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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

11 novembre 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2014/41/UE – Ordine europeo di indagine penale – Articolo 14 – Ricorso – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Assenza di mezzi d’impugnazione nello Stato membro di emissione – Decisione che dispone lo svolgimento di perquisizioni, di sequestri e l’audizione di testimoni mediante videoconferenza»

Nella causa C‑852/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria), con decisione del 7 novembre 2019, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2019, nel procedimento penale a carico di

Ivan Gavanozov,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.‑C. Bonichot e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e T. Machovičová, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da E. de Moustier, A. Daniel e N. Vincent, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. Giordano, avvocato dello Stato;

–        per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e C. Leeb, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, inizialmente da I. Zaloguin e R. Troosters, successivamente da I. Zaloguin e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 4, e dell’articolo 14, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1), nonché degli articoli 7 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Ivan Gavanozov, accusato di dirigere un’organizzazione criminale e di aver commesso reati fiscali.

 Contesto normativo

 Direttiva 2014/41

3        I considerando 2, 6, 18, 19 e 22 della direttiva 2014/41 sono così formulati:

«(2)      A norma dell’articolo 82, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione deve fondarsi sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, il quale, a partire dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, è comunemente considerato una pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione.

(...)

(6)      Nel programma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009, il Consiglio europeo ha considerato di perseguire ulteriormente l’istituzione di un sistema globale di acquisizione delle prove nelle fattispecie aventi dimensione transfrontaliera, basato sul principio del riconoscimento reciproco. Il Consiglio europeo ha rilevato che gli strumenti esistenti nel settore costituiscono una disciplina frammentaria e che è necessaria una nuova impostazione che, pur ispirandosi al principio del riconoscimento reciproco, tenga conto altresì della flessibilità del sistema tradizionale di assistenza giudiziaria. Il Consiglio europeo ha pertanto chiesto la creazione di un sistema globale in sostituzione di tutti gli strumenti esistenti nel settore, compresa la decisione quadro 2008/978/GAI del Consiglio, che contempli per quanto possibile tutti i tipi di prove, stabilisca i termini di esecuzione e limiti al minimo i motivi di rifiuto.

(...)

(18)      Come in altri strumenti di riconoscimento reciproco, l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali, sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea (TUE) e i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea], non è modificato per effetto della presente direttiva. Per ragioni di chiarezza dovrebbe essere inserita nel testo una disposizione specifica.

(19)      La creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell’Unione si fonda sulla fiducia reciproca e su una presunzione di conformità, da parte di tutti gli Stati membri, al diritto dell’Unione e, in particolare, ai diritti fondamentali. Tuttavia, tale presunzione è relativa. Di conseguenza, se sussistono seri motivi per ritenere che l’esecuzione di un atto di indagine richiesto in un [ordine europeo d’indagine] comporti la violazione di un diritto fondamentale e che lo Stato di esecuzione venga meno ai i suoi obblighi in materia di protezione dei diritti fondamentali riconosciuti nella Carta, l’esecuzione dell’[ordine europeo d’indagine] dovrebbe essere rifiutata.

(...)

(22)      I mezzi d’impugnazione disponibili contro un [ordine europeo d’indagine] dovrebbero essere almeno equivalenti a quelli disponibili in un caso interno a fronte degli atti di indagine in questione. Conformemente al proprio diritto nazionale, gli Stati membri dovrebbero garantire l’applicabilità di tali mezzi d’impugnazione, anche informando a tempo debito le parti interessate in merito alle possibilità e alle modalità di ricorso a tali mezzi di impugnazione. Nei casi in cui le obiezioni nei riguardi di un [ordine europeo d’indagine] siano sollevate da una parte interessata nello Stato di esecuzione in relazione ai motivi che determinano l’emissione dell’[ordine europeo d’indagine], è opportuno che le informazioni in merito a tale impugnazione siano trasmesse all’autorità di emissione e che la parte interessata ne sia informata».

4        L’articolo 1 di tale direttiva così dispone:

«1.      L’ordine europeo d’indagine (OEI) è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un’autorità competente di uno Stato membro (lo “Stato di emissione”) per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro (lo “Stato di esecuzione”) ai fini di acquisire prove conformemente alla presente direttiva.

(...)

2.      Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva.

(...)

