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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima Sezione), 7 giugno 2007

 

C-335/05, Řízení Letového Provozu ČR, s. p.  Bundesamt für Finanzen

 

 

Nel procedimento C‑335/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Köln (Germania), con decisione 24 agosto 2005, pervenuta in cancelleria il 15 settembre 2005, nella causa tra

 

Řízení Letového Provozu ČR, s. p.

 

e

 

Bundesamt für Finanzen,

 

 

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), A. Tizzano, M. Ilešič ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

       per il governo cipriota, dalla sig.ra E. Simeonidou, in qualità di agente;

       per il governo polacco, dal sig. J. Pietras, in qualità di agente;

       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 febbraio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (GU L 326, pag. 40; in prosieguo: la «tredicesima direttiva»).

2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra la società di diritto ceco Řízení Letového Provozu ČR, s. p. (in prosieguo: la «ŘLP») e il Bundesamt für Finanzen (Ufficio federale delle Finanze), competente in Germania in materia di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), in merito al rimborso dell’IVA versata in Germania dalla ŘLP.

 Contesto normativo

 Gli accordi internazionali

3       Con la sua decisione 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché gli accordi riportati agli allegati 1, 2 e 3 di tale accordo, tra i quali figura l’accordo generale sugli scambi di servizi (in prosieguo: il «GATS»).

4       L’art. II, n. 1, del GATS dispone quanto segue:

«Per quanto concerne le misure contemplate dal presente accordo, ciascun membro è tenuto ad accordare ai servizi e ai prestatori di servizi di un qualsiasi altro membro, in via immediata e incondizionata, un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e prestatori di servizi di qualsiasi altro paese».

 La normativa comunitaria

5       Il secondo ‘considerando’ della tredicesima direttiva recita:

«considerando che occorre assicurare uno sviluppo armonioso delle relazioni commerciali della Comunità con i paesi terzi ispirandosi alle disposizioni della direttiva 79/1072/CEE, pur tenendo conto delle diverse situazioni riscontrate nei paesi terzi».

6       L’art. 2 della tredicesima direttiva così dispone:

«1.      Fatti salvi gli articoli 3 e 4, ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente nel territorio della Comunità, alle condizioni stabilite in appresso, l’[IVA] applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del paese da altri soggetti passivi, o applicata all’importazione di beni nel paese, nella misura in cui questi beni e servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 77/388/CEE o delle prestazioni di servizi di cui all’articolo 1, punto 1, lettera b), della presente direttiva.

2.      Gli Stati membri possono subordinare il rimborso di cui al paragrafo 1 alla concessione da parte degli Stati terzi di vantaggi analoghi nel settore delle imposte sulla cifra d’affari.

3.      Gli Stati membri possono esigere la designazione di un rappresentante fiscale».

 La normativa nazionale

7       L’art. 18, n. 9, sesta frase, della legge del 1999, relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz 1999, BGBl. 1999 I, pag. 1270; in prosieguo: l’«UStG»), prevede quanto segue:

«All’imprenditore la cui sede non si trova nel territorio comunitario viene rimborsata l’imposta pagata a monte solo se nel paese in cui l’imprenditore ha la sede non venga prelevata l’imposta sulla cifra d’affari o un’imposta analoga oppure se tale imposta viene rimborsata all’imprenditore che ha sede nel territorio [tedesco]».

 Controversia principale e questione pregiudiziale

8       La ŘLP, con sede nella Repubblica ceca, è un’impresa di prestazione di servizi attiva nel settore della sicurezza aerea. Sebbene le sue attività si limitino al territorio della Repubblica ceca, tra i suoi beneficiari non vi sono solo cittadini cechi, ma anche tedeschi. Inoltre, essa propone tirocini di pilotaggio che si svolgono nella Repubblica ceca. Nell’ambito di tali corsi, tuttavia, essa ha fatto ricorso a tirocini su simulatori di volo e ad altre formazioni impartite in Germania. Poiché tali prestazioni sono state assoggettate all’IVA in quest’ultimo Stato membro, la ŘLP ha chiesto il rimborso della detta imposta per il 2002.

9       Il Bundesamt für Finanzen ha respinto tale domanda, in quanto le condizioni di applicazione dell’art. 18, n. 9, sesta frase, dell’UStG − più in particolare il requisito della reciprocità − non erano soddisfatte nel caso di specie.

10     Poiché anche l’opposizione presentata contro tale decisione è stata respinta, la ŘLP ha proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht Köln.

