Corte di
Giustizia dell’Unione europea (Sesta Sezione), 18 ottobre 2012
C-302/11, C-303/11, C-304/11, C-305/11, Valenza
e altri c. Autorità Garante della Concorrenza e del mercato
nelle cause riunite da C‑302/11 a
C‑305/11,
aventi ad oggetto alcune domande di
pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo
267 TFUE, dal Consiglio di Stato, con decisioni del 29 aprile 2011,
pervenute in cancelleria il 17 giugno 2011, nei procedimenti
Rosanna
Valenza (C‑302/11
e C‑304/11),
Maria Laura Altavista (C‑303/11),
Laura
Marsella,
Simonetta
Schettini,
Sabrina
Tomassini (C‑305/11)
contro
Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato,
LA CORTE (Sesta
Sezione),
composta dal sig. U. Lõhmus, facente funzioni di presidente della Sesta Sezione,
e dai sigg. A. Arabadjiev e C.G. Fernlund (relatore),
giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere:
sig.ra A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento
e in seguito all’udienza del 7 giugno 2012,
considerate le osservazioni presentate:
– per le
sig.re Valenza e Altavista, da G. Pafundi,
avvocato;
– per le
sig.re Marsella, Schettini e Tomassini, da G. Arrigo e
G. Patrizi, avvocati;
– per il governo
italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
S. Varone, avvocato dello Stato;
– per la
Commissione europea, da M. van Beek e C. Cattabriga, in qualità
di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver
sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle clausole
4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo
1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro») e figurante quale allegato della
direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato
(GU L 175, pag. 43).
2 Tali
domande sono state presentate nell’ambito di controversie rispettivamente
instaurate dalle sig.re Valenza, Altavista,
Marsella, Schettini e Tomassini contro l’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (in prosieguo: l’«AGCM»), e aventi ad oggetto il rifiuto di
quest’ultima di prendere in considerazione, ai fini della determinazione
dell’anzianità delle predette al momento della loro assunzione a tempo
indeterminato, nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del
loro rapporto di lavoro come dipendenti di ruolo, i periodi di servizio da esse
precedentemente compiuti presso l’autorità medesima nell’ambito di contratti di
lavoro a tempo determinato.
Contesto
normativo
La normativa dell’Unione
3 Risulta
dal considerando 14 della direttiva 1999/70 – la quale si fonda sull’articolo
139, paragrafo 2, CE – che le parti contraenti dell’accordo quadro hanno
inteso, mediante la conclusione dello stesso, migliorare la qualità del lavoro
a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non
discriminazione, e creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti
dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo
determinato.
4 Ai
sensi dell’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare
l’accordo quadro (...), che figura nell’allegato, concluso (...) fra le
organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».
5 L’articolo
2, primo e terzo comma, di detta direttiva così dispone:
«Gli Stati membri mettono in atto le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001 o si
assicurano che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni
necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le
disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati
prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la
Commissione.
(...)
Quando gli Stati membri adottano le
disposizioni di cui al primo [comma], queste contengono un riferimento alla
presente direttiva o sono corredate da tale riferimento all’atto della loro
pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli
Stati membri».
6 Ai
sensi del suo articolo 3, la direttiva 1999/70 è entrata in vigore il 10 luglio
1999, data della sua pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee.
7 Ai
sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, l’obiettivo di quest’ultimo è:
«a) migliorare la qualità del
lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non
discriminazione;
b) creare un quadro normativo
per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
8 La
clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro è formulata come segue:
«Il presente accordo si applica ai
lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di
lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in
vigore di ciascuno Stato membro».
9 La
clausola 3 dell’accordo quadro così recita:
«1. Ai fini del presente
accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un
contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro
e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali
il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o
il verificarsi di un evento specifico.
2. Ai fini del presente
accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un
lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata
appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o
simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze.
In assenza di un lavoratore a
tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si
dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di
quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi
nazionali».
10 La
clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione»,
prescrive quanto segue:
«1. Per quanto riguarda le
condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere
trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato
comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a
tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
(...)
4. I criteri del periodo di
anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno
essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a
tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di
anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».
11 La
clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi»,
recita:
«1. Per prevenire gli abusi
derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a
tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a
norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le
parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per
la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di
settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la
giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei
suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa
consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del
caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo
determinato:
a) devono essere considerati
“successivi”;
b) devono essere ritenuti
contratti o rapporti a tempo indeterminato».
La normativa italiana
12 L’articolo
3 della Costituzione della Repubblica italiana sancisce il principio della
parità di trattamento.
13 Ai
sensi dell’articolo 97 della suddetta Costituzione:
«Agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla
legge».
