Corte di
Giustizia dell’Unione europea
ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
12 dicembre 2013
Nella
causa C‑50/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal
Tribunale ordinario di Aosta (Italia), con decisione del 3 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria
il 30 gennaio 2013, nel procedimento
Rocco Papalia
contro
Comune di Aosta,
LA CORTE
(Ottava Sezione),
composta da C. G. Fernlund,
presidente di sezione, A. Ó Caoimh (relatore) e C. Toader,
giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot
Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo
99 del regolamento di procedura della
Corte,
ha emesso la seguente
Ordinanza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola
5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che
figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del
Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro
CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175,
pag. 43).
2 Questa domanda
è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il
sig. Papalia e il Comune di
Aosta, in merito al risarcimento del danno
che detto ricorrente avrebbe sofferto a causa del
ricorso abusivo, da parte del citato comune, alla stipula di una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato.
Contesto
normativo
Diritto
dell’Unione
3 La direttiva
1999/70 si basa sull’articolo 139, paragrafo 2, CE e, ai sensi del
suo articolo 1, è diretta ad «attuare l’accordo quadro (…), che figura
nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».
4 L’articolo 2,
paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:
«Gli Stati
membri mettono in atto le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva [e] devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere
sempre in grado di garantire i risultati
prescritti dalla presente direttiva (…)».
5 Conformemente
alla clausola 1 dell’accordo quadro, l’obiettivo di
quest’ultimo è, da un lato, migliorare la qualità del lavoro a tempo
determinato garantendo il rispetto del
principio di non discriminazione e, dall’altro, creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti
dall’utilizzo di una successione di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
6 La clausola 5
dell’accordo quadro così recita:
«1. Per
prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti
sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della
prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la
prevenzione degli abusi e in un modo che
tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici
di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la
giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o
rapporti;
b) la
durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il
numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli
Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali
stesse dovranno, se del caso, stabilire a
quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro
a tempo determinato:
a) devono essere considerati
“successivi”;
b) devono
essere ritenuti contratti o rapporti a tempo
indeterminato».
Diritto
italiano
7 L’articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001,
n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
(Supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio
2001) (in prosieguo: il «d. lgs.
n. 165/2001»), dispone quanto segue:
«1. Per
le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche
amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste
dall’articolo 35.
2. Per
rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche
possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale
previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando
la competenza delle amministrazioni in ordine alla
individuazione delle necessità organizzative in coerenza con
quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i
contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la
materia dei contratti di lavoro a tempo determinato
(...).
(...)
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni
imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di
lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la
costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando
ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al
risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (...)».
Procedimento
principale e questione pregiudiziale
8 Il sig. Papalia ha lavorato alle dipendenze del
Comune di Aosta, quale direttore della banda municipale, in base a una successione di
contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati
ininterrottamente dal 1983.
9 Con lettera
datata 17 luglio 2012, il Comune di Aosta ha informato il
sig. Papalia del fatto che, a partire dal 30 giugno 2012, data di
scadenza del suo ultimo contratto di lavoro a tempo determinato, esso intendeva porre termine al loro rapporto di lavoro.
10 Il sig. Papalia ha proposto ricorso avverso questa decisione
dinanzi al Tribunale ordinario di Aosta chiedendo, oltre
all’accertamento dell’illegalità del termine apposto al
contratto di lavoro, la trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, in
subordine, il risarcimento del danno che egli ritiene di aver subito a causa dell’utilizzo
abusivo, da parte del suo ex datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
11 Il Tribunale ordinario di Aosta constata che un lavoratore,
illegalmente assunto nel pubblico impiego in base a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, non solo non ha diritto
alla trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, in applicazione dell’articolo 36, quinto
comma, del d. lgs.
n. 165/2001, ma, in forza di una
giurisprudenza consolidata della Corte suprema di cassazione
italiana, può beneficiare del risarcimento del
danno sofferto a causa di ciò solo
qualora ne dimostri la concreta sussistenza. Una prova siffatta imporrebbe al
ricorrente di essere in grado di dimostrare che egli abbia dovuto rinunciare a
migliori opportunità di impiego.
12 Il giudice del rinvio si chiede se le disposizioni dell’articolo 36,
quinto comma, del d. lgs.
n. 165/2001 possano considerarsi tali da tutelare un
lavoratore contro gli abusi derivanti dal ricorso a una
successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, e se queste stesse
disposizioni siano compatibili con la clausola 5 dell’accordo quadro.
