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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

22 giugno 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Regolamento (UE) 2016/679 – Articoli 5, 6 e 10 – Normativa nazionale che prevede l’accesso del pubblico ai dati personali relativi ai punti di penalità inflitti in caso di infrazioni stradali – Liceità – Nozione di “dati personali relativi a condanne penali e reati” – Divulgazione al fine di migliorare la sicurezza stradale – Diritto di accesso del pubblico ai documenti ufficiali – Libertà d’informazione – Conciliazione con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei diritti personali – Riutilizzo dei dati – Articolo 267 TFUE – Effetti nel tempo di una pronuncia pregiudiziale – Possibilità per un giudice costituzionale di uno Stato membro di mantenere gli effetti giuridici di una normativa nazionale non compatibile con il diritto dell’Unione – Principi del primato del diritto dell’Unione e della certezza del diritto»

Nella causa C‑439/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale, Lettonia), con decisione del 4 giugno 2019, pervenuta in cancelleria l’11 giugno 2019, nel procedimento promosso da

B

con l’intervento di:

Latvijas Republikas Saeima,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, E. Regan, M. Ilešič (relatore) e N. Piçarra, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Safjan, D. Šváby, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe, C. Lycourgos e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo lettone, inizialmente da V. Soņeca e K. Pommere, successivamente da K. Pommere, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M. Noort, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da J. Schmoll e G. Kunnert, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, P. Barros da Costa, A.C. Guerra e I. Oliveira, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da C. Meyer-Seitz, H. Shev, H. Eklinder, R. Shahsavan Eriksson, A. Runeskjöld, M. Salborn Hodgson, O. Simonsson e J. Lundberg,, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da D. Nardi, H. Kranenborg e I. Rubene, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 dicembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 5, 6 e 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L119, pag. 1; in prosieguo: il «RGPD»), dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c quater), della direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (GU 2003, L 345, pag. 90), come modificata dalla direttiva 2013/37/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 175, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2003/98»), nonché dei principi del primato del diritto dell’Unione e della certezza del diritto.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento promosso da B relativamente alla legittimità di una normativa nazionale che prevede l’accesso del pubblico ai dati personali riguardanti i punti di penalità inflitti per infrazioni stradali.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 95/46/CE

3        La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31) è stata abrogata, con effetto a decorrere dal 25 maggio 2018, dal RGPD. L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», era così formulato:

«1.      Le disposizioni della presente direttiva si applicano al trattamento di dati personali interamente o parzialmente automatizzato nonché al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti o destinati a figurare negli archivi.

2.      Le disposizioni della presente direttiva non si applicano ai trattamenti di dati personali[:]

–        effettuati per l’esercizio di attività che non rientrano nel campo di applicazione del diritto comunitario, come quelle previste dai titoli V e VI del trattato [UE, nella versione anteriore al Trattato di Lisbona] e comunque ai trattamenti aventi come oggetto la pubblica sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato (compreso il benessere economico dello Stato, laddove tali trattamenti siano connessi a questioni di sicurezza dello Stato) e le attività dello Stato in materia di diritto penale;

(…)».

 RGPD

4        I considerando 1, 4, 10, 16, 19, 39, 50 e 154 del RGPD così recitano:

«(1)      La protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale è un diritto fondamentale. L’articolo 8, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (“Carta”) e l’articolo 16, paragrafo 1, [TFUE] stabiliscono che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano.

(...)

(4)      Il trattamento dei dati personali dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Il presente regolamento rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva le libertà e i principi riconosciuti dalla Carta, sanciti dai trattati, in particolare il rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e delle comunicazioni, la protezione dei dati personali, la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la libertà di espressione e d’informazione, la libertà d’impresa, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, nonché la diversità culturale, religiosa e linguistica.

(...)

(10)      Al fine di assicurare un livello coerente ed elevato di protezione delle persone fisiche e rimuovere gli ostacoli alla circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione, il livello di protezione dei diritti e delle libertà delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati dovrebbe essere equivalente in tutti gli Stati membri. È opportuno assicurare un’applicazione coerente e omogenea delle norme a protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali in tutta l’Unione. (...)

(...)

(16)      Il presente regolamento non si applica a questioni di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali o di libera circolazione dei dati personali riferite ad attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, quali le attività riguardanti la sicurezza nazionale. Il presente regolamento non si applica al trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri nell’esercizio di attività relative alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.

(...)

(19)      La protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro, e la prevenzione di, minacce alla sicurezza pubblica, e la libera circolazione di tali dati sono oggetto di uno specifico atto dell’Unione. Il presente regolamento non dovrebbe pertanto applicarsi ai trattamenti effettuati per tali finalità. I dati personali trattati dalle autorità pubbliche in forza del presente regolamento, quando utilizzati per tali finalità, dovrebbero invece essere disciplinati da un più specifico atto dell’Unione, segnatamente la direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio[,del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU 2016, L 119, pag. 89)]. (...)

(...)

(39)      (...) In particolare, le finalità specifiche del trattamento dei dati personali dovrebbero essere esplicite e legittime e precisate al momento della raccolta di detti dati personali. (…) I dati personali dovrebbero essere trattati solo se la finalità del trattamento non è ragionevolmente conseguibile con altri mezzi. (...)

(...)

(50)      Il trattamento dei dati personali per finalità diverse da quelle per le quali i dati personali sono stati inizialmente raccolti dovrebbe essere consentito solo se compatibile con le finalità per le quali i dati personali sono stati inizialmente raccolti. In tal caso non è richiesta alcuna base giuridica separata oltre a quella che ha consentito la raccolta dei dati personali. Se il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o per l’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, il diritto dell’Unione o degli Stati membri può stabilire e precisare le finalità e i compiti per i quali l’ulteriore trattamento è considerato lecito e compatibile. (...)

(...)

(154)      Il presente regolamento ammette, nell’applicazione delle sue disposizioni, che si tenga conto del principio del pubblico accesso ai documenti ufficiali. L’accesso del pubblico ai documenti ufficiali può essere considerato di interesse pubblico. I dati personali contenuti in documenti conservati da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico dovrebbero poter essere diffusi da detta autorità o organismo se la diffusione è prevista dal diritto dell’Unione o degli Stati membri cui l’autorità pubblica o l’organismo pubblico sono soggetti. Tali disposizioni legislative dovrebbero conciliare l’accesso del pubblico ai documenti ufficiali e il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico con il diritto alla protezione dei dati personali e possono quindi prevedere la necessaria conciliazione con il diritto alla protezione dei dati personali, in conformità del presente regolamento. Il riferimento alle autorità pubbliche e agli organismi pubblici dovrebbe comprendere, in tale contesto, tutte le autorità o altri organismi cui si applica il diritto degli Stati membri sull’accesso del pubblico ai documenti. La direttiva [2003/98/CE] non pregiudica in alcun modo il livello di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali ai sensi delle disposizioni di diritto dell’Unione e degli Stati membri e non modifica, in particolare, gli obblighi e i diritti previsti dal presente regolamento. Nello specifico, tale direttiva non dovrebbe applicarsi ai documenti il cui accesso è escluso o limitato in virtù dei regimi di accesso per motivi di protezione dei dati personali, e a parti di documenti accessibili in virtù di tali regimi che contengono dati personali il cui riutilizzo è stato previsto per legge come incompatibile con la normativa in materia di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali».

5        L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto e finalità», dispone quanto segue:

«1.      Il presente regolamento stabilisce norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché norme relative alla libera circolazione di tali dati.

2.      Il presente regolamento protegge i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali.

3.      La libera circolazione dei dati personali nell’Unione non può essere limitata né vietata per motivi attinenti alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali».

6        L’articolo 2 del suddetto regolamento, intitolato «Ambito di applicazione materiale», ai paragrafi 1 e 2 così prevede:

«1.      Il presente regolamento si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi.

2.      Il presente regolamento non si applica ai trattamenti di dati personali:

a)      effettuati per attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione;

b)      effettuati dagli Stati membri nell’esercizio di attività che rientrano nell’ambito di applicazione del titolo V, capo 2, TUE;

c)      effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico;

d)      effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle stesse».

7        Ai sensi dell’articolo 4 del medesimo regolamento, intitolato «Definizioni»:

«Ai fini del presente regolamento s’intende per:

1)      “dato personale”: qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (...);

2)      “trattamento”: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;

(...)

7)      “titolare del trattamento”: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell’Unione o degli Stati membri, il titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell’Unione o degli Stati membri;

(...)».

8        L’articolo 5 del medesimo regolamento, intitolato «Principi applicabili al trattamento di dati personali», enuncia quanto segue:

«1.      I dati personali sono:

a)      trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato (“liceità, correttezza e trasparenza”);

b)      raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità; (…) (“limitazione della finalità”);

c)      adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (“minimizzazione dei dati”);

d)      esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (“esattezza”);

e)      conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati; (…) (“limitazione della conservazione”);

f)      trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali (“integrità e riservatezza”).

