Corte di Giustizia delle Comunità europee, 20 maggio
2003
C-465/00, (C-138/01), (C-139/01) Rechnungshof e a. – Österreichischer Rundfunk e a.
Nei procedimenti riuniti C-465/00, C-138/01 e
C-139/01,
aventi ad
oggetto tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma
dell'art. 234 CE, rispettivamente dal Verfassungsgerichtshof (C-465/00) e
dall'Oberster Gerichtshof (C-138/01 e C-139/01) (Austria) nelle cause dinanzi
ad essi pendenti tra
Rechnungshof
(C-465/00)
e
Österreichischer Rundfunk,
Wirtschaftskammer Steiermark,
Marktgemeinde Kaltenleutgeben,
Land Niederösterreich,
Österreichische Nationalbank,
Stadt Wiener Neustadt,
Austrian
Airlines, Österreichische Luftverkehrs-AG,
e tra
Christa Neukomm
(C-138/01),
Joseph Lauermann
(C-139/01)
e
Österreichischer
Rundfunk,
domande
vertenti sull'interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche
con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione
di tali dati (GU L 281, pag. 31),
composta dal
sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M.
Wathelet (relatore) e R. Schintgen, presidenti di sezione, dai sigg. C.
Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F.
Macken e N. Colneric, e dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici,
avvocato
generale: sig. A. Tizzano
cancelliere:
sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
viste le
osservazioni scritte presentate:
- per il
Rechnungshof, dal sig. F. Fiedler, in qualità di agente (C-465/00);
- per
l'Österreichischer Rundfunk, dal sig. P. Zöchbauer, Rechtsanwalt (C-465/00);
- per
- per
- per il Land
Niederösterreich, dai sigg. E. Pröll, C. Kleiser e L. Staudigl, in qualità di
agenti (C-465/00);
- per
l'Österreichische Nationalbank, dal sig. K. Liebscher e dalla sig.ra G.
Tumpel-Gugerell, in qualità di agenti (C-465/00);
- per
- per
l'Austrian Airlines, Österreichische Luftverkehrs-AG, dal sig. H. Jarolim,
Rechtsanwalt (C-465/00),
- per il
governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente (C-465/00, C-138/01
e C-139/01);
- per il
governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente (C-465/00);
- per il
governo italiano, dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig.
D. Del Gaizo, avvocato dello Stato (C-465/00), e dal sig. O. Fiumara, avvocato
generale dello Stato (C-138/01 e C-139/01);
- per il governo
dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente (C-465/00,
C-138/01 e C-139/01);
- per il
governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente (C-465/00);
- per il
governo svedese, dal sig. A. Kruse, in qualità di agente (C-465/00, C-138/01 e
C-139/01);
- per il
governo del Regno Unito, dalla sig.ra R. Magrill, in qualità di agente,
assistita dal sig. J. Coppel, barrister (C-465/00, C-138/01 e C-139/01);
- per
vista la
relazione d'udienza,
sentite le
osservazioni orali della Marktgemeinde Kaltenleutgeben, rappresentata dall'avv.
F. Nistelberger, del Land Niederösterreich, rappresentato dal sig. C. Kleiser,
della Österreichische Nationalbank, rappresentata dal sig. B. Gruber,
Rechtsanwalt, della Austrian Airlines, Österreichische Luftverkehrs-AG,
rappresentata dall'avv. H. Jarolim, del governo austriaco, rappresentato dal
sig. W. Okresek, in qualità di agente, del governo italiano, rappresentato dal
sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, del governo dei Paesi Bassi,
rappresentato dalla sig.ra J. van Bakel, in qualità di agente, del governo
finlandese, rappresentato dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente, del
governo svedese, rappresentato dal sig. A. Kruse e dalla sig.ra B. Hernqvist,
in qualità di agente, e della Commissione delle Comunità europee, rappresentata
dai sigg. U. Wölker e C. Docksey, in qualità di agente, all'udienza del 18
giugno 2002,
sentite le
conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 novembre
2002,
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con ordinanze 12 dicembre 2000, pervenuta alla Corte il 28 dicembre 2000, e 28 e 14 febbraio 2001, pervenute alla Corte il 27 marzo 2001, il Verfassungsgerichtshof (C-465/00) e l'Oberster Gerichtshof (C-138/01 e C-139/01), ai sensi dell'art. 234 CE, hanno proposto ciascuno due questioni pregiudiziali, formulate in termini sostanzialmente identici, vertenti sull'interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31).
2 Tali
questioni sono sorte nell'ambito di controversie pendenti, da un lato, tra il
Rechnungshof (Corte dei conti) ed un elevato numero di enti sottoposti al suo
controllo e, dall'altro, tra la sig.ra Neukomm e il sig. Lauermann ed il loro
datore di lavoro, l'Österreichischer Rundfunk (in prosieguo: l'«ÖRF»),
un'emittente radiofonica di diritto pubblico, in merito all'obbligo, gravante
sugli enti pubblici soggetti al controllo del Rechnungshof, di comunicare a
quest'ultimo gli stipendi e le pensioni che superano un determinato livello da
esse versati ai loro dipendenti e pensionati, nonché il nome dei beneficiari,
per la redazione di una relazione annuale da trasmettere al Nationalrat
(Consiglio nazionale), al Bundesrat ed ai Landtagen (Parlamenti dei Länder) e
da mettere a disposizione del grande pubblico (in prosieguo: la «relazione»).
