Corte di Giustizia delle Comunità europee, 15 dicembre
1995
C-415/93, Union royale
belge des sociétés de football association ASBL e a. – Jean-Marc Bosman
avente ad
oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma
dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Cour d'appel di Liegi (Belgio) nelle cause dinanzi ad essa
pendenti tra
Union royale belge des sociétés de football association ASBL
e
Jean-Marc Bosman,
tra
Royal club liégeois SA
e
Jean-Marc Bosman, SA d'économie mixte sportive de l'union sportive du
littoral de Dunkerque, Union royal belge des sociétés de football association
ASBL, Union des associations européennes de football (UEFA),
tra
Union des associations européennes de football (UEFA),
e
Jean-Marc Bosman,
domanda vertente
sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato CEE,
composta dai
signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C.N. Kakouris, D.A.O. Edward, G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F.
Mancini (relatore), J.C. Moitinho
de Almeida, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.L. Murray, P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,
avvocato
generale: C.O. Lenz
cancelliere: R. Grass, cancelliere, e signora D. Louterman-Hubeau,
amministratore principale
viste le
osservazioni scritte presentate:
- per l'Union royale belge
des sociétés de football association ASBL, dagli avv.ti G. Vandersanden
e J.-P. Hordies, del foro
di Bruxelles, e dagli avv.ti R. Rasir e F. Moïses,
del foro di Liegi;
- per l'Union des associations européennes de football (UEFA), dall'avv. I.S. Forrester, QC;
- per il
signor Bosman, dagli avv.ti L. Misson,
J.-L. Dupont, M.-A. Lucas e
M. Franchimont, del foro di Liegi;
- per il
governo francese, dalle signore H. Duchène,
segretario degli Affari esteri presso la direzione Affari giuridici del
ministero degli Affari esteri, e C. de Salins,
vicedirettore presso la stessa direzione;
- per il governo
italiano, dal professor L. Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso
diplomatico del ministero degli Affari esteri, assistito dal signor D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;
- per
vista la
relazione d'udienza,
sentite le
osservazioni orali dell'Union royale
belge des sociétés de football association
ASBL, rappresentata dagli avv.ti F. Moïses, J.-P. Hordies e G. Vandersanden, dell'Union des associations européennes de football (UEFA), rappresentata dall'avv. I.S. Forrester, e dall'avv. E. Jakhian, del foro di Bruxelles, del signor Bosman, rappresentato dagli avv.ti L. Misson
e J.-L. Dupont, del governo danese, rappresentato dal
signor P. Biering, kontorchef
presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo
tedesco, rappresentato dal signor E. Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia,
del governo francese, rappresentato dalla signora C. de Salins
e dal signor P. Martinet, segretario degli Affari
esteri presso la direzione Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in
qualità di agenti, del governo italiano, rappresentato dal signor D. Del Gaizo, e della Commissione, rappresentata dai signori F.E. González Díaz
e G. de Bergues e dalla signora M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, all'udienza del
20 giugno 1995,
sentite le
conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 settembre
1995,
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con sentenza
1 ottobre 1993, pervenuta in cancelleria il successivo 6 ottobre,
2 Le dette questioni sono state sollevate nell'ambito di varie
controversie, delle quali la prima fra l'Union royale belge des
sociétés de football association
ASBL (in prosieguo: l'«URBSFA») e il signor Bosman,
la seconda fra il Royal club liégeois
SA (in prosieguo: il «RCL») e il signor Bosman,
L'organizzazione
del gioco del calcio
3 Lo sport di
football association - generalmente noto come «giuoco
del calcio» -, professionistico o dilettantistico, viene praticato, nella forma
organizzata, nell'ambito di società che, in ciascuno degli Stati membri, sono
consociate in associazioni nazionali, dette anche federazioni. Solo nel Regno
Unito esistono più federazioni nazionali, e precisamente quattro,
rispettivamente competenti per l'Inghilterra, il Galles,
4 Le
federazioni nazionali aderiscono alla Fédération internationale de football association
(in prosieguo: la «FIFA»), associazione di diritto svizzero che organizza il
gioco del calcio a livello mondiale.
5 Ogni partita di calcio organizzata sotto l'egida di una federazione nazionale dev'essere giocata fra due società appartenenti alla detta
federazione oppure da associazioni secondarie o sussidiarie affiliate. La
squadra schierata da ciascuna società è composta di calciatori qualificati
dalla federazione per tale società. Ogni calciatore professionista dev'essere iscritto come tale alla propria federazione
nazionale e figura come attuale o ex dipendente di una specifica società.
La disciplina
dei trasferimenti
6 Secondo il
regolamento federale dell'URBSFA del 1983, vigente all'epoca dei fatti di cui
alle cause a quibus, si devono distinguere tre
rapporti: l'affiliazione, che lega il calciatore alla federazione nazionale, il
tesseramento, che lega il calciatore ad una società, e la qualificazione, che
costituisce il necessario presupposto della partecipazione del calciatore alle
partite ufficiali. Il trasferimento è definito come il procedimento mediante il
quale il calciatore affiliato ottiene una variazione temporanea di
tesseramento. In caso di trasferimento temporaneo il calciatore resta tesserato
presso la sua società, ma è qualificato per un'altra società.
