SENTENZA DELLA CORTE (Grande
Sezione)
21
dicembre 2021 (*)
«Rinvio
pregiudiziale – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE –
Obbligo degli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per
assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal
diritto dell’Unione – Appalti pubblici – Direttiva 89/665/CEE –
Articolo 1, paragrafi 1 e 3 – Articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea – Sentenza del supremo organo della
giustizia amministrativa di uno Stato membro che, in violazione della
giurisprudenza della Corte, dichiara irricevibile il ricorso di un offerente
escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico –
Mancanza di rimedi giurisdizionali avverso tale sentenza dinanzi all’organo
giurisdizionale supremo di tale Stato membro – Principi di effettività e
di equivalenza»
Nella
causa C‑497/20,
avente
ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con
ordinanza del 7 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 30 settembre 2020, nel
procedimento
Randstad
Italia SpA
contro
Umana
SpA,
Azienda
USL Valle d’Aosta,
IN.
VA SpA,
Synergie
Italia agenzia per il lavoro SpA,
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta
da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente,
A. Arabadjiev, C. Lycourgos (relatore), E. Regan,
I. Jarukaitis, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer,
presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot,
T. von Danwitz, M. Safjan, A. Kumin e N. Wahl,
giudici,
avvocato
generale: G. Hogan
cancelliere:
C. Di Bella, amministratore
vista la
fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2021,
considerate
le osservazioni presentate:
– per
la Randstad Italia SpA, da M. Brugnoletti e S.D. Tomaselli, avvocati;
– per
la Umana SpA, da F. Bertoldi, avvocato;
– per
l’Azienda USL Valle d’Aosta, da F. Dal Piaz e P. Borioni, avvocati;
– per
la Synergie Italia agenzia per il Lavoro SpA, da A.M. Balestreri,
avvocato;
– per
il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
S. Fiorentino e P. Gentili, avvocati dello Stato;
– per
la Commissione europea, da F. Erlbacher, P. Stancanelli,
P.J.O. Van Nuffel e G. Gattinara, in qualità di agenti,
sentite
le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 settembre
2021,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4,
paragrafo 3, e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché dell’articolo 2,
paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 267 TFUE, letti alla luce dell’articolo
47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la
«Carta»), e sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e
dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21
dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia
di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989,
L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 (GU 2014,
L 94, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede
contrapposte, da un lato, la Randstad Italia SpA (in prosieguo: la «Randstad»)
e, dall’altro, la Umana SpA, l’Azienda USL Valle d’Aosta (Italia) (in
prosieguo: l’«USL»), la IN. VA SpA e la Synergie Italia agenzia per il
Lavoro SpA (in prosieguo: la «Synergie») in ordine, da un lato, all’esclusione
della Randstad da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e,
dall’altro, alla regolarità di detta procedura.
Contesto
normativo
Diritto
dell’Unione
3 L’articolo
1 della direttiva 89/665, rubricato «Ambito di applicazione e accessibilità
delle procedure di ricorso», così dispone:
«1. La
presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2014/24/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio[, del 26 febbraio 2014, sugli appalti
pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94,
pag. 65)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli 7,
8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17 e 37 di tale direttiva.
La
presente direttiva si applica anche alle concessioni aggiudicate dalle
amministrazioni aggiudicatrici, di cui alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio[, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei
contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag.1)], a meno che tali
concessioni siano escluse a norma degli articoli 10, 11, 12, 17 e 25 di tale
direttiva.
Gli
appalti di cui alla presente direttiva comprendono gli appalti pubblici, gli
accordi quadro, le concessioni di lavori e di servizi e i sistemi dinamici di
acquisizione.
Gli
Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto
riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2014/24] o dalla direttiva
[2014/23], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano
essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile,
secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente
direttiva, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto
dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme
nazionali di recepimento.
(…)
3. Gli
Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo
modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto
interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o
rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.
(…)».
4 L’articolo
2 di tale direttiva, rubricato «Requisiti per le procedure di ricorso», al suo
paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Gli
Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure
di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di:
a) prendere con
la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti cautelari
intesi a riparare la violazione denunciata o ad impedire che altri danni siano
causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere
o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l’esecuzione
di qualsiasi decisione presa dall’amministrazione aggiudicatrice;
b) annullare o
far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle
specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti
nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro
documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in
questione;
c) accordare un
risarcimento danni ai soggetti lesi dalla violazione».
5 Ai
sensi dell’articolo 2 bis di detta direttiva, rubricato «Termine
sospensivo»:
«1. Gli
Stati membri provvedono affinché i soggetti di cui all’articolo 1, paragrafo 3,
dispongano di termini tali da garantire ricorsi efficaci avverso le decisioni
di aggiudicazione di un appalto prese dalle amministrazioni aggiudicatrici
adottando le disposizioni necessarie nel rispetto delle condizioni minime di
cui al paragrafo 2 del presente articolo e all’articolo 2 quater.
2. La
conclusione di un contratto in seguito alla decisione di aggiudicazione di un
appalto disciplinato dalla direttiva [2014/24] o dalla direttiva [2014/23] non
può avvenire prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a
decorrere dal giorno successivo a quello in cui la decisione di aggiudicazione
dell’appalto è stata inviata agli offerenti e ai candidati interessati, se la
spedizione è avvenuta per fax o per via elettronica oppure, se la spedizione è
avvenuta con altri mezzi di comunicazione, prima dello scadere di almeno
quindici giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui è
stata inviata la decisione di aggiudicazione dell’appalto agli offerenti e ai
candidati interessati o di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno
successivo alla data di ricezione della decisione di aggiudicazione
dell’appalto.
Gli
offerenti sono considerati interessati se non sono già stati definitivamente
esclusi. L’esclusione è definitiva se è stata comunicata agli offerenti
interessati e se è stata ritenuta legittima da un organo di ricorso indipendente
o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso.
