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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 gennaio 2022 (*)

«Impugnazione – Ricorso di annullamento – Ambiente – Omologazione dei veicoli a motore – Regolamento (UE) 2016/646 – Emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (EUR6) – Fissazione, per le emissioni di ossidi di azoto, dei valori massimi (NTE) durante le prove in condizioni reali di guida (RDE) – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Ricevibilità di un ricorso – Ente infrastatale titolare di poteri in materia di tutela dell’ambiente concernenti la limitazione della circolazione di taluni veicoli – Condizione secondo la quale il ricorrente deve essere direttamente interessato»

Nelle cause riunite da C‑177/19 P a C‑179/19 P,

aventi ad oggetto tre impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 22 febbraio 2019 (C‑177/19 P e C‑178/19 P) e il 23 febbraio 2019 (C‑179/19 P),

Repubblica federale di Germania, rappresentata da J. Möller, D. Klebs e S. Eisenberg, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da:

Association des Constructeurs Européens d’Automobiles, rappresentata da F. Di Gianni e G. Coppo, avvocati,

Romania, rappresentata inizialmente da E. Gane, O.-C. Ichim, L. Liţu e C.-R. Canţăr, successivamente da E. Gane, O.‑C. Ichim e L. Liţu, in qualità di agenti,

Repubblica slovacca, rappresentata da B. Ricziová, in qualità di agente,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ville de Paris (Francia), rappresentata da J. Assous, avocat,

Ville de Bruxelles (Belgio), rappresentata da M. Uyttendaele, C. Derave, N. Mouraux e A. Feyt, avocats, nonché da S. Kaisergruber, Rechtsanwalt,

Ayuntamiento de Madrid (Spagna), rappresentato da J. Assous, avocat,

ricorrenti in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland e M. Huttunen, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado (C‑177/19 P),

e

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér, in qualità di agente,

ricorrente,

sostenuta da:

Association des Constructeurs Européens d’Automobiles, rappresentata da F. Di Gianni e G. Coppo, avvocati,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ville de Paris (Francia), rappresentata da J. Assous, avocat,

Ville de Bruxelles (Belgio), rappresentata da M. Uyttendaele, C. Derave, N. Mouraux e A. Feyt, avocats, nonché da S. Kaisergruber, Rechtsanwalt,

Ayuntamiento de Madrid (Spagna), rappresentato da J. Assous, avocat,

ricorrenti in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland e M. Huttunen, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado (C‑178/19 P),

e

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, in qualità di agente,

ricorrente,

sostenuta da:

Association des Constructeurs Européens d’Automobiles, rappresentata da F. Di Gianni e G. Coppo, avvocati,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ville de Paris (Francia), rappresentata da J. Assous, avocat,

Ville de Bruxelles (Belgio), rappresentata da M. Uyttendaele, C. Derave, N. Mouraux e A. Feyt, avocats, nonché da S. Kaisergruber, Rechtsanwalt,

Ayuntamiento de Madrid (Spagna), rappresentato da J. Assous, avocat,

ricorrenti in primo grado (C‑179/19 P),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos, presidente della Quarta Sezione, e M. Ilešič, giudice,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro impugnazioni, la Repubblica federale di Germania (C‑177/19 P), l’Ungheria (C‑178/19 P) e la Commissione europea (C‑179/19 P) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 dicembre 2018, Ville de Paris, Ville de Bruxelles e Ayuntamiento de Madrid/Commissione (T‑339/16, T‑352/16 e T‑391/16; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:927), con cui quest’ultimo, da un lato, ha annullato il punto 2 dell’allegato II al regolamento (UE) 2016/646 della Commissione, del 20 aprile 2016, che modifica il regolamento (CE) n. 692/2008 riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (EUR  6) (GU 2016, L 109, pag. 1; in prosieguo il «regolamento controverso»), nei limiti in cui fissa, ai punti 2.1.1 e 2.1.2 dell’allegato III A al regolamento (CE) n. 692/2008 della Commissione, del 18 luglio 2008, recante attuazione e modifica del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (EUR  5 ed EUR  6) e all’ottenimento di informazioni per la riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2008, L 199, pag. 1), il valore del fattore di conformità CF pollutant definitivo e il valore del fattore di conformità CF pollutant temporaneo per la massa di ossidi di azoto e, dall’altro lato, ha mantenuto gli effetti delle disposizioni annullate fino all’adozione, entro un termine ragionevole, di una nuova normativa che sostituisca tali disposizioni, termine che non può essere superiore a dodici mesi dalla data di decorrenza degli effetti di tale sentenza.

 Contesto normativo

 Direttiva 2007/46/CE

2        La direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU 2007, L 263, pag. 1), come modificata dal regolamento (UE) n. 214/2014 della Commissione, del 25 febbraio 2014 (GU 2014, L 69, pag. 3; in prosieguo: la «direttiva 2007/46»), ai suoi considerando 2, 3 e 14 enuncia quanto segue:

«(2)      Ai fini dell’instaurazione e del funzionamento del mercato interno della Comunità, è opportuno sostituire i sistemi di omologazione degli Stati membri con un’idonea procedura comunitaria basata sul principio dell’armonizzazione totale.

(3)      I requisiti tecnici applicabili ai sistemi, ai componenti, alle entità tecniche e ai veicoli dovrebbero essere armonizzati e specificati in atti normativi. Tali atti normativi dovrebbero in primo luogo tendere a garantire un elevato livello di sicurezza stradale, protezione della salute, protezione dell’ambiente, efficienza energetica e protezione contro gli usi non autorizzati.

(...)

(14)      L’obiettivo principale della legislazione in materia di omologazione dei veicoli è assicurare che i veicoli nuovi, i componenti e le entità tecniche immessi in commercio forniscano un elevato livello di sicurezza e di protezione dell’ambiente. Tale scopo non dovrebbe essere pregiudicato dal montaggio di talune parti o apparecchiature dopo che i veicoli sono stati immessi in commercio o sono entrati in circolazione. Pertanto, dovrebbero essere adottate misure appropriate al fine di assicurare che le parti o le apparecchiature che possono essere montate sui veicoli e che sono in grado di pregiudicare considerevolmente il funzionamento di sistemi essenziali in termini di sicurezza o di protezione ambientale, siano soggetti a un controllo preventivo da parte di un’autorità di omologazione prima di essere messi in vendita. Tali misure dovrebbero consistere in disposizioni tecniche relative ai requisiti cui tali parti o tali apparecchiature debbono rispondere».

3        L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto», così dispone:

«La presente direttiva stabilisce un quadro armonizzato contenente le disposizioni amministrative e i requisiti tecnici generali necessari per l’omologazione di tutti i veicoli nuovi che rientrano nel suo campo d’applicazione e dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche destinati a tali veicoli, al fine di semplificarne l’immatricolazione, la vendita e la messa in circolazione all’interno della Comunità.

(...)

Specifici requisiti tecnici relativi alla costruzione e al funzionamento di veicoli sono stabiliti in applicazione della presente direttiva con atti normativi, il cui elenco tassativo figura nell’allegato IV».

4        L’articolo 4 della suddetta direttiva, rubricato «Obblighi degli Stati membri», stabilisce quanto segue, ai paragrafi da 1 a 3:

«1.      Gli Stati membri assicurano che i costruttori che richiedono un’omologazione rispettino gli obblighi previsti dalla presente direttiva.

