Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 27 febbraio 2007
C-355/04 P, Segi e a. – Consiglio dell’Unione europea
Nel procedimento C‑355/04 P,
avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado
ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 17
agosto 2004,
Segi,
con
sede in Bayonne (Francia) e in Donostia (Spagna),
Araitz Zubimendi
Izaga,
residente in Hernani (Spagna),
Aritza Galarraga,
residente in Saint-Pée-sur-Nivelle (Francia),
rappresentati dal sig. D. Rouget, avocat,
ricorrenti,
procedimento in cui le altre parti sono:
Consiglio dell’Unione
europea,
rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal
sig. M. Bauer, in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
Regno di Spagna, rappresentato dall’Abogacía
del Estado,
Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord,
intervenienti in primo grado,
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans,
A. Rosas, K. Lenaerts e R. Schintgen, presidenti di sezione, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha
Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dal sig. L. Bay Larsen,
dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. J.-C.
Bonichot (relatore) e T. von Danwitz,
giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. R. Grass
vista
la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26
ottobre 2006,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con l’impugnazione in esame,
Fatti
2 I fatti della controversia sono stati esposti ai
punti 1‑11 dell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:
«1 Dal
fascicolo risulta che
2 Il
28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la
risoluzione 1373 (2001), con cui, in particolare, ha stabilito che tutti gli
Stati si sarebbero prestati la massima assistenza reciproca in relazione alle
indagini o ai procedimenti giudiziari in materia di finanziamento o di supporto
agli atti terroristici, ivi compresa l’assistenza nella raccolta delle prove in
loro possesso necessarie allo svolgimento del procedimento giudiziario.
3 Il
27 dicembre 2001, affermando che era necessaria un’azione della Comunità [e
degli Stati membri] volta ad attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite 1373 (2001), il Consiglio [dell’Unione europea] ha adottato
la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure
specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93). Tale
posizione comune è stata adottata sulla base dell’art. 15 UE, che
rientra nel titolo V del Trattato UE, intitolato “Disposizioni sulla politica
estera e di sicurezza comune” (PESC), e dell’art. 34 UE, che rientra nel titolo
VI del Trattato UE, intitolato “Disposizioni sulla
cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (…)”.
4 Gli
artt. 1 e 4 della posizione comune 2001/931 dispongono quanto segue:
“Articolo 1
1. La
presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei
seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato,
coinvolti in atti terroristici.
(…)
6.
I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono
riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il
loro mantenimento nell’elenco sia giustificato”.
“Articolo 4
Gli Stati membri si prestano, nell’ambito della
cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del Trattato [UE], la massima assistenza possibile ai
fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali
condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui
all’allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono
in virtù di atti dell’Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni
internazionali vincolanti per gli Stati membri”.
5. L’allegato
della posizione comune 2001/931, al suo punto 2, dedicato ai “gruppi o entità”,
così dispone:
“* – Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria basca e libertà (E.T.A.)
(Le seguenti organizzazioni fanno parte del gruppo
terroristico E.T.A.: K.a.s.,
Xaki, Ekin, Jarrai-Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)”.
6 La
nota a piè di pagina di tale allegato indica che “[l]e persone contraddistinte
da * sono soggette al solo articolo
7 Il
27 dicembre 2001 il Consiglio ha inoltre adottato la posizione comune
2001/930/PESC, relativa alla lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 90), il
regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro
determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344,
pag. 70), e la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo
2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 (GU L 344, pag. 83). Nessuno dei
detti testi normativi menziona i ricorrenti.
8 La
dichiarazione del Consiglio [del 18 dicembre 2001] allegata al verbale in
occasione dell’adozione della posizione comune 2001/931 e del regolamento n.
2580/2001 (in prosieguo: la “dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al
risarcimento”) dispone quanto segue:
“Il Consiglio ricorda, in merito all’art. 1, n. 6,
della posizione comune [2001/931], che qualsiasi errore relativo alle persone,
ai gruppi o alle entità in questione conferisce alla parte lesa il diritto a
chiedere il risarcimento del danno”.
