SENTENZA DELLA CORTE
(Grande Sezione)
24 aprile 2012
Nella causa C‑571/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Bolzano, con decisione
del 24 novembre 2010, pervenuta in cancelleria il 7 dicembre 2010, nel
procedimento
Servet Kamberaj
contro
Istituto per l’Edilizia sociale della Provincia autonoma di
Bolzano (IPES),
Giunta della Provincia autonoma di Bolzano,
Provincia autonoma di Bolzano,
con l’intervento di:
Associazione Porte Aperte/Offene Türen,
Human Rights International,
Associazione Volontarius,
Fondazione Alexander Langer,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai
sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues,
K. Lenaerts, J. Malenovský
e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits, A. Ó Caoimh (relatore), L. Bay Larsen,
T. von Danwitz, A. Arabadjiev
e E. Jarašiūnas,
giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri,
amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18
ottobre 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per S. Kamberaj,
da F. Pinton e D. Simonato,
avvocati;
– per la Provincia autonoma di
Bolzano, da R. von Guggenberg, S. Beikircher,
C. Bernardi e D. Ambach, Rechtsanwälte;
– per il governo belga, da J-C. Halleux e C. Pochet, in qualità
di agenti;
– per il governo francese, da E. Belliard, G. de Bergues e B. Beaupère‑Manokha, in qualità di agenti;
– per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da M.
Condou‑Durande e C. Cattabriga,
in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del
13 dicembre 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione degli articoli 2 TUE, 6 TUE, 18 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE,
21 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo:
la «Carta»), nonché delle disposizioni delle direttive 2000/43/CE del
Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di
trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU
L 180, pag. 22), e 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa
allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo
periodo (GU 2004, L 16, pag. 44). Il giudice del rinvio solleva altresì
questioni relative all’articolo 14 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma
il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e all’articolo 1 del Protocollo
n. 12 annesso alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4 novembre 2000 (in prosieguo: il
«Protocollo n. 12»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una
controversia insorta tra il sig. Kamberaj, da un
lato, e l’Istituto per l’Edilizia sociale della Provincia autonoma di Bolzano
(in prosieguo: l’«IPES»), la Giunta della Provincia autonoma di Bolzano (in
prosieguo: la «Giunta»), nonché la Provincia autonoma di Bolzano, dall’altro, a
seguito del rigetto opposto dall’IPES alla richiesta di detto interessato
diretta ad ottenere un sussidio per l’alloggio (cosiddetto «sussidio casa») per
l’anno 2009, e motivato con il fatto che lo stanziamento della Provincia
autonoma di Bolzano previsto per la concessione di tale sussidio ai cittadini
di paesi terzi era esaurito.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
La direttiva 2000/43
3 Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/43
«mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla
razza o l’origine etnica, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il
principio della parità di trattamento».
4 L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva
prevede quanto segue:
«1. Ai fini della presente
direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia
praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o
dell’origine etnica.
2. Ai fini del paragrafo 1:
a) sussiste discriminazione diretta
quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno
favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una
situazione analoga;
b) sussiste discriminazione
indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente
neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in
una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che
tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una
finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano
appropriati e necessari».
5 L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/43
dispone che essa «non riguarda le differenze di trattamento basate sulla
nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative
all’ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel
territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla
condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi
interessati».
6 L’articolo 15 della medesima direttiva è redatto
come segue:
«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di
violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e
prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le
sanzioni[,] che possono prevedere un risarcimento dei danni [a favore della vittima,]
devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri
notificano le relative disposizioni alla Commissione entro [il] 19 luglio 2003
e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni
successive».
La direttiva 2003/109
7 Il secondo, il terzo, il quarto, il sesto, il
dodicesimo ed il tredicesimo considerando della direttiva 2003/109 sono così
redatti:
«(2) Nella riunione straordinaria
di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha affermato che
occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello
dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone che soggiornano
regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da definirsi e sono
in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo Stato membro
dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più simili a quelli
di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.
(3) La presente direttiva rispetta
i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella
[CEDU] e nella Carta (…).
(4) L’integrazione dei cittadini di
paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri costituisce un
elemento cardine per la promozione della coesione economica e sociale,
obiettivo fondamentale della Comunità enunciato nel [T]rattato [CE].
(…)
(6) La condizione principale per
ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata
del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un
soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del
richiedente nel paese in questione. (…)
(…)
(12) Per costituire un autentico
strumento di integrazione sociale, lo status di soggiornante di lungo periodo
dovrebbe valere al suo titolare la parità di trattamento con i cittadini dello
Stato membro in una vasta gamma di settori economici e sociali[, in conformità
alle] pertinenti condizioni definite dalla presente direttiva.
(13) Con riferimento all’assistenza
sociale, la possibilità di limitare le prestazioni per soggiornanti di lungo
periodo a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime
comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l’assistenza in caso di
malattia, di gravidanza, l’assistenza parentale e l’assistenza a lungo termine.
Le modalità di concessione di queste prestazioni dovrebbero essere determinate
dalla legislazione nazionale».
8 Il capo II della direttiva 2003/109 riguarda il
conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo in uno Stato membro.
9 Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della
medesima direttiva, incluso nel citato capo II, gli Stati membri conferiscono
lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che
abbiano soggiornato legalmente e ininterrottamente nel loro territorio nei
cinque anni immediatamente precedenti la presentazione della relativa domanda.
10 L’articolo 5 della direttiva
2003/109 stabilisce le condizioni per ottenere lo status di soggiornante di
lungo periodo. Conformemente al paragrafo 1, lettere a) e b), di tale articolo,
gli Stati membri devono richiedere al cittadino di un paese terzo di comprovare
che egli dispone, per sé e per i familiari a carico, da un lato, di risorse
stabili, regolari e sufficienti al suo sostentamento e a quello dei suoi
familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato
membro interessato, e, dall’altro, di un’assicurazione malattia contro tutti i
rischi solitamente coperti per i cittadini nazionali nello Stato membro
interessato.
