Corte di Giustizia delle Comunità europee (Presidente
della Corte), 13 gennaio 2009
C‑512/07
P(R) e C‑15/08 P(R), Achille Occhetto – Parlamento europeo
Nei procedimenti riuniti C‑512/07 P(R) e C‑15/08 P(R),
aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 57, secondo comma,
dello statuto della Corte di giustizia, registrate nella cancelleria della
Corte rispettivamente il 22 novembre 2007 e il 16 gennaio 2008,
Achille Occhetto,
residente in Roma,
rappresentato dagli avv.ti P. De Caterini e
F. Paola,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
e
Parlamento europeo,
rappresentato dai sigg. H. Krück, N. Lorenz e L. Visaggio,
in qualità di agenti,
ricorrenti,
procedimento in cui le altre parti sono:
Beniamino Donnici,
residente in Castrolibero,
rappresentato dagli avv.ti M. Sanino, G.M. Roberti,
I. Perego e P. Salvatore,
richiedente in primo grado,
Repubblica italiana,
rappresentata dal sig. I.M. Braguglia,
in qualità di agente,
assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato,
interveniente in primo
grado,
IL PRESIDENTE DELLA CORTE,
sentito l’avvocato generale M. Poiares Maduro,
ha
emesso la seguente
Ordinanza
1 Con le impugnazioni in esame, il sig. Occhetto
e il Parlamento europeo chiedono l’annullamento dell’ordinanza del giudice per
i provvedimenti provvisori del Tribunale di primo grado delle Comunità europee
15 novembre 2007, causa T‑215/07 R, Donnici/Parlamento
(Racc. pag. II-4673; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con cui
quest’ultimo ha disposto la sospensione dell’esecuzione della decisione del
Parlamento europeo 24 maggio 2007 sulla verifica dei poteri di Beniamino Donnici [2007/2121(REG); in prosieguo: la «decisione controversa»].
2 Poiché tra le impugnazioni sussiste connessione
oggettiva, occorre riunirle ai fini della presente ordinanza, conformemente
all’art. 43 del regolamento di procedura.
Contesto normativo
L’atto del 1976
3 Gli artt. 6-8, 12 e 13, n. 3, dell’atto
relativo all’elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo a suffragio
universale diretto allegato alla decisione del Consiglio 20 settembre 1976,
76/787/CECA, CEE, Euratom (GU L 278,
pag. 1), come modificato e rinumerato con la decisione del Consiglio 25
giugno 2002 e 23 settembre 2002, 2002/772/CE, Euratom
(GU L 283, pag. 1; in prosieguo: l’«atto del 1976»), recitano:
«Articolo
6
1. I
membri del Parlamento europeo votano individualmente e personalmente. Non
possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo.
2. I
membri del Parlamento europeo beneficiano dei privilegi e delle immunità loro
applicabili in virtù del protocollo dell’8 aprile 1965 sui privilegi e sulle
immunità delle Comunità europee.
Articolo 7
1. La
carica di membro del Parlamento europeo è incompatibile con quella di:
– membro
del governo di uno Stato membro,
– membro
della Commissione delle Comunità europee,
– giudice,
avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia delle Comunità europee
o del Tribunale di primo grado,
– membro
del comitato esecutivo della Banca centrale europea,
– membro
della Corte dei conti delle Comunità europee,
– mediatore
delle Comunità europee,
– membro
del Comitato economico e sociale della Comunità economica europea e della
Comunità europea dell’energia atomica,
– membro
dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei Trattati che
istituiscono
– membro
del consiglio d’amministrazione, del comitato direttivo ovvero impiegato della
Banca europea per gli investimenti,
– funzionario
o agente, in attività di servizio, delle istituzioni delle Comunità europee o
degli organismi specializzati che vi si ricollegano o della Banca centrale
europea.
2. A
partire dall’elezione del Parlamento europeo del 2004, la carica di membro del
Parlamento europeo è incompatibile con quella di membro del parlamento
nazionale.
In deroga a tale norma e fatte salve le disposizioni
del paragrafo 3:
– i
membri del Parlamento nazionale irlandese eletti al Parlamento europeo in una
votazione successiva possono esercitare il doppio mandato fino alle elezioni
successive del Parlamento nazionale irlandese, occasione in cui si applica il
primo comma del presente paragrafo,
– i
membri del Parlamento nazionale del Regno Unito che sono anche membri del
Parlamento europeo nel periodo quinquennale che precede le elezioni del
Parlamento europeo del 2004 possono esercitare il doppio mandato fino alle
elezioni del 2009 per il Parlamento europeo, occasione in cui si applica il
primo comma del presente paragrafo.
(…)
Articolo 8
Fatte salve le disposizioni del presente atto, la
procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni
nazionali.
Tali disposizioni nazionali, che possono
eventualmente tener conto delle particolarità negli Stati membri, non devono
nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.
(...)
Articolo 12
Il Parlamento europeo verifica i poteri dei membri
del Parlamento europeo. A tal fine, ess[o] prende
atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri, e decide sulle
contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle
disposizioni del presente atto, fatta eccezione delle disposizioni nazionali
cui tale atto rinvia.
Articolo 13
(…)
3. Quando
la legislazione di uno Stato membro stabilisce espressamente la decadenza del
mandato di un membro del Parlamento europeo, il suo mandato scade in
applicazione delle disposizioni di tale legislazione. Le autorità nazionali
competenti ne informano il Parlamento europeo».
Il regolamento interno del Parlamento europeo
4 Gli artt. 3 e 4, nn. 3
e 9, del regolamento interno del Parlamento europeo sono del seguente tenore:
«Articolo
3
Verifica dei poteri
1. A
seguito delle elezioni al Parlamento europeo, il Presidente invita le autorità
competenti degli Stati membri a comunicare immediatamente al Parlamento i nomi
dei deputati eletti, affinché questi possano sedere in Parlamento a partire
dall’apertura della prima seduta successiva alle elezioni.
Il Presidente attira al contempo l’attenzione di
suddette autorità sulle disposizioni pertinenti dell’[atto del 1976] e le
invita ad adottare le misure necessarie al fine di evitare qualsiasi
incompatibilità con il mandato di deputato al Parlamento europeo.
2. Ciascun
deputato la cui elezione sia stata notificata al Parlamento dichiara per
iscritto, prima di sedere in Parlamento, di non ricoprire alcuna carica
incompatibile con quella di deputato al Parlamento europeo, ai sensi
dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2 dell’[atto del 1976]. Dopo le elezioni, tale
dichiarazione è presentata, se possibile, al più tardi sei giorni prima della
seduta costitutiva del Parlamento. Finché i poteri di un deputato non siano
stati verificati o non si sia deciso in merito ad eventuali contestazioni, il
deputato siede con pieni diritti nel Parlamento e nei suoi organi, purché abbia
previamente firmato suddetta dichiarazione scritta.
