Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 5 dicembre 2006
C-94/04 e C‑202/04 Federico
Cipolla e a. – Rosaria Portolese in Fazari e a.
Nei procedimenti riuniti C‑94/04 e C‑202/04,
aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia
pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla
Corte d’appello di Torino e dal Tribunale di Roma con decisioni 4 febbraio 2004
e 5 maggio 2004, da un lato, e 7 aprile 2004, dall’altro, pervenute in
cancelleria, rispettivamente, il 25 febbraio 2004 e il 18 maggio 2004,
nonché il 6 maggio 2004, nelle cause
Federico Cipolla (C‑94/04)
contro
Rosaria Portolese in Fazari,
e
Stefano Macrino,
Claudia Capodarte (C‑202/04)
contro
Roberto Meloni,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris,
presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, R. Schintgen,
J. Klučka, presidenti di sezione, dai
sigg. J. Malenovský, U. Lỡhmus (relatore) ed E. Levits,
giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares
Maduro
cancelliere: sig.ra L. Hewlett,
amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
alla trattazione orale del 25 ottobre 2005,
considerate le osservazioni presentate:
– per il
sig. Cipolla, dall’avv. G. Cipolla;
– per
l’avv. Meloni, dagli avv.ti S. Sabbatini, D. Condello, G. Scassellati Sforzolini e G. Rizza;
– per il
governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal
sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;
– per il
governo tedesco, dai sigg. A. Dittrich, C.‑D. Quassowski e
M. Lumma, in qualità di agenti;
– per il
governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in
qualità di agente;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 1° febbraio 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione degli
artt. 10 CE, 49 CE, 81 CE e 82 CE.
2 Tali
domande sono state proposte nell’ambito di controversie tra due avvocati e i
relativi clienti per il pagamento degli onorari.
Contesto normativo
3 Ai sensi
del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 (GURI n. 281 del
5 dicembre 1933), convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36
(GURI n. 24 del 30 gennaio 1934), come successivamente modificato (in
prosieguo: il «regio decreto legge»), il Consiglio nazionale forense (in
prosieguo: il «CNF»), istituito presso il Ministero della Giustizia, è composto
di avvocati eletti dai loro colleghi, in numero di uno per ciascun distretto di
Corte d’appello.
4 L’art. 57
del regio decreto legge prevede che i criteri per la determinazione degli
onorari e delle indennità dovuti agli avvocati ed ai procuratori in materia
civile, penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni due anni con deliberazione
del CNF. Dopo essere stata deliberata dal CNF, la tariffa forense (in
prosieguo: la «tariffa») deve, ai sensi della normativa italiana, essere
approvata dal Ministro della Giustizia, sentiti il Comitato interministeriale
dei prezzi (in prosieguo: il «CIP») e il Consiglio di Stato.
5 Ai sensi
dell’art. 58 del regio decreto legge, tali criteri sono stabiliti con
riferimento al valore delle controversie e al grado dell’autorità chiamata a
conoscerne, nonché, per i giudizi penali, alla durata degli stessi. Per ogni
atto o serie di atti la tariffa fissa un limite massimo ed un limite minimo
degli onorari.
6 L’art. 60
del regio decreto legge stabilisce che la liquidazione degli onorari è fatta
dall’autorità giudiziaria sulla base dei citati criteri, tenendo conto della
gravità e del numero delle questioni trattate. Tale liquidazione deve
mantenersi all’interno dei limiti massimi e minimi previamente fissati.
Tuttavia, nei casi di eccezionale importanza, tenuto conto della specialità
delle controversie e qualora il pregio intrinseco dell’opera lo giustifichi, il
giudice può oltrepassare il limite massimo determinato dalla tariffa. Viceversa
egli può, quando la causa risulta di facile trattazione, fissare onorari in
misura inferiore al limite minimo. In entrambi i casi la decisione del giudice dev’essere motivata.