2.      Il titolare del trattamento è competente per il rispetto del paragrafo 1 e in grado di comprovarlo (“responsabilizzazione”)».

9        L’articolo 6 del suddetto regolamento, intitolato «Liceità del trattamento», al paragrafo 1 così prevede:

«Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a)      l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità;

b)      il trattamento è necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso;

c)      il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;

d)      il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica;

e)      il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;

f)      il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore.

La lettera f) del primo comma non si applica al trattamento di dati effettuato dalle autorità pubbliche nell’esecuzione dei loro compiti».

10      L’articolo 10 del regolamento in parola, intitolato «Trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e reati», dispone quanto segue:

«Il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati. Un eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica».

11      L’articolo 51 del medesimo regolamento, intitolato «Autorità di controllo», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Ogni Stato membro dispone che una o più autorità pubbliche indipendenti siano incaricate di sorvegliare l’applicazione del presente regolamento al fine di tutelare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche con riguardo al trattamento e di agevolare la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione (l’“autorità di controllo”)».

12      L’articolo 85 del RGPD, intitolato «Trattamento e libertà d’espressione e di informazione», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Il diritto degli Stati membri concilia la protezione dei dati personali ai sensi del presente regolamento con il diritto alla libertà d’espressione e di informazione, incluso il trattamento a scopi giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria».

13      L’articolo 86 di tale regolamento, intitolato «Trattamento e accesso del pubblico ai documenti ufficiali», al paragrafo 1 così prevede:

«I dati personali contenuti in documenti ufficiali in possesso di un’autorità pubblica o di un organismo pubblico o privato per l’esecuzione di un compito svolto nell’interesse pubblico possono essere comunicati da tale autorità o organismo conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri cui l’autorità pubblica o l’organismo pubblico sono soggetti, al fine di conciliare l’accesso del pubblico ai documenti ufficiali e il diritto alla protezione dei dati personali ai sensi del presente regolamento».

14      Ai sensi dell’articolo 87 del regolamento in parola, intitolato «Trattamento del numero di identificazione nazionale»:

«Gli Stati membri possono precisare ulteriormente le condizioni specifiche per il trattamento di un numero di identificazione nazionale o di qualsiasi altro mezzo d’identificazione d’uso generale. In tal caso, il numero di identificazione nazionale o qualsiasi altro mezzo d’identificazione d’uso generale sono utilizzati soltanto in presenza di garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell’interessato conformemente al presente regolamento».

15      L’articolo 94 del medesimo regolamento dispone quanto segue:

«1.      La direttiva [95/46] è abrogata a decorrere dal 25 maggio 2018.

2.      I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti al presente regolamento. (...)».

 Direttiva 2016/680

16      I considerando 10, 11 e 13 della direttiva 2016/680 così recitano:

«(10)      Nella dichiarazione n. 21, relativa alla protezione dei dati personali nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia, allegata all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona, la conferenza riconosce che potrebbero rivelarsi necessarie, in considerazione della specificità dei settori in questione, norme specifiche sulla protezione dei dati personali e sulla libera circolazione di dati personali nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia, in base all’articolo 16 TFUE.

(11)      È pertanto opportuno per i settori in questione che una direttiva stabilisca le norme specifiche relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, nel rispetto della natura specifica di tali attività. Tali autorità competenti possono includere non solo autorità pubbliche quali le autorità giudiziarie, la polizia o altre autorità incaricate dell’applicazione della legge, ma anche qualsiasi altro organismo o entità incaricati dal diritto dello Stato membro di esercitare l’autorità pubblica e i poteri pubblici ai fini della presente direttiva. Qualora tale organismo o entità trattino dati personali per finalità diverse da quelle della presente direttiva, si applica il [RGPD]. Il [RGPD] si applica pertanto nei casi in cui un organismo o un’entità raccolgano dati personali per finalità diverse e procedano a un loro ulteriore trattamento per adempiere un obbligo legale cui sono soggetti. (…).

(...)

(13)      Un reato ai sensi della presente direttiva dovrebbe costituire un concetto autonomo del diritto dell’Unione come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (...)».

17      L’articolo 3 della direttiva in parola dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

7.      “autorità competente”:

a)      qualsiasi autorità pubblica competente in materia di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica; o

b)      qualsiasi altro organismo o entità incaricati dal diritto dello Stato membro di esercitare l’autorità pubblica e i poteri pubblici a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica;

(…)».

 Direttiva 2003/98

18      Il considerando 21 della direttiva 2003/98 è così formulato:

«La presente direttiva dovrebbe essere attuata ed applicata nel pieno rispetto dei principi relativi alla protezione dei dati personali ai sensi della direttiva [95/46]».

19      L’articolo 1 della direttiva 2003/98/CE, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», così prevede:

«1.      La presente direttiva detta un complesso minimo di norme in materia di riutilizzo e di strumenti pratici per agevolare il riutilizzo dei documenti esistenti in possesso degli enti pubblici degli Stati membri.

2.      La presente direttiva non si applica:

(...)

c quater)      ai documenti il cui accesso è escluso o limitato in virtù dei regimi di accesso per motivi di protezione dei dati personali, e a parti di documenti accessibili in virtù di tali regimi che contengono dati personali il cui riutilizzo è stato definito per legge incompatibile con la normativa in materia di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali;

(...)

3.      La presente direttiva si basa, senza recar loro pregiudizio, sui regimi di accesso esistenti negli Stati membri.

4.      La presente direttiva non pregiudica in alcun modo il livello di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali ai sensi delle disposizioni di diritto unionale e nazionale e non modifica, in particolare, i diritti e gli obblighi previsti dalla direttiva [95/46].

(...)».

 Diritto lettone

20      L’articolo 96 della Latvijas Republikas Satversme (Costituzione della Repubblica di Lettonia; in prosieguo: la «Costituzione lettone») dispone quanto segue:

«Ogni individuo ha diritto al rispetto della sua vita privata, del suo domicilio e della sua corrispondenza».

21      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’Informācijas atklātības likums (legge sulla libertà d’informazione), del 29 ottobre 1998 (Latvijas Vēstnesis, 1998, n. 334/335), il riutilizzo consiste nell’uso di informazioni accessibili al pubblico detenute e create da un’autorità, per finalità commerciali o non commerciali diverse dallo scopo iniziale per cui le informazioni sono state create, quando tale uso è effettuato da un privato e non rientra nell’esercizio dei pubblici poteri.

22      Conformemente dell’articolo 4 di tale legge, le informazioni accessibili al pubblico sono quelle che non rientrano nella categoria delle informazioni ad accesso limitato.

23      L’articolo 5, paragrafo 1, della legge in parola prevede che l’accesso alle informazioni è limitato quando queste ultime sono destinate a un gruppo circoscritto di persone ai fini dello svolgimento dei loro compiti o dell’adempimento dei loro obblighi professionali e quando la divulgazione o la perdita di tali informazioni, per via della loro natura e del loro contenuto, ostacola o può ostacolare le attività di un’autorità oppure pregiudica o può pregiudicare gli interessi delle persone giuridicamente protette. Tale articolo evidenzia, al suo paragrafo 2, che le informazioni sono considerate ad accesso limitato qualora, in particolare, la legge così preveda e precisa, al suo paragrafo 6, che le informazioni già pubblicate non possono essere considerate informazioni ad accesso limitato.

24      Secondo l’articolo 10, paragrafo 3, della medesima legge, le informazioni accessibili al pubblico possono essere fornite su richiesta: il richiedente non è tenuto a giustificare in maniera specifica il suo interesse a ottenere tali informazioni e l’accesso ad esse non può essergli rifiutato per il motivo che tali informazioni non lo riguardano.

25      L’articolo 14del Ceļu satiksmes likums (legge sulla circolazione stradale), del 1° ottobre 1997 (Latvijas Vēstnesis, 1997, n. 274/276), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sulla circolazione stradale»), intitolato «Accesso alle informazioni conservate nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti (…)», al paragrafo 2 enuncia quanto segue:

«Le informazioni relative (…) al diritto di una persona di guidare un veicolo, alle ammende per infrazioni stradali inflitte a una persona e non pagate entro i termini stabiliti ex lege e le altre informazioni inserite nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti (…) sono considerate informazioni accessibili al pubblico».

26      L’articolo 431 della legge sulla circolazione stradale, intitolato «Sistema di punti di penalità», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Al fine di incidere sul comportamento dei conducenti di veicoli, promuovendo la guida sicura dei veicoli e il rispetto della normativa stradale, nonché al fine di ridurre al minimo i rischi per la vita, la salute e i beni delle persone, gli illeciti amministrativi commessi dai conducenti di veicoli sono iscritti nel registro delle condanne e i punti di penalità sono inseriti nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti».