11 Il paragrafo 2 dello stesso
articolo 5 dispone che gli Stati membri possono esigere altresì che i cittadini
di paesi terzi soddisfino condizioni di integrazione conformemente al loro
diritto nazionale.
12 Anche se gli Stati membri possono
negare il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo per
ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 6,
paragrafo 1, della direttiva 2003/109, il paragrafo 2 del medesimo articolo
stabilisce che un simile diniego non può essere motivato da ragioni economiche.
13 In forza dell’articolo 7,
paragrafo 1, della direttiva 2003/109, per ottenere lo status di soggiornante
di lungo periodo, il cittadino del paese terzo interessato deve presentare una
domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui risiede, corredata
dei documenti giustificativi, come determinati dal diritto nazionale, e
comprovanti che egli soddisfa le condizioni indicate agli articoli 4 e 5 di
questa stessa direttiva.
14 L’articolo 11, paragrafo 1, di
detta direttiva è così redatto:
«Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei
cittadini nazionali per quanto riguarda:
(…)
d) [la previdenza sociale],
l’assistenza sociale e la protezione sociale[, come definite dalla]
legislazione nazionale;
(…)
f) l’accesso a beni e servizi [e
l’erogazione di beni e servizi] a disposizione del pubblico (...), nonché
[l’accesso] all[e] procedur[e]
per l’ottenimento di un alloggio;
(…)».
15 L’articolo 11, paragrafo 4, della
medesima direttiva dispone che «[g]li Stati membri possono limitare la parità
di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle
prestazioni essenziali».
16 L’articolo 12, paragrafo 1, della
direttiva 2003/109 dispone che gli Stati membri possono adottare una decisione
di allontanamento nei confronti di un soggiornante di lungo periodo soltanto
qualora egli costituisca una minaccia effettiva e sufficientemente grave per
l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. Il paragrafo 2 del medesimo articolo
precisa che una decisione di allontanamento non può essere motivata da ragioni
economiche.
17 Conformemente all’articolo 26,
primo comma, della direttiva 2003/109, gli Stati membri dovevano mettere in
vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per conformarsi a tale direttiva entro il 23 gennaio 2006.
La normativa nazionale
La Costituzione italiana
18 In forza dell’articolo 117 della
Costituzione italiana, lo Stato ha potestà legislativa esclusiva, in materia di
assistenza sociale, solo ai fini della determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale. Al di là di tale obiettivo, la
competenza spetta alle Regioni.
Il decreto legislativo n. 286/1998
19 Il decreto legislativo n. 3,
dell’8 gennaio 2007, recante attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa
allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo (GURI n.
24, del 30 gennaio 2007, pag. 4), ha incorporato le disposizioni di tale
direttiva nel testo del decreto legislativo n. 286, del 25 luglio 1998, recante
il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero (Supplemento ordinario alla GURI n. 191,
del 18 agosto 1998; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 286/1998»).
20 L’articolo 9, primo comma, del
decreto legislativo n. 286/1998 così dispone:
«Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di
soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non
inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta
relativa ai familiari, di un reddito sufficiente (…) e di un alloggio idoneo
che rientri nei parametri minimi previsti dall[e pertinenti
disposizioni del diritto nazionale], può chiedere al questore il rilascio del
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i
[suoi] familiari (…)».
21 L’articolo 9, dodicesimo comma,
del decreto legislativo n. 286/1998 così dispone:
«Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel
territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo può:
(…)
c) usufruire delle prestazioni di
assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in
materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all’accesso a beni
e servizi a disposizione del pubblico, compreso l’accesso alla procedura per
l’ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia
diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello
straniero sul territorio nazionale (…)».
Il decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972
22 In forza dell’articolo 3, terzo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670, del 31 agosto 1972,
relativo allo statuto speciale per la Regione Trentino‑Alto Adige (GURI
n. 301, del 20 novembre 1972; in prosieguo: il «decreto del Presidente della
Repubblica n. 670/1972»), che costituisce un decreto di rango costituzionale,
la Provincia autonoma di Bolzano, a causa della composizione particolare della
sua popolazione, che è suddivisa in tre gruppi linguistici, ossia i gruppi che
si esprimono in italiano, in tedesco e in ladino (in prosieguo: i «tre gruppi
linguistici»), beneficia di condizioni di autonomia particolari.
23 Ai sensi dell’articolo 8, punto
25, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972, tale autonomia
comprende in particolare la potestà di adottare disposizioni a livello
legislativo in materia di assistenza e beneficenza pubblica.
24 L’articolo 15, secondo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972 dispone che, salvo casi
straordinari, la Provincia autonoma di Bolzano utilizza i propri stanziamenti destinati
a scopi assistenziali nonché a finalità sociali e culturali in proporzione
diretta alla consistenza di ciascuno dei tre gruppi linguistici e in
riferimento all’entità del bisogno di ciascuno di essi.
La legge provinciale
25 Un sussidio per l’alloggio è
previsto all’articolo 2, primo comma, lettera k), della legge provinciale n.
13, del 17 dicembre 1998, nella versione vigente all’epoca dei fatti del
procedimento principale (in prosieguo: la «legge provinciale»). Tale sussidio,
che rappresenta un contributo al pagamento del canone di locazione dei
conduttori meno abbienti per consentire loro di farvi fronte, è ripartito tra i
tre gruppi linguistici conformemente all’articolo 15, secondo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972.