I
candidati sono considerati interessati se l’amministrazione aggiudicatrice non
ha messo a disposizione informazioni circa il rigetto della loro domanda prima
della notifica della decisione di aggiudicazione dell’appalto agli offerenti
interessati.
La
comunicazione della decisione di aggiudicazione ad ogni offerente e candidato
interessato è accompagnata da:
– una
relazione sintetica dei motivi pertinenti (...), e
– una
precisa indicazione del termine sospensivo esatto applicabile (...)».
Diritto
italiano
6 L’ottavo
comma dell’articolo 111 della Costituzione così dispone:
«Contro
le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in
Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».
7 L’articolo
360, primo comma, del codice di procedura civile prevede quanto segue:
«Le
sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere
impugnate con ricorso per cassazione: 1) per
motivi attinenti alla giurisdizione; (...)».
8 Ai
sensi dell’articolo 362, primo e secondo comma, del codice di procedura civile:
«Possono
essere impugnate con ricorso per cassazione (...) le decisioni in grado
d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla
giurisdizione del giudice stesso.
Possono
essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti
positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i
giudici ordinari; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica
amministrazione e il giudice ordinario».
9 L’articolo
6, paragrafo 1, del codice del processo amministrativo stabilisce quanto segue:
«Il
Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione
amministrativa».
10 L’articolo
110 del codice del processo amministrativo così dispone:
«Il
ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per
i soli motivi inerenti alla giurisdizione».
Procedimento
principale e questioni pregiudiziali
11 Il
13 dicembre 2017 l’USL ha indetto una procedura di gara per un appalto pubblico
di un valore di circa EUR 12 000 000 da aggiudicare in base al
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di individuare
un’agenzia per il lavoro cui affidare la somministrazione temporanea di
personale.
12 Era
prevista una «soglia di sbarramento» per le offerte tecniche, fissata a 48 punti,
con esclusione degli offerenti che avessero conseguito un punteggio inferiore.
13 Alla
procedura hanno partecipato otto offerenti, tra i quali la Randstad, la GI
Group Spa e il raggruppamento temporaneo formato dalla Synergie e dalla Umana
(in prosieguo: il «raggruppamento Synergie-Umana»).
14 Il
3 ottobre 2018 la commissione di gara, dopo aver valutato le offerte tecniche,
ha ammesso alla fase successiva, relativa alla valutazione economica delle
offerte, la GI Group e il raggruppamento Synergie-Umana. La Randstad,
classificata al terzo posto al termine della valutazione delle offerte
tecniche, è stata esclusa perché la sua offerta tecnica aveva ottenuto un
punteggio inferiore a quello corrispondente alla soglia di sbarramento.
15 Il
6 novembre 2018 la gara è stata aggiudicata al raggruppamento Synergie-Umana.
16 La
Randstad ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale
della Valle d’Aosta (Italia) diretto a contestare, da un lato, la propria
esclusione dalla procedura di gara e, dall’altro, la regolarità di tale
procedura. Il suo ricorso verteva, infatti, non solo sulla suddetta esclusione,
ma anche sull’aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento Synergie-Umana.
17 A
sostegno del suo ricorso, la Randstad deduceva, tra l’altro, la mancata
suddivisione della gara in lotti, l’inadeguata determinazione dei criteri di
valutazione e l’illegittima nomina della commissione di gara. L’USL e il
raggruppamento Synergie-Umana eccepivano l’inammissibilità dei motivi con cui
la Randstad contestava la regolarità della gara. La Randstad sarebbe priva di
legittimazione a proporre tali motivi, essendo stata esclusa da detta gara.
18 Con
sentenza del 15 marzo 2019, il Tribunale amministrativo regionale della Valle
d’Aosta ha rigettato tale eccezione di inammissibilità. Dal momento che la
Randstad aveva legittimamente partecipato alla gara e ne era stata esclusa a
causa della valutazione negativa della sua offerta tecnica, tale impresa, ad
avviso di quest’ultimo giudice, era legittimata a contestare l’esito della gara
sotto ogni suo profilo. Nel merito, tuttavia, detto giudice ha respinto tutti i
motivi dedotti dalla Randstad e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.
19 Contro
tale sentenza la Randstad ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato,
ribadendo i motivi già dedotti in primo grado. La Synergie e la Umana hanno
proposto appello in via incidentale, contestando al Tribunale amministrativo
regionale della Valle d’Aosta di aver dichiarato ammissibili i motivi con cui
la Randstad contestava la regolarità della procedura e, quindi,
l’aggiudicazione in cui quest’ultima è sfociata.
20 Con
sentenza del 7 agosto 2019 (in prosieguo: la «sentenza del Consiglio di
Stato»), il Consiglio di Stato ha respinto nel merito il motivo d’appello con
cui la Randstad contestava il punteggio attribuito alla sua offerta tecnica.
Inoltre, accogliendo gli appelli della Synergie e della Umana proposti in via
incidentale, detto giudice, con tale sentenza, ha riformato la sentenza
impugnata nella parte in cui il Tribunale amministrativo regionale della Valle
d’Aosta aveva dichiarato ammissibili e quindi valutato nel merito i motivi
dedotti dalla Randstad per contestare la regolarità della procedura.
21 A
sostegno della sua decisione, il Consiglio di Stato ha dichiarato segnatamente
che la Randstad, «essendo stata esclusa dalla gara per non aver superato la
“prova di resistenza” della soglia minima di punteggio dell’offerta tecnica
tramite il confronto a coppie, e non essendo riuscita a dimostrare
l’illegittimità della gara quanto all’attribuzione del predetto punteggio,
rimane (...) priva non solo del titolo a partecipare alla gara, ma anche della
legittimazione a contestare gli esiti sotto altri profili, giacché diviene
portatrice di un interesse di mero fatto, analogo a quello di qualunque
operatore economico del settore che non ha partecipato alla gara».
