SENTENZA
DELLA CORTE (Grande Sezione)
6 ottobre
2021 (*)
«Rinvio
pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di
rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale
obbligo – Criteri – Questione relativa all’interpretazione del
diritto dell’Unione sollevata dalle parti nel procedimento nazionale dopo che la
Corte ha pronunciato una sentenza pregiudiziale in tale procedimento –
Mancanza di precisazioni riguardo ai motivi che giustificano la necessità di
una risposta alle questioni pregiudiziali – Irricevibilità parziale della
domanda di pronuncia pregiudiziale»
Nella causa C‑561/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal
Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 15 novembre 2018, pervenuta in
cancelleria il 23 luglio 2019, nel procedimento
Consorzio Italian
Management,
Catania Multiservizi SpA
contro
Rete Ferroviaria Italiana SpA
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts,
presidente, R. Silva de Lapuerta,
vicepresidente, A. Arabadjiev (relatore),
A. Prechal, M. Vilaras,
M. Ilešič, L. Bay
Larsen, N. Piçarra, A. Kumin
e N. Wahl, presidenti di sezione, T. von Danwitz,
C. Toader, L.S. Rossi, I. Jarukaitis e N. Jääskinen,
giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: R. Schiano, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in
seguito all’udienza del 15 luglio 2020,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il Consorzio Italian Management e la Catania
Multiservizi SpA, da E. Giardino e
A. Cariola, avvocati;
– per
la Rete Ferroviaria Italiana SpA, da U. Cossu,
avvocato;
– per
il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
S. Fiorentino, avvocato dello Stato;
– per
il governo tedesco, da J. Möller e D. Klebs, in qualità di agenti;
– per
il governo francese, da E. de Moustier, in
qualità di agente;
– per
la Commissione europea, da G. Gattinara, P. Ondrůšek,
L. Haasbeek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 15 aprile 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2
e 3 TUE, dell’articolo 4, paragrafo 2, degli articoli 9, 26, 34,
dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera e), e degli articoli 106, da 151 a 153,
156 e 267 TFUE, degli articoli 16 e 28 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), della Carta
sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e riveduta a Strasburgo il
3 maggio 1996 (in prosieguo: la «Carta sociale europea»), e della Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nella
riunione del Consiglio europeo tenutasi a Strasburgo il 9 dicembre 1989 (in
prosieguo: la «Carta dei diritti sociali»).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, il
Consorzio Italian Management e la Catania
Multiservizi SpA, aggiudicatari di un appalto
pubblico relativo a servizi di pulizia delle infrastrutture ferroviarie
nazionali, e, dall’altro, la Rete Ferroviaria Italiana SpA
(in prosieguo: la «RFI») in merito al rifiuto di
quest’ultima di accogliere la loro domanda di revisione del prezzo di tale
appalto.
Contesto normativo
3 Ai
sensi del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, (supplemento ordinario alla GURI del 2
maggio 2006, n. 100, in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 163/2006»), all’articolo 2, comma 4:
«Per quanto non espressamente previsto nel
presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si
svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile».
4 Ai
termini dell’articolo 115 del decreto legislativo n. 163/2006, intitolato
«Adeguamenti dei prezzi», al comma 1:
«Tutti i contratti ad esecuzione periodica o
continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di
revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una
istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e
servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma
5».
5 Secondo
l’articolo 206 di tale decreto legislativo sono applicabili ai contratti dei
settori di cui alla direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti
erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto
e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1), ossia i settori speciali
del gas, dell’energia termica, dell’elettricità, dell’acqua, dei servizi di
trasporto, dei servizi postali, della prospezione e dell’estrazione di
petrolio, gas, carbone e altri combustibili solidi nonché dei porti e degli
aeroporti, solo talune disposizioni di detto decreto legislativo, tra le quali
non rientra l’articolo 115 di quest’ultimo.
6 Ai
sensi dell’articolo 210 del decreto legislativo n. 163/2006, intitolato
«Servizi di trasporto»:
«1. Ferme
restando le esclusioni di cui all’articolo 23, le norme della presente parte si
applicano alle attività relative alla messa a disposizione o alla gestione di
reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario,
tranviario, filoviario, ovvero mediante autobus, sistemi automatici o cavo.
2. Nei
servizi di trasporto, si considera esistere una rete se il servizio viene
fornito alle prescrizioni operative stabilite dalle competenti autorità
pubbliche, come ad esempio quelle relative alle tratte da servire, alla
capacità di trasporto disponibile o alla frequenza del servizio».
7 L’articolo
217 di tale decreto legislativo, intitolato «Appalti aggiudicati per fini
diversi dall’esercizio di un’attività di cui ai settori del Capo I o per
l’esercizio di una di dette attività in un Paese terzo», al paragrafo 1, è del
seguente tenore:
«La presente parte non si applica agli appalti
che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle
loro attività di cui agli articoli da 208 a 213 o per l’esercizio di tali
attività in un paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento
materiale di una rete o di un’area geografica all’interno dell[’Unione]».