13 Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale ordinario di Aosta ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se la
direttiva 1999/70 (…) (articolo 1 nonché clausola 5 dell’allegato accordo
quadro oltre ad ogni altra norma comunque connessa o collegata), debba essere
intesa nel senso di consentire che il lavoratore assunto da un ente pubblico con contratto a tempo determinato in
assenza dei presupposti dettati dalla normativa comunitaria predetta abbia
diritto al risarcimento del danno soltanto se ne provi la
concreta effettività, e cioè nei limiti in cui fornisca una
positiva prova, anche indiziaria, ma comunque precisa, di
aver dovuto rinunziare ad altre, migliori occasioni di lavoro».
Sulla
questione pregiudiziale
14 Con la sua questione, il
giudice del rinvio mira a determinare se
l’accordo quadro debba essere interpretato nel senso che esso osta ai
provvedimenti previsti da una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, la quale, nell’ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoro
pubblico, di una successione di contratti
di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il
diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il
risarcimento del danno che egli reputi di
aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi
trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è
subordinato all’obbligo, gravante su detto lavoratore, di
fornire la prova di aver dovuto rinunciare a
migliori opportunità di impiego.
15 Occorre constatare che
la risposta a tali questioni può essere chiaramente dedotta
dalla giurisprudenza, in particolare dalle sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, Racc. pag. I‑6057,
punti da 91 a 105); del 7 settembre 2006,
Marrosu e Sardino (C‑53/04,
Racc. pag. 1‑7213, punti da 44 a 57); Vassallo (C‑180/04, Racc. pag. I‑7251,
punti da 33 a 42), e del 23 aprile 2009, Angelidaki e a. (da C‑378/07 a C‑380/07, Racc. pag. I‑3071,
punti 145 e da 182 a 190), nonché dalle ordinanze del 12 giugno 2008, Vassilakis
e a. (C‑364/07, punti da 118 a
137); del 24 aprile 2009, Koukou
(C‑519/08, punti da 82 a 91); del
23 novembre 2009, Lagoudakis e a.
(da C‑162/08 a C‑164/08, punto 11), e del 1° ottobre 2010, Affatato (C‑3/10,
punto 37), nell’ambito delle quali veniva sollevata una questione analoga. Del resto, le citate sentenze Marrosu
e Sardino nonché Vassallo riguardano la medesima
normativa nazionale in questione nel procedimento
principale.
16 Da tale giurisprudenza
discende che la clausola 5 dell’accordo quadro non stabilisce un
obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a
tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni
precise alle quali si può fare uso di questi ultimi,
lasciando agli Stati membri un certo margine di
discrezionalità in materia (v. citate sentenze Adeneler e a., punto 91; Marrosu e Sardino, punto 47; Angelidaki e a., punti 145 e 183,
nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 121; Koukou, punto 85, e Affatato, punto 38).
17 Pertanto, affinché una
normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che
vieta in modo assoluto, nel settore pubblico, la trasformazione in contratto di
lavoro a tempo
indeterminato di una successione di contratti
a tempo determinato,
possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico
interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in
tale settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed
eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato (v. citate sentenze Adeneler
e a., punto 105; Marrosu e Sardino, punto 49; Vassallo, punto 34; Angelidaki
e a., punti 161 e 184, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 123; Koukou, punti 67 e 86; Lagoudakis
e a., punto 11, e Affatato,
punto 42).
18 A
questo proposito occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo
quadro impone agli Stati membri, per prevenire gli abusi derivanti
dall’utilizzo di una successione di contratti
o rapporti di lavoro a
tempo determinato, l’adozione effettiva e
vincolante di almeno una fra le misure elencate in tale disposizione, in assenza di misure equivalenti nell’ordinamento nazionale (v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80,
92 e 101; Marrosu e Sardino,
cit., punto 50; Vassallo, cit., punto 35; del 15 aprile
2008, Impact, C‑268/06, Racc. pag. I‑2483,
punti 69 e 70, e Angelidaki e a.,
cit., punti 74 e 151, nonché citate ordinanze Vassilakis
e a., punti 80, 103 e 124; Koukou,
punto 53, e Affatato, punto 43).
19 Le misure così elencate
al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola 5, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a
ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali
contratti o rapporti di lavoro, alla durata
massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di
questi ultimi (v. citate sentenze Impact, punto 69, e Angelidaki
e a., punto 74, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 80, Koukou, punto 54, e Affatato,
punto 44).
20 Inoltre quando, come nel
caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni
specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati
abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì
sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle
norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (v. citate
sentenze Adeneler e a., punto
94; Marrosu e Sardino,
punto 51; Vassallo, punto 36, e Angelidaki e a., punto 158, nonché citate ordinanze Vassilakis
e a., punto 125; Koukou,
punto 64, e Affatato, punto 45).