22 La
Randstad ha impugnato la sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte
suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio. Essa sostiene che il
Consiglio di Stato ha violato il suo diritto a un ricorso effettivo, sancito
segnatamente dall’articolo 1 della direttiva 89/665. A tal riguardo, la
Randstad fa riferimento alle sentenze della Corte del 4 luglio 2013, Fastweb (C‑100/12,
EU:C:2013:448), del 5 aprile 2016, PFE (C‑689/13, EU:C:2016:199), nonché
del 5 settembre 2019, Lombardi (C‑333/18, EU:C:2019:675).
23 Secondo
la Randstad, il motivo vertente sulla violazione del diritto a un ricorso
effettivo è uno dei motivi inerenti alla «giurisdizione» per i quali l’articolo
111, ottavo comma, della Costituzione prevede che sia ammesso il ricorso in
cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato.
24 Le
altre parti nel procedimento principale sostengono che detto ricorso per
cassazione non solo è infondato, ma è anche inammissibile. Quest’ultimo
riguarderebbe la legittimità della valutazione effettuata dal Consiglio di
Stato e non verterebbe quindi sulla questione inerente alla giurisdizione dei
giudici amministrativi.
25 Secondo
il giudice del rinvio, il rifiuto del Consiglio di Stato di esaminare, in un
caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale, i motivi vertenti
sull’irregolarità della procedura di gara, viola il diritto a un ricorso
effettivo ai sensi del diritto dell’Unione.
26 Secondo
detto giudice, è necessario, affinché siano salvaguardate l’uniformità e
l’effettività del diritto dell’Unione, che possa essere proposto un ricorso per
cassazione avverso una siffatta sentenza del Consiglio di Stato, sulla base
dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione. Infatti, un tale ricorso
per cassazione costituirebbe l’estremo rimedio giurisdizionale per evitare il
passaggio in giudicato di una sentenza del Consiglio di Stato che sia contraria
al diritto dell’Unione.
27 A
tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene che, quando il Consiglio di Stato
effettua un’applicazione o un’interpretazione di disposizioni nazionali che
risulti incompatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate
dalla Corte, esso eserciti un potere giurisdizionale di cui è privo. In realtà,
eserciterebbe in tal caso un potere di produzione normativa che non
rientrerebbe nemmeno nella competenza del legislatore nazionale. Ciò
costituirebbe un difetto di giurisdizione che dovrebbe poter essere
impugnabile.
28 Ciò
posto, il giudice del rinvio rileva che dalla sentenza n. 6/2018 della
Corte costituzionale (Italia), del 18 gennaio 2018, relativa
all’interpretazione dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione (ECLI:IT:COST:2018:6;
in prosieguo: la «sentenza n. 6/2018»), risulta che, allo stato attuale
del diritto costituzionale italiano, non è ammissibile equiparare un motivo
vertente su una violazione del diritto dell’Unione a un motivo inerente alla
«giurisdizione», ai sensi del citato articolo 111, ottavo comma, della
Costituzione.
29 In
applicazione di detta sentenza, infatti, l’eccesso di potere giudiziario,
denunziabile con il ricorso alla Corte suprema di cassazione per motivi
inerenti alla giurisdizione, riguarda esclusivamente due tipi di situazioni. Da
un lato, un tale ricorso potrebbe essere proposto in caso di difetto assoluto
di giurisdizione, ossia qualora il Consiglio di Stato o la Corte dei conti
affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o
all’amministrazione, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto
che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione
giurisdizionale. Dall’altro, un ricorso avente ad oggetto l’eccesso di potere
giudiziario potrebbe essere proposto nei casi di difetto relativo di
giurisdizione, laddove il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la
propria giurisdizione su una materia attribuita ad altra giurisdizione o, al
contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.
30 Il
giudice del rinvio considera che, se dovesse conformarsi a tale interpretazione
dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, dovrebbe dichiarare
inammissibile il ricorso per cassazione della Randstad. Egli ritiene, tuttavia,
che detta interpretazione sia incompatibile con il diritto a un ricorso
effettivo, ai sensi del diritto dell’Unione. Se così fosse, sarebbe opportuno
discostarsi dagli orientamenti della sentenza n. 6/2018 ed esaminare il
merito del ricorso per cassazione della Randstad.
31 Tale
giudice afferma che, secondo l’orientamento consolidato delle proprie Sezioni
Unite prima della sentenza n. 6/2018, in sede di impugnazione delle
sentenze del Consiglio di Stato, il controllo dei limiti esterni della
«giurisdizione», ai sensi dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione,
si estendeva ai casi di radicale stravolgimento del diritto tali da ridondare
in denegata giustizia, quali l’applicazione di una regola processuale interna
in modo incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo conferito dal
diritto dell’Unione.
32 Il
giudice del rinvio chiede, pertanto, che la Corte si pronunci sulla questione
se il diritto a un ricorso effettivo, quale sancito, in particolare,
dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47, primo
comma, della Carta, osti all’impossibilità, derivante segnatamente
dall’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come interpretato dalla
sentenza n. 6/2018, di dedurre in giudizio, nell’ambito di un ricorso per
cassazione proposto avverso una sentenza del Consiglio di Stato, motivi
vertenti su una violazione del diritto dell’Unione.
33 Inoltre,
poiché nel procedimento principale il Consiglio di Stato ha omesso di chiedere
alla Corte se siano rilevanti nel caso di specie le sentenze del 4 luglio 2013,
Fastweb (C‑100/12, EU:C:2013:448), del 5 aprile 2016, PFE (C‑689/13,
EU:C:2016:199) e del 5 settembre 2019, Lombardi (C‑333/18,
EU:C:2019:675), invocate dalla Randstad, sarebbe necessario che il giudice del
rinvio, nell’ambito del ricorso per cassazione proposto da tale impresa, possa
sottoporre tale questione alla Corte.