Qualora venga accertato, sulla base di fatti
verificabili presso fonti accessibili al pubblico, che un deputato ricopre una
carica incompatibile con quella di deputato al Parlamento europeo, ai sensi
dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2 dell’[atto del 1976],
il Parlamento, su informazioni fornite dal suo Presidente, constata la vacanza.
3. Il
Parlamento, sulla base di una relazione della sua commissione competente,
procede immediatamente alla verifica dei poteri e decide in merito alla
validità del mandato di ciascuno dei membri neoeletti nonché in merito a
eventuali contestazioni presentate in base alle disposizioni dell’[atto del
1976], eccettuate quelle fondate sulle leggi elettorali nazionali.
4. La
relazione della commissione competente si basa sulla comunicazione ufficiale,
da parte di ciascuno Stato membro, dell’insieme dei risultati elettorali, nella
quale si precisano il nome dei candidati eletti e dei loro eventuali sostituti
nonché la graduatoria, così come risulta dal voto.
Si potrà decidere in merito alla validità del
mandato di un deputato soltanto dopo che questi abbia redatto le dichiarazioni
scritte previste dal presente articolo e dall’allegato I del presente
regolamento.
Il Parlamento, sulla base di una relazione della
commissione competente, può in ogni momento pronunciarsi su eventuali
contestazioni relative alla validità del mandato di uno dei suoi membri.
5. Qualora
la nomina di un deputato risulti dalla rinuncia di candidati figuranti sulla
stessa lista, la commissione competente per la verifica dei poteri vigila a che
tale rinuncia avvenga conformemente allo spirito e alla lettera dell’[atto del
1976], nonché all’articolo 4, paragrafo 3, del presente regolamento.
6. La
commissione competente vigila a che qualsiasi informazione suscettibile di
interessare l’esercizio del mandato di un deputato al Parlamento europeo o la
graduatoria dei sostituti sia comunicata immediatamente al Parlamento dalle
autorità degli Stati membri o dell’Unione, con l’indicazione della data di
decorrenza qualora si tratti di una nomina.
Nel caso in cui le autorità competenti degli Stati
membri avviino una procedura suscettibile di portare a una dichiarazione di
decadenza del mandato di un deputato, il Presidente chiede loro di essere
regolarmente informato sullo stato della procedura. Egli deferisce tale
questione alla commissione competente, su proposta della quale il Parlamento
può pronunciarsi.
Articolo 4
Durata del mandato
(…)
3. I
deputati dimissionari comunicano le loro dimissioni al Presidente nonché la
data dalla quale queste decorrono, che non deve eccedere i tre mesi dalla
comunicazione. Detta comunicazione assume la veste di un verbale redatto alla
presenza del Segretario generale o di un suo sostituto, firmato da questi e dal
deputato interessato e immediatamente presentato alla commissione competente
che lo iscrive all’ordine del giorno della prima riunione successiva al
ricevimento del suddetto documento.
Qualora la commissione competente ritenga che le
dimissioni non corrispondano allo spirito o alla lettera dell’[atto del 1976],
essa ne informa il Parlamento affinché quest’ultimo decida se constatare o meno la vacanza.
In caso contrario, la constatazione della vacanza
vale a partire dalla data indicata dal deputato dimissionario nel verbale delle
dimissioni. Il Parlamento non vota in merito.
(…)
9. Nel
caso in cui l’accettazione del mandato o la rinuncia allo stesso appaiano
inficiate da inesattezze materiali o da vizi di consenso, il Parlamento si
riserva di dichiarare non valido il mandato esaminato ovvero di rifiutare la
constatazione della vacanza».
Lo statuto dei deputati del Parlamento europeo
5 A norma del quarto ‘considerando’ della decisione
del Parlamento europeo 28 settembre 2005, 2005/684/CE, Euratom,
che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU L 262,
pag. 1; in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), «[l]a libertà e
l’indipendenza dei deputati, sancite all’articolo 2, impongono una regolamentazione
e non figurano in alcun testo di diritto primario. Eventuali dichiarazioni con
cui i deputati assumono l’impegno di cessare il mandato a un determinato
momento oppure dichiarazioni in bianco per le dimissioni dal mandato, che un
partito possa utilizzare a sua discrezione, sono incompatibili con la libertà e
l’indipendenza dei deputati e pertanto non possono avere alcun valore giuridico
vincolante».
6 Il quinto ‘considerando’ dello statuto dei deputati
precisa che l’art. 3, n. 1, di quest’ultimo riprende integralmente le
disposizioni dell’art. 6, n. 1, dell’atto del 1976.
7 Gli artt. 2 e 30 dello statuto dei deputati
dispongono quanto segue:
«Articolo
2
1. I
deputati sono liberi e indipendenti.
2. Qualsiasi
accordo sulle dimissioni dal mandato prima della scadenza o al termine della
legislatura è nullo.
(...)
Articolo 30
Il presente statuto entra in vigore il primo giorno
della legislatura del Parlamento europeo che avrà inizio nel 2009».
I fatti
8 I fatti all’origine della controversia sono stati
illustrati ai punti 6-17 dell’ordinanza impugnata nei termini seguenti:
«6 In
occasione delle elezioni dei membri del Parlamento europeo del 12 e 13 giugno
2004, Beniamino Donnici [...] si è candidato per la
lista comune “Società Civile Di Pietro – Occhetto”, nella circoscrizione Italia
Meridionale. Tale lista ha ottenuto due seggi, il primo dei
quali nella detta circoscrizione e l’altro nella circoscrizione Italia
Nord-Occidentale. Il sig. A. Di Pietro, risultato primo eletto
in entrambe le circoscrizioni, ha optato per la circoscrizione Italia
Meridionale.
7 Il
sig. A. Occhetto figurava in seconda posizione sugli elenchi
elettorali, in considerazione del numero di voti ottenuti nelle due
circoscrizioni, superando [il sig. Donnici]
nella circoscrizione Italia Meridionale e il sig. G. Chiesa nella
circoscrizione Italia Nord-Occidentale. Poiché il sig. Di Pietro ha optato
per il seggio della circoscrizione Italia Meridionale, il sig. Occhetto avrebbe dovuto essere proclamato eletto nella circoscrizione
Italia Nord-Occidentale. Tuttavia, con dichiarazione scritta, firmata dinanzi a
un notaio il 6 luglio 2004 e giunta il 7 luglio seguente all’Ufficio elettorale
nazionale per il Parlamento europeo presso
8 In
seguito a tale rinuncia, il 12 novembre 2004 l’Ufficio elettorale italiano ha
comunicato al Parlamento i risultati ufficiali delle elezioni europee con
l’elenco dei candidati eletti e dei loro sostituti. L’Ufficio elettorale
italiano ha proclamato l’elezione del sig. Chiesa nella circoscrizione
Italia Nord-Occidentale e del sig. Di Pietro nella circoscrizione
Italia Meridionale, mentre [il sig. Donnici]
diveniva primo dei non eletti in quest’ultima circoscrizione.
