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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 27 febbraio 2007

 

C-355/04 P, Segi e a.    Consiglio dell’Unione europea

 

 

Nel procedimento C‑355/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 17 agosto 2004,

 

Segi,

con sede in Bayonne (Francia) e in Donostia (Spagna),

 

Araitz Zubimendi Izaga,

residente in Hernani (Spagna),

 

Aritza Galarraga,

residente in Saint-Pée-sur-Nivelle (Francia),

rappresentati dal sig. D. Rouget, avocat,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea,

rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal sig. M. Bauer, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

Regno di Spagna, rappresentato dall’Abogacía del Estado,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

intervenienti in primo grado,

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e R. Schintgen, presidenti di sezione, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dal sig. L. Bay Larsen, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. J.-C. Bonichot (relatore) e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 ottobre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con l’impugnazione in esame, la Segi, la sig.ra Zubimendi Izaga ed il sig. Galarraga chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 7 giugno 2004, causa T-338/02, Segi e a./Consiglio (Racc. pag. II-1647; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale il Tribunale ha respinto il loro ricorso diretto al risarcimento del danno che affermano di avere subìto a causa dell’inclusione della Segi nell’elenco di persone, gruppi ed entità ai quali si applica l’art. 1 della posizione comune del Consiglio 27 dicembre 2001, 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93), dell’art. 1 della posizione comune del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/340/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931 (GU L 116, pag. 75), nonché dell’art. 1 della posizione comune del Consiglio 17 giugno 2002, 2002/462/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931 ed abroga la posizione comune 2002/340 (GU L 160, pag. 32).

 Fatti

2        I fatti della controversia sono stati esposti ai punti 1‑11 dell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«1      Dal fascicolo risulta che la Segi è un’organizzazione il cui scopo consiste nella tutela delle rivendicazioni della gioventù basca, dell’identità, della cultura e della lingua basche. Secondo i ricorrenti, la detta organizzazione è stata fondata il 16 giugno 2001 ed ha sede a Bayonne (Francia) e a Donostia (Spagna). Essa avrebbe nominato portavoce la sig.ra Araitz Zubimendi Izaga e il sig. Aritza Galarraga. A tale proposito non è stato prodotto nessun documento ufficiale.

2      Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001), con cui, in particolare, ha stabilito che tutti gli Stati si sarebbero prestati la massima assistenza reciproca in relazione alle indagini o ai procedimenti giudiziari in materia di finanziamento o di supporto agli atti terroristici, ivi compresa l’assistenza nella raccolta delle prove in loro possesso necessarie allo svolgimento del procedimento giudiziario.

3      Il 27 dicembre 2001, affermando che era necessaria un’azione della Comunità [e degli Stati membri] volta ad attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373 (2001), il Consiglio [dell’Unione europea] ha adottato la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93). Tale posizione comune è stata adottata sulla base dell’art. 15 UE, che rientra nel titolo V del Trattato UE, intitolato “Disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune” (PESC), e dell’art. 34 UE, che rientra nel titolo VI del Trattato UE, intitolato “Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (…)”.

4      Gli artt. 1 e 4 della posizione comune 2001/931 dispongono quanto segue:

“Articolo 1

1.      La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

(…)

6.       I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato”.

“Articolo 4

Gli Stati membri si prestano, nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del Trattato [UE], la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui all’allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell’Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni internazionali vincolanti per gli Stati membri”.

5.      L’allegato della posizione comune 2001/931, al suo punto 2, dedicato ai “gruppi o entità”, così dispone:

“* – Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria basca e libertà (E.T.A.)

(Le seguenti organizzazioni fanno parte del gruppo terroristico E.T.A.: K.a.s., Xaki, Ekin, Jarrai-Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)”.

6      La nota a piè di pagina di tale allegato indica che “[l]e persone contraddistinte da * sono soggette al solo articolo 4”.

7      Il 27 dicembre 2001 il Consiglio ha inoltre adottato la posizione comune 2001/930/PESC, relativa alla lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 90), il regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 70), e la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 (GU L 344, pag. 83). Nessuno dei detti testi normativi menziona i ricorrenti.