21 Anche se, in assenza di una regolamentazione
dell’Unione in materia, le modalità di
attuazione di siffatte norme rientrano nell’ordinamento
giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di
questi ultimi, esse non devono tuttavia essere meno favorevoli di
quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna
(principio di equivalenza), né rendere praticamente
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di
effettività) (v., in particolare, citate sentenze Adeneler e a., punto 95; Marrosu e Sardino, punto 52;
Vassallo, punto 37, e Angelidaki e a., punto 159, nonché citate ordinanze Vassilakis
e a., punto 126; Koukou,
punto 65, e Affatato, punto 46).
22 Ne consegue che, quando
si è verificato un ricorso abusivo a una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti
garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori
al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le
conseguenze della violazione del diritto dell’Unione.
Infatti, secondo i termini stessi dell’articolo 2, primo comma, della direttiva
1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per
essere sempre in grado di garantire i
risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (v. citate sentenze Adeneler e a., punto 102; Marrosu e Sardino, punto 53;
Vassallo, punto 38, e Angelidaki e a., punto 160, nonché citate ordinanze Vassilakis
e a., punto 127; Koukou,
punto 66, e Affatato, punto 47).
23 A
questo proposito, il sig. Papalia sostiene che
l’unica forma di tutela esistente per i lavoratori del settore pubblico assunti con contratto a
durata determinata in Italia sarebbe il risarcimento del danno sofferto, dato che l’articolo 35, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001 prevederebbe un diritto alla
riqualificazione di un contratto a durata determinata in un
contratto a durata indeterminata solo a
beneficio dei lavoratori del settore privato. Ebbene,
secondo l’interpretazione elaborata dalla Corte suprema di
cassazione, per un lavoratore del settore
pubblico sarebbe impossibile fornire le prove richieste dal diritto nazionale
al fine di ottenere un siffatto
risarcimento del danno, poiché gli si imporrebbe di fornire, segnatamente, la prova della perdita di opportunità di lavoro
e quella del conseguente lucro cessante. Una prova siffatta
non sarebbe imposta dalla giurisprudenza della Corte, la quale preciserebbe
soltanto che il danno risarcibile a causa della violazione di una norma contenuta nella direttiva 1999/70 deve derivare immediatamente
e direttamente dalla violazione delle norme finalizzate alla tutela dei
lavoratori precari.
24 Per parte sua, il
governo italiano sottolinea, segnatamente, che le misure che il diritto
nazionale deve prevedere per prevenire e punire gli abusi ai sensi della
clausola 5 dell’accordo quadro non dovrebbero presentare difficoltà eccessive di attuazione, ma dovrebbero risarcire adeguatamente il danno
sofferto e avere un effetto dissuasivo, in
modo da non essere meno favorevoli delle sanzioni applicabili a
situazioni analoghe di natura interna. Al momento, il
giudice nazionale non avrebbe effettuato nessuna di queste
verifiche.
25 Come già sottolineato
nel punto 21 della presente ordinanza, l’accordo quadro dev’essere interpretato
nel senso che le misure previste da una normativa nazionale, quale quella in questione nel procedimento principale, destinata a punire l’uso abusivo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, non
devono essere meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni
analoghe di natura interna né rendere praticamente
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento dell’Unione (v., in tal senso, ordinanza Affatato, cit., punto 63).
26 A
questo proposito, dalla decisione di rinvio si evince che la
normativa interna in questione nel procedimento principale,
nell’interpretazione datane dalla Corte suprema di
cassazione, pare che imponga che un lavoratore del settore pubblico, quale il sig. Papalia,
il quale desideri ottenere il risarcimento del danno
sofferto, nell’ipotesi di utilizzo abusivo, da parte del suo ex datore di lavoro
pubblico, di una successione di contratti
di lavoro a tempo determinato, non goda di
nessuna presunzione d’esistenza di un
danno e, di conseguenza, debba dimostrare concretamente il
medesimo. Secondo il giudice del rinvio, una prova siffatta,
quanto all’interpretazione seguita nell’ordinamento nazionale, richiederebbe
che il ricorrente sia in condizioni di
provare che il proseguimento del rapporto
di lavoro, in base a una successione di contratti a tempo determinato,
l’abbia indotto a dover rinunciare a
migliori opportunità di impiego.
27 Il governo italiano,
nelle osservazioni scritte da esso presentate alla Corte, nega la rilevanza di un’interpretazione siffatta. Esso
sostiene che nell’ordinamento nazionale il lavoratore del
settore pubblico può provare con presunzioni l’esistenza del
danno che egli ritenga di aver sofferto a
causa dell’utilizzo abusivo, da parte del suo ex datore di lavoro pubblico, di
una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e può invocare, in tale cornice,
elementi gravi, precisi e concordanti i quali, benché non possano essere
qualificati come prova compiuta, potrebbero tuttavia fondare il convincimento del giudice riguardo all’esistenza di un danno siffatto. Il governo italiano sottolinea anche la
circostanza che la prova in tal modo richiesta non sarebbe
tale da privare detto lavoratore della possibilità di
ottenere il risarcimento del suo danno.