2.      Gli Stati membri rilasciano un’omologazione soltanto per i veicoli, i sistemi, i componenti o le entità tecniche conformi alle disposizioni della presente direttiva.

3.      Gli Stati membri immatricolano o autorizzano la vendita o la messa in circolazione soltanto dei veicoli, dei componenti e delle entità tecniche conformi alle disposizioni della presente direttiva.

Essi non vietano, limitano o impediscono l’immatricolazione, la vendita o la messa in circolazione su strada di veicoli, componenti o entità tecniche per motivi connessi ad aspetti della costruzione e del funzionamento contemplati dalla presente direttiva, se soddisfano i requisiti previsti da quest’ultima».

5        L’allegato IV alla stessa direttiva, rubricato «Requisiti per l’omologazione CE dei veicoli», contiene, nella parte I, l’elenco degli «atti normativi per l’omologazione CE dei veicoli prodotti in serie illimitata». Dalla sua lettura si evince che l’atto normativo di riferimento per le emissioni dai veicoli commerciali leggeri (EUR 5 ed EUR 6) è il regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1).

 Regolamento n. 715/2007

6        L’articolo 1 del regolamento n. 715/2007, rubricato «Scopo», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Il presente regolamento fissa i requisiti tecnici comuni per l’omologazione di veicoli a motore (“veicoli”) e parti di ricambio, come i dispositivi di ricambio di controllo dell’inquinamento, riguardo alle loro emissioni».

7        Al capitolo II di detto regolamento, rubricato «Obblighi dei costruttori relativi all’omologazione», figura l’articolo 4 di quest’ultimo, anch’esso rubricato «Obblighi dei costruttori», che al paragrafo 1 recita così:

«I costruttori dimostrano che tutti i veicoli nuovi venduti, immatricolati o messi in servizio nella Comunità sono stati omologati conformemente al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione. (...)

Tali obblighi comprendono il rispetto dei limiti delle emissioni di cui all’allegato I e dei provvedimenti d’attuazione di cui all’articolo 5».

 Direttiva 2008/50/CE

8        Come risulta dal suo articolo 1, rubricato «Oggetto», la direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1), istituisce misure volte, in particolare, a «mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove sia buona, e migliorarla negli altri casi».

 Regolamento (UE) 2016/427

9        Con il regolamento (UE) 2016/427 della Commissione, del 10 marzo 2016, che modifica il regolamento (CE) n. 692/2008 riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 6) (GU 2016, L 82, pag. 1), la Commissione ha introdotto una procedura di prova delle emissioni in condizioni reali di guida (RDE) per verificare meglio le emissioni misurate su strada.

 Regolamento controverso

10      Ai sensi del considerando 1 del regolamento controverso:

«Il regolamento [n. 715/2007] è uno degli atti normativi separati nel quadro della procedura di omologazione prevista dalla direttiva [2007/46]».

11      L’articolo 1 di tale regolamento prevede quanto segue:

«Il regolamento [n. 692/2008] è così modificato:

(...)

6)      l’allegato IIIA è modificato conformemente all’allegato II del presente regolamento».

12      L’allegato II a detto regolamento prevede, in particolare, l’inserimento dei punti 2.1.1, 2.1.2 e 2.1.3 nell’allegato IIIA al regolamento n. 692/2008.

13      Il punto 2.1.1 prevede un fattore di conformità definitivo per la massa degli ossidi di azoto di 1 più un margine di 0,5 e precisa che tale margine «è un parametro che tiene conto delle incertezze aggiuntive di misurazione introdotte dai componenti del PEMS che devono essere sottoposte a revisione annuale e vanno rivedute a seguito del miglioramento della qualità della procedura PEMS o del progresso tecnico».

14      Il punto 2.1.2 prevede che, in deroga alle disposizioni del punto 2.1.1, per un periodo di 5 anni e 4 mesi a decorrere dalle date specificate all’articolo 10, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 715/2007 e su richiesta del costruttore, possa essere applicato un fattore di conformità temporaneo per la massa di ossidi di azoto di 2,1.

15      Il punto 2.1.3 si riferisce alle «[f]unzioni di trasferimento».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

16      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 26 giugno, il 29 giugno e il 19 luglio 2016, la Ville de Paris (città di Parigi, causa T‑339/16), la Ville de Bruxelles (città di Bruxelles, causa T‑352/16) e l’Ayuntamiento de Madrid (città di Madrid, causa T‑391/16) hanno proposto ciascuno un ricorso di annullamento del regolamento controverso.

17      A sostegno dei loro ricorsi esse hanno dedotto, in particolare, che la Commissione non poteva, con tale regolamento, adottare valori NTE di emissioni di ossidi di azoto superiori ai limiti fissati per la norma EUR 6 dal regolamento n. 715/2007.

18      Con atti separati la Commissione, sulla base dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha sollevato eccezioni di irricevibilità contro detti ricorsi, vertenti sul fatto che la Ville de Paris, la Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid non erano direttamente interessati dal regolamento controverso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, e ha chiesto al Tribunale di statuire senza avviare la discussione nel merito. Il Tribunale ha riunito al merito le eccezioni di irricevibilità.

19      Le cause T‑339/16, T‑352/16 e T‑391/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della decisione definitiva.

20      Nella sentenza impugnata il Tribunale ha respinto le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione, dopo aver rilevato, al punto 84 di tale sentenza, che «[era] dimostrata l’incidenza sulla situazione giuridica delle ricorrenti [in primo grado] del regolamento controverso e che quest’ultimo le [concerneva] pertanto direttamente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE». Nel merito, il Tribunale, da un lato, ha annullato il punto 2 dell’allegato II al regolamento controverso, nei limiti in cui fissa, ai punti 2.1.1 e 2.1.2 dell’allegato IIIA al regolamento n. 692/2008, il valore del fattore di conformità CF pollutant definitivo e il valore del fattore di conformità CF pollutant temporaneo per la massa degli ossidi di azoto e, dall’altro, ha mantenuto gli effetti delle disposizioni annullate fino all’adozione, entro un termine ragionevole, di una nuova normativa che sostituisse tali disposizioni, termine che non poteva essere superiore a dodici mesi dalla data di decorrenza degli effetti di tale sentenza. Per il resto, il Tribunale ha respinto i ricorsi, nonché la domanda di risarcimento formulata dalla Ville de Paris.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

21      Con la sua impugnazione nella causa C‑177/19 P, la Repubblica federale di Germania chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare la sentenza impugnata e respingere i ricorsi;

–        in subordine, riformare la suddetta sentenza al punto 3 del dispositivo, nel senso di mantenere gli effetti delle disposizioni annullate per un termine massimo molto più ampio rispetto ai dodici mesi dalla data di decorrenza degli effetti di tale sentenza; e

–        condannare la Ville de Paris, la Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid alle spese.

22      Con decisione del presidente della Corte del 27 giugno 2019, la Repubblica slovacca è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania.

23      Con decisione del presidente della Corte del 19 luglio 2019, la Romania è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania per la fase orale del procedimento, qualora essa abbia luogo.

24      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare la sentenza impugnata e respingere i ricorsi;

–        in subordine, annullare il dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui fissa in dodici mesi il termine entro il quale le disposizioni annullate mantengono i loro effetti dalla data di decorrenza degli effetti di tale sentenza, e stabilire che gli effetti di tali disposizioni siano mantenuti fino all’adozione della nuova normativa che le sostituisca.