9 In
occasione delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile
10 Con
dichiarazione 27 aprile 2006, indirizzata all’Ufficio elettorale italiano, il
sig. Occhetto ha revocato la sua rinuncia del 7 luglio 2004, esprimendo
“la propria volontà di subentrare, quale primo dei non eletti della
circoscrizione [Italia Meridionale], [al sig.] Di Pietro,
dovendosi per l’effetto ritenere invalida, inefficace e comunque revocata ogni
e qualsiasi diversa volontà manifestata in precedenza (…), dovendosi in ogni
caso a riguardo tenersi conto della volontà sussistente al momento della
proclamazione degli eletti”.
11 In
seguito a tale dichiarazione, l’8 maggio 2006 l’Ufficio elettorale italiano ha
proclamato l’elezione del sig. Occhetto a membro del Parlamento europeo.
12 Con
sentenza 21 luglio 2006, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha
dichiarato infondato il ricorso di annullamento proposto dal [sig. Donnici] avverso tale proclamazione. In sostanza, il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha considerato che la rinuncia del
sig. Occhetto, del 7 luglio 2004, relativa alla proclamazione degli eletti
non equivaleva alla rinuncia alla sua posizione nella graduatoria
post-elettorale. Esso ha motivato la sua decisione sottolineando che il
rispetto della volontà popolare impone di considerare indisponibili e immodificabili
i risultati elettorali, che una siffatta rinuncia non ha effetto in sede di
adozione degli eventuali atti di surrogazione in caso di incompatibilità,
decadenza, ineleggibilità o rinuncia alla nomina o alla carica da parte degli
aventi diritto, e che, di conseguenza, il candidato che abbia rinunciato
all’elezione ha diritto, quando si verifichino i presupposti per una
surrogazione, a ritirare il proprio atto di rinuncia per subentrare nel seggio
da ricoprire per surrogazione.
13 [Il
sig. Donnici] ha altresì contestato dinanzi al
Parlamento la proclamazione dell’elezione del sig. Occhetto alla carica di
deputato europeo al posto del sig. Di Pietro. Tale contestazione è
stata esaminata dalla commissione giuridica del Parlamento durante la sua
riunione del 21 giugno 2006. Dopo aver constatato che, conformemente
all’art. 12 dell’atto del 1976, tale contestazione non era ricevibile, in
quanto fondata sulla legge elettorale italiana, la commissione giuridica ha
proposto all’unanimità al Parlamento la conferma del mandato del
sig. Occhetto, con effetto a decorrere dall’8 maggio 2006. Il 3 luglio
2006 il Parlamento ha ratificato il mandato del sig. Occhetto.
14 Con
sentenza definitiva 6 dicembre 2006, passata in giudicato, il Consiglio di
Stato ha accolto l’appello proposto dal [sig. Donnici]
avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sopra
menzionato, ha riformato detta sentenza e annullato la proclamazione a
componente del Parlamento europeo del sig. Occhetto, alla quale aveva
proceduto l’Ufficio elettorale italiano l’8 maggio 2006. Il Consiglio di Stato
ha considerato, in primo luogo, che la distinzione tra la rinuncia all’elezione
e la rinuncia alla posizione in graduatoria era illogica perché l’elezione è un
effetto della posizione in graduatoria, e la rinuncia all’elezione comporta per
l’interessato l’eliminazione dalla graduatoria ed ogni effetto che ne consegue.
Il Consiglio di Stato ha considerato, in secondo luogo, che è contraddittorio
affermare che la rinuncia all’elezione non ha effetto ai fini delle
surrogazioni, e che il candidato rinunciante ha diritto di ritirare la rinuncia
quando occorra procedere a una surrogazione. Infine, il Consiglio di Stato ha
considerato, in terzo luogo, che la rinuncia all’elezione si configurava come
dichiarazione irrevocabile quando il competente organo o ufficio, destinatario
della rinuncia, ne abbia preso atto, il che produce l’effetto di modificare la
graduatoria a disposizione dell’ufficio elettorale.
15 Il
29 marzo 2007, l’Ufficio elettorale italiano ha preso atto della sentenza del
Consiglio di Stato sopramenzionata ed ha proclamato l’elezione [del sig. Donnici] a membro del Parlamento europeo per la
circoscrizione Italia Meridionale, revocando così il mandato del sig. Occhetto.
16 Poiché
tale proclamazione è stata comunicata al Parlamento europeo, quest’ultimo ne ha
preso atto nel verbale della seduta plenaria del 23 aprile 2007, nei termini
seguenti:
“Le autorità italiane competenti hanno comunicato che la
proclamazione dell’elezione [del sig. Occhetto] è stata annullata e che il
seggio resosi vacante è stato attribuito [al sig. Donnici].
Il Parlamento prende atto di tali decisioni con decorrenza dal 29.03.2007.
(…)
Conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, del
[regolamento interno del Parlamento], finché i [suoi] poteri non siano stati
verificati o non sia stato deciso in merito a una contestazione (…), [il
sig. Donnici] (…) [siede] con pieni diritti nel
Parlamento e nei suoi organi, purché [abbia] preventivamente dichiarato di non
ricoprire alcuna carica incompatibile con quella di deputato al Parlamento
europeo”.
17 Intanto,
con lettera 5 aprile 2007, completata da una nota del 14 aprile seguente, il
sig. Occhetto ha sollevato una contestazione e ha chiesto al Parlamento di
confermare il suo mandato nonché di non confermare quello [del sig. Donnici]. Con [la decisione controversa], adottata su
relazione della commissione giuridica del 22 maggio 2007 (A6‑0198/2007),
il Parlamento ha dichiarato non valido il mandato di deputato al Parlamento
[del sig. Donnici], la cui elezione è stata
comunicata dall’autorità nazionale competente, e ha confermato la validità del
mandato del sig. Occhetto. Il Parlamento ha altresì incaricato il suo
Presidente di trasmettere tale decisione all’autorità nazionale competente,
nonché [al sig. Donnici] e al
sig. Occhetto».
Il procedimento
dinanzi al Tribunale e l’ordinanza impugnata
9 Con atto introduttivo registrato nella cancelleria
del Tribunale il 22 giugno 2007, il sig. Donnici
ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa, ai
sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Con atto separato, ha altresì
presentato istanza di provvedimenti provvisori diretta ad ottenere la
sospensione cautelare della medesima decisione.
10 L’intervento del sig. Occhetto e della
Repubblica italiana è stato ammesso a sostegno, rispettivamente, delle
conclusioni del Parlamento e del sig. Donnici.
11 A sostegno del ricorso d’annullamento il sig. Donnici ha dedotto due motivi. In primo luogo, ha sostenuto
che il Parlamento, adottando la decisione controversa, aveva violato le regole
ed i principi che determinano la sua competenza in materia di verifica dei
poteri dei suoi membri. In secondo luogo, ha contestato l’adeguatezza della
motivazione di tale decisione.
