatore – Requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede il prestatore – Modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali – Giustificazione – Ordine pubblico – Prevenzione delle pratiche ingannevoli – Articolo 49 TFUE – Libertà di stabilimento – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Articolo 16 – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Esistenza di una restrizione – Giustificazione – Motivi imperativi di interesse generale – Ordine pubblico – Prevenzione delle pratiche ingannevoli – Livello elevato di qualità dell’insegnamento – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 13 – Libertà accademica – Articolo 14, paragrafo 3 – Libertà di creare istituti di insegnamento – Articolo 16 – Libertà d’impresa – Articolo 52, paragrafo 1»

Nella causa C‑66/18,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 1° febbraio 2018,

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci, L. Malferrari, B. De Meester e K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, M. Vilaras, M. Safjan e S. Rodin, presidenti di sezione, E. Juhász, J. Malenovský (relatore), L. Bay Larsen, T. von Danwitz, C. Toader e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: R. Șereș, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2019,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 marzo 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che, imponendo agli istituti di insegnamento esteri con sede al di fuori dello Spazio economico europeo (SEE) la conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e lo Stato d’origine quale condizione per poter fornire servizi di insegnamento, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), del Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale) (Magyar Közlöny 2011/165), come modificato dal Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017 recante modifica alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale), adottato dal Parlamento ungherese il 4 aprile 2017 (Magyar Közlöny 2017/53) (in prosieguo: la «legge sull’istruzione superiore»), l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo XVII dell’Accordo generale sugli scambi di servizi (General Agreement on Trade in Services; in prosieguo: il «GATS»), che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech e approvato dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU 1994, L 336, pag. 1) (in prosieguo: l’«accordo che istituisce l’OMC»);

–        dichiarare che, imponendo agli istituti di insegnamento superiore esteri di offrire una formazione d’insegnamento superiore nel proprio paese di origine, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 16 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), e, in ogni caso, in forza degli articoli 49 e 56 TFUE, nonché dell’articolo XVII del GATS;

–        dichiarare che, imponendo le misure summenzionate, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettere a) e b), della legge sull’istruzione superiore (in prosieguo: le «misure controverse»), l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e

–        condannare l’Ungheria alle spese.

I.      Contesto normativo

A.      Normativa dell’OMC

1.      Accordo che istituisce l’OMC

2        L’articolo XVI, paragrafo 4, dell’accordo che istituisce l’OMC così dispone:

«Ciascun membro garantisce la conformità delle proprie leggi, dei propri regolamenti e delle proprie procedure amministrative con gli obblighi che gli incombono conformemente a quanto previsto negli accordi allegati».

2.      Il GATS

3        L’articolo I, paragrafi da 1 a 3, del GATS enuncia quanto segue:

«1.      Il presente accordo si applica a provvedimenti adottati dai membri che incidono sugli scambi di servizi.

2.      Ai fini del presente accordo, per scambio di servizi s’intende la fornitura di un servizio:

(...)

c)      da parte di un prestatore di servizi di un membro, attraverso la presenza commerciale nel territorio di un qualsiasi altro membro;

(...)

3.      Ai fini del presente accordo:

a)      “provvedimenti adottati dai membri” significa misure adottate da:

i)      autorità e governi centrali, regionali o locali; e

ii)      organismi non governativi, nell’esercizio dei poteri delegati da governi o autorità centrali, regionali o locali.

Nell’adempimento degli obblighi e degli impegni derivanti dall’accordo, ciascun membro prenderà tutte le opportune misure a sua disposizione per garantirne l’osservanza da parte di governi e autorità regionali e locali, nonché di organismi non governativi nell’ambito del suo territorio;

(...)».

4        L’articolo XIV del GATS così dispone:

«Fermo restando l’obbligo di non applicare i provvedimenti in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi, nulla di quanto contenuto nel presente accordo è inteso ad impedire l’adozione o l’applicazione da parte dei membri di misure:

a)      necessarie a salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico;

(...)

c)      necessarie per garantire l’osservanza di leggi e regolamenti che non siano incompatibili con le disposizioni del presente [accordo], ivi compresi quelli relativi:

i)      alla prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al trattamento degli effetti di un’inadempienza rispetto a contratti di servizi;

(...)».

5        Gli articoli da XVI a XVIII del GATS rientrano nella parte III di tale accordo, intitolata «Impegni specifici».

6        L’articolo XVI del GATS, rubricato «Accesso al mercato», prevede quanto segue:

«1.      Per quanto concerne l’accesso al mercato attraverso le modalità di fornitura definite all’articolo I, ciascun membro accorderà ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle condizioni concordate e specificate nel suo elenco.

2.      In settori oggetto di impegni in materia di accesso al mercato, le misure che un membro dovrà astenersi dal tenere in essere o dall’adottare, a livello regionale o per l’intero territorio nazionale, salvo quanto diversamente specificato nel suo elenco, sono le seguenti:

a)      limitazioni al numero di prestatori di servizi, sotto forma di contingenti numerici, monopoli, concessioni di diritti di esclusiva, o imposizione di una verifica della necessità economica;

b)      limitazioni al valore complessivo delle transazioni o dell’attivo nel settore dei servizi sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica;

c)      limitazioni al numero complessivo di imprese di servizi o alla produzione totale di servizi espressa in termini di unità numeriche definite sotto forma di contingenti o di imposizione di una verifica della necessità economica;

d)      limitazioni al numero totale di persone fisiche che possono essere impiegate in un particolare settore o da un prestatore di servizi, e che sono necessarie e direttamente collegate alla fornitura di un servizio specifico, sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica;

e)      misure che limitano o impongono forme specifiche di personalità giuridica o joint venture con le quali un fornitore di servizi può svolgere la sua attività; o

f)      limitazioni alla partecipazione di capitale estero in termini di limite percentuale massimo alle partecipazioni straniere o di valore totale di investimenti stranieri singoli o complessivi».

7        L’articolo XVII del GATS, intitolato «Trattamento nazionale», così dispone:

«1.      Nei settori inseriti nel suo elenco e ferme restando eventuali condizioni e requisiti indicati nello stesso, ciascun membro accorda ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e fornitori di servizi nazionali, per quanto riguarda tutte le misure concernenti la fornitura di servizi.

2.      Un membro può adempiere all’obbligo di cui al paragrafo 1 accordando ai servizi e ai fornitori di servizi di qualsiasi altro membro un trattamento formalmente identico o formalmente diverso rispetto a quello accordato ad analoghi servizi e prestatori di servizi nazionali.

3.      Un trattamento formalmente identico o formalmente diverso è considerato meno favorevole qualora esso modifichi le condizioni della concorrenza a favore di servizi o fornitori di servizi del membro rispetto ad analoghi servizi o [fornitori] di servizi di un altro membro».

8        Ai termini dell’articolo XX, paragrafi 1 e 2, del GATS:

«1.      Ciascun membro indica in un elenco gli impegni specifici assunti ai sensi della parte III del presente accordo. Per quanto concerne i settori nei quali vengono assunti gli impegni, ciascun elenco deve specificare:

a)      termini, limitazioni e condizioni dell’accesso al mercato;

b)      condizioni e requisiti per il trattamento nazionale;

(...)

2.      Eventuali misure incompatibili con gli articoli XVI e XVII sono inserite nella colonna relativa all’articolo XVI. In tal caso la voce inserita sarà considerata una condizione o un requisito anche per l’articolo XVII.

3.      L’intesa sulla risoluzione delle controversie

9        L’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie, che figura all’allegato 2 dell’accordo che istituisce l’OMC (in prosieguo: l’«intesa sulla risoluzione delle controversie»), prevede, al suo articolo 1, paragrafo 1, che le norme e le procedure in essa contenute si applicano alle controversie promosse ai sensi delle disposizioni in materia di consultazioni e di risoluzione delle controversie degli accordi figuranti all’allegato 1 dell’accordo che istituisce l’OMC, tra cui il GATS.

10      L’articolo 3, paragrafo 2, di tale intesa prevede quanto segue:

«Il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC svolge un ruolo essenziale nell’assicurare certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale. I membri riconoscono che esso serve a tutelare i diritti e gli obblighi dei membri derivanti dagli accordi contemplati, nonché a chiarire le disposizioni attuali di tali accordi conformemente alle norme di interpretazione abituali del diritto pubblico internazionale. Le raccomandazioni e le decisioni del[l’organo di conciliazione] non possono ampliare né ridurre i diritti e gli obblighi previsti dagli accordi contemplati».

11      Ai sensi dell’articolo 11 di detta intesa:

«I panel hanno la funzione di assistere [l’organo di conciliazione] ad adempiere ai compiti ad esso attribuiti dalla presente intesa e dagli accordi contemplati. Un panel dovrebbe pertanto procedere a una valutazione oggettiva della questione sottoposta al suo esame, ivi compresa una valutazione oggettiva dei fatti in questione, dell’applicabilità degli accordi contemplati pertinenti e della compatibilità [dei fatti] con tali accordi, e procedere alle ulteriori constatazioni che possono aiutare [l’organo di conciliazione] a formulare le raccomandazioni o le decisioni previste negli accordi contemplati. I panel dovrebbero procedere a regolari consultazioni con le parti della controversia e offrire loro adeguate occasioni per elaborare una soluzione reciprocamente soddisfacente».

12      L’articolo 17 della medesima intesa, intitolato «Esame d’appello», prevede in particolare quanto segue:

«6.      Un appello si limita alle questioni giuridiche contemplate nella relazione del panel e alle interpretazioni giuridiche sviluppate dal panel.

(...)

13.      L’organo d’appello può conf[e]rmare, modificare o annullare le constatazioni e le conclusioni giuridiche del panel.

(...)».

13      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, dell’intesa sulla risoluzione delle controversie:

«Qualora un panel o l’organo d’appello giunga alla conclusione che una misura è incompatibile con un accordo contemplato, esso raccomanda che il membro interessato renda tale misura conforme all’accordo. Oltre a formulare le proprie raccomandazioni, il panel o l’organo d’appello può suggerire i modi in cui il membro interessato potrebbe ottemperare a tali raccomandazioni».

14      L’articolo 21 di detta intesa, rubricato «Verifica dell’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni» enuncia quanto segue:

«1.      Per garantire un’efficace risoluzione delle controversie a vantaggio di tutti i membri è essenziale che le raccomandazioni e le decisioni [dell’organo di conciliazione] siano prontamente rispettate.

(...)

3.      Nel corso di una riunione [dell’organo di conciliazione] da tenersi entro trenta giorni dalla data di adozione della relazione di un panel o dell’organo d’appello, il membro interessato informa [l’organo di conciliazione] delle sue intenzioni per quanto riguarda l’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni [dell’organo di conciliazione]. Qualora non gli sia possibile ottemperare immediatamente a tali raccomandazioni e decisioni, il membro interessato può farlo entro un periodo ragionevole. (...)

(...)

6.      [L’organo di conciliazione] esercita una sorveglianza sull’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate. (...)

(...)».

15      L’articolo 22, paragrafo 1, della suddetta intesa enuncia quanto segue:

«La compensazione e la sospensione di concessioni o di altri obblighi sono misure provvisorie cui si può fare ricorso nei casi in cui le raccomandazioni e le decisioni non siano applicate entro un periodo ragionevole. (...)».

16      Secondo l’articolo 23, paragrafo 1, della medesima intesa:

«Nel cercare di ottenere riparazione di una violazione di obblighi o di un altro annullamento o pregiudizio dei benefici previsti dagli accordi contemplati o di un impedimento al conseguimento di un obiettivo degli accordi contemplati, i membri utilizzano e rispettano le norme e procedure della presente intesa».