8      La dichiarazione del Consiglio [del 18 dicembre 2001] allegata al verbale in occasione dell’adozione della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: la “dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento”) dispone quanto segue:

“Il Consiglio ricorda, in merito all’art. 1, n. 6, della posizione comune [2001/931], che qualsiasi errore relativo alle persone, ai gruppi o alle entità in questione conferisce alla parte lesa il diritto a chiedere il risarcimento del danno”.

9      Con ordinanze 5 febbraio e 11 marzo 2002, il giudice istruttore n. 5 dell’Audiencia Nacional di Madrid (Spagna) [tribunale spagnolo competente per l’intero territorio in determinati campi penali, amministrativi e della legislazione sociale] ha, rispettivamente, dichiarato illecite le attività della Segi e ordinato l’arresto di alcuni presunti dirigenti della Segi, per il fatto che la detta organizzazione faceva parte integrante dell’organizzazione indipendentista basca ETA.

10      Con decisione 23 maggio 2002, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto dai ricorrenti contro i quindici Stati membri, relativo alla posizione comune 2001/931, poiché la situazione denunciata non conferiva loro lo status di vittime di una violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [, firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la “CEDU”] [Recueil des arrêts et décisions 2002-V].

11      Il 2 maggio e il 17 giugno 2002 il Consiglio ha adottato, ai sensi degli artt. 15 UE e 34 UE, le posizioni comuni 2002/340/PESC e 2002/462/PESC, che aggiornano la posizione comune 2001/931 (GU L 116, pag. 75, e GU L 160, pag. 32). Gli allegati di queste due posizioni comuni contengono il nome della Segi, iscritta in termini analoghi a quelli della posizione comune 2001/931».

3        A complemento di questa esposizione dei fatti, occorre precisare che, a norma dell’art. 1, n. 4, primo comma, della posizione comune 2001/931:

«L’elenco [allegato delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici] è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti [di tali] persone, gruppi ed entità (…), si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti (…)».

4        La Segi ha chiesto al Consiglio l’accesso ai documenti sui quali esso si è fondato per includerla nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931. Con lettera 13 marzo 2002, il segretario generale del Consiglio ha comunicato alla Segi una serie di documenti relativi alla detta posizione comune. Ritenendo che tali documenti non la riguardassero specificamente e personalmente, tale associazione ha rivolto una nuova domanda al Consiglio, che l’istituzione, con lettera del 21 maggio 2002, ha respinto, rilevando che le informazioni necessarie alla predisposizione del detto elenco, dopo il loro esame e le conseguenti determinazioni, erano state restituite alle delegazioni nazionali interessate.

 Il ricorso dinanzi al Tribunale e l’ordinanza impugnata

5        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2002, i ricorrenti hanno chiesto:

        che il Consiglio fosse condannato a versare, da una parte, alla Segi, la somma di EUR 1 000 000 e, dall’altra, alla sig.ra Zubimendi Izaga, nonché al sig. Galarraga, la somma di EUR 100 000 ciascuno, a titolo di risarcimento del presunto danno subìto in seguito all’iscrizione della Segi nella lista delle persone dei gruppi e delle entità di cui all’art. 1, rispettivamente, delle posizioni comuni 2001/931, 2002/340 e 2002/462;

        che tali somme producessero interessi di mora al tasso annuo del 4,5% a decorrere dalla data della decisione del Tribunale fino al pagamento effettivo, e

        che il Consiglio fosse condannato alle spese.

6        Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2003, il Consiglio ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato manifestamente irricevibile e che «la ricorrente» fosse condannata alle spese.

7        Con ordinanza 5 giugno 2003, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi del Regno di Spagna e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Solo il Regno di Spagna ha depositato osservazioni sull’eccezione d’irricevibilità.

8        Nelle loro osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, i ricorrenti hanno chiesto che il Tribunale volesse:

        dichiarare ricevibile il ricorso per risarcimento;

        in subordine, dichiarare la violazione, da parte del Consiglio, dei principi generali del diritto comunitario e,

        in ogni caso, condannare il Consiglio alle spese.

9        Con l’ordinanza impugnata, adottata in applicazione dell’art. 111 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha respinto il ricorso senza passare alla fase orale del procedimento.

