Corte di Giustizia delle Comunità europee, 5 marzo
1996
C-46/93, C-48/93
Brasserie du Pêcheur SA e
a. – Repubblica federale di Germania e a.
Nei procedimenti riuniti C-46/93 e C-48/93,
aventi ad
oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma
dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Bundesgerichtshof
(nel procedimento C-46/93) e dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court (nel
procedimento C-48/93), nelle cause dinanzi ad essi pendenti tra
Brasserie du Pêcheur SA
e
Repubblica
federale di Germania,
e
tra
The Queen
e
Secretary of State for Transport
ex parte: Factortame Ltd e altri,
domande vertenti
sull' interpretazione del principio della responsabilità dello Stato per danni
causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili,
composta dai
signori G.C. Rodríguez Iglesias (relatore), presidente, C.N.
Kakouris, D.A.O. Edward e
G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F.
Mancini, F.A. Schockweiler,
J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann e J.L. Murray, giudici,
avvocato
generale: G. Tesauro
cancellieri: H.
von Holstein, vicecancelliere, e H.A.
Ruehl, amministratore principale
viste le
osservazioni scritte presentate:
° per
° per i
ricorrenti da
° per i
ricorrenti da
° per il 37º
ricorrente nel procedimento C-48/93, dagli avv.ti N. Forwood,
QC, e P. Duffy, barrister,
su incarico degli avv.ti Holmann Fenwick
& Willan, solicitors;
° per il
governo tedesco, dal signor E. Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell' Economia, in qualità di agente, assistito dall' avv.
J. Sedemund, del foro di Colonia;
° per il
governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti S.
Richards, C. Vajda e R. Thompson, barristers;
° per il
governo danese, dal signor J. Molde, consigliere
giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;
° per il
governo spagnolo, dal signor A.J. Navarro González, direttore generale del coordinamento giuridico e
istituzionale comunitario, e dalle signore R. Silva de Lapuerta
e G. Calvo Díaz, abogados del Estado, del servizio giuridico
dello Stato, in qualità di agenti;
° per il
governo francese, dal signor J.-P. Puissochet, direttore degli affari giuridici del ministero
degli Affari esteri, e dalla signora C. de Salins,
vicedirettore presso la direzione degli affari giuridici del medesimo
ministero, in qualità di agenti;
° per il
governo irlandese, dal signor M.A. Buckley, Chief State Solicitor, in qualità di agente;
° per il
governo olandese, dal signor A. Bos, consigliere
giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;
° per
vista la
relazione d' udienza,
sentite le
osservazioni orali della Brasserie du pêcheur SA, rappresentata dagli avv.ti H. Buettner e P. Soler-Couteaux, del
foro di Strasburgo, dei ricorrenti da
sentite le
conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 28 novembre
1995,
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con
ordinanze 28 gennaio 1993 e 18 novembre 1992, pervenute in cancelleria
rispettivamente il 17 febbraio 1993 e il 18 febbraio 1993, il Bundesgerichtshof (nel procedimento C-46/93) e
2 Tali
questioni sono state sollevate nell' ambito di due
controversie sorte, rispettivamente, tra la società Brasserie du pêcheur SA (in prosieguo: la
"Brasserie du pêcheur")
e
Il
procedimento C-46/93
3 Secondo
quanto ha dedotto dinanzi al giudice a quo,
4 Ritenendo
che queste disposizioni fossero in contrasto con l' art.
30 del Trattato CEE,
5
6 Il Bundesgerichtshof richiama, al riguardo, l'
art. 839 del Buergerliches Gesetzbuch
(codice civile tedesco; in prosieguo: il "BGB") e l' art. 34 del Grundgesetz (legge fondamentale; in prosieguo: il
"GG"). Ai sensi dell' art. 839, n. 1, prima
frase, del BGB, "Il pubblico funzionario che, per dolo o colpa, violi gli
obblighi ad esso imposti dal proprio ufficio nei confronti di un terzo è tenuto
nei confronti del medesimo al risarcimento del danno che ne deriva". L' art. 34 del GG a sua volta recita: "Se qualcuno,
nell' esercizio di un ufficio pubblico affidatogli, viene meno al proprio
dovere d' ufficio nei riguardi di un terzo, la responsabilità, di regola,
ricade sullo Stato o sull' ente presso cui presta servizio".
7 Dal
combinato disposto di questi articoli si evince che l' applicazione
del regime della responsabilità dello Stato è subordinata al presupposto che il
terzo possa essere considerato interessato dall' obbligo violato, con la
conseguenza che lo Stato è responsabile solo della violazione degli obblighi
aventi come destinatario un terzo. Orbene, sottolinea il Bundesgerichtshof,
il legislatore nazionale assume con il BStG
unicamente compiti riguardanti la collettività, senza particolare riferimento a
persone o categorie di persone che possano essere considerate "terzi"
ai sensi delle disposizioni menzionate.
8 Su queste
premesse, il Bundesgerichtshof ha sottoposto alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se il
principio del diritto comunitario in forza del quale gli Stati membri sono
tenuti a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto
comunitario ad essi imputabili valga anche quando tale violazione consista nel
mancato adeguamento di una legge formale (nazionale) del Parlamento alle norme sovraordinate del diritto comunitario (nella specie:
mancato adeguamento degli artt. 9 e 10 del Biersteuergesetz
all' art. 30 del Trattato CEE).
