SENTENZA DELLA CORTE (Grande
Sezione)
10
novembre 2020(*)
«Inadempimento
di uno Stato – Ambiente – Direttiva 2008/50/CE – Qualità
dell’aria ambiente – Articolo 13, paragrafo 1, e allegato XI –
Superamento sistematico e continuato dei valori limite applicabili alle
microparticelle (PM10) in determinate zone e agglomerati italiani –
Articolo 23, paragrafo 1 – Allegato XV – Periodo di superamento “il
più breve possibile” – Misure appropriate»
Nella
causa C‑644/18,
avente
ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE,
proposto il 13 ottobre 2018,
Commissione
europea,
rappresentata inizialmente da G. Gattinara e da K. Petersen,
successivamente da M. Gattinara e E. Manhaeve, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Repubblica
italiana,
rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
F. De Luca e P. Gentili, avvocati dello Stato,
convenuta,
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta
da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot,
A. Arabadjiev, A. Prechal, N. Piçarra e A. Kumin
(relatore), presidenti di sezione, E. Juhász, M. Safjan,
D. Šváby, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe, C. Lycourgos
e P.G. Xuereb, giudici,
avvocato
generale: M. Szpunar
cancelliere:
A. Calot Escobar
vista la
fase scritta del procedimento,
vista la
decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la
causa senza conclusioni,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con
il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la
Repubblica italiana,
– avendo
superato, in maniera sistematica e continuata, i valori di concentrazione di
PM10 (in prosieguo: i «valori limite fissati per il PM10»), superamento che è
tuttora in corso,
– quanto
al valore limite giornaliero
– a
partire dal 2008, nelle seguenti zone: IT1212 (valle del Sacco); IT1215
(agglomerato di Roma); IT1507 (ex zona IT1501, zona di risanamento – area
Napoli e Caserta); IT0892 (Emilia Romagna, Pianura Ovest); zona IT0893 (Emilia
Romagna, Pianura Est); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di
Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0309 (Lombardia, pianura ad
elevata urbanizzazione A); IT0310 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione
B); IT0312 (Lombardia, fondovalle D); IT0119 (Piemonte, pianura); zona IT0120
(Piemonte, collina);
– a
partire dal 2009, nelle seguenti zone: IT0508 e IT0509 (ex zona IT0501,
agglomerato Venezia-Treviso); IT0510 (ex zona IT0502, agglomerato di Padova);
IT0511 (ex zona IT0503, agglomerato di Vicenza), IT0512 (ex zona IT0504,
agglomerato di Verona); IT0513 e IT0514 (ex zona IT0505; zona A1 –
provincia del Veneto);
– dal
2008 al 2013, poi nuovamente dal 2015, nella zona IT0907 (zona di
Prato-Pistoia);
– dal
2008 al 2012, poi nuovamente dal 2014, nelle zone IT0909 (zona Valdarno Pisano
e Piana Lucchese) e IT0118 (agglomerato di Torino);
– dal
2008 al 2009, poi nuovamente dal 2011, nelle zone IT1008 (zona della Conca
Ternana) e IT1508 (ex zona IT1504, zona costiera collinare di Benevento);
– nel
corso del 2008, poi nuovamente dal 2011, nella zona IT1613 (Puglia – area
industriale);
– dal
2008 al 2012, nel corso del 2014 e dal 2016, nella zona IT1911 (agglomerato di
Palermo), nonché
– quanto
al valore limite annuale nelle zone: IT1212 (valle del Sacco) dal 2008 e senza
interruzione almeno fino al 2016; IT0508 e IT0509 (ex zona IT0501, agglomerato
di Venezia-Treviso) nel 2009, nel 2011 e nel 2015; IT0511 (ex zona IT0503,
agglomerato di Vicenza), negli anni 2011, 2012 e 2015; IT0306 (agglomerato di
Milano), IT0308 (agglomerato di Brescia), IT0309 (Lombardia, pianura ad elevata
urbanizzazione A) e IT0310 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione B) dal
2008 al 2013, e a partire dal 2015; IT0118 (agglomerato di Torino) dal 2008
fino al 2012 e a partire dal 2015,
è venuta
meno all’obbligo sancito dal combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato
XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21
maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita
in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1),
e
– non
avendo adottato a partire dall’11 giugno 2010 misure appropriate per garantire
il rispetto dei valori limite fissati per il PM10 in tutte tali zone, è venuta
meno agli obblighi imposti dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva
2008/50, da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, parte A, di tale
direttiva e, in particolare, all’obbligo previsto dall’articolo 23, paragrafo
1, secondo comma, di detta direttiva, di far sì che il periodo di superamento
dei valori limite sia il più breve possibile.
Contesto
normativo
Direttiva
96/62/CE
2 L’articolo
8 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di
valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU 1996,
L 296, pag. 55), intitolato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli
superano il valore limite», prevedeva, ai paragrafi 1, 3 e 4, quanto segue:
«1. Gli
Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli
di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di
superamento.
(...)
3. Nelle
zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano
misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un
programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di
tempo stabilito.
Tale
piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni
di cui all’allegato IV.
4. Nelle
zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più
inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano
integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione».
Direttiva
1999/30/CE
3 L’articolo
5 della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i
valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il
biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU 1999,
L 163, pag. 41), intitolato «Particelle» disponeva, al suo paragrafo
1:
«Gli
Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni
di particelle PM10 nell’aria ambiente, valutate a norma dell’articolo 7, non
superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato III a decorrere
dalle date ivi indicate.
(...)».
4 L’allegato
III di tale direttiva precisava che, per quanto riguarda le particelle PM10, la
data dalla quale dovevano essere rispettati i valori limite era il
1º gennaio 2005.
Direttiva
2008/50
5 La
direttiva 2008/50, entrata in vigore l’11 giugno 2008, ha sostituito cinque
atti legislativi preesistenti relativi alla valutazione e alla gestione della
qualità dell’aria ambiente, segnatamente le direttive 96/62 e 1999/30, le quali
sono state abrogate a decorrere dall’11 giugno 2010, come risulta dall’articolo
31 della direttiva 2008/50.
6 I
considerando 17 e 18 della direttiva 2008/50 così recitano:
«(17) Le misure
[dell’Unione] necessarie per ridurre le emissioni alla fonte, in particolare
quelle volte a migliorare l’efficacia della legislazione [dell’Unione europea]
in materia di emissioni industriali, a limitare le emissioni di scarico dei
motori dei veicoli pesanti, a ridurre ulteriormente le emissioni nazionali di
inquinanti chiave consentite dagli Stati membri e le emissioni connesse
all’approvvigionamento di carburante degli autoveicoli a benzina nelle stazioni
di servizio, nonché ad affrontare la questione del tenore di zolfo dei
combustibili, compresi quelli marini, dovrebbero essere debitamente esaminate
in via prioritaria da tutte le istituzioni interessate;
(18) È opportuno predisporre piani per la qualità
dell’aria per le zone e gli agglomerati entro i quali le concentrazioni di
inquinanti nell’aria ambiente superano i rispettivi valori-obiettivo o valori
limite per la qualità dell’aria, più eventuali margini di tolleranza
provvisori. Gli inquinanti atmosferici provengono da molte fonti e attività
diverse. Per garantire la coerenza tra le varie politiche, tali piani per la
qualità dell’aria dovrebbero, se possibile, essere in linea ed integrati con i
piani e i programmi formulati a norma della direttiva 2001/80/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle
emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di
combustione [GU 2001, L 309, pag. 1], della direttiva 2001/81/CE [del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2011, relativa ai limiti
nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (GU 2001, L 309,
pag. 22)] e della direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e alla gestione del
rumore ambientale [GU 2002, L 189, pag. 12]. Si terrà altresì
pienamente conto degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente previsti nella
presente direttiva quando vengono concesse autorizzazioni per attività
industriali a norma della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento [GU 2008, L 24, pag. 8]».
7 L’articolo
1 della direttiva 2008/50, intitolato «Oggetto», così recita ai suoi punti da 1
a 3:
«La
presente direttiva istituisce misure volte a:
1. definire e
stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire
o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo
complesso;
2. valutare la
qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri
comuni;
3. ottenere
informazioni sulla qualità dell’aria ambiente per contribuire alla lotta contro
l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e per monitorare le tendenze a
lungo termine e i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure
nazionali e [dell’Unione]».
8 L’articolo
2 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», prevede, ai suoi punti 5, da 7
a 9 e da 16 a 18, quanto segue:
«Ai fini
della presente direttiva si intende per:
(...)
5) “valore
limite”: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per
l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine
prestabilito e in seguito non deve essere superato;
(...)
7) “margine di
tolleranza”: percentuale di tolleranza del valore limite consentita alle
condizioni stabilite dalla presente direttiva;
8) “piani per la
qualità dell’aria”: piani che stabiliscono misure per il raggiungimento dei
valori limite o dei valori-obiettivo;
9) “valore-obiettivo”:
livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la
salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguirsi, ove
possibile, entro un termine prestabilito;
(...)
16) “zona”:
parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della
valutazione e della gestione della qualità dell’aria;
17) “agglomerato”:
zona in cui è concentrata una popolazione superiore a 250 000 abitanti o,
allorché la popolazione è pari o inferiore a 250 000 abitanti, con una
densità di popolazione per km2 definita dagli Stati membri;
18) “PM10”: il
materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo
conforme al metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del
PM10, norma EN 12341, con un’efficienza di penetrazione del 50% per
materiale particolato di un diametro aerodinamico di 10 μm [micron];
(...)».
9 L’articolo
13 di tale direttiva, intitolato «Valori limite e soglie di allarme ai fini
della protezione della salute umana», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Gli
Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e
monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme
delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato
XI.
(...)
Il
rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III.
I
margini di tolleranza fissati nell’allegato XI si applicano a norma
dell’articolo 22, paragrafo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 1».
10 L’articolo
20 della direttiva 2008/50, intitolato «Contributi da fonti naturali», ai
paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:
«1. Gli
Stati membri trasmettono alla Commissione, per un determinato anno, l’elenco
delle zone e degli agglomerati nei quali il superamento dei valori limite per
un determinato inquinante è imputabile a fonti naturali. Gli Stati membri
forniscono informazioni sulla concentrazione e sulle fonti, nonché elementi che
dimostrino come il superamento sia imputabile a fonti naturali.
2. Nei
casi in cui la Commissione è informata di un superamento imputabile a fonti
naturali ai sensi del paragrafo 1, detto superamento non è considerato tale ai
fini della presente direttiva».
11 Conformemente
all’articolo 21, paragrafi da 1 a 4, di detta direttiva, intitolato
«Superamenti dovuti alla sabbiatura o salatura invernali delle strade», gli
Stati membri possono designare zone o agglomerati nei quali i valori limite per
il PM10 sono superati nell’aria ambiente a causa della risospensione del
particolato a seguito della sabbiatura o salatura delle strade nella stagione
invernale. Gli Stati membri forniscono la documentazione necessaria per
dimostrare che ogni superamento è dovuto alla risospensione di particolato e
che sono stati adottati provvedimenti ragionevoli per diminuire le
concentrazioni. Fatto salvo l’articolo 20 di detta direttiva, gli Stati membri
sono tenuti a predisporre il piano per la qualità dell’aria di cui all’articolo
23 della direttiva medesima solo se il superamento dei valori del PM10 è dovuto
a cause diverse dalla sabbiatura o salatura invernali delle strade.
12 L’articolo
22 della medesima direttiva, intitolato «Proroga del termine per il
conseguimento e deroga all’obbligo di applicare determinati valori limite»,
così recita:
«1. Se
in una determinata zona o agglomerato non è possibile raggiungere i valori
limite fissati per il biossido di azoto o il benzene entro i termini di cui
all’allegato XI, uno Stato membro può prorogare tale termine di cinque anni al
massimo per la zona o l’agglomerato in questione, a condizione che sia
predisposto un piano per la qualità dell’aria a norma dell’articolo 23 per la
zona o per l’agglomerato cui s’intende applicare la proroga; detto piano per la
qualità dell’aria è integrato dalle informazioni di cui all’allegato XV, punto
B, relative agli inquinanti in questione e dimostra come i valori limite
saranno conseguiti entro il nuovo termine.
2. Se
in una determinata zona o agglomerato non è possibile conformarsi ai valori
limite per il PM10 di cui all’allegato XI, per le caratteristiche di
dispersione specifiche del sito, per le condizioni climatiche avverse o per
l’apporto di inquinanti transfrontalieri, uno Stato membro non è soggetto all’obbligo
di applicare tali valori limite fino all’11 giugno 2011 purché siano rispettate
le condizioni di cui al paragrafo 1 e purché lo Stato membro dimostri che sono
state adottate tutte le misure del caso a livello nazionale, regionale e locale
per rispettare le scadenze.
3. Qualora
gli Stati membri applichino i paragrafi 1 o 2, provvedono affinché il valore
limite per ciascun inquinante non sia superato oltre il margine di tolleranza
massimo indicato nell’allegato XI per ciascun inquinante interessato.
4. Gli
Stati membri notificano alla Commissione i casi in cui ritengono applicabili i
paragrafi 1 o 2 e le comunicano il piano per la qualità dell’aria di cui al
paragrafo 1, comprese tutte le informazioni utili di cui deve disporre per
valutare se le condizioni pertinenti sono soddisfatte. In tale valutazione la
Commissione tiene conto degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente
negli Stati membri, attualmente e in futuro, delle misure adottate dagli Stati
membri e degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente delle attuali
misure [dell’Unione] e delle misure [dell’Unione] previste che la Commissione
proporrà.
Se la
Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi dalla data di ricevimento di
tale notifica, le condizioni per l’applicazione dei paragrafi 1 o 2 sono
considerate soddisfatte.