Ambito
normativo
Disposizioni
nazionali
3 Ai sensi
dell'art. 8 del Bundesverfassungsgesetz über die Begrenzung von Bezügen
öffentlicher Funktionäre (legge costituzionale federale relativa alla
limitazione degli stipendi dei funzionari pubblici, BGBl. I 1997/64, come
modificata; in prosieguo: il «BezBegrBVG»):
«1) Gli enti
giuridici soggetti al controllo del Rechnungshof devono comunicare a quest'ultimo,
entro il primo trimestre di ogni biennio, lo stipendio o la pensione delle
persone che hanno ricevuto, in almeno uno dei due precedenti anni civili
precedenti, stipendi o pensioni superiori su base annua a 14 volte l'80%
dell'importo base mensile di cui all'art. 1 [cioè, per il 2000, stipendi e
pensioni 14 volte superiori alla somma di EUR 5 887,87]. Gli enti devono anche
comunicare gli stipendi e le pensioni delle persone che percepiscono un
ulteriore stipendio o pensione da un ente sottoposto al controllo del
Rechnungshof. Le persone che ricevono uno stipendio o una pensione da due o più
enti sottoposti al controllo del Rechnungshof devono comunicarlo a questi
ultimi. Se tale obbligo di comunicazione non viene rispettato dall'ente, allora
il Rechnungshof deve esaminare i documenti rilevanti e redigere sulla base di
questi la propria relazione.
2) Per
l'applicazione del n. 1, sono da tenere in considerazione anche le prestazioni
sociali e in natura, a condizione che non si tratti di prestazioni derivanti da
assicurazioni contro le malattie o gli infortuni oppure da comparabili
normative regionali. Gli stipendi o pensioni erogati da enti sottoposti al
controllo del Rechnungshof devono essere sommati gli uni agli altri.
3) Il
Rechnungshof deve riassumere tali comunicazioni - divise per valori annuali -
in una relazione, in cui deve menzionare tutte le persone i cui stipendi e le
cui pensioni erogati annualmente da enti sottoposti al suo controllo superino
complessivamente l'importo di cui al n. 1. La relazione è presentata al
Nationalrat, al Bundesrat e ai Landtagen».
4 Dalle
ordinanze di rinvio risulta che, alla luce dei lavori preparatori del
BezBegrBVG, la dottrina deduce da tale ultima disposizione che la relazione
deve indicare il nome delle persone di cui trattasi e, rispettivamente,
l'importo del reddito annuo di queste ultime.
5 Il
Verfassungsgerichtshof rileva che, conformemente all'intento del legislatore,
la relazione deve essere messa a disposizione di un vasto pubblico, per
garantire un'«ampia informazione» di quest'ultimo. Con tale informazione si
eserciterebbe una pressione sugli enti interessati, affinché essi mantengano le
retribuzioni ad un livello poco elevato e le finanze pubbliche vengano
utilizzate con parsimonia, economia ed efficacia.
6 Gli enti
sottoposti al controllo contabile del Rechnungshof sono
Normativa
comunitaria
7 Dai
considerando dal quinto al nono della direttiva 95/46 si evince che
quest'ultima è stata adottata sulla base dell'art.
8 Ai sensi
dell'art. 1 della direttiva 95/46:
«1. Gli Stati
membri garantiscono, conformemente alle disposizioni della presente direttiva,
la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche e
particolarmente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei
dati personali.
2. Gli Stati
membri non possono restringere o vietare la libera circolazione dei dati
personali tra Stati membri, per motivi connessi alla tutela garantita a norma
del paragrafo 1».
«(2)
considerando che i sistemi di trattamento dei dati sono al servizio dell'uomo;
che essi, indipendentemente dalla nazionalità o dalla residenza delle persone
fisiche, debbono rispettare le libertà e i diritti fondamentali delle stesse, in
particolare la vita privata, e debbono contribuire al progresso economico e
sociale, allo sviluppo degli scambi nonché al benessere degli individui;
(3)
considerando che l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno, nel
quale, conformemente all'articolo [14 CE], è assicurata la libera circolazione
delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, esigono non solo che i
dati personali possano circolare liberamente da uno Stato membro all'altro, ma
che siano altresì salvaguardati i diritti fondamentali della persona».
10 Il decimo
considerando della detta direttiva aggiunge quanto segue:
«considerando
che le legislazioni nazionali relative al trattamento dei dati personali hanno
lo scopo di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in
particolare del diritto alla vita privata, riconosciuto anche dall'articolo 8
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario; (...)».
11 Ai sensi
dell'art. 6, n. 1, della direttiva 95/46, i dati personali [cioè, secondo
l'art. 2, lett. a), di quest'ultima, «qualsiasi informazione concernente una
persona fisica identificata o identificabile»] devono essere:
«a) trattati
lealmente e lecitamente;
b) rilevati
per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in
modo non incompatibile con tali finalità (...)
c) adeguati,
pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati
e/o per le quali vengono successivamente trattati;
(...)».
12 Per
«trattamento di dati personali» l'art. 2, lett. b), della direttiva 95/46
intende:
«qualsiasi
operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l'ausilio di processi
automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione,
l'organizzazione, la conservazione, l'elaborazione o la modifica, l'estrazione,
la consultazione, l'impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione
o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o
l'interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione».
13 Ai sensi
dell'art. 7 della direttiva 95/46, il trattamento dei dati personali può essere
effettuato soltanto in presenza di uno dei quattro presupposti enunciati, ed in
particolare ove esso:
«c) [sia]
necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile
del trattamento, oppure
(...)
e) [sia]
necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio
di pubblici poteri di cui è investito il responsabile del trattamento (...) a
cui vengono comunicati i dati (...)».
14 Secondo il
suo settantaduesimo considerando, la detta direttiva consente che
nell'applicazione dei principi in essa stabiliti si tenga conto del principio
dell'accesso del pubblico ai documenti ufficiali.
15 Per quanto
riguarda il campo di applicazione della direttiva 95/46, l'art. 3, n. 1, di
quest'ultima dispone che essa si applica al trattamento di dati personali
interamente o parzialmente automatizzato nonché al trattamento non
automatizzato di dati personali contenuti o destinati a figurare negli archivi.
Tuttavia, secondo il n. 2 della stessa disposizione, la detta direttiva «non si
[applica] ai trattamenti di dati personali
- effettuati
per l'esercizio di attività che non rientrano nel campo di applicazione del
diritto comunitario, come quelle previste dai titoli V e VI del trattato
sull'Unione europea e comunque ai trattamenti aventi come oggetto la pubblica
sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato (compreso il benessere economico
dello Stato, laddove tali trattamenti siano connessi a questioni di sicurezza
dello Stato) e le attività dello Stato in materia di diritto penale;
- effettuati
da una persona fisica per l'esercizio di attività a carattere esclusivamente
personale o domestico».
