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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

24 febbraio 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso – Collaboratori domestici – Tutela contro la disoccupazione – Esclusione – Particolare svantaggio per i lavoratori di sesso femminile – Obiettivi legittimi di politica sociale – Proporzionalità»

Nella causa C‑389/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo, Spagna), con decisione del 29 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 14 agosto 2020, nel procedimento

CJ

contro

Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 giugno 2021,

considerate le osservazioni presentate:

–        per CJ, da J. de Cominges Cáceres, abogado;

–        per la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS), da M.S. Amaya Pilares ed E. Ablanedo Reyes, letrados;

–        per il governo spagnolo, da M.J. Ruiz Sánchez e S. Jiménez García, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da I. Galindo Martín e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24), nonché dell’articolo 5, lettera b) e dell’articolo 9, paragrafo 1, lettere e) e k), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra CJ e la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS) [Tesoreria generale della sicurezza sociale (TGSS), Spagna] in merito alla domanda di CJ volta al versamento di contributi per la tutela contro il rischio di disoccupazione.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 79/7

3        Ai termini del secondo considerando della direttiva 79/7:

«considerando che occorre attuare il principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in primo luogo nei regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi di malattia, d’invalidità, di vecchiaia, d’infortunio sul lavoro, di malattia professionale e di disoccupazione, nonché nelle disposizioni relative all’assistenza sociale nella misura in cui sono destinate a completare detti regimi o a supplirvi».

4        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«La presente direttiva si applica:

a)      ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

–        malattia,

–        invalidità,

–        vecchiaia,

–        infortunio sul lavoro e malattia professionale,

–        disoccupazione;

(...)».

5        L’articolo 4, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

–        il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

(...)».

 Direttiva 2006/54

6        L’articolo 1 della direttiva 2006/54, intitolato «Scopo», è così formulato:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

(...)

c)      i regimi professionali di sicurezza sociale.

(...)».

7        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 così recita:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(...)

f)      regimi professionali di sicurezza sociale: regimi non regolati dalla direttiva [79/7] aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».

8        L’articolo 5 di detta direttiva, intitolato «Divieto di discriminazione», così dispone:

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:

a)      il campo d’applicazione di tali regimi e relative condizioni d’accesso;

b)      l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;

(...)».

9        L’articolo 9 della medesima direttiva, intitolato «Esempi di discriminazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Nelle disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento sono da includere quelle che si basano direttamente o indirettamente sul sesso per:

(...)

e)      stabilire condizioni differenti per la concessione delle prestazioni o fornire queste ultime esclusivamente ai lavoratori di uno dei due sessi;

(...)

k)      prevedere norme differenti o norme applicabili unicamente ai lavoratori di un solo sesso, salvo quanto previsto alle lettere h) e j), per quanto riguarda la garanzia o il mantenimento del diritto a prestazioni differite nel caso in cui il lavoratore lasci il regime».

 Diritto spagnolo

 La LGSS

10      L’articolo 251 della Ley General de la Seguridad Social (legge generale in materia di sicurezza sociale), nella versione consolidata approvata dal Real Decreto Legislativo 8/2015 (regio decreto legislativo 8/2015), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291, e rettifica BOE n. 36, dell’11 febbraio 2016, pag. 10898) (in prosieguo: la «LGSS»), intitolato «Tutela concessa», è così formulato:

«I lavoratori rientranti nel sistema speciale applicabile ai collaboratori domestici hanno diritto alle prestazioni di sicurezza sociale secondo le modalità e le condizioni stabilite nel presente regime generale di sicurezza sociale, con le seguenti particolarità:

(...)

d)      la tutela concessa dal sistema speciale applicabile ai collaboratori domestici non comprende la tutela contro la disoccupazione».

11      L’articolo 264 della LGSS, intitolato «Persone tutelate», al paragrafo 1 così recita:

«Sono coperti dalla tutela contro la disoccupazione, a condizione che essi prevedano di versare contributi a tale titolo:

a)      i lavoratori subordinati soggetti al regime generale di sicurezza sociale;

(...)».