8 L’articolo
1664 del codice civile, intitolato «Onerosità o
difficoltà dell’esecuzione», al suo primo comma, così dispone:
«Qualora per effetto di circostanze
imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali
o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione
superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il
committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione
può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo».
Procedimento principale e
questioni pregiudiziali
9 La
RFI ha aggiudicato al Consorzio Italian Management e
alla Catania Multiservizi, ricorrenti nel procedimento principale, costituiti
sotto forma di un’associazione temporanea d’imprese, un appalto relativo a
servizi di pulizia, di mantenimento del decoro dei locali ed altre aree aperte
al pubblico e servizi accessori ubicati in stazioni, impianti, uffici ed
officine variamente dislocati nell’ambito della giurisdizione della Direzione
compartimentale movimento di Cagliari (Italia). Il contratto conteneva una
clausola specifica che stabiliva le modalità di revisione del prezzo
concordato, le quali derogavano all’articolo 1664 del codice
civile.
10 Durante
l’esecuzione di tale appalto i ricorrenti nel procedimento principale hanno
chiesto alla RFI, sulla base segnatamente dell’articolo 115 del decreto
legislativo n. 163/2006, la revisione del prezzo dell’appalto
precedentemente concordato affinché si tenesse conto di un incremento dei costi
contrattuali dovuto all’aumento delle spese per il personale. Con decisione del
22 febbraio 2012 la RFI ha respinto tale domanda.
11 I
ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il Tribunale amministrativo
regionale per la Sardegna (Italia) proponendo un ricorso diretto
all’annullamento di tale decisione di rigetto.
12 Con
sentenza dell’11 giugno 2014 il Tribunale amministrativo regionale per la
Sardegna ha respinto il ricorso. Tale giudice ha ritenuto che l’articolo 115
del decreto legislativo n. 163/2006 non fosse applicabile ai contratti
afferenti a settori speciali, come l’appalto di cui al procedimento principale.
Detto giudice ha, infatti, ritenuto che le prestazioni di servizi di pulizia
delle stazioni, degli impianti, degli uffici e delle officine avessero
carattere accessorio rispetto all’esercizio delle attività principali relative
alla messa a disposizione o allo sfruttamento della rete di trasporto
ferroviario, le quali rientrano nei settori speciali. Detto giudice ha aggiunto
che non si doveva procedere a una revisione del prezzo ai sensi dell’articolo
1664 del codice civile, dal momento che le parti nel
procedimento principale si erano avvalse della facoltà di cui disponevano, in
forza di tale articolo, di derogare ad esso inserendo nel contratto per esse
vincolante una clausola che limita la revisione del prezzo.
13 I
ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto appello avverso tale
sentenza dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo, nell’ambito del loro primo
e secondo motivo, che all’appalto di cui al procedimento principale era
applicabile l’articolo 115 del decreto legislativo n. 163/2006 o, in
alternativa, l’articolo 1664 del codice civile, a
differenza di quanto giudicato dal Tribunale amministrativo regionale per la
Sardegna. Inoltre, i ricorrenti nel procedimento principale hanno contestato la
conformità al diritto dell’Unione, segnatamente, degli articoli 115, 206, 210 e
217 del decreto legislativo n. 163/2006, sostenendo che tali disposizioni,
nella parte in cui portano ad escludere la revisione dei prezzi nel settore dei
trasporti, segnatamente la revisione dei prezzi dei contratti di pulizia in
tale settore, erano contrarie, in particolare, all’articolo 3, paragrafo 3,
TUE, agli articoli 26, 101 e seguenti TFUE, nonché alla direttiva 2004/17. La
disciplina nazionale prevederebbe requisiti ingiustificati e ultronei rispetto
alla normativa dell’Unione. Essa sarebbe altresì tale da porre l’impresa
aggiudicataria di un appalto relativo a servizi di pulizia che riveste un
carattere accessorio rispetto a un servizio principale del settore dei
trasporti in posizione di soggezione e di debolezza nei confronti dell’impresa
che fornisce il servizio principale, producendosi in tal modo un ingiusto e
sproporzionato disequilibrio contrattuale che finirebbe per alterare le regole
di funzionamento del mercato. Infine, nell’ipotesi in cui l’esclusione della
revisione dei prezzi dei contratti stipulati nei settori speciali discendesse
direttamente dalla direttiva 2004/17, quest’ultima non sarebbe valida.
14 I
ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto al giudice del rinvio di
sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali dirette a stabilire se il diritto
dell’Unione osti alla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento
principale e a verificare la validità della direttiva 2004/17.
15 Con
ordinanza del 24 novembre 2016, pervenuta in cancelleria il 24 marzo 2017, il
giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se
sia conforme al diritto dell’Unione (in particolare [agli] articoli 3, comma 3,
TUE, articoli 26, 56-58 e 101 TFUE, [all’]articolo
16 [della Carta]) ed alla direttiva [2004/17] l’interpretazione del diritto
interno che escluda la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai (…)
settori speciali, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da
quelli cui si riferisce la stessa direttiva, ma legati a questi ultimi da un
nesso di strumentalità.