25      Con la propria impugnazione nella causa C‑178/19 P, l’Ungheria chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare la sentenza impugnata e respingere i ricorsi;

–        in subordine, annullare il dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui fissa in dodici mesi il termine entro il quale le disposizioni annullate mantengono i loro effetti dalla data di decorrenza degli effetti di tale sentenza e stabilire che gli effetti di tali disposizioni siano mantenuti fino all’adozione della nuova normativa che sostituisca le disposizioni suddette, e

–        condannare le parti del procedimento di primo grado alle spese.

26      Sia in via principale sia in subordine, la Commissione formula le stesse conclusioni dedotte dall’Ungheria.

27      Con la sua impugnazione nella causa C‑179/19 P, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare la sentenza impugnata, respingere i ricorsi e condannare la Ville de Paris, la Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid alle spese; e

–        in subordine, annullare la sentenza impugnata, rinviare la causa al Tribunale ai fini del riesame e riservare le spese dei due gradi di giudizio.

28      Con ordinanze del presidente della Corte del 1° ottobre 2019, Germania/Commissione (C‑177/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:837), Ungheria/Commissione (C‑178/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:835), e Commissione/Ville de Paris e a. (C‑179/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:836), l’Association des Constructeurs Européens d’Automobiles (Associazione dei costruttori europei di automobili; in prosieguo: l’«ACEA») è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti nei procedimenti di impugnazione.

29      In ciascuna delle cause che li riguardano, la Ville de Paris, la Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid chiedono alla Corte di respingere le impugnazioni e di condannare le ricorrenti nei procedimenti di impugnazione alle spese.

30      In subordine, l’Ayuntamiento de Madrid chiede alla Corte di rinviare tali cause dinanzi al Tribunale affinché quest’ultimo possa pronunciarsi sui motivi che non sono stati esaminati in primo grado. La Ville de Paris e la Ville de Bruxelles formulano la medesima domanda in via subordinata nella causa C‑179/19 P.

31      Ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, il presidente della Quinta Sezione ha deciso, il 28 gennaio 2021, sentiti l’avvocato generale e le parti, di riunire le presenti cause ai fini delle conclusioni e della sentenza.

 Sulle impugnazioni

32      A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑177/19 P, la Repubblica federale di Germania deduce cinque motivi vertenti, in primo luogo, su un errore di diritto in quanto il Tribunale ha dichiarato che le città convenute nei procedimenti di impugnazione sono direttamente interessate dal regolamento controverso; in secondo luogo, su un difetto di motivazione a quest’ultimo proposito; in terzo luogo, su una violazione, in particolare, dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 715/2007, in quanto il Tribunale ha stabilito che la Commissione non era competente ad adottare il regolamento controverso, in quarto luogo, su un errore di diritto in quanto il Tribunale ha annullato parzialmente tale regolamento e, in quinto luogo, su una domanda diretta a mantenere gli effetti delle disposizioni annullate di tale regolamento per un periodo superiore a dodici mesi dalla data di decorrenza degli effetti della sentenza impugnata.

33      A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑178/19 P, l’Ungheria deduce due motivi relativi, sotto un primo profilo, alla ricevibilità dei ricorsi in primo grado e, sotto un secondo profilo, al termine stabilito dal Tribunale per il mantenimento degli effetti delle disposizioni annullate del regolamento controverso.

34      A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑179/19 P, la Commissione deduce un unico motivo, relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nel dichiarare che il regolamento controverso modifica un elemento essenziale del regolamento n. 715/2007.

 Sul secondo motivo nella causa C177/19 P

 Argomenti delle parti

35      Con il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑177/19 P, che deve essere esaminato in via prioritaria, la Repubblica federale di Germania, sostenuta dall’ACEA e dalla Repubblica slovacca, ricorda che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, la motivazione della sentenza deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale. Orbene, nel caso di specie, nella sentenza impugnata il Tribunale non avrebbe sufficientemente spiegato le ragioni per cui ha ritenuto che le città convenute nei procedimenti di impugnazione fossero direttamente interessate dal regolamento controverso, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, essendosi limitato a rammentare che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 osta a che tali città possano adottare normative concernenti la circolazione di veicoli conformi alla norma EUR 6.

36      La Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid sostengono che il secondo motivo di ricorso nella causa C‑177/19 P sarebbe infondato.

 Giudizio della Corte

37      Secondo costante giurisprudenza, la motivazione di una sentenza deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale (sentenza del 13 dicembre 2018, Unione europea/Kendrion, C‑150/17 P, EU:C:2018:1014, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

38      È pur vero che nel caso di specie, come risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, in particolare dai punti da 50 a 84 di quest’ultima, il Tribunale, per stabilire se le città convenute nei procedimenti di impugnazione fossero direttamente interessate dal regolamento controverso, si è concentrato essenzialmente sull’interpretazione non già di quest’ultimo regolamento, bensì della direttiva 2007/46, in particolare dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della stessa. A mente di tale disposizione, gli Stati membri «non vietano, limitano o impediscono l’immatricolazione, la vendita o la messa in circolazione su strada di veicoli, componenti o entità tecniche per motivi connessi ad aspetti della costruzione e del funzionamento contemplati dalla presente direttiva, se soddisfano i requisiti previsti da quest’ultima».

39      Tuttavia, il Tribunale ha esposto con sufficiente chiarezza e precisione, in particolare ai punti da 50 a 54, 56, 59, 67, 74, 76 e 77 della sentenza impugnata, le ragioni per cui ha ritenuto che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 fosse pertinente per stabilire se le città convenute nei procedimenti di impugnazione fossero direttamente interessate dal regolamento controverso, benché tale disposizione fosse contenuta in un atto di diritto derivato dell’Unione distinto da detto regolamento.

40      In particolare, al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che le interpretazioni letterale, teleologica e contestuale della direttiva 2007/46 e, segnatamente, del suo articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, inducono a ritenere che la medesima impedisca effettivamente alle autorità pubbliche di uno Stato membro di vietare, limitare o impedire la circolazione su strada di veicoli per motivi connessi ad aspetti della loro costruzione e del loro funzionamento contemplati da tale direttiva, se soddisfano i requisiti previsti da quest’ultima. Orbene, in sostanza, ai punti 3, 4, 52, 74 e 76 della sentenza impugnata, dopo aver rammentato che detti requisiti sono quelli previsti dagli «atti normativi» della stessa direttiva, nonché dagli atti derivati da questi ultimi, il Tribunale ha evidenziato che il regolamento n. 715/2007 costituisce l’«atto normativo» applicabile con riferimento alla procedura di omologazione prevista dalla direttiva 2007/46 per le emissioni inquinanti dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri, poiché tali emissioni costituiscono uno degli aspetti della costruzione e del funzionamento dei suddetti veicoli disciplinati dalla direttiva 2007/46, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, di quest’ultima. Inoltre, come si evince, in particolare, dall’illustrazione del contesto normativo delle cause contenuta nei punti da 2 a 16 della sentenza impugnata, il regolamento n. 692/2008, il regolamento 2016/427 e il regolamento controverso sono «atti derivati» dal regolamento n. 715/2007, in quanto essi hanno per base giuridica e mirano ad attuare quest’ultimo.