34 In
tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli
articoli 4, paragrafo 3, 19, paragrafo 1, TUE e 2, paragrafi 1 e 2, e
267 TFUE, letti anche alla luce dell’articolo 47 della [Carta], ostino ad
una prassi interpretativa come quella concernente gli articoli 111, ottavo
comma, della Costituzione, 360, primo comma (...), e 362 primo comma, del
codice di procedura civile e 110 del codice del processo amministrativo –
nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per cassazione
avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla
giurisdizione” – quale si evince dalla sentenza della Corte costituzionale
[n. 6/2018] (...) che, modificando il precedente orientamento, ha ritenuto
che il rimedio del ricorso per cassazione, sotto il profilo del cosiddetto
“difetto di potere giurisdizionale”, non possa essere utilizzato per impugnare
sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi
interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della
[Corte], in settori disciplinati dal diritto dell’Unione europea (nella specie,
in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici) nei quali gli Stati membri
hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani in senso incompatibile con
tale diritto, con l’effetto di determinare il consolidamento di violazioni del
diritto comunitario che potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio
e di pregiudicare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione e
l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche
soggettive di rilevanza comunitaria, in contrasto con l’esigenza che tale
diritto riceva piena e sollecita attuazione da parte di ogni giudice, in modo
vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione da parte della
[Corte], tenuto conto dei limiti alla “autonomia procedurale” degli Stati
membri nella conformazione degli istituti processuali.
2) Se gli
articoli 4, paragrafo 3, 19, paragrafo 1, TUE e 267 TFUE, letti anche alla
luce dell’articolo 47 della [Carta], ostino alla interpretazione e applicazione
degli articoli 111, ottavo comma, della Costituzione, 360, primo comma (...), e
362, primo comma, del codice di procedura civile e 110 del codice [del]
processo amministrativo, quale si evince dalla prassi giurisprudenziale nazionale,
secondo la quale il ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite [della
Corte suprema di cassazione] per “motivi inerenti alla giurisdizione”, sotto il
profilo del cosiddetto “difetto di potere giurisdizionale”, non sia proponibile
come mezzo di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato che, decidendo
controversie su questioni concernenti l’applicazione del diritto dell’Unione,
omettano immotivatamente di effettuare il rinvio pregiudiziale alla [Corte], in
assenza delle condizioni, di stretta interpretazione, da essa tassativamente
indicate [a partire dalla sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a.,
(238/81, EU:C:1982:335)], che esonerano il giudice nazionale dal suddetto
obbligo, in contrasto con il principio secondo cui sono incompatibili con il
diritto dell’Unione le normative o prassi processuali nazionali, seppure di
fonte legislativa o costituzionale, che prevedano una privazione, anche
temporanea, della libertà del giudice nazionale (di ultimo grado e non) di
effettuare il rinvio pregiudiziale, con l’effetto di usurpare la competenza
esclusiva della [Corte] nella corretta e vincolante interpretazione del diritto
comunitario, di rendere irrimediabile (e favorire il consolidamento
del)l’eventuale contrasto interpretativo tra il diritto applicato dal giudice
nazionale e il diritto dell’Unione e di pregiudicare la uniforme applicazione e
la effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche
soggettive derivanti dal diritto dell’Unione.
3) Se i principi
dichiarati dalla [Corte] con le sentenze 5 settembre 2019, Lombardi, C‑333/18[,
EU:C:2019:675]; 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13[, EU:C:2016:199]; 4 luglio
2013, Fastweb, C‑100/12[, EU:C:2013:448], in relazione agli articoli 1,
paragrafi 1 e 3, e 2, paragrafo 1, della direttiva [89/665], modificata dalla
direttiva [2007/66], siano applicabili nella fattispecie che è oggetto del
procedimento principale, in cui, contestate dall’impresa concorrente
l’esclusione da una procedura di gara di appalto e l’aggiudicazione ad altra
impresa, il Consiglio di Stato esamini nel merito il solo motivo di ricorso con
cui l’impresa esclusa contesti il punteggio inferiore alla “soglia di
sbarramento” attribuito alla propria offerta tecnica e, esaminando
prioritariamente i ricorsi incidentali dell’amministrazione aggiudicatrice e
dell’impresa aggiudicataria, li accolga dichiarando inammissibili (e ometta di
esaminare nel merito) gli altri motivi del ricorso principale che contestino
l’esito della gara per altre ragioni (per indeterminatezza dei criteri di
valutazione delle offerte nel disciplinare di gara, mancata motivazione dei
voti assegnati, illegittima nomina e composizione della commissione di gara),
in applicazione di una prassi giurisprudenziale nazionale secondo la quale
l’impresa che sia stata esclusa da una gara di appalto non sarebbe legittimata
a proporre censure miranti a contestare l’aggiudicazione all’impresa
concorrente, anche mediante la caducazione della procedura di gara, dovendosi
valutare se sia compatibile con il diritto dell’Unione l’effetto di precludere
all’impresa il diritto di sottoporre all’esame del giudice ogni ragione di
contestazione dell’esito della gara, in una situazione in cui la sua esclusione
non sia stata definitivamente accertata e in cui ciascun concorrente può far
valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri,
che può portare alla constatazione dell’impossibilità per l’amministrazione
aggiudicatrice di procedere alla scelta di un’offerta regolare e all’avvio di
una nuova procedura di aggiudicazione, alla quale ciascuno degli offerenti
potrebbe partecipare».
Domanda
di procedimento accelerato e procedimento dinanzi alla Corte
35 Nella
sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte suprema di cassazione ha
chiesto che il presente rinvio pregiudiziale fosse sottoposto al procedimento
accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte,
adducendo, in sostanza, che la controversia oggetto del procedimento principale
solleva gravi incertezze su questioni fondamentali di rilievo costituzionale
nazionale, che in Italia sono pendenti numerose controversie simili e che la
controversia oggetto del procedimento principale rientra nell’ambito
dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, di cui sottolinea l’importanza nel
diritto dell’Unione.