14 L’articolo
1, comma 519, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, recante
disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2007) (Supplemento ordinario alla GURI n. 299, del 27
dicembre 2006; in prosieguo: la «legge n. 296/2006»), così dispone:
«Per l’anno 2007 una quota pari al 20
per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a
domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno
tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di
contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia
stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio
anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia
istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura
concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione
del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si
provvede previo espletamento di prove selettive (…)».
15 Dalle
informazioni fornite alla Corte dal governo italiano risulta che tale
stabilizzazione, essendo realizzata tramite un provvedimento amministrativo
adottato al termine di un procedimento previsto dalla legge, conferisce al suo
beneficiario lo status di impiegato pubblico, che lo distingue così dal
«lavoratore dipendente da una pubblica amministrazione» sulla base di un
contratto di diritto privato.
16 L’articolo
75, comma 2, del decreto‑legge del 25 giugno 2008, n. 112, recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria (Supplemento ordinario alla GURI n. 147, del 25 giugno 2008), è
così formulato:
«Presso le (...) Autorità
[indipendenti] il trattamento economico del personale già interessato dalle
procedure di cui all’articolo 1, comma 519 della legge [n. 296/2006] è
determinato al livello iniziale e senza riconoscimento dell’anzianità di
servizio maturata nei contratti a termine o di specializzazione, senza maggiori
spese e con l’attribuzione di un assegno “ad personam”, riassorbibile e non
rivalutabile pari all’eventuale differenza tra il trattamento economico
conseguito e quello spettante all’atto del passaggio in ruolo».
17 L’articolo 36
del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
(Supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio 2001), dispone
quanto segue:
«1. Per le esigenze connesse
con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono
esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato
seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.
2. Per rispondere ad esigenze
temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle
forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste
dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma
restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione
delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti
disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a
disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (...).
(...)
(...)
5. In ogni caso, la violazione
di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori,
da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di
rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore
interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di
lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno
l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei
dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
(...)
(...)».
Procedimenti
principali e questioni pregiudiziali
18 A
seguito di loro istanza di stabilizzazione presentata il 27 gennaio 2007 a
norma della legge n. 296/2006, le ricorrenti nei procedimenti principali,
che erano tutte alle dipendenze dell’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a
tempo determinato stipulati in successione, sono state assunte dalla suddetta
autorità con contratto di lavoro a tempo indeterminato con collocamento in
ruolo a partire dal 17 maggio 2007.
19 Con
deliberazione in data 17 luglio 2008, l’AGCM ha inquadrato le ricorrenti nei
procedimenti principali, con effetto retroattivo dal 17 maggio 2007, nel
livello iniziale della categoria retributiva che esse avevano conseguito al
momento dell’instaurazione del pregresso rapporto a tempo determinato, senza
riconoscere l’anzianità acquisita in forza dei suddetti contratti a termine, e
ha attribuito loro un assegno «ad personam» pari alla differenza tra il trattamento
economico di cui godevano alla data del 17 maggio 2007 e quello derivante dalla
loro stabilizzazione.
20 Il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma ha respinto i
ricorsi proposti dalle ricorrenti nei procedimenti principali avverso la
suddetta deliberazione, segnatamente a motivo del fatto che la procedura di
stabilizzazione consente una deroga alla regola del concorso pubblico, ma non
anche il riconoscimento dell’anzianità maturata durante l’attività a tempo
determinato.
21 Le
ricorrenti nei procedimenti principali hanno interposto appello contro tale
pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato. A questo proposito, esse deducono una
violazione della clausola 4 dell’accordo quadro, in ragione del fatto che il
regime di stabilizzazione istituito dalla legge n. 296/2006 azzera
l’anzianità pregressa maturata durante l’attività a tempo determinato, malgrado
che le mansioni svolte continuino ad essere le stesse e che vi sia stata
un’abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato.
22 Il
Consiglio di Stato osserva che la normativa nazionale in questione nei procedimenti
principali ha consentito l’assunzione diretta di lavoratori precari in deroga
alla regola del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego, ma con
inquadramento in ruolo nel livello iniziale della categoria retributiva, senza
conservazione dell’anzianità maturata durante il rapporto a termine.
23 Secondo
il giudice remittente, il legislatore nazionale non ha inteso, con tale
normativa, procedere alla regolarizzazione di assunzioni a tempo determinato a
carattere illegittimo e abusivo mediante la conversione di contratti di lavoro
a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in ragione di
un ricorso abusivo a tale tipo di contratti in violazione della clausola 5
dell’accordo quadro. Al contrario, il legislatore avrebbe ritenuto che
l’anzianità maturata nel periodo di lavoro a tempo determinato costituisse un
titolo legittimante la creazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
in deroga alla regola del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica
amministrazione. In tale contesto, l’azzeramento dell’anzianità sarebbe
giustificato dalla necessità di evitare una discriminazione alla rovescia in
danno dei lavoratori già di ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di
un concorso pubblico. Infatti, se i beneficiari della stabilizzazione potessero
mantenere la loro anzianità, scavalcherebbero i lavoratori già di ruolo con
minore anzianità.
