Corte di Giustizia dell’Unione
europea (Prima Sezione) 6 dicembre 2012 – C‑430/11
«Spazio di libertà, sicurezza e
giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Norme e procedure comuni in materia di rimpatrio
dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Normativa
nazionale che prevede un’ammenda sostituibile con un’espulsione o con un
obbligo di permanenza domiciliare»
Nella causa C‑430/11,
avente ad oggetto la domanda di
pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal
Tribunale di Rovigo, con decisione del 15 luglio 2011, pervenuta in cancelleria
il 18 agosto 2011, nel procedimento penale a carico di
Md Sagor,
LA CORTE
(Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič (relatore), E. Levits,
J.-J. Kasel e M. Safjan, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del
procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2012,
considerate le osservazioni
presentate:per il sig. Sagor, da C. Tessarin e L. Masera, avvocati;
– per il governo italiano, da G.
Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Urbani Neri, avvocato dello
Stato;
– per il governo tedesco, da T. Henze e N. Graf Vitzthum, in
qualità di agenti;
– per il governo dei Paesi Bassi, da
B. Koopman, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e da L. Prete, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo
aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/115/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e
procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di
paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98), nonché
dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.
2 Tale domanda è stata presentata
nell’ambito di un procedimento avviato a carico del sig. Sagor
in merito al suo soggiorno irregolare sul territorio italiano.
Contesto normativo
Diritto
dell’Unione
3 L’articolo 2 della direttiva
2008/115, intitolato «Ambito di applicazione», così dispone:
«1. La presente direttiva si applica
ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro
è irregolare.
2. Gli Stati membri possono decidere
di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:
a) sottoposti a respingimento alla
frontiera (…) o scoperti dalle competenti autorità in occasione
dell’attraversamento irregolare (…) della frontiera esterna di uno Stato membro
(…);
b) sottoposti a rimpatrio come
sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della
legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.
(…)».
4 L’articolo 3 della citata
direttiva, intitolato «Definizioni», enuncia quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si
intende per:
(...)
4) “decisione di rimpatrio” decisione
o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del
soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di
rimpatrio;
(...)».
5 L’articolo 4, paragrafo 3, della
stessa direttiva così prevede:
«La presente direttiva lascia
impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere
disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con
le norme in essa stabilite».
6 Gli articoli 6-8 della direttiva
2008/115 dispongono quanto segue:
«Articolo 6
Decisione di rimpatrio
1. Gli Stati membri adottano una
decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo
il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di
cui ai paragrafi da 2 a 5.
(...)
6. La presente direttiva non osta a
che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano
contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in
un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario (…)
Articolo 7
Partenza volontaria
1. La decisione di rimpatrio fissa
per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e
trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. (...)
(...)
4. Se sussiste il rischio di fuga o
se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente
infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine
pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri
possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria (…)
Articolo 8
Allontanamento
1. Gli Stati membri adottano tutte le
misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato
concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7,
paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il
periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.
(...)
3. Gli Stati membri possono adottare
una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini
l’allontanamento.
(...)».
7 L’articolo 11 della citata
direttiva, intitolato «Divieto d’ingresso», ha il seguente tenore:
«1. Le decisioni di rimpatrio sono
corredate di un divieto d’ingresso:
a) qualora non sia stato concesso un
periodo per la partenza volontaria, oppure
b) qualora non sia stato ottemperato
all’obbligo di rimpatrio.
In altri casi le decisioni di
rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.
2. La durata del divieto d’ingresso è
determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di
ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i
cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia
per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.
(…)».
8 Gli articoli 15 e 16 della stessa
direttiva così recitano:
«Articolo 15
Trattenimento
1. Salvo se nel caso concreto possono
essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli
Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a
procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare
l’allontanamento, in particolare quando:
a) sussiste un rischio di fuga o
b) il cittadino del paese terzo evita
od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.
(...)
5. Il trattenimento è mantenuto
finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo
necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato
membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i
sei mesi.
(…)
Articolo 16
Condizioni di trattenimento
1. Il trattenimento avviene di norma
in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa
ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di
permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i
cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.
(...)»
9 Ai sensi dell’articolo 20 della
direttiva 2008/115, gli Stati membri dovevano adottare i provvedimenti
legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi ad essa
al più tardi il 24 dicembre 2010.