41      Peraltro, dai punti 59, 74 e 76 della sentenza impugnata risulta che, secondo il Tribunale, poiché il regolamento controverso introduce un fattore di conformità che si applica ai valori stabiliti dal regolamento n. 715/2007, allo scopo di fissare i valori massimi consentiti delle emissioni inquinanti di ossidi di azoto (NTE) al momento delle prove RDE previste dal regolamento n. 2016/427, l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 si applica anche a tali valori NTE sicché, a seguito dell’adozione del regolamento controverso, le autorità pubbliche non potrebbero più imporre limitazioni alla circolazione basate sul livello delle emissioni inquinanti dei veicoli, la cui categoria rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 715/2007 e che siano conformi a detti valori NTE. Avendo constatato che il regolamento controverso incide in tal modo sulle competenze normative spettanti alle città convenute nei procedimenti di impugnazione in materia di regolamentazione della circolazione automobilistica, il Tribunale ha concluso, in particolare ai punti 50, 76, 80 e 84 di tale sentenza, che le stesse città fossero direttamente interessate da detto regolamento.

42      Pertanto, una lettura complessiva della sentenza impugnata consente agli interessati di conoscere le ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto che la sua interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 avesse come conseguenza che le città convenute nei procedimenti di impugnazione fossero direttamente interessate dal regolamento controverso.

43      Perciò la motivazione fornita dal Tribunale a sostegno della conclusione, secondo cui le città convenute nei procedimenti di impugnazione sono direttamente interessate dal regolamento controverso, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è sufficiente a soddisfare i requisiti di cui al punto 37 della presente sentenza, fatta salva la fondatezza di tale motivazione, la quale è oggetto del primo motivo d’impugnazione nella causa C‑177/19 P e della seconda parte del primo motivo d’impugnazione nella causa C‑178/19 P.

44      Il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑177/19 P deve quindi essere respinto in quanto infondato.

 Sul primo motivo nella causa C177/19 P e sulla seconda parte del primo motivo nella causa C178/19 P

 Argomenti delle parti

45      Con il primo motivo di impugnazione nella causa C‑177/19 P e la seconda parte del primo motivo nella causa C‑178/19 P, la Repubblica federale di Germania e l’Ungheria sostengono, rispettivamente, che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel dichiarare che le città convenute nei procedimenti di impugnazione sono direttamente interessate dal regolamento controverso.

46      In particolare, la Repubblica federale di Germania, sostenuta dall’ACEA, dalla Romania e dalla Repubblica slovacca, deduce, in primo luogo, che le restrizioni alla libertà d’azione delle città derivano non già dal regolamento controverso, bensì da altre prescrizioni e che, in particolare, il potere, per un ente locale, di creare zone in cui il traffico è vietato non dipende da tale regolamento. Anche supponendo che le zone in cui la circolazione è vietata siano illegittime, tale circostanza deriverebbe dalle prescrizioni generali del diritto dell’Unione in materia di libertà e diritti fondamentali.

47      Per esempio, la direttiva 2008/50 prevederebbe che gli Stati membri adottino «misure appropriate» affinché, in caso di superamento dei valori massimi, il periodo di superamento sia il più breve possibile. Inoltre, come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte derivante dalla sentenza del 4 giugno 2009, Mickelsson e Roos (C‑142/05, EU:C:2009:336), e dal punto 53 della sentenza impugnata, norme come quelle relative alla libera circolazione delle merci nonché al diritto di proprietà, tutelato dal diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, potrebbero rendere sproporzionate le limitazioni all’uso di veicoli di nuova immatricolazione con esigue emissioni di inquinanti. L’annullamento parziale del regolamento controverso non inciderebbe su tale regime giuridico, sicché non ci sarebbe alcun nesso tra le «competenze normative» degli enti infrastatali in questo ambito e il regolamento controverso.

48      In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania sostiene che, nel complesso, le norme sull’immatricolazione non riguarderebbero le modalità di utilizzo delle strade, come quelle relative all’istituzione di zone in cui la circolazione è vietata. Il solo fatto che le città possano, tra l’altro, essere effettivamente incaricate della realizzazione di un obiettivo ambientale non giustificherebbe che queste ultime possano impugnare qualsiasi atto in grado di esercitare un impatto sull’ambiente, proponendo un ricorso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Ciò equivarrebbe, infatti, a concedere loro il diritto di esperire un’azione di annullamento di cui godono i ricorrenti privilegiati contemplati all’articolo 263, primo e secondo comma, TFUE.

49      In relazione alla misura che le città convenute nei procedimenti di impugnazione intendono adottare nel caso di specie per il miglioramento della qualità dell’aria, la direttiva 2008/50 costituirebbe la norma speciale e pertanto prevarrebbe sulla direttiva 2007/46. La dimostrazione in senso contrario fornita dal Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata non sarebbe persuasiva.

50      Allo stesso modo, sarebbe priva di fondamento la distinzione operata dal Tribunale ai punti da 52 a 54 della sentenza impugnata tra, da un lato, le normative generali che disciplinano la circolazione (giornate senza auto, prescrizioni generali del codice della strada) e, dall’altro lato, le normative in materia di circolazione adottate dalle autorità pubbliche degli Stati membri, che impongono limitazioni alla circolazione basate sul livello delle emissioni inquinanti a veicoli, la cui categoria rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 715/2007 e che siano conformi alla norma EUR 6 o, al momento delle prove RDE, ai valori NTE. Seguendo l’interpretazione del Tribunale, non dovrebbe essere possibile, in linea di principio, adottare misure di portata generale per ridurre il livello di emissioni che si applichino anche ai veicoli conformi alla norma EUR 6.

51      L’Ungheria, sostenuta dall’ACEA, deduce, in particolare, da un lato, che il regolamento controverso riguarderebbe direttamente solo i costruttori obbligati a rispettare i limiti stabiliti da tale regolamento e le autorità abilitate a controllare il rispetto di tali limiti e ad autorizzare l’omologazione e l’immatricolazione, in quanto a dette autorità spetterebbe l’attuazione e l’applicazione di tale regolamento, che stabilirebbe disposizioni obbligatorie nei confronti di queste ultime.

52      Dall’altro lato, al pari della Repubblica federale di Germania, l’Ungheria ritiene che il Tribunale abbia interpretato in maniera erronea l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46. Tale disposizione né escluderebbe né limiterebbe l’adozione, da parte delle città convenute nei procedimenti di impugnazione, di misure dirette a limitare la circolazione su strada dei veicoli conformi a tale direttiva e al regolamento n. 715/2007 per ragioni inerenti al livello delle emissioni inquinanti. Detta disposizione avrebbe l’unico scopo di garantire che i veicoli nuovi, conformi ai requisiti di questa stessa direttiva e di altre correlate disposizioni di diritto dell’Unione, possano essere commercializzati senza impedimenti nel mercato interno.

53      La Ville de Bruxelles sostiene che il Tribunale avrebbe giustamente dichiarato che la stessa era direttamente interessata dal regolamento controverso. Come risulterebbe, in particolare, dai punti 52, 54 e 76 della sentenza impugnata, tale regolamento impedirebbe effettivamente a tale città di esercitare le sue competenze, come essa intende fare, poiché essa avrebbe l’obbligo giuridico di consentire la presenza di veicoli che, pur non essendo conformi alla norma EUR 6 inizialmente stabilita, siano conformi alla norma EUR 6 come ridefinita da detto regolamento, tenendo presente che i valori NTE di emissioni di ossidi di azoto previsti nel regolamento controverso sarebbero superiori a quelli inizialmente fissati dal regolamento n. 715/2007. Infatti, come avrebbe rilevato il Tribunale, il regolamento controverso inciderebbe sulle normative in materia di circolazione adottate dalle autorità pubbliche degli Stati membri, che impongono limitazioni alla circolazione in base al livello delle emissioni inquinanti a veicoli, la cui categoria rientri nell’ambito di applicazione di tale regolamento, e che siano conformi alla norma EUR 6 o, al momento delle prove RDE, ai valori NTE.