10      In primo luogo, esso ha ritenuto di essere manifestamente incompetente, nel sistema giuridico dell’Unione europea, a conoscere dell’azione di responsabilità dei ricorrenti.

11      Il Tribunale ha tratto tale conclusione argomentando che i ricorrenti erano soggetti al solo art. 4 della posizione comune 2001/931, ai sensi del quale gli Stati membri si prestano la massima assistenza possibile nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista al titolo VI del Trattato UE e che, pertanto, l’art. 34 UE costituisce l’unico fondamento normativo pertinente degli atti asseritamente all’origine del danno lamentato. Esso ha dichiarato che gli unici rimedi giurisdizionali previsti all’art. 35 UE, nn. 1, 6 e 7, UE, cui rinvia l’art. 46 UE, corrispondono al rinvio pregiudiziale, al ricorso di annullamento e alla risoluzione delle controversie tra Stati membri. Di conseguenza, ha concluso che nell’ambito del titolo VI del Trattato UE non era previsto nessun ricorso per risarcimento danni.

12      In secondo luogo, il Tribunale si è dichiarato nondimeno competente a conoscere del ricorso, ma solo laddove esso verteva sulla violazione delle competenze della Comunità.

13      Il Tribunale, infatti, ha ricordato che il giudice comunitario è competente a valutare se un atto adottato nel contesto del Trattato UE incida sulle competenze della Comunità. Pertanto, ai punti 41-47 dell’ordinanza impugnata, egli ha verificato se il Consiglio, adottando gli atti controversi, avesse illegittimamente invaso le competenze della Comunità.

14      A tale proposito il Tribunale ha però giudicato che i ricorrenti avevano omesso di citare un qualsiasi fondamento normativo nel Trattato CE eventualmente violato. Esso ha dichiarato che il Consiglio si era legittimamente fondato sul titolo VI del Trattato UE per adottare gli atti in questione e che il ricorso, di conseguenza, nella parte in cui era diretto a far constatare una violazione delle competenze della Comunità, doveva essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Le conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

15      I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

        annullare l’ordinanza impugnata;

        pronunciarsi essa stessa sul ricorso, accogliendo le conclusioni presentate dai ricorrenti dinanzi al Tribunale, e

        condannare il Consiglio alle spese.

16      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

        dichiarare l’impugnazione manifestamente irricevibile;

        in subordine, respingerla in quanto infondata;

        se necessario, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

        condannare i ricorrenti alle spese.

17      Il Regno di Spagna presenta conclusioni identiche a quelle del Consiglio.

 Sull’impugnazione

 Sulla ricevibilità dell’impugnazione

 Argomenti delle parti

18      Il Consiglio ed il Regno di Spagna affermano che gli argomenti fatti valere dai ricorrenti, in sostanza, sono identici a quelli già esposti in primo grado e non evidenziano in modo specifico l’errore di diritto che vizierebbe l’ordinanza impugnata. Pertanto, l’impugnazione dovrebbe essere dichiarata manifestamente irricevibile.

 Giudizio della Corte

       Sulla parte dell’impugnazione rivolta contro l’ordinanza impugnata in quanto respinge il motivo vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe invaso le competenze attribuite alla Comunità 

19      I ricorrenti hanno sostenuto dinanzi al Tribunale che il Consiglio, adottando la posizione comune 2001/931, confermata dalle posizioni comuni 2002/340 e 2002/462, avrebbe intenzionalmente invaso le competenze attribuite alla Comunità per privare le persone interessate da tale posizione comune del diritto ad un ricorso effettivo.

20      Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale si è riconosciuto competente a pronunciarsi sul ricorso presentato dai ricorrenti solamente nei limiti in cui quest’ultimo è fondato sulla violazione delle competenze della Comunità, basandosi, tra l’altro, sulla sentenza 12 maggio 1998, causa C-170/96, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I‑2763, punto 17). Ai punti 45 e 46 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’art. 34 UE era il fondamento normativo pertinente per l’adozione dell’art. 4 della posizione comune 2001/931 e che i ricorrenti avevano omesso di citare un qualsiasi fondamento normativo nel Trattato CE eventualmente violato.