36 L’articolo
105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del
giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della
causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il
giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio
pregiudiziale a procedimento accelerato.
37 Occorre
ricordare, a tal proposito, che un siffatto procedimento accelerato costituisce
uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza
straordinaria [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime
disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 32 e
giurisprudenza ivi citata].
38 Nel
caso di specie, il 21 ottobre 2020, il presidente della Corte, sentiti il
giudice relatore e l’avvocato generale, ha deciso di respingere la domanda del
giudice del rinvio di cui al punto 35 della presente sentenza.
39 Infatti,
la circostanza che la causa verta su un aspetto importante dell’organizzazione
giudiziaria dello Stato membro interessato non costituisce, di per sé, una
ragione che determini un’urgenza straordinaria, necessaria per giustificare un
trattamento con procedimento accelerato. Lo stesso vale per la circostanza che
un numero rilevante di soggetti o di rapporti giuridici sia potenzialmente
interessato dalle questioni sollevate (v., in tal senso, ordinanza del
presidente della Corte del 18 settembre 2018, Tedeschi e Consorzio Stabile
Istant Service, C‑402/18, non pubblicata, EU:C:2018:762, punto 15) o,
ancora, che la controversia oggetto del procedimento principale riguardi il
settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, ordinanza
del presidente della Corte del 13 novembre 2014, Star Storage, C‑439/14,
non pubblicata, EU:C:2014:2479, punti da 10 a 15).
40 Ciò
posto, tenuto conto della natura e dell’importanza delle questioni sollevate,
il presidente della Corte ha disposto che la presente causa venisse decisa in
via prioritaria, conformemente all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di
procedura.
41 Inoltre,
il governo italiano, in applicazione dell’articolo 16, terzo comma, dello
Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha chiesto alla Corte di
riunirsi in Grande Sezione.
Sulle
questioni pregiudiziali
Sulla
prima questione
42 In
via preliminare, occorre ricordare che, conformemente a una costante
giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici
nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, quest’ultima è
tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di
dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla
Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza
del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C‑709/20,
EU:C:2021:602, punto 61 e la giurisprudenza ivi citata).
43 La
prima questione riguarda la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti
conferiti dal diritto dell’Unione. Essa mira, in sostanza, a chiarire se tale
tutela sia pregiudicata qualora l’organo giurisdizionale supremo di uno Stato
membro non sia competente ad annullare una sentenza pronunciata in violazione
del diritto dell’Unione dal supremo organo della giustizia amministrativa di
tale Stato membro.
44 Orbene,
come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni,
l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 267 TFUE, menzionati nella
prima questione, non sono rilevanti a tal fine.
45 A
tal proposito, si deve osservare, da un lato, che l’articolo 2 TFUE
riguarda la ripartizione, tra l’Unione e i suoi Stati membri, della competenza
a legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Le norme enunciate in
materia ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo sono estranee alla questione di
giurisdizione sollevata dal giudice del rinvio.
46 Per
quanto riguarda, dall’altro lato, l’articolo 267 TFUE, occorre ricordare
che esso fa parte di un sistema destinato a garantire il controllo
giurisdizionale del rispetto del diritto dell’Unione, controllo che è
garantito, come risulta dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, non solo dalla
Corte, ma anche dai giudici degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del
13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P,
EU:C:2018:176, punto 112, e del 25 febbraio 2021, VodafoneZiggo
Group/Commissione, C‑689/19 P, EU:C:2021:142, punto 143). Nell’ambito
di tale sistema, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE
costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali,
per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione
del diritto dell’Unione che sono per loro necessari per risolvere la
controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 5 luglio 2016,
Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).
Orbene, la problematica sollevata dal giudice del rinvio nella sua prima
questione – che, come risulta dal punto 43 della presente sentenza,
consiste nel chiarire in che misura, per garantire la tutela giurisdizionale
effettiva richiesta dal diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale supremo
nazionale debba essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo
giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dal supremo organo della giustizia
amministrativa nazionale – non è, di per sé, correlata con tale meccanismo
di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituito dall’articolo
267 TFUE.
47 Pertanto,
la prima questione deve essere riformulata escludendo dal suo oggetto
l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 267 TFUE.
48 Peraltro,
laddove il giudice del rinvio fa riferimento, nella sua prima questione, al
diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta, occorre
ricordare che, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, la
stessa si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto
dell’Unione.
49 A
tal proposito, occorre rilevare che nel settore dell’aggiudicazione degli
appalti pubblici, oggetto del procedimento principale, l’articolo 1, paragrafi
1 e 3, della direttiva 89/665 sancisce l’obbligo per gli Stati membri di
prevedere ricorsi efficaci. Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale
al paragrafo 67 delle sue conclusioni, che, in tale settore, il diritto a un
ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47, primo e
secondo comma, della Carta, è pertinente, in particolare, quando gli Stati
membri stabiliscono, conformemente a tale obbligo, le modalità procedurali dei
ricorsi giurisdizionali che assicurano la salvaguardia dei diritti conferiti
dal diritto dell’Unione ai candidati e agli offerenti lesi da decisioni delle
amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre
2021, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras, C‑927/19,
EU:C:2021:700, punto 128 e giurisprudenza ivi citata).
50 Pertanto,
la prima questione deve essere riformulata anche includendo nel suo oggetto
l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, il quale deve essere
letto alla luce dell’articolo 47 della Carta.
51 Dalle
considerazioni sin qui svolte risulta che la prima questione deve essere intesa
come diretta a stabilire se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19,
paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665,
letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel
senso che ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro
che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli,
quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di
un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto
dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa
di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo
giurisdizionale supremo di detto Stato membro.