2) Se l' ordinamento giuridico nazionale possa disporre che un
eventuale diritto al risarcimento dei danni soggiaccia alle stesse restrizioni
previste per le violazioni, da parte di una legge nazionale, del diritto
interno di rango superiore, come ad esempio nel caso di contrasto di una legge
federale tedesca ordinaria con
3) Se l' ordinamento giuridico nazionale possa subordinare il
diritto al risarcimento dei danni all' esistenza di una condotta imputabile
(per dolo o per colpa) alle autorità statali.
4) Nel caso di
soluzione affermativa della questione sub 1) e di soluzione negativa della
questione sub 2):
a) Se l' obbligo di risarcimento a norma dell' ordinamento
giuridico nazionale possa essere limitato al risarcimento dei danni arrecati a
determinati beni giuridici dei singoli tutelati da norma di legge, quali ad
esempio la proprietà, ovvero se esiga una completa compensazione del danno per
tutte le perdite patrimoniali, ivi compreso il lucro cessante.
b) Se l'
obbligo al risarcimento imponga altresì la riparazione dei danni già sorti
prima che la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 12 marzo
1987 (causa 178/84) dichiarasse il contrasto dell' art.
10 della legge fiscale tedesca sulla birra con norme sovraordinate
di diritto comunitario".
Il
procedimento C-48/93
9 Il 16
dicembre 1988
10
Pronunciandosi su talune questioni postele dal
giudice nazionale adito,
11 Il 4 agosto
1989
12 Medio tempore,
il 2 ottobre 1991,
13 Infine, con
ordinanza 18 novembre 1992,
14 Stando così
le cose,
"1) Se, alla luce di tutte le circostanze della presente
fattispecie, in cui:
a) la
normativa di uno Stato membro pone requisiti di cittadinanza, di domicilio e di
residenza per i proprietari e gli esercenti di pescherecci, nonché per i soci e
gli amministratori di società che possiedono o gestiscono pescherecci
e
b)
ai detti
soggetti, che sono stati proprietari o esercenti di questi pescherecci o
amministratori e/o soci di società che possiedono o gestiscono pescherecci,
spetti, in forza del diritto comunitario, la rifusione, da parte di questo
Stato membro, delle perdite da essi subite come conseguenza di tutte o di
taluna delle predette violazioni del Trattato CEE.
2) In caso di
soluzione affermativa della questione sub 1), quali siano, eventualmente, gli
elementi che secondo il diritto comunitario il giudice nazionale deve prendere
in considerazione ai fini della decisione sulle domande di risarcimento
relative a:
a) spese
sostenute e/o mancati introiti per il periodo successivo all'
entrata in vigore di tali requisiti, nel corso del quale i pescherecci
sono stati costretti alla sosta o ad attività di pesca alternative e/o a
chiedere l' immatricolazione altrove;
b) perdite
derivanti da vendite sottocosto di pescherecci o di quote degli stessi o di
quote di società armatrici;
c) perdite
conseguenti alla necessità di provvedere alla prestazione di cauzioni nonché al
pagamento di ammende e di spese legali per le pretese infrazioni connesse alla
radiazione dei pescherecci dal registro nazionale;
d) perdite
derivanti dall' impossibilità per i detti soggetti di
continuare a possedere e gestire pescherecci;
e) perdite
derivanti da mancati introiti per i servizi prestati;
f) spese
sostenute nel tentativo di limitare le perdite suddette;
g) 'exemplary damages'
(somme corrisposte a titolo di sanzione per i danni causati dalla condotta
incostituzionale dell' amministrazione), ove ne ricorrano i presupposti".
15 Per una più
ampia illustrazione dei fatti delle controversie nelle cause nazionali, dello
svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni presentate alla Corte,
si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi
elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla
comprensione del ragionamento della Corte.
Sulla
responsabilità dello Stato per gli atti e le omissioni del legislatore nazionale
contrari al diritto comunitario (prima questione nei procedimenti C-46/93 e
C-48/93)
16 Con la loro
prima questione, entrambi i giudici nazionali intendono accertare, in sostanza,
se il principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti al risarcimento
dei danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi
imputabili sia applicabile qualora l' inadempimento
contestato sia riconducibile al legislatore nazionale.
18 Secondo i
governi tedesco, irlandese e olandese, l' obbligo
degli Stati membri di risarcire i danni cagionati ai singoli si imporrebbe solo
in caso di violazione di disposizioni prive di effetto diretto. Nella citata
sentenza Francovich e a.,
19 Questa argomentazione non può essere accolta.
20 Invero,
secondo la giurisprudenza costante, la facoltà degli amministrati di far valere
dinanzi ai giudici nazionali disposizioni del Trattato aventi
effetto diretto costituisce solo una garanzia minima e non è di per sé
sufficiente ad assicurare la piena applicazione del Trattato (v., segnatamente,
sentenze 15 ottobre 1986, causa 168/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 2945,
punto 11; 26 febbraio 1991, causa C-120/88, Commissione/Italia, Racc. pag.
I-621, punto 10; e 26 febbraio 1991, causa C-119/89, Commissione/Spagna, Racc.
pag. I-641, punto 9). Questa facoltà, intesa a far prevalere l'
applicazione di norme di diritto comunitario rispetto a quella di norme
nazionali, non è idonea a garantire in ogni caso al singolo i diritti
attribuitigli dal diritto comunitario e, in particolare, ad impedire il
verificarsi di un danno conseguente ad una violazione di tale diritto
imputabile ad uno Stato membro. Orbene, come si evince dal punto 33 della
citata sentenza Francovich, la piena efficacia delle
norme comunitarie sarebbe messa a repentaglio se i singoli non avessero la
possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti fossero lesi da una
violazione del diritto comunitario.