9 Con
ordinanze 5 febbraio e 11 marzo 2002, il giudice istruttore n. 5 dell’Audiencia Nacional di Madrid
(Spagna) [tribunale spagnolo competente per l’intero territorio in determinati
campi penali, amministrativi e della legislazione sociale] ha, rispettivamente,
dichiarato illecite le attività della Segi e ordinato
l’arresto di alcuni presunti dirigenti della Segi,
per il fatto che la detta organizzazione faceva parte integrante
dell’organizzazione indipendentista basca ETA.
10 Con
decisione 23 maggio 2002,
11 Il
2 maggio e il 17 giugno 2002 il Consiglio ha adottato, ai sensi degli
artt. 15 UE e 34 UE, le posizioni comuni 2002/340/PESC e
2002/462/PESC, che aggiornano la posizione comune 2001/931 (GU L 116, pag. 75,
e GU L 160, pag. 32). Gli allegati di queste due posizioni comuni
contengono il nome della Segi, iscritta in termini
analoghi a quelli della posizione comune 2001/931».
3 A complemento di questa esposizione dei fatti, occorre
precisare che, a norma dell’art. 1, n. 4, primo comma, della posizione comune
2001/931:
«L’elenco [allegato delle persone, dei gruppi e
delle entità coinvolti in atti terroristici] è redatto sulla base di
informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità
competente ha preso una decisione nei confronti [di tali] persone, gruppi ed
entità (…), si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto
terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la
sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una
condanna per tali fatti (…)».
4
Il ricorso dinanzi
al Tribunale e l’ordinanza impugnata
5 Con atto introduttivo depositato presso la
cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2002, i ricorrenti hanno chiesto:
– che
il Consiglio fosse condannato a versare, da una parte, alla Segi,
la somma di EUR 1 000 000 e, dall’altra, alla sig.ra Zubimendi Izaga, nonché al sig. Galarraga, la somma di EUR 100 000 ciascuno, a
titolo di risarcimento del presunto danno subìto in seguito all’iscrizione
della Segi nella lista delle persone dei gruppi e
delle entità di cui all’art. 1, rispettivamente, delle posizioni comuni
2001/931, 2002/340 e 2002/462;
– che
tali somme producessero interessi di mora al tasso annuo del 4,5% a decorrere
dalla data della decisione del Tribunale fino al pagamento effettivo, e
– che
il Consiglio fosse condannato alle spese.
6 Con atto separato, depositato nella cancelleria del
Tribunale il 12 febbraio 2003, il Consiglio ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di
procedura del Tribunale, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato
manifestamente irricevibile e che «la ricorrente» fosse condannata alle spese.
7 Con ordinanza 5 giugno 2003, il presidente della
Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi del Regno di Spagna e
del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a sostegno delle
conclusioni del Consiglio. Solo il Regno di Spagna ha depositato osservazioni
sull’eccezione d’irricevibilità.
8 Nelle loro osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, i ricorrenti hanno chiesto che il Tribunale
volesse:
– dichiarare
ricevibile il ricorso per risarcimento;
– in
subordine, dichiarare la violazione, da parte del Consiglio, dei principi
generali del diritto comunitario e,
– in
ogni caso, condannare il Consiglio alle spese.
9 Con l’ordinanza impugnata, adottata in applicazione
dell’art. 111 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha respinto il
ricorso senza passare alla fase orale del procedimento.
10 In primo luogo, esso ha ritenuto di essere
manifestamente incompetente, nel sistema giuridico dell’Unione europea, a
conoscere dell’azione di responsabilità dei ricorrenti.