52 Occorre
innanzitutto ricordare, a tal riguardo, che, in base al principio del primato
del diritto dell’Unione, è inammissibile che norme di diritto interno,
quand’anche di rango costituzionale, pregiudichino l’unità e l’efficacia del
diritto dell’Unione [sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima
(Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 135 e giurisprudenza
ivi citata].
53 Gli
effetti derivanti da tale principio si impongono a tutti gli organi di uno
Stato membro, senza che, in particolare, le disposizioni interne relative alla
ripartizione delle competenze giurisdizionali, ivi comprese quelle di rango
costituzionale, possano opporvisi (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia
«Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19,
C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393,
punto 245 e giurisprudenza ivi citata).
54 Di
conseguenza, in caso di accertata violazione di una disposizione del diritto
dell’Unione che pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro
e preciso, i giudici nazionali devono disapplicare, se necessario, le
disposizioni di diritto interno che comportano tale violazione, quand’anche
tali disposizioni abbiano natura costituzionale (v., in tal senso, sentenza del
18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România»
e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19
e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 250 e 251, e giurisprudenza ivi citata).
Qualora l’incompatibilità di una disposizione di diritto interno con il diritto
dell’Unione tragga origine, più specificamente, nell’interpretazione di tale
disposizione accolta da un giudice dello Stato membro interessato, occorre
discostarsi da tale giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile
2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 38 e giurisprudenza ivi
citata).
55 Occorre
pertanto esaminare se una limitazione della possibilità di ricorrere in
cassazione avverso le sentenze dell’organo supremo della giustizia
amministrativa di uno Stato membro, quale risulta nel caso di specie
dall’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, secondo l’interpretazione
risultante dalla sentenza n. 6/2018, sia in contrasto con i requisiti di
una tutela giurisdizionale effettiva imposti dal diritto dell’Unione e quindi
con l’unità e l’efficacia di tale diritto.
56 Per
quanto riguarda tali requisiti, occorre ricordare che l’articolo 19, paragrafo
1, secondo comma, TUE obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi
giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli, nei settori disciplinati
dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela
giurisdizionale effettiva (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e
Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 32
e giurisprudenza ivi citata).
57 Il
principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli
in forza del diritto dell’Unione, cui fa riferimento dunque tale disposizione,
costituisce un principio generale del diritto dell’Unione derivante dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito agli
articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e
che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta [v., in tal senso,
sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei
giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].
58 Ciò
premesso, fatta salva l’esistenza di norme dell’Unione in materia, spetta
all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del
principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali dei
rimedi giurisdizionali di cui al punto 56 della presente sentenza, a
condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal
diritto dell’Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a
situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza)
e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio
dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso,
sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C‑949/19,
EU:C:2021:186, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
59 Il
diritto dell’Unione, infatti, in linea di principio, non osta a che gli Stati
membri limitino o subordinino a condizioni i motivi che possono essere dedotti
nei procedimenti per cassazione, purché siano rispettati i principi di
effettività e di equivalenza (sentenza del 17 marzo 2016, Bensada Benallal, C‑161/15,
EU:C:2016:175, punto 27).
60 Per
quanto riguarda il rispetto del principio di equivalenza, risulta, alla luce
degli elementi forniti nell’ordinanza di rinvio e all’udienza dinanzi alla
Corte, che l’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come interpretato
nella sentenza n. 6/2018, limita, con le medesime modalità, la competenza
della Corte suprema di cassazione a trattare ricorsi avverso sentenze del
Consiglio di Stato, indipendentemente dal fatto che tali ricorsi siano basati
su disposizioni di diritto nazionale o su disposizioni di diritto dell’Unione.
61 In
tali circostanze, si deve ritenere che una siffatta norma di diritto interno
non violi il principio di equivalenza.
62 Per
quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che il diritto
dell’Unione non produce l’effetto di obbligare gli Stati membri a istituire
mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno
che, tuttavia, dalla struttura dell’ordinamento giuridico nazionale in
questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta,
anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti
ai singoli in forza del diritto dell’Unione, o che l’unico modo per poter adire
un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del
diritto (v, in tal senso, sentenza del 14 maggio 2020, Országos
Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU
e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 143 e giurisprudenza ivi
citata).
63 Nel
caso di specie, sebbene spetti al giudice del rinvio verificare se
nell’ordinamento giuridico italiano esista, in linea di principio, un siffatto
rimedio giurisdizionale nel settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici,
nessun elemento menzionato nella domanda di pronuncia pregiudiziale o nelle
osservazioni presentate alla Corte induce a ritenere a priori che il diritto
processuale italiano abbia, di per sé, l’effetto di rendere impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio, in tale settore del diritto
amministrativo, dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.
64 In
una situazione caratterizzata dall’esistenza di un tale rimedio giurisdizionale
che consente di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal
diritto dell’Unione è perfettamente ammissibile, sotto il profilo di tale
diritto, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 62 della presente
sentenza, che lo Stato membro interessato conferisca al supremo organo della
giustizia ammnistrativa di detto Stato la competenza a pronunciarsi in ultima
istanza, tanto in fatto quanto in diritto, sulla controversia di cui trattasi e
di impedire, di conseguenza, che quest’ultima possa ancora essere esaminata nel
merito nell’ambito di un ricorso per cassazione dinanzi all’organo
giurisdizionale supremo dello stesso Stato.
65 Ne
consegue che, a condizione che sia accertata l’esistenza di un rimedio
giurisdizionale come quello descritto nel punto precedente, una norma di
diritto interno quale l’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione,
nell’interpretazione che dello stesso ha dato la sentenza n. 6/2018, non
pregiudica neppure il principio di effettività e non rivela alcun elemento da
cui risulti la violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
66 Tale
conclusione non può essere rimessa in discussione alla luce dell’articolo 4,
paragrafo 3, TUE, che obbliga gli Stati membri ad adottare ogni misura di
carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi
derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.
