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Corte di Giustizia delle ComunitĂ  europee, 13 dicembre 1979

 

C-44/79, Liselotte Hauer –  Land Rheinland-Pfalz

 

 

 

Nel procedimento 44/79,

 

avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CEE, dal Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo) di Neustadt an der Weinstrasse, nella causa dinanzi ad esso pendente fra

 

 

Liselotte Hauer,

residente in Bad Durkheim,

 

e

 

Land Rheinland-Pfalz (Land Renania-Palatinato),

 

 

Oggetto della causa

 

Domanda vertente sull’interpretazione dell’art. 2 del Regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, “recante misure intese ad adeguare il potenziale viticolo alle esigenze del mercato”, nella versione di cui al Regolamento del Consiglio 23 novembre 1978, n. 2776, in relazione all’art. 1 del “Gesetz uber massnahmen auf dem gebiete der weinwirtschaft – weinwirtschaftsgesetz” (legge tedesca recante provvedimenti per il settore vitivinicolo),

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con ordinanza 14 dicembre 1978, pervenuta in cancelleria il 20 marzo 1979, il Verwaltungsgericht di neustadt an der Weinstrasse ha sottoposto a questa Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del Regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, recante provvedimenti intesi ad adeguare il potenziale viticolo alle esigenze del mercato ( GU n. l 135, pag. 32 ), modificato dal Regolamento 23 novembre 1978, n. 2776 ( GU n. l 133, pag. 1 ).

 

2 Risulta dagli atti che, il 6 giugno 1975, la Sig.ra Hauer aveva chiesto all’autorità competente del Land Rheinland-Pfalz l’autorizzazione per un nuovo impianto di viti su un fondo di sua proprietà nella zona di Bad Durkheim. La domanda veniva respinta con la motivazione che il fondo era inidoneo alla viticoltura ai sensi della normativa tedesca in materia, e cioè la legge tedesca 10 marzo 1977, recante provvedimenti per il settore vitivinicolo (weinwirtschaftsgesetz). La Sig.ra Hauer faceva opposizione contro questo provvedimento il 22 gennaio 1976. Mentre era pendente questa opposizione, veniva adottato il Regolamento 17 maggio 1976, n. 1162, che all’art. 2 vietava, per un periodo di tre anni, qualsiasi nuovo impianto di viti. L’opposizione veniva respinta dall’amministrazione con provvedimento 21 ottobre 1976, per il duplice motivo che il fondo era inidoneo alla viticoltura e che i nuovi impianti di viti erano vietati dal regolamento comunitario summenzionato.

 

3 Dopo che l’interessata aveva proposto ricorso contro questo provvedimento dinanzi al Verwaltungsgericht, l’amministrazione ammetteva, in seguito ai risultati di perizie effettuate sulle uve raccolte nella parcella catastale in questione e ad una transazione con vari altri proprietari di fondi limitrofi, che il fondo della ricorrente possedeva i requisiti minimi per potersi considerare, ai sensi della normativa nazionale, idoneo alla viticoltura, e si dichiarava disposta a concedere la richiesta autorizzazione dopo la scadenza del divieto di effettuare nuovi impianti, stabilito dal regolamento comunitario. Risulta pertanto chiaro che attualmente la controversia fra le parti verte esclusivamente su questioni di diritto comunitario.

 

4 La ricorrente nella causa principale sostiene che il Regolamento n. 1162/76 non può applicarsi ad una domanda di autorizzazione presentata molto prima della sua entrata in vigore sicchè l’autorizzazione dovrebbe venire concessa; quand’anche il Regolamento si applicasse a domande presentate prima della sua entrata in vigore, esso sarebbe comunque inopponibile alla ricorrente in quanto è incompatibile col suo diritto di proprietà e col suo diritto al libero esercizio della professione, tutelati dagli artt. 12 e 14 della Legge Fondamentale della Repubblica federale di Germania.

 

5 Ai fini della decisione della controversia, il Verwaltungsgericht ha ritenuto opportuno sollevare le due seguenti questioni pregiudiziali:

1 . se il Regolamento ( CEE ) del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, nella versione di cui al Regolamento ( CEE ) del Consiglio 23 novembre 1978, n. 2776, vada interpretato nel senso che l’art. 2, n. 1, si applica anche alle domande di autorizzazione per i nuovi impianti di viti già presentate prima dell’entrata in vigore del suddetto Regolamento.