 Regio decreto 625/1985

12      L’articolo 19 del Real Decreto 625/1985, por el que se desarrolla la Ley 31/1984, de 2 de agosto, de protección por desempleo (regio decreto 625/1985, recante attuazione della legge 31/1984, del 2 agosto 1984, relativa alla tutela contro la disoccupazione), del 2 aprile 1985 (BOE n. 109, del 7 maggio 1985, pag. 12699, e rettifica BOE n. 134, del 5 giugno 1985, pag. 16992), intitolato «Contributi», al paragrafo 1 così recita:

«Sono tenuti a versare contributi per il rischio di disoccupazione tutte le imprese e tutti i lavoratori soggetti al regime generale e ai regimi speciali di sicurezza sociale che offrono una tutela contro tale rischio. (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      CJ, collaboratrice domestica, lavora per un datore di lavoro, persona fisica. Dal gennaio 2011 è iscritta al sistema speciale di sicurezza sociale applicabile ai collaboratori domestici (in prosieguo: il «sistema speciale per i collaboratori domestici»).

14      L’8 novembre 2019 CJ ha trasmesso alla TGSS una domanda volta al versamento di contributi per la tutela contro la disoccupazione, al fine di acquisire il diritto alle prestazioni di disoccupazione. Tale domanda era accompagnata dal consenso scritto del suo datore di lavoro al versamento dei contributi richiesti.

15      Con decisione del 13 novembre 2019 la TGSS ha respinto detta domanda con la motivazione che, poiché CJ era iscritta al sistema speciale per i collaboratori domestici, l’articolo 251, lettera d), della LGSS la escludeva dalla possibilità di versare contributi a tale sistema al fine di ottenere una tutela contro la disoccupazione. Tale decisione è stata confermata da una decisione della TGSS del 19 dicembre 2019, emessa a seguito di un ricorso gerarchico presentato da CJ.

16      Il 2 marzo 2020 CJ ha proposto ricorso avverso la seconda decisione della TGSS dinanzi al Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo, Spagna). A sostegno del suo ricorso, CJ afferma, in sostanza, che l’articolo 251, lettera d), della LGSS comporta una discriminazione indiretta fondata sul sesso in materia di sicurezza sociale nei confronti dei collaboratori domestici di sesso femminile, che costituiscono la quasi totalità di tale gruppo di lavoratori.

17      Al riguardo, CJ rileva che, sebbene i collaboratori domestici siano tutelati contro una situazione di inabilità temporanea, ove quest’ultima perduri, essi finiscono per perdere il loro impiego vuoi a seguito di un accordo, vuoi in conseguenza del recesso del datore di lavoro, senza essere tutelati contro la disoccupazione, a differenza degli altri lavoratori subordinati. Poiché la situazione dei collaboratori domestici che hanno perso il loro impiego non è equiparata a quella dei lavoratori che beneficiano della sicurezza sociale, l’esclusione dalla tutela contro la disoccupazione implicherebbe altresì l’impossibilità, per tali collaboratori domestici, di accedere a qualsiasi altra prestazione o indennità subordinata all’estinzione del diritto alle prestazioni di disoccupazione. Pertanto, l’articolo 251, lettera d), della LGSS porrebbe detti collaboratori domestici in una situazione di disagio sociale, che si tradurrebbe non solo, direttamente, nell’impossibilità di accedere alle prestazioni di disoccupazione, ma anche, indirettamente, nell’impossibilità di accedere agli altri aiuti sociali.

18      Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità di tale disposizione nazionale con il diritto dell’Unione. Esso sottolinea che è pacifico tra le parti nel procedimento principale che il gruppo di lavoratori iscritti al sistema speciale per i collaboratori domestici è costituito quasi esclusivamente da persone di sesso femminile. Tale giudice considera pertanto che, nei limiti in cui nega ai lavoratori di sesso femminile appartenenti a tale gruppo la possibilità di accedere alle prestazioni di disoccupazione, impedendo loro di versare contributi per coprire tale rischio, detta disposizione nazionale costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale. In assenza di una qualsivoglia motivazione esplicita al riguardo, tale discriminazione non sarebbe giustificata e potrebbe dunque essere vietata dalle direttive 79/7 e 2006/54.