B.      Diritto dell’Unione

17      Il considerando 41 della direttiva 2006/123 enuncia quanto segue:

«Il concetto di “ordine pubblico”, come interpretato dalla Corte di giustizia, comprende la protezione contro una minaccia effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività e può includere, in particolare, questioni legate alla dignità umana, alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili ed al benessere degli animali. (...)».

18      A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, quest’ultima si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

19      L’articolo 4, punto 1, di detta direttiva definisce la nozione di «servizio» come «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione».

20      L’articolo 16 della suddetta direttiva, intitolato «Libera prestazione di servizi», ai suoi paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti.

Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio.

Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi:

a)      non discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede,

b)      necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente,

c)      proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

(...)

3.      Allo Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. (...)».

C.      Diritto ungherese

21      In forza dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, un istituto di insegnamento superiore estero può esercitare nel territorio ungherese un’attività di insegnamento finalizzata al rilascio di una laurea soltanto se «il governo ungherese e il governo dello Stato in cui si trova la sede dell’istituto di insegnamento superiore estero hanno acconsentito ad essere vincolati da un accordo relativo al sostegno di principio concesso all’istituto al fine di esercitare un’attività in Ungheria, accordo che, nel caso di uno Stato federale, si baserà su un accordo previamente stipulato con il governo centrale qualora lo stesso non sia competente a stipulare accordi internazionali vincolanti» (in prosieguo: il «requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale»).

22      In forza dell’articolo 77, paragrafo 2, della legge sull’istruzione superiore, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), di tale legge non si applica agli istituti di insegnamento superiore esteri stabiliti in un altro Stato membro del SEE.

23      L’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore dispone che gli istituti di insegnamento superiore esteri che esercitano un’attività in Ungheria devono non solo avere la qualità di istituto di insegnamento superiore riconosciuto dallo Stato nel paese in cui si trova la loro sede, ma altresì offrire «effettivamente una formazione di insegnamento superiore» nel paese in questione (in prosieguo: il «requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato»).

24      Conformemente all’articolo 77, paragrafo 3, della legge sull’istruzione superiore, le disposizioni dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), di tale legge si applicano anche agli istituti di insegnamento superiore aventi sede in uno Stato membro del SEE.

25      L’articolo 115, paragrafo 7, della legge sull’istruzione superiore fissava al 1° gennaio 2018 il termine concesso agli istituti di insegnamento superiore esteri per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo 1, di tale legge, ad eccezione degli Stati federali per i quali doveva essere concluso un previo accordo con il governo centrale nei sei mesi successivi alla pubblicazione della legge XXV del 2017, ossia prima dell’11 ottobre 2017. Tale disposizione prevedeva inoltre che agli istituti di insegnamento superiore esteri che non soddisfacevano i requisiti previsti da detta legge sarebbe stata revocata l’autorizzazione di cui disponevano e che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, nessuno studente avrebbe potuto essere iscritto al primo anno di una formazione impartita in Ungheria da un istituto di insegnamento superiore estero, mentre i corsi di formazione già iniziati in Ungheria al 1° gennaio 2018 potevano essere completati, al più tardi, nell’anno accademico 2020/2021, a condizioni immutate secondo un regime di abbandono progressivo.

II.    Procedimento precontenzioso

26      Ritenendo che, adottando la legge XXV del 2017, l’Ungheria fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 9, 10 e 13, dell’articolo 14, punto 3), e dell’articolo 16 della direttiva 2006/123, nonché, in subordine, degli articoli 49 e 56 TFUE, dell’articolo XVII del GATS e dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta, il 27 aprile 2017 la Commissione ha inviato una lettera di diffida a tale Stato membro, impartendogli un termine di un mese per presentare le sue osservazioni. L’Ungheria vi ha risposto con lettera datata 25 maggio 2017, nella quale contestava gli inadempimenti che le erano stati in tal senso addebitati.

27      Il 14 luglio 2017 la Commissione ha emesso un parere motivato, in cui concludeva, in particolare, che:

–        imponendo agli istituti di insegnamento superiore esteri situati al di fuori del SEE la conclusione di un accordo internazionale quale requisito per poter fornire servizi di insegnamento, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS;

–        imponendo agli istituti di insegnamento superiore esteri di offrire una formazione d’insegnamento superiore nel proprio paese di origine, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 16 della direttiva 2006/123 e, in ogni caso, in forza degli articoli 49 e 56 TFUE, e

–        imponendo le misure controverse, l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta.

28      La Commissione ha impartito all’Ungheria un termine di un mese per adottare le misure necessarie al fine di conformarsi al parere motivato o per presentarle osservazioni.

29      Con lettera datata 17 luglio 2017, l’Ungheria ha chiesto una proroga di tale termine, che la Commissione le ha negato.

30      L’Ungheria ha risposto al parere motivato con lettera del 14 agosto 2017, nella quale concludeva per l’insussistenza degli inadempimenti in tal senso asseriti.

31      Tale Stato membro, con lettera dell’11 settembre 2017, ha trasmesso alla Commissione nuove osservazioni dirette, in particolare, a confrontare la propria situazione con quella di altri Stati membri nonché a fornire informazioni complementari riguardanti vari Stati membri.

32      Il 26 settembre 2017 si è tenuta una riunione di esperti tra i rappresentanti della Commissione e quelli dell’Ungheria.

33      Il 5 ottobre 2017 la Commissione ha inviato all’Ungheria un parere motivato complementare nel quale sosteneva che, imponendo agli istituti di insegnamento superiore esteri l’obbligo di impartire un insegnamento superiore nel loro paese d’origine, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria era altresì venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS.

34      Con lettera del 6 ottobre 2017, l’Ungheria ha fatto pervenire alla Commissione un complemento di informazioni, nel quale essa spiegava che gli Stati Uniti d’America erano l’unico Stato federale non membro del SEE con il quale doveva essere concluso un previo accordo, quale previsto all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore. Secondo le informazioni fornite successivamente dalle autorità ungheresi, un previo accordo del genere sarebbe stato concluso nel termine inizialmente previsto all’articolo 115, paragrafo 7, di tale legge, che scadeva l’11 ottobre 2017.

35      L’Ungheria ha risposto al parere motivato complementare con lettera del 18 ottobre 2017, nella quale informava la Commissione dell’adozione da parte del Parlamento ungherese, il 17 ottobre 2017, di un disegno di legge recante modifica della legge sull’istruzione superiore e il cui effetto, in particolare, era di rinviare al 1° gennaio 2019 il termine previsto all’articolo 115, paragrafo 7, di tale legge per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo 1, della stessa.

36      L’Ungheria indicava peraltro, in tale lettera, che la legge recante promulgazione dell’accordo relativo alla cooperazione in materia di insegnamento superiore concluso tra il governo ungherese e lo Stato del Maryland (Stati Uniti), avente ad oggetto l’esercizio, da parte del McDaniel College, di un’attività in Ungheria, era stata pubblicata nel Magyar Közlöny (Gazzetta ufficiale dell’Ungheria).

37      Infine, con lettera del 13 novembre 2017, l’Ungheria ha inviato alla Commissione nuove informazioni complementari, precisando che l’accordo internazionale necessario alla prosecuzione in Ungheria delle attività dell’Università di medicina di Heilongjiang Daxue (Cina) era stato firmato il 30 ottobre 2017.

38      È in tale contesto che la Commissione, il 1° febbraio 2018, ha proposto il presente ricorso per inadempimento vertente sulle misure controverse.

39      Con decisione del 25 luglio 2018, il presidente della Corte ha disposto che la presente causa venisse trattata in via prioritaria, in conformità all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.

III. Sul ricorso

A.      Sulla ricevibilità

1.      Argomenti delle parti

40      Nel controricorso, l’Ungheria sostiene che il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile, in considerazione del comportamento della Commissione durante il procedimento precontenzioso e dei vizi di illegittimità che ne deriverebbero. Tale Stato membro espone anzitutto che la Commissione gli ha imposto, senza fornire alcuna giustificazione, di presentare le proprie osservazioni sulla lettera di diffida, poi sul parere motivato, entro il termine di un mese, invece di quello di due mesi abitualmente applicato nell’ambito dei procedimenti precontenziosi, e ciò sebbene l’Ungheria dovesse far fronte ad altri due procedimenti per inadempimento avviati parallelamente e disciplinati anch’essi da termini analoghi. Inoltre, la Commissione avrebbe respinto le sue domande di proroga di tale termine senza fornire una motivazione adeguata.

41      Un simile comportamento dimostrerebbe che la Commissione non ha cercato di sentire in modo adeguato l’Ungheria, in violazione del principio di leale cooperazione e del diritto a una buona amministrazione. Tale comportamento costituirebbe altresì una violazione del diritto dell’Ungheria a sviluppare un’utile difesa.

42      Nella controreplica, l’Ungheria rileva, inoltre, che la Commissione tenta di giustificare il proprio comportamento invocando la circostanza che le autorità ungheresi non erano disposte ad abrogare le disposizioni controverse della legge sull’istruzione superiore. Orbene, una circostanza del genere non potrebbe essere invocata per giustificare una riduzione dei termini applicabili al procedimento precontenzioso, salvo disattendere gli obiettivi di quest’ultimo.

43      Peraltro, l’Ungheria sostiene che, lasciando chiaramente intendere di aver avviato il presente procedimento per inadempimento esclusivamente nell’interesse della Central European University (CEU) e per considerazioni puramente politiche, la Commissione ha gravemente leso il diritto a una buona amministrazione, sancito all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

44      La Commissione contesta la fondatezza di tale argomentazione.

2.      Giudizio della Corte

45      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento vertente sui termini di risposta, di cui si lamenta l’eccessiva brevità, imposti dalla Commissione all’Ungheria, occorre ricordare che il procedimento precontenzioso ha lo scopo di dare allo Stato membro interessato la possibilità di conformarsi agli obblighi che gli derivano dal diritto dell’Unione o di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (sentenza del 26 ottobre 2006, Commissione/Italia, C‑371/04, EU:C:2006:668, punto 9). La regolarità di tale procedimento costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato FUE non soltanto per tutelare i diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per assicurare che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita [sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 91 e giurisprudenza ivi citata].

46      Tali scopi impongono alla Commissione di concedere agli Stati membri interessati un termine ragionevole per rispondere alla lettera di diffida e per conformarsi a un parere motivato o, eventualmente, per preparare la loro difesa. Per valutare la ragionevolezza del termine impartito, si deve tener conto del complesso delle circostanze caratterizzanti il caso di specie [v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 92 e giurisprudenza ivi citata].

47      La Corte ha in tal senso dichiarato che un termine breve può ammettersi in situazioni specifiche, in particolare quando vi sia l’urgenza di porre rimedio a un inadempimento o quando lo Stato membro interessato sia a conoscenza del punto di vista della Commissione ben prima che venga avviato il procedimento [sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 92].

48      Nel caso di specie, il parlamento ungherese, il 4 aprile 2017, ha adottato la legge XXV, in forza della quale gli istituti di insegnamento superiore che non soddisfano le condizioni ora elencate all’articolo 76, paragrafo 1, della legge sull’istruzione superiore, da un lato, si vedrebbero revocare l’autorizzazione all’esercizio della loro attività e, dall’altro, non potrebbero più ammettere nuovi studenti al primo anno a partire dal 1° gennaio 2018, mentre i corsi di formazione già iniziati dovrebbero essere completati al più tardi durante l’anno accademico 2020/2021.

49      Il 27 aprile 2017 la Commissione ha inviato all’Ungheria una lettera di diffida e le ha impartito un termine di un mese per presentare osservazioni. Il 14 luglio 2017 tale istituzione ha emesso un parere motivato nel quale ha impartito a tale Stato membro il termine di un mese per adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi o per presentare osservazioni.