7 Ai sensi
dell’art. 2233 del codice civile italiano, in via generale, il compenso
nell’ambito di un contratto per la prestazione di servizi, se non è convenuto
dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è
fissato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il
professionista appartiene. Tuttavia, relativamente alla professione di
avvocato, l’art. 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (GURI
n. 172 del 23 luglio 1942) stabilisce, a pena di nullità di ogni accordo
contrario, che non sono derogabili gli onorari minimi stabiliti dalla tariffa
per le prestazioni di avvocato. Secondo la giurisprudenza della Corte suprema
di cassazione, tale norma si applica anche alle prestazioni stragiudiziali
degli avvocati.
8 La
tariffa in esame nella causa C‑202/04 è stata fissata con delibera del
CNF del 12 giugno 1993, come modificata il 29 settembre 1994, ed è stata
approvata con decreto ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585 (GURI
n. 247 del 21 ottobre 1994). L’art. 2 di tale decreto stabilisce che
«gli aumenti di cui alle allegate tabelle decorrono dal 1° ottobre 1994,
per il 50 %, e, per il restante 50%, dal 1° aprile 1995». Tale
aumento scaglionato nel tempo trova la sua origine nelle osservazioni formulate
dal CIP, fondate in particolare sull’aumento dell’inflazione. Prima di
approvare la tariffa il Ministro della Giustizia aveva nuovamente consultato il
CNF che, nella seduta del 29 settembre 1994, aveva accettato la proposta di
differimento dell’applicazione della tariffa.
9 La
tariffa comprende tre categorie di compensi, vale a dire gli onorari, i diritti
e le indennità per prestazioni giudiziali in materia civile e amministrativa,
gli onorari per prestazioni giudiziali in materia penale e gli onorari e le
indennità per prestazioni stragiudiziali.
Cause principali e
questioni pregiudiziali
Causa C‑94/04
10 La sig.ra Portolese in Fazari e altri due
proprietari di terreni confinanti situati nel Comune di Moncalieri si sono
rivolti all’avv. Cipolla per avviare un procedimento contro tale Comune al
fine di ottenere il pagamento di un’indennità per l’occupazione d’urgenza di
tali terreni, disposta con provvedimento unico del sindaco di Moncalieri e non
seguita da provvedimento di espropriazione. L’avv. Cipolla ha predisposto
tre atti di citazione distinti, iscrivendo al ruolo del Tribunale di Torino tre
procedimenti contro tale Comune.
11 La controversia è
stata in seguito risolta con una transazione, a cui si è giunti grazie
all’iniziativa diretta di uno dei proprietari interessati, senza però
l’intervento dell’avv. Cipolla.
12 Quest’ultimo, il
quale aveva ottenuto, prima della redazione e della notificazione dei tre atti
di citazione, una somma di 1 850 000 lire italiane (ITL) da parte di
ciascuno dei tre attori della causa principale, apparentemente a titolo di
pagamento anticipato per le sue prestazioni professionali, ha emesso nei
confronti della sig.ra Portolese una parcella per
ITL 4 125 000, a copertura dei propri onorari e di spese
diverse. La sig.ra Portolese ha rifiutato di pagare
tale somma. Investito della conseguente controversia, il Tribunale di Torino,
con sentenza 12 giugno
13 Dal provvedimento
del giudice del rinvio risulta che, nell’ambito della controversia ad esso
sottoposta, si pone il problema di determinare se, qualora sia dimostrata
l’esistenza di un accordo tra le parti relativamente alla remunerazione
forfettaria dell’avvocato, tale presunto accordo, concluso per la somma complessiva
di ITL 1 850 000, possa essere, nonostante la normativa
italiana, ritenuto valido, in quanto una sua sostituzione d’ufficio con un
compenso per l’avvocato calcolato sulla base della tariffa non sarebbe conforme
alle norme comunitarie in materia di concorrenza.
14 Il giudice del
rinvio osserva inoltre che, nel caso in cui un professionista non residente in
Italia fornisse una prestazione di servizi legali ad un destinatario residente
in tale Stato membro sulla base di un contratto soggetto alla legge italiana,
la prestazione di servizi legali sarebbe soggetta al divieto assoluto di
derogare ai compensi determinati dalla tariffa. Pertanto, in tal caso, dovrebbe
essere applicato l’importo minimo obbligatorio. Tale divieto avrebbe dunque
l’effetto di ostacolare l’accesso di altri avvocati al mercato dei servizi
italiano.