8 Nel caso in
cui la respinga, egli viene iscritto in un elenco di calciatori che possono
essere oggetto, fra il 1_ e il 31 maggio, di un
cosiddetto trasferimento «imposto», il quale non richiede il consenso della
società cui il calciatore appartiene, ma comporta il versamento a quest'ultima,
da parte della nuova società, di una cosiddetta indennità «di formazione»,
calcolata moltiplicando il reddito lordo annuo del calciatore per coefficienti
che variano da
9 Il 1_ giugno ha inizio il periodo dei cosiddetti
trasferimenti «liberi», che richiedono il consenso delle due società e del
calciatore, in specie per quanto riguarda l'ammontare dell'indennità di
trasferimento che la nuova società è tenuta a versare a quella di provenienza,
a pena di sanzioni che possono arrivare fino alla radiazione della prima per
debiti.
10 Se non ha
luogo alcun trasferimento, la società della quale il calciatore fa parte deve
offrirgli un nuovo contratto per una stagione, che prevede le stesse condizioni
stabilite dal contratto proposto entro il 26 aprile. Se il calciatore lo
respinge, la società ha il diritto di adottare, entro il 1_
agosto, un provvedimento di sospensione, in mancanza del quale l'interessato
riacquista la qualifica di dilettante. Il calciatore che persiste nel rifiuto
di firmare i contratti proposti dalla società di appartenenza può ottenere un
trasferimento come dilettante, senza il consenso della società, dopo due
stagioni di inattività.
11 I
regolamenti dell'UEFA e della FIFA, dal canto loro, non si applicano
direttamente nei confronti dei calciatori, ma sono inclusi nei regolamenti
delle federazioni nazionali, le sole ad avere il potere di farli applicare e di
disciplinare i rapporti fra le società e i calciatori.
13 Tale documento
prevede che, alla scadenza del contratto, il calciatore sia libero di stipulare
un nuovo contratto con la società di sua scelta. Quest'ultima deve informarne
immediatamente la società di provenienza, la quale, a sua volta, ne informa la
federazione nazionale, che è tenuta a redigere il certificato internazionale di
trasferimento. Tuttavia, la società di provenienza ha il diritto di ricevere
dalla nuova società un'indennità di promozione o di formazione, il cui importo,
in caso di disaccordo, viene fissato da una commissione costituita nell'ambito
dell'UEFA, moltiplicando il reddito lordo del calciatore nella stagione
precedente per un coefficiente variabile da
14 Lo stesso
documento precisa che i rapporti economici fra le due società per quanto
riguarda la fissazione dell'indennità di promozione o di formazione non
influiscono sull'attività del calciatore, il quale è libero di giocare per la
società da lui prescelta. Tuttavia, se quest'ultima non versa immediatamente
l'indennità alla società di provenienza, la commissione di controllo e di
disciplina dell'UEFA esamina il caso e rende nota la sua decisione alla
federazione nazionale interessata, che può a sua volta infliggere sanzioni alla
società inadempiente.
15 Il giudice
di rinvio ritiene che nella fattispecie oggetto delle cause a quibus l'URBSFA e il RCL non abbiano applicato il
regolamento dell'UEFA, ma quello della FIFA.
16 All'epoca
dei fatti quest'ultimo regolamento disponeva, in particolare, che un calciatore
professionista non poteva lasciare la federazione nazionale presso la quale era
tesserato fintantoché fosse vincolato dal suo contratto e dai regolamenti della
sua società e della federazione nazionale, per quanto rigidi questi potessero
essere. Il trasferimento internazionale era subordinato al rilascio, da parte
della federazione nazionale di provenienza, di un certificato di trasferimento
con il quale essa riconosceva che tutti gli obblighi di carattere finanziario,
compresa un'eventuale somma per il trasferimento, erano stati adempiuti.
17
Successivamente all'epoca suddetta l'UEFA ha intavolato trattative con
18 Nell'aprile
1991
19 Norme
particolari vigono poi per i calciatori «non dilettanti», definiti come i
calciatori che, per l'attività calcistica o per una qualsiasi attività inerente
al calcio, hanno percepito un'indennità superiore all'importo delle spese
sostenute nell'esercizio di tale attività, a meno che non abbiano riacquistato
lo status di dilettante.
21 Tali norme
sono state integrate dal regolamento UEFA «relativo alla fissazione
dell'indennità di trasferimento», adottato nel giugno 1993 e in vigore dal 1_ agosto 1993, il quale ha sostituito i «principi di
collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società» del
1991. Questo nuovo regolamento ribadisce il principio secondo cui i rapporti
economici fra le due società interessate non influiscono sull'attività sportiva
del calciatore, il quale è libero di giocare per la società con cui ha
stipulato un nuovo contratto. Esso dispone inoltre che, in caso di disaccordo
fra le società interessate, spetta alla competente commissione dell'UEFA
determinare l'importo dell'indennità di formazione o di promozione. Per i
calciatori non dilettanti, il detto importo è calcolato in base al reddito
lordo ottenuto dall'interessato nei dodici mesi precedenti, o al reddito fisso
annuo garantito nel nuovo contratto, aumentato del 20% per i calciatori che
hanno giocato almeno due volte nella prima squadra nazionale rappresentativa
del loro paese, e moltiplicato per un coefficiente compreso
fra 12 e
22 Dai
documenti presentati alla Corte dall'UEFA risulta che taluni regolamenti in
vigore in altri Stati membri contengono anch'essi disposizioni che, in caso di
trasferimento di un calciatore fra due società della stessa federazione
nazionale, obbligano la nuova società a pagare alla società di provenienza,
alle condizioni fra di esse convenute, un'indennità di
trasferimento, di formazione o di promozione.