2) Se
la direttiva 2004/17 (ove si ritenga che l’esclusione della revisione dei
prezzi in tutti i contratti stipulati ed applicati nell’ambito dei (…) settori
speciali discenda direttamente da essa), sia conforme ai principi dell’Unione
europea (in particolare, agli articoli 3, comma 1 TUE, 26, 56-58 e
101 TFUE, [all’]articolo 16 [della Carta], “per
l’ingiustizia, la sproporzionatezza, l’alterazione
dell’equilibrio contrattuale e, pertanto, delle regole di un mercato
efficiente”».
16 Con
la sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian
Management e Catania Multiservizi (C‑152/17, EU:C:2018:264), la Corte ha
risposto alla prima questione dichiarando che la direttiva 2004/17 e i principi
generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non
ostano a norme di diritto nazionale che non prevedono la revisione periodica
dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati
da tale direttiva.
17 In
tale sentenza, la Corte ha anche ritenuto che la prima questione fosse
irricevibile nella parte in cui riguardava l’interpretazione dell’articolo 3,
paragrafo 3, TUE, degli articoli 26, 57, 58 e 101 TFUE, nonché aspetti
dell’articolo 56 TFUE diversi dai principi di uguaglianza e non
discriminazione nonché dall’obbligo di trasparenza, che quest’ultimo sancisce
in materia di libera prestazione di servizi, in quanto l’ordinanza di rinvio
del 24 novembre 2016 era priva di spiegazioni in merito alla rilevanza
dell’interpretazione di tali disposizioni per la soluzione della controversia
di cui al procedimento principale e, di conseguenza, non rispettava i requisiti
previsti dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.
18 Inoltre,
per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 16 della Carta, la Corte ha
considerato che non si può ritenere che le disposizioni del decreto legislativo
n. 163/2006 di cui trattasi nel procedimento principale, non prevedendo la
revisione periodica dei prezzi degli appalti rientranti nei settori considerati
dalla direttiva 2004/17, attuino il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo
51, paragrafo 1, della Carta.
19 La
Corte ha ritenuto che, tenuto conto della risposta fornita alla prima
questione, la seconda questione fosse ipotetica e, di conseguenza,
irricevibile.
20 A
seguito della pronuncia della sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑152/17,
EU:C:2018:264)), il giudice del rinvio ha tenuto un’udienza pubblica il 14
novembre 2018. Nella loro memoria del 28 ottobre 2018, depositata in vista di
tale udienza, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto a tale giudice
di sottoporre alla Corte nuove questioni pregiudiziali, dirette a determinare
se gli articoli 2 e 3 TUE, l’articolo 4, paragrafo 2, gli articoli 9, 26,
34, l’articolo 101, paragrafo 1, lettera e), gli articoli 106, da 151 a 153 e
156 TFUE, gli articoli 16 e 28 della Carta, la Carta sociale europea e la
Carta dei diritti sociali ostino alla normativa nazionale di cui trattasi nel
procedimento principale.
21 Il
giudice del rinvio osserva che alcune di tali questioni hanno trovato risposta
nella sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian
Management e Catania Multiservizi (C‑152/17, EU:C:2018:264), mentre altre
sono sollevate per la prima volta dai ricorrenti nel procedimento principale.
Tale giudice ritiene che dalla giurisprudenza della Corte risulta
che, in tali circostanze, esso è tenuto a rivolgersi nuovamente alla Corte in
via pregiudiziale, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la
sua decisione ed esso sia chiamato a pronunciarsi su una questione di
interpretazione del diritto dell’Unione.
22 Tuttavia,
detto giudice ritiene necessario interrogare, in via preliminare, la Corte
sull’obbligatorietà del rinvio pregiudiziale nel caso in cui una parte del
processo sollevi dinanzi al giudice nazionale di ultima istanza una questione
di compatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione e, in
particolare, riguardo al punto se siffatto giudice possa considerarsi esonerato
dall’obbligo di rinvio qualora tale questione sia stata sollevata da una parte
non nel suo atto di costituzione in giudizio, ma successivamente, segnatamente
dopo che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in decisione o dopo
che il giudice nazionale di ultima istanza abbia già proceduto a un primo
rinvio pregiudiziale in tale causa.
23 Inoltre,
il giudice del rinvio ritiene che la proposizione da parte di un ricorrente, in
una fase avanzata del procedimento, diretta a che il giudice interessato
sottoponga alla Corte un rinvio pregiudiziale riguardante l’interpretazione di
disposizioni del diritto dell’Unione alle quali tale ricorrente non ha fatto
riferimento al momento della presentazione dell’impugnazione si scontrerebbe
con «un sistema di preclusioni immanente al processo», instaurato dalla
disciplina nazionale, in quanto altererebbe il thema decidendum, delimitato dai motivi di impugnazione e da
quanto eccepito ed opposto dalle parti nel procedimento.
