Corte di Giustizia delle Comunità europee, 15 luglio
1964
C-6/64, Flaminio Costa – E.N.E.L.
avente ad
oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale presentata, a norma dell’art. 177
del Trattato CEE, dal giudice conciliatore di Milano e diretta ad ottenere l'
interpretazione degli artt. 102, 93, 53 e 37 di detto
Trattato nella causa dinanzi ad esso proposta
dall' avv . Flaminio Costa,
residente in Milano,
contro
l' E.N.E.L.
Ente nazionale
energia elettrica,
Motivazione della sentenza
Con ordinanza
16 gennaio 1964, ritualmente trasmessa alla Corte, il
giudice conciliatore di Milano, “visto l' art. 177 del
Trattato istitutivo della CEE, in data 25 marzo 1957, recepito nell'
ordinamento giuridico italiano con la legge 14 ottobre 1957 n. 1203, e ritenuto
che la legge 6 dicembre 1962 n. 1643 ed i conseguenti relativi decreti presidenziali
... violino gli artt. 102, 93, 53, 37 del Trattato
stesso”, ha sospeso il giudizio e ordinato la trasmissione degli atti di causa
a questa Corte.
Sull’applicazione
dell’articolo 177
Argomento
tratto dalla formulazione della questione
E’ stato
sostenuto che con la questione in esame si sarebbe voluto ottenere, attraverso l' art. 177, una pronunzia circa la compatibilità col Trattato
di una legge interna.
Si deve
peraltro ritenere che, a norma di detto articolo, i giudici nazionali le cui
sentenze, come nel caso di specie, non sono impugnabili, devono chiedere alla Corte
di statuire in via pregiudiziale sull’ “interpretazione
del trattato”, qualora venga dinanzi ad essi sollevata una questione vertente
su detta interpretazione. In base a tale disposizione,
Perciò, ove il
provvedimento di rinvio sia formulato in modo impreciso, essa può desumerne
soltanto le questioni riguardanti l’interpretazione del Trattato. Nella specie,
Argomento relativo alla superfluità dell’interpretazione
Si e opposto che
il conciliatore di Milano ha chiesto un' interpretazione del Trattato che non
sarebbe necessaria per dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente.
Argomento tratto dall’obbligo per il giudice di applicare la legge
interna
Il governo
italiano ha eccepito l’ “inammissibilità assoluta”
della domanda del giudice conciliatore assumendo che il giudice nazionale,
tenuto ad applicare la legge interna, non ha motivo di valersi dell’art. 177.
Tale integrazione
nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti
comunitarie, e più in generale, lo spirito e i termini del Trattato, hanno per
corollario l' impossibilità per gli Stati di far
prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di
reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non
potrà essere opponibile all’ordine comune. Se l' efficacia
del diritto comunitario variasse da uno Stato all' altro in funzione delle
leggi interne posteriori, ciò metterebbe in pericolo l' attuazione degli scopi
del Trattato contemplata nell' art. 5, secondo comma, e causerebbe una discriminazione
vietata dall' art. 7.
Gli obblighi
assunti col Trattato istitutivo della Comunità non sarebbero assoluti, ma
soltanto condizionati, qualora le parti contraenti potessero sottrarsi alla
loro osservanza mediante ulteriori provvedimenti
legislativi. I casi in cui gli Stati hanno diritto di agire unilateralmente
sono espressamente indicati ( v. ad es. gli articolo 15, 93 n . 3, 223/225 ) e d' altronde le domande di deroga degli Stati sono soggette a
procedure d' autorizzazione ( v . ad es. gli articoli
8 n. 4, 17 n . 4, 25, 26, 73, 93 n . 2, terzo comma, e 226 ) che sarebbero prive di significato
qualora essi potessero sottrarsi ai loro obblighi mediante una semplice legge
interna.
La preminenza
del diritto comunitario trova conferma nell' art.
Dal complesso
dei menzionati elementi discende che, scaturito da una fonte autonoma, il
diritto nato dal Trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica
natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il
proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse
scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità.
Il trasferimento,
effettuato dagli Stati a favore dell' ordinamento giuridico
comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del
Trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di
fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema
della Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia. L’ art. 177 va quindi
applicato, nonostante qualsiasi legge nazionale, tutte
le volte che sorga una questione d' interpretazione del Trattato.
Le questioni
sollevate dal giudice conciliatore a proposito degli artt.
102, 93, 53 e 37 sono dirette in primo luogo a far accertare se dette
disposizioni abbiano efficacia immediata attribuendo
ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare e, in caso
affermativo, quale sia il loro significato.
