Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima
Sezione), 17 settembre 2009
C-242/06, Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie
– T. Sahin
Nel procedimento C‑242/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi), con decisione
11 maggio 2006, pervenuta in cancelleria il 29 maggio 2006, nella
causa
Minister
voor Vreemdelingenzaken en Integratie
contro
T. Sahin,
composta dal sig. P. Jann, presidente di
sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano, E. Levits e J.‑J. Kasel
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del
17 dicembre 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il sig. Sahin, dall’avv. D. Schaap, advocaat;
– per
il governo olandese, dalle sig.re H.G. Sevenster, C. Wissels e M. de Mol, in
qualità di agenti;
– per
il governo tedesco, dalla sig.ra C. Schulze‑Bahr
nonché dai sigg. M. Lumma e J. Möller, in qualità di agenti;
– per
il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla
sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;
– per
il governo cipriota, dal sig. D. Lysandrou,
in qualità di agente;
– per
il governo del Regno Unito, dal sig. T. Ward,
barrister;
– per
vista
la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la
causa senza conclusioni,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda
l’interpretazione dell’art. 13 della decisione del Consiglio di
associazione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo
dell’associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Il Consiglio di
associazione è stato istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra
2 Tale
domanda è stata presentata
nell’ambito di una controversia tra il sig. Sahin
e il Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie
(Ministro dell’Immigrazione e Integrazione; in prosieguo: il «Minister»), in merito all’obbligo dei cittadini turchi di
pagare diritti per l’esame della loro domanda di permesso di soggiorno o di
proroga della sua validità.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
L’associazione CEE‑Turchia
– L’Accordo
di associazione
3 In conformità al suo art. 2, n. 1,
l’Accordo di associazione ha lo scopo di promuovere il rafforzamento continuo
ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti
contraenti, incluso il settore della manodopera, mediante la realizzazione
graduale della libera circolazione dei lavoratori (art. 12 dell’Accordo di
associazione), nonché mediante l’eliminazione delle restrizioni alla libertà di
stabilimento (art. 13 del detto Accordo) e alla libera prestazione dei
servizi (art. 14 dello stesso Accordo), allo scopo di elevare il tenore di
vita del popolo turco e di facilitare ulteriormente l’adesione della Repubblica
di Turchia alla Comunità (quarto ‘considerando’ e art. 28 del detto
Accordo).
4 A tal fine, l’Accordo di associazione comporta una
fase preparatoria, che consente alla Repubblica di Turchia di rafforzare la sua
economia con l’aiuto della Comunità (art. 3 di tale Accordo), una fase
transitoria, nel corso della quale vengono garantiti l’attuazione progressiva
di un’unione doganale e il ravvicinamento delle politiche economiche
(art. 4 del detto Accordo), nonché una fase definitiva, che si basa
sull’unione doganale e implica il rafforzamento del coordinamento delle
politiche economiche delle parti contraenti (art. 5 dello stesso Accordo).
5 L’art. 6 dell’Accordo di associazione dispone
quanto segue:
«Per assicurare l’applicazione ed il progressivo
sviluppo del regime di Associazione, le Parti Contraenti si riuniscono in un
Consiglio di Associazione che agisce nei limiti delle attribuzioni conferitegli
dall’Accordo».
6 Ai sensi dell’art. 8 dell’Accordo di
associazione, inserito nel titolo II di quest’ultimo, intitolato «Attuazione
della fase transitoria»:
«Per realizzare gli obiettivi enunciati
nell’articolo 4, il Consiglio di Associazione stabilisce, prima che abbia
inizio la fase transitoria e secondo la procedura prevista dall’articolo 1 del
protocollo provvisorio, le condizioni, le modalità e il ritmo di applicazione
delle disposizioni riguardanti i settori contemplati nel Trattato istitutivo
della Comunità che dovranno essere presi in considerazione, e in particolare
quelli menzionati nel presente Titolo, nonché ogni clausola di salvaguardia che
risultasse utile».
7 Gli artt. 12‑14 dell’Accordo di
associazione figurano anch’essi nel suo titolo II, capitolo 3, intitolato
«Altre disposizioni di carattere economico».
8 L’art. 12 prevede quanto segue:
«Le Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli
articoli [39 CE], [40 CE] e [41 CE] per realizzare gradualmente
tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».