50      Alla luce delle circostanze summenzionate, dalle quali risulta che il termine impartito all’Ungheria era motivato dall’urgenza, secondo la Commissione, di porre rimedio all’inadempimento contestato a tale Stato membro, un termine di un mese non appare irragionevole.

51      Del resto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo ungherese, tale valutazione non è rimessa in discussione dal fatto che la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento solo il 1° febbraio 2018. Infatti, quest’ultima era stata previamente informata, con lettera del 18 ottobre 2017, del rinvio al 1° gennaio 2019 della data a partire dalla quale gli istituti di insegnamento superiore che non soddisfacevano i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo 1, della legge sull’istruzione superiore non avrebbero più potuto ammettere nuovi studenti al primo anno.

52      Ad ogni modo, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il fatto che la Commissione assoggetti un procedimento precontenzioso a termini brevi non può, di per sé, comportare l’irricevibilità del successivo ricorso per inadempimento. Invero, una simile irricevibilità s’impone solo nel caso in cui il comportamento della Commissione abbia impedito allo Stato membro interessato di sviluppare un’utile difesa nei confronti delle censure formulate dalla Commissione e abbia in tal modo violato i diritti della difesa, circostanza di cui spetta allo stesso Stato membro fornire la prova [v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

53      Orbene, nel caso di specie, l’Ungheria non fornisce una prova siffatta.

54      Al contrario, dall’esame dello svolgimento del procedimento precontenzioso, come ricordato ai punti da 26 a 37 della presente sentenza, emerge anzitutto che l’Ungheria, entro il termine di un mese impartitole dalla Commissione, ha presentato osservazioni circostanziate relative alla lettera di diffida e, successivamente, al parere motivato. Tale Stato membro ha poi presentato nuove osservazioni al riguardo in tre lettere datate 11 settembre, 6 ottobre e 13 novembre 2017, tutte accettate dalla Commissione. Infine, dall’analisi dei documenti scambiati durante il procedimento precontenzioso e da quella dell’atto introduttivo del giudizio emerge che la Commissione ha preso in debita considerazione l’insieme delle osservazioni formulate dall’Ungheria nelle diverse fasi del procedimento in questione, comprese quelle presentate successivamente alla scadenza dei termini impartiti.

55      In tali circostanze, è irrilevante che all’Ungheria siano stati impartiti termini analoghi, durante lo stesso periodo, in altri due procedimenti per inadempimento che la riguardavano.

56      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’affermazione dell’Ungheria secondo cui la Commissione avrebbe asseritamente avviato il presente procedimento per inadempimento al solo scopo di tutelare gli interessi della CEU, e ciò a fini puramente politici, occorre ricordare che l’obiettivo perseguito dal procedimento di cui all’articolo 258 TFUE è l’accertamento oggettivo dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, degli obblighi impostigli dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, Commissione/Germania C‑620/16, EU:C:2019:256, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, secondo giurisprudenza costante, nell’ambito di un procedimento del genere, la Commissione dispone, per quanto riguarda l’opportunità di avviare un tale procedimento, di un potere discrezionale sul quale la Corte non può esercitare un controllo giurisdizionale [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Lotta contro il riciclaggio di capitali), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

57      Risulta dalle suesposte considerazioni che il ricorso per inadempimento in esame è ricevibile.

B.      Sulla competenza della Corte

1.      Argomenti delle parti

58      L’Ungheria eccepisce l’incompetenza della Corte a conoscere del presente ricorso per inadempimento per quanto riguarda le censure della Commissione vertenti su violazioni del GATS.

59      In primo luogo, tale Stato membro fa valere che, conformemente all’articolo 6, lettera e), TFUE, il settore dell’istruzione superiore non rientra nella competenza dell’Unione europea e che, di conseguenza, sono gli Stati membri interessati che, in tale settore, rispondono, individualmente, dell’eventuale inosservanza dei loro obblighi ai sensi del GATS.

60      In secondo luogo, conformemente alle norme generali del diritto internazionale, spetterebbe esclusivamente ai panel e all’organo d’appello dell’OMC (in prosieguo: l’«organo d’appello») istituiti dall’organo di conciliazione (Dispute Settlement Body; in prosieguo: il «DSB») valutare se la legge sull’istruzione superiore sia compatibile con gli impegni assunti dall’Ungheria in forza del GATS.

61      Infatti, come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94, EU:C:1996:313, punti 15 e 16), la Commissione sarebbe competente a esaminare l’attuazione di un accordo dell’OMC divenuto parte integrante del diritto dell’Unione nell’ambito delle relazioni tra Stati membri e istituzioni dell’Unione, ma non in quello delle relazioni tra uno Stato membro e uno Stato terzo.

62      Peraltro, nell’ipotesi in cui la Corte accogliesse la domanda della Commissione in quanto fondata su una violazione del GATS, essa pregiudicherebbe, con la sua interpretazione autonoma degli articoli del GATS e dell’elenco di impegni specifici dell’Ungheria, la competenza esclusiva dei membri dell’OMC e degli organi che costituiscono il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC a interpretare gli accordi dell’OMC, e ciò in violazione dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, rischiando così di compromettere l’interpretazione uniforme del GATS.

63      Infatti, una volta che la Corte abbia accertato la sussistenza dell’inadempimento, da parte di uno Stato membro, degli obblighi ad esso incombenti in forza del GATS, gli Stati terzi non avrebbero più alcun interesse ad avviare un procedimento nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC.

64      La Commissione replica, in primo luogo, che, conformemente all’articolo 207, paragrafo 4, TFUE, il commercio dei servizi di insegnamento rientra nella competenza esclusiva dell’Unione, in quanto è incluso nell’ambito di applicazione della politica commerciale comune. Di conseguenza, garantendo il rispetto degli impegni derivanti dal GATS, gli Stati membri soddisferebbero un obbligo nei confronti dell’Unione, la quale si è assunta la responsabilità della corretta esecuzione di tale accordo.

65      In secondo luogo, conformemente all’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, gli accordi internazionali conclusi dall’Unione vincolano gli Stati membri. Di conseguenza, come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94, EU:C:1996:313, punto 15), la loro inosservanza da parte di questi ultimi rientrerebbe nell’ambito del diritto dell’Unione e costituirebbe un inadempimento che potrebbe essere oggetto di un ricorso sulla base dell’articolo 258 TFUE.

66      Nel caso di specie, poiché il GATS è un accordo internazionale concluso dall’Unione, spetterebbe dunque alla Commissione vigilare affinché gli Stati membri rispettino gli obblighi internazionali che ne derivano per l’Unione, il che consentirebbe, in particolare, di evitare che possa sorgere la responsabilità internazionale dell’Unione in una situazione in cui esiste il rischio che una controversia venga portata dinanzi all’OMC.

67      L’esistenza del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC sarebbe irrilevante al riguardo. Da un lato, infatti, l’Unione, in quanto membro dell’OMC, sarebbe tenuta a vigilare sul rispetto, nel suo territorio, degli obblighi ad essa incombenti in forza degli accordi dell’OMC. Dall’altro lato, i paesi terzi non sarebbero vincolati né dalla risoluzione, all’interno dell’Unione, delle controversie riguardanti gli obblighi internazionali vincolanti per l’Unione e i suoi Stati membri, né dall’interpretazione che la Corte dà di tali obblighi internazionali.

2.      Giudizio della Corte

68      In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 258 TFUE, un ricorso per inadempimento può avere ad oggetto soltanto l’accertamento dell’inosservanza di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda, C‑13/00, EU:C:2002:184, punto 13).

69      Orbene, la Corte ha ripetutamente dichiarato che un accordo internazionale concluso dall’Unione costituisce, a partire dalla sua entrata in vigore, parte integrante dell’ordinamento giuridico di quest’ultima [v., in particolare, sentenze del 30 aprile 1974, Haegeman, 181/73, EU:C:1974:41, punti 5 e 6; del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 73, nonché parere 1/17 (Accordo ECG UE-Canada), del 30 aprile 2019, EU:C:2019:341, punto 117].

70      Nel caso di specie, l’accordo che istituisce l’OMC, di cui il GATS fa parte, è stato firmato dall’Unione, poi approvato da quest’ultima, il 22 dicembre 1994, con la decisione 94/800. Esso è entrato in vigore il 1° gennaio 1995.

71      Ne consegue che il GATS fa parte del diritto dell’Unione.

72      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obiezione sollevata dall’Ungheria e menzionata al punto 59 della presente sentenza, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, l’Unione ha competenza esclusiva nel settore della politica commerciale comune.

73      Orbene, la Corte ha dichiarato che gli impegni assunti nell’ambito del GATS rientrano nella politica commerciale comune [v., in tal senso, parere 2/15 (Accordo di libero scambio con Singapore), del 16 maggio 2017, EU:C:2017:376, punti 36 e 54].

74      Ne consegue che, sebbene dall’articolo 6, lettera e), TFUE risulti che gli Stati membri dispongono di un’ampia competenza nel settore dell’istruzione, poiché l’Unione ha, in materia, soltanto una competenza «a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri», gli impegni assunti nell’ambito del GATS, compresi quelli riguardanti la liberalizzazione del commercio dei servizi di insegnamento privati, rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione.

75      Pertanto, a torto l’Ungheria sostiene che, nel settore del commercio dei servizi di insegnamento, sono gli Stati membri interessati a rispondere, individualmente, dell’eventuale inosservanza dei loro obblighi ai sensi del GATS.

76      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obiezione sollevata dall’Ungheria e esposta ai punti da 60 a 63 della presente sentenza, occorre sottolineare che tale Stato membro non contesta, in generale, la competenza della Corte a conoscere, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, di un ricorso diretto a far constatare un inadempimento di uno Stato membro ai suoi obblighi derivanti da un accordo internazionale vincolante per l’Unione. Tuttavia, l’Ungheria sostiene che ad ostare all’esercizio di tale competenza da parte della Corte è la particolarità relativa all’esistenza del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC, applicabile in particolare agli obblighi dei membri dell’OMC derivanti dal GATS.

77      Orbene, occorre rilevare che tale questione non è stata risolta dalla Corte nella giurisprudenza relativa ai rapporti del diritto dell’Unione con il diritto dell’OMC.

78      Infatti, fino ad oggi, la Corte si è pronunciata o nell’ambito della valutazione della validità di un atto di diritto derivato dell’Unione per motivi attinenti alla sua incompatibilità con il diritto dell’OMC (v., in particolare, sentenza del 1° marzo 2005, Van Parys, C‑377/02, EU:C:2005:121, punti 1 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata), o nell’ambito dell’eventuale sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e dell’attuazione del diritto al risarcimento del danno subito (v., in particolare, sentenza del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punti 1 e 107).

79      In particolare, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze citate al punto precedente, la Corte era stata posta di fronte a decisioni emesse dall’OMC e sfavorevoli all’Unione, e aveva dovuto pronunciarsi su diversi aspetti della loro esecuzione, segnatamente quello dell’invocabilità delle norme dell’OMC da parte dei singoli interessati.

80      Orbene, nella presente causa, da un lato, la Commissione fa valere che talune disposizioni legislative adottate da uno Stato membro sono incompatibili con il GATS, di modo che tale Stato membro sarebbe venuto meno al diritto dell’Unione, di cui tale accordo internazionale costituisce parte integrante. Dall’altro lato, in mancanza di una decisione del DSB che dichiari l’incompatibilità con il diritto dell’OMC di un comportamento dell’Unione o di uno Stato membro, la questione di un’eventuale esecuzione della decisione medesima non si pone.

81      Ciò premesso, come risulta dal punto 66 della presente sentenza, la Commissione fa valere che l’obiettivo del presente procedimento per inadempimento è quello di evitare qualsiasi affermazione della responsabilità internazionale dell’Unione in una situazione in cui sussiste il rischio che una controversia venga portata dinanzi all’OMC.