15 Alla luce di quanto
sopra,
«1) Se il
principio della concorrenza del diritto comunitario, di cui agli
artt. 10 [CE], 81 [CE] e 82 (…) CE si applichi anche
all’offerta dei servizi legali.
2) Se detto
principio comporti, o meno, la possibilità di convenire fra le parti la
remunerazione dell’avvocato, con effetto vincolante.
3) Se comunque
detto principio impedisca, o meno, l’inderogabilità assoluta dei compensi
forensi.
4) Se il
principio di libera circolazione dei servizi, di cui agli
artt. 10 [CE] e 49 (…) CE si applichi anche all’offerta dei
servizi legali.
5) In caso
positivo, se detto principio sia, o meno, compatibile con la inderogabilità
assoluta dei compensi forensi».
Causa C‑202/04
16 Sulla base di un
parere dell’ordine degli avvocati e in applicazione della tariffa,
l’avv. Meloni ha chiesto e ottenuto, nei confronti della sig.ra Capodarte e del sig. Macrino,
un decreto ingiuntivo per il pagamento degli onorari relativi a talune
prestazioni stragiudiziali che egli aveva effettuato a loro favore in materia
di diritto d’autore, tra le quali rientravano, in particolare, alcuni pareri
espressi oralmente e alcune lettere inviate all’avvocato della controparte.
17 La sig.ra Capodarte e il sig. Macrino hanno
proposto opposizione a tale decreto ingiuntivo dinanzi al Tribunale di Roma
sostenendo, in particolare, il carattere sproporzionato degli onorari chiesti
dall’avv. Meloni in relazione all’importanza dell’affare trattato e alle
prestazioni effettivamente svolte da quest’ultimo.
18 Al fine di
determinare l’importo degli onorari dovuti all’avv. Meloni per tali
prestazioni, il Tribunale di Roma ritiene che si debba verificare se la
tariffa, in quanto applicabile agli avvocati in materia stragiudiziale, sia
compatibile con le norme del Trattato CE, tenuto conto, in particolare,
del fatto che gli interessati, per ottenere le prestazioni di assistenza
stragiudiziale in questione, non erano tenuti a rivolgersi ad un avvocato.
19 Di conseguenza, il
Tribunale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se gli artt. 5 e 85 del Trattato CE
(divenuti artt. 10 [CE] e 81 CE) ostino all’adozione da parte di uno
Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base
di un progetto stabilito da un ordine professionale forense, una tariffa che
fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell’ordine con
riferimento a prestazioni aventi ad oggetto attività (c.d. stragiudiziali) non
riservate agli appartenenti all’ordine professionale forense ma che possono
essere espletate da chiunque».
20 Alla luce della
connessione delle due cause principali, le stesse, ai sensi dell’art. 43
del regolamento di procedura, in combinato disposto con l’art. 103 del
medesimo, devono essere riunite ai fini della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
Causa C‑94/04
– Osservazioni
presentate alla Corte
21 Secondo
l’avv. Cipolla, le questioni proposte dal giudice del rinvio sono
irricevibili in quanto, da un lato, non sono rilevanti per la risoluzione della
causa principale e, dall’altro, hanno carattere ipotetico.
22 Quanto alla prima
eccezione di irricevibilità, l’avv. Cipolla
sostiene che il diritto nazionale applicabile non richiede che il giudice
nazionale valuti l’esistenza e la legittimità di un accordo tra l’avvocato e la
sua cliente, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza di rinvio.
Infatti, l’assenza di accordo fra questi ultimi e la qualificazione come
«acconto» della somma versata dalla cliente a titolo di pagamento delle
prestazioni avrebbero autorità di giudicato, non essendo state contestate in
appello.