27      Conformemente ai punti 1 e 4 del Ministru kabineta noteikumi Nr. 551 «Pārkāpumu uzskaites punktu sistēmas piemērošanas noteikumi» (decreto n. 551 del Consiglio dei Ministri sulle disposizioni relative all’applicazione del sistema dei punti di penalità), del 21 giugno 2004 (Latvijas Vēstnesis, 2004, n. 102), i punti di penalità per gli illeciti amministrativi commessi in materia di circolazione stradale da parte di conducenti di veicoli sono automaticamente registrati il giorno della scadenza del termine di ricorso avverso la decisione che irroga una sanzione amministrativa.

28      Secondo il punto 7 di tale decreto, i punti di penalità vengono cancellati una volta prescritti.

29      In virtù del punto 12 di detto decreto, a seconda del numero di punti di penalità, i conducenti sono destinatari di misure – quali avvertimenti, corsi o esami in materia di sicurezza stradale – oppure sono sottoposti al divieto di esercitare il diritto di guidare veicoli per un determinato periodo di tempo.

30      Come risulta dall’articolo 32, paragrafo 1, del Satversmes tiesas likums (legge sulla Corte costituzionale), del 5 giugno 1996 (Latvijas Vēstnesis, 1996, n. 103), una sentenza della Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale, Lettonia) è definitiva e costitutiva dalla data della sua pronuncia. Conformemente all’articolo 32, paragrafo 3, di tale legge, una disposizione dichiarata incompatibile con una norma di rango superiore da parte della Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) è nulla a partire dalla data della pubblicazione della sentenza pronunciata da quest’ultima, salvo che essa non decida altrimenti.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

31      B è una persona fisica a cui sono stati inflitti punti di penalità per una o più infrazioni stradali. Conformemente alla legge sulla circolazione stradale e al decreto n. 551, del 21 giugno 2004, la Ceļu satiksmes drošības direkcija (Direzione per la sicurezza stradale, Lettonia) (in prosieguo: la «CSDD») ha iscritto tali punti di penalità nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti.

32      Dal momento che le informazioni riguardanti i suddetti punti di penalità contenute in tale registro sono accessibili al pubblico e sono state, inoltre, secondo B, comunicate a diversi operatori economici per essere riutilizzate, B ha proposto un ricorso costituzionale dinanzi alla Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) affinché quest’ultima esaminasse la conformità dell’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale al diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 96 della Costituzione lettone.

33      La Latvijas Republikas Saeima (Parlamento della Repubblica di Lettonia; in prosieguo: il «Parlamento lettone») è intervenuta nel procedimento in quanto istituzione che ha adottato la legge sulla circolazione stradale. Inoltre, la CSDD – che effettua il trattamento dei dati riguardanti i punti di penalità inflitti per infrazioni stradali – è stata sentita, al pari della Datu valsts inspekcija (Agenzia statale per la protezione dei dati), che in Lettonia è l’autorità di controllo ai sensi dell’articolo 51 del RGPD, e di numerose altre autorità e persone.

34      Nell’ambito del ricorso nel procedimento principale, il Parlamento lettone ha confermato che, ai sensi dell’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale, chiunque può ottenere informazioni riguardanti i punti di penalità inflitti a un’altra persona facendone richiesta direttamente alla CSDD o utilizzando i servizi forniti da riutilizzatori commerciali.

35      Esso ha evidenziato che la disposizione in parola è legittima, in quanto giustificata dalla finalità di migliorare la sicurezza stradale. Tale interesse generale esigerebbe che chi viola le norme sulla circolazione stradale – in particolare coloro che violano tali norme sistematicamente e intenzionalmente – sia pubblicamente identificato e che i conducenti, grazie a tale sistema di trasparenza, siano dissuasi dal commettere infrazioni.

36      Tale disposizione sarebbe inoltre giustificata dal diritto di accesso all’informazione previsto dalla Costituzione lettone.

37      Il Parlamento lettone ha precisato che, nella pratica, la comunicazione delle informazioni contenute nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti è subordinata alla condizione che chi richiede le informazioni indichi il numero di identificazione nazionale sul conducente del quale cerca informazioni. Tale condizione preliminare per ottenere informazioni si spiegherebbe con il fatto che, a differenza del nome di una persona, che può essere identico a quello di altre persone, il numero di identificazione nazionale è un identificatore univoco.

38      La CSDD, dal canto suo, ha osservato che l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale non impone limiti né all’accesso del pubblico ai dati relativi ai punti di penalità né al loro riutilizzo. Per quanto riguarda i contratti che essa conclude con i riutilizzatori commerciali, la CSDD ha evidenziato che tali contratti non prevedono il trasferimento legale dei dati e che i riutilizzatori devono garantire che le informazioni trasmesse ai propri clienti non eccedano quelle che possono essere ottenute dalla CSDD. Inoltre, nell’ambito di tali contratti, chi acquisisce le informazioni dichiarerebbe di utilizzare le informazioni ottenute in conformità agli scopi indicati nel contratto e nel rispetto della normativa vigente.

39      Per quanto riguarda la Datu valsts inspekcija (Agenzia per la protezione dei dati), quest’ultima ha espresso dubbi circa la conformità dell’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale con l’articolo 96 della Costituzione lettone, il quale prevede il diritto al rispetto della vita privata. A suo avviso, l’importanza e lo scopo del trattamento effettuato sulla base della disposizione in questione nel procedimento principale non sarebbero chiaramente stabiliti, sicché non si può escludere che tale trattamento sia inappropriato o sproporzionato. Infatti, sebbene le statistiche relative agli incidenti stradali in Lettonia indichino una diminuzione del numero di incidenti, non vi è alcuna prova che il sistema dei punti di penalità e il pubblico accesso alle informazioni relative a tale sistema abbiano contribuito a tale evoluzione favorevole.

40      La Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) constata, anzitutto, che il ricorso riguarda l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale solo nella parte in cui detta disposizione rende accessibili al pubblico i punti di penalità iscritti nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti.

41      Tale giudice rileva, poi, che i punti di penalità sono dati personali e che, per valutare l’ambito di applicazione del diritto al rispetto della vita privata di cui all’articolo 96 della Costituzione lettone, occorre tener conto del RGPD nonché, più in generale, dell’articolo 16 TFUE e dell’articolo 8 della Carta.

42      Per quanto riguarda gli obiettivi della normativa lettone in materia di circolazione stradale, detto giudice spiega che è proprio per promuovere la sicurezza stradale che le infrazioni commesse dai conducenti – qualificate in Lettonia come illeciti amministrativi – sono iscritte nel registro delle condanne e che i punti di penalità sono iscritti nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti.

43      Per quanto riguarda, in particolare, il registro nazionale dei veicoli e dei conducenti, esso permetterebbe di conoscere il numero di infrazioni stradali commesse e di applicare misure in funzione di tale numero. Il sistema dei punti di penalità iscritti nel registro mirerebbe, in tal modo, a migliorare la sicurezza stradale consentendo, da un lato, di operare una distinzione tra i conducenti di veicoli che violano sistematicamente e intenzionalmente le norme sulla circolazione stradale e quelli che commettono infrazioni occasionali. Dall’altro lato, un simile sistema potrebbe anche incidere in maniera preventiva sul comportamento degli utenti della strada, inducendoli a rispettare le norme sulla circolazione stradale.

44      Il medesimo giudice osserva che è pacifico che la l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale conferisce a chiunque il diritto di chiedere e ottenere dalla CSDD le informazioni contenute nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti in relazione ai punti di penalità inflitti ai conducenti. Esso conferma al riguardo che, nella pratica, tali informazioni vengono fornite al richiedente nel momento in cui quest’ultimo indica il numero di identificazione nazionale del conducente interessato.

45      La Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) precisa poi che i punti di penalità rientrano nell’ambito di applicazione della legge sulla libertà d’informazione, essendo considerati informazioni accessibili al pubblico, che possono, di conseguenza, essere riutilizzate a fini, commerciali o non commerciali, diversi dallo scopo iniziale per il quale tali informazioni sono state create.

46      Al fine di interpretare e applicare l’articolo 96 della Costituzione lettone in conformità al diritto dell’Unione, tale giudice si chiede, in primo luogo, se le informazioni relative ai punti di penalità rientrino tra quelle di cui all’articolo 10 del RGPD, ossia tra i «dati personali relativi alle condanne penali e ai reati». Se così fosse, si potrebbe ritenere che l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale violi il requisito di cui all’articolo 10, in base al quale il trattamento dei dati ivi menzionati può avvenire soltanto «sotto il controllo dell’autorità pubblica» o in presenza di «garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati».