26 L’articolo 5, primo comma, della
legge provinciale dispone che i fondi destinati agli interventi di cui
all’articolo 2, primo comma, lettera k), della medesima legge devono essere
ripartiti tra i richiedenti dei tre gruppi linguistici in proporzione alla
media ponderata tra la loro consistenza numerica ed il fabbisogno di ciascun
gruppo. Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, il fabbisogno di
ciascun gruppo linguistico è determinato annualmente in base alle domande
presentate negli ultimi dieci anni.
27 Dall’ordinanza di rinvio risulta
che il calcolo della consistenza numerica di ciascun gruppo linguistico è
effettuato in base all’ultimo censimento generale della popolazione, nonché
alle dichiarazioni di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici che ogni
cittadino italiano di età superiore ad anni quattordici e residente nella
Provincia autonoma di Bolzano è tenuto a rendere.
28 I cittadini dell’Unione che
risiedono nel territorio provinciale, ivi svolgono un’attività lavorativa e
possiedono gli altri requisiti cui è subordinata la concessione dei sussidi in
materia di alloggio, devono presentare una dichiarazione di appartenenza o di
aggregazione ad uno dei tre gruppi linguistici, conformemente all’articolo 5,
sesto comma, della legge provinciale.
29 In forza dell’articolo 5, settimo
comma, della legge provinciale, la Giunta determina annualmente l’entità dei
fondi da riservare ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi soggiornanti,
alla data della presentazione della loro domanda, continuativamente e
regolarmente da almeno cinque anni nel territorio provinciale e che abbiano ivi
svolto un’attività lavorativa per almeno tre anni. Il numero delle abitazioni
in locazione che possono essere assegnate ai suddetti cittadini ed apolidi è
del pari determinato in proporzione alla media ponderata tra, da un lato, la
consistenza numerica di tali persone, in quanto rispondenti alle condizioni
summenzionate, e, dall’altro, il loro fabbisogno.
La delibera n. 1885
30 Dalla delibera n. 1885 della
Giunta, del 20 luglio 2009, relativa all’entità dei fondi da destinare per
l’anno 2009 ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi (in prosieguo: la
«delibera n. 1885»), risulta che, nella media ponderata, alla consistenza
numerica di tali persone è stato attribuito il coefficiente 5, mentre al loro
fabbisogno è stato assegnato il coefficiente 1.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
31 Il sig. Kamberaj
è un cittadino albanese, residente e stabilmente occupato nella Provincia
autonoma di Bolzano dall’anno 1994. Risulta dall’ordinanza di rinvio che egli è
titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato.
32 Il ricorrente nel procedimento
principale ha beneficiato, per gli anni 1998‑2008, del sussidio per
l’alloggio previsto dall’articolo 2, primo comma, lettera k), della legge
provinciale.
33 Con lettera del 22 marzo 2010
l’IPES ha comunicato al ricorrente nel procedimento principale il rigetto della
sua domanda di sussidio per l’anno 2009, a motivo che lo stanziamento destinato
ai cittadini di paesi terzi, determinato conformemente alla delibera n. 1885,
era esaurito.
34 Con ricorso proposto l’8 ottobre
2010, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al Tribunale di
Bolzano di accertare che detta decisione di rigetto costituiva una
discriminazione attuata nei suoi confronti dalle parti convenute. A suo avviso,
una normativa nazionale come quella contenuta nella legge provinciale e nella
delibera n. 1885 è in contrasto, in particolare, con le direttive 2000/43 e
2003/109, in quanto riserva ai cittadini di paesi terzi che sono soggiornanti
di lungo periodo un trattamento meno favorevole rispetto a quello previsto per
i cittadini dell’Unione in materia di sussidio per l’alloggio.
35 Dinanzi al giudice del rinvio, la
Provincia autonoma di Bolzano sostiene che è necessario prevedere una
distribuzione dei sussidi che sia proporzionale ai gruppi linguistici presenti
in tale provincia, al fine di preservare la pace sociale fra le persone
richiedenti un sostegno sociale.
36 Il giudice del rinvio fa presente
che, in forza della legge provinciale, la popolazione residente della Provincia
autonoma di Bolzano è ripartita in due categorie, vale a dire i cittadini
dell’Unione, siano essi italiani o no, per i quali l’accesso al sussidio per
l’alloggio è indistintamente subordinato alla produzione della dichiarazione di
appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici, e i cittadini di paesi terzi,
per i quali non è richiesta tale dichiarazione.
37 Detto giudice indica che, per
soddisfare nell’anno 2009 le esigenze complessive dell’accesso alle abitazioni
in locazione o in proprietà, sono stati approvati a favore della prima
categoria summenzionata, vale a dire i cittadini dell’Unione, siano essi
italiani o no, stanziamenti per un importo totale di EUR 90 812 321,57, di cui
EUR 21 546 197,57 a titolo di sussidi per l’alloggio e EUR 69 266 124 a titolo
di contributi per l’acquisto, la costruzione e il recupero di alloggi destinati
a soddisfare il fabbisogno abitativo primario, mentre a favore della seconda
categoria, ossia quella composta dai cittadini di paesi terzi, sono state
approvate erogazioni per un importo totale di EUR 11 604 595, di cui EUR 10 200
000 a titolo di sussidi per l’alloggio e EUR 1 404 595 a titolo di contributi
per l’acquisto, la costruzione e il recupero di alloggi destinati a soddisfare
il fabbisogno abitativo primario.
38 Risulta dall’ordinanza di rinvio
che il Tribunale di Bolzano ha riconosciuto al ricorrente nel procedimento
principale, in via cautelare, il beneficio del sussidio per l’alloggio
richiesto per i mesi da ottobre 2009 a giugno 2010, per un importo mensile di
EUR 453,62.