23 Quanto alla seconda
eccezione di irricevibilità, l’avv. Cipolla
sostiene che la validità dell’accordo concluso tra l’avvocato e la sua cliente
dovrebbe essere valutata solo qualora fosse dimostrata l’esistenza di tale
accordo. Orbene, ciò non risulterebbe nella fattispecie. Pertanto le questioni
proposte dalla Corte d’appello di Torino sarebbero assimilabili a una domanda
di parere consultivo.
24 Il governo tedesco
ritiene che l’art. 49 CE non sia applicabile poiché la situazione di
fatto oggetto della causa principale non contiene elementi di internazionalità.
– Giudizio
della Corte
25 Per quanto riguarda
le eccezioni di irricevibilità sollevate
dall’avv. Cipolla, si deve ricordare che le questioni relative
all’interpretazione del diritto comunitario proposte dal giudice nazionale
nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la
propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza,
godono di una presunzione di rilevanza (v. sentenza 15 maggio 2003, causa C‑300/01,
Salzmann, Racc. pag. I‑4899,
punti 29 e 31). Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta
da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto
che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto
con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia
di tipo ipotetico o, ancora, qualora
26 Ebbene, tale
presunzione di rilevanza non può essere messa in discussione dalla semplice
circostanza che una delle parti nella causa principale contesti taluni fatti,
come quelli rilevati al punto 22 della presente sentenza, di cui non spetta
alla Corte verificare l’esattezza e dai quali dipende la definizione
dell’oggetto della controversia.
27 Si deve pertanto
rilevare che, come risulta dalla decisione di rinvio, la causa principale
riguarda la necessità di determinare se l’accordo concluso tra una cliente e il
suo avvocato, relativamente al compenso forfettario di quest’ultimo, esista e
debba essere ritenuto valido, in quanto la sua sostituzione d’ufficio con un
calcolo del compenso dell’avvocato sulla base della tariffa vigente nello Stato
membro interessato non sarebbe conforme alle norme comunitarie in materia di
concorrenza.
28 Si deve a tale
proposito rilevare che non appare manifesto che l’interpretazione delle regole
comunitarie richiesta dal giudice del rinvio sia priva di ogni rapporto con
l’effettività o l’oggetto della causa principale, né che le questioni relative
all’interpretazione di tali regole siano ipotetiche.
29 Pertanto, anche
qualora si ritenesse non dimostrata l’esistenza dell’accordo di cui trattasi
nella causa principale, non si può escludere che l’interpretazione del diritto
comunitario richiesta dal giudice del rinvio, che può consentire a quest’ultimo
di valutare la compatibilità della tariffa con le norme sulla concorrenza
fissate dal Trattato, possa essere utile a tale giudice per decidere la
controversia ad esso sottoposta. Essa, infatti, riguarda essenzialmente la
liquidazione degli onorari di avvocato che, come rilevato al punto 5 della
presente sentenza, è compiuta dall’autorità giudiziaria mantenendosi, salvo
eccezioni, nei limiti massimo e minimo previamente fissati dal Ministro della
Giustizia.
30 Per quanto infine
riguarda più specificamente le questioni relative all’interpretazione
dell’art. 49 CE, sebbene sia pacifico che tutti gli elementi della
controversia sottoposta al giudice del rinvio sono limitati all’interno di un
unico Stato membro, una risposta può tuttavia essere utile al giudice del
rinvio, in particolare nel caso in cui il diritto nazionale imponga, in un
procedimento come quello in esame, di riconoscere ad un cittadino italiano gli
stessi diritti di cui godrebbe nella medesima situazione, in base al diritto
comunitario, un cittadino di uno Stato diverso dalla Repubblica italiana (v.,
in particolare, sentenza 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari
Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 29).
31 Si deve dunque
verificare se le disposizioni del Trattato in materia di libera prestazione dei
servizi, la cui interpretazione è richiesta dal summenzionato giudice, ostino
all’applicazione di una normativa nazionale come quella in esame nella causa
principale, nella misura in cui essa sia applicabile a soggetti residenti in
Stati membri diversi dalla Repubblica italiana.