24 Il
Consiglio di Stato ricorda, inoltre, che nel pubblico impiego vige la regola
del divieto di conversione di un contratto di lavoro a tempo determinato in un
contratto di lavoro a tempo indeterminato. Orbene, nell’ordinanza del 1º
ottobre 2010, Affatato (C‑3/10), la Corte avrebbe riconosciuto la
legittimità di tale divieto.
25 Infine,
il Consiglio di Stato sottolinea che, nella propria sentenza del 23 febbraio
2011, n. 1138, esso ha altresì escluso l’incompatibilità della normativa
controversa nei procedimenti principali con l’accordo quadro, a motivo del
fatto che quest’ultimo vieta un trattamento deteriore del lavoratore a termine
rispetto al lavoratore a tempo indeterminato soltanto in costanza del rapporto
di lavoro a termine. Per contro, detto accordo quadro non impedirebbe di
troncare il rapporto a termine alla scadenza stabilita e di costituire, in
prosieguo, un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato, senza tener conto
della pregressa anzianità, in quanto si tratterebbe appunto di un nuovo
rapporto. Pertanto, l’accordo quadro non sarebbe applicabile. Per giunta, il
divieto di discriminazione del lavoratore a termine non potrebbe spingersi fino
a imporre una discriminazione alla rovescia in danno del lavoratore a tempo
indeterminato. Pertanto, si dovrebbe riconoscere che l’applicazione di criteri
differenti ai lavoratori a tempo determinato e a quelli a tempo indeterminato è
giustificata da motivazioni oggettive ai sensi della clausola 4, punto 4,
dell’accordo quadro.
26 Tuttavia,
il Consiglio di Stato rileva che il Tribunale del lavoro di Torino, nella sua
sentenza del 9 novembre 2009, n. 4148, ha ritenuto che il rispetto della
clausola 4, punto 4, dell’accordo quadro esiga il mantenimento dell’anzianità
pregressa in caso di conversione di un rapporto di lavoro a tempo determinato
in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Malgrado che tale pronuncia
riguardasse circostanze differenti da quelle del caso di specie, ne
risulterebbe, ad avviso del Consiglio di Stato, un contrasto interpretativo in
ordine alla disposizione suddetta. Si delineerebbe dunque un dubbio quanto alla
compatibilità delle norme nazionali in questione nei procedimenti principali
con il diritto dell’Unione.
27 Sulla
scorta di tali premesse, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la previsione [della]
clausola 4, [punto] 4, [dell’accordo quadro], secondo cui “[i] criteri del
periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro
dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per
quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di
periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato
disposto con la clausola 5 [del suddetto accordo], come già interpretata dalla
Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel
pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in
contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale della
stabilizzazione dei precari (articolo 1, comma 519, della legge
n. 296/2006) che ha consentito l’assunzione diretta a tempo indeterminato
dei lavoratori già assunti a tempo determinato, in deroga alla regola del
concorso pubblico, ma con azzeramento dell’anzianità maturata durante il periodo
di lavoro a tempo determinato, o se invece la perdita dall’anzianità, prevista
dal legislatore nazionale, rientri nella deroga per “motivazioni oggettive” da
ravvisarsi nell’esigenza di evitare che l’immissione in ruolo dei precari
avvenga a detrimento dei lavoratori già di ruolo, il che si determinerebbe se
ai precari fosse conservata l’anzianità pregressa.
2) Se la citata previsione
[della] clausola 4, [punto] 4, [dell’accordo quadro], secondo cui “[i] criteri
del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di
lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia
per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di
periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato
disposto con la clausola 5 [del suddetto accordo], come già interpretata dalla
Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel
pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in
contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale che,
ferma restando la maturazione dell’anzianità in costanza di rapporto di lavoro
a termine, stabilisca di chiudere il contratto a termine e instaurare un nuovo
contratto a tempo indeterminato, diverso dal precedente e senza conservazione
della pregressa anzianità (articolo 1, comma 519, della legge
n. 296/2006)».
28 Con
ordinanza del presidente della Corte del 20 luglio 2011, le cause da C‑302/11
a C‑305/11 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del
procedimento, nonché della sentenza.
Sulle
questioni pregiudiziali
29 Con
le sue questioni, che occorre trattare congiuntamente, il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro, letta in combinato
disposto con la clausola 5 del medesimo, debba essere interpretata nel senso
che osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti
principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da
un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano
presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al
momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima
autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di
stabilizzazione del suo rapporto di lavoro.