12 Nell’ordinanza impugnata il giudice del procedimento
sommario ha effettuato anzitutto un esame prima facie
della fondatezza dei motivi dedotti dal sig. Donnici
a sostegno del ricorso d’annullamento, onde stabilire se sussistesse il
requisito del fumus boni iuris. In esito a tale esame, ha ritenuto che il motivo
fondato sull’incompetenza del Parlamento a adottare la decisione controversa
presentasse un carattere valido e non potesse essere disatteso senza un’analisi
più approfondita, il cui svolgimento spetta solo al giudice del merito. Ne ha
pertanto concluso che tale condizione ricorresse nel caso di specie.
13 Indi, il giudice del procedimento sommario ha
considerato che la sospensione dell’esecuzione richiesta era necessaria per
evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del sig. Donnici, tenuto conto, segnatamente, della durata limitata
del mandato di un membro del Parlamento e dell’impossibilità per il sig. Donnici di proseguire l’esercizio del suo mandato
risultante dalla decisione controversa.
14 Infine, il giudice del procedimento sommario ha
ponderato gli interessi in causa rilevando che, tenuto conto della manifesta
parità tra i rispettivi interessi specifici e immediati dei sigg. Donnici e Occhetto, occorreva prendere in considerazione
interessi più generali. Pertanto, evidenziando in particolare l’interesse della
Repubblica italiana a vedere rispettata dal Parlamento
la propria normativa in materia elettorale nonché il carattere solido e valido
dell’argomentazione del sig. Donnici, ha
concluso che le condizioni per la concessione della sospensione dell’esecuzione
della decisione controversa erano soddisfatte ed ha pertanto accolto la domanda
del sig. Donnici.
Conclusioni delle parti
15 Il sig. Occhetto e il Parlamento chiedono, con
le rispettive impugnazioni, l’annullamento dell’ordinanza impugnata. A sostegno
delle impugnazioni deducono i motivi di erronea valutazione del fumus boni iuris
nonché erronea valutazione dell’urgenza e della ponderazione degli interessi in
causa.
16 Il sig. Donnici e il
governo italiano chiedono il rigetto delle impugnazioni. Per quanto riguarda
l’impugnazione del sig. Occhetto, il sig. Donnici
chiede, in via principale, che venga dichiarata irricevibile.
Sull’impugnazione
Sulla ricevibilità dell’impugnazione del
sig. Occhetto
17 Il sig. Donnici fa
valere che l’impugnazione proposta dal sig. Occhetto appare
sostanzialmente fondata sulla tesi secondo cui, nella specie, la rinuncia al
seggio di deputato sarebbe inficiata da un vizio del consenso. Tale rinuncia,
pertanto, non sarebbe valida e spetterebbe al Parlamento constatare detta
invalidità in sede di verifica dei poteri. Ora, secondo il sig. Donnici, il sig. Occhetto non ha dedotto l’esistenza
di un vizio del consenso né dinanzi ai giudici nazionali né dinanzi al giudice
del procedimento sommario comunitario. Ne discenderebbe che l’impugnazione
proposta dal sig. Occhetto è essenzialmente fondata su elementi dedotti
per la prima volta nel presente procedimento di impugnazione. Inoltre, la
verifica delle circostanze da cui potrebbe dipendere l’esistenza di un vizio
del consenso implicherebbe una constatazione ed una valutazione di elementi di
fatto, il che sarebbe escluso in fase di impugnazione.
Il sig. Donnici chiede pertanto che
l’impugnazione proposta dal sig. Occhetto sia dichiarata irricevibile.
18 Occorre al riguardo constatare che, se è vero che,
nell’ambito della sua impugnazione, il sig. Occhetto presenta una serie di
considerazioni relative alla validità della sua rinuncia al mandato di deputato
ed all’esistenza di un vizio del consenso, detta impugnazione resta comunque
fondata su una serie di motivi attinenti, da un lato, ad un’erronea
interpretazione dell’atto del 1976 e, dall’altro, ad un’erronea valutazione
dell’urgenza e della ponderazione degli interessi in causa.
19 L’impugnazione proposta dal sig. Occhetto deve
essere quindi ritenuta ricevibile.
Sui motivi attinenti ad un’erronea valutazione
del fumus boni iuris
20 Per quanto riguarda la valutazione del fumus boni iuris
da parte del giudice del procedimento sommario, i ricorrenti fanno valere tre
motivi attinenti, rispettivamente:
– ad
un’erronea interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976 quanto alla
portata dei poteri di verifica del Parlamento;
– ad
un’erronea interpretazione dell’art. 6 dell’atto del 1976 e del suo ambito
di applicazione, nonché ad una violazione dell’art. 3 del protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in
prosieguo: la «CEDU»), e
– ad
un errore di diritto, nonché ad una motivazione contraddittoria quanto alla
determinazione dell’incidenza, sulla decisione controversa, dell’asserita
illegittimità della decisione adottata dalle autorità italiane.
Sul motivo attinente ad un’erronea
interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976
– Argomenti
dei ricorrenti
21 Secondo il sig. Occhetto ed il Parlamento,
considerato che, ai sensi dell’art. 12 dell’atto del 1976, il Parlamento
deve limitarsi a prendere atto dei risultati elettorali proclamati dalle
competenti autorità nazionali e non dispone di alcuna competenza di principio
per vigilare sul rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri,
il giudice del procedimento sommario ha proceduto ad un’interpretazione erronea
di detta disposizione, sotto il duplice profilo del suo tenore letterale e del
contesto generale nel quale essa si colloca.
22 Se è vero che, conformemente all’art. 12
dell’atto del 1976, il Parlamento deve solo «prendere atto» dei risultati delle
verifiche delle autorità nazionali svolte sulla base della normativa degli
Stati membri, esso resterebbe pur sempre il titolare di un potere autonomo di
verifica sulla base delle regole del diritto comunitario. Trattandosi di una
procedura che concorre alla formazione di un’istituzione comunitaria,
esisterebbe un livello normativo comunitario diretto non ad armonizzare le
procedure nazionali, bensì a stabilire uno standard minimo atto ad evitare
distorsioni derivanti dalle disparità esistenti tra le procedure nazionali. In
tal senso, l’art. 12 dell’atto del 1976 assegnerebbe al Parlamento il
potere di decidere in merito a contestazioni fondate sulle disposizioni di tale
atto. Detto potere dovrebbe necessariamente essere esercitato sul fondamento
non solo del contenuto letterale dell’atto, ma altresì dei principi generali
che ne sono alla base.
23 Pertanto, contrariamente a quanto considerato dal
giudice del procedimento sommario, la seconda frase dell’art. 12 dell’atto
del 1976 non mirerebbe a limitare il potere del Parlamento, ma indicherebbe le
due modalità su cui è articolato l’esercizio di detto potere. Sebbene debba
limitarsi, per quanto riguarda la verifica svolta nell’ambito della normativa
nazionale, a prendere atto di quest’ultima, il Parlamento disporrebbe di un
pieno potere di verifica alla luce del diritto comunitario.