In caso
di obiezioni, la Commissione può chiedere agli Stati membri di rettificare i
piani per la qualità dell’aria oppure di presentarne di nuovi».
13 L’articolo
23 della direttiva 2008/50, intitolato «Piani per la qualità dell’aria», così
dispone al suo paragrafo 1:
«Se in
determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria
ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più
qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri
provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli
agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o
valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV.
In caso
di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro
raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure
appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I
piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche
volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.
Tali
piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui
all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24.
Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro
due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
Qualora
occorra predisporre o attuare piani per la qualità dell’aria relativi a diversi
inquinanti, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani
integrati per la qualità dell’aria riguardanti tutti gli inquinanti
interessati».
14 L’articolo
27 di tale direttiva, intitolato «Trasmissione di informazioni e relazioni»,
prevede quanto segue:
«1. Gli
Stati membri provvedono a far pervenire alla Commissione le informazioni sulla
qualità dell’aria ambiente entro i termini richiesti, stabiliti dalle
disposizioni d’attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2.
2. In
ogni caso, al fine specifico di valutare la conformità ai valori limite e ai
livelli critici nonché al raggiungimento dei valori obiettivo, tali
informazioni sono messe a disposizione della Commissione entro nove mesi dalla
fine di ciascun anno ed includono:
(...)
b) l’elenco
delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono
superiori ai valori limite più, ove applicabile, il margine di tolleranza o
superiori ai valori-obiettivo o ai livelli critici, nonché, per tali zone o
agglomerati:
i) i livelli
valutati e, se del caso, le date e i periodi in cui tali livelli sono stati
riscontrati;
ii) se
opportuno, una valutazione dei contributi da fonti naturali ai livelli valutati
e dei contributi relativi alla risospensione del particolato a seguito di
sabbiatura o salatura delle strade nella stagione invernale, come dichiarati
alla Commissione ai sensi degli articoli 20 e 21.
3. I
paragrafi 1 e 2 si applicano alle informazioni raccolte a decorrere dall’inizio
del secondo anno civile successivo all’entrata in vigore delle disposizioni di
attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2».
15 L’allegato
XI della direttiva 2008/50, intitolato «Valori limite per la protezione della
salute umana», indica, per quanto riguarda il PM10, che il valore limite
giornaliero è fissato a 50 μg/m³ e non deve essere superato più di 35
volte per anno civile, e che il valore limite annuale, fissato a
40 μg/m³, non può essere superato.
16 Tra
le informazioni che devono figurare nei piani per la qualità dell’aria
ambiente, ai sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, la parte A dell’allegato
XV di detta direttiva stabilisce in particolare quanto segue:
«8. Informazioni
sui provvedimenti o progetti adottati allo scopo di ridurre l’inquinamento e
posteriori all’entrata in vigore della presente direttiva
a) elenco e
descrizione di tutti i provvedimenti messi a punto nell’ambito del progetto;
b) calendario di
attuazione;
c) stima del
miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per
conseguire questi obiettivi».
Procedimento
precontenzioso
17 Dopo
aver esaminato le relazioni fornite dalla Repubblica italiana sull’evoluzione
delle concentrazioni di PM10 nell’aria ambiente per il periodo compreso tra il
2008 e il 2012 nelle zone considerate, l’11 luglio 2014 la Commissione ha
inviato a tale Stato membro una lettera di messa in mora riguardante la violazione
degli articoli 13 e 23 della direttiva 2008/50, a causa del continuato
superamento dei valori limite applicabili a tali concentrazioni nel corso di
tale periodo (in prosieguo: la «lettera di messa in mora iniziale»).
18 Le
autorità italiane chiedevano una proroga del termine di risposta a tale lettera
di messa in mora, che è stata loro concessa, e comunicavano la loro risposta il
28 ottobre 2014, senza contestare la violazione dell’articolo 13 della
direttiva 2008/50. Di contro, quanto all’asserita violazione dell’articolo 23
di detta direttiva, esse hanno fatto valere che occorreva procedere ad una
valutazione per ogni zona o agglomerato in questione.
19 Poiché
molte aree del bacino del Po non erano state incluse nella lettera di messa in
mora iniziale e le relazioni ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2008/50
per gli anni 2013 e 2014 erano state inviate in ritardo – i dati relativi
a Piemonte, Sicilia e Calabria per quel periodo erano stati presentati solo il
4 febbraio 2016 – la Commissione, ricevuti tali ulteriori dati, il 16
giugno 2016 ha emesso una lettera di messa in mora complementare, nella quale
ha denunciato la violazione persistente e continuata dei valori limite
stabiliti dall’articolo 13 di tale direttiva e la violazione dell’articolo 23
della medesima direttiva.
20 Dopo
aver chiesto e ottenuto una proroga del termine di risposta a tale lettera di
messa in mora complementare, le autorità italiane rispondevano con lettera del
20 settembre 2016, senza contestare la violazione dell’articolo 13 della
direttiva 2008/50. Per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 23
di tale direttiva, esse hanno ribadito gli argomenti formulati nella loro
risposta alla lettera di messa in mora iniziale, fornendo tuttavia qualche ulteriore
aggiornamento.
21 In
considerazione delle risposte delle autorità italiane menzionate al punto 20
della presente sentenza, la Commissione ha emesso, in data, 28 aprile 2017, un
parere motivato, in cui considerava, in primo luogo, che, per il periodo dal
2008 al 2015, e nelle zone indicate nel parere, vi fosse una persistente e
continuata non conformità al valore limite giornaliero fissato per il PM10, e
al valore limite annuale fissato per il PM10 in alcune di tali zone, e ciò in
violazione delle disposizioni di cui al combinato disposto dell’articolo 13 e
dell’allegato XI della direttiva 2008/50. Quanto alla Sicilia, la Commissione
ha precisato nel parere motivato che la violazione di tali disposizioni era
continuata fino almeno al 2014, posto che nessuna comunicazione dei dati era
stata fornita per il 2015.
22 In
secondo luogo, la Commissione ha concluso che, per le zone elencate nel parere
motivato, la Repubblica italiana fosse inadempiente agli obblighi previsti
dall’articolo 23 della direttiva 2008/50, da solo e in combinato disposto con
l’allegato XV di quest’ultima.
23 La
Repubblica italiana ha risposto al parere motivato il 29 giugno 2017. Il 15
settembre 2017 essa forniva ulteriori indicazioni sui singoli piani per la
qualità dell’aria che le Regioni avevano modificato e sulle misure che si
apprestavano ad adottare al fine di ridurre i limiti di concentrazione di PM10
nell’aria ambiente.
24 Ritenendo
che la Repubblica italiana non avesse ancora posto rimedio alle violazioni del
diritto dell’Unione contestate, il 13 ottobre 2018 la Commissione ha deciso di
proporre il ricorso per inadempimento di cui trattasi.
25 La
Repubblica italiana, in applicazione dell’articolo 16, terzo comma, dello
Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha chiesto alla Corte di
riunirsi in Grande Sezione.
Sul
ricorso
Sulla
prima censura, vertente su una violazione sistematica
e continuata del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e
dell’allegato XI della direttiva 2008/50
Argomenti
delle parti
26 Con
la sua prima censura, la Commissione fa valere che, tenuto conto del
superamento, nelle zone menzionate al punto 1 della presente sentenza, del valore
limite giornaliero fissato per il PM10 dal 2008 e fino, quantomeno, al 2016,
nonché del valore limite annuale fissato per il PM10 dal 2008, la Repubblica
italiana ha violato, in modo sistematico e continuato, gli obblighi derivanti
dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, in combinato disposto
con l’allegato XI di quest’ultima.
27 In
via preliminare, la Commissione fornisce una precisazione per quanto riguarda
l’applicazione ratione temporis della direttiva 2008/50, facendo valere una
violazione dell’articolo 13 di tale direttiva in talune zone e agglomerati
italiani, a partire dal 2008, sebbene quest’ultima sia entrata in vigore solo
l’11 giugno 2008 e, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, di detta direttiva,
gli Stati membri dovessero attuare le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarvisi entro l’11 giugno 2010.
28 Facendo
riferimento ai punti 43 e 45 della sentenza del 22 febbraio 2018,
Commissione/Polonia (C‑336/16, EU:C:2018:94), tale istituzione ricorda
che la direttiva 2008/50 ha sostituito, conformemente al suo considerando 3,
cinque atti dell’Unione, tra cui la direttiva 1999/30 che precisava i valori
limite per la qualità dell’aria che dovevano essere rispettati a decorrere dal
1º gennaio 2005. La Corte avrebbe in particolare sottolineato a tal
riguardo che il combinato disposto dell’articolo 5 e dell’allegato III della
direttiva 1999/30, che copriva il periodo precedente a quello di attuazione
della direttiva 2008/50, è stato confermato dal combinato disposto
dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI di tale direttiva, cosicché
una censura vertente sulla violazione di queste ultime disposizioni è
ricevibile anche per periodi compresi tra il 1º gennaio 2005 e l’11 giugno
2010.
29 La
Commissione sostiene che la Repubblica italiana non ha comunque ottenuto alcun
differimento della data alla quale assicurare la conformità dei valori limite
fissati per il PM10 ai sensi dell’articolo 22 della direttiva 2008/50, come
ricordato nel parere motivato. Di conseguenza, essa sarebbe stata tenuta a
rispettare il disposto della direttiva riguardante detti valori limite, senza
alcuna eccezione.
30 Inoltre,
la Commissione ricorda che la Corte ha già dichiarato che la Repubblica italiana
è venuta meno all’obbligo di garantire che, per gli anni 2006 e 2007, le
concentrazioni di PM10 nell’aria ambiente non superassero i valori limite
giornaliero e annuale fissati dalla direttiva 1999/30 in numerose zone e
agglomerati italiani (sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Italia, C‑68/11,
EU:C:2012:815, punti da 55 a 58 e 67). Pertanto, il ricorso di cui trattasi
riguarderebbe il continuo superamento dei valori limite giornaliero e annuale
fissati per il PM10 dal 2008 e fino al termine di adempimento indicato nel
parere motivato, ossia il 28 giugno 2017.
31 Infine,
avendo ricevuto dati relativi al 2017 che confermavano come i livelli di
concentrazione giornalieri e annuali fissati per il PM10 continuassero ad
essere superati nella quasi totalità delle zone interessate, la Commissione
indica che intende produrre l’insieme di tali dati nel corso del procedimento
una volta effettuata la loro convalida tecnica e ulteriori elementi relativi a
fatti successivi al 28 giugno 2017, trattandosi di fatti della «medesima
natura» di quelli considerati nel parere motivato e che costituiscono uno
«stesso comportamento». Allo stesso titolo, la Commissione afferma di aver
altresì prodotto i dati relativi ai livelli di concentrazione di PM10 per il
2016, che le sono stati comunicati solo il 15 settembre 2017 dalle autorità
italiane, vale a dire dopo il termine indicato nel parere motivato.
32 La
Commissione ricorda che dalla costante giurisprudenza della Corte risulta che
l’accertamento oggettivo del superamento dei valori limite fissati per il PM10
di cui al combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato XI della
direttiva 2008/50 è sufficiente per concludere che tale combinato disposto è
stato violato.
33 Secondo
la Commissione, l’esame delle relazioni annuali fornite dalla Repubblica
italiana sulla base dell’articolo 27 della direttiva 2008/50, i cui riassunti
sono allegati al suo ricorso, consente di concludere che vi è un continuo
superamento dei valori limite giornaliero e annuale fissati per il PM10 in
tutte le 27 zone geografiche esaminate. Salvo che per singoli anni, tali valori
limite non sarebbero mai stati rispettati e il loro superamento alla data di
presentazione del ricorso per inadempimento proverebbe il suo carattere persistente.
34 Ne
risulterebbe che i valori limite giornalieri e annuali fissati per il PM10 sono
stati superati in modo sistematico e continuato, poiché la violazione era
ancora in corso nelle zone menzionate al punto 1 della presente sentenza al
momento della presentazione del ricorso per inadempimento.
35 La
Repubblica italiana contesta l’inadempimento addebitatole.
36 In
primo luogo, essa ritiene che una violazione dell’articolo 13 della direttiva
2008/50, letto in combinato disposto con l’allegato XI di quest’ultima, non
possa essere dedotta da un semplice superamento dei valori limite medi
giornalieri o annuali fissati per il PM10 su un certo numero di anni in uno
Stato membro. Essa fa valere al riguardo che, contrariamente a quanto sostenuto
dalla Commissione, i principi elaborati dalla Corte in giudizi analoghi non
consentono di ritenere sussistente un’automatica correlazione tra il
superamento del limite massimo di concentrazione di sostanze inquinanti e un
inadempimento del diritto dell’Unione, in quanto detta direttiva mira a
garantire una riduzione progressiva dei livelli di esposizione a fattori nocivi
entro i limiti da essa fissati.
37 Secondo
la Repubblica italiana non può quindi ritenersi violata la direttiva in
esame – e, nella specie, non può ritenersi violato l’obbligo di riportare
la concentrazione di PM10 entro i limiti massimi delineati dall’allegato
XI – quando l’esame storico dei dati di concentrazione dei composti nocivi
indichi una progressiva, costante e sensibile riduzione dei livelli di
concentrazione, tale da raggiungere un livello prossimo a quello previsto dalla
normativa dell’Unione.
38 Secondo
un’interpretazione corretta della direttiva 2008/50 alla luce del suo tenore
letterale, della sua economia e dei suoi obiettivi, corroborata dalla
dichiarazione della Commissione contenuta in allegato a tale direttiva,
occorrerebbe, a parere della Repubblica italiana, leggere l’articolo 13 della
direttiva 2008/50 sempre in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 1, primo
e secondo comma, di tale direttiva, di modo che il solo obbligo derivante a
carico degli Stati membri in caso di superamento dei valori limite di cui al
suddetto articolo 13 e all’allegato XI di detta direttiva sarebbe la
predisposizione di piani per la qualità dell’aria che stabiliscano misure
appropriate affinché il superamento di tali valori sia il più breve possibile.