47      Detto giudice rileva che l’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 95/46, che lasciava a ciascuno Stato membro il compito di valutare se le norme speciali in materia di dati relativi alle condanne penali e ai reati dovessero estendersi ai dati relativi alle sanzioni e agli illeciti amministrativi, era stato attuato, dal 1° settembre 2007, in Lettonia in maniera tale da far sì che i dati personali riguardanti gli illeciti amministrativi, al pari dei dati relativi alle condanne penali e ai reati, potevano essere trattati solo dai soggetti e nei casi previsti dalla legge.

48      Il medesimo giudice evidenzia, inoltre, che la portata dell’articolo 10 del RGPD deve, in conformità al considerando 4 di tale regolamento, essere valutata tenendo conto della funzione dei diritti fondamentali nella società. Orbene, in tale contesto, l’obiettivo di evitare che una sanzione inflitta in passato abbia un’incidenza negativa eccessiva sulla vita privata e professionale di una persona potrebbe applicarsi tanto alle condanne penali quanto agli illeciti amministrativi. Ciò premesso, occorrerebbe tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’assimilazione di taluni procedimenti amministrativi a procedimenti penali.

49      La Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) si interroga, in secondo luogo, sulla portata dell’articolo 5 del RGPD. In particolare, essa si chiede se il legislatore lettone si sia conformato all’obbligo di cui al paragrafo 1, lettera f), di tale articolo, di trattare i dati personali con «integrità e riservatezza». Essa rileva che l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale – la quale, consentendo l’accesso alle informazioni sui punti di penalità, permette di sapere se una persona è stata sanzionata per un’infrazione stradale – non è stato corredato da misure specifiche che garantiscano la sicurezza di tali dati.

50      Detto giudice si chiede, in terzo luogo, se la direttiva 2003/98 sia pertinente al fine di valutare la compatibilità dell’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale con il diritto al rispetto della vita privata. Da tale direttiva si evince, infatti, che il riutilizzo di dati personali può essere consentito soltanto qualora venga rispettato tale diritto.

51      In quarto luogo, in considerazione della giurisprudenza della Corte secondo cui l’interpretazione del diritto dell’Unione fornita in via pregiudiziale ha efficacia erga omnes ed ex tunc, tale giudice si chiede se, in caso di incompatibilità dell’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale con l’articolo 96 della Costituzione lettone, letto alla luce del RGPD e della Carta, essa possa comunque mantenere gli effetti nel tempo di detto articolo 141, paragrafo 2, fino alla data della pronuncia della sua sentenza, tenuto conto del numero elevato di rapporti giuridici pendenti.

52      A tal riguardo, la Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) spiega che, in base al diritto lettone, un atto dichiarato incostituzionale deve essere considerato nullo a partire dalla data di pronuncia della sua sentenza, salvo che quest’ultima non decida altrimenti. Essa spiega, al riguardo, di essere tenuta a garantire un equilibrio tra, da un lato, il principio di certezza del diritto e, dall’altro, i diritti fondamentali dei diversi interessati.

53      Stanti tali circostanze, la Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la nozione di “trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza”, di cui all’articolo 10 del [RGPD], debba essere interpretata nel senso che include il trattamento di informazioni riguardanti i punti inflitti ai conducenti per infrazioni stradali previsto nella norma controversa.

2)      Indipendentemente dalla risposta alla prima questione, se le disposizioni del [RGPD], in particolare il principio di “integrità e riservatezza” di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), del medesimo, debbano essere interpretate nel senso che vietano agli Stati membri di stabilire che le informazioni riguardanti i punti inflitti ai conducenti per infrazioni stradali siano accessibili al pubblico e che i dati corrispondenti possano essere trattati mediante comunicazione degli stessi.

3)      Se i considerando 50 e 154, gli articoli 5, paragrafo 1, lettera b), e 10 del [RGPD] e l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c quater), della direttiva [2003/98], debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro che consente la trasmissione delle informazioni riguardanti i punti inflitti ai conducenti per infrazioni stradali a fini del loro riutilizzo.

4)      In caso di risposta affermativa a una qualsiasi delle questioni di cui sopra, se il principio del primato del diritto dell’Unione e il principio della certezza del diritto debbano essere interpretati nel senso che potrebbe essere possibile applicare la norma controversa e mantenere i suoi effetti giuridici fino al passaggio in giudicato della decisione finale adottata dalla [Satversmes tiesa (Corte costituzionale)]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

54      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10 del RGPD debba essere interpretato nel senso che esso si applica al trattamento dei dati personali relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali consistente nella divulgazione di tali dati al pubblico.

55      Ai sensi dell’articolo 10 del RGPD, il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati.

56      Occorre quindi, in via preliminare, verificare se le informazioni riguardanti i punti di penalità comunicate a terzi in forza del regolamento in questione nel procedimento principale costituiscano «dati personali», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del RGPD e se tale comunicazione costituisca un «trattamento» di detti dati, ai sensi dell’articolo 4, punto 2, del regolamento in parola, rientrante nell’ambito di applicazione materiale di quest’ultimo, come definito al suo articolo 2.

57      Al riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che dalla decisione di rinvio emerge che la normativa lettone prevede l’applicazione di punti di penalità ai conducenti di veicoli che hanno commesso un’infrazione stradale e ai quali è stata irrogata una sanzione, pecuniaria o di altra natura. Tali punti sono inseriti da un organismo pubblico, la CSDD, nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti il giorno della scadenza del termine di ricorso avverso la decisione che infligge tale sanzione.

58      Da tale decisione si evince altresì che le infrazioni stradali e le relative sanzioni dirette a reprimerle sono disciplinate, in Lettonia, dal diritto amministrativo e che lo scopo dell’irrogazione di punti di penalità non è quello di infliggere una sanzione aggiuntiva ma di sensibilizzare i conducenti interessati, inducendoli ad adottare uno stile di guida più sicuro. Quando viene raggiunto un certo numero di punti di penalità, l’interessato può essere sottoposto al divieto di guidare per un determinato periodo di tempo.

59      Da tale decisione emerge altresì che la normativa in questione nel procedimento principale obbliga la CSDD a comunicare le informazioni riguardanti i punti di penalità inflitti a un determinato conducente a chiunque chieda di accedere a tali informazioni. La CSDD si limita ad esigere, a tal fine, che il richiedente tali informazioni identifichi debitamente il conducente interessato fornendo il numero di identificazione nazionale di quest’ultimo.

60      È necessario pertanto constatare che le informazioni riguardanti i punti di penalità, che si riferiscono a una persona fisica individuata, sono «dati personali», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del RGPD e che la comunicazione di questi ultimi a terzi da parte della CSDD costituisce un «trattamento», ai sensi dell’articolo 4, punto 2, del RGPD.

61      In secondo luogo, si deve constatare che la comunicazione di dette informazioni rientra nella definizione molto ampia dell’ambito di applicazione materiale del RGPD, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, e non figura nel novero dei trattamenti di dati personali che l’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e d), del RGPD esclude dal medesimo ambito di applicazione.

62      Per quanto riguarda, infatti, da un lato, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, quest’ultimo prevede che tale regolamento non si applichi ai trattamenti di dati personali «effettuati per attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione». Tale eccezione all’applicabilità del RGPD deve, al pari delle altre eccezioni previste dall’articolo 2, paragrafo 2, di quest’ultimo, essere interpretata restrittivamente (v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2020, Land Hessen, C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 68, nonché del 16 luglio 2020, Facebook Ireland e Schrems, C‑311/18, EU:C:2020:559, punto 84).

63      Al riguardo, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del regolamento in parola deve essere letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), e con il considerando 16, del medesimo, il quale precisa che detto regolamento non si applica ai trattamenti dei dati personali nell’ambito di «attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, quali le attività riguardanti la sicurezza nazionale» nonché nell’esercizio di «attività relative alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione».

64      Ne consegue che l’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), del RGPD si inserisce parzialmente nel solco dell’articolo 3, paragrafo 2, primo trattino, de la direttiva 95/46. Da ciò deriva che l’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), del RGPD non può essere interpretato come avente una portata più ampia di quella dell’eccezione derivante dall’articolo 3, paragrafo 2, primo trattino, della direttiva 95/46, il quale escludeva già dall’ambito di applicazione di tale direttiva, in particolare, i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito di «attività che non rientrano nel campo di applicazione del diritto comunitario, come quelle previste dai titoli V e VI del trattato [UE, nella versione anteriore al trattato di Lisbona] e comunque [i] trattamenti aventi come oggetto la pubblica sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato (...)».