Sull’interpretazione
dell’articolo 102
A norma dell’art. 102, qualora " vi sia motivo di temere "
che l’adozione di un provvedimento legislativo provochi una " distorsione
", lo Stato membro che intende procedervi " consulta
Detto
articolo, contenuto nel capitolo intitolato " ravvicinamento delle
legislazioni ", tende ad evitare che aumentino le divergenze fra le varie
legislazioni nazionali per quanto riguarda le finalità del Trattato.
Con tali
disposizioni gli Stati membri hanno limitato la loro libertà d'
iniziativa, accettando di sottoporsi ad un' appropriata procedura di
consultazione.
Obbligandosi
esplicitamente a consultare preventivamente
Dal canto suo,
Sull'
interpretazione dell' articolo 93
A norma dell' art. 93, nn. 1 e 2,
Queste
disposizioni, contenute nella sezione del Trattato intitolata " aiuti
concessi dagli Stati ", sono intese ad eliminare progressivamente gli
aiuti esistenti e inoltre ad evitare che, con provvedimenti interni degli Stati,
vengano istituiti " sotto qualsiasi forma "
nuovi aiuti atti a favorire direttamente o indirettamente, in modo sensibile,
determinate imprese o determinate prodotti e che quindi alterino, o minaccino
di alterare, la concorrenza.
Con l' art. 92, gli Stati hanno riconosciuto incompatibili col
mercato comune gli aiuti in esame e si sono quindi implicitamente impegnati a
non istituirne al di fuori delle deroghe previste dal Trattato; con l' art. 93,
tuttavia, essi hanno soltanto convenuto di sottoporsi ad appropriate procedure,
sia per eliminare gli aiuti esistenti, sia per istituirne di nuovi.
Obbligandosi
in modo così preciso ad informare " in tempo utile "
Dal canto suo,
Sull'
interpretazione dell' articolo 53
A norma dell' art. 53, gli Stati s' impegnano, fatte salve le
disposizioni del Trattato, a non introdurre nuove restrizioni allo stabilimento
nel loro territorio di cittadini degli altri Stati membri. L’obbligo in tal
modo assunto dagli Stati si risolve giuridicamente in una semplice astensione,
non è accompagnato da alcuna condizione nè
subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all' emanazione
di alcun provvedimento da parte degli Stati o della Commissione. Esso è quindi
completo, giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a produrre effetti
diretti nei rapporti fra gli Stati membri ed i loro cittadini.
Una
proibizione così formale, entrata in vigore col Trattato in tutta
La richiesta
interpretazione dell' art. 53 impone di considerare
tale disposizione nel contesto del capitolo relativo al diritto di stabilimento
in cui e collocata. Dopo aver sancito, all' art. 52,
la graduale abolizione delle " restrizioni alla libertà di stabilimento
dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro
", detto capitolo stabilisce, all' art. 53, che gli Stati membri non
introdurranno " nuove restrizioni allo stabilimento nel loro territorio di
cittadini degli altri Stati membri ". Si tratta quindi di determinare
entro quali limiti i cittadini degli altri Stati
membri godono della libertà di stabilimento.
L’art. 52,
secondo comma, precisa questo punto, dichiarando che
detta libertà implica l' accesso alle attività non salariate, come pure la
costituzione e la gestione d' imprese " alle condizioni definite dalla
legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini
". Perchè l' art. 53 sia osservato è quindi
sufficiente che nessuna nuova misura sottoponga lo stabilimento dei cittadini
degli altri Stati membri a una disciplina più rigorosa di quella riservata ai
propri cittadini; e ciò a prescindere dal regime giuridico delle imprese.
Sull'
interpretazione dell' articolo 37
A norma dell' art. 37, n. 1, gli Stati membri riordinano
progressivamente i loro " monopoli nazionali a carattere commerciale
" onde escludere, per quanto riguarda la possibilità d' approvvigionamento
e di smercio, qualsiasi discriminazione fra cittadini degli Stati membri. Al
paragrafo 2 dello stesso articolo e inoltre sancito l' obbligo
per gli Stati membri di astenersi da qualsiasi nuova misura che sia in contrasto
con la suddetta disposizione. Gli Stati hanno quindi assunto un duplice obbligo : l' uno, positivo, riguarda il riordinamento dei monopoli
nazionali; l' altro, negativo, concerne il divieto di nuove misure. L’
interpretazione richiesta verte precisamente su questo secondo obbligo, come
pure su quegli aspetti del primo che sono indispensabili per procedere a detta
interpretazione.
L’art. 37, n.