19      Date tali circostanze, il Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 79/7], che sancisce la parità di trattamento e vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, in relazione all’obbligo di versare i contributi previdenziali, e l’articolo 5, lettera b), della [direttiva 2006/54], che prevede un identico divieto di discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, quanto all’ambito di applicazione dei regimi sociali e alle condizioni di accesso agli stessi, nonché all’obbligo di versare i contributi e al calcolo dei medesimi, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale quale l’articolo 251, lettera d), della LGSS, ai sensi del quale “[l]a tutela concessa dal sistema speciale applicabile ai collaboratori domestici non comprende la tutela contro la disoccupazione”.

2)      In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se si debba ritenere che la menzionata disposizione legislativa costituisca un esempio di discriminazione vietata, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettere e) e/o k), della direttiva 2006/54, in quanto le destinatarie quasi esclusive della disposizione in questione, ossia l’articolo 251, lettera d), della LGSS sono donne».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

20      La TGSS e il governo spagnolo eccepiscono l’irricevibilità sia della domanda di pronuncia pregiudiziale sia delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio.

21      Per quanto riguarda, in primo luogo, la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, essi affermano in sostanza che la controversia nel procedimento principale verte in realtà non già su un asserito diritto a versare contributi, bensì sul riconoscimento del diritto alle prestazioni di disoccupazione. Ne conseguirebbe, da un lato, che tale controversia sarebbe artificiosa nel senso che CJ avrebbe adito il giudice del rinvio sulla base di motivi pretestuosi. D’altro lato, in quanto tale riconoscimento rientrerebbe nella competenza dei giudici del lavoro, il giudice del rinvio non sarebbe competente a conoscere di una controversia siffatta, quale giudice amministrativo, cosicché non vi sarebbe alcun nesso tra l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta e la soluzione di tale controversia.

22      Inoltre, la TGSS sostiene che, nell’ipotesi in cui detta controversia riguardi effettivamente il riconoscimento di un diritto a versare contributi, l’interpretazione della direttiva 79/7 non sarebbe necessaria per dirimerla, dal momento che la questione della portata della tutela concessa dal sistema speciale per i collaboratori domestici è dissociata da quella del finanziamento di tale sistema.

23      A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 18 maggio 2021, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

24      Ne deriva che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 18 maggio 2021, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 116 e giurisprudenza ivi citata).

25      In particolare, come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 267 TFUE, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere «necessaria» per consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa di cui è investito. Pertanto, il procedimento pregiudiziale presuppone, in particolare, che dinanzi ai giudici nazionali sia effettivamente pendente una controversia nell’ambito della quale ad essi è richiesta una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale (sentenza del 18 maggio 2021, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

26      Nel caso di specie, come esposto ai punti 15 e 18 della presente sentenza, anzitutto, la controversia nel procedimento principale verte sul rigetto, da parte della TGSS, di una domanda volta al versamento di contributi per la tutela contro il rischio di disoccupazione, al fine di acquisire il diritto alle corrispondenti prestazioni di disoccupazione. Inoltre, tale rigetto è fondato sull’esclusione di dette prestazioni dal sistema speciale per i collaboratori domestici, ai sensi dell’articolo 251, lettera d), della LGSS. Infine, tale esclusione, applicandosi a un gruppo di lavoratori composto quasi esclusivamente da donne, potrebbe, secondo il giudice del rinvio, costituire una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata dalle direttive 79/7 e 2006/54.

