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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda Sezione), 15 febbraio 2007

 

C-292/05, E. Lechouritou  Repubblica federale di Germania

 

 

Nel procedimento C-292/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dall’Efeteio Patron (Grecia) con decisione 8 giugno 2005, pervenuta in cancelleria il 20 luglio 2005, nella causa tra

 

Eirini Lechouritou,

Vasileios Karkoulias,

Georgios Pavlopoulos,

Panagiotis Brátsikas,

Dimitrios Sotiropoulos,

Georgios Dimopoulos

 

e

 

Dimosio tis Omospondiakis Dimokratias tis Germanias,

 

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dai sigg. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, R. Schintgen (relatore), J. Klučka, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. J. Makarczyk, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 28 settembre 2006,

considerate le osservazioni presentate:

        per la sig.ra Lechouritou e i sigg. Karkoulias, Pavlopoulos, Brátsikas, Sotiropoulos e Dimopoulos, dagli avv.ti I. Stamoulis, dikigoros, e J. Lau, Rechtsanwalt;

        per il governo tedesco, dal sig. R. Wagner, in qualità di agente, assistito dal sig. B. Heß, Professor;

        per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato;

        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;

        per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

        per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re M. Condor‑Durande e A.-M. Rouchaud-Joët, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 1 della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1 e – testo modificato – pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), e dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la sig.ra Lechouritou e i sigg. Karkoulias, Pavlopoulos, Brátsikas, Sotiropoulos e Dimopoulos, cittadini greci domiciliati in Grecia, ricorrenti nella causa principale, e, dall’altro, la Repubblica federale di Germania in merito al risarcimento del danno patrimoniale e morale da loro subìto a causa delle azioni delle forze armate tedesche di cui i loro genitori sono stati vittime in occasione dell’occupazione della Grecia durante la seconda guerra mondiale.

 Contesto normativo

3        L’art. 1 della Convenzione di Bruxelles, che costituisce il titolo I della stessa, intitolato «Campo di applicazione», così dispone:

«La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa.

Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione:

1)      lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni;

2)      i fallimenti, [i] concordati ed altre procedure affini;

3)      la sicurezza sociale;

4)      l’arbitrato».

4        Le norme sulla competenza dettate dalla Convenzione di Bruxelles figurano agli artt. 2‑24 della stessa, che formano il suo titolo II.

5        L’art. 2, che fa parte della sezione 1 del detto titolo II, intitolata «Disposizioni generali», enuncia, al suo primo comma, la norma di principio della Convenzione di Bruxelles nei termini seguenti:

«Salve le disposizioni della presente convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato».

6        L’art. 3, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, che figura nella stessa sezione 1, è del seguente tenore:

«Le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente possono essere convenute davanti agli organi giurisdizionali di un altro Stato contraente solo in virtù delle norme enunciate alle sezioni da 2 a 6 del presente titolo».

7        Gli artt. 5‑18 della Convenzione di Bruxelles, che ne compongono le sezioni 2‑6 del titolo II, enunciano le norme sulla competenza speciale, imperativa o esclusiva.

8        Ai sensi dell’art. 5, che figura nella sezione 2, intitolata «Competenze speciali», del titolo II della Convenzione di Bruxelles:

«Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente:

(...)

3)      in materia di delitti o quasi-delitti, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto;

4)      qualora si tratti di un’azione di risarcimento di danni o di restituzione, nascente da reato, davanti al giudice davanti al quale l’azione penale è esercitata, sempreché secondo la propria legge questo possa conoscere dell’azione civile;

(...)».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

9        Dal fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio emerge che la causa principale trae origine dal massacro di civili perpetrato da soldati delle forze armate tedesche il 13 dicembre 1943 e di cui sono stati vittime 676 abitanti del comune di Kalavrita (Grecia).

10      Nel corso del 1995 i ricorrenti nella causa principale hanno presentato ricorso dinanzi al Polymeles Protodikeio Kalavriton al fine di ottenere la condanna della Repubblica federale di Germania al risarcimento dei danni patrimoniali nonché del danno morale e delle sofferenze psichiche loro provocati dalle azioni delle forze armate tedesche.

11      Nel 1998 il Polymeles Protodikeio Kalavriton, dinanzi al quale la Repubblica federale di Germania non è comparsa, ha respinto tale ricorso, con la motivazione che le giurisdizioni elleniche non sono competenti a statuire su di esso giacché lo Stato convenuto, che è uno Stato sovrano, gode del privilegio dell’immunità conformemente all’art. 3, n. 2, del codice di procedura civile greco.