Sull’applicabilità della
clausola 4 dell’accordo quadro
30 Il
governo italiano sostiene che la clausola 4 dell’accordo quadro non è
applicabile ai procedimenti principali. Infatti, tale disposizione si
limiterebbe a vietare qualsiasi differenza di trattamento tra i lavoratori a
tempo indeterminato e i lavoratori precari in costanza del rapporto di lavoro a
termine. Orbene, i procedimenti principali non solleverebbero problemi
attinenti alla comparazione tra queste due categorie di lavoratori, in quanto
il precedente contratto di lavoro a tempo determinato sarebbe concepito dalla
normativa nazionale controversa nei giudizi a quibus
come un titolo legittimante per l’ottenimento di un contratto di lavoro a tempo
indeterminato in deroga alla regola del concorso pubblico per l’accesso ai
ruoli della pubblica amministrazione. Tale contratto di lavoro a tempo
determinato costituirebbe dunque solo un presupposto per accedere alla speciale
procedura finalizzata ad un’autonoma assunzione nell’ambito di un rapporto a
tempo indeterminato del tutto sganciato dal precedente. La procedura di
stabilizzazione avrebbe dunque come effetto non già la trasformazione o la
conversione di contratti di lavoro a tempo determinato conclusi abusivamente in
violazione della clausola 5 dell’accordo quadro in rapporti di lavoro a tempo
indeterminato, bensì la creazione di un nuovo rapporto di lavoro comportante
l’obbligo di sostenere un periodo di prova. Parallelamente, tale
stabilizzazione porrebbe fine al rapporto di lavoro a tempo determinato, con
conseguente obbligo di definire tutte le situazioni pendenti e di procedere, in
particolare, alla liquidazione del trattamento di fine rapporto nonché alla
monetizzazione dei giorni di ferie non goduti.
31 Mediante
tale argomentazione, che ricalca per l’essenziale la valutazione compiuta dal
Consiglio di Stato nelle odierne ordinanze di rinvio nonché nella sua sentenza
del 23 febbraio 2011, n. 1138, il governo italiano fa dunque valere, in
sostanza, che la clausola 4 dell’accordo quadro è inapplicabile in situazioni
quali quelle oggetto dei procedimenti principali, in quanto la differenza di
trattamento lamentata dalle ricorrenti nei giudizi a quibus,
che dal 17 maggio 2007 sono legate all’AGCM da un contratto di lavoro a tempo
indeterminato, sussiste rispetto ad altri lavoratori a tempo indeterminato.
32 A
tale proposito occorre rammentare che, ai sensi della clausola 2, punto 1,
dell’accordo quadro, quest’ultimo si applica ai lavoratori a tempo determinato
aventi un contratto o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai
contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro
(sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C‑177/10, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 39).
33 La
Corte ha già statuito che la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro trovano
applicazione nei confronti di tutti i lavoratori che forniscono prestazioni
retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li lega
al loro datore di lavoro (sentenze del 13 settembre 2007,
Del Cerro Alonso, C‑307/05, Racc. pag. I‑7109,
punto 28, e Rosado Santana, cit., punto 40).
34 Il
semplice fatto che le ricorrenti nei procedimenti principali abbiano acquisito
la qualità di lavoratrici a tempo indeterminato non esclude la possibilità per
loro di avvalersi, in determinate circostanze, del principio di non
discriminazione enunciato nella clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza Rosado
Santana, cit., punto 41, nonché, in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2012,
Huet, C‑251/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37).
35 Infatti,
nei procedimenti principali, le ricorrenti mirano essenzialmente, nella loro
qualità di lavoratrici a tempo indeterminato, a mettere in discussione una
differenza di trattamento applicata nel valutare l’anzianità e l’esperienza
professionale pregresse ai fini di una procedura di assunzione al termine della
quale esse sono divenute dipendenti di ruolo. Mentre i periodi di servizio
compiuti in qualità di lavoratori a tempo indeterminato verrebbero presi in
considerazione ai fini della determinazione dell’anzianità e dunque per la
fissazione del livello della retribuzione, quelli effettuati in qualità di
lavoratori a tempo determinato non lo sarebbero, senza che, a loro avviso,
vengano esaminate la natura delle mansioni svolte e le caratteristiche inerenti
a queste ultime. Poiché la discriminazione contraria alla clausola 4
dell’accordo quadro, di cui le ricorrenti nei procedimenti principali si
asseriscono vittime, riguarda i periodi di servizio compiuti in qualità di
lavoratrici a tempo determinato, nessun rilievo presenta la circostanza che
esse nel frattempo siano divenute lavoratrici a tempo indeterminato (v., in tal
senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 42).
36 Inoltre,
occorre rilevare che la clausola 4 dell’accordo quadro prevede, al punto 4, che
i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari
condizioni di lavoro debbano essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo
determinato che per i lavoratori a tempo indeterminato, salvo quando criteri
differenti siano giustificati da ragioni oggettive. Non risulta né dal testo di
detta disposizione, né dal contesto in cui questa si colloca, che essa cessi di
essere applicabile una volta che il lavoratore interessato abbia acquisito lo
status di lavoratore a tempo indeterminato. Infatti, gli obiettivi perseguiti
dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro, diretti sia a vietare le
discriminazioni, sia a prevenire gli abusi risultanti dal ricorso a contratti o
a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, depongono in
senso contrario (sentenza Rosado Santana, cit., punto 43).