27      Date tali circostanze, da un lato, le questioni sollevate dal giudice del rinvio non sono di natura ipotetica; dall’altro, sussiste una relazione tra l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta e l’oggetto della controversia nel procedimento principale, in quanto quest’ultima verte in realtà sul riconoscimento del diritto alle prestazioni di disoccupazione, e tale interpretazione appare necessaria, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 25 della presente sentenza, per consentire al giudice del rinvio di emanare la sua sentenza, dandogli la possibilità di valutare la compatibilità della disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale con il diritto dell’Unione. Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

28      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento del governo spagnolo relativo a un’asserita incompetenza del giudice del rinvio a conoscere della controversia nel procedimento principale, così definita, in quanto quest’ultima rientrerebbe nella competenza dei giudici del lavoro. Infatti, è sufficiente ricordare, a tal riguardo, che, secondo una costante giurisprudenza, non spetta alla Corte né rimettere in discussione la valutazione del giudice del rinvio relativa alla ricevibilità del ricorso principale, che rientra, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, nella competenza del giudice nazionale, né verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali. La Corte deve attenersi al provvedimento di rinvio emesso da un giudice di uno Stato membro, fintantoché questo provvedimento non sia stato revocato a seguito dell’esperimento dei rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale [sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

29      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la ricevibilità delle questioni pregiudiziali, da un lato, il governo spagnolo afferma, sostenuto su questo punto dalla Commissione europea, che la direttiva 2006/54 non è applicabile al regime legale di sicurezza sociale spagnolo disciplinato dalla LGSS. Nella misura in cui vertono sulla direttiva 2006/54, tali questioni dovrebbero pertanto essere dichiarate irricevibili.

30      D’altro lato, il governo spagnolo conclude, implicitamente, nel senso dell’irricevibilità di dette questioni anche nella parte in cui vertono sulla direttiva 79/7. Infatti, secondo detto governo, tale direttiva non imporrebbe agli Stati membri di istituire una tutela contro un rischio specifico, come quello di disoccupazione, il che implicherebbe che una domanda volta al versamento di contributi per tale rischio al fine di acquisire il diritto alle corrispondenti prestazioni, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di detta direttiva.

31      Al riguardo, è sufficiente rilevare che, conformemente a una costante giurisprudenza, laddove non appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, l’obiezione relativa all’inapplicabilità di detta disposizione alla causa di cui al procedimento principale non riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma rientra nel merito delle questioni sollevate (sentenza del 28 ottobre 2021, Komisia za protivodeystvie na koruptsiyata i za otnemane na nezakonno pridobitoto imushtestvo, C‑319/19, EU:C:2021:883, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

32      Ciò premesso, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 26 e 27 della presente sentenza, le questioni sollevate sono ricevibili.

 Nel merito

33      Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 e l’articolo 5, lettera b), della direttiva 2006/54 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione nazionale che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni di sicurezza sociale riconosciute ai collaboratori domestici da un regime legale di sicurezza sociale.

34      A tal proposito occorre rilevare, in via preliminare, che dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte, nonché dalla formulazione dell’articolo 251 della LGSS, risulta che il sistema speciale per i collaboratori domestici è integrato nel regime generale di sicurezza sociale disciplinato dalla LGSS e che detti collaboratori domestici hanno diritto alle prestazioni di sicurezza sociale secondo le modalità e le condizioni stabilite in tale regime generale. Per quanto riguarda, più specificamente, le prestazioni di disoccupazione, dall’articolo 264, paragrafo 1, lettera a), della LGSS discende che tutti i lavoratori subordinati soggetti a detto regime generale sono, in linea di principio, coperti dalla tutela contro la disoccupazione, a condizione che essi prevedano di versare contributi a tale titolo.

35      Pertanto, dal momento che, come rilevato al punto 26 della presente sentenza, la controversia nel procedimento principale riguarda il riconoscimento ai collaboratori domestici della tutela contro la disoccupazione da cui sono esclusi in forza dell’articolo 251, lettera d), della LGSS, tale controversia verte, in sostanza, sulla portata dell’ambito di applicazione soggettivo delle prestazioni di disoccupazione riconosciute dal regime legale di sicurezza sociale spagnolo.