39 Ritenendo che la soluzione della
controversia dinanzi ad esso pendente dipendesse dall’interpretazione del
diritto dell’Unione, il Tribunale di Bolzano ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il principio di primazia
(principe de primauté) del diritto dell’Unione impon[ga] al Giudice nazionale di
dare piena ed immediata attuazione alle norme dell’Unione provviste di
efficacia diretta, disapplicando norme interne in conflitto con il diritto
dell’Unione anche se adottate in attuazione di principi fondamentali
dell’assetto costituzionale dello Stato membro.
2) Se in caso di conflitto fra
norma interna e CEDU il richiamo operato dall’articolo 6 TUE alla CEDU impon[ga] al Giudice nazionale di
dare diretta applicazione all’articolo 14 della CEDU ed all’articolo 1 del
[Protocollo n. 12], disapplicando la fonte interna incompatibile, senza dovere
previamente sollevare questione di costituzionalità innanzi alla Corte
Costituzionale nazionale.
3) Se il diritto dell’Unione – e,
in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE, gli articoli 21 e 34 della Carta
e le direttive 2000/43 (…) e 2003/109 (…) – ost[i] ad
una normativa nazionale (rectius: provinciale) quale
quella contenuta nel combinato disposto degli articoli 15, [secondo] comma, del
[decreto del Presidente della Repubblica] n. 670/1972, degli articoli 1 e 5
della [legge provinciale] (...), nonché nella [delibera n. 1885], nella parte
in cui per i benefici considerati ed in particolare per il c.d. “sussidio casa”
attribuisce rilevanza alla nazionalità riservando ai lavoratori residenti
soggiornanti di lungo periodo non appartenenti all’Unione ovvero agli apolidi
un trattamento peggiorativo rispetto ai cittadini residenti comunitari
(italiani e non).
Nel caso in cui le precedenti questioni vengano risolte affermativamente:
4) Se in caso di violazione di
principi generali dell’Unione quali il divieto di discriminazione e l’esigenza
di certezza del diritto, in presenza di una normativa nazionale attuativa che
permette al giudice di “ordinare la cessazione del comportamento
pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le
circostanze[, a rimuovere] gli effetti della discriminazione” nonché impone di
“ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto
discriminatorio, ove ancora sussistente, nonché la rimozione degli effetti” e
consente di ordinare “al fine di impedirne la ripetizione, entro il termine
fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni
accertate”, l’articolo 15 della direttiva 2000/43 (…), nella parte in cui
prevede che le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive,
de[bba] essere interpretato nel senso di
ricomprendere, fra le discriminazioni accertate e gli effetti da rimuovere,
anche al fine di evitare ingiustificate discriminazioni alla rovescia, tutte le
violazioni incidenti sui destinatari della discriminazione, anche se non siano
parti della controversia.
Nel caso in cui la precedente questione venga risolta affermativamente:
5) Se il diritto dell’Unione – e,
in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE, gli articoli 21 e 34 della Carta
e le direttive 2000/43 (…) e 2003/109 (…) – ost[i] ad
una normativa nazionale (rectius: provinciale) che
richiede ai soli cittadini extracomunitari e non anche ai cittadini comunitari
(italiani e non), parificati solo in ordine all’obbligo di residenza nel
territorio della provincia superiore a 5 anni, il possesso dell’ulteriore
requisito di 3 anni di attività lavorativa per accedere al beneficio del
sussidio casa.
6) Se il diritto dell’Unione – e,
in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE e gli articoli 18 [TFUE], 45
[TFUE], 49 TFUE in combinato disposto con gli articoli l, 21, 34 della Carta – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius:
provinciale) che prevede per i cittadini comunitari (italiani e non) l’obbligo
di rendere dichiarazione [di appartenenza] ovvero [di] aggregazione etnica ad
uno dei tre gruppi linguistici presenti in Alto Adige/Südtirol per accedere al
beneficio del sussidio casa.
7) Se il diritto dell’Unione – e,
in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE e gli articoli 18 [TFUE], 45
[TFUE], 49 TFUE in combinato disposto con gli articoli 21 e 34 della Carta – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius:
provinciale) che impone ai cittadini comunitari (italiani e non) l’obbligo di
residenza ovvero di lavoro nel territorio provinciale da almeno 5 anni per
accedere al beneficio del sussidio casa».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni prima, quarta, quinta,
sesta e settima
40 Occorre, in limine, rammentare
che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la
Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta
esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e
che deve assumersi la responsabilità dell’emananda
decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso,
sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere
la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla
Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano
l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è
tenuta a statuire (v., segnatamente, sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, Racc.
pag. I‑6057, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).
41 Tuttavia, spetta alla Corte
esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice
nazionale, al fine di verificare la propria competenza. Infatti, lo spirito di
collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale
implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente il compito
affidato alla Corte, che è quello di contribuire all’amministrazione della
giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo
su questioni generali o ipotetiche (v. sentenza Adeneler
e a., cit., punto 42).
42 Al riguardo, il rigetto di una
domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in
modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha
alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento
principale, oppure qualora la questione sia di natura ipotetica, o anche quando
la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per
rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenza del
23 novembre 2006, Asnef‑Equifax e Administración del Estado, C‑238/05,
Racc. pag. I‑11125, punto 17).
43 È alla luce di tali principi che
la Corte deve esaminare la ricevibilità di alcune delle questioni sollevate dal
giudice del rinvio.
Sulla prima questione
44 Con la sua prima questione, il
giudice del rinvio chiede se il principio di primazia del diritto dell’Unione
imponga al giudice nazionale di applicare le disposizioni del diritto
dell’Unione dotate di efficacia diretta, disapplicando qualsiasi norma di
diritto interno che sia in contrasto con esse, anche se tale norma nazionale
sia stata adottata in attuazione dei principi fondamentali dell’assetto
costituzionale dello Stato membro interessato.