16 Inoltre
l'art. 13 della direttiva 95/46 autorizza gli Stati membri a derogare ad alcune
sue disposizioni, ed in particolare all'art. 6, n. 1, qualora ciò sia
necessario per la salvaguardia, tra l'altro, di «un rilevante interesse
economico o finanziario di uno Stato membro o dell'Unione europea, anche in
materia monetaria, di bilancio e tributaria» [art. 13, n. 1, lett. e)] o di «un
compito di controllo, ispezione o disciplina connesso, anche occasionalmente,
con l'esercizio di pubblici poteri» in particolari casi, tra i quali figura
quello appena ricordato di cui alla lett. e) [art. 13, n. 1, lett. f)].
Controversie
principali e questioni pregiudiziali
Causa C-465/00
17 Tra il Rechnungshof
ed un numero rilevante di enti sottoposti al suo controllo sono sorte
divergenze di opinione sull'interpretazione dell'art. 8 del BezBegrBVG in
merito alle pensioni ed agli stipendi versati nel 1998 e nel 1999.
18 Così, i
convenuti nella causa principale, tra i quali figurano collettività
territoriali (un Land e due comuni), imprese statali, alcune delle quali in
regime di concorrenza con altre imprese nazionali o estere non soggette al
controllo del Rechnungshof, nonché un organismo professionale rappresentativo
legalmente riconosciuto (
19 Il
Rechnungshof deduce dall'art. 8 del BezBegrBVG l'obbligo di censire nella
relazione il nome delle persone di cui trattasi indicando i loro redditi annui.
I convenuti nella causa principale sono di diverso avviso e non si ritengono
obbligati a comunicare i dati personali relativi ai detti redditi, quali i nomi
o le funzioni delle persone interessate, con l'indicazione degli stipendi
percepiti da queste ultime. Essi si fondano essenzialmente sulla direttiva
95/46, sull'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali stipulata a Roma il 4 novembre 1950 (in
prosieguo: la «CEDU»), che garantisce la tutela della vita privata, e
sull'argomento secondo cui l'obbligo di pubblicità crea un ostacolo alla
mobilità dei lavoratori contrario all'art. 39 CE.
20 Il
Verfassungsgerichtshof si chiede sostanzialmente se l'art. 8 del BezBegrBVG,
come interpretato dal Rechnungshof, sia compatibile con il diritto comunitario,
per poterlo eventualmente interpretare in modo conforme a quest'ultimo o
dichiararlo (parzialmente) inapplicabile.
21 Il giudice
del rinvio sottolinea, al riguardo, la necessità di interpretare le
disposizioni della direttiva 95/46, in particolare i suoi artt. 6, n. 1, lett.
b) e c), e 7, lett. c) ed e), alla luce dell'art. 8 della CEDU. A suo avviso,
un'ampia informazione del pubblico, come prevista dal legislatore nazionale per
quanto attiene ai redditi di dipendenti di enti giuridici soggetti al controllo
del Rechnungshof la cui retribuzione annua ecceda una determinata soglia (cioè
1 127 486 ATS nel 1999 e 1 120 000 ATS nel 1998) deve essere considerata
un'ingerenza nella vita privata che può essere giustificata, ai sensi dell'art.
8, n. 2, della CEDU, solo ove tale informazione contribuisca al benessere
economico del paese. La giustificazione dell'ingerenza nei diritti fondamentali
sarebbe infatti da escludere in presenza di un mero «interesse del pubblico ad
essere informato». Al riguardo, il Verfassungsgerichtshof dubita che la
divulgazione, mediante la relazione, di dati personali sui redditi favorisca il
«benessere economico del paese». Essa rappresenterebbe in ogni caso
un'ingerenza sproporzionata nella vita privata. Il controllo contabile svolto
dal Rechnungshof sarebbe incontestabilmente sufficiente per garantire il
corretto utilizzo delle finanze pubbliche.
22 Il giudice
del rinvio si chiede altresì se la portata del diritto comunitario vari in
funzione della natura dell'ente giuridico obbligato a contribuire alla
divulgazione dei redditi individuali di taluni dei suoi dipendenti.
23 Il Verfassungsgerichtshof
ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le
due questioni pregiudiziali seguenti:
«1) Se le
norme di diritto comunitario, soprattutto quelle relative alla protezione dei
dati, siano da interpretare nel senso che ostano ad una normativa nazionale che
obbliga un organo statale alla raccolta e alla trasmissione dei dati sui
redditi allo scopo di pubblicare i nomi e i redditi dei dipendenti:
a) di un ente
territoriale,
b) di una
stazione radiofonica di diritto pubblico,
c) di una
banca centrale nazionale,
d) di
un'associazione di rappresentanza di interessi riconosciuta,
e) di
un'impresa in parte sotto controllo statale.
2) Qualora
Se le
disposizioni che ostano ad una normativa nazionale di tale contenuto, siano
direttamente applicabili, nel senso che i soggetti obbligati alla comunicazione
possano farle valere, così da impedire l'applicazione delle norme nazionali ad
esse contrarie».
Cause C-138/01
e C-139/01
24 La sig.ra
Neukomm e il sig. Lauermann, dipendenti dellÖRF, ente sottoposto al controllo
del Rechnungshof, hanno investito i giudici austriaci di una domanda di
provvedimenti urgenti diretta ad impedire all'ÖRF di dare seguito alla
richiesta di comunicazioni dei dati presentata dal Rechnungshof.
25 La domanda
di provvedimenti urgenti è stata respinta in primo grado. L'Arbeits- und
Sozialgericht Wien (Austria) (C-138/01), dopo aver distinto fra la trasmissione
dei dati al Rechnungshof ed il loro inserimento nella relazione, ha ritenuto
che quest'ultimo non potesse essere che anonimo, mentre la mera trasmissione
dei dati al Rechnungshof, anche nominativa, non viola né l'art. 8 della CEDU né
la direttiva 95/46. Il Landesgericht St. Pölten (Austria) (C-139/01), invece,
ha dichiarato che l'inserimento di dati nominativi nella relazione è conforme
alla legge, dato che l'anonimato non consente al Rechnungshof di svolgere un
controllo sufficiente.