12      Nel gennaio 1999 i ricorrenti nella causa principale hanno proposto appello contro la detta sentenza dinanzi all’Efeteio Patron, che, dopo aver statuito nel 2001 che l’appello era formalmente ricevibile, ha sospeso il giudizio in attesa che l’Anótato Eidikó Dikastírio (Corte suprema speciale) si pronunciasse, in un procedimento parallelo, sull’interpretazione delle norme di diritto internazionale in materia di immunità dalla giurisdizione dello Stato sovrano e sulla qualificazione delle stesse come norme generalmente riconosciute dalla comunità internazionale. In tale procedimento si trattava più precisamente di stabilire, da un lato, se dovesse essere considerata come norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta la disposizione dell’art. 11 della Convenzione europea sull’immunità degli Stati − firmata a Basilea il 16 maggio 1972, ma di cui la Repubblica ellenica non è parte contraente −, in virtù della quale «[u]no Stato contraente non può invocare l’immunità dalla giurisdizione dinanzi al tribunale di un altro Stato contraente quando il procedimento verte sul risarcimento di un danno alle persone o alle cose derivante da un fatto verificatosi sul territorio dello Stato del foro e l’autore del danno fosse ivi presente al momento in cui il fatto si è verificato». D’altro lato, occorreva altresì verificare se la detta eccezione all’immunità degli Stati contraenti ricomprendesse, conformemente alla consuetudine internazionale, domande di risarcimento per reati che, seppur commessi durante un conflitto armato, riguardassero persone, appartenenti ad un gruppo determinato o a una località precisa, che erano estranee ai combattimenti e non partecipavano alle operazioni belliche.

13      Nel corso del 2002 l’Anótato Eidikó Dikastírio ha statuito a tale proposito, nella causa di cui era stato investito, che, «allo stato attuale di sviluppo del diritto internazionale, continua ad esistere la norma generalmente accettata secondo la quale uno Stato non può essere validamente citato dinanzi ad un organo giudiziario di un altro Stato per il risarcimento di un danno derivante da un atto illecito di qualsiasi natura intervenuto nel territorio dello Stato del foro e nel quale siano implicate in qualsiasi modo le forze armate dello Stato convenuto, sia in tempo di guerra che di pace», cosicché lo Stato convenuto gode in tale caso dell’immunità.

14      Ai sensi dell’art. 100, n. 4, della Costituzione ellenica, le sentenze pronunciate dall’Anótato Eidikó Dikastírio sono «irrevocabili». Inoltre, secondo l’art. 54, n. 1, del codice relativo a tale organo giurisdizionale, una sua sentenza che stabilisca se una norma di diritto internazionale debba essere considerata universalmente riconosciuta «ha valore erga omnes», talché una sentenza dell’Anótato Eidikó Dikastírio che chiarisca se una determinata norma di diritto internazionale debba essere considerata universalmente riconosciuta e il relativo giudizio in essa formulato vincolano non solo l’organo giurisdizionale che ha deferito la questione all’Anótato Eidikó Dikastírio o le parti che hanno presentato il ricorso all’origine della sentenza, ma anche ogni giudice od organo della Repubblica ellenica dinanzi al quale venga sollevato lo stesso problema giuridico.

15      Dopo che i ricorrenti nella causa principale hanno invocato la Convenzione di Bruxelles e, più in particolare, il suo art. 5, punti 3 e 4, che, a loro avviso, avrebbe abrogato il privilegio dell’immunità degli Stati in tutti i casi di reati commessi nel territorio dello Stato a cui appartiene l’organo giurisdizionale adito, il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se il ricorso presentato dinanzi ad esso rientri nell’ambito di applicazione di tale Convenzione, rilevando a questo proposito che l’esistenza di un privilegio d’immunità in capo allo Stato convenuto e, pertanto, il difetto di competenza delle giurisdizioni elleniche a statuire nella causa ad esso sottoposta dipendono dalla risposta alle questioni giuridiche controverse.

16      È in tale contesto che l’Efeteio Patron ha deciso di sospendere il giudizio e di deferire alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se rientrino nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles ai sensi dell’art. 1 di quest’ultima le azioni di risarcimento danni intentate da persone fisiche nei confronti di uno Stato contraente come civilmente responsabile per azioni od omissioni delle sue forze armate, in quanto le azioni od omissioni in questione siano intervenute nel periodo di occupazione militare dello Stato di residenza dei ricorrenti a seguito di una guerra di aggressione da parte del convenuto e si trovino in evidente contrasto con il diritto di guerra, potendo essere considerate anche come crimini contro l’umanità.