21      Nell’impugnazione dinanzi alla Corte, i ricorrenti si limitano a ribadire che il Consiglio ha adottato le citate posizioni comuni sul fondamento normativo dell’art. 34 UE al solo fine di privarli del diritto alla tutela giurisdizionale. Tuttavia, i ricorrenti non espongono alcun argomento a sostegno di tale tesi.

22      Orbene, risulta dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura di quest’ultima che il ricorso avverso una pronuncia del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 34 e 8 gennaio 2002, causa C‑248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I-1, punto 68, nonché ordinanza 11 novembre 2003, causa C-488/01 P, Martinez/Parlamento, Racc. pag. I‑13355, punto 40).

23      Nel caso di specie è inevitabile constatare che, come sostengono il Consiglio ed il Regno di Spagna, l’atto di impugnazione non indica la ragione per cui il motivo di diritto su cui si è fondato il Tribunale ai punti 45 e 46 dell’ordinanza impugnata sarebbe errato. Pertanto, sotto tale profilo, l’impugnazione dev’essere dichiarata irricevibile.

       Sulla parte dell’impugnazione rivolta contro l’ordinanza impugnata in quanto considera il Tribunale incompetente a pronunciarsi sul ricorso per risarcimento

24      Come esposto sopra, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del suo regolamento di procedura, risulta che il ricorso avverso una pronuncia del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda.

25      Nella causa in esame, contrariamente a quanto sostengono il Consiglio ed il Regno di Spagna, il ricorso d’impugnazione, nella parte in cui verte sul rifiuto del Tribunale di dichiararsi competente sul ricorso per risarcimento, non si limita a riprodurre i motivi e gli argomenti sollevati dinanzi al Tribunale, ma indica gli elementi contestati dell’ordinanza impugnata, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda.

26      Ne consegue che l’impugnazione è ricevibile nella parte in cui è diretta contro la parte dell’ordinanza impugnata in cui il Tribunale si è dichiarato incompetente a pronunciarsi sul ricorso per risarcimento.

 Sulla ricevibilità di taluni motivi sollevati a sostegno dell’impugnazione

 Argomenti delle parti

27      Per quanto riguarda la ricevibilità di taluni motivi, il Consiglio e il Regno di Spagna sostengono che quello vertente sull’esame delle due successive versioni della nota a piè di pagina dell’allegato alla posizione comune 2001/931, che contraddistingue con un «*» le categorie «soggette al solo articolo 4», è stato sollevato per la prima volta nella replica ed è quindi irricevibile. Ad avviso dei ricorrenti, da tale esame emerge che, prima della sua modifica mediante la posizione comune del Consiglio 27 giugno 2003, 2003/482/PESC (GU L 160, pag. 100), tale nota a piè di pagina riguardava unicamente le «persone», ossia le persone fisiche, ad esclusione dei «gruppi ed entità», e che, di conseguenza, il 13 novembre 2002, data di presentazione del suo ricorso dinanzi al Tribunale, la Segi non apparteneva alla categoria delle «persone soggette al solo articolo 4», bensì a quella dei gruppi ed entità soggetti alle azioni della Comunità menzionate agli artt. 2 e 3 della posizione comune 2001/931.

28      Il Consiglio osserva inoltre che due motivi sollevati dai ricorrenti non sono stati presentati al Tribunale e sono pertanto irricevibili nella fase del giudizio di impugnazione. Si tratterebbe, in primo luogo, del motivo vertente sulla circostanza che gli Stati membri erano tenuti a rispettare i loro impegni derivanti da convenzioni concluse precedentemente, in conformità all’art. 30 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, relativa all’applicazione di trattati successivi aventi per oggetto la stessa materia, e all’art. 307 del Trattato CE. Tali impegni garantirebbero l’effettivo rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il secondo motivo irricevibile sarebbe quello vertente sulla circostanza che, nella giurisprudenza della Corte, esisterebbe il principio di interpretazione della «competenza allargata», in virtù del quale la Corte avrebbe già riconosciuto la sua competenza oltre i termini del Trattato.

 Giudizio della Corte

29      Ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

30      Consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado (v. sentenza 1° giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I‑1981, punti 58 e 59).