45 Tale questione si ricollega al
principio di tutela delle minoranze linguistiche, il quale rappresenta, secondo
il giudice nazionale, un principio fondamentale dell’assetto costituzionale di
detto Stato membro. Orbene, detto principio è rilevante nel procedimento
principale unicamente per quanto riguarda i cittadini italiani ed i cittadini
dell’Unione, per i quali, come risulta dai punti 26‑28 della presente
sentenza, l’accesso al sussidio per l’alloggio è indistintamente subordinato
alla presentazione di una semplice dichiarazione di appartenenza ad uno dei tre
gruppi linguistici, mentre una dichiarazione siffatta non viene richiesta ai
cittadini di paesi terzi, come il ricorrente nel procedimento principale.
46 Dal momento che la prima questione
mira, in realtà, a indurre la Corte a formulare un parere a carattere
consultivo su una questione generale relativa ad una situazione che non ha
alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia
pendente dinanzi al giudice del rinvio, occorre considerare tale questione
irricevibile.
Sulla quarta questione
47 Con la sua quarta questione, il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva
2000/43 – il quale prevede che le sanzioni per le violazioni del principio di
non discriminazione fondate sulla razza o sull’origine etnica devono essere
effettive, proporzionate e dissuasive – imponga al giudice nazionale, ove
accerti una simile violazione, di porre fine a tutte le violazioni incidenti
sulle vittime della discriminazione, anche se queste ultime non sono parti
della controversia.
48 Nel caso di specie, risulta
chiaramente sia dall’ordinanza di rinvio sia dalle osservazioni presentate alla
Corte che la differenza di trattamento di cui il ricorrente nel procedimento
principale asserisce di essere vittima rispetto ai cittadini italiani si basa
sul suo status di cittadino di un paese terzo.
49 Orbene, conformemente agli
articoli 1 e 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/43, quest’ultima si
applica unicamente alle discriminazioni dirette o indirette fondate sulla razza
o sull’origine etnica. L’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva precisa che
essa non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non
pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all’ingresso nonché alla
residenza dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi nel territorio degli
Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei
cittadini dei paesi terzi e degli apolidi.
50 Ne deriva che la discriminazione
asserita dal ricorrente nel procedimento principale non rientra nell’ambito di
applicazione della direttiva 2000/43 e che la quarta questione è irricevibile.
Sulla quinta questione
51 Con la sua quinta questione, il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del diritto
dell’Unione, e segnatamente quelle delle direttive 2000/43 e 2003/109, ostino
ad una normativa nazionale o regionale che impone ai soli cittadini di paesi
terzi, e non anche ai cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, un
requisito ulteriore rispetto a quello relativo all’obbligo di residenza nel
territorio della Provincia autonoma di Bolzano per oltre cinque anni, e cioè il
requisito secondo cui i suddetti cittadini di paesi terzi devono esercitare
un’attività lavorativa da tre anni per poter accedere al beneficio del sussidio
per l’alloggio.
52 Occorre rammentare che, come
risulta dall’ordinanza di rinvio, il procedimento principale riguarda la
discriminazione asserita dal ricorrente in tale procedimento che deriverebbe
dal meccanismo di distribuzione dei fondi destinati ai sussidi per l’alloggio
previsto dalla legge provinciale e dalla delibera n. 1885.
53 È pacifico che, nel procedimento
principale, il requisito imposto ai cittadini di paesi terzi dall’articolo 5,
settimo comma, della legge provinciale, ossia quello relativo al necessario
esercizio di un’attività lavorativa nella Provincia autonoma di Bolzano per
almeno tre anni, era soddisfatto dal ricorrente nel medesimo procedimento e che
la domanda di sussidio per l’alloggio da costui presentata non è stata respinta
a motivo del mancato soddisfacimento di tale requisito.
54 Alla luce di tali considerazioni,
occorre constatare che la quinta questione, che non ha alcun rapporto con la
realtà effettiva o con l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice
del rinvio, deve essere respinta in quanto irricevibile.
Sulle questioni sesta e settima
55 Con le sue questioni sesta e
settima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, se il diritto dell’Unione, e segnatamente gli articoli 2 TUE, 6 TUE,
18 TFUE, 45 TFUE nonché 49 TFUE, letti in combinato disposto con gli articoli
l, 21 e 34 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una
normativa nazionale o regionale la quale imponga ai cittadini dell’Unione, per
beneficiare del sussidio per l’alloggio previsto da tale normativa, da un lato,
l’obbligo di residenza o di lavoro nel territorio della Provincia autonoma di
Bolzano da almeno cinque anni e, dall’altro, l’obbligo di rilascio di una
dichiarazione di appartenenza o di aggregazione ad uno dei tre gruppi
linguistici presenti in tale territorio.
56 Al riguardo occorre rammentare
che, come risulta dai punti 31 e 52 della presente sentenza, il ricorrente nel
procedimento principale è un cittadino di un paese terzo che risiede, da
diversi anni, nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano, e che il
procedimento principale riguarda il rigetto opposto alla sua domanda di
sussidio per l’alloggio a motivo dell’esaurimento degli stanziamenti previsti
per i cittadini di paesi terzi e del fatto che i fondi necessari alla
corresponsione di tale sussidio a detti cittadini non sono più disponibili.
57 Il giudice del rinvio non ha
dimostrato la ragione per la quale l’invalidazione, sulla base del diritto
dell’Unione, dei requisiti di residenza o linguistici imposti ai cittadini
dell’Unione per poter beneficiare del sussidio per l’alloggio previsto dalla
normativa adottata dalla Provincia autonoma di Bolzano potrebbe avere un
rapporto con la realtà effettiva e con l’oggetto della controversia pendente
dinanzi ad esso.