Una violazione sanzionabile ai sensi dell’articolo 258 TFUE potrebbe
quindi ravvisarsi solo se al superamento dei valori limite non facesse seguito
la predisposizione dei piani per la qualità dell’aria, ciò che non si verifica
nel caso di specie. Pertanto, solo la seconda censura sollevata dalla
Commissione sarebbe pertinente al fine di constatare un eventuale inadempimento
degli obblighi stabiliti dalla direttiva 2008/50.
39 Secondo
la Repubblica italiana, l’adeguamento della qualità dell’aria ai limiti e agli
obiettivi previsti costituisce un processo complesso, nel quale le misure degli
Stati membri non possono essere episodiche e debbono necessariamente
articolarsi in piani a lunga scadenza. Alla luce della varietà e
dell’interazione tra le fonti d’inquinamento, le misure nazionali dovrebbero
integrarsi con le misure di competenza dell’Unione, in particolare quelle
relative ai grandi impianti di combustione e agli impianti industriali. Infine,
sarebbe necessario che questo insieme di misure non ostacolasse lo sviluppo
economico, e operasse, invece, per assicurarne la sostenibilità.
40 In
secondo luogo e in subordine, la Repubblica italiana sostiene che il
superamento dei valori limite di cui all’articolo 13 della direttiva 2008/50
non può essere imputato esclusivamente allo Stato membro interessato. La
varietà delle fonti d’inquinamento dell’aria comporterebbe che le possibilità
per un singolo Stato membro di intervenire su tali fonti e di ridurre entro i
valori limite la concentrazione dei vari inquinanti, comprese le particelle
PM10, sarebbero relative. Infatti, per quanto riguarda numerose fonti di
inquinamento, menzionate al considerando 18 della direttiva 2008/50, l’Unione,
e non i singoli Stati membri, sarebbe competente a disciplinare le emissioni
degli inquinanti.
41 Pertanto,
sebbene dalla giurisprudenza della Corte risulti che il procedimento di cui
all’articolo 258 TFUE è incentrato sull’accertamento oggettivo
dell’inosservanza da parte dello Stato membro dei suoi obblighi, secondo la
Repubblica italiana deve comunque ravvisarsi la necessità che l’infrazione
medesima sia oggettivamente attribuibile ad una condotta delle autorità
nazionali, non derivando da fattori causali alternativi, indipendenti dalla
capacità di controllo degli Stati membri. Un ricorso proposto dalla Commissione
può essere accolto solo se tale istituzione fornisce la prova di tale
attribuibilità esclusiva allo Stato membro interessato, e non se l’eventuale
situazione di non conformità al diritto dell’Unione derivi da una molteplicità
di fattori, solo alcuni dei quali rientrerebbero nella sfera di controllo di
detto Stato membro.
42 Conseguentemente,
nella specie, la Commissione avrebbe dovuto escludere l’interferenza, da un
lato, di fattori causali naturali esterni, non dominabili dalle autorità
nazionali, in quanto imprevedibili ed inevitabili e, dall’altro, di condotte di
soggetti terzi, idonee ad influire sul perseguimento degli obiettivi di tutela
sottesi alle previsioni normative asseritamente violate. A tal riguardo, la
Repubblica italiana menziona fattori eziologici del tutto indipendenti dalle
capacità di controllo delle autorità nazionali e che sono di origine naturale,
in particolare la conformazione orografica di talune zone territoriali italiane
unitamente alle condizioni meteorologiche ivi insistenti, o fattori di origine
umana nonché l’interferenza delle politiche europee indipendenti dalle
politiche nazionali. Essa si riferisce, in tale contesto, segnatamente, alle
politiche dell’Unione nel settore delle biomasse e delle emissioni di
inquinanti, in particolare ai vantaggi concessi agli autoveicoli diesel e alla
fissazione delle emissioni di PM10 da parte dei veicoli «Eurodiesel» sulla base
di modelli teorici molto lontani dalle effettive emissioni di PM10, e alle
politiche in materia di agricoltura, alcune delle quali, allo scopo di ridurre
altre fonti di emissioni, avrebbero finito per incrementare le emissioni di
PM10 considerate dalla direttiva 2008/50, come confermerebbero alcune relazioni
versate al fascicolo.
43 Pertanto,
secondo la Repubblica italiana, la Commissione non fornisce la prova che il
superamento dei valori limite fissati dalla direttiva 2008/50 sia imputabile
all’insufficienza dei piani per la qualità dell’aria di cui trattasi. Se tale
istituzione non fosse tenuta a fornire detta prova, ciò equivarrebbe a rendere
lo Stato membro interessato responsabile automaticamente o a titolo di
responsabilità oggettiva, il che non sarebbe ammissibile.
44 In
terzo luogo, la Repubblica italiana fa valere, in subordine, che la Commissione
commette un errore di diritto nell’individuazione del limite massimo di
concentrazione di PM10 in quanto assume come valore di riferimento quello di
50 μg/m³ giornaliero e di 40 μg/m³ annuale, senza tuttavia
tenere conto del margine di tolleranza previsto dal combinato disposto dagli
articoli 13 e 23 nonché dall’allegato XI della direttiva 2008/50, letti in
combinato disposto. Da tale lettura congiunta risulterebbe che, qualora i
valori limite previsti dal combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato
XI di tale direttiva siano superati, i margini di tolleranza possono trovare applicazione
ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della medesima direttiva. Posto che
l’obbligo di predisporre piani per la qualità dell’aria si imporrebbe agli
Stati membri solo qualora «i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente
super[i]no un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque
margine di tolleranza eventualmente applicabile», ai fini della verifica circa
il superamento dei valori massimi ammissibili nell’ambito dell’ordinamento
nazionale, il valore limite dovrebbe essere maggiorato del margine di
tolleranza all’uopo applicabile.
45 Per
il PM10, tale margine di tolleranza sarebbe fissato al 50% giornaliero e al 20%
annuale, sicché il diritto dell’Unione non sarebbe violato nel caso in cui non
venga superato il valore massimo, come risultante dalla maggiorazione del
valore limite secondo il coefficiente previsto come margine di tolleranza. Di
conseguenza, nel caso di specie, la Commissione avrebbe dovuto prendere in
esame non valori pari a 50 μg/m³ al giorno e a 40 μg/m³
l’anno, bensì rispettivamente a 75 μg/m³ al giorno e
48 μg/m³ l’anno.
46 La
Commissione, nella parte introduttiva della sua replica, constata, in via
preliminare, che la Repubblica italiana, nel suo controricorso, non censura
l’impostazione della presente procedura come relativa ad una violazione
continuata e sistematica di alcune disposizioni di diritto dell’Unione e dunque
riferita, in taluni casi, al continuato superamento dei valori limite fissati
per il PM10 per periodi di tempo piuttosto lunghi. Tale constatazione sarebbe
confermata dal fatto che la Repubblica italiana fa riferimento ai valori limite
fissati per il PM10 per il 2018.
47 Per
quanto riguarda l’argomento secondo cui, per garantire il rispetto degli
obblighi derivanti dalla direttiva 2008/50, sarebbe sufficiente che la
riduzione dei livelli di concentrazione di PM10 prevista dalla direttiva
2008/50 sia progressiva anche se tali livelli restano al di sopra dei valori
limite fissati per il PM10 dalla stessa direttiva e, pertanto, un siffatto
superamento avrebbe come unico effetto quello di obbligare gli Stati membri ad
adottare un piano relativo alla qualità dell’aria, la Commissione sostiene che
esso non trova alcun riscontro né nella lettera della direttiva né nella
giurisprudenza della Corte.
48 Essa
sottolinea, al riguardo, che i valori limite devono essere distinti dai valori
obiettivo, i quali vanno raggiunti in un termine prestabilito ma unicamente
«ove possibile» e purché i costi che le relative misure comportano non siano
sproporzionati, secondo la definizione che di essi dà l’articolo 2, punto 9,
della direttiva 2008/50, in combinato disposto con gli articoli 16 e 17 della
medesima direttiva. Orbene, tali articoli non sarebbero considerati nell’ambito
del ricorso di cui trattasi.
49 Per
quanto riguarda l’argomento relativo alla non imputabilità alla Repubblica
italiana del superamento dei valori limite fissati per il PM10 a causa, in
particolare, della conformazione orografica di talune zone territoriali
italiane o delle politiche europee aventi un’incidenza significativa sulla
formazione di composti nocivi per la salute, la Commissione replica che
l’obbligo di non superare detti valori limite è chiaramente un obbligo di
risultato che incombe allo Stato membro rispettare ai sensi dell’articolo 13
della direttiva 2008/50. Eccepire l’esistenza di aspetti propri a detto Stato
membro vorrebbe dire negare l’esistenza di tale obbligo.
50 Tale
istituzione afferma inoltre che le eventuali difficoltà nel rispettare i valori
limite per il PM10 in alcune parti del territorio nazionale sono state
debitamente prese in considerazione nel considerando 16 della direttiva
2008/50, nella misura in cui quest’ultimo si riferisce a zone in cui le
condizioni sono «particolarmente difficili» e per le quali è possibile prorogare
il termine per il rispetto dei valori limite di qualità dell’aria, purché ne
sia presentata richiesta alla Commissione, corredata da un piano dettagliato
elaborato al fine di rispettare i valori limite entro il nuovo termine fissato
a norma dell’articolo 22, paragrafi 1 e 3, della direttiva. Tuttavia, per
quanto riguarda il presente procedimento, la Repubblica italiana non avrebbe
mai ottenuto un’autorizzazione di proroga di detto termine da parte della
Commissione.
51 Sono
parimenti inconferenti, secondo la Commissione, gli argomenti dedotti dalla
Repubblica italiana secondo i quali, in particolare, le politiche europee in
materia di trasporti, di energia e di agricoltura avrebbero contribuito al
superamento dei valori limite fissati per il PM10. La Commissione fa valere al
riguardo che, in un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo
258 TFUE, occorre accertare unicamente se uno Stato membro abbia
rispettato un obbligo prescritto da una norma del diritto dell’Unione e non se
vi siano circostanze che possano avere un’incidenza sull’inadempimento di cui
trattasi.
52 Per
quanto riguarda il riferimento fatto dalla Repubblica italiana al «margine di
tolleranza», di cui agli articoli 13, 22 e 23, nonché all’allegato XI della
direttiva 2008/50, la Commissione contesta l’interpretazione di tali
disposizioni avanzata dalla Repubblica italiana secondo la quale, da un lato,
il rispetto dei valori limite relativi alla qualità dell’aria dovrebbe sempre
includere un siffatto margine di tolleranza e, dall’altro, detta inclusione
sarebbe confermata dal riferimento a tale margine nelle suddette disposizioni,
per cui sussisterebbe una violazione della direttiva in parola solo una volta
accertato il superamento anche di detto margine di tolleranza.
53 La
Commissione fa valere, a tal riguardo, che occorre interpretare dette
disposizioni nel senso che l’applicazione di un margine di tolleranza vale solo
nelle due ipotesi di cui ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 22 della direttiva 2008/50,
come espressamente enunciato al paragrafo 3 di tale articolo.
54 Tale
interpretazione sarebbe confermata dalla formulazione dell’articolo 23,
paragrafo 1, della direttiva 2008/50, il quale indica il margine di tolleranza
come «eventualmente applicabile», vale a dire non come previsto dallo stesso
legislatore dell’Unione, ma come deciso dalla Commissione, in attuazione
dell’articolo 22, paragrafo 3, di detta direttiva e su richiesta dello Stato
membro interessato.
55 Pertanto,
non sarebbe applicabile un margine di tolleranza in assenza di un’espressa
autorizzazione della Commissione, in forza dell’articolo 22 della direttiva
2008/50. Inoltre, per quanto riguarda le concentrazioni di PM10, detto margine
di tolleranza costituirebbe comunque una misura transitoria, applicabile
unicamente fino all’11 giugno 2011, come indicato dalla lettera dell’articolo
22, paragrafo 2, di tale direttiva. Pertanto, tale disposizione non produrrebbe
più alcun effetto giuridico. Peraltro, la Repubblica italiana non avrebbe
ottenuto alcun margine di tolleranza ai sensi dell’articolo 22, paragrafi 3 e
4, di detta direttiva.
56 Quanto
alla fondatezza della prima censura alla luce dei dati pertinenti, la
Commissione sostiene che la Repubblica italiana si sofferma unicamente a
indicare, in particolare, le diverse entità di detti superamenti, così come
accertate nelle diverse stazioni di rilevamento. A tal riguardo, la Commissione
afferma che, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, è
onere degli Stati membri fornire le informazioni sul superamento dei valori
limite fissati per il PM10, indicando le zone geografiche in cui tali
superamenti hanno avuto luogo. Il fatto che, all’interno di una singola zona,
vi siano differenze da una stazione di rilevamento ad un’altra non può dunque
avere alcun rilievo, visto che, in ogni caso, spetta agli Stati membri
organizzare e gestire la raccolta dei dati in maniera tale da rispettare
l’obbligo sancito in detta disposizione, vale a dire fornendo tempestivamente
alla Commissione i dati richiesti. Dopo aver trasmesso tali dati, la Repubblica
italiana non può quindi contestarne il contenuto.
57 Inoltre,
nella misura in cui intende sostenere che il superamento di taluni valori
limite fissati per il PM10 è dovuto a fattori naturali, la Repubblica italiana
era tenuta ad informarne la Commissione, conformemente all’articolo 20,
paragrafo 1, della direttiva 2008/50.