Diritto
italiano
Il decreto legislativo n. 286/1998
10 Il decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (supplemento
ordinario alla GURI n. 191, del 18 agosto 1998; in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 286/1998»), codifica le norme vigenti nella Repubblica italiana
in materia di immigrazione.
11 Tale decreto è stato modificato,
segnatamente, dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in
materia di sicurezza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 170, del 24
luglio 2009), nonché dal decreto legge 23 giugno 2011, n. 89, recante
disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva
2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il
recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di paesi
terzi irregolari (GURI n. 144, del 23 giugno 2011), convertito nella legge 2
agosto 2011, n. 129 (GURI n. 181, del 5 agosto 2011).
12 L’articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo così dispone:
«Lo straniero che (...) non
ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o
di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro
documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito
con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda fino ad euro 2 000».
13 L’articolo 10 bis del citato
decreto legislativo dispone quanto segue:
«1. Salvo che il fatto costituisca
più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel
territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo
unico (...), è punito con l’ammenda da 5 000 a 10 000 euro. (…)
(…)
4. Ai fini dell’esecuzione
dell’espulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non è richiesto
il rilascio del nulla osta di cui all’articolo 13, comma 3, da parte
dell’autorità giudiziaria competente all’accertamento del medesimo reato. Il
questore comunica l’avvenuta esecuzione dell’espulsione (...) all’autorità
giudiziaria competente all’accertamento del reato.
5. Il giudice, acquisita la notizia
dell’esecuzione dell’espulsione (...), pronuncia sentenza di non luogo (...)
(…)».
14 L’articolo 13 dello stesso decreto
legislativo così recita, sotto il titolo «Espulsione amministrativa»:
«(…)
2. L’espulsione è disposta dal
prefetto, caso per caso, quando lo straniero:
(…)
b) si è trattenuto nel territorio
dello Stato (...) senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine
prescritto (…)
(…)
3. L’espulsione è disposta in ogni
caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a
gravame o impugnativa da parte dell’interessato. Quando lo straniero è
sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare
in carcere, il questore, prima di eseguire l’espulsione, richiede il nulla osta
all’autorità giudiziaria (...). Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede
all’espulsione con le modalità di cui al comma 4. (...) In attesa della
decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del
trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell’articolo
14.
(…)
4. L’espulsione è eseguita dal
questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica:
a) nelle ipotesi di cui ai commi 1 e
2, lettera c) del presente articolo (...);
b) quando sussiste il rischio di
fuga, di cui al comma 4 bis (...)
(...)
f) nelle ipotesi di cui agli articoli
15 e 16 e nelle altre ipotesi in cui sia stata disposta l’espulsione dello
straniero come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale;
(…)
4 bis Si configura il rischio di fuga
di cui al comma 4, lettera b), qualora ricorra almeno una delle seguenti
circostanze da cui il prefetto accerti, caso per caso, il pericolo che lo
straniero possa sottrarsi alla volontaria esecuzione del provvedimento di
espulsione:
a) mancato possesso del passaporto o
di altro documento equipollente, in corso di validità;
(…)
5. Lo straniero, destinatario di un
provvedimento di espulsione, qualora non ricorrano le condizioni per
l’accompagnamento immediato alla frontiera di cui al comma 4, può chiedere al
prefetto, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione, la concessione di un periodo
per la partenza volontaria (…) La questura, acquisita la prova dell’avvenuto
rimpatrio dello straniero, avvisa l’autorità giudiziaria competente per
l’accertamento del reato previsto dall’articolo 10 bis, ai fini di cui al comma
5 del medesimo articolo (...)».
15 L’articolo 14, comma 1, del decreto
legislativo n. 286/1998 così dispone:
«Quando non è possibile eseguire con
immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il
respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione
del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, il questore dispone che lo
straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro
di identificazione ed espulsione più vicino (...)».
16 L’articolo 16 del citato decreto
legislativo, intitolato «Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o
alternativa alla detenzione», così dispone al suo comma 1:
«Il giudice (...), nel pronunciare
sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 10 bis, qualora non
ricorrano le cause ostative indicate nell’articolo 14, comma 1, del presente
testo unico, che impediscono l’esecuzione immediata dell’espulsione con
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, può sostituire la
medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque
anni (…)».
Il decreto legislativo n. 274/2000
17 Il decreto legislativo n.
274/2000, recante disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace,
conformemente all’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468 (Supplemento
ordinario alla GURI n. 234, del 10 ottobre 2000), nella sua versione
applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 274/2000»), enuncia quanto segue al suo articolo 6, comma 2:
«Se alcuni dei procedimenti connessi
appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quella della corte
di assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice superiore».