24 A sostegno di tale interpretazione dell’art. 12
dell’atto del 1976, i ricorrenti fanno valere, in primo luogo, l’art. 8 di
tale atto, il quale a loro avviso conferma tale articolazione su due livelli del
potere di verifica del Parlamento. Infatti, sancendo che la procedura
elettorale «è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni
nazionali», ma «[f]atte salve le disposizioni del presente atto», tale ultima
disposizione indicherebbe i due parametri sulla base dei quali viene esercitato
il potere di verifica.
25 In secondo luogo, esisterebbe in Parlamento una
prassi istituzionale che mostra inequivocabilmente la tendenza di quest’ultimo
ad operare la verifica dei poteri dei suoi membri alla luce di un parametro
comunitario.
26 Tale
prassi sarebbe dimostrata, da un
lato, dalla relazione della commissione per il regolamento, la verifica dei
poteri e le immunità sulla modifica degli artt. 7 e 8 del regolamento
interno del Parlamento europeo, relativi alla verifica dei poteri e alla durata
del mandato parlamentare (A3-0166/94), articoli che corrispondono
rispettivamente agli artt. 3 e 4 del regolamento interno del Parlamento
europeo attualmente in vigore.
27 I ricorrenti rilevano, d’altro lato, che,
all’art. 2 della sua risoluzione sulle impugnazioni e contestazioni della
validità dei mandati in rapporto al sistema del «tourniquet», (GU 1983,
C 68, pag. 31), il Parlamento afferma che «sono infondate le impugnazioni
della validità di mandato di membri di nuova nomina o le contestazioni della
validità di mandati già verificati, che si basano su riserve di natura
giuridica contro il sistema del tourniquet». In ogni caso, sarebbe inutile
stabilire un sistema complesso di verifiche, articolato su un doppio livello,
nazionale e comunitario, se poi il livello normativo comunitario fosse
inesistente e il Parlamento europeo, nell’esercizio del proprio potere di
verifica, dovesse semplicemente prendere atto dei risultati proclamati a
livello nazionale.
28 In terzo luogo, le sentenze della Corte 7 luglio
2005, causa C‑208/03 P, Le Pen/Parlamento
(Racc. pag. I‑6051), e del Tribunale 10 aprile 2003, causa T‑353/00,
Le Pen/Parlamento (Racc. pag. II‑1729),
sulle quali si è fondato il giudice del procedimento sommario, non
rappresenterebbero precedenti giurisprudenziali pertinenti per la causa in
esame. Infatti, la controversia che ha condotto a tali sentenze avrebbe
riguardato la validità di una decisione con la quale il Parlamento aveva preso atto
di una delibera delle autorità nazionali che aveva posto fine al mandato
parlamentare dell’interessato e si sarebbe quindi posta nel contesto
dell’art. 13, n. 2, dell’atto del 1976, e non in quello del suo
art. 12. In ogni caso, lo svolgimento di dette cause dimostrerebbe che la
determinazione dei poteri del Parlamento in caso di decadenza da un mandato
parlamentare è una questione complessa e insuscettibile di essere esaminata
nell’ambito di un procedimento sommario.
– Giudizio
29 Si deve osservare anzitutto che questo motivo
solleva la questione della portata dei poteri di verifica di cui dispone il
Parlamento in forza dell’art. 12 dell’atto del 1976. Per valutare se il
giudice del procedimento sommario si sia fondato su di un’interpretazione
erronea della disposizione citata e pertanto su una valutazione inesatta della
portata di tali poteri, occorre esaminare sia il tenore letterale della
disposizione sia il contesto generale di cui fa parte.
30 A questo proposito va ricordato in primo luogo che
l’art. 12 dell’atto del 1976 stabilisce esplicitamente che il Parlamento,
da un lato, deve «prende[re] atto» dei risultati proclamati ufficialmente dagli
Stati membri e, dall’altro, può decidere sulle eventuali contestazioni
unicamente «in base alle disposizioni [di tale] atto» e «fatta eccezione delle
disposizioni nazionali cui tale atto rinvia».
31 Ne consegue che il testo dell’art. 12 dell’atto
del 1976 sembra deporre a prima vista in favore di un’interpretazione
restrittiva del medesimo. A tale proposito, contrariamente a quanto sostengono
i ricorrenti, la sentenza della Corte Le Pen/Parlamento,
cit., su cui si è fondato il giudice del procedimento sommario, è del tutto
pertinente. Infatti l’uso dell’espressione «prendere
atto» è stato ivi interpretato nel contesto dell’atto del 1976 come indicante
la totale mancanza di potere discrezionale del Parlamento in materia (v., in
tal senso, sentenza della Corte Le Pen/Parlamento,
cit., punto 50).
32 Inoltre, per quanto attiene alla verifica dei poteri
dei membri del Parlamento, l’art. 12 dell’atto del 1976 e l’art. 3,
n. 3, del regolamento interno del Parlamento europeo conferiscono a
quest’ultimo il potere di decidere in merito alla validità del mandato di
ciascuno dei membri neoeletti nonché in merito a eventuali contestazioni
presentate sulla scorta delle disposizioni dell’atto del 1976, ma,
rispettivamente, «fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto
rinvia» e «eccettuate [le contestazioni] fondate sulle leggi elettorali
nazionali». Ora, tali esclusioni costituiscono altresì chiare indicazioni del
fatto che il Parlamento non è competente in via generale a pronunciarsi sulla
legittimità delle procedure elettorali nazionali alla luce del diritto
comunitario (v., in tal senso, sentenza della Corte Le Pen/Parlamento,
punto 51).
33 Peraltro, non può essere accolto l’argomento secondo
cui tale interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976 condurrebbe ad
uno svuotamento dei poteri di verifica di cui dispone il Parlamento ai sensi di
detto articolo. Infatti, come giustamente ricordato dal giudice del
procedimento sommario, il Parlamento ha piena competenza per pronunciarsi,
nell’ambito di detto articolo, sulla situazione di un candidato eletto che
possiede una delle qualità incompatibili con quella di membro del Parlamento,
come elencate all’art. 7 dell’atto del 1976.
34 Per quanto riguarda, infine, la prassi istituzionale
fatta valere dal Parlamento, e indipendentemente dal problema di sapere se una
prassi unilaterale di un’istituzione comunitaria sia di per sé idonea a
vincolare
35 Sulla base di tali considerazioni occorre concludere
che il giudice del procedimento sommario non ha commesso alcun manifesto errore
di diritto per quanto riguarda l’interpretazione dell’art. 12 dell’atto
del 1976.
36 Il motivo in esame deve quindi essere dichiarato
infondato.