58 La
Commissione ricorda che la Repubblica italiana insiste più volte su un preteso
miglioramento nonché su asserite tendenze al ribasso dei livelli di
concentrazione di PM10 nelle singole zone considerate. Tuttavia, basandosi
sulla sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia (C‑336/16,
EU:C:2018:94, punto 65), essa indica che un’eventuale tendenza parziale al
ribasso evidenziata dai dati raccolti, che non comporta tuttavia che lo Stato
membro interessato si conformi ai limiti al cui rispetto è tenuto, non può
inficiare la constatazione dell’inadempimento ad esso imputabile.
59 Peraltro,
la Commissione presenta, per quanto riguarda il valore limite giornaliero
fissato per il PM10, l’aggiornamento dei dati relativi al 2017 al fine di
provare che, nonostante il fatto che nella zona IT1911 (Palermo) e nella zona
IT1215 (agglomerato di Roma), tali valori siano rispettati, questi dati non
privano di fondamento le censure dedotte nelle conclusioni del suo ricorso.
Infatti, dal momento che, per la prima zona, l’inadempimento sarebbe addebitato
«a partire dal[l’anno] 2016», vale a dire almeno nel 2016, indipendentemente
dai dati per l’anno 2017, e per la seconda zona, in ogni caso «a partire
dal[l’anno] 2008», le conclusioni esposte nel suo ricorso resterebbero valide.
La Commissione osserva inoltre che da tali dati risulta che, nel 2017, il
valore limite giornaliero fissato per il PM10 è stato superato nelle altre 25
zone considerate dal suo ricorso.
60 Per
quanto riguarda il valore limite annuale fissato per il PM10, la Commissione
riconosce che tale valore è stato rispettato, nel 2017, nelle zone IT1212 (valle
del Sacco), IT0508 e IT0509 (agglomerato di Venezia-Treviso), IT0511 (ex zona
IT0503, agglomerato di Vicenza) e IT0306 (agglomerato di Milano). Tuttavia,
tale constatazione non inficerebbe la fondatezza delle sue censure. Infatti,
dal momento che, per la prima zona, l’inadempimento sarebbe addebitato «almeno
fino al 2016», e per le altre tre zone, in ogni caso «a partire dal[l’anno]
2015», le conclusioni esposte nel suo ricorso resterebbero valide. La
Commissione osserva inoltre che dai dati relativi al 2017 risulta che, in tale
anno, il valore limite annuale fissato per il PM10 è stato superato nelle altre
quattro zone oggetto del suo ricorso, vale a dire le zone IT0308 (agglomerato
di Brescia), IT0309 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione A), IT0310
(Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione B) e IT0118 (agglomerato di
Torino).
61 Nella
sua controreplica, la Repubblica italiana contesta, in via preliminare, che la
sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia (C‑336/16,
EU:C:2018:94), possa essere trasposta al caso di specie alla luce delle
differenze tra i rispettivi contesti di fatto, in particolare con riguardo ai
piani ed ai termini di adeguamento di cui trattasi. Essa confuta parimenti
l’affermazione della Commissione secondo cui la Repubblica italiana aderirebbe
alla sua impostazione incentrata su una violazione continuata e sistematica
delle disposizioni della direttiva 2008/50. Inoltre, essa precisa di non
condividere nemmeno l’argomentazione della Commissione quanto alla portata
dell’applicabilità del margine di tolleranza.
62 Inoltre,
pur sottolineando che essa non nega la sussistenza di un obbligo di risultato
imposto dagli articoli 13 e 23 della direttiva 2008/50, la Repubblica italiana
ritiene tuttavia che tale obbligo debba essere valutato valorizzando la
progressiva riduzione dei livelli di concentrazione del PM10 nell’aria
ambiente. Essa precisa inoltre che la Commissione non rimette in discussione le
deduzioni svolte dallo Stato italiano in ordine alla determinante interferenza
eziologica nel conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente
procurata dalle politiche europee in materia di agricoltura ed energia, oltre
che dalle particolarissime condizioni orografiche e morfologiche del territorio
nazionale.
63 Infine,
la Repubblica italiana fa valere che la circostanza per la quale le zone
interessate dal ricorso di cui trattasi costituirebbero solo il 17% dell’intero
territorio nazionale risulta significativa di come la gran parte del territorio
italiano non è oggetto di rilievi svolti dalla Commissione, il che
dimostrerebbe la buona qualità dell’aria presente nell’ambiente di tale Stato
membro e, di conseguenza, escluderebbe di per sé la violazione dell’articolo 13
della direttiva 2008/50, che sarebbe configurabile solo se i valori limite
fissati per il PM10 fossero superati nell’insieme del territorio nazionale.
64 La
Repubblica italiana deduce, in particolare, a tal riguardo, che le differenze
di valori registrate tra le stazioni di rilevamento nell’ambito di una medesima
area, diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione, assumono rilievo e che
numerosi superamenti contestati in ogni caso sarebbero compresi nel «margine di
tolleranza» autorizzato ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50 o
dimostrerebbero quantomeno una tendenza alla diminuzione, soggetta a piccole
oscillazioni.
Giudizio
della Corte
65 In
via preliminare, occorre rilevare, in primo luogo, che la Commissione addebita
alla Repubblica italiana di essere venuta meno, in maniera sistematica e
continuata, agli obblighi derivanti dal combinato disposto dell’articolo 13
della direttiva 2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima, nelle zone e negli
agglomerati oggetto del ricorso di cui trattasi, dal 1º gennaio 2008 e
fino alla data di scadenza del termine indicato nel parere motivato, ossia il
28 giugno 2017. Orbene, nella misura in cui una parte di tale periodo è
anteriore alla data in cui gli Stati membri erano tenuti a attuare le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi a tale direttiva, che è stata fissata all’11 giugno 2010, o persino
alla data di entrata in vigore di detta direttiva, ossia l’11 giugno 2008,
occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che le censure basate su tali
disposizioni sono ricevibili anche per il periodo dal 1° gennaio 2005
all’11 giugno 2010, in quanto gli obblighi previsti da dette disposizioni
trovano la loro origine nella direttiva 1999/30, che è stata sostituita dalla
direttiva 2008/50, in particolare nelle disposizioni dell’articolo 5 della
direttiva 1999/30 in combinato disposto con l’allegato III della stessa (v., in
tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punti da 50 a 55).
66 In
secondo luogo, va osservato che la Commissione si basa, al fine di dimostrare
la generalità e la costanza dell’inadempimento addebitato, nel suo ricorso, sui
dati relativi alla qualità dell’aria per l’anno 2016 che le sono stati
presentati dalla Repubblica italiana il 15 settembre 2017 e, nella sua replica,
su quelli per il 2017. Se è vero che tali dati costituiscono quindi fatti
avvenuti successivamente alla scadenza del termine impartito nel parere
motivato, ciò non toglie che essi sono della stessa natura di quelli esposti
nel parere motivato e costituiscono uno stesso comportamento, di modo che
l’oggetto del ricorso di cui trattasi può estendersi a questi ultimi (v., in
tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punti da 42 a 47 e giurisprudenza ivi citata).
67 In
terzo luogo, nella sua replica, la Commissione, alla luce dei dati relativi
alla qualità dell’aria per il 2017, ha precisato alcune delle sue censure
nonché, conformemente al corrigendum relativo a tale memoria, ha adattato
talune sue conclusioni. Pertanto, per quanto riguarda le conclusioni sui
superamenti del valore limite annuale fissato per il PM10, la Commissione
afferma nella sua memoria di replica, letta insieme al corrigendum, che nelle
zone IT0508 e IT0509 (agglomerato di Venezia-Treviso) i superamenti si sono
verificati negli anni 2009, 2011 e 2015, nella zona IT1212 (valle del Sacco)
dal 2008 al 2016, nella zona IT0306 (agglomerato di Milano), dal 2008 al 2013 e
nel 2015, e nella zona IT0511 (agglomerato di Vicenza), negli anni 2011, 2012 e
2015. Alla luce di questi dati aggiornati, aggiunge, inoltre, per quanto
riguarda questo stesso valore limite, che è stato superato nelle zone IT0308
(agglomerato di Brescia), IT0309 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione
A) e IT0310 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione B) dal 2008 al 2013 e
negli anni 2015 e 2017, e nella zona IT0118 (agglomerato di Torino) dal 2008 al
2012 e negli anni 2015 e 2017.
68 Per
quanto riguarda i superamenti del valore limite giornaliero fissati per il
PM10, la Commissione indica che detti superamenti possono essere constatati
nella zona IT1911 (agglomerato di Palermo), dal 2008 al 2012 e negli anni 2014
e 2016 e nella zona IT1215 (agglomerato di Roma) dal 2008 fino al 2016 incluso.
Occorre quindi analizzare la fondatezza del primo motivo di ricorso tenendo
conto di tali indicazioni, dal momento che esse sono intese unicamente a
specificare una censura che la Commissione aveva già fatto valere in termini
più generali nel ricorso, e, pertanto, non modificano l’oggetto
dell’inadempimento dedotto e non incidono in alcun modo sulla portata della
controversia (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015,
Commissione/Polonia, C‑678/13, non pubblicata, EU:C:2015:358, punto 37 e
giurisprudenza ivi citata).
69 Svolte
queste precisazioni preliminari, occorre rilevare che, a termini dell’articolo
1, punto 1, della direttiva 2008/50, quest’ultima istituisce misure volte a
definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per
l’ambiente nel suo complesso. In tale contesto, l’articolo 13, paragrafo 1,
primo comma, di detta direttiva dispone che gli Stati membri provvedono
affinché i livelli, segnatamente, di PM10 presenti nell’aria ambiente non
superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite
stabiliti nell’allegato XI della medesima direttiva.
70 Occorre
ricordare che la censura relativa alla violazione dell’obbligo di cui
all’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2008/50 deve essere
valutata alla luce di una giurisprudenza consolidata secondo la quale il
procedimento di cui all’articolo 258 TFUE si basa sull’accertamento
oggettivo dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, degli obblighi
impostigli dal Trattato FUE o da un atto di diritto derivato [sentenze del 5
aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 68, e
del 30 aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le
PM10), C‑638/18, non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 67 e giurisprudenza
ivi citata].
71 La
Corte ha in tal senso già più volte sottolineato che il superamento dei valori
limite fissati per il PM10 nell’aria ambiente è di per sé sufficiente per poter
accertare l’inadempimento del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1,
della direttiva 2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima [sentenze del 5
aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 69, e
del 30 aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le
PM10), C‑638/18, non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 68 e giurisprudenza
ivi citata].
72 Orbene,
nel caso di specie, i dati risultanti dalle relazioni annuali riguardanti la
qualità dell’aria, presentati dalla Repubblica italiana in forza dell’articolo
27 della direttiva 2008/50, mostrano che, dal 2008 al 2017 incluso, i valori
limite giornalieri e annuali fissati per il PM10 sono stati superati molto
regolarmente nelle zone citate al punto 1 della presente sentenza.
73 Per
quanto riguarda, in particolare, il numero di superamenti del valore limite
giornaliero fissato per il PM10, da tali dati risulta che, nella quasi totalità
delle 27 zone e agglomerati interessati dal ricorso di cui trattasi, qualora il
rispetto del numero massimo di 35 superamenti di detto valore sia eventualmente
raggiunto in un anno determinato, tale anno è sistematicamente preceduto e
seguito da uno o più anni in cui si sono verificati superamenti eccessivi di
detto valore. In alcune zone, dopo un anno nel corso del quale il valore limite
giornaliero fissato per il PM10 non è stato superato più di 35 volte, il numero
di superamenti può arrivare al doppio del numero di superamenti constatati nel
corso dell’ultimo anno in cui si sono verificati superamenti eccessivi.
Analogamente, per quanto riguarda i superamenti del valore limite annuale
fissato per il PM10, gli anni nel corso dei quali può eventualmente essere osservato
il rispetto di tale valore sono interrotti da anni di superamenti, dato che la
concentrazione del PM10, dopo l’anno in cui si è accertato detto rispetto, è
talvolta, in diverse zone interessate, anche più elevata che nel corso
dell’ultimo anno in cui si può constatare un siffatto superamento.
74 Peraltro,
dai dati sulla qualità dell’aria nelle zone interessate dal ricorso di cui
trattasi per il 2017 risulta che, ad eccezione di due zone sul numero di 27
zone e agglomerati in questione, il valore limite giornaliero fissato per il
PM10 è stato nuovamente o sempre superato più di 35 volte nel corso di tale
anno e, per quanto riguarda quattro zone su nove interessate dal ricorso di cui
trattasi, il valore limite annuale fissato per il PM10 è stato nuovamente
superato nel corso di tale medesimo anno.
75 In
tali circostanze, non può essere sufficiente, per impedire l’accertamento di un
inadempimento sistematico e continuato al combinato disposto dell’articolo 13
della direttiva 2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima, che i valori limite
ivi considerati non siano stati superati nel corso di taluni anni durante il
periodo considerato dal ricorso. Infatti, come risulta dalla definizione stessa
del «valore limite» di cui all’articolo 2, punto 5, della direttiva 2008/50,
quest’ultimo, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla
salute umana e/o sull’ambiente nel suo insieme, deve essere conseguito entro un
dato termine e non essere superato una volta raggiunto. Orbene, per quanto riguarda
il ricorso di cui trattasi, la Repubblica italiana avrebbe dovuto rispettare i
valori limite fissati in tali disposizioni dal 1º gennaio 2008.
76 Ne
consegue che i superamenti così accertati devono essere considerati continuati
e sistematici, senza che la Commissione sia tenuta a fornire prove
supplementari al riguardo.
77 Parimenti,
contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, un inadempimento
può rimanere sistematico e costante nonostante un’eventuale tendenza parziale al
ribasso evidenziata dai dati raccolti, la quale non comporta tuttavia che tale
Stato membro si conformi ai valori limite al cui rispetto è tenuto [sentenze
del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia, C‑336/16, EU:C:2018:94, punto
65, nonché del 30 aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori
limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 70],
come nel caso di specie.