4.      La presente direttiva non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici sanciti dall’articolo 6 TUE, compresi i diritti di difesa delle persone sottoposte a procedimento penale, e lascia impregiudicati gli obblighi spettanti a tale riguardo alle autorità giudiziarie».

5        L’articolo 4 di detta direttiva prevede quanto segue:

«Un OEI può essere emesso:

a)      in relazione a un procedimento penale avviato da un’autorità giudiziaria, o che può essere promosso davanti alla stessa, relativamente a un illecito penale ai sensi del diritto nazionale dello Stato di emissione;

(...)».

6        L’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:

«L’autorità di emissione può emettere un OEI solamente quando ritiene soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      l’emissione dell’OEI è necessaria e proporzionata ai fini del procedimento di cui all’articolo 4, tenendo conto dei diritti della persona sottoposta a indagini o imputata; e

b)      l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’OEI avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo».

7        Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2014/41:

«L’autorità di esecuzione riconosce un OEI, trasmesso conformemente alle disposizioni della presente direttiva, senza imporre ulteriori formalità e ne assicura l’esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalità con cui procederebbe se l’atto d’indagine in questione fosse stato disposto da un’autorità dello Stato di esecuzione, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti dalla presente direttiva».

8        L’articolo 11, paragrafo 1, di detta direttiva è del seguente tenore:

«Fatto salvo l’articolo 1, paragrafo 4, l’autorità di esecuzione può rifiutare il riconoscimento o l’esecuzione di un OEI qualora:

(...)

f)      sussistono seri motivi per ritenere che l’esecuzione dell’atto di indagine richiesto nell’OEI sia incompatibile con gli obblighi dello Stato di esecuzione ai sensi dell’articolo 6 TUE e della Carta;

(...)».

9        L’articolo 14 di detta direttiva così dispone:

«1.      Gli Stati membri assicurano che i mezzi d’impugnazione equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo siano applicabili agli atti di indagine richiesti nell’OEI.

2.      Le ragioni di merito dell’emissione dell’OEI possono essere impugnate soltanto mediante un’azione introdotta nello Stato di emissione, fatte salve le garanzie dei diritti fondamentali nello Stato di esecuzione.

3.      Laddove non comprometta la riservatezza di un’indagine ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, l’autorità di emissione e l’autorità di esecuzione adottano le misure adeguate per far sì che siano fornite informazioni in merito alle possibilità di impugnazione disponibili ai sensi del diritto nazionale, ove applicabili e in tempo utile per consentire che possano essere utilizzate efficacemente.

4.      Gli Stati membri assicurano che i termini per l’impugnazione siano uguali a quelli previsti in casi interni analoghi e siano applicati in modo da garantire che il diritto a tale impugnazione possa essere esercitato efficacemente dalle persone interessate.

(...)».

10      L’articolo 24 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«1.      Laddove una persona, che si trova nel territorio dello Stato di esecuzione, debba essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità competenti dello Stato di emissione, l’autorità di emissione può emettere un OEI ai fini dell’audizione del testimone o del perito mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva a norma dei paragrafi da 5 a 7.

(...)

7.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché, qualora la persona ascoltata nel proprio territorio in conformità del presente articolo rifiuti di testimoniare pur avendone l’obbligo o dichiari il falso, si applichi il diritto nazionale che disciplina le audizioni effettuate in un procedimento nazionale».

 Diritto bulgaro

11      L’articolo 107, paragrafo 2, del Nakazatelno protsesualen kodeks (codice di procedura penale, DV n. 86, del 28 ottobre 2005), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «NPK»), così dispone:

«Il giudice, su richiesta delle parti o d’ufficio, procede all’assunzione di prove se è necessario per stabilire la verità oggettiva».

12      Ai sensi dell’articolo 117 del NPK:

«Tutti i fatti che un testimone ha percepito e che possono contribuire alla determinazione della verità oggettiva possono essere stabiliti da dichiarazioni di testimoni».

13      L’articolo 161, paragrafo 3, del NPK è del seguente tenore:

«I provvedimenti di perquisizione e sequestro nei procedimenti giudiziari sono eseguiti su ordine del tribunale presso il quale il procedimento è in corso».

14      L’articolo 341, paragrafo 3, dell’NPK così recita:

«Tutte le altre decisioni e ordinanze non sono soggette al controllo del giudice d’appello separatamente dalla sentenza».