58 Alla luce di tali considerazioni,
occorre considerare che le questioni sesta e settima sollevate da detto giudice
sono irricevibili.
Nel merito
Sulla seconda questione
59 Con la sua seconda questione, il
giudice del rinvio chiede in sostanza se, in caso di conflitto tra una norma di
diritto nazionale e la CEDU, il richiamo a quest’ultima effettuato dall’articolo
6 TUE imponga al giudice nazionale di dare diretta attuazione alle disposizioni
di tale convenzione, nella fattispecie all’articolo 14 della medesima nonché
all’articolo 1 del Protocollo n. 12, disapplicando la norma di diritto
nazionale in conflitto, senza dovere previamente sollevare una questione di
costituzionalità dinanzi alla Corte costituzionale.
60 Ai sensi dell’articolo 6,
paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali, così come garantiti dalla CEDU e
quali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri,
fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.
61 Tale disposizione del Trattato UE
consacra la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale i diritti
fondamentali sono parte integrante dei principi generali del diritto dei quali
la Corte garantisce l’osservanza (v., segnatamente, sentenza del 29 settembre
2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 112).
62 Tuttavia, l’articolo 6, paragrafo
3, TUE non disciplina il rapporto tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli
Stati membri e nemmeno determina le conseguenze che un giudice nazionale deve
trarre nell’ipotesi di conflitto tra i diritti garantiti da tale convenzione ed
una norma di diritto nazionale.
63 Si deve pertanto rispondere alla
seconda questione dichiarando che il rinvio operato dall’articolo 6, paragrafo
3, TUE alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una
norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le
disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in
contrasto con essa.
Sulla terza questione
64 Con la sua terza questione, il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in
particolare le direttive 2000/43 e 2003/109, debba essere interpretato nel
senso che esso osta ad una normativa nazionale o regionale, come quella di cui
trattasi nel procedimento principale, la quale, per quanto riguarda la
concessione di un sussidio per l’alloggio, riservi ai cittadini di paesi terzi
soggiornanti di lungo periodo un trattamento diverso da quello riservato ai
cittadini dell’Unione, siano essi cittadini italiani o no, residenti nel
territorio della Provincia autonoma di Bolzano.
65 Per i motivi già esposti ai punti
48‑50 della presente sentenza, la discriminazione asserita dal ricorrente
nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della
direttiva 2000/43.
66 Quanto alla direttiva 2003/109,
occorre rammentare, in limine, che il sistema istituito da quest’ultima indica
chiaramente che l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo
conferito in forza di tale direttiva è subordinato ad una procedura particolare
e soggiace inoltre all’obbligo di soddisfare le condizioni precisate nel capo
II della direttiva medesima.
67 L’articolo 4 della direttiva
2003/109 prevede infatti che gli Stati membri riservino il conferimento dello
status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che abbiano
soggiornato legalmente e ininterrottamente nel loro territorio nei cinque anni
immediatamente precedenti la presentazione della relativa domanda. L’articolo 5
della medesima direttiva subordina l’ottenimento dello status suddetto alla
prova che il cittadino di un paese terzo che chiede il beneficio di tale status
dispone di risorse sufficienti nonché di un’assicurazione malattia. Infine,
l’articolo 7 della citata direttiva precisa i requisiti procedurali per il
conseguimento dello status in questione.
68 Date tali circostanze, spetta al
giudice del rinvio accertare se il ricorrente nel procedimento principale sia
titolare dello status di soggiornante di lungo periodo, cosicché egli possa
pretendere, in forza della menzionata direttiva, il beneficio della parità di
trattamento con i cittadini dello Stato membro interessato, ai sensi
dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva medesima.
69 Occorre ora esaminare se un
meccanismo di distribuzione dei fondi destinati ai sussidi per l’alloggio, come
quello di cui trattasi nel procedimento principale, sia conforme al principio
di parità di trattamento sancito dall’articolo 11 della direttiva 2003/109.
– Sulla differenza di trattamento e sulla comparabilità delle situazioni
in esame
70 Occorre in primo luogo osservare
che, nel procedimento principale, sia per i cittadini dell’Unione, siano essi
italiani o no, sia per i cittadini di paesi terzi, la legge provinciale
distribuisce i fondi destinati ai sussidi per l’alloggio in proporzione alla
media ponderata tra la consistenza numerica ed il fabbisogno di ciascuna
categoria.
71 Tuttavia, mentre per i cittadini
italiani ed i cittadini dell’Unione, per i quali, come risulta dai punti 26‑28
della presente sentenza, l’accesso al sussidio per l’alloggio è indistintamente
subordinato alla presentazione di una dichiarazione di appartenenza ad uno dei
tre gruppi linguistici, è stato attribuito un medesimo coefficiente ai due
elementi presi in considerazione nel calcolo della media ponderata, ossia un
coefficiente 1, per i cittadini di paesi terzi, in forza della delibera n.
1885, all’elemento relativo alla loro consistenza numerica è stato attribuito
un coefficiente 5, mentre al loro fabbisogno è stato assegnato un coefficiente
1.
72 Dunque, come risulta
dall’ordinanza di rinvio, a partire dall’anno 2009 la determinazione della
quota di fondi concessi, a titolo di sussidio per l’alloggio, ai cittadini
dell’Unione, da un lato, ed ai cittadini di paesi terzi, dall’altro, è stata
oggetto di un metodo di calcolo diverso. L’applicazione di coefficienti diversi
ha l’effetto di sfavorire la categoria composta da cittadini di paesi terzi, in
quanto lo stanziamento disponibile per soddisfare le loro domande di sussidio
per l’alloggio è più esiguo, e rischia pertanto di essere esaurito più
rapidamente, rispetto a quello attribuito a detti cittadini dell’Unione.