11 Il Tribunale ha tratto tale conclusione argomentando
che i ricorrenti erano soggetti al solo art. 4 della posizione comune 2001/931,
ai sensi del quale gli Stati membri si prestano la massima assistenza possibile
nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale
prevista al titolo VI del Trattato UE e che,
pertanto, l’art. 34 UE costituisce l’unico fondamento normativo pertinente
degli atti asseritamente all’origine del danno
lamentato. Esso ha dichiarato che gli unici rimedi giurisdizionali previsti
all’art. 35 UE, nn. 1, 6 e 7, UE, cui rinvia
l’art. 46 UE, corrispondono al rinvio pregiudiziale, al ricorso di
annullamento e alla risoluzione delle controversie tra Stati membri. Di
conseguenza, ha concluso che nell’ambito del titolo VI
del Trattato UE non era previsto nessun ricorso per risarcimento danni.
12 In secondo luogo, il Tribunale si è dichiarato
nondimeno competente a conoscere del ricorso, ma solo laddove esso verteva
sulla violazione delle competenze della Comunità.
13 Il Tribunale, infatti, ha ricordato che il giudice
comunitario è competente a valutare se un atto adottato nel contesto del
Trattato UE incida sulle competenze della Comunità. Pertanto, ai punti 41-47
dell’ordinanza impugnata, egli ha verificato se il Consiglio, adottando gli
atti controversi, avesse illegittimamente invaso le competenze della Comunità.
14 A tale proposito il Tribunale ha però giudicato che
i ricorrenti avevano omesso di citare un qualsiasi fondamento normativo nel
Trattato CE eventualmente violato. Esso ha dichiarato che il Consiglio si era
legittimamente fondato sul titolo VI del Trattato UE
per adottare gli atti in questione e che il ricorso, di conseguenza, nella
parte in cui era diretto a far constatare una violazione delle competenze della
Comunità, doveva essere respinto in quanto manifestamente infondato.
Le conclusioni delle
parti dinanzi alla Corte
15 I ricorrenti chiedono che
– annullare
l’ordinanza impugnata;
– pronunciarsi
essa stessa sul ricorso, accogliendo le conclusioni presentate dai ricorrenti
dinanzi al Tribunale, e
– condannare
il Consiglio alle spese.
16 Il Consiglio chiede che
– dichiarare
l’impugnazione manifestamente irricevibile;
– in
subordine, respingerla in quanto infondata;
– se
necessario, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e
– condannare
i ricorrenti alle spese.
17 Il Regno di Spagna presenta conclusioni identiche a
quelle del Consiglio.
Sull’impugnazione
Sulla ricevibilità dell’impugnazione
Argomenti delle parti
18 Il Consiglio ed il Regno di Spagna affermano che gli
argomenti fatti valere dai ricorrenti, in sostanza, sono identici a quelli già
esposti in primo grado e non evidenziano in modo specifico l’errore di diritto
che vizierebbe l’ordinanza impugnata. Pertanto, l’impugnazione dovrebbe essere
dichiarata manifestamente irricevibile.
Giudizio della Corte
– Sulla
parte dell’impugnazione rivolta contro l’ordinanza impugnata in quanto respinge
il motivo vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe invaso le competenze
attribuite alla Comunità
19 I ricorrenti hanno sostenuto dinanzi al Tribunale
che il Consiglio, adottando la posizione comune 2001/931, confermata dalle
posizioni comuni 2002/340 e 2002/462, avrebbe intenzionalmente invaso le
competenze attribuite alla Comunità per privare le persone interessate da tale
posizione comune del diritto ad un ricorso effettivo.
20 Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale si è
riconosciuto competente a pronunciarsi sul ricorso presentato dai ricorrenti
solamente nei limiti in cui quest’ultimo è fondato sulla violazione delle
competenze della Comunità, basandosi, tra l’altro, sulla sentenza 12 maggio
1998, causa C-170/96, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I‑2763,
punto 17). Ai punti 45 e 46 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha
dichiarato che l’art. 34 UE era il fondamento normativo pertinente per
l’adozione dell’art. 4 della posizione comune 2001/931 e che i ricorrenti
avevano omesso di citare un qualsiasi fondamento normativo nel Trattato CE
eventualmente violato.