15      L’articolo 6, paragrafo 1, della Zakon za evropeyskata zapoved za razsledvane (legge relativa all’ordine europeo d’indagine, DV n. 16, del 20 febbraio 2018) prevede quanto segue:

«L’autorità competente ai sensi dell’articolo 5, n. 1, emette un ordine europeo d’indagine a seguito di un esame del caso specifico, se ricorrono le seguenti condizioni cumulative:

1.      l’emissione di un ordine europeo d’indagine è necessaria e proporzionata allo scopo del procedimento penale, tenendo conto dei diritti dell’indagato o dell’imputato;

2.      gli atti d’indagine e gli atti procedurali per l’esecuzione dei quali viene emesso l’ordine europeo d’indagine possono essere eseguiti alle stesse condizioni previste dal diritto bulgaro in casi comparabili».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Il sig. Gavanozov è sottoposto, in Bulgaria, a un procedimento penale per partecipazione a un’organizzazione criminale costituita al fine di commettere reati fiscali.

17      In particolare, è sospettato di aver importato in Bulgaria, per mezzo di società interposte, zucchero proveniente da altri Stati membri, rifornendosi segnatamente presso una società stabilita nella Repubblica ceca e rappresentata dal sig. Y, nonché di aver successivamente venduto tale zucchero sul mercato bulgaro senza liquidare né versare l’imposta sul valore aggiunto (IVA), presentando documenti inesatti in base ai quali detto zucchero sarebbe stato esportato verso la Romania.

18      In tale contesto, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria) ha deciso, l’11 maggio 2017, di emettere un ordine europeo d’indagine affinché le autorità ceche effettuassero perquisizioni e sequestri sia nei locali della suddetta società stabilita nella Repubblica ceca, sia presso l’abitazione del sig. Y, e organizzassero l’audizione mediante videoconferenza di quest’ultimo in qualità di testimone.

19      A seguito dell’adozione di tale decisione e avendo riscontrato talune difficoltà nel compilare la sezione J, intitolata «Mezzi di impugnazione», del modulo che figura nell’allegato A della direttiva 2014/41, detto giudice ha chiesto alla Corte di interpretare varie disposizioni di quest’ultima.

20      Tenuto conto, in particolare, della risposta fornita dal medesimo giudice a una richiesta di informazioni ad esso rivolta dalla Corte, quest’ultima ha dichiarato, al punto 38 della sentenza del 24 ottobre 2019, Gavanozov (C‑324/17, EU:C:2019:892), che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, in combinato disposto con la sezione J del modulo di cui all’allegato A di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria di uno Stato membro non deve, al momento dell’emissione di un ordine europeo di indagine, far figurare in tale sezione una descrizione dei mezzi d’impugnazione che sono previsti, se del caso, nel suo Stato membro avverso l’emissione di un siffatto ordine.

21      Nella sua decisione di rinvio, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale speciale per i procedimenti penali) rileva che il diritto bulgaro non prevede alcun mezzo d’impugnazione contro decisioni che dispongono lo svolgimento di perquisizioni e sequestri o l’organizzazione di audizioni di testimoni, né contro l’emissione di un ordine europeo di indagine.

22      In tale contesto, il suddetto giudice si chiede se il diritto bulgaro sia contrario al diritto dell’Unione e, in una tale ipotesi, se esso possa emettere un ordine europeo di indagine avente ad oggetto detti atti d’indagine.

23      In tali circostanze, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale speciale per i procedimenti penali) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una normativa nazionale che non prevede alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo d’indagine ai fini della perquisizione di un’abitazione e di locali commerciali, del sequestro di determinati oggetti e dell’audizione di un testimone sia compatibile con l’articolo 14, paragrafi da 1 a 4, con l’articolo 1, paragrafo 4, e con i considerando 18 e 22 della direttiva 2014/41, nonché con gli articoli 47 e 7 della Carta in combinato disposto con gli articoli 13 e 8 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)].

2)      Se in tali circostanze sia possibile emettere un ordine europeo d’indagine».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

24      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 4, e l’articolo 14, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2014/41, letti alla luce dei considerando 18 e 22 di tale direttiva, nonché gli articoli 7 e 47 della Carta, letti in combinato disposto con gli articoli 8 e 13 della CEDU, debbano essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro di emissione di un ordine europeo di indagine che non prevede alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

25      Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, gli Stati membri assicurano che i mezzi d’impugnazione equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo siano applicabili agli atti di indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine.