21 Ricorre un' ipotesi di tal genere allorché un singolo, che sia
rimasto vittima della mancata attuazione di una direttiva e si trovi nell'
impossibilità di far valere direttamente dinanzi al giudice nazionale
determinate disposizioni di quest' ultima, per via del loro carattere
insufficientemente preciso e incondizionato, intenta un' azione di risarcimento
danni contro lo Stato inadempiente per violazione dell' art. 189, terzo comma,
del Trattato. In siffatta ipotesi, che si verificava nella menzionata causa Francovich e a., il risarcimento è diretto a rimuovere le
conseguenze dannose causate ai beneficiari di una direttiva dalla mancata
attuazione di quest' ultima da parte di uno Stato
membro.
22 Tale è
inoltre il caso della lesione di un diritto direttamente conferito da una norma
comunitaria che i singoli possono per l' appunto
invocare dinanzi ai giudici nazionali. In tale ipotesi, il diritto al
risarcimento costituisce il corollario necessario dell' effetto
diretto riconosciuto alle norme comunitarie la cui violazione ha dato origine
al danno subito.
23 Nel caso di
specie, è pacifico che le norme comunitarie in questione, vale a dire l' art. 30 del Trattato, nel procedimento C-46/93, e l' art.
52, nel procedimento C-48/93, hanno effetto diretto nel senso che esse
conferiscono ai singoli diritti che gli stessi possono direttamente far valere
davanti ai giudici nazionali. La violazione di tali norme può dar luogo a
risarcimento.
24 Il governo
tedesco sostiene inoltre che un diritto generale al risarcimento per i singoli
potrebbe essere sancito solo in via legislativa e che il riconoscimento di
siffatto diritto ope judicis
sarebbe incompatibile con la ripartizione delle competenze tra le istituzioni
della Comunità e gli Stati membri e con l' equilibrio
istituzionale risultante dal Trattato.
25 Sul punto,
occorre sottolineare che la questione dell' esistenza
e della portata della responsabilità di uno Stato per danni scaturenti dalla
violazione degli obblighi che gli incombono in forza del diritto comunitario
attiene all' interpretazione del Trattato e come tale rientra nella competenza
della Corte.
26 Nella
fattispecie, così come nella causa Francovich e a.
già richiamata, tale questione interpretativa è stata sottoposta alla Corte da
giudici nazionali a norma dell' art. 177 del Trattato.
27 Poiché nel
Trattato mancano disposizioni che disciplinano in modo diretto e puntuale le
conseguenze delle violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati
membri, spetta alla Corte, nell' espletamento del
compito conferitole dall' art. 164 del Trattato di garantire l' osservanza del
diritto nell' interpretazione e nell' applicazione del Trattato, statuire su
tale questione avvalendosi dei canoni interpretativi generalmente accolti,
facendo ricorso in particolare ai principi fondamentali dell' ordinamento
giuridico comunitario e, se necessario, ai principi generali comuni agli
ordinamenti giuridici degli Stati membri.
28 Del resto,
è ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri che l' art. 215, secondo comma, del Trattato fa rinvio in tema
di responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni cagionati dalle
sue istituzioni o dai suoi agenti nell' esercizio delle loro funzioni.
29 Il
principio della responsabilità extracontrattuale della Comunità, che l' art. 215 del Trattato sancisce dunque espressamente,
altro non è se non un' enunciazione del generale principio, riconosciuto negli
ordinamenti giuridici degli Stati membri, in forza del quale un' azione o un'
omissione illegittima comporta l' obbligo della riparazione del danno arrecato.
Questa disposizione pone altresì in evidenza l' obbligo,
incombente alle pubbliche autorità, di risarcire i danni cagionati nell'
esercizio delle loro funzioni.
30 Va
rilevato, del resto, che in un gran numero di ordinamenti giuridici nazionali
il regime giuridico della responsabilità dello Stato è stato elaborato, in
maniera determinante, in via giurisprudenziale.
31 Sulla
scorta di queste considerazioni
32 Ne consegue
che il principio ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del
diritto comunitario commessa da uno Stato membro, qualunque sia l' organo di quest' ultimo la cui azione od omissione ha
dato origine alla trasgressione.
33 Oltretutto,
avuto riguardo alla fondamentale esigenza dell' ordinamento
giuridico comunitario costituita dall' uniforme applicazione del diritto
comunitario (v., segnatamente, sentenza 21 febbraio 1991, cause riunite
C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, Racc. pag. I-415,
punto 26), l' obbligo di risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni
del diritto comunitario non può dipendere da norme interne sulla ripartizione
delle competenze tra i poteri costituzionali.
34 Al
riguardo, si deve rilevare, concordemente con quanto ha osservato l' avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni,
che nell' ordinamento giuridico internazionale lo Stato, la cui responsabilità
sorgerebbe in caso di violazione di un impegno internazionale, viene del pari
considerato nella sua unità, senza che rilevi la circostanza che la violazione
da cui ha avuto origine il danno sia imputabile al potere legislativo,
giudiziario o esecutivo. Tale principio deve valere a maggior ragione nell' ordinamento giuridico comunitario, in quanto tutti gli
organi dello Stato, ivi compreso il potere legislativo, sono tenuti, nell'
espletamento dei loro compiti, all' osservanza delle prescrizioni dettate dal
diritto comunitario e idonee a disciplinare direttamente la situazione dei
singoli.
35 Del pari,
la circostanza che, per effetto delle norme interne, l' inadempimento
contestato sia imputabile al legislatore nazionale non può compromettere le
esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il
diritto comunitario e, nel caso di specie, il diritto di ottenere dinanzi ai
giudici nazionali la riparazione del danno originato dal detto inadempimento.