21 Nell’impugnazione dinanzi alla Corte, i ricorrenti
si limitano a ribadire che il Consiglio ha adottato le citate posizioni comuni
sul fondamento normativo dell’art. 34 UE al solo fine di privarli del diritto
alla tutela giurisdizionale. Tuttavia, i ricorrenti non espongono alcun
argomento a sostegno di tale tesi.
22 Orbene, risulta dagli artt. 225 CE, 58, primo comma,
dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento
di procedura di quest’ultima che il ricorso avverso una pronuncia del Tribunale
deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o
dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto
dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, sentenze 4
luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 34 e 8 gennaio
2002, causa C‑248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I-1,
punto 68, nonché ordinanza 11 novembre 2003, causa C-488/01 P, Martinez/Parlamento, Racc. pag. I‑13355, punto
40).
23 Nel caso di specie è inevitabile constatare che,
come sostengono il Consiglio ed il Regno di Spagna, l’atto di impugnazione non
indica la ragione per cui il motivo di diritto su cui si è fondato il Tribunale
ai punti 45 e 46 dell’ordinanza impugnata sarebbe errato. Pertanto, sotto tale
profilo, l’impugnazione dev’essere dichiarata
irricevibile.
– Sulla
parte dell’impugnazione rivolta contro l’ordinanza impugnata in quanto
considera il Tribunale incompetente a pronunciarsi sul ricorso per risarcimento
24 Come esposto sopra, dagli artt. 225 CE, 58, primo
comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del suo
regolamento di procedura, risulta che il ricorso avverso una pronuncia del
Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza
o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di
diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda.
25 Nella causa in esame, contrariamente a quanto
sostengono il Consiglio ed il Regno di Spagna, il ricorso d’impugnazione, nella
parte in cui verte sul rifiuto del Tribunale di dichiararsi competente sul
ricorso per risarcimento, non si limita a riprodurre i motivi e gli argomenti
sollevati dinanzi al Tribunale, ma indica gli elementi contestati
dell’ordinanza impugnata, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico
sostegno di tale domanda.
26 Ne consegue che l’impugnazione è ricevibile nella
parte in cui è diretta contro la parte dell’ordinanza impugnata in cui il
Tribunale si è dichiarato incompetente a pronunciarsi sul ricorso per
risarcimento.
Sulla ricevibilità di taluni motivi sollevati
a sostegno dell’impugnazione
Argomenti delle parti
27 Per quanto riguarda la ricevibilità di taluni
motivi, il Consiglio e il Regno di Spagna sostengono che quello vertente
sull’esame delle due successive versioni della nota a piè di pagina
dell’allegato alla posizione comune 2001/931, che contraddistingue con un «*»
le categorie «soggette al solo articolo 4», è stato sollevato per la prima
volta nella replica ed è quindi irricevibile. Ad avviso dei ricorrenti, da tale
esame emerge che, prima della sua modifica mediante la posizione comune del
Consiglio 27 giugno 2003, 2003/482/PESC (GU L 160,
pag. 100), tale nota a piè di pagina riguardava unicamente le «persone», ossia
le persone fisiche, ad esclusione dei «gruppi ed entità», e che, di
conseguenza, il 13 novembre 2002, data di presentazione del suo ricorso
dinanzi al Tribunale,
28 Il Consiglio osserva inoltre che due motivi
sollevati dai ricorrenti non sono stati presentati al Tribunale e sono pertanto
irricevibili nella fase del giudizio di impugnazione. Si tratterebbe, in primo
luogo, del motivo vertente sulla circostanza che gli Stati membri erano tenuti
a rispettare i loro impegni derivanti da convenzioni concluse precedentemente,
in conformità all’art. 30 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati
del 23 maggio 1969, relativa all’applicazione di trattati successivi aventi per
oggetto la stessa materia, e all’art. 307 del Trattato CE. Tali impegni
garantirebbero l’effettivo rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali. Il secondo motivo irricevibile sarebbe quello vertente sulla
circostanza che, nella giurisprudenza della Corte, esisterebbe il principio di
interpretazione della «competenza allargata», in virtù del quale
Giudizio della Corte
29 Ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di
procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di
causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi
durante il procedimento.
