SENTENZA DELLA CORTE (Quinta
Sezione)
25
novembre 2020 (*)
«Rinvio
pregiudiziale – Direttiva 2003/109/CE – Status dei cittadini di paesi
terzi che siano soggiornanti di lungo periodo – Articolo 11 – Diritto
alla parità di trattamento – Sicurezza sociale – Normativa di uno
Stato membro che esclude, per la determinazione dei diritti a una prestazione
familiare, i familiari del soggiornante di lungo periodo che non risiedono nel
territorio di tale Stato membro»
Nella
causa C‑303/19,
avente
ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con
ordinanza del 5 febbraio 2019, pervenuta in cancelleria l’11 aprile 2019, nel
procedimento
Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)
contro
VR,
LA CORTE
(Quinta Sezione),
composta
da E. Regan, presidente di sezione, M. Ilešič,
E. Juhász, C. Lycourgos
e I. Jarukaitis (relatore), giudici,
avvocato
generale: E. Tanchev
cancelliere:
M. Krausenböck, amministratrice
vista la
fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 febbraio 2020,
considerate
le osservazioni presentate:
– per
l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), da A. Coretti,
V. Stumpo e M. Sferrazza, avvocati;
– per
VR, da A. Guariso e L. Neri, avvocati;
– per
il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
A. Giordano e P. Gentili, avvocati dello Stato;
– per
la Commissione europea, da C. Cattabriga, A. Azéma
e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,
sentite
le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 giugno
2020,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11,
paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25
novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44).
2 Tale
domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra l’INPS (Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale, Italia) e VR in merito al rigetto di una
domanda di assegno familiare per un periodo durante il quale la moglie e i
figli dell’interessato hanno soggiornato nel loro paese terzo di origine.
Contesto
normativo
Diritto
dell’Unione
3 I
considerando 2, 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109 così recitano:
«(2) Nella
riunione straordinaria di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio
europeo ha affermato che occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini
di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone
che soggiornano regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da
definirsi e sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo
Stato membro dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più
simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.
(...)
(4) L’integrazione
dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri
costituisce un elemento cardine per la promozione della coesione economica e
sociale, obiettivo fondamentale del[l’Unione]
enunciato nel trattato.
(...)
(6) La
condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo
dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro.
Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del
radicamento del richiedente nel paese in questione. È necessaria una certa
flessibilità affinché si possa tener conto delle circostanze che possono
indurre una persona ad allontanarsi temporaneamente dal territorio.
(...)
(12) Per
costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di
soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di
trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori
economici e sociali sulle pertinenti condizioni definite dalla presente
direttiva».
4 L’articolo
2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», enuncia:
«Ai fini
della presente direttiva si intende per:
a) “cittadino
di paese terzo”, chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo
17, paragrafo 1 [CE];
b) “soggiornante
di lungo periodo”, il cittadino di paese terzo titolare dello status di
soggiornante di lungo periodo di cui agli articoli da 4 a 7;
(...)
e) “familiari”,
i cittadini di paesi terzi che soggiornano nello Stato membro interessato ai
sensi della direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003, relativa
al diritto al ricongiungimento familiare [(GU 2003, L 251, pag. 12)];
(...)».
5 L’articolo
11 di detta direttiva, intitolato «Parità di trattamento», così dispone:
«1. Il
soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini
nazionali per quanto riguarda:
(...)
d) le
prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi
della legislazione nazionale;
(...)
2. Per
quanto riguarda le disposizioni del paragrafo 1, lettere b), d), e), f) e g),
lo Stato membro interessato può limitare la parità di trattamento ai casi in
cui il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede la
prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo territorio.
(...)
4. Gli
Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza
sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali.
(...)».
Diritto
italiano
6 Dall’ordinanza
di rinvio risulta che il decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69 – Norme
in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti
portuali ed altre disposizioni urgenti (GURI n. 61 del 14 marzo 1988),
convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 153 (GURI n. 112 del 14
maggio 1988) (in prosieguo: la «legge n. 153/1988»), ha istituito
l’assegno per il nucleo familiare, di importo commisurato al numero di figli
minori di 18 anni e al reddito del nucleo familiare stesso (in prosieguo:
l’«assegno per il nucleo familiare»).
7 L’articolo
2, comma 6, della legge n. 153/1988 così dispone:
«Il
nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente
ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati (...), di età inferiore a
18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di
infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità
di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte,
alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le
sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di
età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale,
nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro,
nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano
conseguito il diritto a pensione ai superstiti».