37 Escludere
a priori l’applicazione dell’accordo quadro in situazioni come quelle di cui ai
procedimenti principali significherebbe limitare – in spregio all’obiettivo
assegnato a detta clausola 4 – l’ambito della protezione concessa ai lavoratori
interessati contro le discriminazioni e porterebbe ad un’interpretazione
indebitamente restrittiva di tale clausola, contraria alla giurisprudenza della
Corte (sentenza Rosado Santana, cit., punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).
38 Alla
luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che, contrariamente
all’interpretazione sostenuta dal governo italiano, nulla osta
all’applicabilità della clausola 4 dell’accordo quadro alle controversie
oggetto dei procedimenti principali.
Sull’interpretazione della
clausola 4 dell’accordo quadro
39 Occorre
ricordare che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro vieta che, per quanto
riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano
trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato
comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a
tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da
ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola enuncia il medesimo divieto per
quanto riguarda i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a
particolari condizioni di lavoro (sentenza Rosado Santana, cit., punto 64).
40 Secondo
una costante giurisprudenza, il principio di non discriminazione impone che
situazioni comparabili non siano trattate in modo differente e che situazioni
differenti non siano trattate in modo identico, a meno che un tale trattamento
non sia oggettivamente giustificato (sentenza Rosado Santana, cit., punto
65 e la giurisprudenza ivi citata).
41 Occorre
dunque, anzitutto, esaminare la comparabilità delle situazioni in esame e poi,
in un secondo momento, verificare l’esistenza di un eventuale giustificazione
oggettiva.
Sulla comparabilità delle
situazioni in esame
42 Per
stabilire se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile ai
sensi dell’accordo quadro, occorre, in conformità alle clausole 3, punto 2, e
4, punto 1, di quest’ultimo, verificare se, tenuto conto di un insieme di
fattori, quali la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le
condizioni di impiego, sia possibile ritenere che tali persone si trovino in
situazioni comparabili (ordinanza del 18 marzo 2011, Montoya Medina, C‑273/10,
punto 37; sentenza Rosado Santana, cit., punto 66, e ordinanza del 9 febbraio
2012, Lorenzo Martínez, C‑556/11, punto 43).
43 Spetta,
in linea di principio, al giudice del rinvio verificare se le ricorrenti nei
procedimenti principali, allorché esercitavano le loro funzioni presso l’AGCM
nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo determinato, si trovassero in una
situazione comparabile a quella dei dipendenti di ruolo assunti a tempo
indeterminato da questa stessa autorità (v. sentenza Rosado Santana, cit.,
punto 67, e ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto
44).
44 Infatti,
la natura delle funzioni espletate dalle ricorrenti nei procedimenti principali
durante gli anni nei quali hanno lavorato presso gli uffici dell’AGCM
nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, nonché la qualità dell’esperienza
da esse acquisita a tale titolo, non costituiscono soltanto uno dei fattori
atti a giustificare oggettivamente una differenza di trattamento rispetto ai
dipendenti di ruolo. Esse rientrano altresì nel novero dei criteri che
permettono di verificare se le interessate si trovino in una situazione
comparabile a quella di detti dipendenti di ruolo (v., in tal senso, sentenza
Rosado Santana, cit., punto 69).
45 Nella
specie, consta che le ricorrenti nei procedimenti principali, beneficiarie della
procedura di stabilizzazione, non hanno superato – a differenza dei dipendenti
di ruolo – il concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica
amministrazione. Tuttavia, come giustamente sostenuto dalla Commissione, tale
circostanza non può implicare che dette ricorrenti si trovino in una situazione
differente, dal momento che le condizioni per la stabilizzazione fissate dal
legislatore nazionale nella normativa controversa nei procedimenti principali,
le quali concernono rispettivamente la durata del rapporto di lavoro a tempo
determinato e il requisito dell’essere stati assunti a tale scopo mediante una
procedura di selezione concorsuale o comunque prevista dalla legge, mirano
appunto a consentire la stabilizzazione dei soli lavoratori a tempo determinato
la cui situazione può essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo.
46 Quanto
alla natura delle funzioni esercitate nelle fattispecie all’esame del giudice
nazionale, non risulta chiaramente dai fascicoli a disposizione della Corte quali
fossero le funzioni svolte dalle ricorrenti nei procedimenti principali durante
gli anni nei quali hanno lavorato presso l’AGCM nell’ambito di contratti di
lavoro a tempo determinato, né quale fosse la relazione intercorrente tra tali
funzioni e quelle affidate alle medesime ricorrenti in veste di dipendenti di
ruolo.