24 Le norme
che si applicano in materia sono dettate, a seconda dei casi, dalle leggi
nazionali, dai regolamenti delle federazioni calcistiche nazionali oppure da
contratti collettivi.
Le norme sulla
cittadinanza
26 Nel
27 Nel
I fatti
all'origine delle cause a quibus
28 Il signor Bosman, calciatore professionista di cittadinanza belga, è
stato occupato, dal 1988, dal RCL, società belga di serie A, in base ad un
contratto valido fino al 30 giugno 1990, che prevedeva una retribuzione mensile
media di 120 000 BFR, premi compresi.
29 Il 21
aprile 1990 il RCL ha proposto al signor Bosman un
nuovo contratto per la durata di una stagione, in base al
quale la sua retribuzione mensile era ridotta a 30 000 BFR, vale a dire
al minimo previsto dal regolamento federale dell'URBSFA. Essendosi rifiutato di
firmare tale contratto, il signor Bosman è stato
iscritto nell'elenco dei calciatori cedibili. L'ammontare dell'indennità di
formazione è stato fissato nel suo caso, ai sensi del detto regolamento, a 11
743 000 BFR.
30 Poiché
nessuna società aveva manifestato il proprio interesse ad un trasferimento
imposto, il signor Bosman si è messo in contatto con
la società calcistica francese di Dunkerque, di serie B, che lo ha poi assunto
con una retribuzione mensile di circa 100 000 BFR ed un premio d'ingaggio pari
a circa 900 000 BFR.
31 Il 27
luglio 1990 è stato del pari stipulato, fra il RCL e la società di Dunkerque,
un contratto che prevedeva il trasferimento temporaneo del signor Bosman per un anno, contro il versamento, da parte della
detta società al RCL, di un'indennità di 1 200 000 BFR, esigibile al momento in
cui
32 Entrambi i
contratti, quello fra la società di Dunkerque e il RCL e quello fra la detta
società e il signor Bosman, erano tuttavia sottoposti
ad una condizione sospensiva secondo cui il certificato di trasferimento doveva
essere inviato dall'URBSFA alla FFF anteriormente alla prima partita della
stagione, che doveva aver luogo il 2 agosto 1990.
33 Dubitando
della solvibilità della società di Dunkerque, il RCL non ha chiesto all'URBSFA
di trasmettere il detto certificato alla FFF. Di conseguenza, i due contratti
sono rimasti inefficaci. Il 31 luglio 1990 il RCL ha inoltre sospeso il signor Bosman, impedendogli così di giocare per l'intera stagione.
35 Con
ordinanza 9 novembre 1990, il giudice dell'urgenza ha ordinato al RCL e
all'URBSFA di versare al signor Bosman una
provvisionale mensile di 30 000 BFR ed ha ingiunto loro di non ostacolare un
suo eventuale ingaggio. Esso ha inoltre sottoposto alla Corte di giustizia una
questione pregiudiziale (causa C-340/90) vertente sull'interpretazione
dell'art. 48 del Trattato con riguardo alla normativa che disciplina i
trasferimenti dei calciatori professionisti (in prosieguo: le «norme sui
trasferimenti»).
36 Nel
frattempo, il signor Bosman era stato ingaggiato
nell'ottobre 1990 dalla società francese di serie B di Saint-Quentin,
subordinatamente alla condizione sospensiva del successo della sua domanda di
provvedimenti urgenti. Tale contratto è stato però risolto alla fine della
prima stagione. Nel febbraio 1992 il signor Bosman ha
stipulato con la società francese di Saint-Denis de
37 Secondo il
giudice a quo, una serie di presunzioni gravi e concordanti autorizzano a
ritenere che, malgrado lo status di «libertà»
attribuitogli dai provvedimenti del giudice dell'urgenza, il signor Bosman sia stato vittima di un boicottaggio da parte di tutte
le società europee che avrebbero potuto ingaggiarlo.
38 Il 28
maggio 1991
PER
39 Nell'ambito
del giudizio di merito instaurato dinanzi al Tribunal de première instance di Liegi, l'URBSFA, che, contrariamente a quanto
era avvenuto in sede di procedimento sommario, non era stata convenuta, è intervenuta
volontariamente il 3 giugno 1991. Il 20 agosto 1991 il signor Bosman ha citato l'UEFA per farla intervenire nella causa
da lui intentata contro il RCL e l'URBSFA e per esperire direttamente nei suoi
confronti un'azione basata sulla sua responsabilità nella redazione dei
regolamenti che gli arrecavano pregiudizio. Il 5 dicembre 1991 il RCL ha
chiamato in causa la società di Dunkerque per essere garantito contro
un'eventuale condanna nei suoi confronti. Il 15 ottobre 1991
e, rispettivamente, il 27 dicembre 1991, il sindacato francese di categoria Union nationale des footballeurs professionnels (in prosieguo: l'«UNFP») e l'associazione di
diritto olandese Vereniging van
contractspelers (in prosieguo: la «VVCS») sono
intervenuti volontariamente nella causa.