Infatti, per quanto riguarda il sistema dei rimedi giurisdizionali necessari
per assicurare un controllo giurisdizionale effettivo nei settori disciplinati
dal diritto dell’Unione, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE non può essere
interpretato nel senso che esso obbliga gli Stati membri ad istituire nuovi
rimedi giurisdizionali, obbligo che non è imposto loro dall’articolo 19,
paragrafo 1, secondo comma, TUE.
67 Nel
settore particolare dell’aggiudicazione di appalti pubblici, neppure l’articolo
1 della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 47, primo comma, della
Carta, osta a detta conclusione.
68 Dall’articolo
1, paragrafo 1, della direttiva 89/665 risulta che, secondo le condizioni
previste agli articoli da 2 a 2 septies di quest’ultima, la decisione presa
dall’amministrazione aggiudicatrice in una procedura di aggiudicazione di un
appalto disciplinata dalla direttiva 2014/24 o dalla direttiva 2014/23 deve
poter essere oggetto di un ricorso efficace e quanto più rapido possibile al
fine di contestare la conformità di tale decisione al diritto dell’Unione in
materia di appalti pubblici o alle norme nazionali che recepiscono tale
diritto. Detto articolo 1 precisa, inoltre, al paragrafo 3, che tali ricorsi
devono essere accessibili, quanto meno, a chiunque abbia o abbia avuto
interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o
rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.
69 Dal
momento che i singoli hanno accesso, nel settore interessato, a un giudice
indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 47,
secondo comma, della Carta – circostanza che sembra ricorrere, fatta salva
la verifica del giudice del rinvio, nell’ordinamento giuridico italiano –
una norma di diritto nazionale che impedisce che le valutazioni di merito
effettuate dal supremo organo della giustizia amministrativa possano ancora
essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo non può essere considerata
una limitazione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, del
diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’articolo 47 della
stessa.
70 Ciò
premesso, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte,
la ricevibilità dei ricorsi di cui all’articolo 1 della direttiva 89/665 non
può essere subordinata alla condizione che il ricorrente fornisca la prova del
fatto che l’amministrazione aggiudicatrice, in caso di accoglimento del
ricorso, sarà indotta a ripetere la procedura di aggiudicazione di appalto
pubblico. L’esistenza di una tale possibilità deve essere considerata
sufficiente a tal proposito (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019,
Lombardi, C‑333/18, EU:C:2019:675, punto 29).
71 Ne
consegue che, in un caso, come quello di cui al procedimento principale, in cui
la Randstad, in qualità di offerente escluso dalla procedura di aggiudicazione
di un appalto, ha proposto dinanzi al giudice amministrativo un ricorso di
primo grado fondato su motivi intesi a dimostrare l’irregolarità di tale
procedura, detto ricorso doveva essere esaminato nel merito.
72 Per
quanto riguarda gli offerenti esclusi dalla procedura di aggiudicazione
dell’appalto, l’articolo 2 bis della direttiva 89/665 precisa che essi non
sono più considerati interessati e non devono quindi ricevere comunicazione
della decisione di aggiudicazione se la loro esclusione è divenuta definitiva.
Per contro, qualora tali offerenti non siano ancora stati definitivamente esclusi,
la decisione di aggiudicazione, accompagnata da una relazione sintetica dei
motivi pertinenti e da un’indicazione del termine sospensivo della conclusione
del contratto in seguito a tale decisione, deve essere loro comunicata. Dal
combinato disposto dei paragrafi 1 e 2 di tale articolo risulta che il rispetto
di tali condizioni minime mira a consentire loro di proporre un ricorso
efficace avverso detta decisione.
73 Ai
sensi dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/665,
l’esclusione di un offerente è definitiva se gli è stata comunicata ed è stata
«ritenuta legittima» da un «organo di ricorso indipendente» o se non può più
essere oggetto di una procedura di ricorso. Tale direttiva, che mira a
garantire il pieno rispetto del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice
imparziale (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage
e a., C‑439/14 e C‑488/14, EU:C:2016:688, punto 45), deve
essere interpretata alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta. In
tali circostanze, l’espressione «organo di ricorso indipendente», ai sensi di
detto articolo 2 bis, deve essere intesa, al fine di stabilire se
l’esclusione di un offerente sia divenuta definitiva, come riferita a un
giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi
dell’articolo 47 della Carta.
74 Il
carattere non ancora definitivo della decisione di esclusione determina quindi,
per tali offerenti, la legittimazione ad agire contro la decisione di
aggiudicazione, legittimazione che non può essere svilita da altri elementi,
non rilevanti, quali la classificazione dell’offerta dell’offerente escluso o
il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto (v., in
tal senso, in particolare, sentenze dell’11 maggio 2017, Archus e Gama, C‑131/16,
EU:C:2017:358, punti 57 e 58, nonché del 5 settembre 2019, Lombardi, C‑333/18,
EU:C:2019:675, punti da 29 a 32).
75 Nel
caso di specie, il Consiglio di Stato, decidendo che l’organo di ricorso
indipendente adito in primo grado, ossia il Tribunale amministrativo regionale
della Valle d’Aosta, avrebbe dovuto dichiarare irricevibili i motivi diretti a
contestare la decisione di aggiudicazione, sulla base del rilievo che la
Randstad era stata esclusa dalla procedura, ha violato la suddetta norma,
prevista dal legislatore dell’Unione e richiamata nella giurisprudenza della
Corte, secondo la quale solo l’esclusione definitiva, ai sensi dell’articolo
2 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/665, può avere l’effetto di privare
un offerente della sua legittimazione ad agire contro la decisione di
aggiudicazione.