26      Se è vero che tale disposizione, letta alla luce del considerando 22 della medesima direttiva, prevede un obbligo generale per gli Stati membri di provvedere affinché mezzi d’impugnazione almeno equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo siano applicabili agli atti d’indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine [v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 60], essa non impone agli Stati membri di prevedere mezzi d’impugnazione ulteriori rispetto a quelli esistenti in un caso interno analogo.

27      Un tale obbligo non risulta nemmeno dal tenore letterale dell’articolo 14, paragrafo 2, di detta direttiva, che precisa solo che le ragioni di merito dell’emissione dell’ordine europeo di indagine possono essere impugnate soltanto mediante un’azione introdotta nello Stato membro di emissione.

28      Ciò premesso, occorre ricordare che gli Stati membri, quando attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti ad assicurare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva [sentenza del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento), C‑194/19, EU:C:2021:270, punto 43 e giurisprudenza citata].

29      Orbene, atteso che il procedimento di emissione e di esecuzione di un ordine europeo di indagine è disciplinato dalla direttiva 2014/41, esso rappresenta una siffatta attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, implicante l’applicabilità dell’articolo 47 della Carta (v., per analogia, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 50 e giurisprudenza citata).

30      Quest’ultimo articolo dispone, al suo primo comma, che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, alle condizioni previste in tale articolo.

31      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri, si deve rilevare che tali atti costituiscono ingerenze nel diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni, sancito all’articolo 7 della Carta. Inoltre, i sequestri possono violare l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, che riconosce il diritto di ogni persona di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità.

32      Ogni persona che intenda avvalersi della tutela che le conferiscono dette disposizioni nell’ambito di un procedimento concernente un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri deve poter beneficiare del diritto a un ricorso effettivo garantito all’articolo 47 della Carta.

33      Tale diritto implica necessariamente che le persone interessate da siffatti atti d’indagine dispongano di mezzi d’impugnazione appropriati che consentano loro, da un lato, di contestarne la regolarità e la necessità e, dall’altro, di chiedere un adeguato rimedio qualora tali misure siano state disposte o eseguite illegalmente. Incombe agli Stati membri prevedere nei loro ordinamenti giuridici nazionali i mezzi d’impugnazione necessari a tal fine.

34      Una tale interpretazione dell’articolo 47 della Carta corrisponde inoltre all’interpretazione dell’articolo 13 della CEDU adottata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») nella sua giurisprudenza. Discende infatti dalla giurisprudenza della Corte EDU che, in virtù di quest’ultima disposizione, che corrisponde in sostanza all’articolo 47, primo comma, della Carta, le persone interessate da perquisizioni e da sequestri devono poter aver accesso a un procedimento che consenta loro di contestare la regolarità e la necessità delle perquisizioni e dei sequestri effettuati e di ottenere un adeguato rimedio qualora tali misure siano state disposte o eseguite illegalmente (v., in tal senso, Corte EDU, 22 maggio 2008, Iliya Stefanov c. Bulgaria, CE:ECHR:2008:0522JUD006575501, §59; Corte EDU, 31 marzo 2016, Stoyanov e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2016:0331JUD005538810, §§ da 152 a 154, nonché Corte EDU, 19 gennaio 2017, Posevini c. Bulgaria, CE:ECHR:2017:0119JUD006363814, §§ da 84 a 86).

35      Inoltre, il diritto della persona interessata di contestare la regolarità e la necessità di tali misure implica che essa deve potersi avvalere di un ricorso avverso l’ordine europeo di indagine che dispone l’esecuzione di dette misure.

36      In proposito occorre rilevare che l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 definisce l’ordine europeo di indagine come una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un’autorità giudiziaria di uno Stato membro per compiere uno o più atti d’indagine specifici in un altro Stato membro ai fini di acquisire prove conformemente alla medesima direttiva.

37      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di detta direttiva, gli Stati membri eseguono un ordine europeo di indagine in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima direttiva.

38      Risulta inoltre dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 che l’autorità di esecuzione riconosce un ordine europeo di indagine, trasmesso conformemente a tale direttiva, senza imporre ulteriori formalità e ne assicura l’esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalità con cui procederebbe se l’atto d’indagine in questione fosse stato disposto da un’autorità dello Stato membro di esecuzione, a meno che detta autorità non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti da detta direttiva.