31      Nella causa in esame, occorre constatare che i motivi vertenti sulla modifica del testo della nota a piè di pagina dell’allegato della posizione comune 2001/931 sul rispetto, da parte degli Stati membri, dei loro obblighi derivanti da convenzioni concluse in precedenza e sul principio interpretativo generale relativo ad una «competenza allargata» della Corte non sono stati sollevati dai ricorrenti dinanzi al Tribunale.

32      Tali motivi sono quindi irricevibili.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

33      I ricorrenti sostengono che a torto il Tribunale si è dichiarato incompetente ad esaminare il loro ricorso per risarcimento.

34      Essi sostengono che l’Unione è una comunità di diritto la quale, in forza dell’art. 6, n. 2, UE, garantisce il diritto ad un ricorso effettivo, previsto all’art. 13 della CEDU, nonché il diritto ad un tribunale, sancito dall’art. 6 della stessa Convenzione.

35      Secondo i ricorrenti, inoltre, il Consiglio, con la sua dichiarazione relativa al diritto di risarcimento, ha riconosciuto che qualsiasi errore nella redazione dell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931 costituisce un illecito da parte sua e che tale illecito conferisce il diritto al risarcimento. Con la detta dichiarazione, il Consiglio avrebbe affermato che questo diritto dev’essere riconosciuto alle persone, ai gruppi ed alle entità che, come i ricorrenti, sono considerati all’art. 4 della posizione comune 2001/931, alle stesse condizioni che alle persone, ai gruppi, ed alle entità inclusi nell’elenco allegato al regolamento n. 2580/2001 o interessati dall’art. 3 della detta posizione comune, che possono rivolgersi al Tribunale se considerati in atti adottati ai sensi del Trattato CE. A tale proposito, i ricorrenti fanno riferimento all’ordinanza del presidente del Tribunale 15 maggio 2003, causa T-47/03 R, Sison/Consiglio (Racc. pag. II-2047).

36      Dato che l’atto all’origine del danno lamentato è stato compiuto dal Consiglio e adottato congiuntamente da tutti gli Stati membri, non sarebbe possibile presentare un’azione per risarcimento dinanzi ai giudici nazionali, i quali sarebbero incompetenti a statuire su tale azione poiché la responsabilità degli Stati membri è indivisibile.

37      Si afferma inoltre che l’ottavo ‘considerando’ della decisione del Consiglio 19 dicembre 2002, 2003/48/GAI, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune 2001/931 (GU 2003, L 16, pag. 68), stabilisce che «[l]a presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea. Nessuna disposizione della presente decisione può essere interpretata in modo tale da pregiudicare la tutela giuridica accordata in virtù della legislazione nazionale alle persone, ai gruppi e alle entità elencati nell’allegato della posizione comune 2001/931/PESC».

38      La dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento – chiarita dall’ottavo ‘considerando’ della decisione 2003/48 – nonché l’art. 6, n. 2, UE costituirebbero, congiuntamente, un solido fondamento normativo che consente di affermare la competenza dei giudici comunitari. Pertanto, l’ordinanza impugnata del Tribunale sarebbe viziata da un errore di diritto nella parte in cui tale giudice dichiara di essere incompetente a statuire in merito alle richieste di risarcimento dei ricorrenti.

39      I ricorrenti sostengono inoltre che il Consiglio, per contrastare il terrorismo, avrebbe adottato numerosi testi sulla base di differenti fondamenti normativi, al fine di privare talune categorie di persone, gruppi ed entità del diritto ad un ricorso effettivo.

40      Il Consiglio asserisce che l’impugnazione non è fondata. A suo avviso, il Tribunale ha correttamente giudicato che nell’ambito del titolo VI del Trattato UE non è previsto alcun ricorso per risarcimento. Dato che l’atto in questione non sarebbe un atto adottato nel contesto della Comunità europea, bensì in forza delle disposizioni che disciplinano l’Unione, non risulterebbe possibile proporre un’azione per responsabilità sul fondamento normativo dell’art. 288 CE. A sostegno della sua tesi, il Consiglio fa valere la sentenza 26 novembre 1975, causa 99/74, Grands moulins des Antilles/Commissione (Racc. pag. 1531, punto 17).