78 Occorre
altresì respingere l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo cui la
direttiva 2008/50 prevedrebbe solo un obbligo di riduzione progressiva dei
livelli di concentrazione di PM10 e, pertanto, il superamento dei valori limite
fissati per il PM10 da questa stessa direttiva avrebbe l’unico effetto di
obbligare gli Stati membri ad adottare un piano per la qualità dell’aria.
79 Infatti,
tale argomento non trova fondamento né nel testo di tale direttiva né nella
giurisprudenza della Corte citata al punto 71 della presente sentenza, la quale
conferma che gli Stati membri sono tenuti a conseguire il risultato perseguito
dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 e dall’allegato XI di
quest’ultima, che consiste nel non superare i valori limite fissati da tali
disposizioni.
80 Una
siffatta interpretazione lascerebbe peraltro la realizzazione dell’obiettivo di
tutela della salute umana, ricordato all’articolo 1, punto 1, della direttiva
2008/50, alla sola discrezionalità degli Stati membri, il che è contrario alle
intenzioni del legislatore dell’Unione, quali risultano dalla definizione
stessa della nozione di «valore limite», esposta al punto 75 della presente
sentenza, che esige che il suo rispetto sia garantito entro un dato termine e
poi mantenuto.
81 Inoltre,
aderire ad un siffatto argomento si risolverebbe nel consentire a uno Stato
membro di sottrarsi al rispetto della scadenza imposta dal combinato disposto
dell’articolo 13 della direttiva 2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima, al
fine di rispettare i valori limite fissati per il PM10 a condizioni meno
restrittive di quelle imposte dall’articolo 22 di detta direttiva, che è
l’unica disposizione che prevede espressamente la possibilità per uno Stato
membro di essere esentato da tale scadenza, e pregiudicherebbe pertanto
l’effetto utile di dette disposizioni (v., per analogia, sentenza del 19
novembre 2014, ClientEarth, C‑404/13, EU:C:2014:2382, punti da 42 a 44).
82 Non
può essere accolto neppure l’argomento, dedotto dalla Repubblica italiana,
secondo il quale il superamento dei valori limite fissati per il PM10 non può
essere imputato esclusivamente allo Stato membro interessato, dato che, da una
parte, la diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria, alcune delle quali
sarebbero naturali, altre disciplinate dalle politiche dell’Unione, in
particolare in materia di trasporti, di energia e di agricoltura, riduce le
possibilità per un solo Stato membro di intervenire su tali fonti e di
rispettare i valori limite fissati per il PM10 e, dall’altra, le zone e gli
agglomerati in questione presentano particolarità topografiche e climatiche
particolarmente sfavorevoli alla dispersione delle sostanze inquinanti. Secondo
tale Stato membro, l’inadempimento non può essere dimostrato senza che la
Commissione fornisca la prova dell’imputabilità esclusiva della violazione contestata
allo Stato membro interessato.
83 Occorre
ricordare, a tal riguardo, che, in un procedimento per inadempimento ai sensi
dell’articolo 258 TFUE, spetta alla Commissione provare la sussistenza
dell’asserito inadempimento e quindi provare che uno Stato membro non ha
rispettato un obbligo prescritto da una disposizione del diritto dell’Unione,
senza potersi basare su alcuna presunzione [v., segnatamente, sentenza del 5
settembre 2019, Commissione/Italia (Batterio Xylella fastidiosa), C‑443/18,
EU:C:2019:676, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].
84 Orbene,
per quanto riguarda l’asserito inadempimento nel caso di specie, occorre
sottolineare, come risulta dai considerando 17 e 18 della direttiva 2008/50,
che il legislatore dell’Unione ha fissato i valori limite previsti da
quest’ultima al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente, tenendo
pienamente conto del fatto che gli inquinanti atmosferici sono prodotti da
molteplici fonti e attività e che le diverse politiche sia nazionali sia dell’Unione
possono avere un’incidenza al riguardo.
85 Peraltro,
detta direttiva prevede, da un lato, agli articoli 20 e 21, la possibilità per
uno Stato membro di far riconoscere, quali fonti d’inquinamento che
contribuiscono al superamento dei valori limite contestati, le fonti naturali e
la sabbiatura o la salatura invernale delle strade. D’altra parte, l’articolo
22, paragrafo 2, della stessa direttiva prevede le condizioni alle quali, a
causa della situazione particolare di una zona o di un agglomerato dovuta
segnatamente alle caratteristiche di dispersione del sito o alle condizioni
climatiche avverse, l’esenzione temporanea dall’obbligo del rispetto di detti
valori può essere concessa dopo un esame che comprende altresì, come risulta
dal paragrafo 4 di detto articolo, la presa in considerazione degli effetti
stimati delle misure nazionali e quelle dell’Unione, esistenti e future.
86 Ne
consegue che, nella misura in cui la Commissione fornisce informazioni che
consentono di stabilire che i valori limite giornalieri e annuali di cui
all’articolo 13 della direttiva 2008/50, in combinato disposto con l’allegato
XI della stessa, sono stati superati nelle zone e negli agglomerati interessati
dal suo ricorso e per i periodi ivi indicati, uno Stato membro non può, senza
che siano state concesse le deroghe di cui alle disposizioni citate al punto
precedente e secondo le condizioni ivi previste, invocare tali circostanze per
confutare l’imputabilità dell’inadempimento contestato e sottrarsi così
all’osservanza degli obblighi chiari ai quali è soggetto dal 1º gennaio
2005, in conformità, anzitutto, all’articolo 5 della direttiva 1999/30 e al suo
allegato III e, quindi, all’articolo 13 e all’allegato XI della direttiva
2008/50.
87 Una
volta che, come nel caso di specie, tale costatazione è stata accertata, e in
mancanza della prova fornita dalla Repubblica italiana in merito all’esistenza
di circostanze eccezionali le cui conseguenze non avrebbero potuto essere
evitate nonostante l’uso della massima diligenza, è irrilevante che
l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è
addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali
cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte [v., in tal senso, sentenze del 19
dicembre 2012, Commissione/Italia, C‑68/11, EU:C:2012:815, punti 63 e 64,
e del 24 ottobre 2019, Commissione/Francia (Superamento dei valori limite per
il biossido di azoto), C‑636/18, EU:C:2019:900, punto 42].
88 Per
quanto riguarda, in particolare, l’argomento della Repubblica italiana secondo
cui le politiche europee in materia di trasporti avrebbero contribuito al
superamento dei valori limite fissati per il PM10 in Italia, segnatamente in
quanto esse non avrebbero tenuto conto delle emissioni di biossido di azoto
effettivamente prodotte dai veicoli, segnatamente dai veicoli a motore diesel,
occorre constatare che il ricorso per inadempimento di cui trattasi verte sui
livelli di concentrazione del PM10 e non su quelli di biossido di azoto.
Inoltre, come la Corte ha già statuito, oltre al fatto che i veicoli a motore
soggetti alle norme stabilite dal regolamento (CE) n. 715/2007 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo
all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli
passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di
informazioni per la riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007,
L 171, pag. 1) non sono l’unica causa delle emissioni di biossido di
azoto, né del particolato PM10, le norme dell’Unione applicabili
all’omologazione dei veicoli a motore non esimono gli Stati membri dall’obbligo
di rispettare i valori limite stabiliti dalla direttiva 2008/50 sulla base
delle conoscenze scientifiche e dell’esperienza acquisita degli Stati membri,
in modo da riflettere il livello ritenuto appropriato dall’Unione e dagli Stati
membri al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi degli
inquinanti atmosferici sulla salute umana e sull’ambiente in generale [v., in
tal senso, sentenza del 24 ottobre 2019, Commissione/Francia (Superamento dei
valori limite per il biossido di azoto), C‑636/18, EU:C:2019:900, punto
48].
89 Inoltre,
le caratteristiche topografiche e climatiche delle zone e degli agglomerati
interessati, particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti, non
sono tali da esonerare lo Stato membro interessato dalla responsabilità del
superamento dei valori limite fissati per il PM10, ma, al contrario,
costituiscono fattori che, come risulta dall’allegato XV, parte A, punto 2,
lettere c) e d), della direttiva 2008/50, devono essere presi in considerazione
nel contesto dei piani per la qualità dell’aria che tale Stato membro deve, ai
sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, elaborare per tali zone o agglomerati
al fine di raggiungere il valore limite nell’ipotesi in cui tale valore sia
superato.
90 Inoltre,
quanto all’argomento secondo cui la Commissione avrebbe tardato ad adottare le
misure necessarie alla realizzazione degli obiettivi della direttiva 2008/50,
occorre constatare che esso non è nemmeno tale da esimere la Repubblica
italiana da responsabilità per il mancato rispetto degli obblighi ad essa
incombenti in forza dell’articolo 13, paragrafo 1, di tale direttiva, in
combinato disposto con l’allegato XI di quest’ultima [sentenza del 24 ottobre
2019, Commissione/Francia (Superamento dei valori limite per il biossido di
azoto), C‑636/18, EU:C:2019:900, punto 47].
91 Per
quanto riguarda l’argomento relativo alla portata del riferimento al «margine
di tolleranza», di cui agli articoli 13, 22 e 23 della direttiva 2008/50 nonché
al suo allegato XI, secondo il quale il rispetto dei valori limite di
concentrazione deve sempre includere tale margine di tolleranza, cosicché
sussisterebbe un’infrazione a tale direttiva solo se è dimostrato che il
superamento eccede tale margine, occorre constatare che, conformemente al
tenore letterale dell’articolo 2, punto 7, di detta direttiva, un «margine di
tolleranza» costituisce la percentuale di tolleranza del valore limite
consentita «alle condizioni stabilite dalla [direttiva 2008/50]». Orbene,
l’applicazione di un tale margine vale solo nelle due ipotesi di cui ai
paragrafi 1 e 2 dell’articolo 22 di detta direttiva, come espressamente
enunciato al paragrafo 3 del medesimo articolo.
92 I
paragrafi 1 e 2 dell’articolo 22 della direttiva 2008/50 consentono,
rispettivamente, di rinviare di cinque anni il termine per conformarsi ai
valori limite per il biossido di azoto o il benzene o di sospendere fino all’11
giugno 2011 l’obbligo di applicare i valori limite per il PM10, quali risultano
dall’allegato XI di detta direttiva, a causa della situazione specifica della
zona interessata. In entrambi i casi, il paragrafo 4 di tale articolo 22 impone
agli Stati membri di inviare una notifica in tal senso alla Commissione,
corredata in ogni caso di un piano per la qualità dell’aria, e dispone che «le
condizioni per l’applicazione [di tali paragrafi 1 o 2] sono considerate
soddisfatte» soltanto se la Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi
dalla data di ricezione di tale notifica.
93 Pertanto,
è solo in assenza di obiezioni da parte della Commissione, prevista
dall’articolo 22, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva, entro il
termine di nove mesi a decorrere dalla notifica prevista da detta disposizione,
che un margine di tolleranza può essere concesso ad uno Stato membro. Inoltre,
per quanto riguarda le concentrazioni di PM10, un siffatto margine di
tolleranza costituiva, in ogni caso, una misura transitoria che poteva essere
applicata solo fino all’11 giugno 2011, come risulta dal tenore letterale
dell’articolo 22, paragrafo 2, di detta direttiva. Tale disposizione, pertanto,
non produce più alcun effetto giuridico.
94 Orbene,
occorre constatare che alla Repubblica italiana non è stato concesso alcun
margine di tolleranza ai sensi dell’articolo 22, paragrafi 3 e 4, della
direttiva 2008/50, cosicché neppure tale argomento, dedotto dalla Repubblica
italiana, può essere accolto.
95 Per
quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana secondo cui, da un lato,
il fatto che solo il 17% dell’intero territorio nazionale sia oggetto delle
contestazioni sollevate dalla Commissione, il che escluderebbe di per sé la
violazione dell’articolo 13 di tale direttiva, concepibile solo se i valori
limite previsti per il PM10 sono superati su tutto il territorio nazionale, e,
dall’altro, le differenze di valori registrate tra le stazioni di rilevamento
nell’ambito di una medesima area, diversamente da quanto ritenuto dalla
Commissione, assumono rilievo, si deve ritenere che il superamento dei valori
limite fissati per il PM10, anche in un’unica area, sia di per sé sufficiente a
dimostrare una violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva
2008/50, in combinato disposto con l’allegato XI della stessa [sentenza del 30
aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18,
non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 72 e giurisprudenza ivi citata].
96 La
violazione di dette disposizioni è esaminata in tale contesto a livello delle
zone e degli agglomerati, dovendo il superamento essere analizzato per ciascuna
zona o agglomerato sulla base delle rilevazioni effettuate da ogni stazione di
rilevamento. La Corte ha ritenuto, al riguardo, che gli articoli 13, paragrafo
1, e 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 debbano essere interpretati alla
luce del regime generale e della finalità della normativa di cui tali
disposizioni fanno parte, nel senso che, per stabilire che un valore limite
stabilito nell’allegato XI di tale direttiva è stato superato rispetto alla
media calcolata per anno civile, è sufficiente che un livello di inquinamento
superiore a tale valore sia misurato presso un singolo punto di campionamento [sentenze
del 26 giugno 2019, Craeynest e a., C‑723/17, EU:C:2019:533, punti
60, 66 e 68, nonché del 30 aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei
valori limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata, EU:C:2020:334,
punto 73].