24 Inoltre,
secondo il giudice del rinvio la proposizione «a catena» di questioni
pregiudiziali potrebbe dar luogo a possibili abusi del processo e rischierebbe
di privare di effetto il diritto alla tutela giurisdizionale e il principio di
celere definizione del giudizio con carattere di effettività.
25 In
tali circostanze, il Consiglio di Stato (Italia) ha deciso, nuovamente, di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) [S]e,
ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il giudice nazionale, le cui decisioni
non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale, è tenuto, in linea di
principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di
interpretazione del diritto dell’Unione europea, anche nei casi in cui tale
questione gli venga proposta da una delle parti del processo dopo il suo primo
atto di instaurazione del giudizio o di costituzione nel medesimo, ovvero dopo
che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in decisione, ovvero anche
dopo che vi sia già stato un primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell’Unione europea;
2) se
(...) siano conformi al diritto dell’Unione europea (in particolare agli
articoli 4, paragrafo 2, 9, 101, paragrafo 1, lettera e), 106, 151 – ed
alla Carta sociale europea ed alla Carta dei diritti sociali da esso
richiamate – 152, 153, 156 TFUE; agli articoli 2 e 3 TUE; nonché
all’articolo 28 [della Carta]) gli articoli 115, 206 e 217 [del] d. lgs.
163/2006, come interpretati dalla giurisprudenza amministrativa, nel senso di
escludere la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai (…) settori
speciali, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da quelli cui
si riferisce la direttiva [2004/17], ma legati a questi ultimi da un nesso di
strumentalità;
3) se
(...) siano conformi al diritto dell’Unione europea (in particolare
all’articolo 28 della Carta, al principio di parità di trattamento sancito
dagli articoli 26 e 34 TFUE, nonché al principio di libertà di impresa
riconosciuto anche dall’articolo 16 [della Carta]) gli articoli 115, 206 e 217
[del] d. lgs. 163/2006, come interpretati dalla giurisprudenza amministrativa,
nel senso di escludere la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai (…)
settori speciali, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da
quelli cui si riferisce la direttiva [2004/17], ma legati a questi ultimi da un
nesso di strumentalità».
Sulle questioni
pregiudiziali
Sulla prima questione
26 Con
la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice
nazionale, le cui decisioni non possono essere oggetto di un ricorso
giurisdizionale di diritto interno è esonerato dall’obbligo, previsto al terzo
comma di tale articolo, di sottoporre alla Corte una questione relativa
all’interpretazione del diritto dell’Unione quando tale questione gli è
sottoposta da una parte in una fase avanzata dello svolgimento del
procedimento, dopo che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in
decisione o quando è già stato effettuato un primo rinvio pregiudiziale in tale
causa.
27 A
tal riguardo, occorre rammentare che il procedimento di rinvio pregiudiziale
previsto dall’articolo 267 TFUE, che costituisce la chiave di volta del
sistema giurisdizionale istituito dai trattati, instaura un dialogo da giudice
a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri che mira ad assicurare
l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di
garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché,
in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai
trattati [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del
18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 176 e giurisprudenza ivi citata, nonché
sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16,
EU:C:2018:158, punto 37].
28 Infatti,
il meccanismo pregiudiziale istituito da tale disposizione mira a garantire in
ogni circostanza al diritto dell’Unione la stessa efficacia in tutti gli Stati
membri e a prevenire così divergenze interpretative di quest’ultimo che i
giudici nazionali devono applicare e tende a garantire quest’applicazione,
conferendo al giudice nazionale un mezzo per eliminare le difficoltà che possa
generare il dovere di dare al diritto dell’Unione piena esecuzione nella
cornice dei sistemi giurisdizionali degli Stati membri. Pertanto, i giudici
nazionali hanno la più ampia facoltà, se non l’obbligo, di adire la Corte
qualora ritengano che una causa pendente dinanzi ad essi sollevi questioni implicanti
un’interpretazione o una valutazione della validità delle norme giuridiche
dell’Unione che impongano una decisione da parte loro [v., in tal senso, parere
1/09 (Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle
controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto
83 e giurisprudenza ivi citata].
29 Il
sistema introdotto dall’articolo 267 TFUE istituisce, pertanto, una
cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali, nell’ambito della quale
questi ultimi partecipano strettamente alla corretta applicazione e
all’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché alla tutela dei
diritti attribuiti da quest’ultimo ai singoli [v., in tal senso, parere 1/09
(Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle
controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto
84].
30 Nell’ambito
di tale cooperazione, la Corte fornisce ai giudici nazionali, in quanto
incaricati dell’applicazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso,
sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a.,
283/81, EU:C:1982:335, punto 7), gli elementi d’interpretazione di tale diritto
loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere
(v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito
e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 37, nonché del 5 dicembre 2017,
M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 23).