82      A tal riguardo, l’articolo 3, paragrafo 2, dell’intesa sulla risoluzione delle controversie precisa che il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC svolge un ruolo essenziale nell’assicurare certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale, ed è volto a tutelare i diritti e gli obblighi dei membri dell’OMC nonché a chiarire le disposizioni di tali accordi conformemente alle norme di interpretazione abituali del diritto pubblico internazionale.

83      Più in particolare, in forza dell’articolo 11 dell’intesa sulla risoluzione delle controversie, un panel è autorizzato a procedere a una valutazione oggettiva della questione sottoposta al suo esame, ivi compresa una valutazione oggettiva dei fatti in questione, dell’applicabilità degli accordi contemplati pertinenti e della compatibilità di detti fatti con tali accordi. Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 13, di tale intesa, l’organo d’appello può confermare, modificare o annullare le constatazioni e le conclusioni del panel; la sua competenza si limita, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, di detta intesa, alle questioni giuridiche contemplate nella relazione del panel e alle interpretazioni giuridiche sviluppate da quest’ultimo. I membri dell’OMC sono tenuti, in linea di principio, a conformarsi immediatamente alle raccomandazioni e alle decisioni del DSB, come risulta dall’articolo 21, paragrafi 1 e 3, della medesima intesa.

84      Da tali elementi discende che, in determinate circostanze, il controllo svolto nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC può condurre a dichiarazioni di non conformità al diritto di tale organizzazione delle misure adottate da un membro di quest’ultima e può, in definitiva, far sorgere la responsabilità internazionale dell’Unione, che ne è membro, a causa di un fatto illecito.

85      Inoltre, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo XVI, paragrafo 4, dell’accordo che istituisce l’OMC, ciascun membro dell’OMC ha l’obbligo, nell’ambito del proprio ordinamento giuridico interno, di vigilare sul rispetto degli obblighi ad esso incombenti in forza delle norme dell’OMC nelle varie parti del suo territorio. Un obbligo analogo è peraltro previsto all’articolo I, paragrafo 3, lettera a), del GATS.

86      In tali circostanze, la particolarità relativa all’esistenza del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC non solo è ininfluente sulla competenza attribuita alla Corte in forza dell’articolo 258 TFUE, ma l’esercizio di tale competenza è, inoltre, pienamente coerente con l’obbligo di ciascun membro dell’OMC di vigilare sul rispetto dei propri obblighi derivanti dal diritto di tale organizzazione.

87      Occorre ancora ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’Unione è tenuta ad esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto internazionale nel suo complesso, ivi comprese non soltanto le disposizioni delle convenzioni internazionali che la vincolano, ma anche le norme e i principi del diritto internazionale generale consuetudinario (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

88      Orbene, anzitutto, come risulta dall’articolo 3 degli articoli sulla responsabilità dello Stato per fatto internazionalmente illecito, elaborati dalla Commissione del diritto internazionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e di cui l’Assemblea generale di tale organizzazione ha preso nota nella sua risoluzione 56/83 del 12 dicembre 2001, i quali codificano il diritto internazionale consuetudinario e sono applicabili all’Unione, la qualificazione del fatto dello Stato come «internazionalmente illecito» spetta solamente al diritto internazionale. Di conseguenza, su tale qualificazione non può incidere la qualificazione del medesimo fatto che sia eventualmente effettuata in base al diritto dell’Unione.

89      A tal riguardo, sebbene la Commissione sottolinei, correttamente, che la valutazione del comportamento contestato allo Stato membro interessato che spetta alla Corte in forza dell’articolo 258 TFUE non vincola gli altri membri dell’OMC, occorre osservare che una simile valutazione non incide neppure su quella che potrebbe eventualmente essere adottata dal DSB.

90      Inoltre, dall’articolo 32 degli articoli sulla responsabilità dello Stato per fatto internazionalmente illecito risulta che lo Stato responsabile non può richiamarsi a disposizioni del proprio diritto interno per giustificare un inadempimento degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto internazionale.

91      Ne consegue, in particolare, che né l’Unione né lo Stato membro interessato possono far richiamo alla valutazione, alla luce della normativa dell’OMC, del comportamento di detto Stato effettuata dalla Corte, nell’ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, per rifiutare di conformarsi alle conseguenze giuridiche previste dalle norme dell’OMC nel caso in cui il DSB constatasse la non conformità di tale comportamento a tale diritto.

92      Infine, fatti salvi i limiti posti all’invocabilità del diritto dell’OMC al fine di controllare la legittimità di atti delle istituzioni dell’Unione dinanzi al giudice dell’Unione, ricordati nella giurisprudenza citata al punto 78 della presente sentenza, occorre rilevare che il principio di diritto internazionale generale del rispetto degli impegni contrattuali (pacta sunt servanda), sancito dall’articolo 26 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331), implica che la Corte, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione del GATS, debba tener conto dell’interpretazione delle differenti disposizioni di tale accordo fatta dal DSB. Inoltre, nell’ipotesi in cui il DSB non abbia ancora interpretato le disposizioni di cui trattasi, spetta alla Corte interpretare tali disposizioni conformemente alle norme interpretative consuetudinarie di diritto internazionale che vincolano l’Unione, nel rispetto del principio dell’esecuzione in buona fede di tale accordo internazionale, enunciato dal suddetto articolo 26.

93      Dalle considerazioni che precedono risulta che l’argomentazione dedotta dall’Ungheria, relativa all’incompetenza della Corte a conoscere del presente ricorso per inadempimento per quanto riguarda la censura vertente su una violazione del GATS, deve essere integralmente respinta.

C.      Nel merito

1.      Sul requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale

94      Al fine di statuire sulla prima censura, occorre, anzitutto, precisare la portata degli impegni dell’Ungheria in materia di servizi di insegnamento superiore alla luce della regola del trattamento nazionale contenuta all’articolo XVII del GATS, poi, esaminare la questione se il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale modifichi le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali di servizi siffatti o dei servizi che essi forniscono, in violazione di tale disposizione, e infine, in caso affermativo, esaminare gli argomenti dell’Ungheria diretti a giustificare detta modifica sulla base di una delle eccezioni previste all’articolo XIV del GATS.

a)      Sugli effetti da riconoscere all’impegno dell’Ungheria, per quanto riguarda i servizi di insegnamento superiore, alla luce della regola del trattamento nazionale contenuta nell’articolo XVII del GATS

1)      Argomenti delle parti

95      La Commissione sostiene, in primo luogo, che l’iscrizione dei servizi di insegnamento superiore a finanziamento privato nell’elenco di impegni specifici dell’Ungheria e, per quanto riguarda l’istituzione di una presenza commerciale, prevista all’articolo I, paragrafo 2, lettera c), del GATS (in prosieguo: il «metodo di fornitura 3»), la menzione del termine «nulla» nella colonna relativa alle «limitazioni relative al trattamento nazionale» di cui all’articolo XVII di tale accordo implicano l’assenza di restrizioni nei confronti di tale impegno e, pertanto, un impegno integrale di detto Stato membro al riguardo.

96      In secondo luogo, tale istituzione fa valere che la condizione, menzionata dall’Ungheria nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato» di cui all’articolo XVI del GATS, secondo cui «[l]a creazione di istituti è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte delle autorità centrali», non può considerarsi riferita anche alla regola del trattamento nazionale, ai sensi dell’articolo XX, paragrafo 2, del GATS.

97      A tale riguardo, la Commissione fa valere anzitutto che tale condizione è formulata in modo talmente vago e generico da consentire di subordinare il conseguimento di tale autorizzazione a una qualsiasi condizione specifica, in violazione del tenore letterale dell’articolo XX, paragrafo 1, lettere a) e b), del GATS.Una condizione del genere, relativa al conseguimento di una previa autorizzazione, sarebbe peraltro tale da compromettere la finalità della sottoscrizione di impegni ai sensi degli articoli XVI e XVII del GATS, quale enunciata al secondo comma del preambolo del GATS e consistente nell’«espansione [del commercio dei servizi] in condizioni di trasparenza e di progressiva liberalizzazione». Inoltre, anche supponendo che tale condizione, contenuta nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», si applichi effettivamente al trattamento nazionale, essa, così come formulata, non può includere il requisito specifico previsto all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, secondo cui il governo ungherese e il governo dello Stato in cui è situata la sede dell’istituto di insegnamento superiore estero devono aver acconsentito ad essere vincolati da un accordo relativo al sostegno di principio concesso a detto istituto al fine dell’eventuale esercizio da parte di quest’ultimo di un’attività in Ungheria.

98      Inoltre, la Commissione fa valere che, conformemente alle linee direttrici per la redazione degli elenchi di impegni specifici nell’ambito dell’Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS), adottate dal Consiglio per gli scambi di servizi dell’OMC il 23 marzo 2001 (S/L/92), le prescrizioni in materia di autorizzazione non possono essere considerate limitazioni all’accesso al mercato ai sensi dell’articolo XVI del GATS. Di conseguenza, l’Ungheria non potrebbe rifugiarsi dietro il requisito relativo al rilascio di una previa autorizzazione per escludere l’esistenza di una violazione del principio del trattamento nazionale.

99      Infine, la Commissione fa valere che tale requisito non è una misura rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo XVI del GATS. Infatti, l’articolo XVI, paragrafo 2, di tale accordo elencherebbe in modo esaustivo le limitazioni rientranti nell’ambito di applicazione di tale articolo. Orbene, tale requisito non figurerebbe in tale elenco né sarebbe riconducibile ad alcuna delle misure ivi elencate.

100    La Commissione ne conclude che, per quanto riguarda la modalità di fornitura 3, l’Ungheria si è impegnata ad applicare ai prestatori di servizi di paesi terzi membri dell’OMC un trattamento non meno favorevole di quello che tale Stato membro concede ai propri prestatori nazionali.

101    L’Ungheria sostiene che, conformemente all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, la condizione che essa ha inserito nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», menzionata al punto 96 della presente sentenza, ha effetti anche sull’obbligo di trattamento nazionale.

102    Tale Stato membro fa inoltre valere che la formulazione, in termini generali, di tale condizione lo autorizza a mantenere un «sistema di licenza discrezionale» di cui potrebbe adattare liberamente le modalità, all’occorrenza limitando lo stabilimento dei prestatori stranieri, anche attraverso l’obbligo di previa conclusione di un accordo internazionale.

2)      Giudizio della Corte

103    Anzitutto, ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 1, del GATS, ogni membro dell’OMC è tenuto, nei settori inseriti nel proprio elenco di impegni specifici e fermi restando eventuali condizioni e requisiti indicati nello stesso, ad accordare ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro dell’OMC un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e fornitori di servizi nazionali.

104    Inoltre, conformemente all’articolo XVI, paragrafo 1, del GATS, per quanto concerne l’accesso al mercato attraverso le modalità di fornitura definite all’articolo I del GATS, ciascun membro dell’OMC è tenuto ad accordare ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro dell’OMC un trattamento non meno favorevole di quello previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle condizioni concordate e specificate nel suo elenco di impegni specifici.

105    Infine, l’articolo XX, paragrafo 1, del GATS precisa che ciascun membro dell’OMC è tenuto ad indicare, in un elenco, gli impegni specifici assunti ai sensi della parte III del GATS, nella quale rientrano, in particolare, gli articoli XVI e XVII. Per quanto concerne i settori nei quali vengono assunti gli impegni, ciascun elenco deve specificare termini, limitazioni e condizioni dell’accesso al mercato, nonché condizioni e requisiti per il trattamento nazionale. Tali elenchi di impegni specifici formano parte integrante del GATS.