9 L’art. 13 così dispone:
«Le Parti Contraenti convengono d’ispirarsi agli
articoli da [43 CE] a [46 CE] incluso e all’articolo [48 CE] per
eliminare tra loro le restrizioni alla libertà di stabilimento».
10 L’art. 14 recita:
«Le Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli
articoli [45 CE], [46 CE] e da [48 CE] a [54 CE] incluso
per eliminare tra loro le restrizioni alla libera prestazione dei servizi».
11 Secondo il dettato dell’art. 22, n. 1,
dell’Accordo di associazione:
«Per il raggiungimento degli obiettivi fissati
dall’Accordo e nei casi da questo previsti, il
Consiglio di associazione dispone di un potere di decisione. Ognuna delle due
parti è tenuta a prendere le misure necessarie all’esecuzione delle decisioni
adottate (…)».
– Il
protocollo addizionale
12 Il protocollo addizionale, firmato il 23 novembre
13 Il protocollo addizionale comprende un titolo II,
rubricato «Circolazione delle persone e dei servizi», il cui capitolo I
riguarda «[i] lavoratori» e il cui capitolo II è dedicato al «diritto di
stabilimento, servizi e trasporti».
14 L’art. 36 del protocollo addizionale, che
rientra nel detto capitolo I, prevede che la libera circolazione dei lavoratori
tra gli Stati membri della Comunità e
15 L’art. 41, n. 1, del protocollo
addizionale, che figura nel capitolo II del detto titolo II, è così formulato:
«1. Le parti contraenti si astengono dall’introdurre
tra loro nuove restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera
prestazione dei servizi».
16 L’art. 59 del protocollo addizionale, che
figura nel titolo IV di quest’ultimo, intitolato «Disposizioni generali e
finali», è redatto come segue:
«Nei settori coperti dal presente protocollo,
– La
decisione n. 1/80
17 Il 19 settembre 1980, il Consiglio di associazione,
istituito dall’Accordo di associazione e composto, da un lato, da membri dei
governi degli Stati membri, dal Consiglio dell’Unione europea nonché dalla
Commissione delle Comunità europee e, dall’altro lato, da membri del governo
turco, ha adottato la decisione n. 1/80.
18 L’art. 6 di tale decisione fa parte del
capitolo II, intitolato «Disposizioni sociali», sezione 1, riguardante i
«Problemi relativi all’occupazione e alla libera circolazione dei lavoratori».
Il n. 1 di tale articolo è così formulato:
«1. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 7,
relativo al libero accesso dei familiari all’occupazione, il lavoratore turco
inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti
diritti:
– rinnovo,
in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, del permesso di lavoro
presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;
– candidatura,
in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia
registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa
professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di
regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli
Stati membri della Comunità;
– libero
accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività salariata di suo
gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego».
19 L’art. 13 della decisione n. 1/80,
contenuto nella medesima sezione I, così dispone:
«Gli Stati membri della Comunità e
20 In conformità dell’art. 30 della decisione
n. 1/80, quest’ultima è entrata in vigore il 1° luglio 1980. Tuttavia, a
termini dell’art. 16, le disposizioni della sezione 1 del capitolo II di
tale decisione sono applicabili a decorrere dal 1° dicembre 1980.
La direttiva 68/360/CEE
21 L’art. 9, n. 1, della direttiva del
Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle
restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e
delle loro famiglie all’interno della Comunità (GU L 257,
pag. 13), stabiliva quanto segue:
«I documenti di soggiorno (...) concessi ai
cittadini di uno Stato membro della CEE vengono rilasciati e rinnovati a
titolo gratuito o contro versamento di una somma non eccedente i diritti e
tasse richiesti per il rilascio delle carte d’identità ai cittadini».
22 La direttiva 68/30 è stata abrogata, a partire dal
30 aprile 2006, dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29
aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei
loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le
direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e
rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, GU 2005, L 197,
pag. 34, e GU 2007, L 204, pag. 28).
La direttiva 2004/38
23 Ai sensi dell’art. 8 della direttiva 2004/38,
gli Stati membri possono, per soggiorni di durata superiore a tre mesi,
richiedere ai cittadini dell’Unione europea l’iscrizione presso le autorità
competenti del luogo di residenza, formalità il cui adempimento è accertato
tramite un attestato di registrazione a tal fine rilasciato. Analogamente, in
applicazione dell’art. 9 della medesima direttiva, gli Stati membri
possono prevedere l’obbligo dei familiari dei cittadini dell’Unione non aventi
la cittadinanza di uno Stato membro di essere titolari di una carta di
soggiorno, quando la durata del soggiorno previsto è superiore a tre mesi.