32 Alla luce di quanto
sopra, si deve rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Causa C‑202/04
– Osservazioni
proposte alla Corte
33 L’avv. Meloni
eccepisce l’irricevibilità della questione sollevata
dal Tribunale di Roma poiché non vi sarebbe alcun legame fra tale questione e
la soluzione della controversia sottoposta a tale giudice, controversia che ha
ad oggetto l’applicazione della tariffa ad una prestazione di servizi
stragiudiziali svolta da un avvocato iscritto all’albo.
34 Inoltre, il giudice
del rinvio non avrebbe indicato le ragioni precise che l’hanno indotto a
interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario.
35 Il governo italiano sostiene
che, qualora le parti non abbiano fissato per contratto gli onorari, e il
cliente contesti quelli fatturati unilateralmente dal professionista, come
nella causa principale, spetta al giudice investito della controversia in base
al diritto italiano determinarli liberamente. Pertanto, il problema della
compatibilità della tariffa per le prestazioni di servizi stragiudiziali degli
avvocati con gli artt. 10 CE e 81 CE sarebbe irrilevante ai fini
della soluzione della causa principale.
36 Tale governo
contesta anche la pertinenza della questione posta dal giudice del rinvio,
poiché nella causa principale non si è in presenza di alcuna pratica
anticoncorrenziale, né al momento dell’elaborazione della tariffa né a causa
del comportamento degli operatori.
– Giudizio
della Corte
37 Per quanto riguarda
la prima eccezione di irricevibilità sollevata
dall’avv. Meloni, si deve ricordare che la controversia riguarda
l’applicazione della tariffa ad una prestazione di servizi stragiudiziali
effettuata da un avvocato iscritto all’albo. Con la propria questione il
giudice nazionale chiede se le norme sulla concorrenza ostino a tale
applicazione, dal momento che la tariffa stessa non sarebbe applicabile ad una
prestazione di servizi stragiudiziali effettuata da un soggetto non iscritto
all’albo. Pertanto, la presunzione di rilevanza di cui godono le questioni
relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice
nazionale non può essere messa in discussione.
38 Non può essere accolta
neppure l’eccezione di irricevibilità basata sul
fatto che il giudice del rinvio non avrebbe indicato le ragioni precise che
l’hanno indotto ad interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario.
Secondo la giurisprudenza della Corte, è indispensabile che il giudice
nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sulle ragioni della scelta delle
norme comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul rapporto che egli
ritiene esista fra tali disposizioni e il diritto nazionale applicabile alla
controversia (v., in particolare, ordinanza 28 giugno 2000, causa C‑116/00,
Laguillaumie, Racc. pag. I‑4979,
punto 16). Ora, il provvedimento di rinvio soddisfa pienamente tale
esigenza, come ha del resto osservato l’avvocato generale al paragrafo 24 delle
sue conclusioni.
39 Per quanto riguarda
la prima eccezione di irricevibilità fatta valere dal
governo italiano, è necessario osservare che il giudice del rinvio muove dalla
premessa secondo cui, nell’ambito della controversia ad esso sottoposta, tale
giudice ha il dovere, in base al diritto italiano, di determinare gli onorari
dovuti all’avvocato riferendosi alla tariffa applicabile agli avvocati in
materia stragiudiziale.
40 Ebbene, come è stato
ricordato al punto 25 della presente sentenza, non spetta alla Corte
verificare l’esattezza del quadro normativo e fattuale definito dal giudice
nazionale, in cui si inseriscono le questioni relative all’interpretazione del
diritto comunitario che tale giudice sottopone alla Corte.
41 Pertanto, la presunzione
di rilevanza di cui gode la questione sottoposta alla Corte non può essere
vinta.
42 Per quanto riguarda
la seconda eccezione di irricevibilità sollevata dal
governo italiano, si deve ricordare, come è stato osservato al punto 37
della presente sentenza, che il giudice del rinvio chiede, con la propria
questione, se le norme sulla concorrenza fissate dal Trattato ostino
all’applicazione della tariffa nella controversia sottoposta a tale giudice.