8 Secondo
l’articolo 2, comma 6 bis, della legge n. 153/1988, non fanno parte
del nucleo familiare ai sensi di tale legge il coniuge nonché i figli ed
equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio
della Repubblica italiana, salvo che dallo Stato di cui lo straniero è
cittadino sia riservato un trattamento di reciprocità nei confronti dei
cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in
materia di trattamenti di famiglia.
9 La
direttiva 2003/109 è stata recepita nel diritto nazionale con il decreto
legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 – Attuazione della direttiva
2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di
lungo periodo (GURI n. 24 del 30 gennaio 2007) (in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 3/2007»), che ha incorporato le disposizioni di tale
direttiva nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 – Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero (supplemento ordinario alla GURI n. 191
del 18 agosto 1998) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 286/1998»).
L’articolo 9, comma 12, lettera c), di quest’ultimo decreto legislativo enuncia
che il cittadino di un paese terzo titolare di un permesso di soggiorno di
lunga durata usufruisce, in particolare, delle prestazioni di previdenza
sociale e di assistenza sociale, «salvo che sia diversamente disposto e sempre
che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio
nazionale».
Procedimento
principale e questione pregiudiziale
10 VR
è un cittadino di paese terzo, occupato in Italia e titolare di un permesso di
soggiorno di lunga durata dal 2010, ai sensi del decreto legislativo
n. 286/1998. Da settembre 2011 ad aprile 2014, sua moglie e i suoi cinque
figli hanno soggiornato nel loro paese d’origine, il Pakistan.
11 Poiché
l’INPS ha rifiutato, sul fondamento dell’articolo 2, comma 6 bis, della
legge n. 153/1988, di versargli l’assegno per il nucleo familiare
relativamente a tale periodo, VR ha esperito un’azione dinanzi al Tribunale del
lavoro di Brescia (Italia), nei confronti dell’INPS e del suo datore di lavoro,
lamentando il carattere discriminatorio di tale diniego. Detto giudice ha
accolto le sue domande e ha condannato le parti resistenti a versargli le somme
corrispondenti, dopo aver disapplicato la disposizione controversa ritenendola
contraria all’articolo 11 della direttiva 2003/109.
12 L’appello
proposto dall’INPS avverso tale decisione dinanzi alla Corte d’appello di
Brescia (Italia) è stato respinto in quanto tale giudice ha ritenuto che
l’assegno per il nucleo familiare fosse una prestazione essenziale di
assistenza sociale che non poteva rientrare nelle deroghe alla parità di
trattamento consentite dalla direttiva 2003/109.
13 L’INPS
ha quindi adito il giudice del rinvio, la Corte suprema di cassazione (Italia),
al cui cospetto fa valere che l’assegno per il nucleo familiare non costituisce
una prestazione di assistenza sociale, bensì una prestazione previdenziale e
comunque non una prestazione essenziale, tale da impedire una deroga
all’obbligo di parità di trattamento.
14 Il
giudice del rinvio espone che la soluzione della controversia principale
dipende dall’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della
direttiva 2003/109 e dalla questione se tale disposizione implichi che i
familiari del soggiornante di lungo periodo, titolare del diritto all’erogazione
dell’assegno per il nucleo familiare, di cui all’articolo 2 della legge
n. 153/1988, siano inclusi nel novero dei familiari beneficiari di tale
prestazione pur risiedendo fuori dal territorio italiano.
15 Detto
giudice precisa, al riguardo, che il nucleo familiare individuato dall’articolo
2 della legge n. 153/1988 non solo è base di calcolo dell’assegno in
oggetto, ma ne è anche il beneficiario, per il tramite del titolare della
retribuzione o della pensione cui l’assegno accede. Quest’ultimo costituisce
un’integrazione economica di cui beneficiano, in particolare, tutti i
prestatori di lavoro che svolgono la loro attività sul territorio italiano,
purché abbiano un nucleo familiare che produce redditi non superiori ad una
determinata soglia. Per il periodo compreso tra il 1º luglio 2018 e il 30
giugno 2019, il suo importo, nella misura intera, era di EUR 137,50 al
mese per redditi annui fino a EUR 14 541,59. A corrisponderlo è il
datore di lavoro, contestualmente alla retribuzione.