L’inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno può essere
passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie. Ai sensi
dell’art. 11, n. 1, della detta direttiva, la carta di soggiorno ha
un periodo di validità di cinque anni dalla data del rilascio o è valida per il
periodo di soggiorno previsto del cittadino dell’Unione se tale periodo è
inferiore a cinque anni.
24 L’art. 25 della direttiva 2004/38, intitolato
«Disposizioni generali riguardanti i documenti di soggiorno», è così formulato:
«1. Il
possesso di un attestato d’iscrizione di cui all’articolo 8, di un documento
che certifichi il soggiorno permanente, della ricevuta della domanda di una
carta di soggiorno di familiare di una carta di soggiorno o di una carta di
soggiorno permanente, non può in nessun caso essere un prerequisito per
l’esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa,
in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con
qualsiasi altro mezzo di prova.
2. I
documenti menzionati nel paragrafo 1 sono rilasciati a titolo gratuito o dietro
versamento di una somma non eccedente quella richiesta ai cittadini nazionali
per il rilascio di documenti analoghi».
La normativa nazionale
25 Secondo le indicazioni della decisione di rinvio, al
1° dicembre 1980, data alla quale le disposizioni in materia di occupazione e
di libera circolazione dei lavoratori previste dalla decisione n. 1/80 –
tra cui è compreso l’art. 13 di quest’ultima – sono entrate in vigore
rispetto al Regno dei Paesi Bassi, tale Stato membro non richiedeva il
pagamento di diritti per una domanda di permesso di soggiorno e non riscuoteva
nemmeno tali diritti in caso di domanda di proroga della validità di tale
permesso.
26 Gli stranieri sono tenuti a pagare diritti per
l’esame della domanda di permesso di soggiorno solo a partire dall’entrata in
vigore, il 1° aprile 2001, della legge 23 novembre 2000 recante
totale revisione della legge sugli stranieri (Wet tot
algehele herziening van de Vreemdelingenwet; Stb. 2000, n. 495, in prosieguo: la «Vw 2000»), del decreto sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenbesluit 2000, Stb. 2000,
n. 497), nonché del regolamento sugli stranieri (Voorschrift
Vreemdelingen).
27 Inoltre, in base ad una modifica del regolamento
sugli stranieri, applicabile a partire dal 1° maggio 2002, è stata prevista la
riscossione di tali diritti anche in caso di domanda di proroga della validità
del permesso di soggiorno. In tale occasione è stato aumentato l’importo dei diritti
percepiti.
28 In conformità dell’art. 24, n. 2, della Vw 2000, il mancato pagamento entro il termine
impartito dei diritti relativi alla domanda di permesso di soggiorno comporta
che essa non sia presa in esame dall’autorità competente. D’altra parte, i
diritti versati non sono rimborsati in caso di rigetto della domanda.
Causa principale e
questioni pregiudiziali
29 Dalla decisione di rinvio risulta che il sig. Sahin è un cittadino turco che, il
13 luglio 2000, otteneva un’autorizzazione provvisoria di soggiorno
grazie alla quale entrava in territorio olandese il 12 settembre successivo.
30 Il 2 ottobre 2000, mentre soggiornava legalmente nei
Paesi Bassi, egli presentava una domanda di permesso di soggiorno per poter
convivere con la moglie di cittadinanza olandese.
31 Il 14 dicembre 2000, il Minister
gli accordava tale permesso di soggiorno valido fino al 2 ottobre 2001. Tale
autorizzazione non era accompagnata da alcuna restrizione circa lo svolgimento
di attività lavorative.
32 Su richiesta del sig. Sahin,
il 28 settembre 2001, il Minister prorogava la
validità di tale permesso di soggiorno fino al 2 ottobre 2002.
33 Solo il 10 febbraio 2003 tuttavia, l’interessato
sollecitava una nuova proroga della validità di tale permesso
34 Il 23 aprile 2003, il Minister,
in applicazione della normativa olandese, rifiutava di esaminare quest’ultima
domanda, in quanto il sig. Sahin non aveva
pagato i diritti relativi ad essa, per l’importo di EUR 169.
35 Tuttavia, dopo aver versato tale importo, ma oltre
il termine impartitogli, il 26 maggio 2003 il sig. Sahin presentava reclamo contro la decisione del Minister 23 aprile 2003, reclamo che quest’ultimo
dichiarava infondato il 20 aprile 2004.