2 . Per il caso di soluzione affermativa della questione sub 1 ): se l’art. 2, n. 1, del suddetto Regolamento vada interpretato nel senso che il divieto di concedere autorizzazioni di nuovi impianti, ivi sancito, vale - a prescindere dalle eccezioni contemplate dall’art. 2, n. 2, del Regolamento - in assoluto, vale a dire, in particolare, indipendentemente dalla questione dell’idoneità del terreno, disciplinata dal par 1, 1° comma, 2a frase, e 2° comma, della legge tedesca recante provvedimenti per il settore vitivinicolo (weinwirtschaftsgesetz).

 

Sulla prima questione ( applicazione nel tempo del Regolamento n. 1162/76 )

 

6 A questo proposito, la ricorrente nella causa principale sostiene che se il procedimento amministrativo si fosse svolto regolarmente e l’amministrazione avesse riconosciuto senza indugio che il fondo di sua proprietà possedeva i requisiti richiesti dalla legge nazionale per l’idoneità alla viticoltura, l’autorità competente avrebbe dovuto normalmente accogliere la sua domanda, presentata fin dal 6 giugno 1975, già prima dell’entrata in vigore del regolamento comunitario. Di questo fatto occorrerebbe tener conto ai fini dell’applicazione nel tempo del Regolamento stesso, tanto più che la produzione del vigneto in questione non avrebbe inciso sensibilmente sulle condizioni del mercato, poichè fra l’impianto di un vigneto e l’inizio della produzione intercorre un certo lasso di tempo.

 

7 La tesi sostenuta dalla ricorrente non può venire accolta. L’art. 2, n. 1, 2° comma, del Regolamento n. 1162/76, stabilisce infatti espressamente che “dalla data di entrata in vigore del presente regolamento”, gli Stati membri non accordano più autorizzazioni per effettuare nuovi impianti. La menzione, ivi contenuta, dell’atto di autorizzazione, esclude che possa avere rilievo il momento della presentazione della domanda e rivela chiaramente l’intento di attribuire al Regolamento efficacia immediata, tanto più che l’art. 4 stabilisce che perfino i diritti di impianto o di reimpianto acquisiti anteriormente all’entrata in vigore del Regolamento sono sospesi per la durata del divieto.

 

8 Come affermato al sesto punto del Preambolo, il divieto di nuovi impianti è imposto da un’interesse pubblico perentorio vale a dire l’esigenza di porre un freno alla sovrapproduzione di vino nella Comunità, di ristabilire l’equilibrio del mercato e di prevenire la formazione di eccedenze strutturali. Risulta pertanto che il Regolamento n. 1162/76 ha lo scopo di bloccare, con effetto immediato, l’incremento della superficie viticola esistente, sicchè non si giustificherebbe un’eccezione a favore delle domande presentate prima della sua entrata in vigore.

 

9 La prima questione va dunque risolta come segue: il Regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, modificato dal Regolamento del Consiglio 23 novembre 1978, n. 2776, va interpretato nel senso che l’art. 2, n. 1, di esso si applica anche alle domande di autorizzazione di nuovi impianti di vigneti presentate anteriormente all’entrata in vigore del primo regolamento.

 

Sulla seconda questione ( portata materiale del Regolamento n. 1162/76 )

 

10 Con la seconda questione, il Verwaltungsgericht chiede alla Corte se il divieto di concedere autorizzazioni per i nuovi impianti, sancito dall’art. 2, n. 1, del Regolamento n. 1162/76, si applichi in assoluto, se cioè concerna anche terreni riconosciuti idonei alla viticoltura secondo i criteri della legge nazionale.