65      Orbene, come la Corte ha ripetutamente dichiarato, solo i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito di un’attività propria degli Stati o delle autorità statali ed espressamente menzionata in detto articolo 3, paragrafo 2, o nell’ambito di un’attività che può essere ascritta alla medesima categoria, erano esclusi dall’ambito di applicazione di detta direttiva (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2003, Lindqvist, C‑101/01, EU:C:2003:596, punti da 42 a 44; del 27 settembre 2017, Puškár, C‑73/16, EU:C:2017:725, punti 36 e 37, e del 10 luglio 2018, Jehovan todistajat, C‑25/17, EU:C:2018:551, punto 38).

66      Ne consegue che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, letto alla luce del considerando 16 di tale regolamento, deve essere inteso come avente l’unico obiettivo di escludere dall’ambito di applicazione di detto regolamento i trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità statali nell’ambito di un’attività volta a salvaguardare la sicurezza nazionale o di un’attività che può essere ascritta alla medesima categoria, di modo che il mero fatto che un’attività sia propria dello Stato o di un’autorità pubblica non è sufficiente affinché tale eccezione sia automaticamente applicabile a una siffatta attività (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen, C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 70).

67      Le attività che hanno lo scopo di salvaguardare la sicurezza nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD comprendono, in particolare, come rilevato, in sostanza, anche dall’avvocato generale ai paragrafi 57 e 58 delle sue conclusioni, quelle volte a tutelare le funzioni essenziali dello Stato e gli interessi fondamentali della società.

68      Orbene, le attività riguardanti la sicurezza stradale non perseguono un siffatto obiettivo e non possono, di conseguenza, essere ascritte alla categoria delle attività che hanno lo scopo di salvaguardare la sicurezza nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD.

69      Per quanto riguarda, dall’altro lato, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), del RGPD, esso prevede che tale regolamento non si applichi ai trattamenti dei dati personali «effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle stesse». Come emerge dal considerando 19 del regolamento in parola, tale eccezione è motivata dalla circostanza che i trattamenti dei dati personali, da parte delle autorità competenti e per le succitate finalità, sono disciplinati da un atto più specifico dell’Unione, ossia la direttiva 2016/680, la quale è stata adottata il medesimo giorno del RGPD e che definisce, al suo articolo 3, paragrafo 7, ciò che debba intendersi per «autorità competente», definizione questa che deve essere applicata, per analogia, all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d).

70      Dal considerando 10 della direttiva 2016/680 si evince che la nozione di «autorità competente» deve essere intesa in relazione alla protezione dei dati personali nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia, tenuto conto degli adeguamenti che possono al riguardo risultare necessari in considerazione della specificità di tali settori. Inoltre, il considerando 11 della direttiva in parola precisa che il RGPD si applica al trattamento dei dati personali che venga effettuato da un’«autorità competente», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, di detta direttiva, ma per finalità diverse da quelle previste da quest’ultima.

71      Alla luce degli elementi di cui dispone la Corte, non risulta che, nell’esercizio delle attività in questione nel procedimento principale – che consistono nel comunicare al pubblico dati personali riguardanti i punti di penalità a fini di sicurezza stradale – la CSDD possa essere considerata un’«autorità competente», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2016/680, e, pertanto, che simili attività possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), del RGPD.

72      Pertanto, la comunicazione da parte della CSDD dei dati personali relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali rientra nell’ambito di applicazione materiale del RGPD.

73      Quanto all’applicabilità dell’articolo 10 del RGPD a una siffatta comunicazione, si tratta di determinare se le informazioni così comunicate costituiscano dati personali «relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza», ai sensi di tale disposizione, il cui trattamento «deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica», a meno che esso non sia «autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati».

74      Al riguardo, occorre ricordare che detto articolo 10 mira a garantire una maggiore protezione contro trattamenti che, a causa della natura particolarmente sensibile dei dati in questione, possono costituire un’ingerenza particolarmente grave nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2019, GC e a. (Deindicizzazione di dati sensibili), C‑136/17, EU:C:2019:773, punto 44].

75      Infatti, dal momento che i dati ai quali si riferisce l’articolo 10 del RGPD riguardano condotte che suscitano la disapprovazione della società, la concessione di un accesso a simili dati può comportare la stigmatizzazione dell’interessato e costituire, in tal modo, una grave ingerenza nella sua vita privata o professionale.

76      Nel caso di specie, è vero che le decisioni delle autorità lettoni volte a reprimere le infrazioni stradali sono iscritte – come evidenziato dal governo lettone nelle risposte fornite ai quesiti posti dalla Corte – nel registro delle condanne, al quale il pubblico ha accesso soltanto in determinati casi, e non nel registro dei veicoli e dei conducenti, a cui l’articolo 141, paragrafo 2, della legge sulla circolazione stradale dà libero accesso. Tuttavia, come evidenziato dal giudice del rinvio, la comunicazione da parte della CSDD dei dati personali relativi ai punti di penalità e iscritti in quest’ultimo registro consente al pubblico di sapere se una determinata persona abbia commesso infrazioni stradali e, in caso affermativo, di dedurne la gravità nonché la frequenza. Un simile sistema di comunicazione dei punti di penalità equivale, di conseguenza, a dare accesso ai dati personali relativi alle infrazioni stradali.

77      Al fine di determinare se un accesso del genere costituisca un trattamento di dati personali relativi a «reati», ai sensi dell’articolo 10 del RGPD, si deve rilevare, in primo luogo, che tale nozione fa riferimento esclusivamente agli illeciti penali, come risulta, in particolare, dalla genesi del RGPD. Sebbene il Parlamento europeo avesse, infatti, proposto di includere espressamente in tale disposizione i termini «sanzioni amministrative» (GU 2017, C 378, pag. 430), tale proposta non è stata tuttavia accolta. Detta circostanza è rilevante a maggior ragione in quanto la disposizione che ha preceduto l’articolo 10 del RGPD, ossia l’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 95/46, che faceva riferimento, al suo primo comma, alle «infrazioni» e alle «condanne penali», contemplava, al suo secondo comma, la possibilità per gli Stati membri di «prevedere che i trattamenti di dati riguardanti sanzioni amministrative [fossero] ugualmente effettuati sotto controllo dell’autorità pubblica». Dalla lettura complessiva di detto articolo 8, paragrafo 5, si evince quindi chiaramente che la nozione di «infrazione» si riferiva esclusivamente agli illeciti penali.

78      Stanti tali circostanze, si deve ritenere che il legislatore dell’Unione, omettendo deliberatamente di includere l’aggettivo «amministrativo» nell’articolo 10 del RGPD, ha inteso riservare la maggiore protezione prevista da tale disposizione al solo ambito penale.

79      Tale interpretazione è corroborata, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 74 a 77 delle sue conclusioni, dal fatto che diverse versioni linguistiche dell’articolo 10 del RGPD fanno espressamente riferimento agli «illeciti penali», come quelle in lingua tedesca (Straftaten), spagnola (infracciones penales), italiana (reati), lituana (nusikalstamas veikas), maltese (reati) e neerlandese (strafbare feiten).

80      In secondo luogo, la circostanza che le infrazioni stradali siano qualificate come illeciti amministrativi in Lettonia non è determinante al fine di valutare se tali infrazioni rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 10 del RGPD.

81      Al riguardo, si deve ricordare che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri al fine di determinare il suo senso e la sua portata, devono di norma dar luogo, in tutta l’Unione, ad un’interpretazione autonoma e uniforme (sentenze del 19 settembre 2000, Linster, C‑287/98, EU:C:2000:468, punto 43, e del 1° ottobre 2019, Planet49, C‑673/17, EU:C:2019:801, punto 47).

82      Nel caso di specie, occorre rilevare, anzitutto, che il RGPD non contiene alcun rinvio ai diritti nazionali quanto alla portata dei termini contenuti nell’articolo 10 di quest’ultimo, in particolare dei termini «reati» e «condanne penali».

83      Dal considerando 10 del RGPD emerge, poi, che quest’ultimo mira a contribuire alla realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia garantendo un livello coerente ed elevato di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, il che presuppone che tale livello di protezione sia equivalente ed omogeneo in tutti gli Stati membri. Orbene, sarebbe contraria a tale finalità la circostanza che la maggiore protezione prevista da tale disposizione si applichi al trattamento dei dati personali relativi alle infrazioni stradali soltanto in alcuni Stati membri e non in altri, per il solo motivo che tali illeciti non sono qualificati come penali in questi ultimi Stati membri.

84      Infine, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 84 delle sue conclusioni, tale constatazione è corroborata dal considerando 13 della direttiva 2016/680, secondo cui «un reato ai sensi [di tale] direttiva dovrebbe costituire un concetto autonomo del diritto dell’Unione come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea».