18 L’articolo 53 del citato decreto
legislativo, intitolato «Obbligo di permanenza domiciliare», così dispone:
«1. La pena della permanenza
domiciliare comporta l’obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in
altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o
accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto riguardo alle
esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato, può
disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a
richiesta del condannato, continuativamente.
2. La durata della permanenza
domiciliare non può essere inferiore a sei giorni né superiore a
quarantacinque; il condannato non è considerato in stato di detenzione».
19 L’articolo 55 del decreto
legislativo n. 274/2000, intitolato «Conversione delle pene pecuniarie»,
dispone quanto segue:
«1. Per i reati di competenza del
giudice di pace, la pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del
condannato si converte, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da
svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi (…)
(…)
5. Se il condannato non richiede di
svolgere il lavoro sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per
insolvibilità si convertono nell’obbligo di permanenza domiciliare con le forme
e nei modi previsti dall’articolo 53, comma 1, (…)
6. Ai fini della conversione, (…) la
durata della permanenza non può essere superiore a quarantacinque giorni».
Procedimento
principale e questioni pregiudiziali
20 Il 13 agosto 2009, a Rosolina Mare, un individuo interrogato dalla polizia ha
dichiarato di chiamarsi Md Sagor
e di essere nato il 10 ottobre 1990 in Bangladesh.
21 Un esame della posizione del sig. Sagor ha evidenziato in tale occasione che l’interessato,
senza fissa dimora in Italia e ivi attivo quale venditore ambulante, non è né è
mai stato in possesso di un permesso di soggiorno. Secondo il verbale redatto
dalla polizia, il sig. Sagor risulta ufficialmente
entrato nel territorio italiano nel marzo 2009.
22 Il 22 luglio 2010, il sig. Sagor è comparso dinanzi al Tribunale di Rovigo per
rispondere del reato di ingresso o soggiorno irregolare ai sensi dell’articolo
10 bis del decreto legislativo n. 286/1998, nonché per il reato previsto
dall’articolo 6, comma 3, del medesimo decreto.
23 Secondo detto giudice, non è
provato che il sig. Sagor abbia fatto ingresso
irregolarmente in Italia. Infatti, non sarebbe stato validamente dimostrato che
l’interessato si sia sottratto ai controlli alla frontiera.
24 Viceversa, per quanto concerne il
soggiorno irregolare, lo stesso giudice constata che la sussistenza di tale reato
è debitamente dimostrata. Esso poi precisa di essere competente a giudicare
tale reato. Difatti, benché la fattispecie prevista dall’articolo 10 bis del
decreto legislativo n. 286/1998 rientri nelle competenze del giudice di pace,
poiché tale reato risulta connesso con quello previsto dall’articolo 6, comma
3, del medesimo decreto – reato che viceversa rientra nella competenza dei
tribunali – giustamente il sig. Sagor sarebbe stato
condotto dinanzi al Tribunale di Rovigo.
25 Il 22 febbraio 2011, il procedimento
a carico del sig. Sagor è stato cancellato dal ruolo
per la parte riguardante il reato previsto da detto articolo 6, comma 3.
26 Poiché, in linea di principio,
sarebbe tenuto a sanzionare il soggiorno irregolare del sig. Sagor con la pena fissata dall’articolo 10 bis del decreto
legislativo n. 286/1998, ma nel contempo nutre dubbi sulla compatibilità di
tale normativa nazionale con il diritto dell’Unione, il Tribunale di Rovigo, in
data 15 luglio 2011, ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, alla luce dei principi di
leale cooperazione e di effetto utile delle direttive, gli articoli 2, 4, 6, 7,
8 della direttiva 2008/115 (…) ostino alla possibilità che un cittadino di un
paese terzo il cui soggiorno è irregolare per lo Stato membro venga sanzionato
con una pena pecuniaria sostituita come sanzione penale dalla detenzione
domiciliare in conseguenza del suo mero ingresso e permanenza irregolare,
ancora prima della inosservanza di un ordine di allontanamento emanato
dall’autorità amministrativa.
2) Se, alla luce dei principi di
leale cooperazione e di effetto utile delle direttive, gli articoli 2, 15 e 16
della direttiva 2008/115 (…) ostino alla possibilità che, successivamente all’emanazione
d[i tale d]irettiva, uno Stato membro possa emettere
una norma che prevede che un cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno è
irregolare per lo Stato membro, venga sanzionato con una pena pecuniaria
sostituita dall’espulsione immediatamente eseguibile come sanzione penale senza
il rispetto della procedura e dei diritti dello straniero previsti da [detta d]irettiva.