40 Con nuove
conclusioni depositate il 9 aprile 1992, il signor Bosman
ha modificato la sua domanda originaria contro il RCL, ha esperito una separata
azione preventiva nei confronti dell'URBSFA ed ha sviluppato la domanda
proposta contro l'UEFA. Nell'ambito di tali procedimenti egli ha chiesto che le
norme sui trasferimenti e le norme sulla cittadinanza fossero dichiarate
inapplicabili nei suoi confronti e che, a causa del loro comportamento illecito
in relazione al suo mancato trasferimento alla società di Dunkerque, il RCL,
l'URBSFA e l'UEFA fossero condannati a versargli, da un lato, la somma di 11
368 350 BFR, come risarcimento del danno da lui subito dal 1_
agosto 1990 sino alla fine della sua carriera, e, dall'altro, la somma di 11
743 000 BFR, corrispondente al lucro cessante subito dall'inizio della sua
carriera a causa dell'applicazione delle norme sui trasferimenti. Il signor Bosman ha chiesto inoltre che fosse sottoposta alla Corte
di giustizia una questione pregiudiziale.
41 Con
sentenza 11 giugno 1992, il Tribunal de première instance
di Liegi si è dichiarato competente a conoscere del merito delle cause. Esso,
inoltre, ha ritenuto ricevibili le domande proposte dal signor Bosman contro il RCL, l'URBSFA e l'UEFA e dirette
segnatamente a far dichiarare inapplicabili le norme sui trasferimenti e le
norme sulla cittadinanza nonché a far sanzionare il comportamento delle tre
organizzazioni. Per contro, il detto Tribunale ha respinto la domanda proposta
dal RCL nei confronti della società di Dunkerque e volta a far ordinare
l'intervento in garanzia della società, ritenendo che non fosse stato provato
che quest'ultima non avesse adempiuto correttamente le sue obbligazioni.
Infine, rilevando che l'esame delle pretese avanzate dal signor Bosman nei confronti dell'UEFA e dell'URBSFA implicava un
giudizio sulla compatibilità delle norme sui trasferimenti con il Trattato,
esso ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull'interpretazione
degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato (causa C-269/92).
44 Nella
sentenza di rinvio
45 Il giudice
di rinvio ha considerato segnatamente che l'art. 48 del Trattato, al pari
dell'art. 30, può vietare non soltanto le discriminazioni, ma anche gli
ostacoli non discriminatori per la libera circolazione dei lavoratori, se non
possono essere giustificati da esigenze imperiose.
47
48
«Se gli artt.
48, 85 e 86 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 vadano interpretati nel senso
che vietano:
- che una
società calcistica possa pretendere di percepire il pagamento di una somma di
denaro allorché un giocatore già tesserato per la stessa società, dopo la
scadenza del contratto con essa stipulato, viene ingaggiato da una nuova società
calcistica;
- che le
associazioni o federazioni sportive, nazionali ed internazionali, possano
includere nei rispettivi regolamenti norme che limitano la partecipazione di
giocatori stranieri, cittadini dei paesi aderenti alla Comunità europea, alle
competizioni che organizzano».
50 Il 3 giugno
51 Con
sentenza 30 marzo 1995,
Sulle domande
di provvedimenti istruttori
52 Con lettera
pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 novembre
53 Dopo aver
nuovamente sentito l'avvocato generale,
54 Nel caso
presente basta rilevare che l'UEFA avrebbe potuto proporre la detta istanza
prima che la fase orale fosse dichiarata chiusa. Inoltre, la questione se lo
scopo di conservare l'equilibrio finanziario e sportivo, e specificamente di
garantire il finanziamento delle società di piccole dimensioni, possa essere
conseguito con altri mezzi, come la ridistribuzione di una parte degli introiti
del gioco del calcio è stata trattata, in particolare, dal signor Bosman nelle sue osservazioni scritte.
Sulla
competenza della Corte a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali
59 Si deve
rilevare a questo proposito che, nell'ambito della collaborazione tra
60 Nondimeno
61 Proprio in
considerazione di tale funzione
62 Nella
fattispecie si deve osservare anzitutto che le cause a quibus,
considerate nel loro insieme, non hanno natura ipotetica e che il giudice
nazionale ha esposto con precisione alla Corte il loro ambito fattuale e
normativo e le ragioni che l'hanno indotto a ritenere necessaria, per poter
emettere la propria sentenza, una pronuncia sulle questioni da esso sollevate.
63 Inoltre,
anche ammesso che, come sostengono l'URBSFA e l'UEFA, il regolamento di
quest'ultima non sia stato applicato in occasione del mancato trasferimento del
signor Bosman alla società di Dunkerque, resta sempre
il fatto che ad esso si fa riferimento nelle azioni preventive del signor Bosman contro l'URBSFA e l'UEFA (v. sopra, punto 40) e che
un'interpretazione della Corte circa la compatibilità con il diritto
comunitario del sistema di trasferimento istituito dal regolamento dell'UEFA
potrebbe essere utile al giudice a quo.