36
Conseguentemente, si deve rispondere ai giudici nazionali che il principio in
forza del quale gli Stati membri sono tenuti a
risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario
ad essi imputabili trova applicazione allorché l' inadempimento contestato è
riconducibile al legislatore nazionale.
Sui
presupposti della responsabilità dello Stato per atti ed omissioni del
legislatore nazionale contrari al diritto comunitario (seconda questione nel
procedimento C-46/93 e prima questione nel procedimento C-48/93)
37 Con tali
questioni i giudici nazionali chiedono alla Corte di precisare i presupposti in
presenza dei quali, tenuto conto delle circostanze concrete, un diritto al
risarcimento dei danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario
imputabili ad uno Stato membro è garantito dal diritto comunitario.
38 Sul punto,
occorre ricordare che, se la responsabilità dello Stato è imposta dal diritto
comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto al risarcimento
dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che è all' origine del danno provocato (sentenza Francovich e a., citata, punto 38).
39 Per
determinare tali condizioni occorre tener conto anzitutto dei principi propri dell' ordinamento giuridico comunitario che costituiscono il
fondamento per la responsabilità dello Stato, vale a dire la piena efficacia
delle norme comunitarie e l' effettiva tutela dei diritti da esse garantiti, da
un lato, e l' obbligo di cooperazione incombente agli Stati membri in forza
dell' art. 5 del Trattato, dall' altro (sentenza Francovich
e a., citata, punti 31-36).
40 Inoltre,
come hanno sottolineato
41 Invero, da
un lato, l' art. 215, secondo comma, del Trattato fa
rinvio, in tema di responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai principi
generali comuni ai diritti degli Stati membri, ai quali
42 Dall' altro, i presupposti del sorgere della responsabilità
dello Stato per danni cagionati ai singoli in conseguenza della violazione del
diritto comunitario non debbono essere diversi, in mancanza di specifica
giustificazione, da quelli che disciplinano la responsabilità della Comunità in
circostanze analoghe. Infatti, la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal
diritto comunitario non può variare in funzione della natura, nazionale o
comunitaria, dell' organo che ha cagionato il danno.
43 Il regime
enunciato dalla Corte alla luce dell' art. 215 del
Trattato, in ispecie per quanto riguarda la
responsabilità derivante da atti normativi, tiene segnatamente conto della
complessità delle situazioni da disciplinare, delle difficoltà di applicazione
o interpretazione dei testi e, più in particolare, del margine di valutazione
discrezionale rimesso all' autore dell' atto controverso.
44 E' tenendo
conto dell' ampio potere discrezionale devoluto alle
istituzioni per l' attuazione delle politiche comunitarie che è stata elaborata
la giurisprudenza della Corte in tema di responsabilità extracontrattuale della
Comunità, con particolare riferimento agli atti normativi che implicavano
scelte di politica economica.
45 Invero, la
concezione restrittiva della responsabilità della Comunità derivante dall' esercizio delle proprie attività normative si spiega
con la considerazione che l' esercizio del potere legislativo, anche nei casi
in cui esiste un controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti, non
deve essere ostacolato dalla prospettiva di azioni risarcitorie ogni volta che
esso deve adottare, nell' interesse generale della Comunità, provvedimenti
normativi che possono ledere interessi di singoli e che, per l' altro verso, in
un contesto normativo caratterizzato dall' esistenza di un ampio potere
discrezionale, indispensabile per l' attuazione di una politica comunitaria, la
responsabilità della Comunità può sussistere solo se l' istituzione di cui
trattasi ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che si impongono
all' esercizio dei suoi poteri (sentenza 25 maggio 1978, cause riunite 83/76,
94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209,
punti 5 e 6).
46 Ciò
premesso, si deve constatare che il legislatore nazionale, così come del resto
le istituzioni comunitarie, non dispone sistematicamente di un ampio potere
discrezionale quando si tratti di un settore disciplinato dal diritto
comunitario. Quest' ultimo può imporgli obblighi di
risultato o di condotta o di astensione che riducono, talvolta in maniera
considerevole, il suo margine di valutazione. Tale è in particolare il caso
quando, come avveniva nella fattispecie oggetto della sentenza Francovich e a., lo Stato membro è obbligato, in forza dell' art. 189 del Trattato, ad adottare entro un certo
termine tutti i provvedimenti necessari per conseguire il risultato prescritto
da una direttiva. In tal caso, la circostanza che i provvedimenti da adottare
incombano al legislatore nazionale è, ai fini del sorgere della responsabilità
dello Stato membro per la mancata attuazione della direttiva, priva di
pertinenza.
47
Diversamente, allorché uno Stato membro opera in un settore nel quale dispone
di un ampio potere discrezionale, paragonabile a quello del quale si avvalgono le
istituzioni comunitarie per l' attuazione delle
politiche comunitarie, i presupposti della sua responsabilità debbono essere,
in via di principio, i medesimi di quelli dai quali dipende il sorgere della
responsabilità della Comunità in una situazione analoga.
48 Nella
fattispecie della causa a quo di cui al procedimento C-46/93, il legislatore
tedesco aveva legiferato nel settore dei prodotti alimentari, in particolare in
quello della birra. In mancanza di armonizzazione comunitaria, il legislatore
nazionale disponeva, in tale settore, di un ampio potere discrezionale per
adottare una disciplina sulla qualità della birra in commercio.