97 Pertanto,
da questa giurisprudenza risulta che non esiste una soglia «de minimis» per
quanto riguarda il numero di zone nelle quali può essere constatato un
superamento, o relativo al numero di stazioni di rilevamento di una determinata
zona per le quali sono registrati superamenti [sentenza del 30 aprile 2020,
Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18,
non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 74]. Inoltre, dal fascicolo risulta che,
nelle zone interessate dal ricorso di cui trattasi, si trovano i più grandi
agglomerati d’Italia, i quali contano diverse decine di milioni di abitanti.
Ignorare tale circostanza si risolverebbe nel violare gli obiettivi perseguiti
dalla direttiva 2008/50, segnatamente quello della protezione della salute
umana e dell’ambiente nel suo complesso.
98 Alla
luce delle suesposte considerazioni, la prima censura dev’essere accolta.
Sulla
seconda censura, vertente su una violazione dell’articolo 23, paragrafo 1,
della direttiva 2008/50, da solo e in combinato disposto con l’allegato XV,
parte A, della medesima
Argomenti
delle parti
99 Con
la sua seconda censura, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana è
venuta meno, dall’11 giugno 2010, agli obblighi ad essa incombenti in
applicazione dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, da solo e
in combinato disposto con l’allegato XV, parte A, di quest’ultima, in
particolare all’obbligo, previsto all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma,
di tale direttiva, di garantire che il periodo di superamento dei valori limite
fissati per il PM10 sia il più breve possibile.
100 La
Commissione fa valere, in via preliminare, che dall’articolo 23, paragrafo 1,
della direttiva 2008/50 discendono principalmente due obblighi, vale a dire, da
un lato, l’obbligo di adottare misure appropriate al fine di assicurarsi che il
periodo di superamento sia il più breve possibile e, dall’altro, l’obbligo di
far figurare nei piani per la qualità dell’aria il contenuto minimo stabilito
nell’allegato XV, parte A, di tale direttiva.
101 La
Commissione sottolinea che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50
istituisce un nesso diretto tra, da un lato, il superamento dei valori limite
fissati per il PM10, vale a dire la violazione degli obblighi previsti dal
combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI di tale
direttiva, e, dall’altro, la predisposizione dei piani per la qualità
dell’aria.
102 Secondo
la Commissione, in tale contesto, occorre procedere ad un’analisi caso per caso
dei piani per la qualità dell’aria elaborati dallo Stato membro interessato per
verificare se essi siano conformi all’articolo 23 della direttiva 2008/50.
Nell’ambito di tale valutazione, se è vero che gli Stati membri dispongono di
un certo margine discrezionale nel determinare le misure da adottare, queste
ultime devono, comunque, garantire che il periodo di superamento dei limiti sia
il più breve possibile.
103 Al fine
di determinare se un piano relativo alla qualità dell’aria preveda misure appropriate
affinché il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve
possibile, la Commissione fa valere che occorre tener conto di diversi fattori
dedotti, in particolare, dalla pertinente giurisprudenza della Corte.
104 In primo
luogo, la qualificazione, da parte della Corte, del superamento dei valori
limite per diversi anni come «sistematico e continuato» dimostrerebbe di per
sé, senza che sia necessario esaminare in modo dettagliato il contenuto dei
piani per la qualità dell’aria predisposti dallo Stato membro interessato, che
tale Stato membro non ha attuato misure appropriate ed efficaci affinché il
periodo di superamento dei valori limite fissati per il PM10 sia «il più breve
possibile» (sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punti da 115 a 117).
105 In
secondo luogo, un superamento dei valori limite nel lungo periodo costituirebbe
un indizio importante del fatto che lo Stato membro interessato non ha
adempiuto l’obbligo che ad esso incombe ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1,
secondo comma, della direttiva 2008/50. La durata dei superamenti stimati dei
valori limite dovrebbe parimenti essere presa in considerazione, come statuito
dalla Corte nella sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia (C‑336/16,
EU:C:2018:94, punto 99), nella valutazione dei piani per la qualità dell’aria,
potendo un termine particolarmente lungo trovare giustificazione solo in
presenza di circostanze eccezionali.
106 In terzo
luogo, si dovrebbe tener conto del livello assoluto del superamento dei valori
limite. Quanto più a lungo dura un superamento di ampia portata, tanto più
quest’ultimo indicherebbe l’inefficacia delle misure già adottate per il
miglioramento della qualità dell’aria.
107 In
quarto luogo, una tendenza al rialzo o l’assenza di variazioni sostanziali dei
livelli di concentrazione che sono già superiori ai valori limite autorizzati
dalla direttiva 2008/50 costituirebbe un elemento aggiuntivo che indica
l’inadeguatezza delle misure adottate.
108 In
quinto luogo, dovrebbe essere preso in considerazione il contenuto formale dei
piani per la qualità dell’aria, in particolare la questione se questi ultimi
contengano tutte le informazioni richieste dalla parte A dell’allegato XV alla
direttiva 2008/50. L’assenza di una o più di queste informazioni costituirebbe
un’indicazione chiara del fatto che tali piani non sono conformi all’articolo
23 della direttiva.
109 In sesto
luogo, il contenuto materiale dei piani per la qualità dell’aria, in
particolare la corrispondenza tra la diagnosi effettuata in tali piani e le
misure previste, l’analisi di tutte le misure possibili e la loro natura
vincolante o soltanto incentivante nonché le fonti di finanziamento per la loro
attuazione sarebbero fattori di cui occorrerebbe tener conto nell’ambito della
valutazione di detti piani.
110 In tale
contesto, la Commissione sostiene che, sebbene gli Stati membri dispongano di
un certo margine di discrezionalità nella scelta delle misure da attuare, un
tale margine sarebbe fortemente limitato in quanto essi devono prevedere e dare
esecuzione a tutte le misure possibili, vale a dire quelle che consentono di
rimediare in maniera efficace e tempestiva ai superamenti dei valori limite.
111 Dopo una
verifica dei piani per la qualità dell’aria per tutte le zone oggetto del suo
ricorso, alla luce dei fattori menzionati ai punti da 104 a 109 della presente
sentenza, la Commissione ritiene che tali piani siano stati adottati in
violazione dell’articolo 23 della direttiva 2008/50, in quanto non hanno
consentito né di garantire il rispetto dei valori limite fissati per il PM10 né
di assicurare che il periodo di superamento di tali valori limite fosse «il più
breve possibile». Inoltre, tale adozione avrebbe avuto luogo in violazione del
combinato disposto dell’articolo 23 e dell’allegato XV, parte A, di tale
direttiva, in quanto alcuni piani per la qualità dell’aria adottati da talune
regioni italiane non contengono le informazioni richieste da tali disposizioni.
112 La
Repubblica italiana sostiene che la Commissione mette in evidenza, per quanto
riguarda la seconda censura, elementi generali che non tengono conto della
situazione particolare in cui versa ciascuna zona o ciascun agglomerato
italiani in questione, limitandosi piuttosto a formulare contestazioni
induttive, generiche, formali e sistematicamente prive di qualsiasi analisi sia
delle cause dei superamenti dei valori limite fissati per il PM10 sia
dell’idoneità tecnica a porvi termine delle misure previste dai piani per la
qualità dell’aria. In realtà, la Commissione si limiterebbe a lamentare che
tali piani, benché incontestabilmente validi, non prevedono la fine di tali
superamenti entro un termine che sia «il più breve possibile» secondo la
valutazione soggettiva effettuata dalla stessa Commissione.
113 La
Repubblica italiana precisa, a tal riguardo, da un lato, che la Commissione
invoca indizi estrinseci e generici, correlati alla durata e all’ampiezza dello
scostamento tra i livelli di concentrazione registrati e i valori massimi
previsti dal diritto dell’Unione. Orbene, tali elementi sarebbero valevoli per
ogni piano relativo alla qualità dell’aria e, come tali, incompatibili con
un’analisi casistica rigorosa delle cause di scostamento e delle misure
adottate.
114 Dall’altro
lato, la Commissione ometterebbe di valutare le misure adottate dalle autorità
nazionali alla luce dei principi europei applicabili in materia di risanamento
dell’aria, in particolare il principio di equilibrio tra gli interessi pubblici
e gli interessi privati nonché il principio di proporzionalità.
115 Per
quanto riguarda quest’ultimo principio, la Repubblica italiana sostiene che uno
Stato membro non può adottare misure insostenibili sul piano sociale ed
economico o tali da ledere valori fondamentali del diritto dell’Unione quali,
ad esempio, la libertà di circolazione delle merci e delle persone, la libertà
dell’iniziativa economica o il diritto ai servizi di pubblica utilità, come
l’accesso al riscaldamento civile, quand’anche tali misure fossero le uniche
potenzialmente idonee a consentire di raggiungere i valori limite entro i
termini prescritti.
116 La
Repubblica italiana ricorda che, nella scelta delle misure da adottare ai fini
del raggiungimento dei risultati prefissati dal diritto dell’Unione, le
autorità nazionali godono di ampia discrezionalità, e tale scelta nazionale
risulterebbe sindacabile soltanto se inficiata da un erroneo apprezzamento di
elementi fattuali o se connotata da una manifesta irragionevolezza, in quanto
palesemente inidonea al conseguimento degli obiettivi prefissati e sostituibile
con misure alternative non incidenti su libertà fondamentali riconosciute dal
legislatore dell’Unione.
117 Invocando
il principio di sussidiarietà, la Repubblica italiana fa valere che spetta alle
autorità nazionali, per quanto attiene alle loro competenze, studiare e
adottare misure idonee a contenere le concentrazioni di inquinanti. La
Commissione non potrebbe pertanto sostituirsi a tali autorità, ma non potrebbe
neppure limitarsi a denunciare genericamente l’insufficienza delle misure
nazionali, senza dimostrarne la manifesta inidoneità tecnica.
118 La
Repubblica italiana sostiene che, in tale ambito, la Commissione non ha
attribuito alcun rilievo al processo di raggiungimento dei limiti, attualmente
in corso in Italia attraverso misure sostenibili e proporzionate, e ne deduce
che, se in ragione del principio dell’equilibrio di tutti gli interessi
pubblici e privati, i valori limite in materia di qualità dell’aria possono
essere rispettati, in certe zone, solo nei prossimi anni, questa circostanza
non può costituire una violazione né dell’articolo 23 né dell’articolo 13 della
direttiva 2008/50.
119 In tale
contesto, la Repubblica italiana fa valere che la tendenza delle concentrazioni
di PM10 nell’aria ambiente può essere analizzata solo alla luce di riscontri
pluriennali, che consentirebbero di individuare una precisa tendenza alla
diminuzione delle concentrazioni di PM10 tra il 2008 e il 2016, e lo
scostamento da una tendenza registrata in singoli anni, come ad esempio il
2015, che sarebbe anomala a causa di circostanze climatiche eccezionali, non
può costituire la base da cui trarre la conclusione dell’inversione di una
tendenza al miglioramento.
120 La
Repubblica italiana sostiene al riguardo che, in realtà, l’articolo 23 della
direttiva 2008/50 non prevede alcuna tempistica predefinita di raggiungimento
dei valori limite nelle zone in cui tali valori sono superati. Detto articolo
dovrebbe invece essere applicato, secondo un’interpretazione sistematica del
diritto dell’Unione, alla luce del principio di proporzionalità e di
«sostenibilità» del processo di raggiungimento dei valori limite. Se il
requisito del «più breve tempo possibile» fosse associato a tempistiche
predefinite, come sostiene la Commissione, e le uniche misure idonee a
raggiungere i valori limite entro queste tempistiche fossero insostenibili sul
piano sociale ed economico o tali da ledere alcuni valori fondamentali del
diritto dell’Unione, lo Stato violerebbe il dovere generale di garantire un
equilibrio tra i valori stessi. Pertanto, la circostanza che i piani per la
qualità dell’aria prevedano di raggiungere i valori limite nel corso di un
periodo relativamente lungo non contrasta, in questa prospettiva, con la
necessità che il periodo di superamento di tali valori limite sia «il più breve
possibile».
121 Per
quanto riguarda, in particolare, i piani regionali per la qualità dell’aria per
le zone e gli agglomerati interessati, la Repubblica italiana fa valere che,
oltre a rappresentare i risultati importanti ottenuti nel processo di
risanamento della qualità dell’aria avviato in tutte le zone interessate tra il
2008 e il 2016, incluso il rispetto dei limiti in talune zone, essi dimostrano
altresì, caso per caso, l’efficacia della gamma delle misure previste nei piani
regionali di risanamento, la completezza formale di detti piani e
l’infondatezza degli indici presuntivi utilizzati dalla Commissione per
affermare che le misure ivi considerate non sono idonee ad assicurare che il
periodo di superamento sia il più breve possibile.
122 La
Commissione, nella sua replica, contesta l’argomento della Repubblica italiana
secondo cui per l’adozione dei piani per la qualità dell’aria non vi sarebbe
alcuna «tempistica predefinita» indicata nella direttiva 2008/50 e secondo cui
tali piani non sono soggetti a «scadenze predefinite», cosicché le autorità
competenti resterebbero libere di scegliere il momento appropriato per
l’adozione di detti piani.
123 La
Commissione sostiene che gli argomenti della Repubblica italiana finirebbero
con il permettere all’articolo 23 della direttiva 2008/50 di ritardare sine die
il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 13 di tale direttiva, essendo
sufficiente allo Stato membro interessato adottare le misure che a suo
insindacabile giudizio sarebbero appropriate. Una siffatta interpretazione
priverebbe di effetto utile sia l’articolo 13 sia l’articolo 23 di detta
direttiva.
124 In tale
contesto, la Commissione ricorda che l’imperativo di garantire un’aria più
pulita servirebbe al fondamentale interesse di tutelare la salute delle persone
e che il margine di manovra delle autorità competenti dovrebbe conformarsi a
tale imperativo.