 

11 La lettera del Regolamento è esplicita a questo proposito, in quanto l’art. 2 vieta “qualsiasi nuovo impianto”, prescindendo dalle caratteristiche dei fondi. Sia dalla lettera che dagli scopi del Regolamento n. 1162/76 risulta che il divieto deve applicarsi a tutti i nuovi impianti, indipendentemente dalle caratteristiche dei terreni e dalla classificazione dei medesimi secondo la legge nazionale. Infatti, il Regolamento è volto, come risulta in particolare dal secondo punto del Preambolo, a por fine alla sovrapproduzione della viticoltura in Europa e a ristabilire, sia a breve che a lungo termine, l’equilibrio del mercato. Uniche eccezioni alla portata generale del divieto sancito dall’art. 2, n. 1, sono quelle contemplate al n. 2 dello stesso articolo, ma è pacifico che nessuna di esse ricorre nel caso di specie.

 

12 Pertanto, la seconda questione dev’essere così risolta: l’art. 2, n. 1, del Regolamento n. 1162/76, va interpretato nel senso che il divieto di concedere autorizzazioni per nuovi impianti ivi sancito, vale - a prescindere dalle eccezioni contemplate dall’art. 2, n. 2, del Regolamento - in assoluto, cioè, in particolare, indipendentemente dal fatto che il terreno sia o no adatto alla coltura della vite in base ai criteri stabiliti dal diritto nazionale.

 

Sulla tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico comunitario

 

13 Nell’ordinanza di rinvio, il Verwaltungsgericht aggiunge che, per il caso in cui il Regolamento n. 1162/76 andasse interpretato nel senso che il divieto ivi sancito ha portata generale, vale a dire si applica anche ai terreni idonei alla viticoltura, la relativa disposizione andrebbe probabilmente considerata inapplicabile nella Repubblica federale di Germania, poichè sarebbe dubbia la sua compatibilità con la tutela dei diritti fondamentali, garantita dagli artt. 12 e 14 della Legge Fondamentale, in materia di diritto di proprietà e, rispettivamente, di libero esercizio dell’attività professionale.

 

14 Come affermato dalla Corte nella sentenza 17 dicembre 1970 (Internationale Handelsgesellschaft, racc. pag. 1125), eventuali questioni relative alla violazione di diritti fondamentali mediante atti emananti dalle istituzioni della Comunità possono essere valutate unicamente alla stregua del diritto comunitario. Il richiamo a criteri di valutazione speciali, propri della legislazione o del sistema costituzionale di uno Stato membro, incrinerebbe inevitabilmente l’unità del mercato comune e comprometterebbe la coesione della Comunità, giacchè menomerebbe l’unità e l’efficacia del diritto comunitario.

 

15 La Corte ha altresì dichiarato, nella sentenza summenzionata e, in seguito, nella sentenza 14 maggio 1974 ( Nold, racc. pag. 491 ) che i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto, di cui essa garantisce l’osservanza; nel garantire la tutela di tali diritti, essa è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle costituzioni di tali Stati; i trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono del pari fornire elementi di cui occorre tenere conto nell’ambito del diritto comunitario. Questo orientamento è stato riaffermato dalla dichiarazione comune dell’Assemblea, del Consiglio e della Commissione, del 5 aprile 1977, la quale, dopo avere ricordato la giurisprudenza della Corte, fa riferimento tanto ai diritti garantiti dalle costituzioni degli Stati membri, quanto alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (GU 1977, n. c 103, pag. 1).

 

16 Alla luce di quanto esposto, si deve ritenere che i dubbi sollevati dal Verwaltungsgericht in merito alla compatibilità del Regolamento n. 1162/76 con le norme volte alle tutela dei diritti fondamentali concernano la legittimità del Regolamento sotto il profilo del diritto comunitario; a questo proposito, occorre valutare separatamente l’eventuale lesione del diritto di proprietà e le eventuali limitazioni del diritto al libero esercizio dell’attività professionale.

 

Sul diritto di proprietĂ 

 

17 Nell’ordinamento giuridico comunitario, il diritto di proprietà è tutelato alla stregua dei principi comuni alle costituzioni degli Stati membri, recepiti nel Protocollo addizionale alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo.

 

18 L’art. 1 di detto Protocollo recita:

“ogni persona fisica e morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà salvo che per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi giudicate necessarie per regolare l’uso dei beni in modo conforme all’ interesse generale e per assicurare il pagamento delle imposte e di altre contribuzioni o delle ammende”.