2)      Se sia compatibile con il sistema della Convenzione di Bruxelles la proposizione, da parte dello Stato convenuto, dell’eccezione di immunità, con la conseguenza che, in caso di soluzione in senso affermativo, viene automaticamente neutralizzata l’applicazione della detta Convenzione, e ciò per quanto riguarda azioni ed omissioni delle forze armate del convenuto intervenute prima dell’entrata in vigore di quest’ultima, cioè negli anni 1941/1944».

 Sul procedimento dinanzi alla Corte

17      Con lettera depositata nella cancelleria della Corte il 28 novembre 2006, i ricorrenti nella causa principale hanno formulato osservazioni sulle conclusioni dell’avvocato generale e hanno chiesto alla Corte di «dichiarare che la presente controversia riveste “un’importanza eccezionale” e [di] rinviarla alla seduta plenaria o alla Grande Sezione, conformemente all’art. 16 dello Statuto della Corte».

18      A questo riguardo occorre ricordare innanzi tutto che né lo Statuto della Corte di giustizia né il suo regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti di presentare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale. Per giurisprudenza costante, inoltre, una domanda presentata in tal senso dev’essere respinta (v., in particolare, ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I‑665, punti 2 e 19).

19      Si deve altresì rilevare che, in virtù dell’art. 16, terzo comma, dello Statuto della Corte, questa «si riunisce in Grande Sezione quando lo richieda uno Stato membro o un’istituzione delle Comunità che è parte in causa».

20      Ebbene, da un lato, risulta dalla formulazione stessa del detto art. 16, terzo comma, che i privati non sono legittimati a presentare una simile istanza e, dall’altro, che nel caso di specie l’istanza di rinvio della controversia alla Grande Sezione non è stata formulata da uno Stato membro o da un’istituzione delle Comunità che è parte in causa.

21      Inoltre, al di fuori dei casi elencati al quarto comma dello stesso art. 16, è solo la Corte, in applicazione del quinto comma della stessa norma, a disporre della facoltà di decidere, sentito l’avvocato generale, di rinviare una causa alla seduta plenaria ove reputi che la controversia rivesta un’importanza eccezionale.

22      Nel caso di specie, la Corte considera che non occorre disporre tale rinvio.

23      Pertanto, l’istanza descritta al punto 17 della presente sentenza non può che essere respinta.

24      Si deve aggiungere che la stessa conclusione s’imporrebbe nel caso in cui l’istanza dei ricorrenti nella causa principale dovesse essere considerata finalizzata ad ottenere la riapertura del procedimento.

25      A questo proposito occorre ricordare che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere sufficienti chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v., in particolare, sentenze 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters e a., Racc. pag. I‑1577, punto 42; 14 dicembre 2004, causa C-309/02, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz, Racc. pag. I‑11763, punto 22, e 29 giugno 2006, causa C-308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I-5977, punto 15).

26      Tuttavia, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di avere a disposizione tutti gli elementi necessari per rispondere alle questioni proposte dal giudice del rinvio e che tali elementi abbiano formato oggetto di discussione dinanzi ad essa.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

27      Mediante la prima questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione di Bruxelles debba essere interpretato nel senso che rientra nella «materia civile», ai termini di tale disposizione, un’azione giudiziaria promossa da persone fisiche in uno Stato contraente nei confronti di un altro Stato contraente e volta ad ottenere il risarcimento del danno subìto dagli aventi diritto delle vittime di alcune azioni delle forze armate nell’ambito di operazioni di guerra sul territorio del primo Stato.

28      Occorre necessariamente constatare, innanzi tutto, che all’art. 1, primo comma, prima frase, la Convenzione di Bruxelles pone il principio secondo cui il suo ambito di applicazione è circoscritto alla «materia civile e commerciale», ma non definisce il contenuto e la portata di tale nozione.