64 Per quanto
riguarda in particolare le questioni relative alle norme sulla cittadinanza,
risulta che le domande al riguardo proposte nell'ambito delle cause a quibus sono state giudicate ricevibili in base ad una norma
processuale nazionale che consente di esperire un'azione, anche a fini
declaratori, per prevenire la lesione di un diritto gravemente minacciato. Come
emerge dalla sua sentenza, il giudice a quo ha ritenuto che l'applicazione
delle norme sulla cittadinanza potesse effettivamente ostacolare la carriera
del signor Bosman, riducendone le possibilità di
essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro o di giocare per
essa. Il detto giudice è giunto quindi alla conclusione che le domande del
signor Bosman dirette a far dichiarare inapplicabili
nei suoi confronti le norme sulla cittadinanza soddisfacevano i presupposti
prescritti dalla norma summenzionata.
65 Non compete
alla Corte, nell'ambito del presente procedimento, sindacare tale giudizio.
Anche se le azioni esperite nel caso di specie hanno carattere declaratorio e,
mirando a prevenire la lesione di un diritto minacciato, devono necessariamente
basarsi su previsioni per loro natura incerte, esse sono nondimeno consentite
dal diritto nazionale come interpretato dal giudice a quo. Alla luce di tali
considerazioni, le questioni sollevate dal giudice nazionale risultano
obiettivamente necessarie per la soluzione delle controversie con cui esso è
ritualmente adito.
66 Infine,
dalla sentenza 30 marzo 1995 della Cour de cassation non risulta che le norme sulla cittadinanza siano
estranee alle cause a quibus.
67 Da quanto
precede risulta che
Sull'interpretazione
dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sui trasferimenti
68 Con la
prima delle sue questioni il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 48 del
Trattato osti all'applicazione delle norme, emanate da associazioni sportive,
secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro,
alla scadenza del contratto che lo vincola a una società, può essere ingaggiato
da una società calcistica di un altro Stato membro solo se questa ha versato
alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di
promozione.
Sull'applicazione
dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive
69 Su questo
punto, occorre esaminare in limine taluni argomenti presentati relativamente
all'applicazione dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive.
71 Dal canto
suo, l'UEFA ha fatto valere in particolare che le autorità comunitarie hanno
sempre rispettato l'autonomia dell'attività sportiva, che è difficilissimo
distinguere gli aspetti economici del calcio da quelli sportivi e che una
pronuncia della Corte sulla situazione degli sportivi professionisti potrebbe
rimettere in discussione l'intera organizzazione del gioco del calcio. Di
conseguenza, anche se l'art. 48 del Trattato dovesse applicarsi ai calciatori
professionisti, sarebbe necessario attenersi a criteri di elasticità in
considerazione della specificità di tale attività sportiva.
72 Il governo
tedesco ha sottolineato anzitutto che nella maggior parte dei casi uno sport
come il calcio non ha indole di attività economica. Ha poi rilevato che lo
sport in generale presenta analogie con la cultura, ricordando che, ai sensi
dell'art. 128, n. 1, del Trattato CE,
74 Si deve del
pari osservare che, ai fini dell'applicazione delle norme comunitarie relative
alla libera circolazione dei lavoratori, non è comunque necessario che il
datore di lavoro abbia la qualità di imprenditore, giacché il solo elemento
richiesto è l'esistenza di un rapporto di lavoro o la volontà di instaurare
tale rapporto.
76 Per quanto
riguarda la difficoltà di separare gli aspetti economici del calcio da quelli
sportivi,
77 Quanto alle
eventuali conseguenze di questa sentenza per l'organizzazione del gioco del
calcio nel suo complesso, va rilevato che, secondo una costante giurisprudenza,
benché le conseguenze pratiche di ogni pronuncia giurisdizionale debbano essere
vagliate accuratamente, ciò non può indurre a scalfire l'obiettività del
diritto ed a compromettere la sua applicazione a motivo delle ripercussioni che
tale pronuncia può provocare. Tutt'al più le dette ripercussioni potrebbero
essere prese in considerazione per decidere eventualmente, se necessario, di
limitare l'efficacia di una sentenza nel tempo (v., in particolare, sentenza 16
luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a., Racc. pag.
I-4625, punto 30).
78 Nemmeno può
essere accolto l'argomento relativo alle pretese analogie fra sport e cultura,
giacché la questione sollevata dal giudice nazionale verte non già sulle
condizioni dell'esercizio di competenze comunitarie di rilievo limitato, come
quelle basate sull'art. 128, n. 1, ma sulla portata della libera circolazione
dei lavoratori, garantita dall'art. 48, che costituisce una libertà
fondamentale nel sistema della Comunità (v., in particolare, sentenza 31 marzo
1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto
16).
79 Per quanto
concerne gli argomenti relativi alla libertà di associazione, occorre
riconoscere che tale principio, sancito dall'art. 11 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali e scaturente dalle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante
giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico
europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di
tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.
80 Tuttavia,
non si può ritenere che le norme emanate da associazioni sportive e menzionate
dal giudice nazionale siano necessarie per garantire alle dette associazioni,
alle società calcistiche o ai calciatori l'esercizio di tale libertà o ne
costituiscano una necessaria conseguenza.