106    Di conseguenza, dagli articoli XVI, XVII e XX del GATS risulta che l’elenco di impegni specifici proprio di un membro dell’OMC precisa gli impegni che quest’ultimo ha assunto per settore e per modalità di fornitura. Un siffatto elenco precisa, in particolare, i termini, le limitazioni e le condizioni relative alle «limitazioni all’accesso al mercato» nonché le condizioni e i requisiti relativi alle «limitazioni al trattamento nazionale». Tali precisazioni sono oggetto di due colonne distinte.

107    Peraltro, conformemente all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, le misure incompatibili con gli articoli XVI e XVII del GATS devono, a fini di semplificazione, essere inserite nella sola colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato» dell’elenco di impegni specifici del membro interessato, ritenendosi allora che tale iscrizione unica introduca anche in modo implicito una condizione o un requisito in materia di trattamento nazionale [v. la relazione del gruppo speciale dell’OMC, del 16 luglio 2012, intitolata «Cina – Determinate misure concernenti i servizi di pagamento elettronico» (WT/DS 413/R), adottata dal DSB il 31 agosto 2012, paragrafo 7.658].

108    Ne consegue che una condizione formalmente iscritta ai sensi del solo articolo XVI del GATS consente di derogare all’obbligo di trattamento nazionale previsto dall’articolo XVII solo nell’ipotesi in cui il tipo di misure da essa introdotto sia in contrasto tanto con l’obbligo previsto dall’articolo XVI quanto con quello previsto dall’articolo XVII del GATS [v. la relazione del gruppo speciale dell’OMC, del 16 luglio 2012, intitolata «Cina – Determinate misure concernenti i servizi di pagamento elettronico» (WT/DS 413/R), adottata dal DSB il 31 agosto 2012, paragrafo 7.658].

109    Nel caso di specie, l’elenco degli impegni specifici adottato dall’Ungheria (GATS/SC/40, del 15 aprile 1994) contiene, nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», per quanto riguarda i servizi di insegnamento superiore forniti attraverso una presenza commerciale, la condizione secondo cui la creazione di scuole è subordinata al rilascio di una previa autorizzazione da parte delle autorità centrali.

110    La colonna relativa alle «limitazioni al trattamento nazionale» contiene la menzione «nulla», per quanto riguarda il sottosettore dei servizi di insegnamento superiore.

111    Ciò premesso, occorre stabilire se la condizione relativa all’esistenza di una previa autorizzazione, menzionata al punto 109 della presente sentenza, contenuta nella colonna relativa alle «limitazioni all’accesso al mercato», sia o meno applicabile anche all’obbligo di trattamento nazionale previsto dall’articolo XVII del GATS.

112    A tal riguardo, dalla portata della regola di semplificazione di cui all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, come precisata al punto 108 della presente sentenza, deriva che una condizione può beneficiare di detta regola e, pertanto, applicarsi anche all’articolo XVII del GATS, solo se presenta carattere discriminatorio.

113    Orbene, si deve rilevare che, come risulta dalla formulazione stessa della condizione relativa all’esistenza di una previa autorizzazione, tale condizione è da considerarsi riferita a tutti gli istituti di insegnamento, indipendentemente dalla loro origine, cosicché essa non presenta alcun aspetto discriminatorio. Pertanto, la regola di cui all’articolo XX, paragrafo 2, del GATS non può trovare applicazione nel caso di specie. Ne consegue che detta condizione non consente all’Ungheria di far valere una deroga all’obbligo di trattamento nazionale previsto dall’articolo XVII del GATS.

114    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che è corretta l’affermazione della Commissione secondo cui l’iscrizione, da parte dell’Ungheria, dei servizi di insegnamento superiore a finanziamento privato nel suo elenco di impegni specifici e, per quanto riguarda la modalità di fornitura 3, l’iscrizione del termine «nulla» nella colonna relativa alle «limitazioni al trattamento nazionale» implicano l’assenza di restrizioni agli impegni di tale Stato membro ai sensi dell’articolo XVII del GATS per quanto riguarda tali servizi.

b)      Sulla modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali analoghi

1)      Argomenti delle parti

115    La Commissione sostiene che, poiché gli istituti di insegnamento superiore con sede in un paese membro dell’OMC diverso da quelli del SEE possono fornire servizi di insegnamento superiore in Ungheria a condizione che lo Stato in cui si trova la loro sede abbia concluso previamente con il governo ungherese un accordo internazionale, la normativa ungherese riserva a tali prestatori di servizi un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficiano sia i prestatori analoghi ungheresi sia quelli stabiliti in uno Stato del SEE, in violazione dell’obbligo di trattamento nazionale previsto all’articolo XVII del GATS.

116    Facendo riferimento al testo della legge sull’istruzione superiore, la Commissione aggiunge che il governo ungherese dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda il contenuto di tale accordo e la decisione di avviare negoziati in vista della sua conclusione. Di conseguenza, sarebbe consentito a tale governo rifiutare, anche per motivi arbitrari, di concludere un simile accordo anche quando lo Stato in cui si trova la sede del prestatore di servizi vi sia disposto.

117    L’Ungheria sostiene che il primo obiettivo del requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale è quello di intensificare gli sforzi diplomatici in materia di politica culturale. Il governo ungherese si sarebbe detto, a più riprese, pronto ad avviare negoziati e avrebbe fatto tutto il possibile per portarli a termine. Le firme di due convenzioni, una con lo Stato del Maryland (Stati Uniti) e l’altra con la Repubblica popolare cinese, intervenute successivamente alla modifica della legge sull’istruzione superiore, fornirebbero la prova che il provvedimento adottato non costituisce una condizione impossibile da soddisfare.

2)      Giudizio della Corte

118    In via preliminare, occorre rilevare che il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale, che richiede la conclusione di un accordo tra l’Ungheria e un altro Stato, non appartenente al SEE, può riguardare, in ogni caso, solo taluni prestatori esteri. Poiché tale requisito impone a tali prestatori esteri una condizione supplementare per fornire servizi di insegnamento superiore in Ungheria rispetto a quelli applicabili ai prestatori di servizi analoghi stabiliti in tale Stato membro o in un altro Stato membro del SEE, detto requisito introduce un trattamento formalmente diverso di tali categorie di prestatori, ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 3, del GATS.

119    Conformemente a tale disposizione, occorre pertanto stabilire se il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale, introducendo un trattamento formalmente diverso, modifichi le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori di servizi di insegnamento superiore stabiliti in Ungheria, o dei servizi che essi forniscono.

120    A tal riguardo, occorre rilevare che detto requisito, come formulato all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, implica che l’Ungheria dispone di un potere discrezionale, per quanto riguarda sia l’opportunità di concludere una convenzione siffatta sia il contenuto di quest’ultima. In tali circostanze, la possibilità, per gli istituti di insegnamento superiore aventi sede in uno Stato membro dell’OMC diverso da quelli del SEE, di esercitare le loro attività sul territorio ungherese è interamente subordinata al potere discrezionale delle autorità ungheresi.

121    Ne derivano svantaggi concorrenziali per i fornitori di servizi aventi sede in uno Stato membro dell’OMC non appartenente al SEE, cosicché il requisito dell’esistenza di un previo accordo internazionale modifica le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori ungheresi, in violazione dell’articolo XVII del GATS.

c)      Sulla giustificazione ai sensi dell’articolo XIV del GATS

1)      Argomenti delle parti

122    L’Ungheria sostiene che il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale è necessario al fine di mantenere l’ordine pubblico e di prevenire le pratiche ingannevoli. Infatti, tale requisito consentirebbe di assicurarsi che lo Stato in cui si trova la sede dell’istituto interessato consideri tale prestatore «degno di fiducia» e fornisca il proprio sostegno alla futura attività di tale istituto in Ungheria. Detto requisito consentirebbe inoltre di assicurarsi che l’istituto di cui trattasi rispetti la normativa dello Stato in cui è situata la sua sede e che, se del caso, impone il rispetto di talune condizioni al fine di poter esercitare un’attività in Ungheria.

123    Tale Stato membro fa inoltre valere che non esiste una soluzione alternativa, compatibile con le norme dell’OMC, che consenta di raggiungere gli obiettivi perseguiti dal legislatore ungherese.

124    In particolare, contrariamente a quanto prospettato dalla Commissione, non sarebbe realistico applicare agli istituti di insegnamento superiore esteri interessati la normativa nazionale pertinente allo stesso modo che agli istituti ungheresi.

125    La Commissione sostiene che il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale non è giustificabile in base ad alcuna delle eccezioni autorizzate dal GATS, in particolare quelle previste all’articolo XIV, lettera a) e lettera c), i) e ii) dello stesso.

126    A tal riguardo, l’Ungheria non avrebbe, più in particolare, fornito alcun elemento che consenta di suffragare la sua affermazione secondo cui tale requisito contribuisce al mantenimento dell’ordine pubblico, e neppure spiegato, in tale contesto, in cosa consista il rischio reale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società ungherese, né, del resto, avrebbe precisato in che modo tale requisito potrebbe rivelarsi necessario per conseguire l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine pubblico, ammesso che quest’ultimo sia dimostrato, e perché, in tal caso, non esistano soluzioni alternative meno restrittive.

127    Inoltre, la Commissione sostiene che, in ragione del potere discrezionale di cui dispone l’Ungheria per avviare negoziati con lo Stato in cui si trova la sede di un istituto di insegnamento superiore estero, lo stesso requisito non rispetta, ad ogni modo, la condizione prevista all’articolo XIV del GATS secondo cui i provvedimenti eventualmente giustificabili alla luce di tale articolo non devono essere applicati «in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi».

2)      Giudizio della Corte

128    In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo XIV del GATS prevede in particolare, al punto a) e al punto c), i), che nulla di quanto contenuto in tale accordo è inteso ad impedire l’adozione o l’applicazione di misure necessarie, da un lato, a salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico e, dall’altro, a garantire l’osservanza di leggi e regolamenti che non siano incompatibili con le disposizioni di detto accordo, ivi compresi quelli relativi alla prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al trattamento degli effetti di un’inadempienza rispetto a contratti di servizi.

129    Ciò premesso, occorre rilevare che i due obiettivi invocati dall’Ungheria, vale a dire, da un lato, quello relativo al mantenimento dell’ordine pubblico e, dall’altro, quello relativo alla prevenzione di pratiche ingannevoli, sono effettivamente presi in considerazione nel GATS.

130    In secondo luogo, per quanto riguarda l’esame del carattere giustificato del requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale alla luce dell’obiettivo del mantenimento dell’ordine pubblico, la nota a piè di pagina n. 5, inserita sotto l’articolo XIV, lettera a), del GATS, precisa che «[l]’eccezione in materia di ordine pubblico può essere invocata esclusivamente ove uno degli interessi fondamentali della società sia esposto ad un rischio reale e sufficientemente grave».

131    Orbene, l’Ungheria non ha presentato alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da parte di istituti aventi sede in uno Stato non facente parte del SEE costituirebbe, in mancanza di un simile accordo, un rischio reale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società ungherese.

132    Pertanto, si deve concludere che il requisito relativo alla conclusione di un previo accordo internazionale non può essere giustificato dall’argomento dell’Ungheria relativo al mantenimento dell’ordine pubblico.

133    In terzo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo relativo alla prevenzione delle pratiche ingannevoli, dall’argomentazione dell’Ungheria a tale titolo, riassunta al punto 122 della presente sentenza, risulta che l’Ungheria sembra ritenere che la conclusione di un previo accordo internazionale sia necessaria al fine di ottenere, da parte dello Stato terzo interessato, la garanzia che l’istituto di insegnamento superiore estero interessato sia affidabile e di prevenire così il verificarsi di rischi al riguardo.

134    Tale argomentazione non può tuttavia giustificare il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale.

135    Infatti, l’articolo XIV del GATS stabilisce che le eccezioni ivi elencate non possono essere applicate in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi.