27 La sig.ra
Neukomm ed il sig. Lauermann hanno proposto un ricorso in «Revision» dinanzi
all'Oberster Gerichtshof.
28 Il giudice
del rinvio fa riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta
nella causa C-465/00 e, riprendendo i quesiti del Verfassungsgerichtshof, ha
deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le due
questioni pregiudiziali seguenti, formulate in termini identici per le cause
C-138/01 e C-139/01:
«1) Se le
norme di diritto comunitario, in particolare quelle relative alla protezione
dei dati [combinato disposto degli artt. 1, 2, 6, 7 e 22 della direttiva
95/46/CE, dell'art. 6 (ex art. F) del Trattato UE e dell'art. 8 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali] siano da interpretare nel senso che si oppongono ad una normativa
nazionale che obbliga una stazione radiofonica di diritto pubblico in qualità
di soggetto di diritto alla comunicazione di dati sui redditi dei propri
dipendenti ed un organo statale alla raccolta ed alla trasmissione di tali dati
allo scopo di pubblicare i nomi e i redditi di detti dipendenti.
2) Qualora
29 Con
ordinanza del presidente della Corte 17 maggio 2001, le cause C-138/01 e
C-139/01 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del
procedimento, nonché della sentenza. Ai fini della sentenza occorre altresì
riunire la causa C-465/00 e le cause C-138/01 e C-139/01.
30 Si deve
constatare che le questioni sottoposte rispettivamente dal
Verfassungsgerichtshof e dall'Oberster Gerichtshof sono sostanzialmente
identiche, di modo che occorre esaminarle congiuntamente.
Sull'applicabilità
della direttiva 95/46
31 La
soluzione delle questioni poste presuppone l'applicabilità della direttiva
95/46 alle cause principali. Ora, tale applicabilità è stata contestata dinanzi
alla Corte. Tale problema dev'essere risolto in via preliminare.
Osservazioni
presentate alla Corte
33 Inoltre, i
detti convenuti fanno valere che il controllo del Rechnungshof, da un lato,
pregiudica la possibilità per i dipendenti degli enti interessati di cercare
lavoro in un altro Stato membro, a causa della pubblicità dei loro stipendi,
che limiterebbe il loro potere negoziale nei confronti di società straniere, e,
dall'altro, dissuade i cittadini degli altri Stati membri dal cercare un
impiego presso gli enti sottoposti a tale controllo.
35 Il
Rechnungshof, i governi austriaco ed italiano, nonché, in certa misura,
36 Secondo il
Rechnungshof ed i governi austriaco ed italiano, l'attività di controllo
prevista dall'art. 8 BezBegrBVG, che persegue finalità di interesse generale in
materia di contabilità pubblica, non rientrerebbe nella sfera di applicazione
del diritto comunitario.
37 Dopo aver
constatato che la direttiva, adottata sulla base dell'art.
38
Giudizio della
Corte
39 Si deve
rammentare che la direttiva 95/46, adottata sulla base dell'art.
40 Poiché
tutti i dati personali possono circolare tra gli Stati membri, la direttiva 95/46
impone in linea di principio il rispetto delle norme di tutela di tali dati
rispetto a qualsiasi trattamento di questi ultimi, come disposto dal suo art.
3.
41 Occorre
aggiungere che il ricorso alla base giuridica dell'art.
42 Di
conseguenza, l'applicabilità della direttiva 95/46 non può dipendere dalla
soluzione del problema se le situazioni concrete di cui trattasi nelle cause
principali presentino un nesso sufficiente con l'esercizio delle libertà
fondamentali garantite dal Trattato e in particolare, nelle dette cause, con la
libera circolazione dei lavoratori. Infatti, un'interpretazione in senso
contrario rischierebbe di rendere particolarmente incerti ed aleatori i limiti
del campo di applicazione della detta direttiva, il che sarebbe contrario al
suo obiettivo essenziale, che è quello di ravvicinare le disposizioni
legislative, regolamentari, ed amministrative degli Stati membri per eliminare
gli ostacoli al funzionamento del mercato interno derivanti proprio dalle
disparità esistenti tra le normative nazionali.
43 Inoltre,
l'applicabilità della direttiva 95/46 a situazioni che non presentano un nesso
diretto con l'esercizio delle libertà fondamentali di circolazione garantite
dal Trattato è confermata dal tenore letterale dell'art. 3, n. 1, di tale
direttiva, che definisce in modo molto ampio il campo di applicazione di
quest'ultima, non facendo dipendere l'applicazione delle norme di tutela dalla
questione se il trattamento presenti un nesso effettivo con la libera
circolazione tra Stati membri. La stessa conferma risulta dalle eccezioni
previste dal n. 2 del medesimo articolo, in particolare da quelle riguardanti
il trattamento di dati personali «effettuati per l'esercizio di attività (...)
previste dai titoli V e VI del trattato sull'Unione europea», oppure «per
l'esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico».
Infatti, queste deroghe non sarebbero quanto meno redatte in tali termini, se
la detta direttiva fosse applicabile esclusivamente a situazioni che presentano
un nesso sufficiente con l'esercizio delle libertà di circolazione.
44 La medesima
osservazione può essere formulata a proposito delle eccezioni contenute
all'art. 8, n. 2, della direttiva 95/46, che riguardano il trattamento di
particolari categorie di dati, ed in particolare quelle previste da questa
stessa disposizione, lett. d), relativa al trattamento effettuato «da una
fondazione, un'associazione o qualsiasi altro organismo che non persegua scopi
di lucro e rivesta carattere politico, filosofico, religioso o sindacale».
45 Si deve
infine sottolineare che il trattamento dei dati personali di cui trattasi nella
causa principale non ricade nell'eccezione prevista dall'art. 3, n. 2, primo
trattino, della direttiva 95/46. Infatti, tale trattamento non riguarda
l'esercizio di attività che non rientrano nel campo di applicazione del diritto
comunitario, come quelle previste dai titoli V e VI del trattato sull'Unione
europea. Non si tratta neanche di un trattamento avente come oggetto la
pubblica sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato e le attività dello
Stato in materia di diritto penale.