49 Quanto alla
fattispecie all' origine del procedimento C-48/93, il
legislatore del Regno Unito disponeva del pari di un ampio potere
discrezionale. Infatti, la normativa controversa concerneva, da un lato, l' immatricolazione dei pescherecci, settore che, tenuto
conto dello stadio di sviluppo del diritto comunitario, rientra nella sfera di
competenza degli Stati membri, e, dall' altro, la disciplina delle attività di
pesca, settore nel quale l' attuazione della politica comune consente un certo
margine di valutazione agli Stati membri.
50 Risulta
quindi che, in entrambe le fattispecie, i legislatori tedesco
e del Regno Unito avevano di fronte situazioni che comportavano scelte
paragonabili a quelle operate dalle istituzioni comunitarie nell' adozione di
atti normativi rientranti in una politica comunitaria.
51 Stando così
le cose, un diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario in
quanto siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica
violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di
violazione sufficientemente caratterizzata e, infine, che esista un nesso causale
diretto tra la violazione dell' obbligo incombente
allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.
52 Infatti, in primo luogo, queste condizioni soddisfano le
esigenze della piena efficacia delle norme comunitarie e dell' effettiva tutela
dei diritti da esse garantiti.
54 La prima
condizione viene manifestamente soddisfatta con riguardo all'
art. 30 del Trattato, richiamato nel procedimento C-46/93, e all' art.
52 del Trattato, richiamato nel procedimento C-48/93. Invero, sebbene l' art. 30 imponga un divieto agli Stati membri, ciò non
toglie che esso attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono
tutelare (sentenza 22 marzo 1977, causa 74/76, Iannelli
e Volpi, Racc. pag. 557, punto 13). Del pari, l' art.
52 del Trattato conferisce per definizione diritti ai singoli (sentenza 21
giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631,
punto 25).
55 Quanto alla
seconda condizione, sia per quanto riguarda la responsabilità della Comunità ai
sensi dell' art. 215 sia per quanto attiene alla
responsabilità degli Stati membri per violazioni del diritto comunitario, il
criterio decisivo per considerare sufficientemente caratterizzata una
violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave,
da parte di uno Stato membro o di un' istituzione comunitaria, dei limiti posti
al loro potere discrezionale.
56 Al
riguardo, fra gli elementi che il giudice competente può eventualmente prendere
in considerazione, vanno sottolineati il grado di chiarezza e di precisione
della norma violata, l' ampiezza del potere
discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali o comunitarie, il
carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno
causato, la scusabilità o l' inescusabilità di un
eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un'
istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all' omissione, all' adozione
o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al
diritto comunitario.
58 Nella
specie,
59 Così, nel
procedimento C-46/93, occorre distinguere la questione del mantenimento in vigore,
da parte del legislatore tedesco, delle disposizioni del Biersteuergesetz
sulla genuinità della birra, relative al divieto di porre in commercio con la
denominazione "Bier" birre importate da
altri Stati membri e legalmente fabbricate secondo metodi differenti, da quella
del mantenimento in vigore delle disposizioni di questa stessa legge che
enunciano il divieto di importare birre contenenti additivi. Infatti, la
violazione dell' art. 30 del Trattato da parte della
normativa tedesca, per quanto riguarda le disposizioni relative alla
denominazione del prodotto posto in commercio, difficilmente potrebbe
considerarsi un errore scusabile, dal momento che l' incompatibilità di
siffatta disciplina con l' art. 30 del Trattato appare manifesta alla luce della
giurisprudenza anteriore della Corte e, in particolare, delle sentenze 20
febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, cosiddetta
"Cassis de Dijon"
(Racc. pag. 649), e 9 dicembre 1981, causa 193/80, Commissione/Italia (Racc.
pag. 3019). Per contro, gli elementi di valutazione a disposizione del
legislatore nazionale, tenuto conto della giurisprudenza in materia, per
risolvere la questione se il divieto di utilizzare additivi fosse contrario al
diritto comunitario, apparivano nettamente più incerti fino alla pronuncia
della sentenza 12 marzo 1987, Commissione/Germania, citata, con la quale
60 Del pari,
varie osservazioni possono essere formulate per quanto concerne la disciplina
nazionale oggetto del procedimento C-48/93.
61 La
decisione del legislatore del Regno Unito di inserire nel Merchant Shipping Act 1988 disposizioni
relative ai requisiti per l' immatricolazione dei
pescherecci deve essere valutata differentemente a seconda che si tratti di
disposizioni che assoggettano l' immatricolazione ad un requisito di
nazionalità, le quali costituiscono una discriminazione diretta, manifestamente
contraria al diritto comunitario, oppure si tratti di disposizioni che
istituiscono requisiti di residenza e di domicilio dei proprietari e degli
esercenti di pescherecci.
62 La
prescrizione di questi ultimi requisiti sembrava fin da principio
incompatibile, in particolare, con l' art. 52 del
Trattato, tuttavia il Regno Unito intendeva giustificarla alla luce degli
obiettivi della politica comune della pesca. Nella richiamata sentenza Factortame II
63 Per
valutare se la violazione dell' art.
64 Infine, va
parimenti presa in considerazione l' asserzione della Rawlings (Trawling) Ltd, trentasettesima ricorrente nel procedimento C-48/93,
secondo la quale il Regno Unito non avrebbe adottato immediatamente i
provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata ordinanza del presidente
della Corte 10 ottobre 1989, Commissione/Regno Unito, circostanza che avrebbe
inutilmente aggravato i danni da essa subiti. Tale circostanza, peraltro
espressamente contestata dal governo del Regno Unito in udienza, dovrebbe, ove
risultasse esatta, essere considerata dal giudice nazionale come di per sé
costitutiva di una violazione manifesta e grave, quindi sufficientemente
caratterizzata, del diritto comunitario.