29      A questo proposito si deve ricordare che, allo scopo di garantire, per quanto possibile, l’uguaglianza e l’uniformità dei diritti e degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Bruxelles agli Stati contraenti ed ai soggetti interessati, non si devono interpretare i termini di tale disposizione come un semplice rinvio al diritto interno dell’uno o dell’altro degli Stati in questione. Risulta altresì da una giurisprudenza costante della Corte che la nozione di «materia civile e commerciale» dev’essere considerata come una nozione autonoma, da interpretare facendo riferimento, da un lato, agli obiettivi e al sistema della Convenzione e, dall’altro, ai principi generali desumibili dal complesso degli ordinamenti nazionali (v., in particolare, sentenze 14 ottobre 1976, causa 29/76, LTU, Racc. pag. 1541, punti 3 e 5; 16 dicembre 1980, causa 814/79, Rüffer, Racc. pag. 3807, punto 7; 14 novembre 2002, causa C-271/00, Baten, Racc. pag. I-10489, punto 28; 15 maggio 2003, causa C-266/01, Préservatrice foncière TIARD, Racc. pag. I‑4867, punto 20, e 18 maggio 2006, ČEZ, causa C-343/04, Racc. pag. I‑4557, punto 22).

30      Secondo la Corte, tale interpretazione porta a escludere talune azioni o decisioni giurisdizionali dall’ambito d’applicazione della Convenzione di Bruxelles, in ragione degli elementi che caratterizzano la natura dei rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite (v. citate sentenze LTU, punto 4; Rüffer, punto 14; Baten, punto 29; Préservatrice foncière TIARD, punto 21; ČEZ, punto 22, e 1° ottobre 2002, causa C‑167/00, Henkel, Racc. pag. I-8111, punto 29).

31      La Corte ha così ritenuto che, se è vero che talune decisioni emesse nelle cause fra la pubblica amministrazione ed un soggetto di diritto privato possono essere comprese nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, la situazione è diversa qualora la pubblica amministrazione agisca nell’esercizio della sua potestà d’imperio (v. citate sentenze LTU, punto 4; Rüffer, punto 8; Henkel, punto 26; Baten, punto 30; Préservatrice foncière TIARD, punto 22, e 21 aprile 1993, causa C-172/91, Sonntag, Racc. pag. I‑1963, punto 20).

32      È in applicazione di tale principio che la Corte ha dichiarato che un ente pubblico, nazionale o internazionale, che riscuota i contributi dovuti da un soggetto di diritto privato in ragione dell’uso degli impianti e dei servizi di tale ente agisce nell’esercizio della sua potestà d’imperio, in particolare qualora questo uso sia obbligatorio ed esclusivo e l’aliquota dei contributi, i metodi di calcolo e i procedimenti di riscossione siano stati stabiliti unilateralmente nei confronti degli utenti (sentenza LTU, cit., punto 4).

33      La Corte ha parimenti considerato che la nozione di «materia civile e commerciale», ai sensi dell’art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione di Bruxelles, non ricomprende una controversia promossa dallo Stato amministratore delle vie d’acqua pubbliche contro la persona legalmente responsabile, onde ricuperare le spese sostenute per la rimozione di un relitto in adempimento di un obbligo internazionale che l’amministratore ha effettuato o fatto effettuare nell’esercizio della sua potestà d’imperio (sentenza Rüffer, cit., punti 9 e 16).

34      Azioni di tale natura discendono, infatti, da una manifestazione di prerogative di pubblici poteri di una delle parti della controversia, a causa dell’esercizio da parte di questa di poteri che esorbitano dalla sfera delle norme di diritto comune applicabili ai rapporti tra privati (v., in questo senso, citate sentenze Sonntag, punto 22; Henkel, punto 30; Préservatrice foncière TIARD, punto 30, e 5 febbraio 2004, causa C-265/02, Frahuil, Racc. pag. I‑1543, punto 21).

35      Ebbene, un simile giudizio s’impone a maggior ragione nel caso di una controversia quale quella della causa principale.

36      Infatti, l’azione per il risarcimento del danno promossa dai ricorrenti nella causa principale contro la Repubblica federale di Germania trae la sua origine da alcune operazioni condotte dalle forze armate durante la seconda guerra mondiale.

37      Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 54‑56 delle conclusioni, le operazioni condotte dalle forze armate costituiscono una delle manifestazioni caratteristiche della sovranità statale, in particolare in quanto sono decise in maniera unilaterale e vincolante dalle autorità pubbliche competenti e si presentano indissociabilmente legate alla politica estera e di difesa degli Stati.

38      Ne consegue che si deve considerare che atti come quelli che si trovano all’origine del danno lamentato dai ricorrenti nella causa principale e, quindi, del ricorso volto ad ottenere il risarcimento dei danni da questi presentato dinanzi ai giudici ellenici derivano da una manifestazione di pubblico imperio da parte dello Stato interessato nel momento in cui tali atti sono stati perpetrati.

39      Alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 30 della presente sentenza, un’azione giudiziale come quella instaurata dinanzi al giudice del rinvio non rientra pertanto nell’ambito di applicazione materiale della Convenzione di Bruxelles quale definito all’art. 1, primo comma, prima frase, della stessa.