73 Di conseguenza, occorre rilevare
che la differenza tra i coefficienti relativi alla consistenza numerica dei
cittadini di paesi terzi, da un lato, e dei cittadini dell’Unione, siano essi
italiani o no, appartenenti ai tre gruppi linguistici, dall’altro, crea una
disparità di trattamento tra queste due categorie di beneficiari.
74 Quanto al confronto tra i
cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, ed i cittadini di paesi terzi,
la Provincia autonoma di Bolzano sostiene che il ricorso a metodi diversi per
accertare la consistenza numerica di queste due categorie o per quantificare il
loro fabbisogno dimostra che esse non si trovano in una situazione comparabile.
75 Tuttavia, anche a supporre che
esistano – come affermato dalla Provincia autonoma di Bolzano – difficoltà
statistiche o amministrative per gestire le domande di sussidio per l’alloggio
presentate in particolare dai cittadini di paesi terzi, tali difficoltà non
spiegano la ragione per la quale tali cittadini, qualora abbiano acquisito lo
status riconosciuto dalla direttiva 2003/109, abbiano soddisfatto sia la
procedura sia le condizioni prescritte da tale direttiva e non dispongano di
risorse sufficienti per far fronte alle spese relative all’alloggio, si trovino
in una situazione che non è comparabile a quella di un cittadino dell’Unione
avente il medesimo bisogno economico.
– Sulla differenza di trattamento alla luce dell’articolo 11, paragrafo 1,
della direttiva 2003/109
76 Occorre, in secondo luogo,
verificare se la disparità di trattamento così accertata rientri – ciò che la
Provincia autonoma di Bolzano contesta – nell’ambito di applicazione della
direttiva 2003/109, in particolare dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d),
di quest’ultima, il quale prevede per i soggiornanti di lunga durata il
beneficio della parità di trattamento per quanto riguarda la previdenza
sociale, l’assistenza sociale e la protezione sociale, così come tali nozioni
sono definite dalla legislazione nazionale.
77 Al riguardo occorre rammentare
che, qualora il legislatore dell’Unione abbia espressamente rinviato alla
legislazione nazionale, come avvenuto all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d),
della direttiva 2003/109, non spetta alla Corte dare delle parole di cui
trattasi una definizione autonoma ed uniforme ai sensi del diritto dell’Unione
(v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 1984, Ekro,
327/82, Racc. pag. 107, punto 14). Infatti, un rinvio
siffatto implica che il legislatore dell’Unione abbia inteso rispettare le
differenze che sussistono tra gli Stati membri riguardo alla definizione ed
alla portata esatta delle nozioni di cui trattasi.
78 Tuttavia, l’assenza di una
definizione autonoma ed uniforme, ai sensi del diritto dell’Unione, delle
nozioni di previdenza sociale, di assistenza sociale e di protezione sociale,
ed il rinvio al diritto nazionale, contenuto all’articolo 11, paragrafo 1,
lettera d), della direttiva 2003/109, relativamente a dette nozioni, non
implicano che gli Stati membri possano pregiudicare l’effetto utile della
direttiva 2003/109 al momento dell’applicazione del principio della parità di
trattamento previsto da tale disposizione.
79 Risulta dal terzo considerando
della direttiva 2003/109 che quest’ultima rispetta i diritti fondamentali ed
osserva i principi che sono riconosciuti, segnatamente, dalla Carta, la quale
ha, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, lo stesso valore
giuridico dei trattati. In forza dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le
sue disposizioni si rivolgono agli Stati membri allorquando essi attuano il
diritto dell’Unione.
80 Ne consegue che, allorché
stabiliscono le misure di previdenza sociale, di assistenza sociale e di protezione
sociale definite dalla loro legislazione nazionale e soggiacenti al principio
della parità di trattamento sancito all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d),
della direttiva 2003/109, gli Stati membri devono rispettare i diritti ed
osservare i principi previsti dalla Carta, segnatamente quelli enunciati
all’articolo 34 di quest’ultima. Ai sensi del paragrafo 3 di tale articolo 34,
al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione – e
dunque gli Stati membri quando attuano il diritto di quest’ultima – «riconosce
e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a
garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse
sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le
legislazioni e prassi nazionali».
81 Dal momento che sia l’articolo 11,
paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, sia l’articolo 34, paragrafo
3, della Carta si riferiscono al diritto nazionale, spetta al giudice del
rinvio, tenendo conto dell’obiettivo di integrazione perseguito da tale
direttiva, valutare se un sussidio per l’alloggio, come quello previsto dalla
legge provinciale, rientri in una delle categorie contemplate da detto articolo
11, paragrafo 1, lettera d), ciò che viene contestato dalla Provincia autonoma
di Bolzano.
– Sull’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109
82 Poiché il giudice del rinvio
potrebbe ritenere che il sussidio per l’alloggio di cui trattasi nel
procedimento principale rientri nell’ambito dell’articolo 11, paragrafo 1,
lettera d), della direttiva 2003/109, occorre esaminare, in terzo luogo, se la
Provincia autonoma di Bolzano sia legittimata, come sostiene, a limitare
l’applicazione del principio della parità di trattamento sancito in detto
articolo 11, paragrafo 1, avvalendosi del paragrafo 4 del medesimo articolo.
83 Al riguardo occorre rammentare che
quest’ultima disposizione dispone che, in materia di assistenza sociale e di
protezione sociale, gli Stati membri possono limitare l’applicazione di detto
principio alle prestazioni essenziali. L’articolo 11, paragrafo 4, della
direttiva 2003/109 non consente, per contro, una deroga a detto principio per
quanto riguarda le prestazioni rientranti nella previdenza sociale come
definita dalla legislazione nazionale.