36 Il 16 maggio 2004, il sig. Sahin
proponeva un ricorso contro quest’ultima decisione dinanzi al Rechtbank ‘s‑Gravenhage,
fondandosi sull’art. 13 della decisione n. 1/80. Tale giudice
accoglieva il ricorso con sentenza 5 agosto 2004, annullando la decisione del Minister 20 aprile 2004 e ordinando a quest’ultimo di
adottare una nuova decisione.
37 Il 17 settembre 2004, il Minister
respingeva nuovamente il reclamo del sig. Sahin,
dichiarandolo infondato.
38 Con sentenza 30 maggio 2005, il Rechtbank
‘s‑Gravenhage accoglieva il ricorso proposto
dal sig. Sahin il 15 ottobre 2004 contro la
seconda decisione di rigetto del Minister, ritenendo
che l’obbligo imposto al ricorrente di versare diritti in relazione alla
domanda di proroga della validità del suo permesso di soggiorno nei Paesi Bassi
fosse contrario all’art. 13 della decisione n. 1/80.
39 A sostegno dell’appello interposto contro la
summenzionata sentenza dinanzi al Raad van State, il Minister sostiene
che il giudice di primo grado ha erroneamente fatto rientrare la situazione del
sig. Sahin nell’ambito di applicazione del
summenzionato art. 13.
40 Secondo il Raad van State, il sig. Sahin non
ha versato in tempo utile i diritti dovuti, cosicché, in applicazione del
diritto nazionale, il Minister era tenuto a non
esaminare la domanda dell’interessato.
41 È pacifico che, dal 14 dicembre 2000 al 2 ottobre
2002, il sig. Sahin ha soggiornato regolarmente
nei Paesi Bassi, nel senso della normativa nazionale, poiché era in possesso di
un permesso di soggiorno valido per l’intero periodo menzionato. Durante tale
periodo egli era altresì legittimato ad esercitare un’attività lavorativa nel
territorio olandese. L’interessato, a partire dal marzo
42 Pertanto, si porrebbe la questione se un’altra
disposizione contenuta nella normativa adottata nell’ambito dell’associazione CEE‑Turchia osti all’applicazione della normativa
olandese relativa all’obbligo di versare diritti per ottenere un titolo di
soggiorno e al rifiuto del Minister di esaminare la
domanda presentata a tal fine in caso di mancato versamento di tali diritti.
43 Il giudice del rinvio rileva in tale contesto che il
sig. Sahin ha presentato una domanda di proroga
della validità del suo permesso di soggiorno solo il 10 febbraio 2003,
vale a dire dopo la scadenza di tale validità, per cui, in applicazione del
diritto nazionale, nel periodo compreso tra il 2 ottobre 2002 e il 10 febbraio
2003 non si trovava più in situazione di soggiorno regolare e non aveva più il
diritto di svolgere un’attività lavorativa dipendente nel territorio olandese
finché tale domanda era in corso di esame. Pertanto, secondo tale giudice, il
sig. Sahin in tale lasso di tempo ha occupato
dei posti di lavoro illegittimamente dal punto di vista del diritto interno
olandese.
44 Al contrario, dal momento in cui il sig. Sahin ha presentato domanda di proroga della validità del
suo permesso di soggiorno, cioè dal 10 febbraio 2003, il suo soggiorno nei
Paesi Bassi doveva, in conformità del diritto olandese, essere nuovamente
considerato regolare. D’altra parte, poiché la domanda tardiva è stata
introdotta nel termine ragionevole di sei mesi dalla fine del soggiorno
regolare, essa dev’essere esaminata alla luce delle
condizioni nazionali richieste per la proroga del soggiorno e non di quelle
previste per il primo ingresso nel territorio olandese.
45 Nel caso di specie, occorrerebbe in particolare
stabilire se un cittadino turco che si trovi in una situazione come quella
descritta ai punti 29‑44 della presente sentenza possa utilmente
avvalersi dell’art. 13 della decisione n. 1/80. Inoltre, se non
esistono dubbi quanto al fatto che la normativa nazionale di cui alla causa
principale deve essere considerata come «nuova» ai sensi di tale articolo,
poiché essa comporta la conseguenza di rendere più sfavorevole la situazione
dei cittadini turchi rispetto a quella che risultava dalle norme loro
applicabili alla data in cui il summenzionato art. 13 è entrato in vigore
nei confronti del Regno dei Paesi Bassi, occorrerebbe comunque stabilire se gli
obblighi che essa impone a detto Stato membro
rientrino nella nozione di «restrizioni» nel senso dello stesso articolo, in
particolare alla luce del fatto che l’importo dei diritti percepiti per la
domanda di cui trattasi supera di gran lunga quello imposto ai cittadini
comunitari e ai loro familiari.