54      La Ville de Bruxelles aggiunge che, nel caso di specie, il regolamento controverso produrrebbe non solo effetti giuridici, ma anche effetti materiali, in particolare in termini di degrado della qualità dell’aria nel suo territorio, effetti che esso sarebbe tenuto a contrastare a pena di incorrere in responsabilità o a pena di comportare la proposizione di un ricorso per inadempimento, ai sensi degli articoli 258 e 259 TFUE, nei confronti del Regno del Belgio. Pertanto, secondo la Ville de Bruxelles, nella sentenza impugnata il Tribunale avrebbe legittimamente tenuto conto di tale pregiudizio della sua situazione materiale e giuridica nel dichiarare la ricevibilità del ricorso.

55      Inoltre, la Ville de Bruxelles sottolinea che, nel caso in cui essa adottasse una normativa che vietasse la circolazione sul suo territorio dei veicoli non conformi alla norma EUR 6 soltanto all’esito delle prove di laboratorio oppure non conformi alla norma EUR 6, senza applicazione del fattore di conformità, all’esito delle prove RDE, la Commissione o un altro Stato membro potrebbero proporre ricorso per inadempimento nei confronti del Regno del Belgio, ai sensi dell’articolo 258 o dell’articolo 259 TFUE. Si tratterebbe di un effetto derivante direttamente dal regolamento controverso, e tale effetto sarebbe da solo sufficiente a dimostrare che le città convenute nei procedimenti di impugnazione sono direttamente interessate da tale regolamento, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

56      La Ville de Bruxelles nega che il Tribunale abbia confuso la direttiva 2007/46 con la direttiva 2008/50. In ogni caso, sarebbe pacifico che le misure adottate dalle città convenute nei procedimenti di impugnazione devono essere conformi al diritto dell’Unione, che si tratti della direttiva 2008/50 o del principio di libera circolazione delle merci. Tali considerazioni non sarebbero tuttavia sufficienti per concludere che il regolamento controverso non impedisce a dette città di esercitare le proprie competenze con le modalità da essi prescelte.

57      Inoltre, sarebbe errato ritenere che il regolamento controverso sia un atto distinto e del tutto separato dalla direttiva 2007/46, poiché tale regolamento rientrerebbe nel quadro istituito da quest’ultima.

58      Peraltro, l’incidenza del regolamento controverso sulla situazione delle città convenute nei procedimenti di impugnazione non sarebbe puramente ipotetica. In particolare, non sarebbe scontato che tali città possano avvalersi della giurisprudenza della Corte relativa alle deroghe al divieto di principio di misure di effetto equivalente a restrizioni all’importazione, per derogare al quadro istituito dalla direttiva 2007/46 e dai suoi atti normativi. Del resto, quand’anche le suddette città non disponessero di alcuna competenza ai fini dell’omologazione dei veicoli in questione, esse sarebbero nondimeno competenti ad adottare misure regolamentari in materia di circolazione automobilistica e tale competenza sarebbe direttamente interessata dal regolamento controverso, qualora esse volessero utilizzare la norma EUR 6 per regolamentare tale circolazione.

59      Infine, la Ville de Bruxelles sostiene che misure relative al livello di emissioni sarebbero necessariamente adottate per motivi legati ad aspetti della costruzione e del funzionamento dei veicoli, anche qualora, peraltro, vengano perseguiti altri obiettivi.

60      L’Ayuntamiento de Madrid, da parte sua, sostiene che il regolamento controverso rientrerebbe nel quadro della direttiva 2007/46 sia dal punto di vista della materia disciplinata sia dal punto di vista temporale. D’altronde, detto regolamento farebbe riferimento a tale direttiva nel suo considerando 1.

61      Dal punto di vista della materia disciplinata, qualsiasi decisione giuridica, che imponga una limitazione all’uso dei veicoli terrestri a motore sulla base di criteri tecnici stabiliti dalla direttiva 2007/46 e dal regolamento controverso, incorrerebbe direttamente e necessariamente nel divieto di cui all’articolo 4 di tale direttiva. Per contro, un divieto simile, ma basato su considerazioni estranee ai requisiti tecnici previsti da tali due testi, non avrebbe alcuna rilevanza al riguardo.

62      Dal punto di vista temporale, come risulterebbe dal punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe valutato la ricevibilità dei ricorsi in primo grado alla luce alla direttiva 2007/46. Infatti, dall’interpretazione letterale delle disposizioni di tale direttiva, effettuata dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata, si evincerebbe che le città convenute nei procedimenti di impugnazione, la cui effettiva titolarità di competenze giuridiche in materia di tutela dell’ambiente non è contestata, sarebbero direttamente interessate dal regolamento controverso.

63      Pertanto, l’Ayuntamiento de Madrid sottolinea di condividere complessivamente il ragionamento del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo ha rilevato, ai punti 81 e 82 della sentenza impugnata, il carattere di effettività della limitazione delle competenze derivante dal regolamento controverso, letto in combinato disposto con la direttiva 2007/46, per concludere nel senso della ricevibilità del suo ricorso.

64      Inoltre, la posizione sostenuta dalla Repubblica federale di Germania e dall’Ungheria sarebbe contraddittoria. Infatti, da un lato, tali Stati membri riterrebbero che le città convenute nei procedimenti di impugnazione non siano interessate dal regolamento controverso, in quanto esse manterrebbero la piena libertà di vietare, limitare o impedire la circolazione su strada dei veicoli terrestri a motore, in particolare nell’ambito della lotta all’inquinamento atmosferico, sulla base di altre norme giuridiche, come la direttiva 2008/50. Tuttavia, dall’altro lato, questi stessi Stati membri sosterrebbero che dette città non sarebbero direttamente interessate da un testo che modifica la norma EUR 6.

65      Inoltre, dopo aver evidenziato che le città sono protagoniste importanti del diritto dell’Unione, l’Ayuntamiento de Madrid ricorda l’obiettivo di attenuazione delle condizioni per la presentazione dei ricorsi diretti e il fatto che l’evoluzione delle soluzioni adottate in merito alla ricevibilità dei ricorsi degli enti infrastatali, soprattutto nelle materie collegate al diritto ambientale, potrebbe essere considerata un corollario del principio di leale cooperazione, di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, richiamato dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata. Pertanto, si potrebbe ammettere che gli enti infrastatali, come le città convenute nei procedimenti di impugnazione, che con i loro atti determinano la responsabilità degli Stati, a cui appartengono, davanti all’Unione europea, godano di una presunzione di ricevibilità, con onere per l’autore dell’atto impugnato di dimostrare che essi non siano interessati dalle disposizioni controverse.