125 La
Commissione contesta altresì l’argomento della Repubblica italiana secondo cui
è indispensabile avere ampi orizzonti temporali – da cinque a dieci
anni – per consentire alle misure previste nei singoli piani per la
qualità dell’aria di produrre effetto. Essa ricorda che, in ogni caso, spetta
allo Stato membro interessato negare l’indizio costituito dal continuato
superamento dei valori limite e dimostrare in particolare che i suoi piani per
la qualità dell’aria soddisfano i requisiti di cui all’articolo 23, paragrafo
1, e all’allegato XV, parte A, di detta direttiva.
126 Infine,
la Commissione respinge l’addebito della Repubblica italiana di non aver
proceduto a un’analisi casistica dei piani per la qualità dell’aria di cui
trattasi e di essersi limitata ad addurre semplici indici presuntivi di
inadempimento.
127 Infatti,
anche dopo un esame dettagliato di ciascuno dei piani regionali per la qualità
dell’aria, la Commissione sostiene che l’obbligo previsto dall’articolo 23
della direttiva 2008/50 non è stato adempiuto facendo valere, in particolare,
che la maggior parte delle misure adottate dalla Repubblica italiana produrrà
effetti solo diversi anni dopo, di modo che i valori limite non potranno essere
raggiunti prima del 2020 o del 2025, o addirittura del 2030.
128 La
Repubblica italiana, nella sua controreplica, fa valere che la Commissione non
può limitarsi a contestare genericamente la lunghezza eccessiva dei termini
previsti nell’ambito della pianificazione regionale. Tale istituzione dovrebbe
piuttosto indicare le ragioni per le quali, a fronte del contesto economico e
sociale concreto, le misure individuate dagli enti locali nei piani per la
qualità dell’aria risultino manifestamente irragionevoli. I criteri adottati
dalla Commissione ai fini dell’analisi del rispetto dell’articolo 23, paragrafo
1, della direttiva 2008/50 sarebbero quindi manifestamente inadeguati e
darebbero un peso eccessivo alla lunghezza dei tempi per la realizzazione degli
obiettivi relativi alla qualità dell’aria. Peraltro, essa precisa che il suo
argomento relativo all’assenza del «calendario predefinito» nella direttiva
2008/50 non si riferisce all’adozione dei piani per la qualità dell’aria, bensì
al raggiungimento degli obiettivi previsti da tali piani.
129 Essa
sottolinea altresì che non può esserle addebitato alcun ritardo nell’adozione
dei piani per la qualità dell’aria e ribadisce l’efficacia delle misure
sostenibili e proporzionate previste in ciascuno di detti piani regionali,
attestata dalla constatata tendenza alla diminuzione delle concentrazioni di
PM10 nelle zone interessate dal ricorso di cui trattasi.
Giudizio
della Corte
130 Dall’articolo
23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 risulta che, qualora il
superamento dei valori limite per le PM10 abbia luogo dopo il termine previsto
per il loro raggiungimento, lo Stato membro interessato è tenuto a predisporre
un piano per la qualità dell’aria che soddisfi taluni requisiti.
131 In tal
senso, detto piano deve stabilire misure appropriate affinché il periodo di
superamento dei valori limite sia il più breve possibile e può inoltre
includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione,
compresi segnatamente i bambini. Inoltre, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo
1, terzo comma, della direttiva 2008/50, tale piano deve contenere almeno le
informazioni di cui all’allegato XV, punto A, di tale direttiva e può includere
misure a norma dell’articolo 24 di quest’ultima. Detto piano deve essere,
inoltre, comunicato alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due
anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
132 Come
risulta dalla giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 23, paragrafo 1,
della direttiva 2008/50 ha portata generale, dato che si applica, senza limiti
di tempo, ai superamenti di qualsiasi valore limite di inquinante fissato da
tale direttiva, dopo il termine previsto per la sua applicazione,
indipendentemente dal fatto che sia fissato da detta direttiva o dalla
Commissione in forza dell’articolo 22 di quest’ultima [sentenze del 5 aprile
2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 104, e del 30
aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18,
non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 114 e giurisprudenza ivi citata].
133 Si deve
inoltre rilevare che l’articolo 23 della direttiva 2008/50 stabilisce un nesso
diretto tra, da un lato, il superamento dei valori limite fissati per il PM10,
come stabilito dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 in
combinato disposto con l’allegato XI della stessa e, dall’altro, la
predisposizione di piani per la qualità dell’aria [sentenze del 5 aprile 2017,
Commissione/Bulgaria, C‑488/15, UE:C:2017:267, punto 83, e del 30 aprile
2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18,
non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 115 e giurisprudenza ivi citata].
134 Tali
piani possono essere predisposti solo sulla base dell’equilibrio tra
l’obiettivo della riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi
pubblici e privati in gioco [sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria,
C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 106, e del 30 aprile 2020, Commissione/Romania
(Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata,
EU:C:2020:334, punto 116 e giurisprudenza ivi citata].
135 Pertanto,
il fatto che uno Stato membro superi i valori limite fissati per il PM10 non è
sufficiente, di per sé, per ritenere che tale Stato membro sia venuto meno agli
obblighi previsti dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva
2008/50 [sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punto 107, nonché del 30 aprile 2020, Commissione/Romania
(Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata,
EU:C:2020:334, punto 117 e giurisprudenza ivi citata].
136 Tuttavia,
dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 risulta
che, sebbene gli Stati membri dispongano di un certo margine di manovra per la
determinazione delle misure da adottare, queste ultime devono, in ogni caso,
consentire che il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve
possibile [sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punto 109, e del 30 aprile 2020, Commissione/Romania
(Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata,
EU:C:2020:334, punto 118 e giurisprudenza ivi citata].
137 In tali
circostanze, occorre verificare, mediante un’analisi caso per caso, se i piani
per la qualità dell’aria predisposti dallo Stato membro interessato siano
conformi all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50
[sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punto 108, e del 30 aprile 2020, Commissione/Romania
(Superamento dei valori limite per le PM10), C‑638/18, non pubblicata,
EU:C:2020:334, punto 119 e giurisprudenza ivi citata].
138 Nel caso
di specie, occorre constatare, in via preliminare, che la Repubblica italiana è
venuta meno, in modo sistematico e continuato, agli obblighi ad essa incombenti
in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva
2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima, nelle zone e negli agglomerati
interessati dal ricorso di cui trattasi, tra il 2008 e il 2017, come risulta
dall’esame della prima censura sollevata dalla Commissione.
139 È
opportuno ricordare, in tale contesto, che l’obbligo di predisporre, in caso di
superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50, piani per la
qualità dell’aria contenenti misure appropriate affinché il periodo di superamento
sia il più breve possibile grava sullo Stato membro interessato dall’11 giugno
2010. Poiché siffatti superamenti erano già stati constatati in tale data o
addirittura prima di quest’ultima nella quasi totalità delle zone e degli
agglomerati interessati dal ricorso di cui trattasi e, in ogni caso, almeno in
una zona o agglomerato rientrante in ciascun piano regionale per la qualità
dell’aria presentato nell’ambito del procedimento per inadempimento di cui
trattasi a partire da tale data, la Repubblica italiana, che doveva mettere in
vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per conformarsi alla direttiva 2008/50, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1,
di quest’ultima, era tenuta ad adottare e rendere esecutive il più rapidamente
possibile misure appropriate, conformemente all’articolo 23, paragrafo 1, di
quest’ultima.
140 Orbene,
dagli elementi del fascicolo risulta, in primo luogo, che il piano per la
qualità dell’aria per la Regione Sicilia è stato adottato il 18 luglio 2018,
ossia dopo la data di scadenza del termine impartito nel parere motivato
fissato al 28 giugno 2017, come confermato dalla Repubblica italiana nel suo
controricorso, mentre sono stati constatati superamenti del valore limite
giornaliero fissato per il PM10 in una zona appartenente a tale regione dal
2008. Per quanto riguarda le altre regioni nelle quali rientrano le zone e gli
agglomerati interessati previsti dal ricorso di cui trattasi, si può dedurre da
tali elementi che, al momento della scadenza di detto termine, la Repubblica
italiana ha effettivamente adottato piani per la qualità dell’aria nonché
diverse misure destinate a migliorarne la qualità.
141 In
secondo luogo, occorre sottolineare che, in virtù dell’articolo 23, paragrafo
1, terzo comma, della direttiva 2008/50, i piani relativi alla qualità
dell’aria devono contenere almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto
A, di detta direttiva. Orbene, dai dati contenuti nel fascicolo risulta che i
piani regionali per l’Umbria, il Lazio, la Campania e la Puglia non contengono
indicazioni sul termine previsto per il raggiungimento degli obiettivi relativi
alla qualità dell’aria. Inoltre, per quanto riguarda numerose misure menzionate
dalla Repubblica italiana, tali dati non consentono sempre di stabilire se
riguardino le zone e gli agglomerati interessati dal ricorso di cui trattasi,
quale sia il loro scadenzario o il loro impatto sul miglioramento della qualità
dell’aria prevista.
142 In terzo
luogo, per quanto riguarda i piani regionali che hanno previsto i termini per
la realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria, detti piani
annunciano un periodo di realizzazione che può protrarsi per più anni o
talvolta addirittura per due decenni dopo l’entrata in vigore dei valori limite
fissati per il PM10. Infatti, per l’Emilia Romagna e la Toscana, il termine per
la realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria è stato
stimato nel 2020, per il Veneto e la Lombardia nel 2025 e per la Regione
Piemonte nel 2030.
143 In
quarto luogo, dall’esame del contenuto dei piani regionali relativi alla
qualità dell’aria presentati nell’ambito del procedimento per inadempimento di
cui trattasi, che attestano, certamente, un processo diretto a raggiungere i
valori limite attualmente in corso nella Repubblica italiana, risulta che le
misure ivi previste, in particolare quelle intese a comportare cambiamenti
strutturali specificamente alla luce dei fattori principali di inquinamento
nelle zone e negli agglomerati che conoscono superamenti di detti valori limite
dal 2008, sono state previste, per una grande maggioranza di esse, solo in
aggiornamenti recenti di detti piani e, pertanto, appena prima della scadenza
del termine di risposta al parere motivato, se non anche dopo la scadenza di
detto termine o sono ancora in corso di adozione e di pianificazione. Pertanto,
non solo tali misure sono state adottate almeno sei anni dopo l’entrata in
vigore dell’obbligo di prevedere misure appropriate che consentano di porre
fine a detti superamenti nel periodo più breve possibile, ma, inoltre, spesso
esse prevedono periodi di realizzazione particolarmente lunghi.
144 In
quinto luogo, nella misura in cui la Repubblica italiana invoca, a sostegno
dell’adeguatezza delle misure previste nei piani regionali, una netta tendenza
al miglioramento della qualità dell’aria registrata in tutto il territorio
italiano, in particolare nel corso degli anni recenti, e indica che, ai fini
dell’individuazione di una siffatta tendenza, potrebbero essere presi in
considerazione i dati per il 2017, occorre rilevare, in via preliminare, che
numerosi elementi presentati da tale Stato membro a sostegno dei suoi argomenti
non riguardano le zone e gli agglomerati considerati dal ricorso di cui
trattasi.
145 Orbene,
per quanto riguarda questi ultimi, sebbene una certa riduzione a lungo termine
del livello di superamenti registrati dei valori limite possa essere osservata
in alcuni di essi, occorre ricordare, anzitutto, come rilevato al punto 74
della presente sentenza, che, nelle 27 zone e agglomerati oggetto del ricorso
di cui trattasi, il valore limite giornaliero fissato per il PM10 da non
superare più di 35 volte nel corso di un anno è stato rispettato nel corso del
2017 solo in due zone. Inoltre, tali dati rivelano, nella grande maggioranza
delle zone e degli agglomerati interessati, un aumento del numero di
superamenti di detto valore limite per il 2017 rispetto al 2016, anno nel corso
del quale non si è comunque potuto osservare alcun rispetto di detto numero.
Inoltre, per quanto riguarda il numero di superamenti del valore limite
giornaliero fissato per il PM10, preso in quanto tale, tale numero è, in varie
zone e agglomerati interessati, quasi tanto elevato per il 2017 quanto per il
2010 e può raggiungere, in talune zone, il doppio o addirittura il triplo del
numero di superamenti autorizzati. Per di più, per quanto riguarda il valore
limite annuale fissato per il PM10, da questi stessi dati risulta che le zone interessate
nelle regioni Piemonte e Lombardia hanno quasi tutte registrato un aumento di
concentrazioni del PM10 e che solo le zone interessate delle regioni Lazio e
Veneto nonché una zona nella Regione Lombardia non registrano più superamenti
di tale valore nel corso del 2017.
146 Tenuto
conto degli elementi di cui ai punti da 138 a 145 della presente sentenza,
occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha manifestamente adottato in
tempo utile misure appropriate che consentano di garantire che il periodo di
superamento dei valori limite fissati per il PM10 fosse il più breve possibile
nelle zone e negli agglomerati interessati. Pertanto, il superamento dei valori
limite giornaliero e annuale fissati per il PM10 è rimasto sistematico e
continuato per almeno otto anni in dette zone, nonostante l’obbligo incombente
a tale Stato membro di adottare tutte le misure appropriate ed efficaci per
conformarsi al requisito secondo cui il periodo di superamento deve essere il
più breve possibile.
147 Orbene,
tale situazione dimostra di per sé, senza che sia necessario esaminare in modo
più dettagliato il contenuto dei piani per la qualità dell’aria predisposti
dalla Repubblica italiana, che, nel caso di specie, detto Stato membro non ha
attuato misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento dei
valori limite per il PM10 fosse «il più breve possibile», ai sensi
dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 [v., in
tal senso, sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punto 117, nonché del 30 aprile 2020, Commissione/Romania
(Superamento dei valori limite per le PM10), C-638/18, non pubblicata,
EU:C:2020:334, punto 123 e giurisprudenza ivi citata].