85      Ne consegue che la nozione di «reato», decisiva per determinare l’applicabilità dell’articolo 10 del RGPD a dati personali relativi alle infrazioni stradali, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, esige nell’intera Unione un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto dell’obiettivo perseguito da tale disposizione e dal contesto nel quale si inserisce, senza che sia determinante a tal riguardo la qualificazione fornita dallo Stato membro interessato di tali illeciti, atteso che detta qualificazione può essere differente a seconda del paese considerato (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, Baláž, C‑60/12, EU:C:2013:733, punti 26 e 35)

86      In terzo luogo, occorre esaminare se le infrazioni stradali, come quelle che danno luogo all’iscrizione nel registro dei veicoli e dei conducenti dei punti di penalità la cui comunicazione a terzi è prevista dalla norma controversa, costituiscano un «reato», ai sensi dell’articolo 10 del RGPD.

87      Secondo la giurisprudenza della Corte, tre criteri sono rilevanti per valutare la natura penale di un illecito. Il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura dell’illecito e, il terzo, nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Bonda, C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 37; del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 28, e del 2 febbraio 2021, Consob, C‑481/19, EU:C:2021:84, punto 42).

88      Anche per gli illeciti che non sono qualificati come «penali» dal diritto nazionale, una simile qualificazione può nondimeno derivare della natura stessa dell’illecito in questione e dal grado di severità delle sanzioni che quest’ultimo può comportare (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punti 28 e 32).

89      Quanto al criterio relativo alla natura medesima dell’illecito, esso implica di verificare se la sanzione contemplata persegua, in particolare, una finalità repressiva, senza che la mera circostanza che essa persegua anche una finalità preventiva sia idonea a privarla della sua qualificazione di sanzione penale. Infatti, fa parte della natura stessa delle sanzioni penali la circostanza che esse siano volte tanto alla prevenzione quanto alla repressione di condotte illecite. Per contro, una misura che si limiti a risarcire il danno causato dall’illecito considerato non riveste natura penale (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Bonda, C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 39, e del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 33). Orbene, è pacifico che l’attribuzione dei punti di penalità per infrazioni stradali, al pari delle ammende o di altre sanzioni che la commissione di tali infrazioni può comportare, non ha soltanto la finalità di risarcire i danni eventualmente causati da dette infrazioni, ma persegue anche una finalità repressiva.

90      Per quanto riguarda il criterio relativo al grado di severità delle sanzioni che la commissione di queste stesse infrazioni può comportare, occorre rilevare, anzitutto, che solo le infrazioni stradali di una certa gravità comportano l’attribuzione di punti di penalità e che, di conseguenza, siffatte infrazioni possono comportare sanzioni di una certa gravità. L’irrogazione di punti di penalità si aggiunge, poi, generalmente alla sanzione inflitta in caso di commissione di una simile infrazione, come accade del resto nel caso della normativa in questione nel procedimento principale, come rilevato al punto 58 della presente sentenza. Infine, il cumulo di detti punti comporta, di per sé, conseguenze giuridiche, come l’obbligo di sostenere un esame, se non addirittura il divieto di guidare.

91      Tale analisi è corroborata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui, nonostante la tendenza alla «depenalizzazione» delle infrazioni stradali in taluni Stati, tali infrazioni devono generalmente – alla luce della finalità sia preventiva che repressiva delle sanzioni inflitte e del grado di severità che queste ultime possono raggiungere – essere considerate di natura penale (v., in tal senso, Corte EDU, 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania, CE:ECHR:1984:0221JUD 000854479, §§ da 49 a 53; 29 giugno 2007, O’Halloran e Francis c. Regno Unito CE:ECHR:2007:0629JUD 001580902, §§ da 33 a 36, e 4 ottobre 2016, Rivard c. Svizzera, CE:ECHR:2016:1004JUD 002156312, §§ 23 e 24).

92      La qualificazione delle infrazioni stradali che possono comportare l’applicazione dei punti di penalità come «reato», ai sensi dell’articolo 10 del RGPD è anche in linea con la finalità di tale disposizione. La comunicazione al pubblico dei dati personali relativi alle infrazioni stradali, compresi i punti di penalità inflitti per la loro commissione, può infatti suscitare, in considerazione del fatto che tali infrazioni pregiudicano la sicurezza stradale, la disapprovazione sociale e comportare la stigmatizzazione dell’interessato, in particolare quando tali punti pongono in evidenza una certa gravità o frequenza delle suddette infrazioni.

93      Ne consegue che le infrazioni stradali che possono comportare l’attribuzione di punti di penalità rientrano nella nozione di «reati» di cui all’articolo 10 del RGPD.

94      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione sottoposta dichiarando che l’articolo 10 del RGPD deve essere interpretato nel senso che esso si applica al trattamento dei dati personali relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali.

 Sulla seconda questione

95      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del RGPD debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che impone all’organismo pubblico responsabile del registro in cui sono inseriti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali di comunicare tali dati a qualsiasi persona che ne faccia richiesta, senza che quest’ultima sia tenuta a dimostrare un interesse specifico all’ottenimento di tali dati.

96      Al riguardo, occorre ricordare che ogni trattamento di dati personali deve, da un lato, essere conforme ai principi relativi al trattamento dei dati elencati all’articolo 5 del RGPD e, dall’altro, rispondere a uno dei principi relativi alla liceità del trattamento dati elencati all’articolo 6 di detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2019, Deutsche Post, C‑496/17, EU:C:2019:26, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

97      Per quanto riguarda i principi relativi al trattamento dei dati personali, è vero che il giudice del rinvio si riferisce specificamente ai principi di «integrità» e «riservatezza» sanciti all’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), del RGPD. Ciò premesso, dai quesiti posti da tale giudice si evince, tuttavia, che esso cerca di determinare, più in generale, se il trattamento dei dati personali di cui trattasi nel procedimento principale possa essere considerato lecito alla luce di tutte le disposizioni di tale regolamento e, in particolare, alla luce del principio di proporzionalità.

98      Ne consegue che occorre tener conto, nella risposta da fornire a tale giudice, anche degli altri principi enunciati all’articolo 5, paragrafo 1, di detto regolamento, in particolare, del principio di «minimizzazione dei dati» di cui alla lettera c) di tale disposizione, secondo cui i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati e che dà espressione al suddetto principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociația de Proprietari bloc M5A-ScaraA, C‑708/18, EU:C:2019:1064, punto 48).

99      Per quanto riguarda i principi relativi alla liceità del trattamento, l’articolo 6 del RGPD prevede un elenco esaustivo e tassativo dei casi nei quali un trattamento dei dati personali può essere considerato lecito. Pertanto, per poter essere considerato lecito, un trattamento deve rientrare in uno dei casi previsti da detto articolo 6 (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociația de Proprietari bloc M5A-ScaraA, C‑708/18, EU:C:2019:1064, punti 37 e 38). Al riguardo, il trattamento dei dati personali di cui trattasi nel procedimento principale, ossia la comunicazione al pubblico dei dati relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali, effettuata dalla CSDD, può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del RGPD, in forza del quale il trattamento è lecito se e nella misura in cui è «necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento».

100    Inoltre, dal momento che, come constatato al punto 94 della presente sentenza, i dati personali relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 10 del RGPD, il loro trattamento è soggetto alle restrizioni aggiuntive previste da tale disposizione. Pertanto, conformemente a detta disposizione, il trattamento di tali dati «deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica», a meno che esso non sia «autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati». La suddetta disposizione precisa, inoltre, che «[u]n eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica».

101    Nel caso di specie, è pacifico che il trattamento dei dati personali di cui trattasi nel procedimento principale, ossia la comunicazione al pubblico dei dati relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali, è effettuato da un organismo pubblico, la CSDD, che è il responsabile del trattamento ai sensi dell’articolo 4, punto 7, del RGPD (v., per analogia, sentenza del 9 marzo 2017, Manni, C‑398/15, EU:C:2017:197, punto 35). Tuttavia, è parimenti pacifico che, una volta comunicati, tali dati vengono consultati dalle persone che ne hanno richiesto la comunicazione e, se del caso, sono conservati o diffusi da tali persone. Dal momento che tali trattamenti successivi di dati non sono più effettuati «sotto il controllo» della CSDD o di un’altra autorità pubblica, il diritto nazionale che autorizza la comunicazione di tali dati da parte della CSDD deve prevedere «garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati».

102    Pertanto, è alla luce tanto delle condizioni generali di liceità – in particolare quelle previste dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), e dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del RGPD – quanto delle restrizioni particolari previste all’articolo 10 di quest’ultimo, che occorre esaminare la conformità di una normativa nazionale, come quella in questione nel procedimento principale, con tale regolamento.

103    Al riguardo, si deve constatare che nessuna di tali disposizioni vieta in maniera generale ed assoluta che, in virtù di una normativa nazionale, un’autorità pubblica sia autorizzata, se non addirittura obbligata, a comunicare dati personali alle persone che ne fanno richiesta.