81 Infine, il
principio di sussidiarietà, come interpretato dal governo tedesco, ossia nel
senso che l'intervento delle autorità pubbliche, e segnatamente delle autorità
comunitarie, nella materia considerata dev'essere
limitato allo stretto necessario, non può avere l'effetto che l'autonomia di
cui godono le associazioni private per adottare normative
sportive limiti l'esercizio dei diritti conferiti ai privati dal
Trattato.
82 Respinte le
obiezioni relative all'applicazione dell'art. 48 del Trattato ad attività
sportive come quelle dei calciatori professionisti, occorre ricordare che, come
83
84 Inoltre,
86 Tale argomento
poggia su una premessa errata. Nulla osta, infatti, a che le giustificazioni
attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica
siano invocate da privati. La natura pubblicistica o privatistica della
normativa di cui trattasi non incide affatto sulla portata o sul contenuto
delle dette giustificazioni.
87 Si deve
pertanto concludere che l'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da
associazioni sportive come l'URBSFA,
Quanto al
carattere puramente interno della situazione cui si riferisce il giudice nazionale
89 Certo, risulta
da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze 28 marzo 1979,
causa 175/78, Saunders, Racc. pag. 1129, punto 11; 28
giugno 1984, causa 180/83, Moser, Racc. pag. 2539, punto 15: 28 gennaio 1992,
causa C-332/90, Steen, Racc. pag. I-341, punto 9; e Kraus, citata, punto 15) che le disposizioni del Trattato
in materia di libera circolazione dei lavoratori, e segnatamente l'art. 48, non
possono essere applicate a situazioni puramente interne di uno Stato membro,
ossia in mancanza di qualsiasi criterio di collegamento ad una qualunque delle
situazioni previste dal diritto comunitario.
90 Tuttavia,
dagli accertamenti di fatto compiuti dal giudice a quo risulta che il signor Bosman aveva stipulato un contratto di lavoro con una
società di un altro Stato membro per esercitare un'attività retribuita nel
territorio di tale Stato. Come ha giustamente osservato l'interessato, egli ha,
ciò facendo, risposto ad un'offerta di lavoro effettiva ai sensi dell'art. 48,
n. 3, lett. a).
91 Poiché la
situazione di cui alle cause a quibus non può
qualificarsi puramente interna, l'argomento prospettato dall'UEFA dev'essere respinto.
Sull'esistenza
di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori
92 Occorre
quindi accertare se le norme sui trasferimenti costituiscano un ostacolo alla
libera circolazione dei lavoratori, vietato dall'art. 48 del Trattato.
93 Come
94
96 Le
disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il
paese d'origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo
dissuadano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla
cittadinanza dei lavoratori interessati (v., anche sentenza 7 marzo 1991, causa
C-10/90, Masgio, Racc. pag. I-1119, punti 18 e 19).
97 D'altro
canto,
98 Ora, è vero
che le norme sui trasferimenti contestate nelle cause a quibus
si applicano anche ai trasferimenti di calciatori fra società appartenenti a
federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro e che norme
analoghe disciplinano i trasferimenti fra società appartenenti alla stessa
federazione nazionale.
99 Tuttavia, come
hanno fatto notare il signor Bosman, il governo
danese e l'avvocato generale nei paragrafi 209 e 210 delle sue conclusioni,
tali norme sono idonee a limitare la libera circolazione dei calciatori che
vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono
loro di lasciare le società cui appartengono, o li dissuadono dal farlo, anche
dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li legano ad esse.
101 Come ha
rilevato correttamente il giudice nazionale, tale conclusione non è inficiata
dal fatto che norme sui trasferimenti emanate dall'UEFA nel 1990 hanno disposto
che i rapporti economici fra le due società non influiscono sull'attività del
calciatore, il quale può giocare liberamente per la sua nuova società.
Quest'ultima, infatti, resta tenuta a versare l'indennità di cui trattasi, a
pena di sanzioni che possono giungere fino alla sua radiazione per debiti; e
ciò le impedisce con altrettanta efficacia di ingaggiare un calciatore
proveniente da una società di un altro Stato membro senza prima pagare la detta
indennità.
102 La
conclusione dianzi esposta non è infirmata nemmeno dalla giurisprudenza della
Corte, invocata dall'URBSFA e dall'UEFA, la quale esclude che l'art. 30 del
Trattato si applichi a provvedimenti che limitano o vietano talune modalità di
vendita, purché essi valgano per tutti gli operatori interessati che esercitano
la loro attività nel territorio nazionale e incidano in uguale misura, in
diritto come in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e dei prodotti
provenienti da altri Stati membri (v. sentenza 24 novembre 1993, cause riunite
C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard,
Racc. pag. I-6097, punto 16).