16 Il
giudice del rinvio indica altresì che la Corte suprema di cassazione ha già
avuto modo di evidenziare, nella sua giurisprudenza, la duplice natura
dell’assegno per il nucleo familiare. Da un lato, tale assegno, raccordato al
reddito di qualsiasi natura del nucleo familiare e diretto a garantire un
reddito sufficiente alle famiglie che ne siano sprovviste, ha natura di
trattamento previdenziale. In coerenza con i criteri generali del sistema della
sicurezza sociale nel quale tale assegno si inserisce, la tutela per le
famiglie dei lavoratori in servizio si realizza mediante l’integrazione della
retribuzione rapportata al lavoro prestato. L’assegno, finanziato dai
contributi versati da tutti i datori di lavoro, cui si aggiunge il concorso
integrativo dello Stato, è anticipato dal datore di lavoro, che è autorizzato a
porre a conguaglio quanto versato con il proprio debito contributivo.
Dall’altro lato, tale assegno è una forma di assistenza sociale, in quanto il
reddito preso a parametro viene elevato, all’occorrenza, per comprendere
soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali ovvero minorenni che
abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della
loro età. Si tratta, ad ogni modo, secondo il giudice del rinvio, di una misura
che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera
d), della direttiva 2003/109.
17 Il
giudice del rinvio sottolinea che i componenti del nucleo familiare assumono un
rilievo essenziale nella struttura del trattamento dell’assegno per il nucleo
familiare e sono considerati esserne i sostanziali beneficiari. Dalla
circostanza, tuttavia, che la legge individua i familiari componenti il nucleo
familiare quali sostanziali beneficiari di una prestazione economica che ha
diritto di ricevere il titolare della retribuzione a cui accede l’assegno,
nasce il dubbio se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva
2003/109 osti ad una disposizione come l’articolo 2, comma 6 bis, della
legge n. 153/1988. Il dubbio si appunta in particolare
sull’interpretazione di tale direttiva alla luce del considerando 4 e
dell’articolo 2, lettera e), della medesima.
18 È
in tale contesto che la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se
l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109 (…), nonché il
principio di parità di trattamento tra soggiornanti di lungo periodo e
cittadini nazionali, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una
legislazione nazionale in base alla quale, al contrario di quanto previsto per
i cittadini dello Stato membro, nel computo degli appartenenti al nucleo
familiare, al fine del calcolo dell’assegno per il nucleo familiare, vanno
esclusi i familiari del lavoratore soggiornante di lungo periodo ed
appartenente a Stato terzo, qualora gli stessi risiedano presso il paese terzo
d’origine».
Sulla
questione pregiudiziale
19 Con
la sua questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 11,
paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109 debba essere interpretato nel
senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro in forza della quale,
ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza
sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del soggiornante di
lungo periodo, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della medesima direttiva,
che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese
terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di
detto Stato membro residenti in un paese terzo.
20 Occorre
ricordare che il diritto dell’Unione non limita la facoltà degli Stati membri
di organizzare i loro regimi di sicurezza sociale. In mancanza di armonizzazione
a livello di Unione, spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per
la concessione delle prestazioni di sicurezza sociale nonché l’importo di tali
prestazioni e il periodo per il quale sono concesse. Tuttavia, nell’esercitare
tale facoltà, gli Stati membri devono conformarsi al diritto dell’Unione (v.,
in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov,
C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 40).
21 L’articolo
11, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva impone loro di far beneficiare i
soggiornanti di lungo periodo dello stesso trattamento dei cittadini nazionali
per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni sociali ai sensi della
legislazione nazionale.
22 Tuttavia,
ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, di detta direttiva, gli Stati membri
possono limitare la parità di trattamento, per quanto riguarda, in particolare,
le prestazioni sociali, ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo, o il
familiare per cui viene chiesta la prestazione, ha eletto dimora o risiede
abitualmente nel loro territorio.
23 Pertanto,
la direttiva 2003/109 prevede un diritto alla parità di trattamento, che
costituisce la regola generale, ed elenca le deroghe a tale diritto che gli
Stati membri hanno la facoltà di stabilire, da interpretare invece
restrittivamente. Tali deroghe possono dunque essere invocate solo qualora gli
organi competenti nello Stato membro interessato per l’attuazione di tale
direttiva abbiano chiaramente espresso l’intenzione di avvalersi delle stesse
(v., in tal senso, sentenze del 24 aprile 2012, Kamberaj,
C‑571/10, EU:C:2012:233, punti 86 e 87, nonché del 21 giugno 2017,
Martinez Silva, C‑449/16, EU:C:2017:485, punto 29).