31 Da
quanto precede discende che le funzioni attribuite, rispettivamente, ai giudici
nazionali e alla Corte sono essenziali alla salvaguardia della natura stessa
dell’ordinamento istituito dai trattati [parere 1/09, (Accordo relativo alla
creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di
brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 85].
32 Inoltre,
si deve rammentare che, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale di
diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è,
in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo
267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione
d’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 15 marzo 2017, Aquino,
C‑3/16, EU:C:2017:209, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
33 Secondo
una giurisprudenza costante della Corte, un giudice nazionale avverso le cui
decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, può
essere esonerato da tale obbligo solo quando abbia constatato che la questione
sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui
trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che
la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza
da non lasciar adito a ragionevoli dubbi [v., in tal senso, sentenze del 6
ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81,
EU:C:1982:335, punto 21; del 15 settembre 2005, Intermodal
Transports, C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 33,
nonché del 4 ottobre 2018, Commissione/Francia (Anticipo d’imposta), C‑416/17,
EU:C:2018:811, punto 110].
34 A
tal riguardo, occorre rammentare, in primo luogo, che dal rapporto fra il
secondo e il terzo comma dell’articolo 267 TFUE discende che i giudici di
cui al comma terzo dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli
altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un
punto di diritto dell’Unione onde consentire loro di decidere. Tali giudici non
sono pertanto tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto
dell’Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire
nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo
influire sull’esito della controversia (sentenze del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto 10; del 18
luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12, EU:C:2013:489,
punto 26, nonché del 15 marzo 2017, Aquino, C‑3/16, EU:C:2017:209, punto
43).
35 Infatti,
nell’ambito di un procedimento ex articolo 267 TFUE, basato su una netta separazione
di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico
competente a conoscere e valutare i fatti della controversia di cui al
procedimento principale nonché ad interpretare e ad applicare il diritto
nazionale. Spetta parimenti al solo giudice nazionale, cui è stata sottoposta
la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda
decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze
della causa, tanto la necessità quanto la rilevanza delle questioni che
sottopone alla Corte (sentenze del 26 maggio 2011, Stichting
Natuur en Milieu e a., da C‑165/09 a C‑167/09,
EU:C:2011:348, punto 47 nonché giurisprudenza ivi citata; del 9 settembre 2015,
X e van Dijk, C‑72/14 e C‑197/14,
EU:C:2015:564, punto 57, nonché del 12 maggio 2021, Altenrhein
Luftfahrt, C‑70/20, EU:C:2021:379, punto 25).
36 In
secondo luogo, occorre rammentare che l’autorità dell’interpretazione data
dalla Corte in forza dell’articolo 267 TFUE può far cadere la causa
dell’obbligo previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE, e renderlo senza
contenuto, segnatamente, qualora la questione sollevata sia materialmente
identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che
sia già stata decisa in via pregiudiziale o, a maggior ragione, nell’ambito del
medesimo procedimento nazionale, o qualora una giurisprudenza consolidata della
Corte risolva il punto di diritto di cui trattasi, quale che sia la natura dei
procedimenti che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, anche in mancanza di
una stretta identità delle questioni controverse (v., in tal senso, sentenze
del 27 marzo 1963, Da Costa e a., da 28/62 a 30/62, EU:C:1963:6,
pag. 73; del 6 ottobre 1982, Cilfit e a.,
283/81, EU:C:1982:335, punti 13 e 14; del 4 novembre 1997, Parfums
Christian Dior, C‑337/95, EU:C:1997:517, punto 29, e del 2 aprile 2009,
Pedro IV Servicios, C‑260/07, EU:C:2009:215,
punto 36).
37 Occorre
tuttavia ricordare che, anche in presenza di una giurisprudenza della Corte che
risolve il punto di diritto di cui trattasi, i giudici nazionali mantengono la
più ampia facoltà di adire la Corte qualora lo ritengano opportuno, senza che
il fatto che le disposizioni di cui si chiede l’interpretazione siano già state
interpretate dalla Corte abbia l’effetto di ostacolare una nuova pronuncia da
parte della stessa (sentenze del 17 luglio 2014, Torresi, C‑58/13 e C‑59/13,
EU:C:2014:2088, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 marzo 2020,
Tesco-Global Áruházak, C‑323/18, EU:C:2020:140,
punto 46).
38 Parimenti,
l’autorità inerente alla sentenza pregiudiziale non osta a che il giudice
nazionale destinatario della sentenza stessa possa ritenere necessario
rivolgersi nuovamente alla Corte prima di dirimere la controversia di cui al
procedimento principale (sentenza del 6 marzo 2003, Kaba,
C‑466/00, EU:C:2003:127, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). Un tale
rinvio si impone a un giudice nazionale di ultima istanza quando esso si trova
di fronte a difficoltà di comprensione quanto alla portata della sentenza della
Corte.