46 D'altronde,
le finalità previste dagli artt. 7, lett. c) ed e), e 13, lett. e) e f), della
direttiva 95/46 dimostrano la sua vocazione a comprendere trattamenti di dati
come quelli di cui trattasi nelle cause principali.
47 Si deve
quindi considerare che la direttiva 95/46 è applicabile al trattamento dei dati
personali previsto da una normativa come quella di cui trattasi nelle cause
principali.
Sulla prima
questione
48 Con la loro
prima questione, i giudici del rinvio chiedono in sostanza se la direttiva
95/46 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa
nazionale come quella di cui trattasi nelle cause principali, che obbliga un
organo di controllo statale a raccogliere ed a comunicare a fini di
pubblicazione dati relativi ai redditi di persone impiegate da enti soggetti a
tale controllo, ove tali redditi superino un certo limite.
Osservazioni
presentate alla Corte
49 Il governo
danese ritiene che la direttiva 95/46 non disciplini, a rigor di termini, il
diritto dei terzi di accedere, dietro loro richiesta, ai documenti. In
particolare, l'art. 12 di tale direttiva riguarderebbe solo il diritto di
chiunque ad ottenere informazioni che lo riguardano. Secondo il detto governo,
la protezione delle informazioni personali che non sembrano sensibili deve
cedere dinanzi al principio di trasparenza, che svolge un ruolo essenziale
nell'ordinamento giuridico comunitario. Il governo danese, come quello svedese,
osserva al riguardo che, secondo il settantaduesimo considerando della detta
direttiva, nell'attuazione di quest'ultima si può prendere in considerazione il
principio del diritto del pubblico all'accesso ai documenti ufficiali.
50 Il
Rechnungshof, i governi austriaco, italiano, olandese, finlandese e svedese,
nonché
51 Tali
obiettivi di interesse generale potrebbero validamente giustificare
un'ingerenza nella vita privata, garantita dall'art. 8, n. 2, della CEDU, dato
che essa è prevista dalla legge, è necessaria in una società democratica alla
realizzazione di finalità legittime e che essa non è sproporzionata alla luce
dell'obiettivo perseguito.
53 Il governo
finlandese ritiene altresì che la tutela della vita privata non sia assoluta.
Pertanto, i dati relativi ad una persona che agisce nell'ambito delle sue
funzioni o di incarichi pubblici ad esse afferenti non rientrerebbero nella
tutela della vita privata.
54 Il governo
italiano fa valere che dati come quelli di cui trattasi nelle cause principali
sono già di per sé pubblici nella maggioranza degli Stati membri, poiché
emergono da tabelle stipendiali e da fasce retributive stabilite da leggi o da
regolamenti o da contratti collettivi. Pertanto, non sarebbe in contrasto con
il principio di proporzionalità la previsione della diffusione di tali dati,
anche con riferimento all'identità dei singoli soggetti percettori dei redditi
di cui trattasi. Tale diffusione, diretta a rendere più evidente una situazione
già ricavabile da dati a disposizione della collettività nazionale,
rappresenterebbe una misura minima per garantire l'effettivo conseguimento
degli obiettivi di trasparenza e buon andamento dell'amministrazione.
55 Il governo
olandese aggiunge tuttavia che i giudici del rinvio dovrebbero verificare, per
ciascun ente interessato, se l'obiettivo d'interesse generale possa essere
realizzato trattando i dati personali in modo meno pregiudizievole alla vita
privata delle persone di cui trattasi.
56 Il governo
del Regno Unito, dal canto suo, sostiene che, per risolvere la prima questione,
sono irrilevanti le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 18 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1),
alla quale il Verfassungsgerichtshof ha fatto un breve riferimento.
57 Nella cause
C-138/01 e C-139/01
58 D'altra
parte,
59 I convenuti
nella causa principale C-465/00 ritengono, nel complesso, che la normativa
nazionale di cui trattasi sia incompatibile con l'art. 6, n. 1, lett. b) e c),
della direttiva 95/46 e non possa essere legittimata ai sensi dell'art. 7,
lett. c) o e), di quest'ultima, poiché essa rappresenterebbe un'ingerenza non
giustificata alla luce dell'art. 8, n. 2, della CEDU e sarebbe comunque
sproporzionata. Il controllo contabile svolto dal Rechnungshof sarebbe
sufficiente per garantire l'impiego parsimonioso delle finanze pubbliche.
60 Più in
particolare, non sarebbe dimostrato che rappresenta una misura diretta alla
realizzazione del benessere economico la pubblicazione del nome e dell'importo
dei redditi di tutte le persone impiegate dagli enti pubblici, laddove tale
importo ecceda un certo livello. L'obiettivo del potere costituente sarebbe
stato di esercitare una pressione sugli enti considerati, affinché essi
mantengano le retribuzioni su livelli poco elevati. I detti convenuti
sostengono altresì che tale misura riguarda, nel caso di specie, soggetti che,
nella maggior parte dei casi, non sono personalità pubbliche.
61 D'altra
parte, anche se la redazione, da parte del Rechnungshof, di una relazione
contenente dati personali sui redditi e destinata al dibattito pubblico fosse
considerata un'ingerenza nella vita privata giustificata ai sensi dell'art. 8,
n. 2, della CEDU, il Land Niederösterreich e l'ÖRF ritengono che tale misura
violi altresì l'art. 14 della CEDU. Persone che percepiscono redditi
equivalenti sarebbero infatti trattate in modo diseguale, a seconda che esse
siano o meno impiegate presso un ente soggetto al controllo del Rechnungshof.
63 Infine,
l'ÖRF,
Risposta della
Corte
65 Ora, a
termini della direttiva 95/46, fatte salve le deroghe ammesse dal suo art. 13,
qualsiasi trattamento di dati personali deve essere conforme, da una lato, ai
«principi relativi alla qualità dei dati», enunciati all'art. 6 di tale
direttiva e, dall'altro, a uno dei «principi relativi alla legittimazione del
trattamento dei dati» elencati all'art. 7 di quest'ultima.