39      Da tali elementi risulta che, nell’ambito di un procedimento relativo a un ordine europeo di indagine, gli atti d’indagine sono disposti dall’autorità competente dello Stato membro di emissione e sono eseguiti dalle autorità competenti dello Stato membro di esecuzione, le quali sono, in linea di principio, tenute a riconoscere un ordine europeo di indagine trasmesso conformemente alla direttiva 2014/41 senza imporre ulteriori formalità.

40      Inoltre, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2014/41, le ragioni di merito dell’emissione dell’ordine europeo di indagine possono essere impugnate soltanto mediante un’azione introdotta nello Stato membro di emissione.

41      Pertanto, affinché le persone interessate dall’esecuzione di un ordine europeo di indagine emesso o convalidato da un’autorità giudiziaria di tale Stato membro e avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri possano utilmente esercitare il loro diritto garantito dall’articolo 47 della Carta, incombe a detto Stato membro garantire che dette persone dispongano di un ricorso dinanzi a un giudice del medesimo Stato membro che consenta loro di contestare la necessità e la regolarità di tale ordine, almeno per quanto riguarda le ragioni di merito dell’emissione di detto ordine europeo di indagine.

42      Per quanto concerne, in secondo luogo, l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza, si deve rilevare che ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, laddove una persona, che si trova nel territorio dello Stato membro di esecuzione, debba essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità competenti dello Stato membro di emissione, l’autorità di emissione può emettere un ordine europeo di indagine ai fini dell’audizione del testimone o del perito mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva a norma dei paragrafi da 5 a 7 di detto articolo 24.

43      L’articolo 24, paragrafo 7, di tale direttiva precisa che ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché, qualora la persona ascoltata nel proprio territorio in conformità di detto articolo rifiuti di testimoniare pur avendone l’obbligo o dichiari il falso, si applichi il diritto nazionale che disciplina le audizioni effettuate in un procedimento nazionale.

44      Ne consegue che il rifiuto di testimoniare nel contesto dell’esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza può avere conseguenze significative per la persona interessata in base alle norme previste a tal fine nel diritto nazionale dello Stato membro di esecuzione. In particolare, tale persona potrebbe essere obbligata a comparire all’udienza e a rispondere ai quesiti posti in tale ambito, a pena di sanzioni.

45      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, la tutela nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di una persona, sia fisica che giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione (sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 51 e giurisprudenza citata).

46      La Corte ha precisato che detta tutela può essere invocata da qualsiasi persona, quale diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta, per esperire un rimedio giurisdizionale contro un atto che le arreca pregiudizio, quale un’ingiunzione di comunicare informazioni o una sanzione inflitta per la mancata osservanza dell’ingiunzione stessa [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 58 e giurisprudenza citata].

47      Pertanto, si deve considerare che l’esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza può arrecare pregiudizio alla persona interessata e che quest’ultima deve quindi disporre di un mezzo di impugnazione contro una tale decisione, conformemente all’articolo 47 della Carta.

48      Tuttavia, i giudici dello Stato membro di esecuzione non sono competenti, conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2014/41, ad esaminare le ragioni di merito dell’emissione di un ordine europeo di indagine che dispone l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

49      Ne consegue che spetta allo Stato membro di emissione garantire che qualsiasi persona sottoposta all’obbligo di presentarsi a un’audizione al fine di essere sentita come testimone o di rispondere ai quesiti ad essa posti durante tale audizione, nell’ambito dell’esecuzione di un ordine europeo di indagine, disponga di un ricorso dinanzi ai giudici di tale Stato membro che le consenta di contestare, quanto meno, le ragioni di merito dell’emissione di detto ordine europeo di indagine.

50      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 14 della direttiva 2014/41, letto in combinato disposto con l’articolo 24, paragrafo 7, della medesima direttiva e l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro di emissione di un ordine europeo di indagine la quale non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

 Sulla seconda questione

51      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 4, e l’articolo 14, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2014/41, letti alla luce dei considerando 18 e 22 di tale direttiva, nonché gli articoli 7 e 47 della Carta, letti in combinato disposto con gli articoli 8 e 13 della CEDU, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’emissione, da parte dell’autorità competente di uno Stato membro, di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza, qualora la normativa di tale Stato membro non preveda alcun mezzo di impugnazione contro l’emissione di detto ordine europeo di indagine.