Pertanto, la verifica dell’esistenza di una pratica anticoncorrenziale nella
causa principale rientra nell’oggetto stesso della questione interpretativa
proposta dal giudice del rinvio e non può, nella specie, essere considerata
irrilevante.
43 Ne consegue che la
domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Roma è ricevibile.
Nel merito
Sulle prime tre questioni sollevate nella
causa C‑94/04 e sulla questione sollevata nella causa C‑202/04
44 Con tali questioni,
che devono essere esaminate congiuntamente, riformulandole in modo da tenere
conto degli elementi rilevanti delle due cause, in particolare del fatto che,
nell’ambito delle cause principali, si discute degli onorari minimi, i giudici
del rinvio chiedono, in sostanza, se gli artt. 10 CE, 81 CE e
82 CE ostino all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un
provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un
ordine professionale forense come il CNF, una tariffa che fissi un limite
minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile
derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati, né per quelle, come le
prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da altri
operatori economici non vincolati da tale tariffa.
45 Si deve
preliminarmente osservare che, interessando l’intero territorio di uno Stato
membro, tale tariffa è in grado di pregiudicare il commercio tra gli Stati
membri ai sensi degli artt. 81, n. 1, CE e 82 CE (v., in tal
senso, sentenze 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereniging
van Cementhandelaren/Commissione,
Racc. pag. 977, punto 29; 10 dicembre 1991, causa C‑179/90,
Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I‑5889, punti
14 e 15, e 19 febbraio 2002, causa C‑35/99, Arduino,
Racc. pag. I‑1529, punto 33).
46 Secondo costante giurisprudenza,
sebbene di per sé gli artt. 81 CE e 82 CE riguardino esclusivamente
la condotta delle imprese e non le disposizioni legislative o regolamentari
emanate dagli Stati membri, è pur vero che tali articoli, in combinato disposto
con l’art. 10 CE, che instaura un dovere di collaborazione, obbligano
gli Stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di
natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare l’effetto utile delle
regole di concorrenza applicabili alle imprese (v., in particolare, ordinanza
17 febbraio 2005, causa C‑250/03, Mauri, Racc. pag. I‑1267,
punto 29, e giurisprudenza ivi citata).
47
48 A tale proposito, la
circostanza che uno Stato membro affidi ad un’organizzazione professionale
composta di avvocati, come il CNF, l’elaborazione di un progetto di tariffa per
gli onorari non appare, nelle circostanze della causa principale, tale da poter
affermare che tale Stato abbia revocato alla tariffa infine adottata il suo
carattere statale, delegando ad avvocati la responsabilità di assumere decisioni
in materia.
49 Infatti, sebbene la
normativa nazionale in discussione nella causa principale non contenga modalità
procedurali, né prescrizioni di merito idonee a garantire, con una probabilità
ragionevole, che il CNF si comporti, in sede di elaborazione del progetto di
tariffa, come un’articolazione del potere pubblico che agisce per obiettivi di
interesse generale, non risulta che lo Stato italiano abbia rinunciato ad
esercitare il suo potere di decisione in ultima istanza o a controllare l’applicazione
di tale tariffa (v. sentenza Arduino, cit., punti 39 e 40).
50 Da un lato, il CNF è
incaricato soltanto di approntare un progetto di tariffa privo, in quanto tale,
di forza vincolante. In mancanza di approvazione da parte del Ministro della
Giustizia, il progetto di tariffa non entra in vigore, e resta in vigore la
tariffa precedentemente approvata. Per questo motivo, tale Ministro ha il
potere di far emendare il progetto da parte del CNF. Inoltre, il Ministro è
assistito da due organi pubblici, il Consiglio di Stato ed il CIP, dai quali
deve ottenere il parere prima di qualsiasi approvazione della tariffa (v.
sentenza Arduino, cit., punto 41).