66      Infine, la Ville de Paris e l’Ayuntamiento de Madrid sostengono che la possibilità, menzionata dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata, che venga proposto un ricorso per inadempimento nei confronti dello Stato membro interessato costituirebbe un effetto derivante dal regolamento controverso, e confermerebbe il fatto che le città convenute nei procedimenti di impugnazione sono direttamente interessate da tale regolamento. Infatti, ad esempio, se una città vietasse la circolazione a tutti i veicoli conformi al suddetto regolamento, essa commetterebbe una violazione del diritto dell’Unione alla luce del divieto di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2007/46.

67      La Commissione sostiene, da un lato, che sembrerebbe che la Repubblica federale di Germania adotti un’interpretazione troppo ampia della sentenza impugnata. Infatti, l’impugnazione farebbe ripetutamente riferimento a «zone in cui la circolazione è vietata». Orbene, dal punto 52 della sentenza impugnata risulterebbe che le misure di limitazione della circolazione, che riguardano tutti i veicoli, non sarebbero interessate dalla normativa dell’Unione sull’omologazione dei veicoli a motore.

68      Dall’altro lato, la Commissione nutre dubbi sul ragionamento seguito dalla Repubblica federale di Germania in relazione alle libertà fondamentali garantite dai trattati e al principio di proporzionalità. Infatti, il diritto primario non osterebbe a che atti di diritto derivato possano riguardare direttamente soggetti di diritto ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. In particolare, il fatto che le città debbano rispettare il principio di proporzionalità non escluderebbe a priori che queste ultime siano direttamente interessate, qualora esse possano dimostrare l’esistenza di una modifica della loro posizione giuridica derivante dalla legislazione dell’Unione sull’omologazione dei veicoli a motore.

 Giudizio della Corte

69      Innanzitutto bisogna ricordare che il ricorso di un ente regionale o locale non può essere assimilato al ricorso di uno Stato membro, poiché la nozione di «Stato membro», ai sensi dell’articolo 263 TFUE, comprende le sole autorità di governo degli Stati membri. Un ente regionale o locale può, qualora goda della personalità giuridica ai sensi del diritto nazionale ad esso applicabile, proporre un ricorso contro un atto del diritto dell’Unione soltanto nel caso in cui esso rientri in una delle ipotesi previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1984, Comune di Differdange e a./Commissione, 222/83, EU:C:1984:266, punti da 9 a 13, e del 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, C‑417/04 P, EU:C:2006:282, punti 21 e 24 e giurisprudenza ivi citata).

70      Pertanto, poiché siffatti enti sono, al pari di qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, soggetti alle condizioni specifiche previste da tale disposizione, deve essere respinto in quanto infondato l’argomento dell’Ayuntamiento de Madrid, illustrato al punto 65 della presente sentenza, secondo cui gli enti infrastatali, come le città convenute nei procedimenti di impugnazione, dovrebbero godere di una presunzione di ricevibilità quando presentano un ricorso di annullamento contro un atto di diritto dell’Unione ai sensi di detta disposizione.

71      Nella presente causa, nell’ambito dell’esame delle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione contro i ricorsi di annullamento proposti dinanzi ad esso, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 36 a 40 della sentenza impugnata, che il regolamento controverso è un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione, e ha poi dichiarato, in base al ragionamento svolto nei punti da 41 a 84 di tale sentenza, che detto regolamento riguardava direttamente le città convenute nei procedimenti di impugnazione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

72      Per quanto riguarda il requisito secondo cui una persona giuridica dev’essere direttamente interessata, secondo costante giurisprudenza esso richiede che siano soddisfatti due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (sentenze del 27 febbraio 2014, Stichting Woonlinie e a./Commissione, C‑133/12 P, EU:C:2014:105, punto 55, e del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

73      In particolare, come il Tribunale ha giustamente osservato al punto 50 della sentenza impugnata, un atto del diritto dell’Unione, che impedisca a una persona giuridica di diritto pubblico di esercitare, come essa intende fare, le sue competenze, produce direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale persona giuridica, sicché essa deve essere considerata come direttamente interessata da tale atto, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo) (C‑872/19 P, EU:C:2021:507), punto 69].

74      Di conseguenza, occorre verificare se il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nel giudicare che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 impedisce effettivamente alle città convenute nei procedimenti di impugnazione di esercitare le loro competenze di regolamentazione della circolazione dei veicoli passeggeri, secondo le modalità che esse intendono adottare, al fine di ridurre l’inquinamento, e pertanto che, tenuto conto del rapporto tra tale disposizione e il regolamento controverso, dette città devono essere considerate direttamente interessate da tale regolamento.

75      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, gli Stati membri «non vietano, limitano o impediscono l’immatricolazione, la vendita o la messa in circolazione su strada di veicoli, componenti o entità tecniche per motivi connessi ad aspetti della costruzione e del funzionamento contemplati dalla presente direttiva, se soddisfano i requisiti previsti da quest’ultima».

76      Nel caso di specie, il Tribunale ha giudicato, ai punti da 51 a 53 della sentenza impugnata, che normative adottate dalle autorità pubbliche degli Stati membri riguardanti tutti i veicoli, oppure una categoria di veicoli definita in base a criteri diversi da quelli oggetto delle disposizioni della direttiva 2007/46, dei suoi «atti normativi» e degli atti derivati di questi ultimi, non possono contravvenire all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, di tale direttiva. In particolare, il Tribunale ha precisato che non possono essere pregiudicate da tali atti dell’Unione la maggior parte delle normative del «codice della strada», nonché le misure restrittive della circolazione, come quelle che istituiscono zone pedonali, «giornate senza auto» o una circolazione alternata in caso di picchi di inquinamento. Nello stesso senso, il Tribunale ha considerato che un’autorità pubblica di uno Stato membro potrebbe attualmente, senza violare l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, imporre limitazioni alla circolazione in base al livello delle emissioni inquinanti per veicoli la cui categoria rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 715/2007 e che siano conformi, al massimo, soltanto alla norma EUR 5, in quanto tale norma e le precedenti norme EUR non sono più in vigore per effetto dell’applicazione di tale direttiva, essendo attualmente applicabile la norma EUR 6.

77      Per contro, come risulta in sostanza dai punti da 54 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che l’inserimento di un riferimento alla «circolazione su strada» all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 ha l’effetto di impedire ad un’autorità pubblica di uno Stato membro di imporre limitazioni di circolazione, basate sul livello delle emissioni inquinanti, ai veicoli che rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 715/2007 e che rispettino i valori NTE al momento delle prove RDE, poiché tali valori sono in vigore per effetto dell’adozione del regolamento controverso e, di conseguenza, siffatti veicoli soddisfano i requisiti derivanti da tale direttiva.

78      Al punto 76 della sentenza impugnata, cui fanno riferimento i punti 77, 79 e 80 della stessa sentenza, il Tribunale ha citato, come esempio di misura di limitazione della circolazione che, a suo avviso, non potrebbe quindi più essere introdotta dalle città convenute nei procedimenti di impugnazione a causa dell’adozione del regolamento controverso, una misura che, sulla base dei livelli di emissioni inquinanti dei veicoli, limitasse la circolazione di quelli che non rispettassero, al momento delle prove RDE, i limiti di emissioni di ossidi di azoto fissati nella norma EUR 6, ma che rispettassero tuttavia, al momento di tali prove, i valori NTE di emissioni di ossido di azoto definiti in tale regolamento, più elevati dei primi.