103 Basta
rilevare, invero, che, sebbene le norme di cui si discute nelle cause a quibus si applichino anche ai trasferimenti fra società
facenti parte di federazioni nazionali diverse
nell'ambito dello stesso Stato membro e siano analoghe a quelle che
disciplinano i trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione
nazionale, resta pur sempre il fatto che esse condizionano direttamente
l'accesso dei calciatori al mercato del lavoro negli altri Stati membri e in
tal modo sono idonee ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori. Esse
non possono quindi venire assimilate alle normative riguardanti le modalità di
vendita delle merci che la sentenza Keck e Mithouard ha ritenuto esulare dalla sfera d'applicazione
dell'art. 30 del Trattato (v. anche, in materia di libera prestazione di
servizi, sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments,
Racc. pag. I-1141, punti 36-38).
104 Di
conseguenza, le norme sui trasferimenti costituiscono ostacoli alla libera
circolazione dei lavoratori vietati, in linea di principio, dall'art. 48 del
Trattato. Ad una diversa conclusione si potrebbe giungere solo se le dette
norme perseguissero uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e fossero
giustificate da imperiosi motivi d'interesse pubblico. Anche in tale ipotesi,
però, la loro applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento
dello scopo perseguito e non dovrebbe eccedere quanto necessario per farlo (v.,
in particolare, sentenza Kraus, citata, punto 32, e
sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard,
Racc. pag. I-0000, punto 37).
Sull'esistenza
di giustificazioni
106
Considerata la notevole importanza sociale dell'attività sportiva e,
specialmente, del gioco del calcio nella Comunità, si deve riconoscere la
legittimità degli scopi consistenti nel garantire la conservazione di un
equilibrio fra le società, preservando una certa parità di possibilità e l'incertezza
dei risultati, e nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani
calciatori.
107 Per quanto
riguarda il primo di questi scopi, il signor Bosman
ha giustamente rilevato che l'applicazione delle norme sui trasferimenti non
costituisce un mezzo adeguato per garantire la conservazione dell'equilibrio
finanziario e sportivo nel mondo del calcio. Tali norme non impediscono alle
società economicamente più forti di procurarsi i servigi dei migliori
calciatori né impediscono che i mezzi finanziari disponibili costituiscano un
elemento decisivo nella competizione sportiva e che l'equilibrio fra le società
ne risulti notevolmente alterato.
108 Quanto al
secondo scopo, si deve ammettere che la prospettiva di percepire indennità di
trasferimento, di promozione o di formazione è effettivamente idonea ad
incoraggiare le società a cercare calciatori di talento e ad assicurare la
formazione dei giovani calciatori.
109 Tuttavia,
essendo impossibile prevedere con certezza l'avvenire sportivo dei giovani
calciatori e poiché solo pochi di essi si dedicano all'attività
professionistica, le dette indennità si caratterizzano per incertezza e
aleatorietà e, comunque, non hanno alcun rapporto con le spese effettivamente
sostenute dalle società per formare sia i futuri calciatori professionisti sia
i giovani che non diventeranno mai tali. Ciò considerato, la prospettiva di
ricevere indennità del genere non può svolgere un ruolo determinante
nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani calciatori né
costituire un mezzo idoneo per finanziare tali attività, soprattutto nel caso
delle società calcistiche di piccole dimensioni.
110 Peraltro,
come ha rilevato l'avvocato generale nei paragrafi 226 e seguenti delle sue
conclusioni, gli stessi scopi possono essere conseguiti in modo almeno
altrettanto efficace con altri mezzi che non intralcino la libera circolazione
dei lavoratori.
111 Inoltre è
stato sostenuto che le norme sui trasferimenti sono necessarie a salvaguardare
l'organizzazione mondiale del gioco del calcio.
113 Infine,
l'argomento secondo cui le dette norme sono necessarie per compensare le spese
che le società hanno dovuto sostenere per pagare indennità al momento
dell'ingaggio dei loro calciatori non può essere accolto, giacché tende a
giustificare la conservazione di ostacoli alla libera circolazione dei
lavoratori con il semplice fatto che tali ostacoli possono essere esistiti in
passato.
114 Di
conseguenza, la prima questione dev'essere risolta
nel senso che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme emanate da
associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino
di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società,
può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha
versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di
formazione o di promozione.
Sull'interpretazione
dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sulla cittadinanza
115 Con la
seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 48 del
Trattato osti all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive
secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le
società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori
professionisti cittadini di altri Stati membri.
Sull'esistenza
di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori
116 Come
118 La citata
disposizione è stata attuata, in particolare, dall'art. 4 del regolamento del
Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei
lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag.
2), ai sensi del quale le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri che limitano, per impresa, per ramo di
attività, per regioni o su scala nazionale, il numero o la percentuale degli
stranieri occupati non sono applicabili ai cittadini degli altri Stati membri.
119 Lo stesso
principio osta a che le norme dei regolamenti delle associazioni sportive
limitino il diritto dei cittadini di altri Stati membri di partecipare, come
professionisti, ad incontri di calcio (v. sentenza Donà,
citata, punto 19).
Sull'esistenza
di giustificazioni
121 Essendo
stata accertata l'esistenza di un ostacolo, occorre verificare se esso possa
essere giustificato con riguardo all'art. 48 del Trattato.
123 Infatti, esse servirebbero, in primo luogo, a preservare il
legame tradizionale fra ogni società calcistica e il proprio paese, che è molto
importante per consentire al pubblico di identificarsi con la squadra preferita
e per far sì che le società che partecipano a gare internazionali rappresentino
effettivamente il proprio paese.