39 In
terzo luogo, occorre rammentare che, oltre alle situazioni evocate al punto 36
della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un
giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso
giurisdizionale di diritto interno può altresì astenersi dal sottoporre alla
Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla
sotto la propria responsabilità qualora l’interpretazione corretta del diritto
dell’Unione s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli
dubbi (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 1982, Cilfit
e a., 283/81, EU:C:1982:335, punti 16 e 21, nonché del 9 settembre 2015,
Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 38).
40 Prima
di concludere nel senso dell’esistenza di una situazione di tal genere, il
giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la
stessa evidenza si imporrebbe altresì ai giudici di ultima istanza degli altri
Stati membri e alla Corte (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto 16; del 15
settembre 2005, Intermodal Transports,
C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 39, del 9 settembre 2015, Ferreira da
Silva e Brito e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 42, nonché del 28
luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15,
EU:C:2016:603, punto 48).
41 Inoltre,
la configurabilità dell’eventualità di cui al punto 39 della presente sentenza
va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione,
delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio
di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione (sentenze del 6 ottobre
1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto
17, e del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14,
EU:C:2015:565, punto 39 nonché giurisprudenza ivi citata).
42 Si
deve innanzitutto tener conto del fatto che le disposizioni del diritto
dell’Unione sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche
fanno fede nella stessa misura (sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto 18).
43 Infatti,
conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una delle versioni
linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico
elemento a sostegno dell’interpretazione della disposizione medesima, né si può
attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni
linguistiche. Le norme dell’Unione devono essere, infatti, interpretate ed
applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue
dell’Unione (v., in particolare, sentenza del 24 marzo 2021, A, C‑950/19,
EU:C:2021:230, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
44 Se
un giudice nazionale di ultima istanza non può certamente essere tenuto a
effettuare, a tal riguardo, un esame di ciascuna delle versioni linguistiche
della disposizione dell’Unione di cui trattasi, ciò non toglie che esso deve
tener conto delle divergenze tra le versioni linguistiche di tale disposizione
di cui è a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono esposte dalle
parti e sono comprovate.
45 Va
poi rilevato che il diritto dell’Unione impiega una terminologia che gli è
propria e nozioni autonome che non presentano necessariamente lo stesso
contenuto delle nozioni equivalenti che possono esistere nei diritti nazionali
(v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit
e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto 19).
46 Infine,
ciascuna disposizione di diritto dell’Unione, deve essere collocata nel suo
contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale
diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione al momento in
cui va data applicazione alla disposizione in parola (sentenze del 6 ottobre
1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto
20, nonché del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15,
EU:C:2016:603, punto 49).
47 Pertanto,
solo nel caso in cui un giudice nazionale di ultima istanza, con l’ausilio dei
criteri interpretativi menzionati ai punti da 40 a 46 della presente sentenza,
concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole
quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi
dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto
dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità.
48 Ciò
posto, la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una
disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre
letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato,
segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione,
nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere
sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto
all’interpretazione corretta di tale disposizione.
49 Tuttavia,
quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno
agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi
giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di
una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui
al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di
ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione
riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto
all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e
tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura
pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto
dell’Unione.
50 Occorre
rilevare, in quarto luogo, che i giudici nazionali avverso le cui decisioni non
possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno devono valutare,
sotto la propria responsabilità, in maniera indipendente e con tutta la dovuta
attenzione, se si trovino in una delle ipotesi che consentono loro di astenersi
dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto
dell’Unione che è stata sollevata dinanzi ad esse (v., in tal senso, sentenze
del 15 settembre 2005, Intermodal Transports,
C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 37 e giurisprudenza ivi citata; del 9
settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14,
EU:C:2015:565, punto 40, nonché del 9 settembre 2015, X e van Dijk, C‑72/14 e C‑197/14, EU:C:2015:564, punti
58 e 59).
51 A
tal riguardo, dal sistema istituito dall’articolo 267 TFUE, letto alla
luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, discende che, allorché un
giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso
giurisdizionale di diritto interno ritenga, per il fatto di trovarsi in
presenza di una delle tre situazioni menzionate al punto 33 della presente
sentenza, di essere esonerato dall’obbligo di effettuare un rinvio
pregiudiziale alla Corte, previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE, la
motivazione della sua decisione deve far emergere o che la questione di diritto
dell’Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della
controversia, o che l’interpretazione della disposizione considerata del
diritto dell’Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza
di tale giurisprudenza, che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è
imposta al giudice nazionale di ultima istanza con un’evidenza tale da non
lasciar adito a ragionevoli dubbi.
52 Infine,
si deve inoltre esaminare se un giudice nazionale di ultima istanza sia
esonerato dall’obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa
all’interpretazione del diritto dell’Unione, previsto dall’articolo 267, terzo
comma, TFUE, qualora il rinvio pregiudiziale sia stato proposto da una parte al
procedimento in una fase avanzata dello svolgimento di quest’ultimo, in
particolare dopo un primo rinvio pregiudiziale effettuato, peraltro, a seguito
di una domanda di tale parte.