2, sancisce un obbligo assoluto che consiste non già in un facere,
bensì in un non facere; esso non è
accompagnato da alcuna riserva di subordinarne l' attuazione
a un provvedimento interno. Per sua stessa natura, il divieto di cui trattasi è
atto ad incidere direttamente sui rapporti giuridici fra gli Stati membri e i
cittadini.
Una
proibizione così chiaramente espressa, entrata in vigore col Trattato in tutta
La chiesta
interpretazione dell' art.
Il richiamo dell' art. 37, n. 2, ai " principi enunciati nel
paragrafo 1 " ha perciò lo scopo di impedire l’introduzione di qualsiasi
nuova " discriminazione fra cittadini degli Stati membri " per quanto
riguarda le possibilità di approvvigionamento e di smercio.
Precisato in
tal modo lo scopo, l' art. 37, n. 1, indica, per
vietarli, i mezzi con cui esso potrebbe venire eluso.
Sono quindi
vietati, in forza del richiamo di cui all' art. 37, n.
2, tutti i nuovi monopoli od organismi contemplati nello art. 37, n. 1, nei
limiti in cui sono intesi ad introdurre nuove discriminazioni per quanto
riguarda le possibilità di approvvigionamento e di smercio. Il giudice di
merito deve quindi anzitutto indagare se detta finalità sia
effettivamente compromessa, vale a dire se il provvedimento in contestazione
preveda o possa dar luogo a una nuova discriminazione tra cittadini degli Stati
membri per quanto riguarda le possibilità di approvvigionamento e di smercio.
Si devono
inoltre tener presenti i mezzi indicati nell' art. 37,
n. 1 . questa disposizione vieta l' istituzione, non
già di qualsiasi monopolio nazionale, bensì di quelli che hanno "
carattere commerciale " e ciò nei limiti in cui sono idonei ad introdurre
le suddette discriminazioni. Ricadono sotto dette
disposizioni i monopoli nazionali e gli organismi di cui trattasi i quali
abbiano ad oggetto dei negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza
ed agli scambi fra Stati membri ed inoltre abbiano un peso reale negli scambi
stessi.
Spetta al
giudice di merito apprezzare di volta in volta se l’attività economica in esame
riguardi un prodotto che, per sua natura e in considerazione delle esigenze
tecniche o internazionali cui è sottoposto, possa avere
un certo rilievo nelle importazioni o esportazioni fra cittadini degli Stati
membri.
Decisione relativa alle spese
Le spese sostenute
dalla Commissione della CEE e dal Governo italiano, che hanno
presentato osservazioni, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle
parti nella causa di merito, l' attuale giudizio ha il
carattere di un incidente sollevato nella lite pendente dinanzi al giudice
conciliatore di Milano : a questo spetta quindi di provvedere sulle spese.
Dispositivo
pronunziandosi sull'
eccezione d' irricevibilità basata sull' art. 177,
decide e statuisce :
le questioni
deferite dal giudice conciliatore di Milano a norma dell' art. 177 sono
ammissibili in quanto vertono, nella specie, sull' interpretazione di
disposizioni del Trattato CEE, restando fermo che nessun atto unilaterale
posteriore può prevalere sulle norme comunitarie,
dichiara :
1 ) l' art. 102 non contiene disposizioni che attribuiscano ai
singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare;
2 ) le
disposizioni dell' art. 93 che interessano nella
specie non attribuiscono nemmeno esse dei diritti ai singoli;
3 ) l' art. 53 è una norma comunitaria atta ad attribuire ai
singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. Esso vieta
qualsiasi nuova misura avente lo scopo di sottoporre lo stabilimento di
cittadini degli altri Stati membri a una disciplina
più rigorosa di quella riservata ai cittadini nazionali, e ciò
indipendentemente dal regime giuridico delle imprese.
4 ) tutte le
disposizioni dell' art. 37, n. 2, sono norme
comunitarie atte ad attribuire ai singoli dei diritti che i giudici nazionali
sono tenuti a tutelare. Nel quadro della questione
sollevata, esse hanno lo scopo di vietare qualsiasi nuova misura in contrasto
con i principi dell' art. 37, n. 1, cioè qualsiasi misura avente ad oggetto, o
dalla quale consegua, una discriminazione fra cittadini degli Stati membri in
materia di approvvigionamento e di smercio, mediante monopoli, od organismi, i
quali abbiano ad oggetto negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza
ed agli scambi fra Stati membri ed inoltre abbiano un peso reale in detti
scambi;
e dispone :
spetta al
giudice conciliatore di Milano provvedere sulle spese del presente giudizio .
(Seguono le firme)