28 Occorre ricordare che la
Corte deve prendere in considerazione, nell’ambito della
ripartizione delle competenze tra i giudici comunitari e i giudici nazionali,
il contesto in fatto e in diritto nel
quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal giudice del rinvio (v., segnatamente, sentenza del 4
dicembre 2008, Jobra, C‑330/07, Racc. pag. I‑9099, punto 17 e
giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, l’esame della
presente questione pregiudiziale dev’essere effettuato alla luce dell’interpretazione
del diritto nazionale fornita dal giudice del
rinvio (v., per analogia, sentenze del 9 novembre 2006, Chateignier, C‑346/05, Racc. pag. I‑10951,
punto 22; Angelidaki e a.,
cit., punto 51, nonché del 29 ottobre 2009, Pontin, C‑63/08, Racc. pag. I‑10467,
punto 38).
29 Per quanto concerne il
rispetto del principio di effettività,
che è particolarmente evidenziato dalla questione proposta dal giudice del rinvio, dalla giurisprudenza della Corte si evince che
accertare se una norma nazionale di procedura renda
praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti
attribuiti ai cittadini dal diritto dell’Unione implica un’analisi,
che tenga conto della collocazione della norma in questione
nel complesso della procedura nonché dello svolgimento e delle particolarità
che presenta quest’ultima nei diversi gradi di giudizio
nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se necessario, i principi
che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale,
quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del
procedimento (v. sentenze del 21 febbraio 2008, Tele2
Telecommunication, C‑426/05, Racc. pag. I‑685,
punto 55 e giurisprudenza ivi citata, nonché Pontin,
cit., punto 47).
30 Peraltro, spetta al
giudice del rinvio, l’unico competente a
pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno,
valutare in che misura le disposizioni di
tale diritto miranti a punire il ricorso abusivo, da parte
della pubblica amministrazione, a una successione di contratti o rapporti di lavoro
a tempo determinato
rispettino i principi di effettività ed equivalenza (v., in tal senso, citata ordinanza Affatato,
punto 60).
31 Tuttavia, la Corte, nel
pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, se necessario,
fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale
nella sua decisione (v. sentenze Marrosu e Sardino, cit., punto 54; Vassallo, cit., punto 39, nonché
ordinanza Vassilakis e a.,
cit., punto 143).
32 Nel caso di
specie, secondo la decisione di rinvio, la prova richiesta in diritto nazionale può rivelarsi difficilissima, se non quasi
impossibile da produrre da parte di un
lavoratore quale il sig. Papalia. Pertanto, non
si può escludere che questa prescrizione sia tale da rendere praticamente
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, da parte di
questo lavoratore, dei diritti attribuitigli dall’ordinamento dell’Unione e,
segnatamente, del suo diritto al risarcimento del danno sofferto, a causa dell’utilizzo abusivo,
da parte del suo ex datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
33 Spetta al giudice
nazionale procedere alle verifiche del caso. In
tale cornice, è suo compito anche esaminare in che misura,
ammesso che risultino provate, le affermazioni del governo
italiano, richiamate nel punto 27 della presente ordinanza, possano agevolare
quest’onere della prova e, di conseguenza, incidere
sull’analisi concernente il rispetto del principio di effettività in una controversia quale
quella di cui al procedimento principale.
34 In
considerazione di quanto sin qui esposto, occorre risolvere
la questione proposta dichiarando che l’accordo quadro deve essere interpretato
nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale,
quale quella oggetto del procedimento principale, la quale,
nell’ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di
un datore di lavoro
pubblico, di una successione di contratti
di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il diritto,
per il lavoratore interessato, di ottenere il risarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è subordinato all’obbligo, gravante su
detto lavoratore, di fornire la prova di
aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come effetto di
rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, da
parte del citato lavoratore, dei diritti conferiti
dall’ordinamento dell’Unione.
35 Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le
disposizioni di diritto nazionale volte a
sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato siano conformi a questi principi.
Sulle
spese
36 Nei confronti delle
parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per
questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
L’accordo
quadro sul lavoro a tempo
determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del
Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro
CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretato
nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale,
quale quella oggetto del procedimento principale, la quale,
nell’ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di
un datore di lavoro
pubblico, di una successione di contratti
di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il
diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il
risarcimento del danno che egli reputi di
aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi
trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è
subordinato all’obbligo, gravante su detto lavoratore, di
fornire la prova di aver dovuto rinunciare a
migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come
effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile l’esercizio, da parte del citato lavoratore, dei
diritti conferiti dall’ordinamento dell’Unione.
Spetta
al giudice del rinvio valutare in che
misura le disposizioni di diritto nazionale volte a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica
amministrazione, a una successione di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato siano
conformi a questi principi.