104    Se è vero, infatti, che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del RGPD subordina al rispetto del principio di «minimizzazione dei dati» il trattamento dei dati personali, risulta chiaramente, tuttavia, dalla formulazione di tale disposizione che essa non è volta a istituire un simile divieto generale e assoluto e che, in particolare, essa non osta a che vengano comunicati dati personali al pubblico quando tale comunicazione è necessaria per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento. Lo stesso vale qualora i dati in questione rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 10 del RGPD, purché la normativa che autorizza tale comunicazione preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2019, GC e a. (Deindicizzazione di dati sensibili), C‑136/17, EU:C:2019:773, punto 73].

105    In tale contesto, occorre ricordare che i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali non sono prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale e bilanciati con altri diritti fondamentali. Limitazioni possono quindi essere apportate, a condizione che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, esse siano previste dalla legge e che rispettino il contenuto essenziale dei diritti fondamentali nonché il principio di proporzionalità. In virtù di tale principio, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Esse devono operare nei limiti dello stretto necessario e la normativa che comporta l’ingerenza deve prevedere norme chiare e precise che disciplinano la portata e l’applicazione della misura in questione (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Facebook Ireland e Schrems, C‑311/18, EU:C:2020:559, punti da 172 a 176).

106    Pertanto, al fine di determinare se una comunicazione al pubblico di dati personali relativi ai punti di penalità, come quella in questione nel procedimento principale, sia necessaria per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del RGPD, e se la normativa che autorizza una simile comunicazione preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati, ai sensi dell’articolo 10 di tale regolamento, occorre verificare in particolare se, alla luce della gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali causata da tale comunicazione, quest’ultima risulti giustificata e, in particolare, proporzionata, ai fini della realizzazione degli obiettivi perseguiti.

107    Nella caso di specie, il Parlamento lettone, nelle sue osservazioni dinanzi al giudice del rinvio, e il governo lettone, nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, sostengono che la comunicazione da parte della CSDD, a qualsiasi persona che ne faccia richiesta, dei dati personali relativi ai punti di penalità rientra nel compito di interesse pubblico, attribuito a tale ente, di migliorare la sicurezza stradale e, in tale contesto, è volta, segnatamente, a consentire l’identificazione dei conducenti di veicoli che violano sistematicamente le norme sulla circolazione stradale e a incidere sul comportamento degli utenti della strada, inducendoli a comportarsi conformemente a tali norme.

108    Al riguardo, si deve ricordare che il miglioramento della sicurezza stradale costituisce un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2015, Aykul, C‑260/13, EU:C:2015:257, punto 69 e giurisprudenza ivi citata). Gli Stati membri sono quindi legittimati a qualificare la sicurezza stradale come «compito di interesse pubblico», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del RGPD.

109    Tuttavia, al fine di rispettare le condizioni previste da quest’ultima disposizione, è necessario che la comunicazione dei dati personali relativi ai punti di penalità iscritti nel registro tenuto dalla CSDD risponda effettivamente all’obiettivo di interesse generale di migliorare la sicurezza stradale, senza eccedere quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

110    Come evidenziato dal considerando 39 del RGPD, tale requisito di necessità non è soddisfatto quando l’obiettivo di interesse generale considerato può ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante altri mezzi meno pregiudizievoli per i diritti fondamentali degli interessati, in particolare per i diritti al rispetto della vita privata e alla protezione dei diritti personali garantiti agli articolo 7 e 8 della Carta, atteso che le deroghe e le restrizioni al principio della protezione di simili dati devono avere luogo nei limiti dello stretto necessario (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociația de Proprietari bloc M5A-ScaraA, C‑708/18, EU:C:2019:1064, punti 46 e 47).

111    Orbene, come risulta dalla prassi degli Stati membri, ciascuno di essi dispone di diverse linee d’azione, tra cui, in particolare, quella di reprimere le infrazioni stradali in modo dissuasivo, in particolare privando i conducenti interessati del diritto di guidare un veicolo, laddove la violazione di un siffatto divieto è a sua volta punibile con sanzioni efficaci, senza che occorra comunicare al pubblico l’adozione di simili misure. Da tale prassi si evince altresì che si possono adottare, inoltre, numerose misure preventive – dalle campagne di sensibilizzazione collettiva all’adozione di misure individuali consistenti nell’obbligare il conducente a seguire corsi e a sostenere esami – senza che sia necessario comunicare al pubblico l’adozione di tali misure individuali. Orbene, non risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte che misure del genere fossero state esaminate e preferite dal legislatore lettone in luogo dell’adozione della normativa in questione nel procedimento principale.

112    Per di più, come rilevato al punto 92 della presente sentenza, la comunicazione al pubblico dei dati personali relativi alle infrazioni stradali, compresi i dati relativi ai punti di penalità inflitti per la loro commissione, può costituire una grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, poiché essa può suscitare la disapprovazione sociale e comportare la stigmatizzazione della persona interessata.

113    Tenuto conto, da un lato, della sensibilità dei dati in questione e della gravità di detta ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali degli interessati nonché, dall’altro, del fatto che, alla luce delle constatazioni di cui al punto 111 della presente sentenza, non risulta che l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale non possa essere ragionevolmente conseguito in modo altrettanto efficace con altri mezzi meno lesivi, non si può ritenere dimostrato che un siffatto sistema di comunicazione dei dati personali relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali sia necessario per raggiungere il suddetto obiettivo (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert, C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 86).

114    Pertanto, se è vero che può essere giustificato distinguere i conducenti che sistematicamente ed intenzionalmente violano le norme sulla circolazione stradale dai conducenti che commettono delle infrazioni occasionali, non si può tuttavia ritenere che l’identificazione della prima categoria di tali conducenti debba, ai fini del miglioramento della sicurezza stradale, essere effettuata dal grande pubblico o condivisa con quest’ultimo, di modo che si può persino dubitare dell’idoneità della normativa di cui trattasi nel procedimento principale a conseguire il primo degli obiettivi richiamati al punto 107 della presente sentenza.

115    Del resto, dal fascicolo di cui dispone la Corte si evince che la CSDD comunica al pubblico non solo i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti che violano sistematicamente ed intenzionalmente le norme sulla circolazione stradale, ma anche i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti che commettono infrazioni occasionali. Risulta quindi che, prevedendo un accesso generalizzato del pubblico ai punti di penalità, la normativa in questione nel procedimento principale eccede, in ogni caso, quanto necessario per garantire l’obiettivo della lotta contro l’inosservanza sistematica ed intenzionale delle norme sulla circolazione stradale.

116    Per quanto riguarda il secondo degli obiettivi perseguiti dalla normativa in questione nel procedimento principale, ricordato al punto 107 della presente sentenza, da detto fascicolo emerge che, sebbene in Lettonia sia stata osservata una tendenza alla riduzione del numero di incidenti stradali, nulla consente di concludere che tale tendenza sia legata alla divulgazione delle informazioni relative ai punti di penalità piuttosto che all’istituzione di per sé del sistema dei punti di penalità.

117    La conclusione enunciata al punto 113 della presente sentenza non è inficiata dal fatto che la CSDD subordini, nella pratica, la comunicazione dei dati personali in questione alla condizione che il richiedente indichi il numero di identificazione nazionale del conducente su cui intende ottenere informazioni.

118    Anche supponendo, infatti, come precisato dal governo lettone, che la comunicazione dei numeri di identificazione nazionale da parte degli organismi pubblici incaricati di tenere i registri della popolazione sia soggetta a requisiti rigorosi e sia quindi conforme all’articolo 87 del RGPD, resta nondimeno il fatto che la normativa in questione nel procedimento principale, come applicata dalla CSDD, consente a chiunque conosca il numero di identificazione nazionale di un determinato conducente di ottenere, senza altre condizioni, i dati personali relativi ai punti di penalità inflitti a tale conducente. Un simile regime di divulgazione può portare a una situazione in cui tali dati sono comunicati a persone che, per ragioni estranee all’obiettivo di interesse generale di migliorare la sicurezza stradale, cercano di ottenere informazioni sui punti di penalità inflitti a una determinata persona.

119    La conclusione enunciata al punto 113 della presente sentenza non è inficiata neppure dalla circostanza che il registro nazionale dei veicoli e dei conducenti è un documento ufficiale ai sensi dell’articolo 86 del RGPD.

120    Sebbene l’accesso del pubblico ai documenti ufficiali costituisca, infatti, come si evince dal considerando 154 di tale regolamento, un interesse pubblico che può legittimare la comunicazione di dati personali che figurano in tali documenti, tale accesso deve nondimeno conciliarsi con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, come del resto richiesto espressamente da detto articolo 86. Orbene, in considerazione, segnatamente, della sensibilità dei dati relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali e della gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali degli interessati, che la divulgazione di tali dati provoca, occorre ritenere che detti diritti prevalgano sull’interesse del pubblico ad avere accesso ai documenti ufficiali, in particolare al registro nazionale dei veicoli e dei conducenti.