47 Tuttavia,
nelle loro osservazioni scritte presentate alla Corte, le ricorrenti nei
procedimenti principali fanno valere – come rilevato anche dalla Commissione –
che le funzioni da esse esercitate in veste di dipendenti di ruolo all’esito
della procedura di stabilizzazione sono identiche a quelle precedentemente
esercitate nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato. Inoltre,
risulta dai chiarimenti dello stesso governo italiano in merito alla ragion
d’essere della normativa nazionale controversa nei procedimenti principali che
quest’ultima, assicurando l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori
impiegati in precedenza a tempo determinato, mira a valorizzare l’esperienza
acquisita da questi ultimi in seno all’AGCM. Tuttavia, spetta al giudice del
rinvio effettuare le necessarie verifiche al riguardo.
48 Nell’ipotesi
in cui le funzioni esercitate dalle ricorrenti nei procedimenti principali
presso l’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato non
corrispondessero a quelle svolte da un dipendente di ruolo inquadrato nella
pertinente categoria retributiva di tale autorità, la lamentata differenza di
trattamento riguardante la presa in considerazione dei periodi di servizio al
momento dell’assunzione delle ricorrenti nei procedimenti principali quali
dipendenti di ruolo non sarebbe contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro,
dal momento che tale differenza di trattamento sarebbe correlata a situazioni
differenti (v., per analogia, sentenza Rosado Santana, punto 68).
49 Per
contro, nell’ipotesi in cui le funzioni esercitate dalle ricorrenti nei
procedimenti principali presso l’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a
tempo determinato corrispondessero a quelle svolte da un dipendente di ruolo
rientrante nella pertinente categoria retributiva di detta autorità, sarebbe
necessario verificare se esista una ragione oggettiva che giustifichi la totale
mancanza di presa in considerazione dei periodi di servizio maturati
nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato al momento
dell’assunzione di dette ricorrenti quali dipendenti di ruolo e, dunque, del
loro collocamento in ruolo (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit.,
punto 71).
Sull’esistenza di una
giustificazione oggettiva
50 Secondo
una costante giurisprudenza della Corte, la nozione di «ragioni oggettive» ai
sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro dev’essere intesa
nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento
tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con
il fatto che tale differenza è prevista da una norma nazionale generale ed
astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenze Del Cerro Alonso,
cit., punto 57, e del 22 dicembre 2010, Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09,
Racc. pag. I‑14031, punto 54; ordinanza Montoya Medina, cit.,
punto 40; sentenza Rosado Santana, cit., punto 72, nonché ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto 47).
51 La
nozione suddetta esige che la disparità di trattamento constatata sia
giustificata dall’esistenza di elementi precisi e concreti, che
contraddistinguono la condizione di lavoro in questione, nel particolare
contesto in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al
fine di verificare se detta disparità risponda ad un reale bisogno, sia idonea
a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessaria a tal fine. I suddetti
elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle
mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo
determinato e dalle caratteristiche inerenti alle mansioni stesse o,
eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale
di uno Stato membro (v., in particolare, citate sentenze
Del Cerro Alonso, punti 53 e 58, e Gavieiro
Gavieiro e Iglesias Torres, punto 55; ordinanza
Montoya Medina, cit., punto 41; sentenza Rosado Santana, cit., punto 73, nonché
ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto 48).
52 Il
richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica
amministrazione non è conforme ai suddetti requisiti e non può dunque
configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4,
dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un
rapporto di lavoro basti a giustificare una differenza di trattamento tra
lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe
di ogni sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed
equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i
lavoratori a tempo determinato (sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, cit., punti 56 e 57; ordinanza
Montoya Medina, cit., punti 42 e 43; sentenza Rosado Santana, cit., punto 74,
nonché ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punti 49 e
50).
53 Nel
caso di specie, per giustificare la differenza di trattamento lamentata nei
procedimenti principali, il governo italiano fa valere l’esistenza di svariate
differenze oggettive tra i dipendenti di ruolo e i lavoratori a tempo
determinato successivamente assunti come dipendenti di ruolo.
54 Detto
governo sottolinea, anzitutto, che tale assunzione nell’ambito della disciplina
cosiddetta «di stabilizzazione» si realizza attraverso un procedimento che non
presenta gli elementi caratteristici della procedura di concorso e che
pertanto, in quanto deroga alle normali procedure di assunzione, non può
costituire una valida ragione per la concessione di un trattamento superiore a
quello previsto per il livello iniziale della categoria retributiva applicabile
ai dipendenti di ruolo.