53 A
tal riguardo, occorre rammentare che il sistema di cooperazione diretta tra la
Corte e i giudici nazionali, instaurato dall’articolo 267 TFUE, è estraneo
ad ogni iniziativa delle parti (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013,
Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12, EU:C:2013:489, punto 28 e
giurisprudenza ivi citata, nonché del 3 giugno 2021, Bankia,
C‑910/19, EU:C:2021:433, punto 22). Queste ultime non possono privare i
giudici nazionali della loro indipendenza nell’esercizio del potere di cui al
punto 50 della presente sentenza, segnatamente obbligandoli a presentare una
domanda di pronunzia pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre
1978, Mattheus, 93/78, EU:C:1978:206, punto 5).
54 Il
sistema instaurato dall’articolo 267 TFUE non costituisce quindi un
rimedio giuridico esperibile dalle parti di una controversia dinanzi a un
giudice nazionale. Pertanto, non basta che una parte sostenga che la
controversia pone una questione di interpretazione del diritto dell’Unione
perché il giudice interessato sia obbligato a ritenere che una tale questione
sia sollevata ai sensi dell’articolo 267 TFUE (sentenza del 6 ottobre
1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto
9).
55 Ne
consegue che la determinazione e la formulazione delle questioni da sottoporre
alla Corte spettano unicamente al giudice nazionale e che le parti in causa nel
procedimento principale non possono modificarne il tenore (v., in tal senso,
sentenza del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12,
EU:C:2013:489, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
56 Inoltre,
spetta al solo giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia
necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (v., in tal senso,
sentenza del 17 luglio 2008, Coleman, C‑303/06, EU:C:2008:415, punto 29 e
giurisprudenza ivi citata), fermo restando tuttavia che quest’ultima non è
competente a conoscere del rinvio pregiudiziale qualora, nel momento in cui
esso viene effettuato, il giudizio dinanzi al giudice a quo sia ormai concluso (sentenza
del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine, C‑176/96,
EU:C:2000:201, punto 19).
57 Dalle
considerazioni che precedono risulta che, qualora si trovi in presenza di una
delle situazioni di cui al punto 33 della presente sentenza, un giudice nazionale
avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto
interno non è tenuto ad adire la Corte, ai sensi
dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, anche se la questione relativa
all’interpretazione del diritto dell’Unione fosse sollevata da una parte nel
procedimento dinanzi ad esso.
58 Invece,
dalle considerazioni esposte ai punti 32 e 33 della presente sentenza risulta
che, se tale giudice constata di non trovarsi in presenza di una di tali
situazioni, l’articolo 267, terzo comma, TFUE, gli impone di sottoporre alla
Corte ogni questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione
sollevata dinanzi ad esso.
59 Il
fatto che detto giudice abbia già adito la Corte in
via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale non mette in
discussione tale obbligo qualora permanga, dopo la decisione della Corte, una
questione di interpretazione del diritto dell’Unione la cui risposta è
necessaria per dirimere la controversia.
60 Il
giudice del rinvio fa tuttavia riferimento a disposizioni processuali nazionali
in forza delle quali una nuova questione di interpretazione del diritto
dell’Unione sollevata da una parte nell’ambito della controversia di cui al
procedimento principale dopo la presentazione del ricorso sarebbe irricevibile,
in quanto essa modificherebbe l’oggetto della controversia, in particolare
quando essa è sollevata dopo un primo rinvio pregiudiziale.
61 A
tal riguardo, si deve rammentare che un organo giurisdizionale nazionale di
ultima istanza può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione
pregiudiziale per motivi di irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a
tale giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di
effettività (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C‑430/93
e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 17, nonché del 15 marzo 2017, Aquino, C‑3/16,
EU:C:2017:209, punto 56).
62 Il
principio di equivalenza richiede che la complessiva disciplina dei ricorsi si
applichi indistintamente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto
dell’Unione e a quelli simili fondati sulla violazione del diritto interno (v.
sentenza del 15 marzo 2017, Aquino, C‑3/16, EU:C:2017:209, punto 50 e
giurisprudenza ivi citata).
63 Quanto
al principio di effettività, le norme processuali nazionali non devono essere
tali da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio
dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. A tal riguardo,
occorre tener conto del ruolo di tali norme nell’insieme del procedimento,
dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo, dinanzi ai vari organi
giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo occorre prendere in
considerazione, se necessario, i principi che sono alla base del sistema
giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il
principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento
(sentenza del 15 marzo 2017, Aquino, C‑3/16, EU:C:2017:209, punti 52 e 53
nonché giurisprudenza ivi citata).
64 La
Corte ha così giudicato che norme processuali nazionali in forza delle quali
l’oggetto della controversia è determinato dai motivi di ricorso sollevati al
momento della sua proposizione sono compatibili con il principio di effettività
dal momento che esse garantiscono il regolare svolgimento del procedimento, in
particolare preservandolo dai ritardi dovuti alla valutazione dei motivi nuovi
(v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 1995, van Schijndel
e van Veen, C‑430/93 e C‑431/93,
EU:C:1995:441, punto 21).