Sul motivo attinente ad un’erronea
interpretazione dell’art. 6 dell’atto del 1976
37 Con il secondo motivo, i ricorrenti fanno valere che
il giudice del procedimento sommario ha commesso un errore di diritto
considerando che l’art. 6 dell’atto del 1976 conferisca al Parlamento la
competenza di garantire il libero esercizio del mandato parlamentare solo per i
membri del Parlamento in carica. Pertanto, il libero esercizio sarebbe
garantito solo nei confronti di accordi che incidono sull’esercizio del mandato
parlamentare, e non nei confronti di accordi che impediscono totalmente
l’esercizio del mandato voluto dagli elettori.
38 Ritenendo che, se è vero che l’art. 6 dell’atto
del
39 In tale contesto, l’art. 6 dell’atto del 1976,
che prescriverebbe l’autonomia dei parlamentari e il divieto di mandato
imperativo, costituirebbe un principio di carattere generale avente natura precettiva, teso a garantire il buon funzionamento del
Parlamento. Il rinvio alle «disposizioni del presente atto» contenuto
all’art. 12 dell’atto del 1976 dovrebbe quindi necessariamente riguardare
i principi generali alla base di tale atto, funzionali al corretto esercizio
della verifica dei poteri da parte del Parlamento. Tali principi, che risultano
in particolare dall’art. 6 dell’atto del 1976, rappresenterebbero infatti il corollario del principio fondamentale espresso
all’art. 3 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, avente
natura precettiva, ai sensi del quale gli Stati contraenti
hanno l’obbligo di organizzare libere elezioni «in condizioni tali da
assicurare la libera espressione della volontà popolare nella scelta del Corpo
Legislativo».
40 A sostegno di tale interpretazione dell’art. 6
dell’atto del 1976, i ricorrenti fanno valere, da un lato, l’art. 2 dello
statuto dei deputati, che, sebbene non ancora vigente, costituirebbe una
codificazione del contenuto normativo di detto art. 6, e di conseguenza
dello stato attuale del diritto comunitario in materia. Dall’altro, essi fanno
riferimento alle disposizioni degli artt. 3, n. 5, e 4, nn. 3 e 9, del regolamento interno del Parlamento
europeo, facendo valere che il giudice del procedimento sommario avrebbe dovuto
prendere in considerazione tali disposizioni ai fini dell’interpretazione
dell’art. 6 dell’atto del 1976, il che l’avrebbe condotto alla conclusione
che i principi garantiti da detto art. 6 trovano altresì applicazione in
situazioni che possono incidere sulla composizione del Parlamento.
41 A tale riguardo, dev’essere
rammentato che, come giustamente constatato dal giudice del procedimento
sommario, il tenore letterale dell’art. 6 dell’atto del 1976 riguarda
espressamente i «membri del Parlamento europeo». Per di più, lo stesso articolo
menziona la prerogativa di voto dei detti membri, prerogativa che, per sua
stessa natura, non può essere associata allo status di candidato proclamato
ufficialmente nella graduatoria postelettorale.
42 È vero che, come regola generale, l’interpretazione
di una disposizione del diritto comunitario non può essere rigidamente
vincolata alla sua formulazione, senza alcun riguardo al suo contesto e alla
sua finalità. Tuttavia, indipendentemente dal problema di sapere se il ricorso
ad un siffatto metodo interpretativo possa condurre, nel caso di specie, ad
un’interpretazione contra legem, occorre constatare
che gli elementi dedotti in tal senso dai ricorrenti non sono tali da
dimostrare che l’interpretazione dell’art. 6 dell’atto del 1976 accolta
dal giudice del procedimento sommario è manifestamente errata.
43 In primo luogo, anche supponendo che l’art. 6
dell’atto del 1976 trovi il suo fondamento in taluni principi generali, e
segnatamente nell’art. 3 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU,
esso ne rappresenterebbe pur sempre un’espressione molto concreta. Ne consegue
che detto art. 6 non può di per sé fondare una competenza generale del
Parlamento per valutare la legittimità delle procedure elettorali degli Stati
membri alla luce dell’insieme di tali principi e della CEDU.
44 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’art. 2
dello statuto dei deputati, va rilevato che il quarto ‘considerando’ di
quest’ultimo afferma che «[l]a libertà e l’indipendenza dei deputati, sancite
all’articolo 2 [di tale statuto], impongono una regolamentazione», in quanto
«non figurano in alcun testo di diritto primario». Orbene, tali affermazioni,
lette in combinato disposto con il quinto ‘considerando’ di detto statuto, il quale precisa che l’art. 3, n. 1, di
quest’ultimo riprende integralmente le disposizioni dell’art. 6,
n. 1, dell’atto del 1976, costituiscono prima facie
chiari indizi del fatto che l’art. 2 dello statuto dei deputati non
rappresenta una codificazione di detto art. 6.
45 In terzo luogo, il giudice del procedimento sommario
ha giustamente considerato che, conformemente al principio di gerarchia delle
norme, una disposizione del regolamento interno del Parlamento europeo non può
consentire di derogare alle disposizioni dell’atto del 1976. Infatti, detto
regolamento è un atto di organizzazione interna che non può istituire a favore
del Parlamento competenze che non sono espressamente riconosciute da un atto
normativo, nella fattispecie dall’atto del 1976 (v., in tal senso, sentenza 21
ottobre 2008, cause riunite C‑200/07 e C‑201/07, Marra, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 38). Di conseguenza, quantomeno
nell’ambito di un esame relativo al fumus boni iuris, sono piuttosto le
disposizioni del regolamento interno del Parlamento europeo che dovrebbero
essere interpretate alla luce della lettera e della ratio
delle disposizioni dell’atto del 1976, e non il contrario.
46 Occorre pertanto concludere che l’ordinanza
impugnata non è viziata da un errore manifesto di diritto per quanto riguarda
l’interpretazione dell’art. 6 dell’atto del 1976.
47 Tale
motivo deve quindi essere
dichiarato infondato.
Sul motivo attinente ad un errore di
motivazione quanto all’incidenza, sulla decisione del Parlamento relativa alla
verifica dei poteri del sig. Donnici, dell’asserita
illegittimità della decisione dell’Ufficio elettorale italiano che proclama il
sig. Donnici membro del Parlamento
48 Per quanto riguarda la valutazione dell’incidenza,
sulla decisione del Parlamento relativa alla verifica dei poteri del sig. Donnici, dell’asserita illegittimità della decisione
dell’Ufficio elettorale italiano che proclama quest’ultimo membro del
Parlamento, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe erronea e
contraddittoria. In particolare, il Parlamento considera che, per respingere la
sua argomentazione secondo cui la sua decisione sulla verifica dei poteri
sarebbe viziata da illegittimità nel solo caso in cui fosse fondata su un atto
nazionale illegittimo, il giudice del procedimento sommario si
è fondato su precedenti giurisprudenziali non pertinenti, cioè la
sentenza della Corte 3 dicembre 1992, causa C‑97/91, Oleificio
Borelli/Commissione (Racc. pag. I‑6313, punti 10‑12),
e l’ordinanza del presidente del Tribunale 21 maggio 2007, causa T‑18/07 R,
Kronberger/Parlamento (Racc. pag. II-50,
punti 38‑40), invece di prendere in considerazione la sentenza 18
dicembre 2007, causa C‑64/05 P, Svezia/Commissione
(Racc. pag. I‑11389).