126 Infine,
l'UEFA sottolinea che la regola del «3+2» è stata elaborata di concerto con
127 Va sottolineato
al riguardo che nella citata sentenza Donà, punti 14
e 15,
128 Nella
fattispecie le norme sulla cittadinanza non riguardano incontri specifici fra
rappresentative nazionali, ma si applicano a tutti gli incontri ufficiali tra
società calcistiche e, quindi, alla parte essenziale dell'attività esercitata
dai calciatori professionisti.
129 Alla luce
di quanto precede le norme sulla cittadinanza non possono essere considerate
conformi all'art. 48 del Trattato. Questa norma sarebbe altrimenti privata del
suo effetto utile e il diritto fondamentale di accedere liberamente a
un'occupazione, che essa conferisce individualmente ad ogni lavoratore della
Comunità (v., sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens,
Racc. pag. 4097, punto 14), sarebbe vanificato.
130 Nessuno
degli argomenti fatti valere dalle associazioni sportive e dai governi che
hanno presentato osservazioni può inficiare tale conclusione.
132 Inoltre,
la partecipazione alle gare internazionali è riservata alle società che hanno
ottenuto determinati risultati sportivi nel loro rispettivo paese, senza che la
cittadinanza dei loro calciatori rivesta un ruolo particolare.
134 Inoltre,
se è vero che la libera circolazione dei lavoratori, rendendo accessibile il
mercato del lavoro di uno Stato membro ai cittadini degli altri Stati membri,
ha l'effetto di ridurre le possibilità dei lavoratori nazionali di trovare
un'occupazione nel territorio dello Stato cui appartengono, è anche vero che
essa offre loro in cambio nuove prospettive di occupazione negli altri Stati
membri. Manifestamente, tali considerazioni valgono anche per i calciatori
professionisti.
136 Infine,
per quanto riguarda l'argomento relativo al fatto che
137 Da quanto
precede risulta che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme
emanate da associazioni sportive, secondo le quali, nelle partite delle
competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare
solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati
membri.
Sull'interpretazione
degli artt. 85 e 86 del Trattato
138 Poiché i
due tipi di norme menzionate nelle questioni pregiudiziali sono in contrasto
con l'art. 48, non occorre pronunciarsi sull'interpretazione degli artt. 85 e
86 del Trattato.
Sugli effetti
di questa sentenza nel tempo
139 Nelle loro
osservazioni scritte e orali l'UEFA e l'URBSFA hanno attirato l'attenzione
della Corte sulle gravi conseguenze che dalla sua sentenza potrebbero risultare
per l'organizzazione del gioco del calcio nel suo complesso, qualora essa
giudicasse incompatibili con il Trattato le norme sui trasferimenti e le norme
sulla cittadinanza.
140 Dal canto
suo, il signor Bosman, pur osservando che una
soluzione in tal senso non è ineluttabile, ha rilevato che
141 Secondo
una giurisprudenza costante, l'interpretazione che
142 Solo in
via eccezionale
143 Nel caso
di specie i peculiari aspetti delle norme emanate dalle associazioni sportive
per quanto riguarda i trasferimenti di calciatori fra società di Stati membri
diversi, come pure il fatto che le stesse norme, o norme analoghe, si
applicavano sia ai trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione
nazionale sia ai trasferimenti fra società facenti parte di federazioni
nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro, possono aver creato
uno stato d'incertezza quanto alla compatibilità delle dette norme con il
diritto comunitario.
144 Pertanto,
considerazioni imperative di certezza del diritto ostano a che situazioni
giuridiche che hanno esaurito i loro effetti nel passato siano rimesse in
discussione. Occorre prevedere, tuttavia, un'eccezione a favore delle persone
che abbiano preso tempestivamente iniziative per salvaguardare i loro diritti.
Infine, si deve precisare che la limitazione degli effetti della detta
interpretazione può essere ammessa solo per le indennità di trasferimento, di
formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già
pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di
tale data.
145 Di
conseguenza, si deve statuire nel senso che l'effetto diretto dell'art. 48 del
Trattato non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a
indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di
questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di
un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima
della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi
equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.
146 Per quanto
riguarda invece le norme sulla cittadinanza, la limitazione temporale degli
effetti di questa sentenza non può essere ammessa. Infatti, alla luce delle
citate sentenze Walrave e Donà,
nessuno poteva ragionevolmente ritenere che le discriminazioni derivanti da
tali norme fossero compatibili con l'art. 48 del Trattato.
Decisione relativa alle
spese
Sulle spese
147 Le spese
sostenute dai governi danese, tedesco, francese e
italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato
osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle
parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi
motivi,
pronunciandosi
sulle questioni sottopostele dalla Cour d'appel di Liegi con
sentenza 1 ottobre 1993, dichiara:
1) L'art. 48
del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni
sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato
membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere
ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato
alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di
promozione.
2) L'art. 48
del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni
sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse
organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato
di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.
3) L'effetto
diretto dell'art. 48 del Trattato CEE non può essere fatto valere a sostegno di
rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di formazione o di
promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano
ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta
eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni
giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale
vigente in materia.
(Seguono le firme)