41      A suo dire, l’ottavo ‘considerando’ della decisione 2003/48 riguarda unicamente la tutela giuridica riconosciuta «conformemente alla legislazione nazionale» e non al diritto comunitario. Né tale testo né la dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento sarebbero idonei a consentire al giudice comunitario di pronunciarsi in ordine al ricorso per risarcimento dei ricorrenti, che non è previsto dal Trattato UE.

42      Il Regno di Spagna precisa che le attività della Segi sono state dichiarate illegali con ordinanza 5 febbraio 2002 del giudice centrale istruttore n. 5 dell’Audiencia Nacional de Madrid, in quanto la Segi faceva parte integrante dell’organizzazione terroristica ETA-KAS-EKIN. La sig.ra Zubimendi Izaga sarebbe stata perseguita penalmente in qualità di responsabile della Segi. Il sig. Galarraga sarebbe anch’egli stato perseguito penalmente in qualità di responsabile della Segi e sarebbe destinatario di un mandato di cattura internazionale spiccato il 13 marzo 2002 dallo stesso giudice istruttore centrale.

43      Nel merito, il Regno di Spagna condivide la tesi del Consiglio. Il ricorso d’impugnazione non conterrebbe alcun elemento atto a rimettere in discussione la legittimità dell’ordinanza impugnata.

 Giudizio della Corte

       Sul motivo vertente sulla violazione delle disposizioni del titolo VI del Trattato UE

44      L’art. 46 UE stabilisce che le disposizioni dei Trattati CE e CEEA relative alla competenza della Corte si applicano al titolo VI del Trattato UE solo «alle condizioni previste dall’articolo 35 [UE]».

45      Quest’ultima disposizione recita che la Corte è competente in tre ipotesi. In primo luogo, ai sensi del n. 1 dell’art. 35 UE, è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o sull’interpretazione delle decisioni-quadro e delle decisioni, sull’interpretazione di convenzioni stabilite ai sensi del titolo VI UE nonché sulla validità e sull’interpretazione delle misure di applicazione delle stesse. In secondo luogo, il n. 6 prevede anche la competenza della Corte a riesaminare la legittimità delle decisioni-quadro e delle decisioni nei ricorsi proposti da uno Stato membro o dalla Commissione delle Comunità europee per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del Trattato UE o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, ovvero per sviamento di potere. Infine, il n. 7 stabilisce che la Corte è competente a statuire su ogni controversia tra Stati membri concernente l’interpretazione o l’applicazione di atti adottati a norma dell’art. 34, n. 2, UE ogniqualvolta la detta controversia non possa essere risolta dal Consiglio entro sei mesi dalla data nella quale esso è stato adito da uno dei suoi membri.

46      L’art. 35 UE non attribuisce però alla Corte alcuna competenza a conoscere dei ricorsi per risarcimento.

47      Inoltre, l’art. 41, n. 1, UE non include tra gli articoli del Trattato che istituisce la Comunità europea applicabili nei settori di cui al titolo VI del Trattato sull’Unione europea l’art. 288, secondo comma, CE, in forza del quale la Comunità deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, né l’art. 235 CE, ai sensi del quale la Corte è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’art. 288, secondo comma, CE (v., per analogia, sentenza 15 marzo 2005, causa C‑160/03, Spagna/Eurojust, Racc. pag. I‑2077, punto 38).

48      Da quanto precede risulta che il Tribunale, giudicando che nel contesto del titolo VI del Trattato UE non è previsto alcun ricorso per responsabilità, non ha adottato un’ordinanza viziata da un errore di diritto. Pertanto, questo motivo dev’essere respinto.