30 Consentire ad una parte di sollevare per la prima
volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al
Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui
competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado
è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il
Tribunale. Nell’ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è
limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a
fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado (v. sentenza 1°
giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli
Lualdi e a., Racc. pag. I‑1981, punti 58 e 59).
31 Nella causa in esame, occorre constatare che i
motivi vertenti sulla modifica del testo della nota a piè di pagina
dell’allegato della posizione comune 2001/931 sul rispetto, da parte degli
Stati membri, dei loro obblighi derivanti da convenzioni concluse in precedenza
e sul principio interpretativo generale relativo ad una «competenza allargata»
della Corte non sono stati sollevati dai ricorrenti dinanzi al Tribunale.
32 Tali motivi sono quindi irricevibili.
Nel merito
Argomenti delle parti
33 I ricorrenti sostengono che a torto il Tribunale si
è dichiarato incompetente ad esaminare il loro ricorso per risarcimento.
34 Essi sostengono che l’Unione è una comunità di
diritto la quale, in forza dell’art. 6, n. 2, UE, garantisce il diritto ad
un ricorso effettivo, previsto all’art. 13 della CEDU, nonché il diritto
ad un tribunale, sancito dall’art. 6 della stessa Convenzione.
35 Secondo i ricorrenti, inoltre, il Consiglio, con la
sua dichiarazione relativa al diritto di risarcimento, ha riconosciuto che
qualsiasi errore nella redazione dell’elenco allegato alla posizione comune
2001/931 costituisce un illecito da parte sua e che tale illecito conferisce il
diritto al risarcimento. Con la detta dichiarazione, il Consiglio avrebbe
affermato che questo diritto dev’essere riconosciuto
alle persone, ai gruppi ed alle entità che, come i ricorrenti, sono considerati
all’art. 4 della posizione comune 2001/931, alle stesse condizioni che alle
persone, ai gruppi, ed alle entità inclusi nell’elenco allegato al regolamento
n. 2580/2001 o interessati dall’art. 3 della detta posizione comune, che
possono rivolgersi al Tribunale se considerati in atti adottati ai sensi del
Trattato CE. A tale proposito, i ricorrenti fanno riferimento all’ordinanza del
presidente del Tribunale 15 maggio 2003, causa T-47/03 R, Sison/Consiglio
(Racc. pag. II-2047).
36 Dato che l’atto all’origine del danno lamentato è stato
compiuto dal Consiglio e adottato congiuntamente da tutti gli Stati membri, non
sarebbe possibile presentare un’azione per risarcimento dinanzi ai giudici
nazionali, i quali sarebbero incompetenti a statuire su tale azione poiché la
responsabilità degli Stati membri è indivisibile.
37 Si afferma inoltre che l’ottavo ‘considerando’ della
decisione del Consiglio 19 dicembre 2002, 2003/48/GAI, relativa
all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria
per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune
2001/931 (GU
38 La dichiarazione del Consiglio relativa al diritto
al risarcimento – chiarita dall’ottavo ‘considerando’ della decisione 2003/48 –
nonché l’art. 6, n. 2, UE costituirebbero, congiuntamente, un solido fondamento
normativo che consente di affermare la competenza dei giudici comunitari.
Pertanto, l’ordinanza impugnata del Tribunale sarebbe viziata da un errore di
diritto nella parte in cui tale giudice dichiara di essere incompetente a
statuire in merito alle richieste di risarcimento dei ricorrenti.
39 I ricorrenti sostengono inoltre che il Consiglio,
per contrastare il terrorismo, avrebbe adottato numerosi testi sulla base di
differenti fondamenti normativi, al fine di privare talune categorie di
persone, gruppi ed entità del diritto ad un ricorso effettivo.