36      Ne consegue, da un lato, che le prestazioni di disoccupazione di cui trattasi nel procedimento principale rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7 e, pertanto, che quest’ultima è applicabile a tale procedimento. Infatti, dette prestazioni fanno parte di un regime legale di tutela contro uno dei rischi elencati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, vale a dire il rischio di disoccupazione, e sono direttamente ed effettivamente connesse alla tutela contro tale rischio [v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2021, INSS (Pensione di vedovanza fondata sulla convivenza more uxorio), C‑244/20, non pubblicata, EU:C:2021:854, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].

37      Ciò implica, d’altro lato, che la direttiva 2006/54 non è applicabile al procedimento principale. Infatti, dall’articolo 1, secondo comma, lettera c), di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della stessa, risulta che detta direttiva non si applica ai regimi legali disciplinati dalla direttiva 79/7 [sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 34].

38      Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 34 a 37 della presente sentenza, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre, in sostanza, valutare se una disposizione nazionale, come l’articolo 251, lettera d), della LGSS, possa comportare una discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettivo del regime legale di sicurezza sociale spagnolo che garantisce una tutela contro la disoccupazione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 79/7, in combinato disposto con il secondo considerando e con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, della medesima.

39      A tal riguardo si deve constatare, innanzitutto, che una disposizione nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non comporta una discriminazione direttamente fondata sul sesso, dal momento che essa si applica indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e ai lavoratori di sesso femminile iscritti al sistema speciale per i collaboratori domestici.

40      Per quanto attiene alla questione di stabilire se la medesima disposizione nazionale comporti una discriminazione indiretta, si deve, in primo luogo, rammentare che, nell’ambito della direttiva 79/7, tale nozione deve essere intesa allo stesso modo che nel contesto della direttiva 2006/54 (sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz, C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 24). Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima direttiva emerge che costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono porre in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

41      L’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che detta disposizione, detto criterio o detta prassi colpiscono negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso. Spetta al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel procedimento principale (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz, C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 38, e del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 25).

42      Nell’ipotesi in cui il giudice nazionale disponga di dati statistici, la Corte ha affermato che quest’ultimo deve, da un lato, prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento e, dall’altro, comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento nell’ambito della mano d’opera femminile rientrante nel campo di applicazione di tale normativa e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera maschile ivi rientrante [v., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 26].

43      A tal proposito, spetta al giudice nazionale valutare in qual misura i dati statistici prodotti dinanzi ad esso siano affidabili e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se siano sufficientemente significativi [sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 27].

44      Nel caso di specie, come affermato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, occorre prendere in considerazione non solo gli iscritti al sistema speciale per i collaboratori domestici, ma anche l’insieme dei lavoratori soggetti al regime generale di sicurezza sociale spagnolo, in seno al quale tali iscritti sono integrati (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 28). Infatti, come già rilevato al punto 35 della presente sentenza, la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale concorre a determinare l’ambito di applicazione soggettivo delle prestazioni di disoccupazione riconosciute da tale regime generale.

45      Orbene, si deve constatare che dai dati statistici presentati nelle osservazioni orali della TGSS risulta che, da un lato, al 31 maggio 2021, il numero dei lavoratori subordinati soggetti a detto regime generale era di 15 872 720, di cui 7 770 798 donne (il 48,96% dei lavoratori subordinati) e 8 101 899 uomini (il 51,04% dei lavoratori subordinati). D’altro lato, alla stessa data, il gruppo di lavoratori iscritti al sistema speciale per i collaboratori domestici contava 384 175 lavoratori, di cui 366 991 donne (il 95,53% degli iscritti a tale sistema speciale, ossia il 4,72% dei lavoratori subordinati di sesso femminile) e 17 171 uomini (il 4,47% degli iscritti a detto sistema speciale, ossia lo 0,21% dei lavoratori subordinati di sesso maschile).