65 Quanto alla
terza condizione, spetta ai giudici nazionali verificare la sussistenza di un
nesso causale diretto tra la violazione dell' obbligo
incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.
66 Le tre
condizioni sopra richiamate sono necessarie e
sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento, senza tuttavia
escludere che la responsabilità dello Stato possa essere accertata, a
condizioni meno restrittive, sulla base del diritto nazionale.
67 Come si
rileva dai punti 41-43 della sentenza Francovich e
a., fermo restando il diritto al risarcimento che trova direttamente il suo
fondamento nel diritto comunitario, purché siano soddisfatte le condizioni
descritte in precedenza, è nell' ambito delle norme
del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a
riparare le conseguenze del danno provocato, restando inteso che le condizioni
fissate dalle norme nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono
essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura
interna e non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (v., altresì, sentenza 9
novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595).
68 Sotto tale
profilo, le restrizioni che si rinvengono negli ordinamenti giuridici interni
in materia di responsabilità extracontrattuale delle pubbliche autorità
conseguente all' esercizio della funzione legislativa
possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile l' esercizio, da parte dei singoli, del diritto al risarcimento,
quale è garantito dal diritto comunitario, per danni risultanti dalla
violazione di quest' ultimo.
69 Nella
specie di cui al procedimento C-46/93, il giudice nazionale si interroga in
particolare sulla questione se il diritto nazionale possa subordinare un
eventuale diritto al risarcimento alle medesime restrizioni applicabili in caso
di violazione, operata da una legge, di norme nazionali sovraordinate,
ad esempio in caso di violazione del GG della Repubblica federale di Germania ad opera di una legge federale ordinaria.
70 Sul punto
si deve rilevare che, pur se l' imposizione di
siffatte restrizioni appare conforme all' esigenza di non stabilire condizioni
meno favorevoli rispetto a quelle concernenti reclami analoghi di natura
interna, occorre inoltre accertare se tali restrizioni non rendano praticamente
impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.
71 Orbene, la
condizione posta dal diritto tedesco in caso di violazione di norme nazionali sovraordinate contenute in una legge, condizione che
subordina il risarcimento al fatto che l' atto o l'
omissione del legislatore riguardi una situazione individuale, renderebbe
praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento effettivo
dei danni derivanti dalla violazione del diritto comunitario, posto che i
compiti devoluti al legislatore nazionale riguardano in via di principio la
collettività senza interessare alcuna persona o categoria di persone
considerate individualmente.
72 Simile condizione, in quanto ostacola l' assolvimento dell' obbligo dei giudici
nazionali di assicurare la piena efficacia del diritto comunitario garantendo
un' effettiva tutela dei diritti dei singoli, deve essere esclusa in ipotesi di
violazione del diritto comunitario imputabile al legislatore nazionale.
73
Analogamente, l' eventuale condizione posta, in via di
principio, dal diritto inglese per il sorgere della responsabilità delle
pubbliche autorità, ossia di fornire la prova di un abuso di potere nell'
esercizio di una pubblica funzione (misfeasance in
public office), abuso inconcepibile in riferimento al legislatore, è anch' essa
di natura tale da rendere praticamente impossibile il risarcimento dei danni
derivanti dalla violazione del diritto comunitario, ove tale violazione sia
imputabile al legislatore nazionale.
74 Occorre
pertanto rispondere alle questioni prospettate dai giudici nazionali che, nell' ipotesi in cui una violazione del diritto comunitario
da parte di uno Stato membro sia imputabile al legislatore nazionale che operi
in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale in ordine alle
scelte normative, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento qualora la norma
comunitaria violata sia preordinata ad attribuire loro diritti, la violazione
sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione e
il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell' ambito
delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è
tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato dalla violazione del
diritto comunitario ad esso imputabile, fermo restando che le condizioni
stabilite dalla normativa nazionale applicabile non possono essere meno
favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna né
essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile
ottenere il risarcimento.
Sulla
possibilità di subordinare il risarcimento all' esistenza
di una colpa (terza questione nel procedimento C-46/93)
75 Con la
terza questione, il Bundesgerichtshof intende
accertare, in sostanza, se il giudice nazionale, nell' ambito
della normativa nazionale che esso applica, possa subordinare il risarcimento
del danno all' esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale
al quale è imputabile l' inadempimento.
76 Si deve
anzitutto rilevare che, come si evince dagli atti di causa, la nozione di colpa
non ha il medesimo contenuto nei diversi ordinamenti giuridici.
77 Va poi
ricordato che, come emerge dagli ulteriori rilievi formulati in risposta al
quesito precedente, allorché una violazione del diritto comunitario è
imputabile a uno Stato membro che opera in un settore nel quale esso dispone di
un ampio potere discrezionale in ordine alle scelte normative, il
riconoscimento di un diritto al risarcimento sulla base del diritto comunitario
è subordinato, tra l' altro, alla condizione che la
violazione de qua sia manifesta e grave.
78 Talché,
determinati elementi obiettivi e subiettivi
riconducibili alla nozione di colpa nell' ambito di un
ordinamento giuridico nazionale sono pertinenti per valutare se una violazione
del diritto comunitario sia o no manifesta e grave (v. elementi richiamati nei
precedenti punti 56 e 57).