3) Se il principio di leale
cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE osti ad una norma
nazionale adottata in pendenza del termine di attuazione [della stessa]
direttiva per eludere o, comunque, limitare l’[ambito] di applicazione della
direttiva, e quali provvedimenti debba adottare il giudice nel caso rilevi
siffatta finalità».
Sulle
questioni pregiudiziali
Sulla prima e seconda questione
27 Con la sua prima e seconda
questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la direttiva
2008/115 debba essere interpretata nel senso che osta alla normativa di uno
Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che
sanziona il soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi con una pena
pecuniaria sostituibile con la pena dell’espulsione o con l’obbligo di
permanenza domiciliare.
Sulla ricevibilità
28 Il governo italiano ritiene che
tali questioni siano di natura teorica nel procedimento principale e, di
conseguenza, irricevibili. Esse si baserebbero sulla premessa che il sig. Sagor è insolvente e non è peraltro interessato a un lavoro
sostitutivo dell’ammenda, una volta che quest’ultima gli fosse inflitta. Poiché
l’esattezza di questa premessa non è dimostrata, l’iniziativa del giudice del
rinvio, di chiedere un’interpretazione della direttiva 2008/115 che gli
consenta di decidere sulla legittimità della pena pecuniaria e della
conversione della medesima in un provvedimento di espulsione o in un obbligo di
residenza sarebbe prematura.
29 Tale argomentazione dev’essere respinta. Infatti, la circostanza che, fino ad
ora, il sig. Sagor non sia stato condannato
all’ammenda prevista all’articolo 10 bis del decreto legislativo n. 286/1998 e
che, di conseguenza, non sia ancora possibile stabilire se, in caso di
applicazione di detta pena, ricorrano le condizioni di una sua conversione in
pena di espulsione o in obbligo di permanenza domiciliare, è dovuta proprio al
fatto che il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità di tali
differenti sanzioni con il diritto dell’Unione e si astiene, quindi,
dall’applicarle in quanto non vi sia ancora piena luce in proposito. Nella
decisione di rinvio è esposto che l’esistenza del reato di soggiorno irregolare
è nella fattispecie dimostrata e che il meccanismo di sanzionamento
previsto dalla disciplina di cui al procedimento principale dovrà essere
applicato al sig. Sagor, sempre che sia compatibile
con il diritto dell’Unione. Ne deriva che tale disciplina e la questione della
sua compatibilità con il diritto dell’Unione risultano rilevanti nella causa
principale (v., analogamente, sentenza del 6 dicembre 2011, Achughbabian,
C‑329/11, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 42).
30 Di conseguenza, le questioni sono
ricevibili.
Sull’ammenda cui può essere sostituito un
provvedimento di espulsione
31 La direttiva 2008/115 verte
unicamente sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare
e, pertanto, non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme
degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri. Tale direttiva, quindi, non
vieta che il diritto di uno Stato membro qualifichi il soggiorno irregolare
alla stregua di reato e preveda sanzioni penali per scoraggiare e reprimere la
commissione di siffatta infrazione (sentenza Achughbabian,
cit., punto 28).
32 Tuttavia, uno Stato non può
applicare una disciplina penale idonea a compromettere l’applicazione delle
norme e delle procedure comuni sancite dalla direttiva 2008/115, privando così
quest’ultima del suo effetto utile (v. sentenze del 28 aprile 2011, El Dridi, C‑61/11 PPU, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 55, e Achughbabian, cit., punto 39).
33 La Corte ha già avuto occasione di
precisare che dette norme e procedure sarebbero compromesse se lo Stato membro
interessato, dopo aver accertato il soggiorno irregolare del cittadino di un
paese terzo, anteponesse all’esecuzione della decisione di rimpatrio, o
addirittura alla sua stessa adozione, un procedimento penale idoneo a condurre
alla reclusione nel corso della procedura di rimpatrio. Tale modo di procedere
rischierebbe infatti di ritardare l’allontanamento (v. citate sentenze El Dridi, punto 59, nonché Achughbabian, punti 37–39 e 45).