136    Orbene, da un lato, occorre rilevare, come ha fatto in sostanza l’avvocato generale ai paragrafi 119 e 120 delle conclusioni, che il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale consente all’Ungheria di impedire arbitrariamente l’ingresso di un istituto nel suo mercato o il proseguimento delle attività di un istituto in tale mercato, dal momento che la conclusione di un simile accordo e, pertanto, il soddisfacimento di tale requisito dipendono, in definitiva, dalla mera volontà politica di tale Stato membro. Sotto tale aspetto, tale requisito si distingue fondamentalmente da una condizione secondo cui l’affidabilità di un istituto di insegnamento estero dovrebbe essere attestata da una dichiarazione unilaterale del governo dello Stato terzo in cui esso ha sede.

137    Dall’altro lato, nella parte in cui si applica a istituti di istruzione superiore esteri che erano già presenti nel mercato ungherese, il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale non è, in ogni caso, proporzionato, dal momento che l’obiettivo di prevenire le pratiche ingannevoli potrebbe essere più efficacemente raggiunto controllando le attività di tali istituti in Ungheria e, se del caso, vietando la prosecuzione di tali attività ai soli di essi riguardo ai quali sia stato possibile dimostrare l’adozione di simili pratiche.

138    Ciò considerato, il requisito relativo alla conclusione di un previo accordo internazionale non può essere giustificato dall’argomento dell’Ungheria basato sulla prevenzione delle pratiche ingannevoli.

139    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS.

2.      Sul requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato

a)      Sull’articolo XVII del GATS

140    In via preliminare, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, su cui verte l’addebito della Commissione, impone all’istituto di insegnamento superiore estero che intenda esercitare un’attività in Ungheria di offrire una formazione nello Stato in cui esso ha sede, indipendentemente dal fatto che tale Stato sia uno Stato membro o uno Stato terzo e, dall’altro, che l’argomentazione presentata dalla Commissione a sostegno di tale addebito riguarda il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, senza distinguere a seconda che tale requisito si applichi a istituti di istruzione esteri che hanno sede in uno Stato membro o in uno Stato terzo. Tuttavia, dato che, come risulta da quanto esposto al punto 73 della presente sentenza, l’articolo XVII del GATS rientra nella politica commerciale comune, tale disposizione è pertinente ai fini dell’esame di questo addebito solo nei limiti in cui detto requisito si applichi a istituti di insegnamento superiore aventi sede in uno Stato terzo membro dell’OMC.

141    Precisata, al punto 114 della presente sentenza, la portata degli impegni dell’Ungheria ai sensi dell’articolo XVII del GATS per quanto riguarda i servizi di insegnamento superiore, occorre esaminare se il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, laddove si tratti di uno Stato terzo membro dell’OMC, modifichi le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali analoghi o dei servizi che essi forniscono, in violazione di questa stessa disposizione, e, in caso di risposta affermativa, esaminare gli argomenti dell’Ungheria intesi a giustificare detta modifica sulla base di una delle eccezioni previste all’articolo XIV del GATS.

1)      Sulla modifica delle condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali analoghi

i)      Argomenti delle parti

142    La Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato modifica le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori nazionali e, pertanto, che esso è contrario all’obbligo di trattamento nazionale che l’Ungheria è tenuta a rispettare integralmente in forza dell’articolo XVII del GATS.

143    Più precisamente, la Commissione fa valere che il GATS non subordina il riconoscimento della qualità di prestatore che beneficia dei diritti garantiti da tale accordo alla condizione di fornire servizi nel paese d’origine. Pertanto, poiché tale requisito avrebbe l’effetto di impedire ai prestatori di servizi esteri di creare inizialmente un istituto in Ungheria, esso sarebbe discriminatorio nei loro confronti.

144    L’Ungheria rinvia, mutatis mutandis, all’argomentazione da essa sviluppata con riferimento al requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale.

ii)    Giudizio della Corte

145    In via preliminare, occorre ricordare che, come risulta dal punto 114 della presente sentenza, l’Ungheria si è impegnata, ai sensi dell’articolo XVII del GATS, a garantire un trattamento nazionale integrale per quanto riguarda la presenza commerciale di prestatori di servizi di insegnamento superiore.

146    Orbene, si deve rilevare che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato si riferisce specificamente ai prestatori con sede all’estero.

147    Occorre, di conseguenza, determinare se il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, introducendo tale trattamento formalmente diverso, modifichi le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori ungheresi o dei servizi da essi forniti rispetto ai fornitori di servizi analoghi che hanno la loro sede in qualunque Stato terzo membro dell’OMC o ai servizi che questi ultimi forniscono.

148    A tal riguardo, occorre rilevare che i prestatori di servizi di insegnamento superiore con sede in uno Stato terzo membro dell’OMC che intendano stabilirsi in Ungheria sono tenuti a creare previamente un istituto in tale Stato terzo e a offrire effettivamente in quest’ultimo una formazione di insegnamento superiore.

149    Ne deriva uno svantaggio concorrenziale per i fornitori di servizi stranieri interessati, cosicché il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato modifica le condizioni di concorrenza a favore dei prestatori ungheresi analoghi.

2)      Sull’esistenza di una giustificazione

i)      Argomenti delle parti

150    Al fine di giustificare una siffatta modifica delle condizioni di concorrenza, l’Ungheria invoca, da un lato, l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine pubblico e, dall’altro, quello relativo alla prevenzione di pratiche ingannevoli.

151    La Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non è giustificabile in base ad alcuno di tali obiettivi. Essa fa valere, più specificamente, che l’Ungheria non avrebbe fornito alcun elemento che consenta di suffragare la sua affermazione secondo cui tale requisito contribuisce al mantenimento dell’ordine pubblico, né avrebbe spiegato in cosa consista il rischio reale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società ungherese, né, del resto, avrebbe precisato in che modo tale requisito potrebbe rivelarsi necessario per conseguire l’obiettivo relativo al mantenimento dell’ordine pubblico, ammesso che quest’ultimo sia dimostrato, e perché, in tal caso, non esistano soluzioni alternative meno restrittive.

ii)    Giudizio della Corte

152    Come emerge dai punti 128 e 129 della presente sentenza, i due obiettivi invocati dall’Ungheria, vale a dire, da un lato, quello relativo al mantenimento dell’ordine pubblico e, dall’altro, quello relativo alla prevenzione di pratiche ingannevoli sono effettivamente presi in considerazione, rispettivamente, all’articolo XIV, lettera a), e all’articolo XIV, lettera c), i), del GATS.

153    A tal riguardo, l’Ungheria rinvia, senza suffragarla ulteriormente, alla sua argomentazione riguardante il requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale.

154    Orbene, occorre rilevare che, così facendo, l’Ungheria non ha presentato alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da parte di istituti con sede in uno Stato non facente parte del SEE costituirebbe, laddove simili istituti non offrano una formazione nello Stato in cui hanno sede, un rischio reale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società ungherese che consenta a detto Stato membro di invocare una giustificazione vertente sul mantenimento dell’ordine pubblico.

155    Parimenti, limitandosi in tal senso a rinviare alla sua argomentazione relativa al requisito relativo all’esistenza di un previo accordo internazionale, l’Ungheria non ha fornito alcun elemento concreto idoneo a dimostrare in che modo il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato sarebbe necessario al fine di prevenire le pratiche ingannevoli.

156    Pertanto, si deve concludere che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria, laddove tale disposizione si applica ad istituti di istruzione superiore aventi sede in uno Stato terzo membro dell’OMC, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS.

b)      Sull’articolo 49 TFUE

1)      Sull’applicabilità dell’articolo 49 TFUE

i)      Argomenti delle parti

157    L’Ungheria fa valere, in via principale, che non possono essere qualificate come «attività economica», ai sensi del Trattato FUE, le formazioni offerte da istituti di insegnamento finanziati, essenzialmente, da fondi privati quando, come nel caso della CEU, è lo stesso prestatore di servizi a finanziare l’attività di insegnamento. Ne deriverebbe che l’articolo 49 TFUE non è applicabile al caso di specie.

158    La Commissione sostiene, al contrario, che i servizi di istruzione superiore forniti dietro corrispettivo da istituti privati costituiscono «servizi» ai sensi del Trattato FUE. Di conseguenza, gli istituti privati che esercitano in Ungheria in maniera stabile e continuativa attività di insegnamento e di ricerca scientifica sarebbero legittimati ad avvalersi del diritto alla libertà di stabilimento, in forza dell’articolo 49 TFUE.

ii)    Giudizio della Corte

159    L’articolo 49, paragrafo 1, TFUE dispone che, nel quadro delle disposizioni contenute nel capo 2 del titolo IV della terza parte del Trattato FUE, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro sono vietate.

160    A tale riguardo, occorre anzitutto rilevare che la Corte ha dichiarato che l’organizzazione, dietro corrispettivo, di corsi di insegnamento superiore è un’attività economica che rientra in detto capo 2 quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e continuativa, a partire da un centro di attività principale o secondario in quest’ultimo Stato membro (sentenza del 13 novembre 2003, Neri, C‑153/02, EU:C:2003:614, punto 39).

161    Nel caso di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore è applicabile agli istituti di insegnamento superiore, senza che sia effettuata alcuna distinzione a seconda che tali istituti offrano dietro corrispettivo o meno le proprie formazioni finalizzate al rilascio di una laurea.

162    Inoltre, la Corte ha dichiarato che rientra nella libertà di stabilimento una situazione in cui una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro nel quale ha la sua sede sociale desideri creare una succursale in un altro Stato membro, quand’anche detta società sia stata costituita, nel primo Stato membro, al solo scopo di stabilirsi nel secondo, nel quale essa svolgerebbe l’essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 38).

163    Di conseguenza, il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE laddove tale requisito si applichi a un istituto di insegnamento superiore con sede in uno Stato membro diverso dall’Ungheria e che offre in quest’ultimo Stato una formazione dietro corrispettivo.

2)      Sull’esistenza di una restrizione

i)      Argomenti delle parti

164    Secondo la Commissione, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, il requisito secondo cui gli istituti di insegnamento superiore interessati sono tenuti, in applicazione dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, a soddisfare condizioni specifiche nello Stato membro della loro sede per poter creare un altro istituto in Ungheria.

165    In particolare, uno Stato membro non potrebbe negare a un ente giuridico il beneficio dei vantaggi connessi alla libertà di stabilimento con la motivazione che esso non esercita alcuna attività economica nello Stato membro in cui è stato costituito.

166    L’Ungheria sostiene, in subordine, che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non restringe la libertà di stabilimento. Infatti, tale requisito sarebbe connesso all’esercizio di un’attività, e non alla costituzione di società. In particolare, esso non impedirebbe ad un istituto di insegnamento superiore estero di creare, ad esempio, nell’ambito di uno stabilimento secondario, una succursale in Ungheria. Esso non limiterebbe neppure la scelta della forma giuridica dell’istituto e prevedrebbe soltanto, per quanto riguarda i prestatori di servizi già stabiliti in Ungheria tramite uno stabilimento secondario, una condizione relativa all’esercizio di un’attività di insegnamento superiore.

ii)    Giudizio della Corte

167    Per consolidata giurisprudenza, devono essere considerati restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (sentenza del 6 settembre 2012, Commissione/Portogallo, C‑38/10, EU:C:2012:521, punto 26).

168    Nel caso di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore impone che i fornitori di servizi interessati che intendano fornire in Ungheria servizi di insegnamento superiore mediante un centro di attività stabile impartiscano effettivamente una formazione di insegnamento superiore nello Stato in cui hanno sede.

169    Orbene, un requisito del genere è tale da rendere meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento in Ungheria per i cittadini di un altro Stato membro che desiderino stabilirsi in Ungheria al fine di fornirvi servizi di insegnamento superiore.