84 Risulta dal tredicesimo
considerando di detta direttiva che la nozione di benefici o di prestazioni
essenziali comprende almeno il sostegno di reddito minimo, l’assistenza in caso
di malattia o di gravidanza, l’assistenza parentale e l’assistenza a lungo
termine. Le modalità di concessione di tali benefici o prestazioni devono
essere determinate, a mente di detto considerando, dalla legislazione
nazionale.
85 Occorre anzitutto osservare che
l’elenco contenuto in tale tredicesimo considerando e che illustra la nozione
di «prestazioni essenziali» di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della
direttiva 2003/109 non è esaustivo, come confermato dall’impiego del termine
«almeno». Pertanto, il fatto che in tale considerando non venga effettuato
alcun riferimento espresso ai sussidi per l’alloggio non implica che questi
ultimi non costituiscano prestazioni essenziali alle quali il principio della
parità di trattamento deve necessariamente essere applicato.
86 Inoltre, occorre rilevare che, dal
momento che l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo
duraturo negli Stati membri ed il diritto di tali cittadini al beneficio della
parità di trattamento nei settori elencati all’articolo 11, paragrafo 1, della
direttiva 2003/109 costituiscono la regola generale, la deroga prevista dal
paragrafo 4 di tale articolo deve essere interpretata restrittivamente (v., per
analogia, sentenza del 4 marzo 2010, Chakroun, C‑578/08,
Racc. pag. I‑1839, punto 43).
87 Al riguardo occorre rilevare che
un’autorità pubblica, sia essa di livello nazionale, regionale o locale, può
invocare la deroga prevista all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva
2003/109 unicamente qualora gli organi competenti nello Stato membro
interessato per l’attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso
l’intenzione di avvalersi della deroga suddetta.
88 Dal fascicolo di causa a
disposizione della Corte non risulta che la Repubblica italiana abbia
manifestato la propria intenzione di ricorrere alla deroga al principio della
parità di trattamento prevista dall’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva
2003/109.
89 Infine, occorre rilevare che il
rinvio al diritto nazionale effettuato dal tredicesimo considerando di detta
direttiva è limitato alle modalità di concessione delle prestazioni di cui
trattasi, vale a dire alla determinazione delle condizioni di accesso e del
livello di tali prestazioni nonché delle relative procedure.
90 Il senso e la portata della
nozione di «prestazioni essenziali» di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della
direttiva 2003/109 devono pertanto essere ricercati tenendo conto del contesto
in cui s’iscrive tale articolo e della finalità perseguita da detta direttiva,
ossia l’integrazione dei cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato
legalmente e a titolo duraturo negli Stati membri.
91 L’articolo 11, paragrafo 4, della
direttiva 2003/109 deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati
membri di limitare la parità di trattamento della quale beneficiano i titolari
dello status conferito dalla direttiva medesima, ad eccezione delle prestazioni
di assistenza sociale o di protezione sociale concesse dalle autorità
pubbliche, a livello nazionale, regionale o locale, che contribuiscono a
permettere all’individuo di soddisfare le sue necessità elementari, come il
vitto, l’alloggio e la salute.
92 Al riguardo occorre rammentare
che, conformemente all’articolo 34 della Carta, l’Unione riconosce e rispetta
il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire
un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse
sufficienti. Ne consegue che, nei limiti in cui il sussidio di cui trattasi nel
procedimento principale risponde alla finalità enunciata nel citato articolo
della Carta, esso non può essere considerato, nell’ambito del diritto
dell’Unione, come non compreso tra le prestazioni essenziali ai sensi
dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109. Spetta al giudice
nazionale procedere agli accertamenti necessari, prendendo in considerazione la
finalità di tale sussidio, il suo ammontare, i requisiti per la sua
attribuzione e la posizione da esso occupata nel sistema di assistenza sociale
italiano.
93 Alla luce delle considerazioni che
precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo
11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109 deve essere interpretato
nel senso che esso osta ad una normativa nazionale o regionale, come quella di
cui trattasi nel procedimento principale, la quale, per quanto riguarda la
concessione di un sussidio per l’alloggio, riservi ad un cittadino di un paese
terzo, beneficiario dello status di soggiornante di lungo periodo conferito
conformemente alle disposizioni di detta direttiva, un trattamento diverso da quello
riservato ai cittadini nazionali residenti nella medesima provincia o regione
nell’ambito della distribuzione dei fondi destinati al sussidio summenzionato,
a condizione che tale sussidio rientri in una delle tre categorie contemplate
dalla disposizione sopra citata e che il paragrafo 4 del medesimo articolo 11
non trovi applicazione.
Sulle spese
94 Nei confronti delle parti nel
procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono
dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Le questioni prima, quarta,
quinta, sesta e settima sollevate dal Tribunale di Bolzano nella causa C‑571/10
sono irricevibili.
2) Il rinvio operato dall’articolo
6, paragrafo 3, TUE alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, non impone
al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e
detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima,
disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa.
3) L’articolo 11, paragrafo 1,
lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003,
relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di
lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una
normativa nazionale o regionale, come quella di cui trattasi nel procedimento
principale, la quale, per quanto riguarda la concessione di un sussidio per
l’alloggio, riservi ad un cittadino di un paese terzo, beneficiario dello
status di soggiornante di lungo periodo conferito conformemente alle
disposizioni di detta direttiva, un trattamento diverso da quello riservato ai
cittadini nazionali residenti nella medesima provincia o regione nell’ambito
della distribuzione dei fondi destinati al sussidio summenzionato, a condizione
che tale sussidio rientri in una delle tre categorie contemplate dalla
disposizione sopra citata e che il paragrafo 4 del medesimo articolo 11 non
trovi applicazione.