148 Per
quanto riguarda l’argomento addotto dalla Repubblica italiana secondo cui è
indispensabile che lo Stato membro interessato abbia ampi orizzonti temporali
per consentire alle misure previste nei singoli piani per la qualità dell’aria
di produrre effetto, poiché la direttiva 2008/50 non prevede un calendario
predefinito al riguardo, si deve ritenere che tale considerazione non possa, in
ogni caso, giustificare un periodo particolarmente lungo per porre fine al
superamento dei valori limite, come quelli previsti nella presente causa, che devono
essere valutati, in ogni caso, alla luce dei riferimenti temporali previsti
dalla direttiva 2008/50 per adempiere ai suoi obblighi, o, come nella presente
causa, tenendo conto della sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Italia (C‑68/11,
EU:C:2012:815), e quindi il 1° gennaio 2008 per i valori limite fissati
per il PM10 e l’11 giugno 2010 per l’adozione dei piani di qualità dell’aria, e
dell’importanza degli obiettivi di protezione della salute umana e
dell’ambiente perseguiti da tale direttiva.
149 Occorre
rilevare a tal riguardo che, secondo la formulazione stessa dell’articolo 23,
paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50, l’adeguatezza delle misure
previste in un piano per la qualità dell’aria deve essere valutata in relazione
alla capacità di tali misure di garantire che il periodo di superamento sia «il
più breve possibile», requisito che è più rigoroso di quello applicabile in
vigenza della direttiva 96/62, che si limitava ad imporre agli Stati membri di
adottare, «entro un termine ragionevole», misure volte a rendere la qualità
dell’aria conforme ai valori limite fissati per il PM10 (v., in tal senso,
sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15,
EU:C:2017:267, punti da 88 a 90).
150 È quindi
in quest’ottica che l’articolo 23 della direttiva 2008/50 impone che, qualora
sia stato accertato un superamento dei valori limite fissati per il PM10, tale
situazione dovrebbe condurre il più rapidamente possibile lo Stato membro
interessato non solo ad adottare, ma anche a dare esecuzione a misure
appropriate in un piano relativo alla qualità dell’aria, e il margine di
manovra di cui dispone tale Stato membro in caso di superamento di detti valori
limite è dunque, in tale contesto, limitato da tale requisito.
151 Peraltro,
per quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana secondo cui i termini
da essa fissati sono pienamente adeguati all’ampiezza delle trasformazioni
strutturali necessarie per porre fine ai superamenti dei valori limite fissati
per il PM10 nell’aria ambiente, ponendo in evidenza, in particolare, difficoltà
relative alla sfida socioeconomica e finanziaria degli investimenti da
realizzare e alle tradizioni locali, occorre ricordare che tale Stato membro
deve dimostrare che le difficoltà da esso invocate per porre fine ai
superamenti dei valori limite fissati per il PM10 sarebbero idonee a escludere
che sarebbe stato possibile stabilire termini più brevi (v., in tal senso,
sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia, C‑336/16,
EU:C:2018:94, punto 101).
152 Orbene,
la Corte ha già dichiarato, rispondendo ad argomenti del tutto simili a quelli
invocati dalla Repubblica italiana nella specie, che difficoltà strutturali,
connesse alla sfida socioeconomica e finanziaria dei vasti investimenti da realizzare,
non rivestivano, di per sé, carattere eccezionale e non erano idonee a
escludere che sarebbe stato possibile stabilire termini più brevi [v., in tal
senso, sentenze del 24 ottobre 2019, Commissione/Francia (Superamento dei
valori limite per il biossido di azoto), C‑636/18, EU:C:2019:900, punto
85, e, per analogia, del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia, C‑336/16,
EU:C:2018:94, punto101]. Non può ragionarsi diversamente per le tradizioni
locali.
153 Occorre
parimenti respingere, in tale contesto, alla luce di quanto suesposto,
l’argomentazione della Repubblica italiana fondata sui principi di
proporzionalità, di sussidiarietà e di equilibrio tra gli interessi pubblici e
gli interessi privati, che, a suo avviso, consentirebbero di autorizzare proroghe,
anche di un periodo molto lungo, quanto al rispetto dei valori limite previsti
dalla direttiva 2008/50. La Corte ha già precisato che, ai sensi dell’articolo
23, paragrafo 1, di detta direttiva, i piani per la qualità dell’aria devono
essere predisposti solo sulla base del principio dell’equilibrio tra
l’obiettivo della riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi
pubblici e privati in gioco [v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2017,
Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 106, e del 24
ottobre 2019, Commissione/Francia (Superamento dei valori limite per il
biossido di azoto), C‑636/18, EU:C:2019:900, punto 79].
154 Se è
vero che detto articolo 23, paragrafo 1, non può quindi esigere, in caso di
superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50, che le misure
adottate da uno Stato membro in applicazione di tale equilibrio garantiscano il
rispetto immediato di tali valori limite affinché possano essere considerate
appropriate, da ciò non deriva tuttavia che, interpretato alla luce di detto
principio, tale articolo 23, paragrafo 1, possa costituire un’ipotesi
aggiuntiva di proroga generale, se del caso, sine die, del termine per
rispettare tali valori, che mirano a proteggere la salute umana, dato che l’articolo
22 di detta direttiva, come è stato rilevato al punto 81 della presente
sentenza, è l’unica disposizione che prevede una possibilità di prorogare detto
termine.
155 Alla
luce di tutto quanto precede, si deve constatare che gli argomenti dedotti dalla
Repubblica italiana non possono, in quanto tali, giustificare lunghi periodi
per porre fine ai superamenti dei valori limite constatati alla luce
dell’obbligo diretto a garantire che il periodo di superamento sia il più breve
possibile.
156 Infine, quanto
all’affermazione della Repubblica italiana secondo cui le censure dedotte dalla
Commissione sono troppo generiche e manca un’analisi casistica dei diversi
piani per la qualità dell’aria, di modo che tale istituzione avrebbe dedotto
semplici indici presuntivi di inadempimento, è sufficiente constatare che dal
fascicolo sottoposto alla Corte risulta che la Commissione ha constatato la non
conformità alla direttiva 2008/50 dei piani per la qualità dell’aria di cui
trattasi dopo aver preso in considerazione i diversi fattori menzionati ai
punti da 138 a 145 della presente sentenza.
157 Ne
deriva che la seconda censura della Commissione deve essere accolta.
158 Alla
luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre dichiarare che la
Repubblica italiana,
– avendo
superato, in maniera sistematica e continuata, i valori limite fissati per il
PM10, superamento che è tuttora in corso,
– quanto
al valore limite giornaliero, a partire dal 2008 e fino all’anno 2017 incluso,
nelle seguenti zone: IT1212 (valle del Sacco); IT1507 (ex zona IT1501, zona di
risanamento – area di Napoli e Caserta); IT0892 (Emilia Romagna, Pianura
ovest); IT0893 (Emilia Romagna, Pianura Est); IT0306 (agglomerato di Milano);
IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0309
(Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione A); IT0310 (Lombardia, pianura ad
elevata urbanizzazione B); IT0312 (Lombardia, fondovalle D); IT0119 (Piemonte,
pianura); IT0120 (Piemonte, collina);
– a
partire dal 2008 e fino al 2016 incluso, nella zona IT1215 (agglomerato di
Roma);
– a
partire dal 2009 e fino al 2017 incluso, nelle seguenti zone: IT0508 e IT0509
(ex zona IT0501, agglomerato Venezia-Treviso); IT0510 (ex zona IT0502,
agglomerato di Padova); IT0511 (ex zona IT0503, agglomerato di Vicenza), IT0512
(ex zona IT0504, agglomerato di Verona); IT0513 e IT0514 (ex zona IT0505; zona
A1 – provincia del Veneto);
– dal
2008 al 2013, e poi nuovamente dal 2015 al 2017, nella zona IT0907 (zona di
Prato-Pistoia);
– dal
2008 al 2012, e poi nuovamente dal 2014 al 2017, nelle zone IT0909 (zona
Valdarno Pisano e Piana Lucchese) e IT0118 (agglomerato di Torino);
– dal
2008 al 2009, e dal 2011 al 2017, nelle zone IT1008 (zona della Conca Ternana)
e IT1508 (ex zona IT1504, zona costiera collinare di Benevento);
– nel
corso del 2008, e dal 2011 al 2017, nella zona IT1613 (Puglia — area
industriale) nonché dal 2008 al 2012, e negli anni 2014 e 2016 nella zona
IT1911 (agglomerato di Palermo); nonché
– quanto
al valore limite annuale nelle zone: IT1212 (valle del Sacco) dal 2008 fino al
2016 incluso; IT0508 e IT0509 (ex zona IT0501, agglomerato di Venezia-Treviso)
negli anni 2009 e 2011, e nel 2015; IT0511 (ex zona IT0503, agglomerato di
Vicenza), negli anni 2011 e 2012, e nel 2015; IT0306 (agglomerato di Milano),
dal 2008 al 2013 e nel corso del 2015; IT0308 (agglomerato di Brescia), IT0309
(Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione A) e IT0310 (Lombardia, pianura
ad elevata urbanizzazione B) dal 2008 al 2013, e negli anni 2015 e 2017; IT0118
(agglomerato di Torino) a partire dal 2008 fino al 2012, e negli anni 2015 e
2017,
è venuta
meno all’obbligo sancito dal combinato disposto dell’articolo 13 e
dell’allegato XI della direttiva 2008/50,
e
non
avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per
garantire il rispetto dei valori limite fissati per il PM10 in tutte tali zone,
è venuta meno agli obblighi imposti dall’articolo 23, paragrafo 1, della
direttiva 2008/50, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV,
parte A, di tale direttiva, e, in particolare, all’obbligo previsto
all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva, di far sì che
i piani per la qualità dell’aria prevedano misure appropriate affinché il
periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile.
Sulle
spese
159 Ai sensi
dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la
parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.
Per
questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) La
Repubblica italiana, avendo superato, in maniera sistematica e continuata, i
valori limite applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, superamento
che è tuttora in corso,
– quanto
al valore limite giornaliero,
– a
partire dal 2008 e fino all’anno 2017 incluso, nelle seguenti zone: IT1212
(valle del Sacco); IT1507 (ex zona IT1501, zona di risanamento – Napoli e
Caserta); IT0892 (Emilia Romagna, Pianura ovest); IT0893 (Emilia Romagna,
Pianura Est); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo);
IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0309 (Lombardia, pianura ad elevata
urbanizzazione A); IT0310 (Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione B);
IT0312 (Lombardia, fondovalle D); IT0119 (Piemonte, pianura); IT0120 (Piemonte,
collina);
– a
partire dal 2008 e fino al 2016 incluso, nella zona IT1215 (agglomerato di
Roma);
– a partire
dal 2009 e fino al 2017 incluso, nelle seguenti zone: IT0508 e IT0509 (ex zona
IT0501, agglomerato di Venezia-Treviso); IT0510 (ex zona IT0502, agglomerato di
Padova); IT0511 (ex zona IT0503, agglomerato di Vicenza), IT0512 (ex zona
IT0504, agglomerato di Verona); IT0513 e IT0514 (ex zona IT0505; zona A1 -
provincia del Veneto);
– dal
2008 al 2013, e poi nuovamente dal 2015 al 2017, nella zona IT0907 (zona di
Prato-Pistoia);
– dal
2008 al 2012, e poi nuovamente dal 2014 al 2017, nelle zone IT0909 (zona
Valdarno Pisano e Piana Lucchese) e IT0118 (agglomerato di Torino);
– dal
2008 al 2009, e dal 2011 al 2017, nelle zone IT1008 (zona della Conca Ternana)
e IT1508 (ex zona IT1504, zona costiera collinare di Benevento);
– nel
2008, e dal 2011 al 2017, nella zona IT1613 (Puglia – area industriale),
nonché dal 2008 al 2012 e negli anni 2014 e 2016 nella zona IT1911 (agglomerato
di Palermo); nonché
– quanto
al valore limite annuale nelle zone: IT1212 (valle del Sacco) dal 2008 fino al
2016 incluso; IT0508 e IT0509 (ex zona IT0501, agglomerato di Venezia-Treviso)
negli anni 2009 e 2011, e nel 2015; IT0511 (ex zona IT0503, agglomerato di
Vicenza), negli anni 2011 e 2012, e nel 2015; IT0306 (agglomerato di Milano),
dal 2008 al 2013 e nel corso del 2015, IT0308 (agglomerato di Brescia), IT0309
(Lombardia, pianura ad elevata urbanizzazione A) e IT0310 (Lombardia, pianura
ad elevata urbanizzazione B) dal 2008 al 2013, e negli anni 2015 e 2017; IT0118
(agglomerato di Torino) dal 2008 fino al 2012, e negli anni 2015 e 2017,
è
venuta meno all’obbligo sancito dal combinato disposto dell’articolo 13 e
dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per
un’aria più pulita in Europa
e
non
avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per
garantire il rispetto dei valori limite fissati per le concentrazioni di
particelle PM10 in tutte tali zone, è venuta meno agli obblighi imposti
dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto da solo e in
combinato disposto con l’allegato XV, parte A, di tale direttiva, e, in
particolare, all’obbligo previsto all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma,
di detta direttiva, di far sì che i piani per la qualità dell’aria prevedano
misure appropriate affinché il periodo di superamento dei valori limite sia il
più breve possibile.
2) La
Repubblica italiana è condannata alle spese.
Lenaerts |
Silva de Lapuerta |
Bonichot |
Arabadjiev |
Prechal |
Piçarra |
Kumin |
Juhász |
Safjan |
Šváby |
Rodin |
Biltgen |
Jürimäe |
Lycourgos |
Xuereb |
Così
deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 novembre 2020.
Il
cancelliere |
|
Il presidente |
A. Calot
Escobar |
|
K. Lenaerts |
* Lingua processuale:
l’italiano.