40 Il Consiglio asserisce che l’impugnazione non è
fondata. A suo avviso, il Tribunale ha correttamente giudicato che nell’ambito
del titolo VI del Trattato UE non è previsto alcun
ricorso per risarcimento. Dato che l’atto in questione non sarebbe un atto
adottato nel contesto della Comunità europea, bensì in forza delle disposizioni
che disciplinano l’Unione, non risulterebbe possibile proporre un’azione per
responsabilità sul fondamento normativo dell’art. 288 CE. A sostegno della
sua tesi, il Consiglio fa valere la sentenza 26 novembre 1975, causa 99/74, Grands moulins des Antilles/Commissione (Racc.
pag. 1531, punto 17).
41 A suo dire, l’ottavo ‘considerando’ della decisione
2003/48 riguarda unicamente la tutela giuridica riconosciuta «conformemente
alla legislazione nazionale» e non al diritto comunitario. Né tale testo né la
dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento sarebbero
idonei a consentire al giudice comunitario di pronunciarsi in ordine al ricorso
per risarcimento dei ricorrenti, che non è previsto dal Trattato UE.
42 Il Regno di Spagna precisa che le attività della Segi sono state dichiarate illegali con ordinanza 5
febbraio 2002 del giudice centrale istruttore n. 5 dell’Audiencia Nacional de Madrid, in
quanto
43 Nel merito, il Regno di Spagna condivide la tesi del
Consiglio. Il ricorso d’impugnazione non conterrebbe alcun elemento atto a
rimettere in discussione la legittimità dell’ordinanza impugnata.
Giudizio della Corte
– Sul
motivo vertente sulla violazione delle disposizioni del titolo VI del Trattato UE
44 L’art. 46 UE stabilisce che le
disposizioni dei Trattati CE e CEEA relative alla competenza della Corte si
applicano al titolo VI del Trattato UE solo «alle
condizioni previste dall’articolo 35 [UE]».
45 Quest’ultima disposizione recita che
46 L’art. 35 UE non attribuisce però alla Corte alcuna
competenza a conoscere dei ricorsi per risarcimento.
47 Inoltre, l’art. 41, n. 1, UE non include
tra gli articoli del Trattato che istituisce
48 Da quanto precede risulta che il Tribunale,
giudicando che nel contesto del titolo VI del
Trattato UE non è previsto alcun ricorso per responsabilità, non ha adottato
un’ordinanza viziata da un errore di diritto. Pertanto, questo motivo dev’essere respinto.
– Sul
motivo vertente sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale
effettiva
49 I ricorrenti hanno inoltre invocato dinanzi al
Tribunale il rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, del diritto
alla tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’art. 6, n. 2, UE. Essi
lamentano, in sostanza, di non disporre di alcun mezzo per contestare
l’inclusione della Segi nell’elenco allegato alla
posizione comune 2001/931 e che l’ordinanza impugnata arreca pregiudizio al
loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.
50 È vero che, per quanto riguarda l’Unione, i Trattati
hanno istituito un sistema di rimedi giurisdizionali nel quale le competenze
della Corte, in forza dell’art. 35 UE, sono meno estese nell’ambito
del titolo VI del Trattato sull’Unione europea di
quanto non lo siano a norma del Trattato CE (v., in questo senso, sentenza 16
giugno 2005, causa C-105/03, Pupino, Racc.
pag. I‑5285, punto 35). Esse lo sono ancora meno nel contesto del
titolo V. Se un sistema di rimedi giurisdizionali, in particolare un
sistema di responsabilità extracontrattuale, diverso da quello istituito dai
Trattati, è sicuramente concepibile, spetta, all’occorrenza, agli Stati membri,
in conformità all’art. 48 UE, riformare il sistema attualmente vigente.
51 I ricorrenti, tuttavia, non possono fondatamente
affermare di essere privi di qualsiasi tutela giurisdizionale. Come risulta
dall’art. 6 UE, l’Unione è fondata sul principio dello Stato di diritto e
rispetta i diritti fondamentali quali principi generali del
diritto comunitario. Ne consegue che le istituzioni sono soggette al
controllo della conformità dei loro atti ai Trattati e ai principi generali di
diritto, al pari degli Stati membri quando danno attuazione al diritto
dell’Unione.