49 Secondo il Parlamento, con la decisione controversa,
esso ha negato la convalida del mandato di una persona designata dalle autorità
nazionali, in quanto tale convalida sarebbe stata contraria al principio del
libero mandato, una norma che, testualmente, si rivolge al Parlamento e gli
affida un potere di controllo. Sarebbe infatti assurdo
ammettere, da un lato, che le autorità giudiziarie ed amministrative nazionali
hanno l’obbligo di applicare il diritto comunitario, disapplicando
eventualmente norme nazionali confliggenti, e,
dall’altro, che il Parlamento non ha un tale potere.
50 A questo proposito va ricordato che nella citata
sentenza Oleificio Borelli/Commissione, che verteva in particolare
sull’interpretazione dell’art. 13, n. 3, del regolamento (CEE) del
Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355, relativo ad un’azione comune per il
miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei
prodotti agricoli (GU L 51, pag. 1),
51 Richiamandosi a questa giurisprudenza, il giudice
del procedimento sommario ha considerato che, quando un atto nazionale si
inserisce nell’ambito di un iter decisionale comunitario e, per la ripartizione
delle competenze effettuata nella materia considerata, vincola l’organo
decisionale comunitario e determina pertanto i termini dell’emananda
decisione comunitaria, le eventuali irregolarità di detto atto nazionale non
possono in alcun caso incidere sulla validità della decisione dell’organo
comunitario. Ora, questo insegnamento emerge chiaramente dai punti 10-12 della
citata sentenza Oleificio Borelli/Commissione ed è pertinente nel caso di
specie, soprattutto tenendo conto per l’appunto della ripartizione delle
competenze quale risulta dall’art. 12 dell’atto del 1976.
52 Per contro, al punto 93 della citata sentenza
Svezia/Commissione, che riguardava l’interpretazione del regolamento (CE) del
Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo
all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e
della Commissione (GU L 145, pag. 43),
53 Ne consegue che, facendo riferimento a tale ultima
sentenza, il Parlamento fa valere che l’art. 12 dell’atto del 1976 non
prevede una ripartizione delle competenze tra le autorità nazionali ed il
Parlamento, nonché l’esercizio di tali competenze nell’ambito di procedure
distinte, bensì un unico processo decisionale al quale partecipano tanto il
Parlamento quanto le autorità nazionali. Orbene, alla luce delle considerazioni
svolte ai punti 29‑34 della presente ordinanza, prima facie
non è questo il caso.
54 Alla luce di tali considerazioni, occorre concludere
che l’ordinanza impugnata non è viziata da errore di motivazione quanto
all’incidenza dell’asserita illegittimità della decisione dell’Ufficio
elettorale italiano che proclama il sig. Donnici
membro del Parlamento sulla decisione di quest’ultimo relativa alla verifica
dei poteri del sig. Donnici.
55 Tale
motivo dev’essere
quindi dichiarato infondato.
Sul motivo attinente ad un’erronea valutazione
dell’urgenza
56 Il Parlamento sostiene che la valutazione
dell’urgenza cui ha proceduto il giudice del procedimento sommario è viziata da
un errore di diritto, in quanto detto giudice si è fondato unicamente
sull’eventuale danno che subirebbe il sig. Donnici,
senza prendere in considerazione l’eventuale danno arrecato alla rappresentanza
politica. Secondo il Parlamento, in mancanza di sospensione dell’esecuzione
della decisione controversa, il seggio di deputato di cui trattasi
continuerebbe ad essere occupato da una persona avente il medesimo orientamento
politico del sig. Donnici. Ne conseguirebbe che
l’interesse di quest’ultimo non sarebbe tale da giustificare l’ordine di
sospendere l’esecuzione della decisione controversa dal punto di vista della
rappresentanza politica.
57 A questo proposito è sufficiente ricordare che, per
giurisprudenza consolidata, la finalità del procedimento sommario è di
garantire la piena efficacia della sentenza nel merito. Per raggiungere questo
obiettivo, occorre che i provvedimenti richiesti siano urgenti, nel senso che è
necessario, per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del ricorrente,
che essi siano emanati e producano i loro effetti già prima della decisione
nella causa principale [ordinanza del presidente della Corte, 25 marzo 1999,
causa C‑65/99 P(R), Willeme/Commissione,
Racc. pag. I‑1857, punto 62].
58 Di conseguenza, per valutare l’urgenza delle misure
richieste, il giudice del procedimento sommario era tenuto a prendere in
considerazione i soli interessi del richiedente, e segnatamente la sussistenza
del rischio che fosse causato un danno grave ed irreparabile a tali interessi
senza considerare altri elementi aventi carattere generale come, nella
fattispecie, la continuità della rappresentanza politica, elementi che
potrebbero eventualmente essere presi in considerazione solo nell’ambito della
ponderazione degli interessi in causa.
59 Pertanto, anche il motivo del Parlamento relativo
alla valutazione dell’urgenza dev’essere dichiarato
infondato.
Sul motivo attinente ad un errore di diritto
commesso nell’ambito della ponderazione degli interessi
60 Con il loro ultimo motivo, i ricorrenti fanno valere
che, procedendo alla ponderazione degli interessi in causa, il giudice del
procedimento sommario ha commesso un errore di diritto. A sostegno di tale
motivo, essi deducono tre censure.
61 In primo luogo, i ricorrenti considerano che il
giudice del procedimento sommario ha commesso un errore di diritto ritenendo
che gli interessi del sig. Donnici e del
sig. Occhetto fossero equivalenti. Così procedendo, esso avrebbe omesso di
trarre le conseguenze dal fatto che il sig. Occhetto aveva ottenuto un
maggior numero di preferenze e possedeva, pertanto, un interesse preminente
rispetto a quello del sig. Donnici per quanto
riguarda l’esercizio del mandato parlamentare.
62 In secondo luogo, il giudice del procedimento
sommario non avrebbe preso in considerazione l’interesse pubblico a che fosse
assicurato il massimo livello di legittimazione politica del Parlamento,
legittimazione fondata sul voto popolare. Orbene, nella fattispecie, la presa
in considerazione dell’interesse pubblico avrebbe dovuto condurre il giudice
del procedimento sommario a negare la sospensione dell’esecuzione della
decisione controversa, dato che tale misura comporterebbe che il seggio
parlamentare sarebbe occupato dal soggetto che ha ricevuto meno voti,
riducendo, di conseguenza, la legittimazione politica del Parlamento. Comunque,
anche nel caso di una decisione nel merito favorevole al sig. Donnici, il rifiuto di ordinare la sospensione
dell’esecuzione della decisione controversa non avrebbe causato un danno
irreparabile alla legittimazione politica del Parlamento in quanto, nel periodo
intercorrente fra la decisione sulle misure cautelari e la decisione del
merito, esso avrebbe annoverato fra i suoi membri un soggetto maggiormente legittimato
dal voto popolare.