79 Ne consegue
che l' obbligo di risarcire i danni cagionati ai
singoli non può essere subordinato ad una condizione, ricavata dalla nozione di
condotta imputabile per dolo o colpa, che vada oltre la violazione manifesta e
grave del diritto comunitario. Infatti, la prescrizione di una simile
condizione ulteriore si risolverebbe nel rimettere in discussione il diritto al
risarcimento, che trova il suo fondamento nell' ordinamento
giuridico comunitario.
80
Conseguentemente, si deve risolvere la questione nel senso che il giudice
nazionale non può, nell' ambito della normativa
nazionale che esso applica, subordinare il risarcimento del danno all'
esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale al quale è
imputabile l' inadempimento, che si aggiunga alla violazione manifesta e grave
del diritto comunitario.
Sull' entità
materiale del risarcimento [quarta questione, sub a), nel procedimento C-46/93
e seconda questione nel procedimento C-48/93]
81 Con tali
questioni, i giudici nazionali chiedono in sostanza alla Corte di enunciare i
criteri in base ai quali sia possibile determinare l' entità
del risarcimento a carico dello Stato membro al quale è imputabile l'
inadempimento.
84 Va
precisato, in particolare, che per determinare il danno risarcibile il giudice
nazionale può verificare se il soggetto leso abbia dato prova di una
ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l' entità
e, in particolare, se esso abbia tempestivamente esperito tutti i rimedi
giuridici a sua disposizione.
85 Invero, in
forza di un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati
membri, la persona lesa, per evitare di doversi accollare il pregiudizio, deve
dimostrare di avere agito con ragionevole diligenza per limitare l' entità del danno (sentenza 19 marzo 1992, cause riunite
C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e
Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 33).
86 Il Bundesgerichtshof chiede se una disciplina nazionale possa,
in via generale, limitare l' obbligo risarcitorio ai
danni arrecati a determinati beni dei singoli specialmente tutelati, come ad
esempio quelli causati alla proprietà, o se debba parimenti ricomprendere il
lucro cessante subito dai ricorrenti. Esso puntualizza che, nel diritto
tedesco, le opportunità di smercio dei prodotti originari di altri Stati membri
non sono parte integrante del patrimonio protetto delle imprese.
87 Sul punto,
si deve rilevare che l' esclusione totale del lucro
cessante dal danno risarcibile non può essere ammessa in caso di violazione del
diritto comunitario. Invero, soprattutto in tema di controversie di natura
economica o commerciale, una tale esclusione totale del lucro cessante si
presta a rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno.
88 Con
riguardo ai vari elementi del danno menzionati nella seconda questione della Divisional Court, il diritto comunitario non prescrive
criteri specifici. Spetta al giudice nazionale statuire su tali elementi del
danno in conformità del diritto nazionale che esso applica, ferme restando le
esigenze richiamate nel precedente punto 83.
89 Con
particolare riferimento alla concessione di un risarcimento
"esemplare" ("exemplary damages"), occorre precisare che questo criterio di
riparazione nel diritto nazionale è fondato, come ha segnalato il giudice
nazionale, sull' accertamento che le pubbliche
autorità interessate hanno operato in maniera vessatoria, arbitraria o
incostituzionale. Nei limiti in cui questi comportamenti possono costituire una
violazione di diritto comunitario o aggravarla, il risarcimento di danni a
titolo esemplare non può essere escluso nell' ambito
di un reclamo o di un' azione fondati sul diritto comunitario, qualora un
risarcimento di questo tipo possa essere riconosciuto nell' ambito di un
reclamo o di un' azione analoghi fondati sul diritto interno.
90 Si deve
pertanto rispondere ai giudici nazionali che il risarcimento, a carico degli
Stati membri, dei danni da essi causati ai singoli in conseguenza delle
violazioni del diritto comunitario deve essere adeguato al danno subito. In
mancanza di disposizioni comunitarie in materia, spetta all' ordinamento
giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i criteri che consentono
di determinare l' entità del risarcimento, fermo restando che essi non possono
essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami o azioni analoghi
fondati sul diritto interno né possono in alcun caso essere tali da rendere
praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento. Non è
conforme al diritto comunitario una disciplina nazionale che, in via generale,
limiti il danno risarcibile ai soli danni arrecati a determinati beni
individuali specialmente tutelati, escludendo il lucro cessante subito dai
singoli. Peraltro, una forma particolare di risarcimento, quale è il
risarcimento "esemplare" previsto dal diritto inglese, deve poter
essere riconosciuto nell' ambito di reclami o azioni
fondati sul diritto comunitario, qualora possa esserlo nell' ambito di reclami
o azioni analoghi fondati sul diritto interno.
Sulla
delimitazione del periodo coperto dal risarcimento [quarta questione, sub a),
nel procedimento C-46/93]
91 Con tale
questione, il giudice nazionale chiede se il danno risarcibile si estenda ai
danni subiti anteriormente alla pronuncia di una sentenza della Corte che ha
constatato l' esistenza di un inadempimento.
92 Come si
evince dalla risposta alla seconda questione, il diritto al risarcimento esiste
sulla base del diritto comunitario, quando siano soddisfatte le condizioni
indicate al precedente punto 51.
93 Una di
queste condizioni è che la violazione del diritto comunitario sia manifesta e
grave. Orbene, l' esistenza di una sentenza della
Corte che abbia constatato l' inadempimento è certo un elemento determinante,
ma non indispensabile per verificare la sussistenza della detta condizione (v. supra, punti 55-57).
94 Ammettere
che l' obbligo di risarcimento a carico dello Stato
membro interessato possa essere limitato ai soli danni subiti successivamente
alla pronuncia di una sentenza della Corte che abbia accertato l' inadempimento
di cui trattasi equivarrebbe peraltro a rimettere in discussione il diritto al
risarcimento riconosciuto dall' ordinamento giuridico comunitario.