34 Orbene, come hanno osservato i
governi italiano, tedesco e dei Paesi Bassi, una disciplina che prevede, in
circostanze come quelle previste dal decreto legislativo n. 286/1998, un
procedimento penale che può sfociare nell’applicazione di un’ammenda, cui può
sostituirsi la pena dell’espulsione, ha effetti sensibilmente diversi da quelli
di una normativa che prevede l’avvio di un procedimento penale, che può
condurre alla reclusione nel corso della procedura di rimpatrio.
35 Al riguardo va osservato, in primo
luogo, che l’adozione e l’esecuzione delle misure di rimpatrio previste dalla
direttiva 2008/115 non vengono ritardate o in altro modo ostacolate dalla
circostanza che è pendente un’azione penale come quella prevista dal decreto
legislativo n. 286/1998. Infatti, il rimpatrio previsto agli articoli 13 e 14
di detto decreto legislativo può essere realizzato indipendentemente da tale
azione penale e senza che quest’ultima debba essere stata accolta. Tale
constatazione è corroborata dall’articolo 10 bis, quinto comma, di detto
decreto legislativo, secondo il quale il giudice deve, dopo aver preso
conoscenza del rimpatrio dell’interessato, chiudere il procedimento penale con
una sentenza di non luogo.
36 Va osservato, in secondo luogo,
che la possibilità che detta azione penale conduca all’applicazione della pena
di un’ammenda non è neanch’essa idonea ad ostacolare
la procedura di rimpatrio sancita dalla direttiva 2008/115. Infatti,
l’applicazione di una pena pecuniaria non impedisce in nessun modo che una
decisione di rimpatrio sia adottata ed attuata nella piena osservanza delle
condizioni enunciate agli articoli 6‑8
della direttiva 2008/115 e non pregiudica neppure le norme comuni in materia di
adozione di provvedimenti restrittivi della libertà enunciate agli articoli 15
e 16 di tale direttiva.
37 Riguardo, in terzo luogo, alla
facoltà offerta al giudice penale di sostituire la pena dell’ammenda con la
pena dell’espulsione accompagnata da un divieto d’ingresso di almeno cinque
anni, dall’articolo 16, primo comma, del decreto legislativo n. 286/1998
risulta che il legislatore italiano ha ristretto tale facoltà alle situazioni
in cui è possibile realizzare immediatamente il rimpatrio dell’interessato.
38 È giocoforza constatare che
siffatta facoltà non è neanch’essa, di per sé,
vietata dalla direttiva 2008/115.
39 Infatti, come avvalorato dalla
definizione elastica della nozione di «decisione di rimpatrio» che compare
all’articolo 3, punto 4, di tale direttiva, quest’ultima non osta a che la
decisione che impone l’obbligo di rimpatrio sia, in talune ipotesi determinate
dallo Stato membro interessato, adottata sotto forma di una pronuncia
giudiziaria di carattere penale. Allo stesso modo, nella direttiva 2008/115
nulla osta a che l’allontanamento previsto all’articolo 8, paragrafo 1, di tale
direttiva sia realizzato nel contesto di un procedimento penale. Del resto, la
circostanza che una pena d’espulsione, come quella prevista dalla disciplina di
cui trattasi nel procedimento principale, comporti un obbligo di rimpatrio
immediatamente esecutivo e non esiga quindi l’adozione ulteriore di una
separata decisione recante allontanamento dell’interessato non è in contrasto
neppure con le norme e con le procedure comuni sancite dalla direttiva
2008/115, come attestato dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 6, di
detta direttiva e dal termine «possono» impiegato all’articolo 8, paragrafo 3,
della medesima.
40 È pur vero che, come ha osservato
la Commissione europea, una pena d’espulsione come quella prevista nella
disciplina di cui trattasi nel procedimento principale è caratterizzata
dall’assenza di qualsiasi possibilità per l’interessato di vedersi concedere un
periodo di tempo per la partenza volontaria ai sensi dell’articolo 7 della
direttiva 2008/115.
41 Si deve tuttavia osservare, al
riguardo, che il paragrafo 4 di detto articolo 7 consente agli Stati membri di
astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria, in particolare,
qualora esista il rischio che l’interessato fugga per sottrarsi alla procedura
di rimpatrio. Qualsiasi valutazione al riguardo deve fondarsi su un esame
individuale della fattispecie in cui è coinvolto l’interessato.
42 Si deve osservare, infine, che,
perché una disposizione formulata secondo i termini dell’articolo 16 del
decreto legislativo n. 286/1998 sia conforme alla direttiva 2008/115, occorre
che essa sia applicata in modo tale che la durata del divieto di ingresso da
essa imposto corrisponda a quella prevista dall’articolo 11, paragrafo 2, di
tale direttiva.