66 Più in
particolare, i dati devono essere «rilevati per finalità determinate, esplicite
e legittime» [art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva 95/46], nonché «adeguati,
pertinenti e non eccedenti» rispetto alle dette finalità [art. 6, n. 1, lett.
c)]. Inoltre, secondo l'art. 7, lett. c) ed e), della stessa direttiva, il
trattamento di dati personali è lecito rispettivamente ove esso «[sia]
necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile
del trattamento» oppure «[sia] necessario per l'esecuzione di un compito di
interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è
investito il responsabile del trattamento (...) a cui vengono comunicati i dati
(...)».
67 Tuttavia,
ai sensi dell'art. 13, lett. e) e f), della detta direttiva, gli Stati membri
possono derogare in particolare all'art. 6, n. 1, qualora ciò sia necessario
per la salvaguardia, rispettivamente, di «un rilevante interesse economico o
finanziario di uno Stato membro o dell'Unione europea, anche in materia
monetaria, di bilancio e tributaria» o di «un compito di controllo, ispezione o
disciplina connesso, anche occasionalmente, con l'esercizio di pubblici poteri»
in particolari casi, tra i quali figura quello appena ricordato di cui alla
lett. e).
68 Occorre
altresì aggiungere che le disposizioni della direttiva 95/46, poiché
disciplinano il trattamento di dati personali che possono arrecare pregiudizio
alle libertà fondamentali e, in particolare, al diritto alla vita privata,
devono essere necessariamente interpretate alla luce dei diritti fondamentali,
che secondo una costante giurisprudenza fanno parte integrante dei principi
generali del diritto dei quali
69 Tali
principi sono stati espressamente ripresi dall'art. 6, n. 2, UE, ai sensi del
quale «l'Unione rispetta i diritti fondamentali, quali sono garantiti dalla [CEDU]
e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in
quanto principi generali del diritto comunitario».
70 La stessa
direttiva 95/46, pur avendo come obiettivo principale quello di garantire la
libera circolazione dei dati personali, prevede, al suo art. 1, n. 1, che
«[g]li Stati membri garantiscono (...) la tutela dei diritti e delle libertà
fondamentali delle persone fisiche e particolarmente del diritto alla vita
privata, con riguardo al trattamento dei dati personali». Diversi considerando
della detta direttiva, in particolare il decimo e l'undicesimo, esprimono
questa stessa esigenza.
72 Quindi, ai
fini dell'applicazione della direttiva 95/46 e in particolare dei suoi artt. 6,
n. 1, lett. c), 7, lett. c) ed e), e 13, si deve verificare in primo luogo se
una normativa come quella di cui trattasi nelle cause principali preveda
un'ingerenza nella vita privata e, eventualmente, se tale ingerenza sia
giustificata alla luce dell'art. 8 della CEDU.
Sull'esistenza
di un'ingerenza nella vita privata
73 Occorre
anzitutto considerare che la raccolta di dati nominativi relativi ai redditi
professionali di un individuo, per comunicarli a terzi, rientra nel campo di
applicazione dell'art. 8 della CEDU.
74 E'
giocoforza constatare che, se è vero che la semplice registrazione, da parte
del datore di lavoro, di dati nominativi relativi alle retribuzioni corrisposte
al suo personale non può, in quanto tale, costituire un'ingerenza nella vita
privata, la comunicazione di tali dati ad un terzo, nel caso di specie
un'autorità pubblica, arreca pregiudizio al diritto al rispetto della vita
privata degli interessati, quale che sia l'ulteriore utilizzazione delle
informazioni così comunicate, e presenta il carattere di un'ingerenza ai sensi
dell'art. 8 della CEDU.
75 Per
accertare l'esistenza di una simile ingerenza, poco importa che le informazioni
comunicate abbiano o meno un carattere sensibile o che gli interessati abbiano
o meno subito eventuali inconvenienti in seguito a tale ingerenza (v., in tal
senso, sentenza Amann/Svizzera, citata, § 70). E' sufficiente constatare che i
dati relativi ai redditi percepiti da un lavoratore o da un pensionato sono
stati comunicati dal datore di lavoro ad un terzo.
Sulla
giustificazione dell'ingerenza
76
Un'ingerenza come quella menzionata al punto 74 della presente sentenza viola
l'art. 8 della CEDU, salvo se, «prevista dalla legge», essa persegue uno o più
finalità legittime previste al n. 2 di tale disposizione ed è «necessaria in
una società democratica» per la realizzazione di tale o tali finalità.
77 E' pacifico
che l'ingerenza di cui trattasi nelle cause principali è prevista dall'art. 8
del BezBegrBVG. Tuttavia, si pone il problema se tale articolo sia redatto in
modo sufficientemente preciso per consentire ai destinatari della legge di
regolare la loro condotta e soddisfi così il requisito di prevedibilità sancito
dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (v., in
particolare, Corte europea diritti dell'uomo, sentenza 20 maggio 1999,
Rekvényi/Ungheria, Recueil des arrêts et décisions 1999-III, § 34).
78 Al
riguardo, l'art. 8 del BezBegrBVG prevede che la relazione redatta dal
Rechnungshof deve censire «tutte le persone i cui stipendi e le cui pensioni
erogati annualmente da enti giuridici (...) superino complessivamente l'importo
di cui al primo comma», senza esigere esplicitamente la divulgazione del nome delle
persone interessate in rapporto ai redditi da esse percepiti. E' la dottrina
che, secondo le ordinanze di rinvio, basandosi sui lavori preparatori,
interpreta in tal senso la legge costituzionale.
79 Spetta ai
giudici del rinvio verificare se l'interpretazione secondo cui l'art. 8, n. 3,
del BezBegrBVG imporrebbe la divulgazione del nome delle persone interessate in
relazione ai redditi percepiti soddisfi il requisito di prevedibilità ricordato
al punto 77 della presente sentenza.