52 A tale proposito è necessario sottolineare che
l’art. 34 UE dispone che il Consiglio può adottare atti di varia portata e
natura. Ai sensi dell’art. 34, n. 2, lett. a), UE, il Consiglio può «adottare
posizioni comuni che definiscono l’orientamento dell’Unione in merito a una
questione specifica». Una posizione comune obbliga gli Stati membri a conformarvisi, in forza del principio di leale
cooperazione, che implica in particolare che gli Stati membri adottino tutte le
misure generali o particolari in grado di garantire l’esecuzione dei loro
obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea (v. citata sentenza Pupino, punto 42). L’art. 37 UE prevede così
che gli Stati membri esprimano le posizioni comuni «nelle organizzazioni
internazionali e in occasione delle conferenze internazionali cui partecipano».
Tuttavia, una posizione comune non dovrebbe, di per sé, produrre effetti
giuridici nei confronti di terzi. Per questo motivo, nel sistema istituito dal
titolo VI del Trattato UE, solo le decisioni‑quadro
e le decisioni possono formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi
alla Corte di giustizia. Neppure la competenza della Corte, come definita al
n. 1 dell’art. 35 UE, di pronunciarsi in via pregiudiziale si
estende alle posizioni comuni, ma si limita alla verifica della validità e
all’interpretazione delle decisioni-quadro e delle decisioni,
all’interpretazione delle convenzioni stabilite ai sensi del titolo VI, nonché alla validità e all’interpretazione delle misure
di applicazione delle stesse.
53 Non prevedendo la possibilità, per i giudici
nazionali, di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale vertente su una
posizione comune, ma solo una questione relativa agli atti elencati
dall’art. 35, n. 1, UE, quest’ultimo identifica quali atti idonei ad
essere oggetto di un siffatto rinvio pregiudiziale tutte le disposizioni
adottate dal Consiglio e destinate a produrre un effetto giuridico nei confronti
dei terzi. Posto che il procedimento che consente alla Corte di pronunciarsi in
via pregiudiziale è diretto a garantire il rispetto del diritto
nell’interpretazione e nell’applicazione del Trattato, sarebbe in contrasto con
tale obiettivo interpretare restrittivamente l’art. 35, n. 1, UE. La
possibilità di adire
54 Pertanto, una posizione comune che, in forza del suo
contenuto, abbia una portata che supera quella attribuita dal Trattato UE a
questo genere di atti deve poter essere sottoposta al sindacato della Corte. Di
conseguenza, un giudice nazionale cui è stata sottoposta una controversia che,
in via incidentale, sollevi la questione della validità o dell’interpretazione
di una posizione comune adottata sul fondamento normativo
dell’art. 34 UE, come accade nel caso di specie per una parte della
posizione comune 2001/931 e, in ogni caso, per il suo art. 4 ed il suo
allegato, e che nutre un fondato dubbio che tale posizione comune produca in
realtà effetti giuridici nei confronti di terzi potrebbe chiedere alla Corte di pronunciarsi in via
pregiudiziale, alle condizioni stabilite all’art. 35 UE. In tale
circostanza spetterebbe alla Corte dichiarare, se del caso, che la posizione
comune è diretta a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi,
restituirle la sua vera qualificazione e pronunciarsi in via pregiudiziale.
55
56 Infine, occorre ricordare che spetta agli Stati
membri, in particolare ai loro organi giurisdizionali, interpretare e applicare
le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio del diritto di
azione in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare
in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro
provvedimento nazionale relativo all’elaborazione o all’applicazione nei loro
confronti di un atto dell’Unione europea e di chiedere il risarcimento del
danno eventualmente subìto.