46      Pertanto, da tali dati statistici emergerebbe che la proporzione dei lavoratori subordinati di sesso femminile soggetti al regime generale di sicurezza sociale spagnolo colpiti dalla disparità di trattamento derivante dalla disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale è significativamente più elevata di quella dei lavoratori subordinati di sesso maschile.

47      Ne consegue che se, all’esito della valutazione che è tenuto a effettuare ai sensi della giurisprudenza ricordata ai punti 42 e 43 della presente sentenza, il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che detti dati statistici sono affidabili, rappresentativi e significativi, si dovrebbe ritenere che l’articolo 251, lettera d), della LGSS ponga in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile.

48      Ne deriverebbe che tale disposizione nazionale comporterebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, a meno che sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Ciò si verifica se tale disposizione risponde a un obiettivo legittimo di politica sociale, è idonea a conseguire detto obiettivo ed è necessaria a tal fine, fermo restando che essa può essere considerata idonea a garantire l’obiettivo invocato solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo e se è attuata in maniera coerente e sistematica (v., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punti 70 e 71 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata).

49      L’asserita incomparabilità della situazione dei collaboratori domestici con quella degli altri lavoratori subordinati iscritti al regime generale di sicurezza sociale spagnolo, addotta dal governo spagnolo per sostenere l’insussistenza di una siffatta discriminazione indiretta, è priva di pertinenza al riguardo.

50      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, a differenza della causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) (C‑451/16, EU:C:2018:492), menzionata da tale governo, la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso che possa essere messa in discussione dall’asserita incomparabilità della situazione dei collaboratori domestici con quella degli altri lavoratori subordinati.

51      Per quanto attiene, in secondo luogo, all’esistenza di un fattore oggettivo di giustificazione ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 48 della presente sentenza, occorre sottolineare che, sebbene spetti in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare il diritto nazionale, stabilire se ed entro quali limiti la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sia giustificata da un tale fattore oggettivo, la Corte, chiamata a fornire ad esso risposte utili nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente per dare indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale nonché dalle osservazioni scritte e orali sottopostele, idonee a consentire al giudice nazionale di pronunciarsi [sentenze del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 72 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

52      In tale contesto, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, benché gli Stati membri dispongano di un’ampia discrezionalità nella scelta dei provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e occupazionale (sentenze del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 73 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 33), spetta tuttavia allo Stato membro interessato, quale autore della norma che si presume discriminatoria, dimostrare che tale norma soddisfa le condizioni di cui al punto 48 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 74, e del 17 luglio 2014, Leone, C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 55).

53      Nel caso di specie, il governo spagnolo e la TGSS sostengono, nelle loro osservazioni scritte e orali, che la decisione di politica legislativa consistente nell’escludere dalla tutela contro la disoccupazione i collaboratori domestici è connessa alle specificità di tale settore professionale. Infatti, da un lato, il settore lavorativo dei collaboratori domestici presenterebbe elevati tassi di occupazione, un basso livello di qualificazione e, pertanto, di retribuzione, nonché una significativa percentuale di lavoratori non iscritti al sistema di sicurezza sociale. D’altro lato, il rapporto di lavoro di tali collaboratori domestici sarebbe caratterizzato dalla natura non professionale del loro datore di lavoro, che sarebbe un capofamiglia che non trae profitto dal lavoro subordinato di detti collaboratori, e dal fatto che tale rapporto si svolgerebbe in ambito familiare, il che renderebbe difficile sia la verifica delle condizioni per l’accesso alle prestazioni di disoccupazione sia i controlli, a causa dell’inviolabilità del domicilio.

54      In tale quadro, i maggiori oneri e i maggiori costi salariali risultanti dall’aumento dei contributi per coprire il rischio di disoccupazione potrebbe, secondo tali interessati, tradursi in una riduzione dei livelli occupazionali in tale settore lavorativo, in termini di diminuzione delle nuove assunzioni e di cessazioni dei rapporti di lavoro, nonché in situazioni di lavoro illegale e di frode sociale, e potrebbe così comportare una minore tutela dei collaboratori domestici. La disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe pertanto intesa a salvaguardare i livelli occupazionali e a contrastare il lavoro illegale e la frode sociale a fini di protezione sociale dei lavoratori.