Sulla pena dell’ammenda cui può essere
sostituito l’obbligo della permanenza domiciliare
43 Tanto dal dovere di lealtà degli
Stati membri quanto dalle esigenze di efficacia ricordata dalla direttiva
2008/115 discende che l’obbligo che l’articolo 8 di tale direttiva impone agli
Stati membri di procedere all’allontanamento deve essere adempiuto con la
massima celerità (sentenza Achughbabian, cit., punto
45).
44 È evidente che irrogare ed
eseguire una pena di permanenza domiciliare nel corso della procedura di
rimpatrio prevista dalla direttiva 2008/115 non contribuisce alla realizzazione
dell’allontanamento che detta procedura persegue, ossia al trasporto fisico
dell’interessato fuori dello Stato membro in parola. Siffatta pena, pertanto,
non integra una «misura» o una «misura coercitiva» ai sensi dell’articolo 8
della direttiva 2008/115 (v., analogamente, sentenza Achughbabian,
cit., punto 37).
45 Inoltre, l’obbligo di permanenza
domiciliare è idoneo a ritardare e, quindi, ad ostacolare quelle misure, come
l’accompagnamento alla frontiera e il rimpatrio forzato per via aerea, che
contribuiscono, invece, alla realizzazione dell’allontanamento. Siffatto
rischio di pregiudizio alla procedura di rimpatrio sussiste in particolare qualora
la disciplina applicabile non preveda che l’esecuzione dell’obbligo di
permanenza domiciliare, applicato al cittadino di un paese terzo che si trova
in soggiorno irregolare, debba avere fine a partire dal momento in cui sia
possibile realizzarne l’allontanamento.
46 Spetta al giudice del rinvio
esaminare se esista, nella normativa nazionale, una disposizione che fa
prevalere l’allontanamento sull’esecuzione dell’obbligo di permanenza
domiciliare. In assenza di siffatta disposizione, occorrerebbe concludere che
la direttiva 2008/115 osta a che un meccanismo di sostituzione della pena
dell’ammenda con l’obbligo di permanenza domiciliare, del tipo previsto dagli
articoli 53 e 55 del decreto legislativo n. 274/2000, sia applicato a cittadini
di paesi terzi in soggiorno irregolare.
47 Alla luce dell’insieme delle
considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima e la seconda questione
presentate dichiarando che la direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel
senso che essa:
– non osta alla normativa di uno
Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che
sanzioni il soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi con una pena
pecuniaria sostituibile con la pena dell’espulsione, e
– osta alla normativa di uno Stato
membro che consenta di reprimere il soggiorno irregolare di cittadini di paesi
terzi con un obbligo di permanenza domiciliare, senza garantire che
l’esecuzione di tale pena debba cessare a partire dal momento in cui sia
possibile il trasferimento fisico dell’interessato fuori di tale Stato membro.
Sulla terza questione
48 Il giudice del rinvio, qualora
dovesse, sulla base della risposta fornita alla prima e alla seconda questione
e in seguito alle analisi descritte ai punti 41 e 46 della presente sentenza,
concludere che la fattispecie non corrisponde a nessuna delle situazioni
previste dall’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/115 e che la
facoltà offerta dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 286/1998 non può
quindi essere sfruttata, oppure concludere che la direttiva 2008/115 osta
all’applicazione degli articoli 53 e 55 del decreto legislativo n. 274/2000 ai
cittadini dei paesi terzi in soggiorno irregolare, sarebbe tenuto a lasciare
inapplicate tali disposizioni di diritto nazionale (v., analogamente, sentenza El Dridi, cit., punto 61).
49 Considerata tale precisazione, non
occorre più risolvere la terza questione presentata.
Sulle
spese
50 Nei confronti delle parti nel
procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono
dar luogo a rifusione.
Per questi
motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
La direttiva 2008/115/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e
procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di
paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretata nel senso
che essa:
– non osta alla normativa di uno
Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che
sanziona il soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi con una pena
pecuniaria sostituibile con la pena dell’espulsione, e
– osta alla normativa di uno Stato
membro che consente di reprimere il soggiorno irregolare di cittadini di paesi
terzi con un obbligo di permanenza domiciliare, senza garantire che
l’esecuzione di tale pena debba cessare a partire dal momento in cui sia
possibile il trasferimento fisico dell’interessato fuori di tale Stato membro.
Firme