170    Di conseguenza, il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

3)      Sull’esistenza di una giustificazione

i)      Argomenti delle parti

171    L’Ungheria sostiene anzitutto che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato è necessario al fine di mantenere l’ordine pubblico e di prevenire le pratiche ingannevoli. Tale requisito sarebbe inoltre necessario per garantire la qualità dell’offerta di insegnamento da parte degli istituti interessati in Ungheria, tanto più che i diplomi rilasciati da questi ultimi sono documenti ufficiali produttivi di effetti giuridici.

172    Tale Stato membro fa poi valere che detto requisito è uno strumento che consente di garantire in modo adeguato il rispetto di tali obiettivi, in quanto l’autorità competente sarebbe così in grado di appurare che esiste un’attività effettiva e legale nel paese in cui ha sede il prestatore di servizi, e ciò allo scopo di garantire un insegnamento universitario di elevato livello di qualità in Ungheria.

173    Ciò premesso, l’Ungheria osserva che le sue autorità si limitano, in pratica, ad esaminare l’attività di insegnamento superiore, i diplomi già rilasciati, la formazione attestata da tali diplomi, vale a dire le condizioni e il programma di insegnamento, nonché le qualifiche del corpo docente che assicura tale insegnamento.

174    Infine, non esisterebbe una misura meno restrittiva, in quanto l’obiettivo consistente nel garantire formazioni dell’insegnamento superiore di alto livello potrebbe essere realizzato solo esaminando l’attività svolta nello Stato in cui l’istituto ha sede. In ogni caso, poiché l’insegnamento superiore non è stato oggetto di un’armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri disporrebbero di un notevole margine di manovra al riguardo.

175    La Commissione sostiene anzitutto che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non è idoneo a soddisfare alcuno degli obiettivi invocati dall’Ungheria. Infatti, l’Ungheria non avrebbe dedotto alcun argomento convincente quanto ai motivi per i quali tale requisito sarebbe giustificato e proporzionato rispetto a tali obiettivi, né avrebbe indicato in cosa consisterebbero gli abusi che esso consentirebbe di impedire.

176    La Commissione fa valere, in particolare, che detto requisito è inadeguato, in quanto il livello di qualità dell’insegnamento offerto nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non fornirebbe alcuna indicazione sulla qualità del servizio fornito in Ungheria. Inoltre, se il suo obiettivo fosse veramente quello di prevenire le frodi e gli abusi, l’Ungheria avrebbe dovuto adottare norme specifiche al riguardo.

177    Infine, il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato sarebbe sproporzionato. Infatti, lo scambio di informazioni con gli organismi di garanzia della qualità e/o autorizzazione dello Stato in cui ha sede l’istituto di insegnamento interessato, come prospettato dalle conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla garanzia della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione (GU 2014, C 183, pag. 30), e la cooperazione rafforzata all’interno del SEE tra autorità dell’insegnamento superiore costituirebbero soluzioni alternative meno restrittive.

ii)    Giudizio della Corte

178    Come risulta da giurisprudenza costante della Corte, una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo a condizione, in primo luogo, di essere giustificata da una ragione imperativa di interesse generale e, in secondo luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che essa sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C‑179/14, EU:C:2016:108, punto 166).

179    Inoltre, spetta allo Stato membro interessato dimostrare che queste condizioni cumulative sono soddisfatte [sentenza dell’18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 77].

180    Nel caso di specie, l’Ungheria invoca, in primo luogo, la necessità di mantenere l’ordine pubblico.

181    A tal riguardo, occorre ricordare anzitutto che, nell’ambito delle libertà fondamentali garantite dai Trattati, i motivi di ordine pubblico possono essere invocati solo in presenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società (sentenza del 19 giugno 2008, Commissione/Lussemburgo, C‑319/06, EU:C:2008:350, punto 50).

182    Orbene, l’Ungheria si limita ad affermare che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato consente all’autorità competente di accertare che esiste un’attività reale e legale nel paese in cui ha sede il prestatore di servizi interessato. Come è stato rilevato al punto 154 della presente sentenza, essa non ha presentato alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da parte di tali istituti costituirebbe, in caso di mancato rispetto di tale requisito, una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società ungherese.

183    Pertanto, si deve concludere che l’esistenza di una siffatta minaccia non è dimostrata nel caso di specie.

184    In secondo luogo, l’Ungheria invoca l’obiettivo consistente nel prevenire le pratiche ingannevoli. Senza suffragare ulteriormente il suo argomento, tale Stato membro sembra ritenere che l’accesso degli istituti di insegnamento superiore esteri al mercato ungherese comporti il rischio che siffatte pratiche si sviluppino.

185    Orbene, basandosi su una presunzione generale, l’Ungheria non dimostra, nonostante l’onere della prova gravante sulla stessa, ricordato al punto 179 della presente sentenza, in cosa consista concretamente un siffatto rischio, né come il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato consentirebbe di prevenirlo.

186    In ogni caso, e come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 185 delle sue conclusioni, l’Ungheria non ha spiegato perché l’obiettivo di prevenzione di pratiche ingannevoli non potrebbe essere conseguito se fosse consentito ad un fornitore che non offra previamente una formazione di insegnamento superiore nello Stato membro in cui ha sede di dimostrare con ogni altro mezzo che esso rispetta la normativa di tale Stato e presenta peraltro carattere affidabile.

187    In terzo luogo, l’obiettivo, invocato dall’Ungheria, consistente nel garantire un livello elevato della qualità dell’insegnamento superiore può certamente giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2003, Neri, C‑153/02, EU:C:2003:614, punto 46).

188    Occorre tuttavia rilevare che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non contiene alcuna precisazione quanto al livello richiesto della qualità dell’insegnamento che l’istituto straniero impartisce nello Stato membro in cui ha sede e che, del resto, esso non fornisce alcuna indicazione sulla qualità dell’insegnamento che sarà dispensato in Ungheria, cosicché esso non è, in ogni caso, idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo.

189    Dalle considerazioni che precedono risulta che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato non può essere giustificato dall’argomentazione dell’Ungheria fondata sul mantenimento dell’ordine pubblico, né da quella fondata su motivi imperativi di interesse generale relativi alla prevenzione delle pratiche ingannevoli e alla necessità di garantire un livello elevato della qualità dell’insegnamento superiore.

190    Pertanto, si deve concludere che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria, nella parte in cui tale disposizione si applica ad istituti di insegnamento superiore che hanno sede in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE.

c)      Sull’articolo 16 della direttiva 2006/123 e, in subordine, sull’articolo 56 TFUE

1)      Sull’applicabilità della direttiva 2006/123

i)      Argomenti delle parti

191    L’Ungheria sostiene che non possono essere qualificate come «attività economica», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123, le formazioni offerte da istituti di insegnamento finanziati, essenzialmente, con fondi privati quando, come nel caso della CEU, è lo stesso prestatore di servizi a finanziare l’attività didattica. Detta direttiva non sarebbe pertanto applicabile nel caso di specie.

192    La Commissione sostiene che, conformemente all’articolo 2 della direttiva 2006/123, nonché all’articolo 4, punto 1, di quest’ultima, il quale rinvia alla definizione di servizi contenuta nel Trattato FUE, l’ambito di applicazione di tale direttiva include le attività di insegnamento e le formazioni che sono essenzialmente finanziate mediante partecipazioni finanziarie private. Di conseguenza, gli istituti privati che esercitano temporaneamente in Ungheria attività didattiche e di ricerca scientifica sarebbero legittimati ad avvalersi del diritto alla libera prestazione dei servizi ai sensi di detta direttiva.

ii)    Giudizio della Corte

193    A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, quest’ultima si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

194    Ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva, per «servizio» si intende qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE fornita normalmente dietro retribuzione.

195    Nel caso di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore riguarda in generale le prestazioni di servizi di insegnamento che possono essere esercitate dagli istituti di insegnamento superiore esteri in Ungheria e, pertanto, anche l’offerta di corsi di formazione dietro retribuzione. Orbene, tale offerta costituisce un’«attività economica», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123. Quest’ultima è pertanto applicabile nel caso di specie

2)      Sull’esistenza di una restrizione

i)      Argomenti delle parti

196    La Commissione sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato in cui ha sede l’istituto interessato, in quanto riguarda anche gli istituti di insegnamento superiore che intendano fornire in Ungheria servizi transfrontalieri, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, garantita dall’articolo 16 della direttiva 2006/123. In subordine, la Commissione sostiene che tale requisito viola l’articolo 56 TFUE.

197    L’Ungheria contesta tale argomentazione.

ii)    Giudizio della Corte

198    In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/123, lo Stato membro in cui è prestato il servizio garantisce, in particolare, il libero esercizio dell’attività di servizi nel suo territorio.

199    Nel caso di specie, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore impone che gli istituti di insegnamento superiore offrano una formazione di insegnamento superiore nello Stato in cui hanno sede.

200    Considerato alla luce della direttiva 2006/123, un requisito siffatto, in quanto impone ai prestatori di servizi aventi sede in un altro Stato membro una condizione supplementare, è idoneo a limitare il loro diritto al libero esercizio di attività di insegnamento superiore in Ungheria, nell’ipotesi in cui essi desiderino esercitare la loro attività dapprima in Ungheria anziché nello Stato membro della propria sede, così come in quella in cui essi intendano esercitare una simile attività esclusivamente in Ungheria.

3)      Sull’esistenza di una giustificazione

i)      Argomenti delle parti

201    L’Ungheria sostiene che il requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato membro in cui ha sede l’istituto interessato è necessario al fine di mantenere l’ordine pubblico. A tal riguardo, l’Ungheria rinvia, mutatis mutandis, alla sua argomentazione relativa al motivo vertente su una violazione dell’articolo 49 TFUE.

202    La Commissione ritiene che l’Ungheria non abbia dimostrato che i servizi di insegnamento forniti temporaneamente dagli istituti di istruzione superiore stabiliti in uno Stato membro incidessero sull’ordine pubblico in Ungheria, come richiederebbe tuttavia l’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

ii)    Giudizio della Corte

203    Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, lo Stato membro in cui il prestatore si reca ha la facoltà di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati, in particolare, da motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza nonché in conformità del paragrafo 1 di detto articolo 16.

204    Occorre tuttavia ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 181 della presente sentenza, alla quale rinvia il considerando 41 della direttiva 2006/123, i motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza presuppongono, in particolare, l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. Orbene, come è stato rilevato ai punti 154 e 182 della presente sentenza, l’Ungheria non ha dedotto alcun argomento idoneo a dimostrare, in modo concreto e circostanziato, in che modo l’esercizio, nel suo territorio, di un’attività di insegnamento superiore da parte di istituti aventi sede in un altro Stato membro costituirebbe, in mancanza del rispetto del requisito relativo all’offerta di una formazione nello Stato membro in cui ha sede l’istituto interessato, una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società ungherese.

205    Pertanto, si deve ritenere che tale requisito non possa essere giustificato alla luce dell’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

206    Da quanto precede discende che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria, nella parte in cui tale disposizione si applica ad istituti di insegnamento superiore che hanno sede in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 16 della direttiva 2006/123. Di conseguenza, non occorre esaminare se tale Stato membro abbia violato l’articolo 56 TFUE, in quanto tale violazione è stata dedotta dalla Commissione solo in via subordinata.

207    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in uno Stato terzo membro dell’OMC, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS e, nella parte in cui essa si applica a istituti di insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 16 della direttiva 2006/123.

3.      Sull’articolo 13, sull’articolo 14, paragrafo 3 e sull’articolo 16 della Carta

a)      Sull’applicabilità della Carta

1)      Argomenti delle parti

208    La Commissione fa valere che, quando gli Stati membri adempiono gli obblighi ad essi incombenti in forza di accordi internazionali conclusi dall’Unione, quali il GATS, essi «attuano il diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché sono tenuti a rispettare le disposizioni di quest’ultima.