80 Tuttavia,
questo problema si porrà, eventualmente, solo dopo aver esaminato se
un'interpretazione in tal senso della disposizione nazionale di cui trattasi
sia conforme all'art. 8 della CEDU, alla luce del requisito di proporzionalità,
rispetto agli obiettivi perseguiti. Tale ultimo problema verrà esaminato nei
punti che seguono.
81 Al
riguardo, dall'ordinanza di rinvio nella causa C-465/00 risulta che l'obiettivo
dell'art. 8 del BezBegrBVG è di esercitare una pressione sugli enti pubblici
interessati, affinché essi mantengano le retribuzioni entro limiti ragionevoli.
Il governo austriaco osserva, in modo più generale, che l'ingerenza prevista da
tale disposizione ha lo scopo di garantire l'impiego parsimonioso ed
appropriato delle finanze pubbliche da parte dell'amministrazione. Un siffatto
obiettivo rappresenta una finalità legittima ai sensi tanto dell'art. 8, n. 2,
della CEDU, che menziona il «benessere economico del paese», quanto dell'art.
6, n. 1, lett. b), della direttiva 95/46, che fa riferimento a «finalità determinate,
esplicite e legittime».
82 Si deve
ancora verificare se l'ingerenza di cui trattasi sia necessaria, in una società
democratica, per realizzare la finalità legittima perseguita.
83 Secondo
84 Occorre
pertanto ponderare l'interesse della Repubblica d'Austria a garantire un
impiego ottimale delle finanze pubbliche e, in particolare, il mantenimento
degli stipendi entro limiti ragionevoli, con la gravità del pregiudizio
arrecato al diritto delle persone interessate al rispetto della loro vita
privata.
85 Al
riguardo, da un lato, per controllare la buona utilizzazione delle finanze
pubbliche, il Rechnungshof, come le diverse assemblee parlamentari, hanno
innegabilmente bisogno di conoscere l'importo delle spese riservate alle
risorse umane nei diversi enti pubblici. A ciò si aggiunge il diritto del
contribuente e dell'opinione pubblica in generale, in una società democratica,
di essere informati sull'impiego delle entrate pubbliche, specie in materia di
spese per il personale. Simili informazioni, riunite nella relazione, sono tali
da contribuire al dibattito pubblico relativo ad un problema di interesse
generale e servono quindi un interesse pubblico.
86 Si pone
tuttavia il problema se l'indicazione del nome delle persone interessate
rispetto ai redditi percepiti sia proporzionata alla legittima finalità
perseguita e se i motivi fatti valere dinanzi alla Corte per giustificare una
simile divulgazione appaiano pertinenti e sufficienti.
87 E'
giocoforza constatare che, secondo l'interpretazione accolta dal giudice del
rinvio, l'art. 8 del BezBegrBVG impone la divulgazione dei nomi delle persone
interessate, in rapporto con i redditi percepiti che superano un certo limite,
non per le sole persone che esercitano funzioni remunerate con retribuzioni la
cui composizione è pubblicata, bensì per tutte le persone che percepiscono uno
stipendio da un ente soggetto al controllo del Rechnungshof. Inoltre, tali
informazioni non vengono solo comunicate a quest'ultimo e, per il suo tramite,
alle diverse assemblee parlamentari, ma anche largamente rese note al pubblico.
88 Spetta ai
giudici del rinvio verificare se una simile pubblicità sia, al contempo,
necessaria e proporzionata alla finalità di mantenere gli stipendi entro limiti
ragionevoli e, in particolare, esaminare se un siffatto obiettivo non potesse
essere realizzato in modo ugualmente efficace dalla trasmissione delle
informazioni nominative ai soli organi di controllo. Allo stesso modo, si pone
il problema se non sarebbe stato sufficiente informare il grande pubblico delle
sole retribuzioni e degli altri vantaggi pecuniari che le persone impiegate
dagli enti pubblici di cui trattasi possono aspettarsi, contrattualmente o
statutariamente, ma non delle somme che ciascuno ha effettivamente percepito
durante l'anno considerato, una parte delle quali può variare in funzione della
loro situazione familiare e personale.
89 Per quanto riguarda,
d'altro canto, la gravità del pregiudizio arrecato al diritto delle persone
interessate al rispetto della loro vita privata, non è escluso che queste
ultime possano essere lese a seguito di ripercussioni negative della pubblicità
data ai loro redditi professionali, in particolare sulle prospettive di impiego
a cui esse potrebbero aspirare in altre imprese, situate in Austria o altrove,
non sottoposte al controllo del Rechnungshof.
90 Si deve
concludere che l'ingerenza derivante dall'applicazione di una normativa
nazionale come quella di cui trattasi nelle cause principali può essere
giustificata, alla luce dell'art. 8, n. 2, della CEDU solo nei limiti in cui
l'ampia divulgazione non solo dell'importo dei redditi annui, laddove questi
superino un certo limite, delle persone impiegate presso enti soggetti al
controllo del Rechnungshof, ma anche dei nomi dei beneficiari di tali redditi,
sia al contempo necessaria ed appropriata all'obiettivo di mantenere gli
stipendi entro limiti ragionevoli. La verifica di ciò spetta ai giudici del
rinvio.
Sulle
conseguenze alla luce delle disposizioni della direttiva 95/46
91 Se i
giudici del rinvio concludono nel senso dell'incompatibilità della normativa
nazionale di cui trattasi con l'art. 8 della CEDU, tale normativa non può
soddisfare neanche il requisito di proporzionalità contenuto agli artt. 6, n.
1, lett. c), e 7, lett. c) o e), della direttiva 95/46. Essa non può nemmeno
essere compresa in una delle deroghe previste all'art. 13 della detta
direttiva, che richiede altresì il rispetto del requisito di proporzionalità
rispetto alla finalità di interesse generale perseguita. Comunque, tale
disposizione non può essere interpretata nel senso che essa può legittimare un
pregiudizio al diritto al rispetto della vita privata contrario all'art. 8
della CEDU.