55      Il governo spagnolo aggiunge che tale disposizione nazionale è proporzionata alla realizzazione degli obiettivi legittimi di politica sociale da essa perseguiti. Infatti, da un lato, con la sola eccezione delle prestazioni di disoccupazione, i collaboratori domestici beneficerebbero, in linea di principio, di tutte le prestazioni riconosciute dal regime generale di sicurezza sociale spagnolo, malgrado un minor contributo al finanziamento di tale regime a causa di aliquote contributive ridotte. Inoltre, l’esclusione dalla tutela contro la disoccupazione riguarderebbe un rischio che non sarebbe generalizzato in tale gruppo di lavoratori.

56      D’altro lato, l’esclusione delle prestazioni di disoccupazione da quelle riconosciute dal sistema speciale per i collaboratori domestici non comporterebbe una totale assenza di tutela nei confronti del rischio di disoccupazione, atteso che, a favore di tali collaboratori domestici, è stata prevista un’indennità straordinaria e temporanea per mancanza di attività a motivo della cessazione o della riduzione della loro attività nel contesto della crisi sanitaria legata alla pandemia di Covid-19.

57      A tal proposito, per quanto riguarda, in primo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che le finalità attinenti, da un lato, alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla promozione delle assunzioni e, dall’altro, alla lotta contro il lavoro illegale e la frode sociale a fini di protezione sociale dei lavoratori costituiscono obiettivi generali dell’Unione, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 3, TUE e dall’articolo 9 TFUE.

58      Inoltre, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, tali finalità sono state riconosciute dalla Corte come, rispettivamente, un obiettivo legittimo di politica sociale (v., in tal senso, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C‑411/05, EU:C:2007:604, punti da 64 a 66, e del 2 aprile 2020, Comune di Gesturi, C‑670/18, EU:C:2020:272, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata) e un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenze del 16 aprile 2013, Las, C‑202/11, EU:C:2013:239, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

59      Peraltro, la Corte ha già dichiarato che dette finalità potevano giustificare una disparità di trattamento che interessava un numero notevolmente maggiore di donne che di uomini nell’accesso a un regime legale di assicurazione contro la disoccupazione (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 1995, Megner e Scheffel, C‑444/93, EU:C:1995:442, punti 27, 28 e 32).

60      In tali circostanze, si deve ritenere che gli obiettivi perseguiti dall’articolo 251, lettera d), della LGSS siano, in linea di principio, obiettivi legittimi di politica sociale, atti a giustificare la discriminazione indiretta fondata sul sesso che detta disposizione nazionale comporterebbe.

61      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’idoneità di detta disposizione nazionale a realizzare tali obiettivi, e in particolare la questione se quest’ultima sia attuata in maniera coerente e sistematica, si deve rilevare, da un lato, che il fatto di tutelare i lavoratori mediante regimi di sicurezza sociale comporterà per sua natura un aumento dei costi associati a tale fattore di produzione che, in funzione delle circostanze che caratterizzano il mercato del lavoro, può incidere sul livello di occupazione in ogni settore di tale mercato, e, dall’altro, che l’esistenza stessa di regimi siffatti implica il rischio, indipendentemente dal settore interessato, che la tutela da essi offerta venga invocata in modo fraudolento.

62      Di conseguenza, affinché la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale possa essere considerata attuata in maniera coerente e sistematica alla luce degli obiettivi richiamati al punto 57 della presente sentenza, occorre dimostrare che la categoria di lavoratori che essa esclude dalla tutela contro la disoccupazione si distingue in modo pertinente da altre categorie di lavoratori che non ne sono escluse.