209    Peraltro, poiché l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore limita le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, dalla direttiva 2006/123 e dal GATS, tale disposizione dovrebbe essere compatibile con la Carta.

210    L’Ungheria sostiene che, da un lato, una misura nazionale che viola gli impegni assunti dagli Stati membri nell’ambito del GATS non può considerarsi rientrante nell’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

211    Dall’altro lato, poiché, secondo tale Stato membro, né le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera prestazione dei servizi né le disposizioni della direttiva 2006/123 si applicano nel caso di specie e, di conseguenza, le misure controverse non sarebbero costitutive di una restrizione che viola le libertà fondamentali sancite dal Trattato FUE o dalla direttiva 2006/123, esse non rientrerebbero nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ragion per cui la Carta sarebbe priva di pertinenza.

2)      Giudizio della Corte

212    L’ambito di applicazione della Carta, relativamente all’operato degli Stati membri, è definito nel suo articolo 51, paragrafo 1, secondo cui le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri «esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione».

213    Nel caso di specie, da un lato, come rilevato al punto 71 della presente sentenza, il GATS fa parte del diritto dell’Unione. Ne consegue che, quando gli Stati membri adempiono gli obblighi derivanti da tale accordo, ivi compreso quello imposto dall’articolo XVII, paragrafo 1, dello stesso, si deve ritenere che essi attuino il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

214    Dall’altro, quando uno Stato membro sostiene che una misura di cui esso è l’autore, e che restringe una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, è giustificata da una ragione imperativa di interesse generale riconosciuta dal diritto dell’Unione, si deve ritenere che una simile misura attui il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché essa deve essere conforme ai diritti fondamentali sanciti da quest’ultima [sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 101 e giurisprudenza ivi citata]. Lo stesso è a dirsi per quanto attiene all’articolo16, della direttiva 2006/123.

215    Di conseguenza, le misure controverse devono essere conformi ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

216    In tali circostanze, occorre esaminare se tali misure limitino i diritti fondamentali invocati dalla Commissione e, in caso affermativo, se esse siano nondimeno giustificate, come sostiene l’Ungheria.

b)      Sull’esistenza di limitazioni ai diritti fondamentali interessati

1)      Argomenti delle parti

217    Secondo la Commissione, le misure controverse incidono, in primo luogo, sulla libertà accademica, garantita dall’articolo 13 della Carta, e, in secondo luogo, sulla libertà di creare istituti di insegnamento nonché sulla libertà d’impresa, sancite rispettivamente all’articolo 14, paragrafo 3, della Carta e all’articolo 16 della stessa.

218    Per quanto riguarda la libertà accademica, tale istituzione ritiene che dette misure incidano sulla facoltà degli istituti di insegnamento superiore esteri interessati di condurre liberamente lavori di ricerca in Ungheria nonché di diffondere le conoscenze e i risultati scientifici.

219    Per quanto riguarda la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà d’impresa, la Commissione ritiene che le misure controverse restringano il diritto dei singoli di esercitare un’attività commerciale e il diritto delle imprese di beneficiare di una certa stabilità per quanto riguarda la loro attività.

220    L’Ungheria fa valere, con riferimento alla libertà accademica, che il fatto che un istituto di insegnamento superiore debba adempiere determinati obblighi giuridici non incide né sulla libertà accademica dell’istituto interessato, né su quella del suo personale. Infatti, obblighi del genere non avrebbero inevitabilmente un’incidenza sulla facoltà di esercitare attività scientifiche, né da un punto di vista istituzionale né da un punto di vista personale.

221    Per quanto riguarda la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà d’impresa, l’Ungheria non contesta, in sostanza, il fatto che le misure controverse limitino l’esercizio della prima di esse.

2)      Giudizio della Corte

222    Per quanto riguarda, in primo luogo, la libertà accademica, essa è sancita in termini generali dall’articolo 13, seconda frase, della Carta, a termini del quale «[l]a libertà accademica è rispettata».

223    Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo, della Carta, occorre attribuire ai diritti sanciti nella stessa e corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e, quanto meno, la stessa portata di quelli conferiti dalla suddetta Convenzione.

224    È vero che il testo della CEDU non fa riferimento alla libertà accademica. Tuttavia, si evince dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che tale libertà è associata, in particolare, al diritto alla libertà di espressione sancito dall’articolo 10 della CEDU (Corte EDU, 15 aprile 2014, Hasan Yazıcı c. Turchia, CE:ECHR:2014:0415JUD004087707, §§ 55 e 69, e Corte EDU, 27 maggio 2014, Mustafa Erdoğan e altri c. Turchia, CE:ECHR:2014:0527JUD000034604, §§ 40 e 46), il che è confermato anche dal commento relativo all’articolo 13 della Carta contenuto nelle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17).

225    In tale ottica specifica, la libertà accademica, nella ricerca così come nell’insegnamento, deve garantire la libertà di espressione e di azione, la libertà di comunicare informazioni così come quella di ricercare e di diffondere senza restrizioni il sapere e la verità, con la precisazione che tale libertà non è limitata alla ricerca accademica o scientifica, ma si estende anche alla libertà delle università di esprimere liberamente i loro punti di vista e le loro opinioni (Corte EDU, 27 maggio 2014, Mustafa Erdoğan e altri c. Turchia, CE:ECHR:2014:0527JUD000034604, § 40).

226    Ciò premesso, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 145 e 146 delle sue conclusioni, la nozione di «libertà accademica» deve essere intesa in modo più ampio.

227    A tal riguardo, la Corte considera utile, al fine di chiarire i diversi elementi propri della libertà accademica e di determinare se le misure controverse costituiscano limitazioni a tale libertà, prendere in considerazione il contenuto della raccomandazione 1762 (2006), adottata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 30 giugno 2006 e intitolata «Libertà accademica e autonomia delle università», da cui risulta che la libertà accademica presenta anche una dimensione istituzionale e organizzativa, dato che il collegamento ad un’infrastruttura rappresenta una condizione essenziale per l’esercizio delle attività di insegnamento. È altresì pertinente il punto 18 della raccomandazione relativa alla condizione del personale docente di istruzione superiore, adottata l’11 novembre 1997 dalla Conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), riunita a Parigi dal 21 ottobre al 12 novembre 1997 nella sua 29ª sessione, a termini del quale «[l]’autonomia è l’espressione istituzionale delle libertà accademiche e una condizione necessaria affinché i docenti e gli istituti di insegnamento superiore possano svolgere le funzioni ad essi affidate». Il punto 19 di tale raccomandazione precisa che «[è] dovere degli Stati membri tutelare l’autonomia degli istituti di insegnamento superiore contro ogni minaccia, da ovunque essa provenga».

228    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che le misure controverse possano mettere a repentaglio l’attività accademica degli istituti di insegnamento superiore esteri interessati nel territorio ungherese e, pertanto, privare gli universitari interessati dell’infrastruttura autonoma necessaria alla conduzione delle loro ricerche scientifiche e all’esercizio delle loro attività pedagogiche. Di conseguenza, dette misure sono idonee a limitare la libertà accademica tutelata all’articolo 13 della Carta.

229    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà d’impresa, esse sono sancite rispettivamente all’articolo 14, paragrafo 3, della Carta e all’articolo 16 della stessa.

230    In forza dell’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, la libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici deve essere rispettata secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.

231    L’articolo 16 della Carta prevede peraltro che la libertà d’impresa dev’essere riconosciuta conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.

232    In via preliminare, occorre rilevare che, come risulta dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, la libertà di creare istituti di insegnamento, pubblici o privati, è garantita come uno degli aspetti della libertà d’impresa, ragion per cui occorre esaminare tali libertà congiuntamente.

233    A tal riguardo, occorre rilevare che le misure controverse sono, a seconda dei casi, tali da rendere incerta o da escludere la possibilità stessa di creare in Ungheria un istituto di insegnamento superiore o di continuare a gestirvi un simile istituto già esistente.

234    Di conseguenza, si deve ritenere che dette misure limitino sia la libertà di creare istituti di insegnamento garantita all’articolo 14, paragrafo 3, della Carta sia la libertà d’impresa sancita all’articolo 16 di quest’ultima.

c)      Sull’esistenza di una giustificazione

1)      Argomenti delle parti

235    L’Ungheria sostiene che le misure controverse sono giustificate alla luce dei requisiti enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

236    Per quanto riguarda, in particolare, la libertà di creare istituti di insegnamento e la libertà d’impresa, tale Stato membro fa valere che queste ultime devono essere esercitate nel rispetto dei principi democratici e nell’ambito delle disposizioni nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Pertanto, a uno Stato membro non potrebbe rimproverarsi alcuna limitazione illegittima qualora esso disciplini un’attività economica allo scopo di consentire ad altri soggetti di diritto di esercitare tali libertà.

237    La Commissione sostiene che le limitazioni che le misure controverse apportano alle libertà sancite rispettivamente all’articolo 13, all’articolo 14, paragrafo 3, e all’articolo 16 della Carta non risultano giustificate alla luce dei requisiti enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

238    Infatti, l’Ungheria non dimostrerebbe, nel caso di specie, che le limitazioni apportate dalle misure controverse alla libertà accademica e alla libertà di creare istituti di insegnamento rispondano a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, né che tali limitazioni siano proporzionate.

2)      Giudizio della Corte

239    L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta prevede che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta debbano essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

240    Nel caso di specie, la Corte ha considerato, ai punti 132, 138, 154, 155 e 189 della presente sentenza, che le misure controverse non erano giustificate da alcuna delle finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione che l’Ungheria ha invocato.

241    Ne consegue che tali misure, che apportano limitazioni ai diritti sanciti rispettivamente dall’articolo 13, dall’articolo 14, paragrafo 3, e dall’articolo 16 della Carta, come dichiarato dalla Corte ai punti 228 e 234 della presente sentenza, non rispondono, in ogni caso, a tali obiettivi di interesse generale.

242    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che, adottando le misure controverse, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta.

243    Tenuto conto dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve dichiarare che:

–        adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS;

–        adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in uno Stato terzo membro dell’OMC, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS e, nella parte in cui essa si applica a istituti di insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 16 della direttiva 2006/123, e

–        adottando le misure controverse, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta.

 Sulle spese

244    A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, l’Ungheria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), del Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011, relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale), che subordina l’esercizio, in Ungheria, di un’attività di formazione finalizzata al rilascio di una laurea da parte degli istituti di insegnamento superiore esteri situati al di fuori dello Spazio economico europeo alla condizione che il governo ungherese e il governo dello Stato in cui ha sede l’istituto interessato abbiano acconsentito ad essere vincolati da un accordo internazionale, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo XVII dell’Accordo generale sugli scambi di servizi, che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech e approvato dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994).

2)      Adottando la misura prevista all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), del Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011, relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale), che subordina l’esercizio, in Ungheria, dell’attività degli istituti di insegnamento superiore esteri alla condizione che essi offrano una formazione di insegnamento superiore nello Stato in cui hanno sede, l’Ungheria è venuta meno, nella parte in cui tale disposizione si applica a istituti di insegnamento superiore che hanno sede in uno Stato terzo membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII dell’Accordo generale sugli scambi di servizi, che figura all’allegato 1 B dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech e approvato dalla decisione 94/800, e, nella parte in cui essa si applica a istituti di insegnamento superiore aventi sede in un altro Stato membro, agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 16 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.

3)      Adottando le misure previste all’articolo 76, paragrafo 1, lettere a) e b), del Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011, relativa all’istruzione superiore nazionale), come modificato dal Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017, recante modifica alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale), l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

4)      L’Ungheria è condannata alle spese.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.