79      Infatti, come risulta dal punto 81 della sentenza impugnata, le città convenute nei procedimenti di impugnazione hanno dimostrato dinanzi al Tribunale, senza che ciò sia stato contestato in primo grado o nell’ambito delle presenti impugnazioni, che esse dispongono, in forza del diritto nazionale, di competenze per tutelare l’ambiente e la salute, in particolare per combattere l’inquinamento atmosferico, compresa la competenza a limitare, a tal fine, la circolazione automobilistica.

80      Occorre quindi verificare se il Tribunale potesse legittimamente interpretare l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 nel senso che esso limita l’esercizio di tali competenze nel modo indicato ai punti 77 e 78 della presente sentenza.

81      A questo proposito, occorre innanzitutto chiarire che, sebbene limitazioni della competenza, spettante alle città convenute nei procedimenti di impugnazione, di regolamentare la circolazione possano derivare dalle libertà e dai diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione, tale circostanza non impedisce di per sé che dette città siano direttamente interessate da un atto del diritto derivato dell’Unione relativo all’omologazione dei veicoli a motore.

82      Per quanto riguarda la correttezza dell’interpretazione seguita dal Tribunale dell’espressione «circolazione su strada» di cui all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, si deve ricordare che, in conformità ad una giurisprudenza costante, per interpretare una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte. Anche la genesi storica di una disposizione del diritto dell’Unione può rivelare elementi rilevanti per la sua interpretazione (sentenza del 2 settembre 2021, CRCAM, C‑337/20, EU:C:2021:671, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

83      In primo luogo, per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, è necessario evidenziare che, sebbene, alla luce del suo significato abituale, l’espressione «circolazione su strada» sembri riferirsi alla circolazione dei veicoli nel territorio di uno Stato membro, non si tratta dell’unica attività che, ai sensi di tale disposizione, non possa essere vietata dagli Stati membri, poiché detta disposizione menziona anche altre attività, le quali ugualmente non possono essere vietate, come l’«immatricolazione», la «vendita» o la «messa in circolazione» dei veicoli.

84      Orbene, come in sostanza sottolinea la Commissione, un divieto di vendita o di messa in circolazione costituisce un ostacolo generale all’accesso al mercato per i veicoli di cui trattasi. Lo stesso può valere per un divieto di immatricolazione. Pertanto, tutti tali divieti si riferiscono a ostacoli all’accesso dei veicoli al mercato.

85      In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, innanzitutto dal titolo stesso di tale direttiva si evince che essa ha lo scopo di istituire un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore, il che suggerisce che gli obblighi imposti agli Stati membri dalle disposizioni di tale direttiva, tra cui quelli previsti dal suo articolo 4, riguardano l’immissione in commercio di detti veicoli e non già la loro successiva circolazione.

86      Inoltre, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, si deve osservare che le formulazioni del primo e del secondo comma del paragrafo 3 dell’articolo 4 della direttiva 2007/46 sono complementari. Infatti, tali due commi si riferiscono, rispettivamente, a un obbligo positivo, che consente agli Stati membri di immatricolare e autorizzare la vendita e la messa in circolazione, in particolare, dei veicoli conformi alle prescrizioni di tale direttiva, e a un obbligo negativo, che impedisce agli Stati membri di vietare, limitare o impedire l’immatricolazione, la vendita o la messa in circolazione su strada di tali veicoli. Orbene, l’interpretazione seguita dal Tribunale avrebbe la conseguenza di ampliare considerevolmente la portata del secondo comma, che sarebbe in tal modo molto più ampia di quella del primo, il che sembra difficile da giustificare.

87      Infine, sebbene, come risulta dall’articolo 4 della direttiva 2007/46, i costruttori di veicoli a motore e le autorità nazionali di omologazione siano specificamente interessati dagli obblighi previsti da tale articolo, è pacifico che le città convenute nei procedimenti di impugnazione non dispongono di competenze in materia di omologazione di detti veicoli.

88      In terzo luogo, per quanto concerne l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2007/46, dal combinato disposto del suo articolo 1 e dei suoi considerando 2, 3 e 14 risulta che essa istituisce una procedura uniforme di omologazione dei veicoli nuovi, basata sul principio dell’armonizzazione totale per quanto riguarda le loro caratteristiche tecniche; i requisiti tecnici specifici relativi alla costruzione e al funzionamento dei veicoli sono fissati dalle prescrizioni specifiche di cui all’allegato IV a tale direttiva. Da tali disposizioni emerge che detto quadro armonizzato è finalizzato all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno, mirando nel contempo a garantire un elevato livello di sicurezza stradale assicurato dall’armonizzazione totale dei requisiti tecnici riguardanti, in particolare, la costruzione dei veicoli (sentenza del 20 marzo 2014, Commissione/Polonia, C‑639/11, EU:C:2014:173, punti 34 e 35).

89      Le considerazioni esposte ai punti da 83 a 88 della presente sentenza si oppongono all’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, quale seguita dal Tribunale, che consiste nell’attribuire una portata ampia ad un’espressione isolata nel testo di tale direttiva, al fine di suffragare la conclusione che tale disposizione osta a talune limitazioni locali in materia di circolazione dirette, in particolare, a tutelare l’ambiente.

90      L’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46, seguita dal Tribunale, non risulta neppure confermata dai lavori preparatori di tale disposizione. Infatti, mentre la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 luglio 2003, relativa all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli [COM(2003)418 final], non conteneva alcun riferimento alla «circolazione su strada», soltanto nella proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 ottobre 2004, relativa all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (rifusione) [COM(2004)738 final], è stato introdotto detto riferimento.

91      Orbene, da un lato, secondo la clausola 5 di tale proposta modificata, tale riferimento deve essere inteso come una «clausola di libera circolazione». Dall’altro lato, come risulta dal titolo stesso di detta clausola 5, le modifiche apportate in tal modo a detta proposta modificata miravano unicamente a chiarire gli obblighi degli Stati membri in materia di libera circolazione dei veicoli, dei componenti e delle entità tecniche omologati, non già ad estendere la portata di tali obblighi.

92      Pertanto, occorre notare che l’aggiunta di un riferimento alla «circolazione su strada» ha avuto lo scopo non già di ampliare l’ambito di applicazione della legislazione sull’omologazione dei veicoli, bensì soltanto di evitare che gli Stati membri eludessero il divieto di impedire l’accesso al mercato dei veicoli che rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2007/46 e che siano conformi ai requisiti di tale direttiva, dei suoi atti normativi e degli atti da essi derivati al momento dell’immatricolazione, dell’immissione in commercio o della messa in circolazione di tali veicoli.

93      Il Tribunale ha quindi interpretato l’espressione «circolazione su strada» di cui all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 in maniera isolata, il che contrasta sia con il contesto, in cui si inserisce tale disposizione, sia con gli obiettivi della normativa di cui essa fa parte, sia con la genesi di detta disposizione.

94      In tali circostanze, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 84 della sentenza impugnata, che, tenuto conto, da un lato, del fatto che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2007/46 limita l’esercizio dei poteri in capo alle città convenute nei procedimenti di impugnazione in materia di tutela della qualità dell’aria e l’uso che esse ne fanno nonché, dall’altro lato, del rapporto tra il regolamento controverso e tale disposizione, esse sono direttamente interessate da detto regolamento e, di conseguenza, quest’ultimo le riguarda direttamente ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

95      Inoltre, né alcun altro motivo dedotto dalle città convenute nei procedimenti di impugnazione né alcuna considerazione formulata dal Tribunale nella sentenza impugnata consentono di avvalorare la conclusione di quest’ultimo, secondo cui le città convenute nei procedimenti di impugnazione sarebbero direttamente interessate dal regolamento controverso.