52      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 subordina l’emissione di un ordine europeo di indagine al rispetto di due condizioni. Da un lato, tale emissione deve essere necessaria e proporzionata ai fini del procedimento di cui all’articolo 4 di detta direttiva, tenendo conto dei diritti della persona sottoposta a indagini o imputata. Dall’altro lato, l’atto o gli atti d’indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine devono poter essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo.

53      È vero che tale disposizione non menziona la presa in considerazione, nell’emettere un ordine europeo di indagine, dei diritti delle persone interessate dagli atti d’indagine indicati in detto ordine diversi dalla persona sottoposta a indagini o imputata.

54      Tuttavia, occorre ricordare che discende, segnatamente, dai considerando 2, 6 e 19 di detta direttiva che l’ordine europeo di indagine è uno strumento che rientra nella cooperazione giudiziaria in materia penale di cui all’articolo 82, paragrafo 1, TFUE, che si fonda sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. Tale principio, che costituisce la «pietra angolare» della cooperazione giudiziaria in materia penale, è a sua volta fondato sulla fiducia reciproca nonché sulla presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali [v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 40].

55      Nell’ambito di un procedimento riguardante un ordine europeo di indagine, la garanzia di tali diritti spetta così in primo luogo allo Stato membro di emissione, che si deve presumere rispetti il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 50).

56      Tuttavia, l’impossibilità di contestare nello Stato membro di emissione la necessità e la regolarità di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza, quanto meno alla luce delle ragioni di merito della sua emissione, costituisce una violazione del diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta, con la conseguenza che il riconoscimento reciproco non può trovare applicazione e andare a beneficio di tale Stato membro.

57      Peraltro, si deve ricordare che spetta agli Stati membri, segnatamente, in virtù del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire, nei loro rispettivi territori, l’applicazione e il rispetto del diritto dell’Unione e adottare, a tal fine, ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 34 e giurisprudenza citata).

58      Pertanto, in considerazione, in particolare, del ruolo fondamentale del principio del riconoscimento reciproco nel sistema introdotto dalla direttiva 2014/41, spetta allo Stato membro di emissione creare le condizioni affinché l’autorità di esecuzione possa utilmente accordare la propria assistenza conformemente al diritto dell’Unione.

59      Inoltre, come risulta dal punto 43 della presente sentenza, la direttiva 2014/41 si basa sul principio dell’esecuzione dell’ordine europeo di indagine. Il suo articolo 11, paragrafo 1, lettera f), consente alle autorità di esecuzione di derogare a tale principio, in via eccezionale, a seguito di una valutazione caso per caso, qualora sussistano seri motivi per ritenere che l’esecuzione dell’ordine europeo di indagine sarebbe incompatibile con i diritti fondamentali garantiti, in particolare, dalla Carta. Tuttavia, in assenza di qualsiasi mezzo di impugnazione nello Stato di emissione, l’applicazione di detta disposizione diventerebbe sistematica. Una tale conseguenza sarebbe contraria, nel contempo, all’impianto generale della direttiva 2014/41 e al principio di fiducia reciproca.

60      Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 81 a 84 delle conclusioni, l’emissione di un ordine europeo di indagine, in relazione al quale sussistono seri motivi per ritenere che l’esecuzione comporterebbe una violazione dell’articolo 47 della Carta e la cui esecuzione dovrebbe quindi essere rifiutata dallo Stato membro di esecuzione conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, lettera f), di tale direttiva, non è compatibile con i principi di fiducia reciproca e di leale cooperazione.

61      Orbene, come risulta dall’esame della prima questione, l’esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza, la cui regolarità non può essere oggetto di un ricorso dinanzi a un giudice dello Stato membro di emissione, è tale da implicare una violazione del diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47, primo comma, della Carta.

62      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6 della direttiva 2014/41, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’emissione, da parte dell’autorità competente di uno Stato membro, di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione dell’audizione di testimoni mediante videoconferenza, qualora la normativa di tale Stato membro non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di detto ordine europeo di indagine.

 Sulle spese

63      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 14 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale, letto in combinato disposto con l’articolo 24, paragrafo 7, della medesima direttiva e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro di emissione di un ordine europeo di indagine la quale non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

2)      L’articolo 6 della direttiva 2014/41, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’emissione, da parte dell’autorità competente di uno Stato membro, di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione dell’audizione di testimoni mediante videoconferenza, qualora la normativa di tale Stato membro non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di detto ordine europeo di indagine.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.