63 In terzo luogo, i ricorrenti ritengono che
l’ordinanza impugnata sia viziata da un errore di diritto, in quanto il giudice
del procedimento sommario avrebbe utilizzato il fumus
boni iuris per valutare la
sussistenza dell’urgenza e la preminenza degli interessi del sig. Donnici. Infatti, a loro avviso, anche se la giurisprudenza
sembra ammettere la possibilità di una certa mutua compensazione tra l’elemento
del fumus boni iuris e quello dell’urgenza, ciò non toglie che la presenza
di uno di tali due elementi non può essere sufficiente a compensare la totale
assenza dell’altro.
64 Orbene, secondo i ricorrenti, nell’ambito della
ponderazione degli interessi, il giudice del procedimento sommario avrebbe
dovuto concludere nel senso della totale assenza dell’urgenza nella
fattispecie. A tal riguardo, essi fanno riferimento all’ordinanza del
presidente della Corte 31 luglio 2003, causa C‑208/03 P‑R, Le Pen/Parlamento (Racc. pag. I‑7939,
punto 106), dalla quale risulterebbe che,
nell’ambito della ponderazione degli interessi contrapposti, il giudice del
procedimento sommario deve esaminare se l’eventuale annullamento dell’atto
controverso da parte del giudice del merito cagioni il cambiamento radicale
della situazione rispetto a quanto si sarebbe invece verificato in caso di
esecuzione immediata di tale atto e se, al contrario, la sospensione
dell’esecuzione del suddetto atto sia tale da ostacolare la piena efficacia di
quest’ultimo nel caso in cui il ricorso di merito sia respinto. Orbene, se,
nella fattispecie, il giudice del procedimento sommario avesse compiuto la
seconda parte di tale valutazione, sarebbe necessariamente giunto alla
conclusione che la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa non
potrà che impedire la piena efficacia della decisione di merito nel caso in cui
il ricorso di annullamento sia respinto. Ne conseguirebbe che la sussistenza
dell’elemento dell’urgenza sarebbe assolutamente insufficiente nella
fattispecie.
65 A tale proposito, va rilevato che il giudice del
procedimento sommario, dopo aver, in un primo momento, constatato che, in caso
di annullamento della decisione controversa da parte del giudice del merito, il
danno che il sig. Donnici subirebbe se non fosse
sospesa l’esecuzione di detta decisione sarebbe irreparabile, ha poi proceduto
alla ponderazione degli interessi contrapposti, sottolineando anzitutto
l’interesse del sig. Occhetto all’esecuzione della decisione controversa,
che comporta la conferma del suo mandato. Secondo il giudice del procedimento
sommario, se è vero che l’esecuzione della decisione controversa rischia di
causare un danno irreversibile al sig. Donnici,
inversamente, il medesimo rischio sussiste per il sig. Occhetto in caso di
accoglimento della domanda di sospensiva, considerata la probabilità che
un’eventuale sentenza di rigetto del ricorso nel merito intervenga solo dopo
che sia trascorsa una parte essenziale, se non la totalità,
del periodo restante del suo mandato.
66 Essendo così giunto alla conclusione che sussiste
una parità tra gli interessi specifici e immediati rispettivamente del
sig. Donnici e del sig. Occhetto, il
giudice del procedimento sommario ha proseguito il suo ragionamento prendendo
in considerazione gli interessi più generali, che, in circostanze siffatte,
rivestono un’importanza particolare. A tale proposito, esso ha considerato che,
se è vero che
67 Pertanto, è solo dopo aver constatato tale parità
tra gli interessi contrapposti, tanto specifici quanto generali, che il giudice
del procedimento sommario ha preso in considerazione il carattere valido dei
motivi dedotti dal sig. Donnici per ammettere un
fumus boni iuris basandosi, al riguardo, su di una giurisprudenza
consolidata, e cioè le ordinanze del presidente della Corte 23 febbraio 2001,
causa C‑445/00 R, Austria/Consiglio (Racc. pag. I‑1461,
punto 110); 11 aprile 2002, causa C‑481/01 P(R), NDC Health/IMS Health e Commissione
(Racc. pag. I‑3401, punto 63), nonché Le Pen/Parlamento, cit. (punto 110).
68 Occorre constatare che gli argomenti presentati dai
ricorrenti non sono tali da rimettere in discussione tale analisi svolta dal
giudice del procedimento sommario.
69 A tale proposito va rilevato, da un lato, che la
ponderazione degli interessi in causa cui ha proceduto il giudice del
procedimento sommario ha condotto quest’ultimo a constatare una parità tra gli
interessi specifici del sig. Donnici e del
sig. Occhetto. Orbene, tale parità degli interessi non può equivalere ad
un’insussistenza dell’urgenza. Al contrario, il rischio di un danno
irreparabile, solo criterio dell’urgenza, è affatto presente nella fattispecie,
tanto per il sig. Donnici quanto, in caso di
accoglimento dell’istanza di sospensiva, per il sig. Occhetto.
70 Dall’altro, contrariamente a quanto sostenuto dai
ricorrenti, il giudice del procedimento sommario ha valutato gli interessi più
generali del Parlamento, e segnatamente il suo interesse alla conferma delle
sue decisioni. Tuttavia, invece di prendere in considerazione tali interessi
isolatamente, esso li ha giustamente ponderati con l’interesse della Repubblica italiana a vedere rispettata dal Parlamento la
sua normativa in materia elettorale. Lo stesso dicasi
per quanto riguarda la legittimazione politica del Parlamento e il suo
interesse a vedere insediato il candidato che ha ottenuto il maggior numero di
voti. Se è vero che la sussistenza di tali interessi non può essere contestata,
neanche può essere ignorato l’interesse della Repubblica
italiana a vedere insediato al Parlamento europeo i deputati italiani
eletti secondo le procedure elettorali nazionali e proclamati da uno degli
organi giurisdizionali supremi di tale Stato membro.
71 Ne consegue che anche il motivo dei ricorrenti
attinente ad un errore di diritto nell’ambito della ponderazione degli
interessi in causa deve essere dichiarato infondato.
72 Poiché il complesso dei motivi dedotti è stato
disatteso, l’impugnazione va respinta.
Sulle spese
73 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi
dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata
alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il sig. Donnici
ha concluso chiedendo la condanna dei ricorrenti, questi ultimi, rimasti
soccombenti, devono essere condannati alle spese del sig. Donnici.
Per questi motivi, il presidente della Corte così
provvede:
1) Le
impugnazioni sono respinte.
2) Il
sig. Occhetto e il Parlamento europeo sono condannati alle spese del
sig. Donnici.