 

19 Questa norma, dopo aver affermato il principio del rispetto della proprietà, contempla due forme di possibili lesioni dei diritti del proprietario, vale a dire quelle consistenti nel privare il proprietario del suo diritto e quelle consistenti nel limitare l’esercizio di questo. Nel caso di specie, è incontestabile che il divieto di nuovi impianti non può considerarsi come un atto comportante la privazione della proprietà, atteso che il proprietario rimane libero di disporre dei propri beni e di destinarli a qualsiasi altro uso non vietato. Per contro, non v’è dubbio che detto divieto limiti l’esercizio del diritto di proprietà. L’art. 1, 2° comma, del Protocollo, che sancisce il diritto degli Stati “di mettere in vigore le leggi da essi giudicate necessarie per regolare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale”, fornisce un’indicazione importante in proposito in quanto ammette in linea di principio la liceità delle restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che queste restino nel limite di quanto giudicato dagli Stati “necessario” ai fini della tutela dell’ “interesse generale”. Questa norma non permette tuttavia di fornire una soluzione sufficientemente precisa alla questione sollevata dal Verwaltungsgericht.

 

20 Per la soluzione di detta questione occorre pertanto tener conto altresì delle indicazioni fornite dalle norme e dalle prassi costituzionali dei nove Stati membri. A questo proposito va anzitutto constatato che tali norme e prassi consentono al legislatore di disciplinare l’uso della proprietà privata nell’interesse generale. Talune costituzioni fanno riferimento, a questo proposito, agli obblighi inerenti alla proprietà ( Legge Fondamentale della Republica federale di Germania, art. 14, 2° comma, 1a frase), alla funzione sociale della stessa ( Costituzione della Repubblica italiana, art. 42 , 2° comma ), al principio che l’uso di essa va subordinato alle esigenze del bene comune ( Legge Fondamentale della Repubblica federale di Germania, art. 14, 2° comma, 2a frase, e Costituzione della Repubblica irlandese, art. 43, 2° comma, n. 2), o a quelle della giustizia sociale (Costituzione della Repubblica irlandese, art. 43, 2° comma, n. 1). In tutti gli Stati membri, vari testi legislativi hanno dato concreta espressione a questa funzione sociale del diritto di proprietà; in ciascuno di essi, vigono norme in materia di economia agricola e forestale, di regime delle acque, di protezione dell’ambiente naturale, di programmazione territoriale e di urbanistica, che limitano, talvolta notevolmente, l’uso della proprietà fondiaria.

 

21 In particolare, in tutti i Paesi della ComunitĂ  in cui si coltiva la vite vigono norme imperative, anche se non tutte della stessa severitĂ , in materia di impianto delle viti, di selezione delle varietĂ  e di metodi di coltura. In nessuno di essi queste norme sono considerate incompatibili, in linea di principio, colla tutela del diritto di proprietĂ .

 

22 E’ pertanto lecito affermare, alla luce dei principi costituzionali comuni agli Stati membri e delle prassi legislative costanti nelle più varie materie, che nessuna ragione di principio impediva di assoggettare a limitazioni, con il Regolamento n. 1162/76, l’impianto di nuovi vigneti. Si tratta di limitazioni note, in forme identiche o analoghe, all’ordinamento costituzionale di tutti gli Stati membri, e da questo riconosciute legittime.

 

23 Questa constatazione non esaurisce tuttavia la questione sollevata dal Verwaltungsgericht : anche se non si può contestare, in linea di principio, la facoltà della Comunità di stabilire limiti all’esercizio del diritto di proprietà nell’ambito di un’organizzazione comune di mercato e ai fini di una politica strutturale, occorre altresì esaminare se le limitazioni imposte dalla normativa controversa siano realmente giustificate da obiettivi di interesse generale della Comunità e non costituiscano un’intervento inaccettabile e sproporzionato rispetto ai fini perseguiti, nelle prerogative del proprietario, tale da ledere addirittura la sostanza del diritto di proprietà. Questa è infatti la censura formulata dalla ricorrente nella causa principale, la quale sostiene che solamente nell’ambito di una politica volta al miglioramento qualitativo il legislatore può porre limiti alla disponibilità della proprietà dei fondi destinati alle viticoltura, sicchè, essendo il suo fondo idoneo alla viticoltura, il suo diritto sarebbe intangibile. Occorre pertanto individuare gli obiettivi perseguiti col Regolamento controverso, onde valutare se esista un rapporto ragionevole fra i provvedimenti disposti con detto Regolamento e gli obiettivi perseguiti dalla Comunità.