11     Il giudice del rinvio rileva che, durante il periodo di riferimento, la Repubblica ceca riscuoteva un’imposta sulla cifra d’affari, ma non prevedeva né la detrazione dell’imposta versata a monte né il rimborso di tale imposta agli imprenditori stranieri. Pertanto, il detto giudice si interroga sul problema di sapere se la ricorrente nella causa principale non dovesse essere esentata dalla detta imposta, alla luce dell’art. II, n. 1, del GATS. A tal riguardo, esso osserva che il GATS è una convenzione di diritto internazionale che crea diritti e obblighi solo tra i suoi contraenti. In caso di violazione di un obbligo derivante dal GATS, sarebbe applicabile solo l’accordo sul regolamento delle controversie concluso nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio.

12     Tuttavia, conformemente all’art. 300, n. 7, CE, un accordo come il GATS vincolerebbe le istituzioni della Comunità, nonché gli Stati membri, e formerebbe parte integrante dell’ordinamento giuridico comunitario. Occorrerebbe quindi interpretare il diritto comunitario derivato alla luce di tale accordo e, in particolare, della clausola della nazione più favorita contenuta al suo art. II, n. 1.

13     Considerando che la soluzione della controversia nella causa principale dipendesse dalla compatibilità dell’UStG con l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva e nutrendo dubbi circa l’esatta interpretazione di tale disposizione alla luce del GATS, il Finanzgericht Köln ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva (…) debba essere interpretato, restrittivamente, nel senso che la facoltà ivi accordata agli Stati membri di subordinare il rimborso dell’IVA alla concessione da parte degli Stati terzi di vantaggi analoghi nel settore delle imposte sulla cifra d’affari non si riferisce a quegli Stati che, in quanto parti contraenti del [GATS] (BGBl.1994 II, pag. 1473), possono avvalersi della clausola della nazione più favorita prevista in tale accordo (art. II, n. 1, del GATS)».

 Sulla questione pregiudiziale

14     Con la sua questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva debba essere interpretato nel senso che l’espressione «Stati terzi» ivi menzionata comprenda gli Stati terzi che possono avvalersi della clausola della nazione più favorita prevista all’art. II, n. 1, del GATS.

15     Al riguardo, è giocoforza constatare che l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, si riferisce chiaramente, come tutte le altre disposizioni della stessa direttiva, a tutti gli Stati terzi, senza distinzione alcuna.

16     Quanto all’incidenza che un accordo internazionale di cui la Comunità è parte, come il GATS, può avere sull’interpretazione di una disposizione di diritto derivato, secondo giurisprudenza costante la prevalenza degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità sulle norme di diritto comunitario derivato impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi (sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3989, punto 52; 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli, Racc. pag. I‑3465, punto 33; 12 gennaio 2006, causa C‑311/04, Algemene Scheeps Agentuur Dordrecht, Racc. pag. I‑609, punto 25, nonché 8 marzo 2007, cause riunite C‑447/05 e C‑448/05, Thomson e Vestel France, Racc. pag. I‑2049, punto 30).

17     Tuttavia, nel caso in esame, è sufficiente constatare che l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva, nella parte in cui dispone che gli Stati membri possono subordinare il rimborso previsto al n. 1 dello stesso articolo alla concessione, da parte degli Stati terzi, di vantaggi analoghi, non impone agli Stati membri alcun obbligo, ma si limita a riconoscere loro una mera facoltà e non impedisce loro affatto di rispettare gli obblighi che hanno potuto assumere in forza di un accordo internazionale come il GATS.

18     Infatti, poiché lascia ciascuno Stato membro libero di valutare, rispetto a ciascuno Stato terzo, se convenga o meno imporre una condizione di reciprocità, l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva consente agli Stati membri di adeguare la loro normativa ad accordi conclusi con taluni Stati terzi, a mano a mano che detti accordi limitano tale margine di valutazione.

19     Di conseguenza, l’esigenza di interpretare il diritto comunitario derivato, per quanto possibile, conformemente agli accordi internazionali stipulati dalla Comunità non richiede che l’espressione «Stati terzi» menzionata all’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva sia interpretata come limitata agli Stati terzi che non possono avvalersi della clausola della nazione più favorita prevista dall’art. II, n. 1, del GATS.

20     Tuttavia, l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva non pregiudica neanche il potere e la responsabilità degli Stati membri di rispettare i loro obblighi derivanti da accordi internazionali come il GATS.

21     Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione proposta dichiarando che l’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva dev’essere interpretato nel senso che l’espressione «Stati terzi» ivi menzionata comprende l’insieme degli Stati terzi e che tale disposizione non pregiudica il potere e la responsabilità degli Stati membri di rispettare i loro obblighi derivanti da accordi internazionali come il GATS.

 Sulle spese

22     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, dev’essere interpretato nel senso che l’espressione «Stati terzi» ivi menzionata comprende l’insieme degli Stati terzi e che tale disposizione non pregiudica il potere e la responsabilità degli Stati membri di rispettare i loro obblighi derivanti da accordi internazionali come l’Accordo generale sugli scambi di servizi.

 

                   (Seguono le firme)