76 A
tal proposito, per quanto riguarda i fatti di cui al procedimento principale,
occorre rilevare che dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, sia nel
momento in cui la Randstad ha proposto il suo ricorso dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale della Valle d’Aosta, sia nel momento in cui
quest’ultimo ha statuito, la decisione della commissione di gara di escluderla
dalla procedura non era ancora stata ritenuta legittima da quest’ultimo giudice
o da qualsiasi altro organo di ricorso indipendente.
77 Risulta
pertanto che la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
della Valle d’Aosta da parte del Consiglio di Stato, che ha dichiarato
irricevibile la parte del ricorso della Randstad con cui quest’ultima
contestava l’aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento Synergie-Umana, è
incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 1,
paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo
2 bis, paragrafo 2, di quest’ultima. Di conseguenza, la sentenza del
Consiglio di Stato non è neppure conforme all’articolo 47, primo comma, della
Carta.
78 Tuttavia,
in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in cui, fatta
salva la verifica da parte del giudice del rinvio, il diritto processuale
nazionale consente, di per sé, agli interessati di proporre un ricorso dinanzi
ad un giudice indipendente e imparziale e di far valere in modo effettivo
dinanzi ad esso una violazione del diritto dell’Unione nonché delle
disposizioni di diritto nazionale che recepiscono quest’ultimo nell’ordinamento
giuridico interno, ma in cui il supremo organo della giustizia amministrativa
dello Stato membro interessato, giudice di ultima istanza, subordina
indebitamente la ricevibilità di tale ricorso a condizioni che hanno l’effetto
di privare tali interessati del loro diritto a un ricorso effettivo, il diritto
dell’Unione non impone a tale Stato membro di prevedere, per rimediare alla
violazione di tale diritto a un ricorso effettivo, la possibilità di impugnare,
dinanzi all’organo giurisdizionale supremo, tali decisioni di irricevibilità
adottate dal supremo giudice amministrativo, qualora il diritto nazionale di
detto Stato non preveda un siffatto mezzo di impugnazione.
79 In
una situazione del genere, il rimedio contro la violazione della direttiva
89/665 e dell’articolo 47, primo comma, della Carta derivante dalla
giurisprudenza del supremo giudice amministrativo consiste nell’obbligo, per
ogni giudice amministrativo dello Stato membro interessato, compreso lo stesso
supremo giudice amministrativo, di disapplicare tale giurisprudenza non
conforme al diritto dell’Unione e, in caso di inosservanza di un tale obbligo,
nella possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per
inadempimento contro tale Stato membro.
80 I
singoli che siano stati eventualmente lesi dalla violazione del loro diritto a
un ricorso effettivo a causa di una decisione di un organo giurisdizionale di
ultimo grado, possono inoltre far valere la responsabilità di tale Stato
membro, purché siano soddisfatte le condizioni relative al carattere
sufficientemente qualificato della violazione e all’esistenza di un nesso
causale diretto tra tale violazione e il danno subìto dal soggetto leso (v., in
tal senso, in particolare, sentenze del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01,
EU:C:2003:513, punto 59; del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17,
EU:C:2018:853, punto 58, nonché del 4 marzo 2020, Telecom Italia, C‑34/19,
EU:C:2020:148, punti da 67 a 69).
81 Alla
luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla
prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19,
paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665,
letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel
senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato
membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i
singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di
aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al
diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia
amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi
all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.
Sulla
seconda questione
82 Con
la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo
267 TFUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, debbano essere
interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione di diritto interno
che, secondo la giurisprudenza nazionale, ha per effetto che i singoli,
nell’ambito di un ricorso per cassazione proposto dinanzi all’organo
giurisdizionale supremo di tale Stato membro avverso una sentenza del supremo
organo della giustizia amministrativa del medesimo Stato membro, non possono
contestare il fatto che quest’ultimo organo giurisdizionale di ultima istanza
abbia immotivatamente omesso di adire la Corte in via pregiudiziale sebbene
sussistessero incertezze riguardo alla corretta interpretazione del diritto
dell’Unione.
83 Orbene,
dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, nell’ambito del suo ricorso
per cassazione, la Randstad non deduce motivi vertenti sul fatto che il
Consiglio di Stato, in violazione dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, abbia
omesso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale,
circostanza che la Randstad, interrogata sul punto in udienza dinanzi alla
Corte, ha confermato.
84 Ne
consegue che il giudice del rinvio, nell’ambito della controversia di cui è
investito, non deve venire edotto sulla questione se, alla luce degli obblighi
derivanti dal diritto dell’Unione, gli Stati membri siano tenuti a prevedere,
nei loro ordinamenti giuridici, la possibilità di presentare ricorso dinanzi
all’organo giurisdizionale supremo qualora il supremo organo della giustizia
amministrativa si sia astenuto dal sottoporre una questione pregiudiziale alla
Corte, cosicché la risposta alla seconda questione è irrilevante ai fini della
soluzione di tale controversia.
85 Pertanto,
la seconda questione, non avendo alcuna attinenza con l’oggetto della
controversia del procedimento principale, è irricevibile, in forza di una
giurisprudenza costante (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021,
Ministrstvo za obrambo, C‑742/19, EU:C:2021:597, punto 30 e
giurisprudenza ivi citata).
Sulla
terza questione
86 Alla
luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla
terza questione.
Sulle
spese
87 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per
questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’articolo
4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1,
paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre
1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata
dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi
non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che,
secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli
offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una
sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro
nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto
Stato membro.
Lenaerts |
Bay Larsen |
Arabadjiev |
Lycourgos |
Regan |
Jarukaitis |
Jääskinen |
Ziemele |
Passer |
Ilešič |
Bonichot |
von Danwitz |
Safjan |
Kumin |
Wahl |
Così
deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2021.
Il
cancelliere |
|
Il presidente |
A. Calot
Escobar |
|
K. Lenaerts |
* Lingua processuale:
l’italiano.