40      Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall’argomento, sviluppato più in particolare dai ricorrenti nella causa principale, secondo cui, da un lato, l’azione che questi hanno promosso dinanzi alle giurisdizioni elleniche nei confronti della Repubblica federale di Germania potrebbe essere considerata come ricorso in materia di responsabilità civile, il quale sarebbe del resto contemplato dall’art. 5, punti 3 e 4, della Convenzione di Bruxelles, e, dall’altro, gli atti compiuti iure imperii non includerebbero le azioni illegali o illecite.

41      Anzitutto, la Corte ha già dichiarato che il fatto che l’attore agisca sulla base di una pretesa che trova la sua origine in un atto di pubblico imperio è sufficiente perché la sua azione, a prescindere dalla natura del procedimento che gli è offerto in questo senso dal diritto nazionale, sia considerata esclusa dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles (v. sentenza Rüffer, cit., punti 13 e 15). La circostanza che il ricorso promosso dinanzi al giudice del rinvio sia presentato come ricorso di natura civile in quanto volto ad ottenere il risarcimento pecuniario del danno materiale e morale cagionato ai ricorrenti nella causa principale è conseguentemente priva di qualsiasi pertinenza.

42      Ancora, il riferimento alle norme sulla competenza enunciate più in particolare all’art. 5, punti 3 e 4, della Convenzione di Bruxelles è inconferente, giacché la questione dell’applicabilità di quest’ultima alla causa principale costituisce logicamente una questione preliminare che, in caso di risposta negativa come nel caso di specie, dispensa il giudice adito da qualsiasi analisi delle regole di fondo previste da questa stessa Convenzione.

43      Infine, la questione del carattere legale o meno degli atti di pubblico imperio che costituiscono il fondamento dell’azione principale riguarda la natura di tali atti, ma non la materia in cui rientrano. Dal momento che la detta materia come tale dev’essere considerata non ricompresa nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, il carattere illegale degli atti non può giustificare una diversa interpretazione.

44      Inoltre, la tesi difesa a questo proposito dai ricorrenti nella causa principale, qualora fosse ammessa, solleverebbe questioni di fondo preliminari ancor prima che l’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles potesse essere determinato con certezza. Orbene, tali difficoltà sarebbero certamente incompatibili con l’economia e la finalità di tale Convenzione, che − come emerge dal preambolo della stessa nonché dalla relazione Jenard sulla Convenzione di Bruxelles (GU 1979, C 59, pag. 1) − si fonda sulla reciproca fiducia degli Stati contraenti nei loro sistemi giuridici e nelle loro istituzioni giudiziarie e mira a garantire la certezza del diritto prevedendo regole uniformi in materia di conflitto di giurisdizione in materia civile e commerciale nonché la semplificazione delle formalità affinché siano riconosciute ed eseguite rapidamente le decisioni giudiziali provenienti dagli Stati contraenti.

45      Peraltro, sempre nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, n. 805, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143, pag. 15), il quale stabilisce parimenti, all’art. 2, n. 1, che si applica «in materia civile e commerciale», precisa in questa stessa norma che «non concerne (...) la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (“acta jure imperii”)», senza operare sotto questo profilo una distinzione secondo la natura legale o meno di tali atti od omissioni. Lo stesso vale per l’art. 2, n. 1, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 1896, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU L 399, pag. 1).

46      Alla luce delle considerazioni che precedono, la prima questione dev’essere risolta dichiarando che l’art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione di Bruxelles dev’essere interpretato nel senso che non rientra nella «materia civile», ai termini di tale disposizione, un’azione giudiziale promossa da persone fisiche in uno Stato contraente nei confronti di un altro Stato contraente e volta ad ottenere il risarcimento del danno subìto dagli aventi diritto delle vittime di azioni delle forze armate nell’ambito di operazioni di guerra sul territorio del primo Stato.

 Sulla seconda questione

47      Stante la risposta fornita alla prima questione, non occorre risolvere la seconda questione.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica, e dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, dev’essere interpretato nel senso che non rientra nella «materia civile», ai termini di tale disposizione, un’azione giudiziale promossa da persone fisiche in uno Stato contraente nei confronti di un altro Stato contraente e volta ad ottenere il risarcimento del danno subìto dagli aventi diritto delle vittime di azioni delle forze armate nell’ambito di operazioni di guerra sul territorio del primo Stato.

 

                    (Seguono le firme)