 

24 Le norme del Regolamento n. 1162/76 vanno considerate nell’ambito dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, la quale è strettamente connessa alla politica strutturale della Comunità nel settore di cui trattasi. Gli scopi di questa sono enunziati nel Regolamento 28 aprile 1970, n. 816, relativo a disposizioni complementari in materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo ( GU n. l 99, pag. 1 ) - sul quale si fonda il regolamento controverso - e nel Regolamento 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo ( GU n. l 54, pag. 1 ), che ha dato organica sistemazione al complesso delle norme che reggono l’organizzazione comune di questo mercato. Il titolo III di detto Regolamento, intitolato “Norme relative alla produzione e al controllo dello sviluppo degli impianti”, contiene attualmente la disciplina giuridica di base in materia. Un altro elemento che consente di individuare la politica seguita dalla Comunità in materia e la Risoluzione del Consiglio del 21 aprile 1975, concernente i nuovi orientamenti intesi ad equilibrare il mercato dei vini da pasto ( GU n. c 90, pag. 1).

 

25 Dall’insieme di queste norme risulta che questa politica, inaugurata e parzialmente attuata dalla Comunità, consiste nell’organizzazione comune dei mercati legata al miglioramento delle strutture del settore vitivinicolo. Tale azione mira, nell’ambito degli orientamenti enunziati dall’art. 39 del Trattato CEE, a un duplice obiettivo: stabilizzare durevolmente il mercato vinicolo ad un livello di prezzi remunerativo per i produttori ed equo per i consumatori, e migliorare la qualità dei vini messi in commercio. Per il conseguimento di questi due obiettivi, l’equilibrio quantitativo e il miglioramento qualitativo, la normativa comunitaria sul mercato vitivinicolo ha previsto un’ampia gamma di interventi tanto nella fase della produzione che in quella della distribuzione dei vini.

 

26 A questo proposito, occorre anzitutto ricordare le disposizioni dell’art. 17 del Regolamento n. 816/70, riprese in forma più elaborata dall’art. 31 del Regolamento n. 337/79, secondo cui gli Stati membri redigono piani di previsione relativi all’impianto delle viti ed alla produzione, da coordinarsi nell’ambito del piano comunitario obbligatorio. Per l’attuazione di questo piano possono essere adottati provvedimenti relativi all’impianto, al reimpianto, all’estirpazione o all’abbandono di vigneti.

 

27 E in tale ambito che si inserisce il Regolamento n. 1162/76. Dal suo Preambolo e dalla situazione economica nella quale esso è stato adottato, caratterizzata dal formarsi, a partire dalla vendemmia del 1974, di eccedenze di produzione aventi carattere permanente, risulta che questo Regolamento mira a due obiettivi: far fronte sul momento al continuo aumento delle eccedenze e permettere alle istituzioni di attuare, in un periodo di tempo adeguato, una politica strutturale volta a favorire le produzioni di alta qualità, nel rispetto delle peculiarità e delle esigenze delle varie regioni vinicole della Comunità, con un’adeguata scelta dei terreni e delle varietà, oltre che con la disciplina dei metodi di produzione.

 

28 Onde venire incontro a questa duplice esigenza, il Consiglio ha sancito, con il Regolamento n. 1162/76, il divieto generale di nuovi impianti, senza operare, salvo che per alcune ipotesi ben individuate di carattere eccezionale, alcuna distinzione in relazione alla natura dei terreni. Va rilevato che il provvedimento del Consiglio, nella sua struttura generale, ha carattere temporaneo, in quanto volto a far fronte sul momento ad una eccedenza congiunturale, ed a consentire al tempo stesso l’elaborazione di provvedimenti definitivi di carattere strutturale.