55 Poi,
il governo italiano fa valere che la disciplina suddetta, concependo
l’anzianità acquisita nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato
come un presupposto per beneficiare della stabilizzazione e non come un
elemento valutabile nell’ambito del nuovo rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, trova la propria giustificazione nella necessità di evitare una
discriminazione alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo già collocati
nel ruolo stesso. Infatti, se i lavoratori stabilizzati potessero conservare
detta anzianità, la loro immissione in ruolo avverrebbe a discapito dei
lavoratori già in ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di pubblico
concorso, ma con minore anzianità di servizio. Questi ultimi si troverebbero
infatti inquadrati in ruolo ad un livello inferiore a quello dei beneficiari
della stabilizzazione.
56 Infine,
il governo italiano sottolinea che la presa in considerazione dell’anzianità
acquisita in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato si porrebbe in
contrasto, da un lato, con l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica
italiana, letto nel senso di vietare che a situazioni maggiormente meritevoli
sia applicato un trattamento deteriore, e, dall’altro, con l’articolo 97 della
medesima Costituzione, il quale prevede che il concorso pubblico – quale
meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base
del criterio del merito – costituisca la forma generale e ordinaria di
reclutamento per le pubbliche amministrazioni allo scopo di soddisfare le
esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa.
57 A questo
proposito, occorre ricordare che gli Stati membri, in considerazione del
margine di discrezionalità di cui dispongono per quanto riguarda
l’organizzazione delle loro amministrazioni pubbliche, possono, in linea di
principio, senza violare la direttiva 1999/70 o l’accordo quadro, stabilire le
condizioni per l’accesso alla qualifica di dipendente di ruolo nonché le
condizioni di impiego di tali dipendenti di ruolo, in particolare qualora
costoro fossero in precedenza impiegati da dette amministrazioni nell’ambito di
contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza Rosado
Santana, cit., punto 76).
58 Pertanto,
come sottolineato dalla Commissione in udienza, l’esperienza professionale dei
lavoratori a tempo determinato, rispecchiata dai periodi di servizio da essi
compiuti presso l’amministrazione pubblica nell’ambito di contratti di lavoro a
tempo determinato, può costituire – così come previsto dalla normativa oggetto
dei procedimenti principali, che subordina la stabilizzazione, segnatamente, al
compimento di un periodo di servizio di tre anni nell’ambito di contratti di
lavoro a tempo determinato – un criterio di selezione ai fini di una procedura
di assunzione come dipendente di ruolo.
59 Tuttavia,
nonostante tale margine di discrezionalità, l’applicazione dei criteri che gli
Stati membri stabiliscono deve essere effettuata in modo trasparente e deve
poter essere controllata al fine di impedire qualsiasi trattamento deteriore
dei lavoratori a tempo determinato sulla sola base della durata dei contratti o
dei rapporti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza
professionale (v. sentenza Rosado Santana, cit., punto 77).
60 A
questo proposito, occorre riconoscere che talune differenze invocate dal
governo italiano riguardanti l’assunzione dei lavoratori impiegati a tempo
determinato nell’ambito di procedure di stabilizzazione quali quelle oggetto
dei procedimenti principali rispetto ai dipendenti di ruolo assunti al termine
di un concorso pubblico, nonché concernenti le qualifiche richieste e la natura
delle mansioni di cui i predetti devono assumere la responsabilità, potrebbero,
in linea di principio, giustificare una diversità di trattamento quanto alle
loro condizioni di impiego (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit.,
punto 78).
61 Qualora
tale trattamento differenziato derivi dalla necessità di tener conto di
esigenze oggettive attinenti all’impiego che deve essere ricoperto mediante la
procedura di assunzione e che sono estranee alla durata determinata del
rapporto di lavoro che intercorre tra il lavoratore e il suo datore di lavoro,
detto trattamento può essere giustificato ai sensi della clausola 4, punto 1
e/o 4, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit.,
punto 79).
62 Nella
specie, per quanto riguarda l’asserito obiettivo consistente nell’evitare il
prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo
assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico, occorre osservare
che tale obiettivo, pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi
della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, non può comunque
giustificare una normativa nazionale sproporzionata quale quella in questione
nei procedimenti principali, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza
la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da
lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della
determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato
e, dunque, del loro livello di retribuzione. Infatti, una siffatta esclusione
totale e assoluta è intrinsecamente fondata sulla premessa generale secondo cui
la durata indeterminata del rapporto di lavoro di alcuni dipendenti pubblici
giustifica di per sé stessa una diversità di trattamento rispetto ai dipendenti
pubblici assunti a tempo determinato, svuotando così di sostanza gli obiettivi
della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro.
63 Quanto
alla circostanza ribadita in udienza dal governo italiano, secondo cui,
nell’ordinamento nazionale, la procedura di stabilizzazione instaura un nuovo
rapporto di lavoro, occorre ricordare che, indubbiamente, l’accordo quadro non
fissa le condizioni alle quali è consentito fare ricorso ai contratti di lavoro
a tempo indeterminato e non è finalizzato ad armonizzare l’insieme delle norme
nazionali relative ai contratti di lavoro a tempo determinato. Infatti, detto
accordo quadro mira unicamente, mediante la fissazione di principi generali e
di prescrizioni minime, a istituire un quadro generale per garantire la parità
di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle
discriminazioni, e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una
successione di rapporti di lavoro o di contratti di lavoro a tempo determinato
(v. sentenza Huet, cit., punti 40 e 41 nonché la giurisprudenza ivi citata).