92 Se, invece,
i giudici del rinvio dovessero considerare che l'art. 8 del BezBegrBVG è al
contempo necessario ed appropriato all'obiettivo di interesse generale
perseguito, spetterà loro ancora verificare, come risulta dai punti 77-79 della
presente sentenza, se l'art. 8 del BezBegrBVG, non prevedendo esplicitamente la
divulgazione del nome delle persone interessate in rapporto con i redditi
percepiti, soddisfi il requisito di prevedibilità.
93 Occorre
infine rammentare, alla luce delle considerazioni che precedono, che al giudice
nazionale spetta altresì il compito di interpretare qualsiasi disposizione di
diritto nazionale, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo
della direttiva applicabile onde conseguire il risultato perseguito da
quest'ultima e conformarsi pertanto all'art. 249, terzo comma, CE (v. sentenza
13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing, Racc. pag. I-4135, punto 8).
94 Considerato
l'insieme delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima
questione nel senso che gli artt. 6, n. 1, lett. c), e 7, lett. c) ed e), della
direttiva 95/46 non ostano ad una normativa nazionale come quella di cui
trattasi nelle cause principali, a condizione che sia provato che l'ampia
divulgazione non solo dell'importo dei redditi annui, laddove questi superino
un certo limite, delle persone impiegate presso enti soggetti al controllo del
Rechnungshof, ma anche dei nomi dei beneficiari di tali redditi, è al contempo
necessaria ed appropriata all'obiettivo di buona gestione delle risorse
pubbliche perseguito dal costituente. La verifica di ciò spetta ai giudici del
rinvio.
Sulla seconda
questione
95 Con la loro
seconda questione, i giudici del rinvio chiedono se le disposizioni della direttiva
95/46 che ostano ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nelle
cause principali siano direttamente applicabili, nel senso che esse possono
essere fatte valere da un singolo dinanzi ai giudici nazionali per evitare
l'applicazione di tale normativa.
96 I convenuti
nella causa principale C-465/00, nonché il governo olandese ritengono, nel
complesso, che gli artt. 6, n. 1, e 7 della direttiva 95/46 soddisfino i
requisiti sanciti dalla giurisprudenza della Corte per vedersi riconoscere un
effetto diretto. Infatti, tali disposizioni sarebbero sufficientemente precise
e incondizionate per essere fatte valere dagli enti tenuti a procedere alla
divulgazione dei dati relativi ai redditi delle persone interessate per evitare
l'applicazione delle norme nazionali contrarie alle dette disposizioni.
97 Il governo
austriaco fa valere invece che le pertinenti disposizioni della direttiva 95/46
non sono direttamente applicabili. In particolare, gli artt. 6, n. 1, e 7 di
quest'ultima non sarebbero incondizionati, dato che la loro attuazione
necessita misure speciali adottate a tal fine dagli Stati membri, che
dispongono di un rilevante margine discrezionale.
98 Occorre al
riguardo ricordare che in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva
appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente
precise, tali disposizioni possono essere fatte valere, in mancanza di
provvedimenti dattuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi
disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero, inoltre,
in quanto sono atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei
confronti dello Stato (v., in particolare, sentenze 19 gennaio 1982, causa
8/81, Becker, Racc. pag. 53, punto 25, e 10 settembre 2002, causa C-141/00,
Kügler, Racc. pag. I-6833, punto 51).
99 Considerata
la soluzione data alla prima questione, la seconda questione è diretta ad
accertare se un siffatto carattere possa essere riconosciuto all'art. 6, n. 1,
lett. c), della direttiva 95/46, ai sensi del quale «i dati personali devono
essere (...) adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le
quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati»,
nonché all'art. 7, lett. c) o e), secondo cui il trattamento dei dati personali
può essere effettuato solo laddove, in particolare, «[sia] necessario per
adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile del
trattamento» oppure «[sia] necessario per l'esecuzione di un compito di
interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è
investito il responsabile del trattamento (...) a cui vengono comunicati i dati
(...)».
100 Tali
disposizioni sono sufficientemente precise per poter essere fatte valere da un
singolo ed applicate dai giudici nazionali. Inoltre, se è vero la direttiva
95/46 implica innegabilmente un margine discrezionale degli Stati membri più o
meno rilevante per l'attuazione di talune sue disposizioni, gli artt. 6, n. 1,
lett. c), e 7, lett. c) o e), dal canto loro, stabiliscono obblighi
incondizionati.
101 Si deve
quindi risolvere la seconda questione dichiarando che gli artt. 6, n. 1, lett.
c), e 7, lett. c) ed e), della direttiva 95/46 sono direttamente applicabili,
nel senso che essi possono essere fatti valere da un singolo dinanzi ai giudici
nazionali per evitare l'applicazione delle norme di diritto interno contrarie a
tali disposizioni.
Decisione relativa alle
spese
Sulle spese
102 Le spese
sostenute dai governi austriaco, danese, italiano, olandese finlandese, svedese
e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni
alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella
causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi ai giudici nazionali, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi
motivi,
pronunciandosi
sulle questioni sottopostele dal Verfassungsgerichtshof, con ordinanza 12
febbraio 2000, e dall'Oberster Gerichtshof, con ordinanze 14 e 28 febbraio
2001, dichiara:
1) Gli artt.
6, n. 1, lett. c), e 7, lett. c) ed e), della direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone
fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera
circolazione di tali dati, non ostano ad una normativa nazionale come quella di
cui trattasi nelle cause principali, a condizione che sia provato che l'ampia
divulgazione non solo dell'importo dei redditi annui, laddove questi superino
un certo limite, delle persone impiegate presso enti soggetti al controllo del
Rechnungshof, ma anche dei nomi dei beneficiari di tali redditi, è al contempo
necessaria ed appropriata all'obiettivo di buona gestione delle risorse pubbliche
perseguito dal costituente. La verifica di ciò spetta ai giudici del rinvio.
2) Gli artt.
6, n. 1, lett. c), e 7, lett. c) ed e), della direttiva 95/46 sono direttamente
applicabili, nel senso che essi possono essere fatti valere da un singolo dinanzi
ai giudici nazionali per evitare l'applicazione delle norme di diritto interno
contrarie a tali disposizioni.
(Seguono le firme)