121    Inoltre, per questa medesima ragione, il diritto alla libertà d’informazione di cui all’articolo 85 del RGPD non può essere interpretato nel senso che esso giustifica la comunicazione a qualsiasi persona che ne faccia richiesta di dati personali relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali.

122    Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che le disposizioni del RGPD, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 10 del medesimo, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che obbliga l’organismo pubblico responsabile del registro in cui sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a rendere tali dati accessibili al pubblico senza che la persona che richiede l’accesso sia tenuta a dimostrare un interesse specifico all’ottenimento di tali dati.

 Sulla terza questione

123    Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del RGPD, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 10 del medesimo, nonché l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c quater), della direttiva 2003/98, debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che autorizza l’organismo pubblico responsabile del registro in cui sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a comunicare tali dati ad operatori economici a fini di riutilizzo.

124    Come evidenziato dal giudice del rinvio, tale questione scaturisce dal fatto che la CSDD conclude con gli operatori economici contratti in base ai quali la prima trasmette ai secondi i dati personali relativi ai punti di penalità iscritti nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti, di modo che, segnatamente, chiunque intenda ottenere informazioni sui punti di penalità inflitti a un determinato conducente può ottenere tali dati non solo dalla CSDD, ma anche da detti operatori economici.

125    Dalla risposta alla seconda questione risulta che le disposizioni del RGPD, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 10 del medesimo, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che obbliga l’organismo pubblico responsabile del registro in cui sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a rendere tali dati accessibili al pubblico, senza che il richiedente l’accesso sia tenuto a dimostrare un interesse specifico all’ottenimento di detti dati.

126    Per le medesime ragioni esposte in risposta alla seconda questione, queste medesime disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse ostano anche a una normativa nazionale che autorizza un organismo pubblico a comunicare dati di tale natura ad operatori economici affinché questi ultimi possano riutilizzarli e comunicarli al pubblico.

127    Infine, per quanto riguarda l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c quater), della direttiva 2003/98, anch’esso oggetto della terza questione sollevata, occorre constatare, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 128 e 129 delle sue conclusioni, che tale disposizione non è rilevante al fine di determinare se le norme del diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali ostino a una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

128    Infatti, a prescindere dal fatto che i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti per infrazioni stradali rientrino o meno nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/98, la portata della protezione di tali dati deve, in ogni caso, essere determinata sul fondamento del RGPD, come risulta, da un lato, dal considerando 154 di tale regolamento e, dall’altro, dal considerando 21 e dall’articolo 1, paragrafo 4, della suddetta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 94, paragrafo 2, del RGPD, atteso che l’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva in parola prevede, in sostanza, che quest’ultima non pregiudica in alcun modo il livello di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali ai sensi delle disposizioni di diritto dell’Unione e non modifica, in particolare, i diritti e gli obblighi previsti dal RGPD.

129    Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che le disposizioni del RGPD, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 10 del medesimo, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che autorizza l’organismo pubblico responsabile del registro nel quale sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a comunicare tali dati a operatori economici a fini di riutilizzo.

 Sulla quarta questione

130    Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio del primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il giudice costituzionale di uno Stato membro, investito di un ricorso avverso una normativa nazionale che risulta, alla luce di una decisione della Corte pronunciata su rinvio pregiudiziale, incompatibile con il diritto dell’Unione, decida, in applicazione del principio della certezza del diritto, che gli effetti giuridici di tale normativa sono mantenuti fino alla data della pronuncia della sentenza con cui esso statuisce definitivamente su tale ricorso costituzionale.

131    Come risulta dalla decisione di rinvio, tale questione è posta a causa del numero elevato di rapporti giuridici interessati dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale e per via del fatto che, in forza dell’articolo 32, paragrafo 3, della legge sulla Corte costituzionale e della relativa giurisprudenza, il giudice del rinvio, nell’esercizio del suo compito di garantire l’equilibrio tra il principio della certezza del diritto e i diritti fondamentali degli interessati, può limitare l’effetto retroattivo delle sue sentenze al fine di evitare che queste ultime pregiudichino gravemente i diritti altrui.

132    Al riguardo, occorre ricordare che l’interpretazione che la Corte fornisce delle norme del diritto dell’Unione nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE chiarisce e precisa il significato e la portata delle norme stesse, nel senso in cui devono o avrebbero dovuto essere intese e applicate sin dal momento della loro entrata in vigore. Solo in via del tutto eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, vale a dire la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (sentenze del 6 marzo 2007, Meilicke, C‑292/04, EU:C:2007:132, punti 34 e 35; del 22 gennaio 2015, Balazs, C‑401/13 e C‑432/13, EU:C:2015:26, punti 49 e 50, e del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław, C‑276/14, EU:C:2015:635, punti 44 e 45).

133    Secondo costante giurisprudenza della Corte, una simile limitazione può essere ammessa unicamente nella sentenza stessa che statuisce sull’interpretazione richiesta. È infatti necessario che ci sia un momento unico di determinazione degli effetti nel tempo dell’interpretazione richiesta alla Corte e da quest’ultima fornita in merito ad una disposizione di diritto dell’Unione. Il principio secondo cui una limitazione può essere ammessa solo nella sentenza stessa che statuisce sull’interpretazione richiesta garantisce la parità di trattamento degli Stati membri e degli altri soggetti dell’ordinamento nei confronti di tale diritto e rispetta, allo stesso modo, gli obblighi derivanti dal principio della certezza del diritto (sentenza del 6 marzo 2007, Meilicke, C‑292/04, EU:C:2007:132, punti 36 e 37; v., in tal senso, sentenze del 23 ottobre 2012, Nelson e a., C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punto 91, e del 7 novembre 2018, O’Brien, C‑432/17, EU:C:2018:879, punto 34).

134    Di conseguenza, gli effetti nel tempo di una decisione della Corte di giustizia pronunciata su rinvio pregiudiziale non possono dipendere dalla data di pronuncia della sentenza con cui il giudice nazionale statuisce definitivamente sul procedimento principale, e nemmeno dalla valutazione di quest’ultimo sulla necessità di preservare gli effetti giuridici della normativa nazionale in questione.

135    In forza del principio del primato del diritto dell’Unione, non possono, infatti, essere ammesse norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, che pregiudicano l’unità e l’efficacia di tal diritto (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 59, e del 29 luglio 2019, Pelham e a., C‑476/17, EU:C:2019:624, punto 78). Anche supponendo che considerazioni imperative di certezza del diritto siano tali da indurre, in via eccezionale, a sospendere provvisoriamente l’effetto preclusivo di una norma del diritto dell’Unione direttamente applicabile rispetto al diritto nazionale che è contrario a tale norma, le condizioni di tale sospensione possono essere determinate solo dalla Corte (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06, EU:C:2010:503, punti 61 e 67).

136    Nel caso di specie, non essendo stata dimostrata l’esistenza del rischio di gravi inconvenienti derivante dall’interpretazione adottata dalla Corte nella presente sentenza, non occorre limitarne gli effetti nel tempo, atteso che i criteri richiamati al punto 132 della presente sentenza sono cumulativi.

137    Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il giudice costituzionale di uno Stato membro, investito di un ricorso avverso una normativa nazionale che si rivela, alla luce di una decisione della Corte pronunciata su rinvio pregiudiziale, incompatibile con il diritto dell’Unione, decida, in applicazione del principio della certezza del diritto, che gli effetti giuridici di tale normativa sono mantenuti fino alla data della pronuncia della sentenza con la quale esso statuisce definitivamente su tale ricorso costituzionale.

 Sulle spese

138    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), deve essere interpretato nel senso che esso si applica al trattamento dei dati personali relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali.

2)      Le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 10 del medesimo, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che obbliga l’organismo pubblico responsabile del registro in cui sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a rendere tali dati accessibili al pubblico senza che la persona che richiede l’accesso sia tenuta a dimostrare un interesse specifico all’ottenimento di tali dati.

3)      Le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 10 del medesimo, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che autorizza l’organismo pubblico responsabile del registro nel quale sono iscritti i punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a comunicare tali dati a operatori economici a fini di riutilizzo.

4)      Il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il giudice costituzionale di uno Stato membro, investito di un ricorso avverso una normativa nazionale che si rivela, alla luce di una decisione della Corte pronunciata su rinvio pregiudiziale, incompatibile con il diritto dell’Unione, decida, in applicazione del principio della certezza del diritto, che gli effetti giuridici di tale normativa sono mantenuti fino alla data della pronuncia della sentenza con la quale esso statuisce definitivamente su tale ricorso costituzionale.

Firme


*      Lingua processuale: il lettone.