64 Tuttavia,
il potere riconosciuto agli Stati membri per definire il contenuto delle loro
norme nazionali riguardanti i contratti di lavoro non può spingersi fino a
consentire loro di rimettere in discussione l’obiettivo o l’effetto utile
dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Huet, cit., punto 43 e la
giurisprudenza ivi citata).
65 Orbene,
il principio di non discriminazione enunciato nella clausola 4 dell’accordo
quadro sarebbe privato di qualsiasi contenuto se il semplice fatto che un
rapporto di lavoro sia nuovo in base al diritto nazionale fosse idoneo a
configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola suddetta, atta a
giustificare una diversità di trattamento, quale quella lamentata nei
procedimenti principali, riguardante la presa in considerazione – al momento
dell’assunzione a tempo indeterminato, da parte di un’autorità pubblica, di
lavoratori a tempo determinato – dell’anzianità acquisita da questi ultimi
presso tale autorità nell’ambito dei loro contratti di lavoro a termine.
66 Per
contro, occorre prendere in considerazione la natura particolare delle mansioni
svolte dalle ricorrenti nei procedimenti principali.
67 A
questo proposito bisogna riconoscere che, se nell’ambito della presente causa
fosse dimostrato – conformemente alle deduzioni in tal senso svolte dalle
ricorrenti nei procedimenti principali, rammentate al punto 47 della presente
sentenza – che le funzioni svolte da queste ultime in veste di dipendenti di
ruolo sono identiche a quelle che esse esercitavano in precedenza nell’ambito
di contratti di lavoro a tempo determinato, e se fosse vero che, come sostenuto
dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, la normativa nazionale in
questione mira a valorizzare l’esperienza acquisita dai dipendenti con
contratto a termine in seno all’AGCM, simili elementi potrebbero suggerire che
la mancata presa in considerazione dei periodi di servizio compiuti dai
lavoratori a tempo determinato è in realtà giustificata soltanto dalla durata
dei loro contratti di lavoro e, di conseguenza, che la diversità di trattamento
in esame nei procedimenti principali non è basata su giustificazioni correlate
alle esigenze oggettive degli impieghi interessati dalla procedura di
stabilizzazione che possano essere qualificate come «ragioni oggettive» ai
sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro.
68 Spetta
però al giudice del rinvio, nei procedimenti a quibus,
da un lato, verificare se la situazione delle ricorrenti di tali procedimenti
fosse, con riguardo ai periodi di servizio da esse compiuti nell’ambito di
contratti di lavoro a tempo determinato, comparabile a quella di un altro
dipendente dell’AGCM che avesse svolto i propri periodi di servizio in qualità
di dipendente di ruolo nelle pertinenti categorie di funzioni, e, dall’altro,
valutare, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 50‑52 della
presente sentenza, se taluni degli argomenti presentati dall’AGCM dinanzi a
esso giudice di rinvio costituiscano «ragioni oggettive» ai sensi della
clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro (sentenza Rosado Santana, cit.,
punto 83).
69 Dato
che la clausola 5 dell’accordo quadro è priva di rilevanza al riguardo, e che
inoltre le ordinanze di rinvio non forniscono alcuna informazione concreta e
precisa in merito ad un eventuale utilizzo abusivo di una successione di
contratti di lavoro a tempo determinato, non vi è luogo – così come sostenuto
dalle ricorrenti nei procedimenti principali – per pronunciarsi in merito
all’interpretazione della clausola suddetta.
70 Occorre
infine ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro è incondizionata e
sufficientemente precisa per poter essere invocata dai singoli nei confronti
dello Stato dinanzi ad un giudice nazionale a partire dalla data di scadenza
del termine concesso agli Stati membri per realizzare la trasposizione della
direttiva 1999/70 (v., in tal senso, sentenza Gavieiro
Gavieiro e Iglesias Torres, cit., punti 78‑83,
97 e 98; ordinanza Montoya Medina, cit., punto 46, nonché sentenza Rosado
Santana, cit., punto 56).
71 Alla
luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni
sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro, figurante quale
allegato della direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa
osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti
principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da
un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano
presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al
momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima
autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di
stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia
giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola
di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia
compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un
rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di
tal genere.
Sulle
spese
72 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
la Corte (Sesta
Sezione) dichiara:
La clausola 4
dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e
figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28
giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro
a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una
normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale
escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo
determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in
considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento
della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima
autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di
stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia
giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola
di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia
compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un
rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di
tal genere.