65 Nell’ipotesi
in cui, in forza delle norme processuali dello Stato membro interessato che
rispettino i principi di equivalenza e di effettività, i motivi sollevati
dinanzi a un giudice di cui all’articolo 267, terzo comma, TFUE, debbano essere
dichiarati irricevibili, una domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere
considerata necessaria e rilevante affinché tale giudice possa decidere
(sentenza del 15 marzo 2017, Aquino, C‑3/16, EU:C:2017:209, punto 44).
66 Tenuto
conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima
questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel
senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi
ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di
sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto
dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione
non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è
già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta
interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non
lasciare adito a ragionevoli dubbi. La configurabilità di siffatta eventualità
deve essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto
dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e
del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice
non può essere esonerato da detto obbligo per il solo motivo che ha già adito
la Corte in via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale.
Tuttavia, esso può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla
Corte per motivi d’irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a detto
giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.
Sulla seconda e terza questione
67 Con
la sua seconda e la sua terza questione, che è opportuno esaminare
congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 2 e
3 TUE, l’articolo 4, paragrafo 2, gli articoli 9, 26, 34, l’articolo 101,
paragrafo 1, lettera e), nonché gli articoli 106, da 151 a 153 e
156 TFUE, gli articoli 16 e 28 della Carta, la Carta sociale europea e la
Carta dei diritti sociali debbano essere interpretati nel senso che essi ostano
a una normativa nazionale che non prevede la revisione periodica dei prezzi
dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori che sono oggetto della
direttiva 2004/17.
68 A
tal proposito, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza
della Corte, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali,
la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia
utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente
i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e
indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura, i
quali si presumono noti al giudice del rinvio (sentenza del 19 aprile 2018,
Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi,
C‑152/17, EU:C:2018:264, punto 21, e giurisprudenza ivi citata). Tali
requisiti sono inoltre richiamati nelle raccomandazioni della Corte
all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di
pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1).
69 Pertanto,
è indispensabile, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento
di procedura, che la decisione di rinvio contenga l’illustrazione dei motivi
che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o
sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il
collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa
nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (v.,
in tal senso, sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian
Management e Catania Multiservizi, C‑152/17, EU:C:2018:264, punto 22
nonché giurisprudenza ivi citata).
70 Nel
caso di specie, occorre constatare che, con la presente domanda di pronuncia
pregiudiziale, il giudice del rinvio non ha rimediato alla lacuna rilevata
dalla Corte al punto 23 della sua sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑152/17,
EU:C:2018:264), nella misura in cui esso continua, in violazione dell’articolo
94, lettera c), del regolamento di procedura, a non esporre con la precisione e
la chiarezza richieste i motivi per cui ritiene che l’interpretazione
dell’articolo 3 TUFE nonché dell’articolo 26 e l’articolo 101, paragrafo
1, lettera e), TFUE, gli sembri necessaria o utile ai fini per dirimere la
controversia di cui al procedimento principale, e neppure il collegamento tra
il diritto dell’Unione e la legislazione nazionale applicabile a tale
controversia. Tale giudice non precisa neppure i motivi che l’hanno portato a
interrogarsi sull’interpretazione delle altre disposizioni e degli atti
menzionati nella seconda e nella terza questione sollevate, tra i quali figura,
in particolare, la Carta sociale europea, che la Corte non è peraltro
competente a interpretare (v., in tal senso, sentenza del 5 febbraio 2015, Nisttahuz Poclava, C‑117/14,
EU:C:2015:60, punto 43), ma si limita, in sostanza, a esporre gli interrogativi
a tal riguardo dei ricorrenti nel procedimento principale, come emerge dal
punto 20 della presente sentenza, senza fornire la propria valutazione.
71 Ne
consegue che la seconda e la terza questione sono irricevibili.
Sulle spese
72 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi
motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’articolo
267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale
avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto
interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una
questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata
dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che
la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto
d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del
diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a
ragionevoli dubbi.
La
configurabilità di siffatta eventualità deve essere valutata in funzione delle
caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà
che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze
giurisprudenziali in seno all’Unione.
Tale giudice
non può essere esonerato da detto obbligo per il solo motivo che ha già adito
la Corte in via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale.
Tuttavia, esso può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla
Corte per motivi d’irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a detto
giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.
Lenaerts |
Silva de Lapuerta |
Arabadjiev |
Prechal |
Vilaras |
Ilešič |
Bay Larsen |
Piçarra |
Kumin |
Wahl |
von Danwitz |
Toader |
Rossi |
Jarukaitis |
Jääskinen |
Così deciso e
pronunciato a Lussemburgo il 6 ottobre 2021.
Il cancelliere |
|
Il
presidente |
A. Calot Escobar |
|
K. Lenaerts |
* Lingua processuale:
l’italiano.