       Sul motivo vertente sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

49      I ricorrenti hanno inoltre invocato dinanzi al Tribunale il rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’art. 6, n. 2, UE. Essi lamentano, in sostanza, di non disporre di alcun mezzo per contestare l’inclusione della Segi nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931 e che l’ordinanza impugnata arreca pregiudizio al loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

50      È vero che, per quanto riguarda l’Unione, i Trattati hanno istituito un sistema di rimedi giurisdizionali nel quale le competenze della Corte, in forza dell’art. 35 UE, sono meno estese nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea di quanto non lo siano a norma del Trattato CE (v., in questo senso, sentenza 16 giugno 2005, causa C-105/03, Pupino, Racc. pag. I‑5285, punto 35). Esse lo sono ancora meno nel contesto del titolo V. Se un sistema di rimedi giurisdizionali, in particolare un sistema di responsabilità extracontrattuale, diverso da quello istituito dai Trattati, è sicuramente concepibile, spetta, all’occorrenza, agli Stati membri, in conformità all’art. 48 UE, riformare il sistema attualmente vigente.

51      I ricorrenti, tuttavia, non possono fondatamente affermare di essere privi di qualsiasi tutela giurisdizionale. Come risulta dall’art. 6 UE, l’Unione è fondata sul principio dello Stato di diritto e rispetta i diritti fondamentali quali principi generali del diritto comunitario. Ne consegue che le istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti ai Trattati e ai principi generali di diritto, al pari degli Stati membri quando danno attuazione al diritto dell’Unione.

52      A tale proposito è necessario sottolineare che l’art. 34 UE dispone che il Consiglio può adottare atti di varia portata e natura. Ai sensi dell’art. 34, n. 2, lett. a), UE, il Consiglio può «adottare posizioni comuni che definiscono l’orientamento dell’Unione in merito a una questione specifica». Una posizione comune obbliga gli Stati membri a conformarvisi, in forza del principio di leale cooperazione, che implica in particolare che gli Stati membri adottino tutte le misure generali o particolari in grado di garantire l’esecuzione dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea (v. citata sentenza Pupino, punto 42). L’art. 37 UE prevede così che gli Stati membri esprimano le posizioni comuni «nelle organizzazioni internazionali e in occasione delle conferenze internazionali cui partecipano». Tuttavia, una posizione comune non dovrebbe, di per sé, produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Per questo motivo, nel sistema istituito dal titolo VI del Trattato UE, solo le decisioni‑quadro e le decisioni possono formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte di giustizia. Neppure la competenza della Corte, come definita al n. 1 dell’art. 35 UE, di pronunciarsi in via pregiudiziale si estende alle posizioni comuni, ma si limita alla verifica della validità e all’interpretazione delle decisioni-quadro e delle decisioni, all’interpretazione delle convenzioni stabilite ai sensi del titolo VI, nonché alla validità e all’interpretazione delle misure di applicazione delle stesse.

53      Non prevedendo la possibilità, per i giudici nazionali, di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale vertente su una posizione comune, ma solo una questione relativa agli atti elencati dall’art. 35, n. 1, UE, quest’ultimo identifica quali atti idonei ad essere oggetto di un siffatto rinvio pregiudiziale tutte le disposizioni adottate dal Consiglio e destinate a produrre un effetto giuridico nei confronti dei terzi. Posto che il procedimento che consente alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale è diretto a garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del Trattato, sarebbe in contrasto con tale obiettivo interpretare restrittivamente l’art. 35, n. 1, UE. La possibilità di adire la Corte in via pregiudiziale deve pertanto essere concessa riguardo a tutte le disposizioni adottate dal Consiglio che siano dirette a produrre effetti nei confronti dei terzi, a prescindere dalla loro natura o dalla loro forma (v., per analogia, sentenze 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, detta «AETR», punti 38‑42 e 20 marzo 1997, causa C‑57/95, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑1627, punti 7 e ss.).

54      Pertanto, una posizione comune che, in forza del suo contenuto, abbia una portata che supera quella attribuita dal Trattato UE a questo genere di atti deve poter essere sottoposta al sindacato della Corte. Di conseguenza, un giudice nazionale cui è stata sottoposta una controversia che, in via incidentale, sollevi la questione della validità o dell’interpretazione di una posizione comune adottata sul fondamento normativo dell’art. 34 UE, come accade nel caso di specie per una parte della posizione comune 2001/931 e, in ogni caso, per il suo art. 4 ed il suo allegato, e che nutre un fondato dubbio che tale posizione comune produca in realtà effetti giuridici nei confronti di terzi potrebbe chiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale, alle condizioni stabilite all’art. 35 UE. In tale circostanza spetterebbe alla Corte dichiarare, se del caso, che la posizione comune è diretta a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi, restituirle la sua vera qualificazione e pronunciarsi in via pregiudiziale.