24 Poiché
il giudice del rinvio nutre un dubbio sull’interpretazione dell’articolo 11,
paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109 alla luce del considerando 4
e dell’articolo 2, lettera e), della medesima, occorre osservare, in primo
luogo, che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 54 e 55 delle sue
conclusioni, quest’ultima disposizione, che definisce i «familiari» come i
cittadini di paesi terzi che soggiornano nello Stato membro interessato ai
sensi della direttiva 2003/86, non ha la finalità di limitare il diritto alla
parità di trattamento dei soggiornanti di lungo periodo previsto dall’articolo
11 della direttiva 2003/109, ma soltanto quella di definire tale nozione per la
comprensione delle disposizioni che, in tale direttiva, la utilizzano.
25 Inoltre,
qualora tale definizione implicasse che il soggiornante di lungo periodo i cui
familiari non risiedono nel territorio dello Stato membro interessato sia
escluso dal diritto alla parità di trattamento, l’articolo 11, paragrafo 2,
della direttiva 2003/109, che offre agli Stati membri la possibilità di
derogarvi quando, in particolare, i familiari per i quali tale cittadino chiede
prestazioni non hanno eletto dimora o risiedono abitualmente in tale
territorio, non avrebbe ragione di esistere.
26 In
secondo luogo, per quanto riguarda il considerando 4 della direttiva 2003/109,
occorre, in via preliminare, ricordare che il preambolo di un atto dell’Unione
non ha alcun valore giuridico vincolante e non può essere invocato né per
derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione, né per interpretare
queste disposizioni in un senso manifestamente contrario al loro tenore
letterale (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 1998, Nilsson e a.,
C‑162/97, EU:C:1998:554, punto 54, e del 19 dicembre 2019, Puppinck e a./Commissione, C‑418/18 P,
EU:C:2019:1113, punto 76).
27 Inoltre,
sebbene da tale considerando risulti che l’integrazione dei cittadini di paesi
terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri costituisce un obiettivo
perseguito da tale direttiva, dal medesimo considerando non si può dedurre che
il soggiornante di lungo periodo i cui familiari non risiedono nel territorio
dello Stato membro interessato debba essere escluso dal diritto alla parità di
trattamento di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva,
non essendo peraltro tale esclusione stabilita da alcuna disposizione di detta
direttiva.
28 Nella
misura in cui l’INPS e il governo italiano fanno valere che l’esclusione del
soggiornante di lungo periodo i cui familiari non risiedono nel territorio
dello Stato membro interessato sarebbe conforme all’obiettivo di integrazione
perseguito dalla direttiva 2003/109, in quanto l’integrazione presuppone una
presenza in tale territorio, occorre rilevare che dai considerando 2, 4, 6 e 12
di tale direttiva risulta che quest’ultima tende a garantire l’integrazione dei
cittadini di paesi terzi stabilitisi legalmente e a titolo duraturo negli Stati
membri e, a tal fine, ad avvicinare i diritti di tali cittadini a quelli di cui
godono i cittadini dell’Unione, in particolare assicurando la parità di
trattamento con questi ultimi in una vasta gamma di settori economici e
sociali. Lo status di soggiornante di lungo periodo permette quindi alla
persona cui è attribuito di godere della parità di trattamento nei settori di
cui all’articolo 11 della direttiva 2003/109, alle condizioni previste da tale
articolo [sentenza del 14 marzo 2019, Y.Z. e a. (Frode nel
ricongiungimento familiare), C‑557/17, EU:C:2019:203, punto 63].
29 Ne
consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dall’INPS e dal governo
italiano, escludere dal diritto alla parità di trattamento il soggiornante di
lungo periodo, qualora i suoi familiari non risiedano, durante un periodo che
può essere temporaneo, come dimostrano i fatti della controversia principale,
nel territorio dello Stato membro interessato, non può essere considerato
conforme a tali obiettivi.
30 Di
conseguenza, fatta salva la deroga consentita dall’articolo 11, paragrafo 2,
della direttiva 2003/109, uno Stato membro non può rifiutare o ridurre il
beneficio di una prestazione di sicurezza sociale al soggiornante di lungo
periodo per il motivo che i suoi familiari o taluni di essi risiedono non sul
suo territorio, bensì in un paese terzo, quando invece accorda tale beneficio
ai propri cittadini indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari
risiedano.
31 Per
quanto concerne la controversia principale, occorre constatare, in primo luogo,
che il giudice del rinvio indica esso stesso che l’assegno per il nucleo
familiare ha la natura di un trattamento previdenziale cui è applicabile
l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109.
32 In
secondo luogo, il medesimo giudice afferma che il nucleo familiare costituisce
la base di calcolo dell’importo di tale assegno. L’INPS e il governo italiano
sostengono, al riguardo, che l’omessa considerazione dei familiari non
residenti nel territorio della Repubblica italiana incide solo sull’entità
dell’importo, essendo quest’ultimo pari a zero, come precisato dall’INPS in
udienza, se tutti i familiari risiedono fuori dal territorio nazionale.