51 Dall’altro,
l’art. 60 del regio decreto legge dispone che la liquidazione degli
onorari è effettuata dagli organi giudiziari in base ai criteri stabiliti
dall’art. 57 del medesimo regio decreto legge, tenuto conto della gravità
e del numero di questioni trattate. Inoltre, in talune circostanze eccezionali,
il giudice può, con una decisione debitamente motivata, derogare ai limiti
minimi fissati in applicazione dell’art. 58 del citato regio decreto legge
(v., in tal senso, sentenza Arduino, cit., punto 42).
52 Pertanto, non si può
ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere
delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di
intervento nel settore economico, il che avrebbe portato a privare del suo
carattere pubblico la normativa di cui trattasi nella causa principale (v.
sentenza Arduino, cit., punto 43, e ordinanza Mauri, cit., punto 36).
53 Per le ragioni
indicate ai punti 50 e 51 della presente sentenza, non può essere nemmeno
contestato allo Stato in questione di imporre o di favorire la conclusione, da
parte del CNF, di intese in contrasto con l’art. 81 CE, o di
rinforzarne gli effetti, né di imporre o di favorire abusi di posizione
dominante in contrasto con l’art. 82 CE o di rafforzarne gli effetti
(v., in tal senso, sentenza Arduino, cit., punto 43, e ordinanza Mauri,
cit., punto 37).
54 Le prime tre
questioni sollevate nell’ambito della causa C‑94/04 e la questione
sollevata nell’ambito della causa C‑202/04 devono dunque essere risolte
dichiarando che gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano all’adozione,
da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla
base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il CNF,
una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui,
in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni
riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi
stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore
economico non vincolato da tale tariffa.
Sulla quarta e sulla quinta questione
sollevate nell’ambito della causa C‑94/04
55 Con tali due
questioni,
56 Si deve ricordare
che l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi
discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro
Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di
qualsiasi restrizione, anche qualora tale restrizione si applichi
indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli di altri Stati membri,
quando sia tale da vietare o rendere più difficili le attività del prestatore
stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi
analoghi (v., in particolare, sentenze 29 novembre 2001, causa C‑17/00,
De Coster, Racc. pag. I‑9445,
punto 29, nonché 8 settembre 2005, cause riunite C‑544/03 e C‑545/03,
Mobistar e Belgacom Mobile,
Racc. pag. I‑7723, punto 29).
57 Inoltre,
58 Ora, il divieto di
derogare convenzionalmente ai minimi tariffari, come previsto dalla
legislazione italiana, può rendere più difficile l’accesso degli avvocati
stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana al mercato
italiano dei servizi legali, ed è in grado quindi di ostacolare l’esercizio
delle loro attività di prestazione di servizi in quest’ultimo Stato membro.
Tale divieto si rivela pertanto una restrizione ai sensi dell’art. 49 CE.
59 Il detto divieto,
infatti, priva gli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla
Repubblica italiana della possibilità di fornire, chiedendo onorari inferiori a
quelli tariffari, una concorrenza più efficace nei confronti degli avvocati
stabiliti permanentemente nello Stato membro in questione, i quali dispongono,
per tale ragione, di una maggiore facilità di crearsi una clientela rispetto
agli avvocati stabiliti all’estero (v., per analogia, sentenza 5 ottobre 2004,
causa C‑442/02, CaixaBank France,
Racc. pag. I‑8961, punto 13).
60 Allo stesso modo, il
divieto citato limita la scelta dei destinatari di servizi in Italia, poiché
questi ultimi non possono ricorrere ai servizi di avvocati stabiliti in altri
Stati membri che potrebbero offrire in Italia le loro prestazioni ad un prezzo
inferiore ai minimi tariffari.
61 Tuttavia, un simile
divieto può essere giustificato qualora risponda a ragioni imperative di
interesse pubblico, purché sia idoneo a garantire il conseguimento dello scopo
perseguito e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo
(v., in particolare, sentenze 5 giugno 1997, causa C‑398/95, SETTG,
Racc. pag. I‑3091, punto 21, e Servizi Ausiliari Dottori
Commercialisti, cit., punto 37).