57 Ne consegue che i ricorrenti non possono
fondatamente sostenere che la posizione comune impugnata, in violazione del
requisito della tutela giurisdizionale effettiva, li priva della possibilità di
ricorso, né che l’ordinanza impugnata pregiudica il loro diritto a tale tutela.
Pertanto, questo motivo dev’essere respinto.
– Sul
motivo vertente sulla mancata considerazione della dichiarazione fatta dal
Consiglio nella decisione 18 dicembre 2001, n. 15453
58 I ricorrenti hanno fatto valere dinanzi al Tribunale
la dichiarazione rilasciata dal Consiglio nella decisione 18 dicembre 2001,
n. 15453, ai sensi della quale «il Consiglio ricorda, in merito all’art.
1, n. 6, della posizione comune relativa all’applicazione di misure specifiche
per la lotta al terrorismo e dell’art. 2, n. 3, del regolamento relativo a
misure restrittive specifiche contro determinate persone e entità ai fini della
lotta al terrorismo, che qualsiasi errore relativo alle persone, ai gruppi o
alle entità in questione conferisce alla parte lesa il diritto a chiedere il
risarcimento del danno».
59 Secondo i ricorrenti, tale dichiarazione dovrebbe
essere interpretata alla luce dell’ottavo ‘considerando’ della decisione del
Consiglio 19 dicembre 2002, 2003/48/GAI, relativa all’applicazione di misure
specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo,
il quale recita che «[l]a presente decisione rispetta i diritti fondamentali e
osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione
europea. Nessuna disposizione della presente decisione può essere interpretata
in modo tale da pregiudicare la tutela giuridica accordata in virtù della
legislazione nazionale alle persone, ai gruppi e alle entità elencati
nell’allegato della posizione comune 2001/931/PESC».
60 Tuttavia, in virtù di una costante giurisprudenza
della Corte, una dichiarazione di questo genere non è sufficiente a creare un
rimedio giuridico non previsto dai testi applicabili e non le si può quindi
riconoscere alcuna portata giuridica, né può essere presa in considerazione per
interpretare il diritto derivante dal Trattato UE quando, come nella specie, il
contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della
disposizione di cui trattasi (v., in questo senso, sentenze 26 febbraio 1991,
causa C-292/89, Antonissen, Racc. pag. I-745, punto
18; 29 maggio 1997, causa C-329/95, VAG Sverige,
Racc. pag. I-2675, punto 23, e 24 giugno 2004, causa C-49/02, Heidelberger Bauchimie, Racc.
pag. I‑6129, punto 17).
61 Pertanto, il Tribunale non ha commesso un errore il
diritto statuendo, nell’ordinanza impugnata, che la dichiarazione del Consiglio
nella decisione 18 dicembre 2001, n. 15453, non è sufficiente ad
attribuire alla Corte la competenza a conoscere di un ricorso per risarcimento
nell’ambito del titolo VI del Trattato UE.
62 Dall’insieme degli elementi che precedono risulta
che il Tribunale non ha adottato un’ordinanza viziata da un errore di diritto
dichiarandosi manifestamente incompetente a conoscere del ricorso per
risarcimento relativo al danno eventualmente cagionato ai ricorrenti
dall’inclusione della Segi nell’elenco allegato alla
posizione comune 2001/931, come aggiornato dalle posizioni comuni 2002/340 e
2002/462.
63 Poiché nessuno dei motivi è fondato, occorre
respingere l’impugnazione.
Sulle spese
64 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza
del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se
ne è stata fatta domanda. I ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere
pertanto condannati alle spese, conformemente alla domanda del Consiglio.
65 A norma dell’art. 69, n. 4, primo comma, del
regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione
in forza del detto art. 118, gli Stati membri intervenuti nella causa
sopportano le proprie spese. Pertanto, in conformità a tale disposizione, il
Regno di Spagna sopporta le proprie spese.
Per questi motivi,
1) Il
ricorso è respinto.
2)
3) Il
Regno di Spagna sopporta le proprie spese.
(Seguono
le firme)