55      La Corte sarebbe altresì competente a riesaminare la legittimità di tali atti quando un ricorso è proposto dalla Commissione o da uno Stato membro alle condizioni stabilite dall’art. 35, n. 6, UE.

56      Infine, occorre ricordare che spetta agli Stati membri, in particolare ai loro organi giurisdizionali, interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio del diritto di azione in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’elaborazione o all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione europea e di chiedere il risarcimento del danno eventualmente subìto.

57      Ne consegue che i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che la posizione comune impugnata, in violazione del requisito della tutela giurisdizionale effettiva, li priva della possibilità di ricorso, né che l’ordinanza impugnata pregiudica il loro diritto a tale tutela. Pertanto, questo motivo dev’essere respinto.

       Sul motivo vertente sulla mancata considerazione della dichiarazione fatta dal Consiglio nella decisione 18 dicembre 2001, n. 15453

58      I ricorrenti hanno fatto valere dinanzi al Tribunale la dichiarazione rilasciata dal Consiglio nella decisione 18 dicembre 2001, n. 15453, ai sensi della quale «il Consiglio ricorda, in merito all’art. 1, n. 6, della posizione comune relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e dell’art. 2, n. 3, del regolamento relativo a misure restrittive specifiche contro determinate persone e entità ai fini della lotta al terrorismo, che qualsiasi errore relativo alle persone, ai gruppi o alle entità in questione conferisce alla parte lesa il diritto a chiedere il risarcimento del danno».

59      Secondo i ricorrenti, tale dichiarazione dovrebbe essere interpretata alla luce dell’ottavo ‘considerando’ della decisione del Consiglio 19 dicembre 2002, 2003/48/GAI, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo, il quale recita che «[l]a presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea. Nessuna disposizione della presente decisione può essere interpretata in modo tale da pregiudicare la tutela giuridica accordata in virtù della legislazione nazionale alle persone, ai gruppi e alle entità elencati nell’allegato della posizione comune 2001/931/PESC».

60      Tuttavia, in virtù di una costante giurisprudenza della Corte, una dichiarazione di questo genere non è sufficiente a creare un rimedio giuridico non previsto dai testi applicabili e non le si può quindi riconoscere alcuna portata giuridica, né può essere presa in considerazione per interpretare il diritto derivante dal Trattato UE quando, come nella specie, il contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi (v., in questo senso, sentenze 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen, Racc. pag. I-745, punto 18; 29 maggio 1997, causa C-329/95, VAG Sverige, Racc. pag. I-2675, punto 23, e 24 giugno 2004, causa C-49/02, Heidelberger Bauchimie, Racc. pag. I‑6129, punto 17).

61      Pertanto, il Tribunale non ha commesso un errore il diritto statuendo, nell’ordinanza impugnata, che la dichiarazione del Consiglio nella decisione 18 dicembre 2001, n. 15453, non è sufficiente ad attribuire alla Corte la competenza a conoscere di un ricorso per risarcimento nell’ambito del titolo VI del Trattato UE.

62      Dall’insieme degli elementi che precedono risulta che il Tribunale non ha adottato un’ordinanza viziata da un errore di diritto dichiarandosi manifestamente incompetente a conoscere del ricorso per risarcimento relativo al danno eventualmente cagionato ai ricorrenti dall’inclusione della Segi nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931, come aggiornato dalle posizioni comuni 2002/340 e 2002/462.

63      Poiché nessuno dei motivi è fondato, occorre respingere l’impugnazione.

 Sulle spese

64      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. I ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere pertanto condannati alle spese, conformemente alla domanda del Consiglio.

65      A norma dell’art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in forza del detto art. 118, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, in conformità a tale disposizione, il Regno di Spagna sopporta le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Segi, la sig.ra Zubimendi Izaga ed il sig. Galarraga sono condannati alle spese.

3)      Il Regno di Spagna sopporta le proprie spese.

 

                          (Seguono le firme)