 

29 Così inteso, il provvedimento controverso non stabilisce alcuna illecita limitazione dell’esercizio del diritto di proprietà. Infatti lo sfruttamento dei nuovi vigneti, in una situazione caratterizzata da una sovrapproduzione durevole, avrebbe, sotto il profilo economico, l’unico effetto di aumentare le eccedenze; inoltre, l’estensione delle aree coltivate comporterebbe, in questa fase, il rischio di rendere più difficile l’attuazione della politica strutturale a livello comunitario, qualora questa fosse fondata su criteri più severi di quelli contemplati dalle attuali normative nazionali per quanto concerne la scelta dei terreni idonei alla viticoltura.

 

30 Da quanto esposto consegue che il divieto di nuovi impianti di viti, stabilito, per un periodo limitato, dal Regolamento n. 1162/76, costituisce una restrizione dell’esercizio del diritto di proprietà che è giustificata dagli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non lede la sostanza del diritto di proprietà riconosciuto e tutelato dall’ordinamento giuridico comunitario.

 

Sulla libertà di esercizio dell’attività professionale

 

31 La ricorrente nella causa principale sostiene poi che il divieto di nuovi impianti, sancito dal Regolamento n. 1162/76, viola un suo diritto fondamentale in quanto ha l’effetto di limitare la sua libertà di esercitare la propria attività professionale di viticoltrice.

 

32 Come la Corte ha già avuto modo di affermare nella sentenza 14 maggio 1974, Nold, summenzionata, benche l’ordinamento costituzionale di vari Stati membri tuteli il libero esercizio delle attività professionali, i diritti riconosciuti in materia, lungi dal costituire prerogative assolute, vanno considerati anch’essi alla luce della funzione sociale delle attività oggetto della tutela. Nel caso di specie, va rilevato che il provvedimento comunitario controverso non incide in alcun modo sull’accesso alla professione di viticoltore, nè sul libero esercizio di questa professione sui terreni attualmente destinati alla viticoltura. Qualora il divieto di nuovi impianti dovesse incidere sul libero esercizio della professione di viticoltore, tale restrizione sarebbe semplicemente una conseguenza dei limiti posti all’esercizio del diritto di proprietà e si confonderebbe con questi. La limitazione del libero esercizio della professione di viticoltore, qualora esistesse, sarebbe dunque giustificata dagli stessi motivi che giustificano le restrizioni dell’esercizio del diritto di proprietà.

 

33 Dal complesso delle considerazioni svolte in precedenza, risulta che l’esame del Regolamento n. 1162/76, sotto il profilo dei dubbi sollevati dal Verwaltungsgericht, non ha rivelato alcun elemento atto ad inficiarne la validità in quanto contrastante con i principi che, nella Comunità, reggono la tutela dei diritti fondamentali.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

Le spese sostenute dal Governo della Repubblica federale di Germania, dal Consiglio e dalla Commissione delle ComunitĂ  europee, che hanno sottoposto osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione.

Nei confronti delle parti, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato nel corso della causa dinanzi al Verwaltungsgericht di neustadt an der Weinstrasse, cui spetta quindi pronunziarsi sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunziandosi sulla questione sottopostale dal Verwaltungsgericht di neustadt an der Weinstrasse con ordinanza 14 dicembre 1978, dichiara:

 

1° il Regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, recante provvedimenti intesi ad adeguare il potenziale viticolo alle esigenze del mercato, nella versione di cui al Regolamento del Consiglio 23 novembre 1978, n. 2776, che modifica per la seconda volta il Regolamento n. 1162/76, va interpretato nel senso che il suo art. 2, n. 1, si applica anche alle domande di autorizzazione di nuovi impianti di vigneti presentate prima della sua entrata in vigore.

 

2° L’art. 2, n. 1, del Regolamento n. 1162/76, va interpretato nel senso che il divieto di concedere autorizzazioni per nuovi impianti, ivi sancito, vale - a prescindere dalle eccezioni contemplate dall’art. 2, n. 2, del Regolamento - in assoluto, cioè, in particolare, indipendentemente dal fatto che il terreno sia o no adatto alle coltura della vite in base al diritto nazionale.

 

                 

               (Seguono le firme)