96      In particolare, sotto un primo profilo, in relazione al fatto che le città convenute nei procedimenti di impugnazione prospettano la possibilità che, nel caso in cui esse adottino, in materia di circolazione, una normativa contraria al combinato disposto del regolamento controverso e dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2007/46, venga proposto un ricorso per inadempimento contro uno degli Stati membri ai quali appartengono, e benché esse precisino che tale possibilità costituisce un effetto direttamente derivante da detto regolamento, che implica che esse debbano essere considerate direttamente interessate da quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, il loro argomento non può essere accolto.

97      Infatti, tale argomento, proprio come la valutazione di cui al punto 79 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza di siffatta possibilità, si basa sulla premessa che l’adozione, da parte delle città convenute nei procedimenti di impugnazione, di una normativa che limiti la circolazione locale di taluni veicoli allo scopo di tutelare l’ambiente potrebbe violare il divieto previsto dal combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2007/46 con il regolamento controverso. Orbene, come risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 80 a 93 della presente sentenza, tale premessa è errata.

98      Lo stesso vale per le considerazioni esposte dal Tribunale ai punti 77 e 78 della sentenza impugnata secondo cui, in sostanza, i giudici nazionali degli Stati membri sarebbero indotti ad annullare, per contrasto con il regolamento controverso in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2007/46, un atto adottato da una città, che limiti la circolazione su strada di veicoli per motivi connessi al loro livello di emissioni, ancorché tali veicoli siano conformi ai requisiti previsti dal regolamento controverso. Infatti, anche tali considerazioni si basano sull’errata premessa menzionata nel punto precedente, sicché neppure queste ultime sono idonee a dimostrare che le città convenute nei procedimenti di impugnazione siano direttamente interessate da detto regolamento.

99      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento dedotto dalla Ville de Bruxelles, come illustrato al punto 54 della presente sentenza, è sufficiente osservare che, contrariamente a quanto sembra aver ritenuto il Tribunale al punto 83 della sentenza impugnata, il fatto che la Commissione abbia avviato procedimenti per inadempimento nei confronti del Regno del Belgio, del Regno di Spagna o della Repubblica francese a causa della presunta inadeguatezza della qualità dell’aria nei loro rispettivi territori rispetto alle prescrizioni della direttiva 2008/50, anche per quanto riguarda il livello degli ossidi di azoto, non può essere considerato un effetto direttamente derivante dal regolamento controverso. Infatti, dato che, come risulta dal punto 94 della presente sentenza, tale regolamento non impedisce alle città convenute nei procedimenti di impugnazione di esercitare le proprie competenze di regolamentazione della circolazione secondo le modalità che esse intendano adottare allo scopo, in particolare, di tutelare l’ambiente, non si può ritenere che tale regolamento abbia un’incidenza diretta sulla possibilità che gli Stati membri, di cui tali città fanno parte, siano convenuti dinanzi alla Corte, o addirittura condannati da quest’ultima, in un procedimento per inadempimento per inosservanza dei loro obblighi in materia di ambiente.

100    Sotto un terzo profilo, neppure gli esempi, citati dal Tribunale al punto 82 della sentenza impugnata, di misure di limitazione della circolazione già adottate dalle città convenute nei procedimenti di impugnazione, come quella attuata dalla Ville de Paris per limitare la circolazione nel suo territorio dei veicoli che non rispettano una determinata norma EUR, rimettono in discussione le considerazioni contenute al punto 94 della presente sentenza, poiché la questione se tali città abbiano effettivamente adottato normative, che secondo il Tribunale ricadono nel divieto di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2007/46 a seguito dell’adozione del regolamento controverso, non fa venir meno l’erroneità dell’interpretazione di tale disposizione seguita dal Tribunale ai fini della valutazione della ricevibilità dei ricorsi proposti dinanzi ad esso, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE

101    Ne consegue che il primo motivo nella causa C‑177/19 P e la seconda parte del primo motivo nella causa C‑178/19 P devono essere accolti.

102    Orbene, dalla formulazione stessa dell’articolo 263, quarto comma, TFUE risulta che la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto, ai sensi di tale disposizione, da una persona fisica o giuridica, che non sia destinataria dell’atto impugnato, è subordinata alla condizione che tale persona sia direttamente interessata da detto atto.

103    In tali circostanze, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui il Tribunale ha respinto le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione e ha dichiarato ricevibili i ricorsi in primo grado.

 Sui ricorsi in primo grado

104    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Nel caso di specie, la Corte ritiene che le cause siano mature per la decisione e che, in particolare, si debba statuire definitivamente sulla ricevibilità dei ricorsi di annullamento.

105    Per quanto riguarda le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione, è necessario rilevare che, per i motivi esposti ai punti da 82 a 101 della presente sentenza, le città ricorrenti in primo grado non possono, contrariamente a quanto esse sostengono, essere considerate direttamente interessate dal regolamento controverso.

106    Poiché, come risulta dal punto 102 della presente sentenza, la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto, ai sensi di tale disposizione, da una persona fisica o giuridica, che non sia destinataria dell’atto impugnato, è subordinata alla condizione che tale persona sia direttamente interessata da detto atto, le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione devono essere accolte.

107    Di conseguenza, i ricorsi di annullamento proposti rispettivamente dalla Ville de Paris, dalla Ville de Bruxelles e dall’Ayuntamiento de Madrid devono essere dichiarati irricevibili.

 Sulle spese

108    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

109    L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

110    Inoltre, l’articolo 184, paragrafo 3, di detto regolamento prevede che, quando è accolta l’impugnazione proposta da uno Stato membro non intervenuto nella controversia dinanzi al Tribunale, la Corte può disporre che le spese vengano ripartite fra le parti o che la parte ricorrente vincitrice rimborsi a una parte soccombente le spese che la sua impugnazione le ha provocato. Nel caso di specie, occorre statuire che ciascuna parte sopporterà le proprie spese relative alle impugnazioni.

111    Tenuto poi conto dell’annullamento della sentenza impugnata e dell’irricevibilità dei ricorsi in primo grado, occorre condannare la Ville de Bruxelles, la Ville de Paris e l’Ayuntamiento de Madrid a farsi carico, oltre alle proprie spese relative al procedimento di primo grado e alle impugnazioni, di quelle sostenute dalla Commissione in relazione al procedimento di primo grado, conformemente alle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 dicembre 2018, Ville de Paris, Ville de Bruxelles e Ayuntamiento de Madrid/Commissione (T‑339/16, T‑352/16 e T‑391/16, EU:T:2018:927), è annullata.

2)      I ricorsi di annullamento nelle cause riunite T‑339/16, T‑352/16 e T‑391/16, proposti, rispettivamente, dalla Ville de Paris, dalla Ville de Bruxelles e dall’Ayuntamiento de Madrid, sono respinti in quanto irricevibili.

3)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese relative alle impugnazioni.

4)      La Ville de Paris, la Ville de Bruxelles e l’Ayuntamiento de Madrid si fanno carico, oltre che delle proprie spese relative al procedimento di primo grado e alle impugnazioni, di quelle sostenute dalla Commissione europea in relazione al procedimento di primo grado.

Firme


*      Lingue processuali: lo spagnolo e il francese.