95 Inoltre,
subordinare il risarcimento del danno al presupposto di una previa
constatazione, da parte della Corte, di un inadempimento del diritto
comunitario imputabile ad uno Stato membro urterebbe contro il principio dell' effettività del diritto comunitario, poiché tale
presupposto porterebbe ad escludere qualsiasi risarcimento tutte le volte che
il preteso inadempimento non abbia costituito oggetto di un ricorso proposto
dalla Commissione ai sensi dell' art. 169 del Trattato e di una dichiarazione d'
inadempimento pronunciata dalla Corte. Orbene, i diritti conferiti ai singoli
da norme comunitarie aventi effetto diretto nell' ordinamento
interno degli Stati membri non possono dipendere dalla valutazione della
Commissione in ordine all' opportunità di avviare un procedimento ex art. 169
del Trattato nei confronti di uno Stato membro né dalle eventuali sanzioni
della Corte che dichiari l' inadempimento (in questo senso, sentenza 14
dicembre 1982, cause riunite 314/81, 315/81, 316/81 e 83/82, Waterkeyn e a., Racc. pag. 4337, punto 16).
96 Occorre
pertanto rispondere al giudice nazionale che l' obbligo,
a carico degli Stati membri, di risarcire i danni causati ai singoli da
violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili non può essere limitato
ai soli danni subiti successivamente alla pronuncia di una sentenza della Corte
che accerti l' inadempimento contestato.
Sulla domanda
di limitazione degli effetti della sentenza nel tempo
97 Il governo
tedesco chiede alla Corte di limitare il danno risarcibile eventualmente a
carico della Repubblica federale di Germania ai soli danni sopravvenuti dopo la
pronuncia della sentenza nel presente procedimento, a meno che i soggetti lesi
non avessero in precedenza esperito un' azione in
giudizio o un reclamo equivalente. Esso ritiene che siffatta limitazione nel
tempo degli effetti della sentenza sia necessaria, in considerazione delle
ingenti conseguenze finanziarie di quest' ultima per
98 Nell' ipotesi in cui il giudice nazionale pervenga a
constatare che i presupposti per il sorgere delle responsabilità della
Repubblica federale di Germania sono soddisfatti nel caso di specie, si deve
ricordare che è nell' ambito delle norme nazionali relative alla responsabilità
che incomberebbe allo Stato la riparazione delle conseguenze del danno
arrecato. Nell' ambito delle condizioni di sostanza e
di forma prescritte dalle varie normative nazionali in materia di risarcimento
dei danni può tenersi conto della necessità di rispettare il principio della certezza
del diritto.
99 Va tuttavia
ricordato che tali condizioni non possono essere meno favorevoli di quelle che
riguardano reclami analoghi di natura interna né essere tali da rendere
praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento
(sentenza Francovich e a., citata, punto 43).
100 Ciò posto,
non vi è motivo per limitare gli effetti nel tempo della presente sentenza.
Decisione relativa alle
spese
Sulle spese
101 Le spese
sostenute dai governi danese, tedesco, ellenico, spagnolo,
francese, irlandese, olandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle
Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar
luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale,
cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi
motivi,
pronunciandosi
sulle questioni sottopostele dal Bundesgerichtshof,
con ordinanza 28 gennaio 1993, e dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court, con
ordinanza 18 novembre 1992, dichiara:
1) Il
principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni
causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili
trova applicazione allorché l' inadempimento
contestato è riconducibile al legislatore nazionale.
2) Nell' ipotesi in cui una violazione del diritto comunitario
da parte di uno Stato membro sia imputabile al legislatore nazionale che operi
in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale in ordine alle
scelte normative, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento qualora la norma
comunitaria violata sia preordinata ad attribuire loro diritti, la violazione
sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione e
il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell' ambito
delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è
tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato dalla violazione del
diritto comunitario ad esso imputabile, fermo restando che le condizioni
stabilite dalla normativa nazionale applicabile non possono essere meno
favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna né tali
da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il
risarcimento.
3) Il giudice
nazionale non può, nell' ambito della normativa
nazionale che esso applica, subordinare il risarcimento del danno all'
esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale al quale è
imputabile l' inadempimento, che si aggiunga alla violazione manifesta e grave
del diritto comunitario.
4) Il
risarcimento, a carico degli Stati membri, dei danni da essi causati ai singoli
in conseguenza delle violazioni del diritto comunitario deve essere adeguato al
danno subito. In mancanza di disposizioni comunitarie in materia, spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro
stabilire i criteri che consentono di determinare l' entità del risarcimento,
fermo restando che essi non possono essere meno favorevoli di quelli che
riguardano reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno né possono in
alcun caso essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile il risarcimento. Non è conforme al diritto comunitario una disciplina
nazionale che, in via generale, limiti il danno risarcibile ai soli danni
arrecati a determinati beni individuali specialmente tutelati, escludendo il
lucro cessante subito dai singoli. Peraltro, una forma particolare di
risarcimento, quale è il risarcimento "esemplare" previsto dal
diritto inglese, deve poter essere riconosciuto nell' ambito
di reclami o azioni fondati sul diritto comunitario, qualora possa esserlo
nell' ambito di reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno.
5) L' obbligo, a carico degli Stati membri, di risarcire i
danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi
imputabili non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla
pronuncia di una sentenza della Corte che accerti l' inadempimento contestato.
(Seguono le firme)