33 Orbene,
occorre osservare che tanto l’omesso versamento dell’assegno per il nucleo
familiare quanto la riduzione dell’importo di quest’ultimo, a seconda che tutti
i familiari o alcuni di essi non risiedano nel territorio suddetto, sono
contrari al diritto alla parità di trattamento di cui all’articolo 11,
paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, dal momento che integrano
una disparità di trattamento tra i soggiornanti di lungo periodo e i cittadini
italiani.
34 Nonostante
il diverso avviso dell’INPS al riguardo, una tale disparità di trattamento non
può essere giustificata dal fatto che i soggiornanti di lungo periodo e i
cittadini dello Stato membro ospitante si troverebbero in una situazione
diversa a causa dei loro rispettivi legami con tale Stato, essendo tale
giustificazione contraria all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della
direttiva 2003/109 che, conformemente agli obiettivi di quest’ultima ricordati
al punto 28 della presente sentenza, impone una parità di trattamento tra loro
in materia di sicurezza sociale.
35 Allo
stesso modo, come discende da una giurisprudenza costante, neanche le eventuali
difficoltà di controllo sulla situazione dei beneficiari per quanto riguarda le
condizioni di concessione dell’assegno per il nucleo familiare qualora i
familiari non risiedano nel territorio dello Stato membro interessato, eccepite
dall’INPS e dal governo italiano, possono giustificare una disparità di
trattamento (v., per analogia, sentenza del 26 maggio 2016, Kohll
e Kohll-Schlesser, C‑300/15, EU:C:2016:361,
punto 59 e giurisprudenza ivi citata).
36 In
terzo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che, secondo il diritto
nazionale, sono i familiari i sostanziali beneficiari dell’assegno per il
nucleo familiare. Tuttavia, il beneficio di tale assegno non può per questo
essere rifiutato al soggiornante di lungo periodo i cui familiari non risiedano
nel territorio della Repubblica italiana. Infatti, se è vero che sono i
familiari che beneficiano di detto assegno, ciò che costituisce l’oggetto
stesso di una prestazione familiare, dalle indicazioni fornite dal medesimo
giudice, esposte ai punti 15 e 16 della presente sentenza, risulta che
l’assegno è versato al lavoratore o pensionato, componente a propria volta del
nucleo familiare.
37 Ne
consegue che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109
osta a una disposizione come l’articolo 2, comma 6 bis, della legge
n. 153/1988, secondo il quale non fanno parte del nucleo familiare di cui
a tale legge il coniuge nonché i figli ed equiparati di cittadino di paese
terzo che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica italiana,
salvo che dallo Stato di cui lo straniero è cittadino sia riservato un
trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia
stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di
famiglia, a meno che, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 23
della presente sentenza, la Repubblica italiana abbia chiaramente espresso che
intendeva avvalersi della deroga consentita dall’articolo 11, paragrafo 2,
della medesima direttiva.
38 Ebbene,
come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 65 e 66 delle sue
conclusioni, risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, ed è stato
confermato in udienza dalla Repubblica italiana, che quest’ultima non ha
espresso una tale intenzione in sede di recepimento della direttiva 2003/109
nel diritto nazionale.
39 Infatti,
le disposizioni dell’articolo 2, comma 6 bis, della legge n. 153/1988
sono state adottate molto prima del recepimento della direttiva 2003/109,
effettuato con il decreto legislativo n. 3/2007, che ha incorporato le
disposizioni di detta direttiva nel decreto legislativo n. 286/1988, il
quale, al suo articolo 9, comma 12, lettera c), subordina l’accesso del
titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata alle prestazioni di
assistenza sociale e di sicurezza sociale alla condizione che tale titolare
risieda effettivamente nel territorio nazionale, senza fare riferimento al
luogo di residenza dei suoi familiari.
40 Alla
luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione
sollevata dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della
direttiva 2003/109 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una
normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della
determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono
presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi
dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, che risiedano non già nel
territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi
in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in
un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di recepimento
di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di avvalersi
della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11, paragrafo
2, della medesima direttiva.
Sulle
spese
41 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi
motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
L’articolo
11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25
novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta
a una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della
determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono
presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi
dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, che risiedano non già nel
territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi
in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in
un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di
recepimento di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di
avvalersi della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11,
paragrafo 2, della medesima direttiva.
Firme
* Lingua
processuale: l’italiano.