63      A tal proposito, dalle osservazioni della TGSS e del governo spagnolo risulta che altre categorie di lavoratori il cui rapporto di lavoro si svolge a domicilio per datori di lavoro non professionali, o il cui settore lavorativo presenta le stesse specificità in termini di tassi di occupazione, di qualificazione e di retribuzione di quello dei collaboratori domestici, come quelle dei giardinieri e degli autisti privati o dei lavoratori agricoli e dei lavoratori impiegati da imprese di pulizia, sono tutte coperte dalla tutela contro la disoccupazione, e ciò malgrado aliquote contributive talvolta inferiori a quelle applicabili ai collaboratori domestici.

64      La scelta legislativa di escludere i collaboratori domestici dalle prestazioni di disoccupazione riconosciute dal regime generale di sicurezza sociale spagnolo non risulta pertanto essere attuata in maniera coerente e sistematica rispetto ad altre categorie di lavoratori che beneficiano delle medesime prestazioni pur presentando caratteristiche e condizioni di lavoro analoghe a quelle dei collaboratori domestici, richiamate al punto 53 della presente sentenza e, dunque, rischi analoghi in termini di riduzione dei livelli occupazionali, di frode sociale e di ricorso al lavoro illegale.

65      Inoltre, occorre sottolineare la circostanza, pacifica tra le parti nel procedimento principale, che l’iscrizione al sistema speciale per i collaboratori domestici dà diritto, in linea di principio, a tutte le prestazioni riconosciute dal regime generale di sicurezza sociale spagnolo, ad esclusione di quelle di disoccupazione. In particolare, dalle osservazioni del governo spagnolo risulta che tale sistema copre, segnatamente, i rischi relativi agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali.

66      Orbene, poiché risulta che tali altre prestazioni presentano gli stessi rischi di frode sociale di quelle di disoccupazione, la circostanza in parola appare tale da mettere in discussione anche la coerenza interna della disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale rispetto a dette altre prestazioni. In tale contesto, spetterà al giudice del rinvio verificare l’incidenza, sulla coerenza di tale disposizione nazionale, dell’aumento progressivo delle aliquote contributive applicabili ai collaboratori domestici, menzionato dal governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte.

67      Date tali condizioni, si deve ritenere, come parimenti rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 99 delle sue conclusioni, che dagli elementi forniti dal governo spagnolo e dalla TGSS non emerga che i mezzi scelti dallo Stato membro interessato siano idonei a conseguire gli obiettivi legittimi di politica sociale perseguiti, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare.

68      Peraltro, va ancora rilevato, in terzo luogo, che, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse nondimeno constatare che la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale risponde a obiettivi legittimi di politica sociale e che essa è idonea a realizzare tali obiettivi, spetterebbe ancora al medesimo verificare se tale disposizione non ecceda quanto necessario alla realizzazione di detti obiettivi.

69      In tale contesto, dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni orali di CJ risulta che l’esclusione dalla tutela contro la disoccupazione comporta l’impossibilità, per i collaboratori domestici, di ottenere altre prestazioni di sicurezza sociale alle quali tali collaboratori domestici avrebbero diritto e la cui concessione sarebbe subordinata all’estinzione del diritto alle prestazioni di disoccupazione, quali le indennità per invalidità permanente o gli aiuti sociali per le persone senza lavoro.

70      Dal momento che tale esclusione comporterebbe una più significativa carenza di protezione sociale dei collaboratori domestici, che si tradurrebbe in una situazione di disagio sociale, la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non appare necessaria per conseguire detti obiettivi, fatta salva la verifica, da parte del giudice del rinvio, delle asserite conseguenze di detta esclusione sulla concessione di altre prestazioni di sicurezza sociale.

71      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione nazionale che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni di sicurezza sociale riconosciute ai collaboratori domestici da un regime legale di sicurezza sociale, qualora tale disposizione ponga in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, e non sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

 Sulle spese

72      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione nazionale che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni di sicurezza sociale riconosciute ai collaboratori domestici da un regime legale di sicurezza sociale, qualora tale disposizione ponga in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, e non sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.