62 Per giustificare la
restrizione della libera prestazione dei servizi derivante dal divieto in
questione, il governo italiano sostiene che un’eccessiva competizione tra
avvocati rischierebbe di condurre ad una concorrenza sui prezzi che
comporterebbe un peggioramento della qualità dei servizi forniti, e ciò a danno
dei consumatori, in particolare in quanto soggetti di diritto aventi necessità
di un’assistenza di qualità dinanzi alla giustizia.
63 Secondo
64 A tal riguardo si
deve osservare che la tutela, da un lato, dei consumatori, in particolare dei
destinatari dei servizi giudiziali forniti da professionisti operanti nel
settore della giustizia, e, dall’altro, della buona amministrazione della
giustizia sono obiettivi che rientrano tra quelli che possono essere ritenuti
motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una
restrizione della libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze 12
dicembre 1996, causa C‑3/95, Reisebüro Broede, Racc. pag. I‑6511, punto 31 e
giurisprudenza ivi citata, nonché 21 settembre 1999, causa C‑124/97, Läärä e a., Racc. pag. I‑6067,
punto 33), alla duplice condizione che il provvedimento nazionale di cui
si discute nella causa principale sia idoneo a garantire la realizzazione
dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario per raggiungere
l’obiettivo medesimo.
65 Spetta al giudice
del rinvio determinare se, nella causa principale, la restrizione della libera
prestazione dei servizi creata dalla normativa nazionale rispetti tali
condizioni. A tal fine, detto giudice dovrà tenere conto degli elementi
indicati nei punti seguenti.
66 Egli dovrà pertanto
verificare, in particolare, se vi sia una relazione tra il livello degli
onorari e la qualità delle prestazioni fornite dagli avvocati e se, in
particolare, la determinazione di tali onorari minimi costituisca un
provvedimento adeguato per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, vale a
dire la tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia.
67 Se è vero che una
tariffa che fissi onorari minimi non può impedire ai membri della professione
di fornire servizi di qualità mediocre, non si può escludere a priori che tale
tariffa consenta di evitare che gli avvocati siano indotti, in un contesto come
quello del mercato italiano, il quale, come risulta dal provvedimento di
rinvio, è caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di
avvocati iscritti ed in attività, a svolgere una concorrenza che possa tradursi
nell’offerta di prestazioni al ribasso, con il rischio di un peggioramento della
qualità dei servizi forniti.
68 Dovrà anche essere
tenuto conto delle peculiarità sia del mercato in questione, le quali sono
state ricordate al punto precedente, che dei servizi in esame e, in
particolare, del fatto che, in materia di prestazioni di avvocati, vi è in
genere un’asimmetria informativa tra i «clienti-consumatori» e gli avvocati.
Infatti, gli avvocati dispongono di un elevato livello di competenze tecniche
che i consumatori non necessariamente possiedono, cosicché questi ultimi incontrano
difficoltà per valutare la qualità dei servizi loro forniti [v., in
particolare,
69 Il giudice del
rinvio dovrà tuttavia verificare se alcune norme professionali relative agli
avvocati, in particolare norme di organizzazione, di qualificazione, di
deontologia, di controllo e di responsabilità siano di per sé sufficienti per
raggiungere gli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona
amministrazione della giustizia.
70 Alla luce di quanto
precede, la quarta e la quinta questione sollevate nella causa C‑94/04 si
devono risolvere dichiarando che una normativa che vieti in maniera assoluta di
derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa
forense, come quella di cui trattasi nella causa principale, per prestazioni
che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati
costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista
dall’art. 49 CE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale
normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda
realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione
della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone
non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
Sulle spese
71 Nei confronti delle
parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi ai giudici nazionali, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non
possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
1) Gli
artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano all’adozione, da
parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla
base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il Consiglio
nazionale forense, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli
avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le
prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di
servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro
operatore economico non vincolato da tale tariffa.
2) Una
normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari
minimi determinati da una tariffa forense, come quella di cui trattasi nella
causa principale, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale
e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione
dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetta al giudice del rinvio
verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di
applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e
della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le
restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali
obiettivi.
(Seguono le firme)