46 In tali circostanze, il Raad
van State ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) a) Se
l’art. 13 della decisione n. 1/80 (...) alla luce dei punti 81 e 84
della sentenza 21 ottobre 2003, cause riunite C‑317/01 e C‑369/01,
Abatay e a. (Racc. pag. I‑12301),
debba essere interpretato nel senso che può far valere tale disposizione uno
straniero, cittadino turco, che si sia attenuto alle regole per il primo
ingresso e il soggiorno nel paese e che nel periodo dal 14 dicembre 2000
al 2 ottobre 2002 abbia regolarmente svolto attività di lavoro subordinato
presso diversi datori di lavoro, ma che tuttavia non abbia richiesto entro i
termini la proroga del periodo di validità del permesso di soggiorno
rilasciatogli, cosicché dopo la scadenza di tale permesso e all’epoca della
domanda di proroga dello stesso, secondo il diritto nazionale, non si trovava in
una situazione di soggiorno regolare e non era neppure autorizzato a svolgere
attività lavorative nel paese.
b) Se
per la soluzione della questione 1, lett. a) abbia rilevanza la
circostanza che una domanda di proroga, presentata dallo straniero oltre i
termini, che sia stata ricevuta entro sei mesi dalla scadenza del periodo di
validità di tale permesso di soggiorno, pur essendo equiparata, secondo il
diritto nazionale, ad una domanda di concessione del primo permesso di
soggiorno, viene esaminata alla luce dei requisiti posti per consentire la
prosecuzione del soggiorno e che lo straniero può attendere nel paese la
decisione su tale domanda.
2 a) Se
il termine “restrizione” di cui all’art. 13 della decisione n. 1/80
debba essere interpretato nel senso che in esso rientra l’obbligo di pagamento
di diritti – relativi all’esame di una domanda di proroga della validità di un
permesso di soggiorno – dovuti da un cittadino turco rientrante nell’ambito di
applicazione della decisione n. 1/80, diritti il cui mancato pagamento
comporta che la sua domanda non è presa in esame, a norma dell’art. 24,
n. 2, della Vw 2000.
b) Se
sia diversa la soluzione della questione 2, lett. a) nel caso in cui
l’importo dei diritti non superi i costi dell’esame della domanda.
3. Se
l’art. 13 della decisione n. 1/80, che mira a dare attuazione al
protocollo addizionale all’[Accordo di associazione], in combinato disposto con
l’art. 59 del detto protocollo, debba essere interpretato nel senso che
l’importo dei diritti dovuti per l’esame di una domanda di rilascio di un
permesso di soggiorno ovvero per la proroga dello stesso (che all’epoca dei
fatti ammontavano a EUR 169 per lo straniero) non possa superare per i
cittadini turchi rientranti nell’ambito di applicazione della decisione
n. 1/80 l’importo dei diritti (EUR 30) esigibili nei confronti dei
cittadini della Comunità europea per l’esame di una domanda di verifica alla
luce del diritto comunitario e di rilascio dei documenti di soggiorno a questo
collegati (vedi art. 9, n. 1, della direttiva 68/360/CEE,
rispettivamente art. 25, n. 2, della direttiva 2004/38/CE)».
Sulle questioni
pregiudiziali
Osservazioni preliminari
47 Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il
giudice del rinvio intende in sostanza stabilire, da un lato, se un cittadino
turco come il sig. Sahin si trovi nello Stato
membro ospitante in una situazione regolare tale da farlo rientrare nell’ambito
di applicazione dell’art. 13 della decisione n. 1/80. Dall’altro
lato, tale giudice chiede alla Corte se la clausola di «standstill»
enunciata in tale articolo osti a che sia sancito in tale Stato un obbligo a
carico di detto cittadino di versare diritti per l’esame della sua domanda di
ottenimento di un permesso di soggiorno o di proroga della sua validità, in
particolare qualora tali diritti siano notevolmente più elevati di quelli
applicati ai cittadini comunitari che si trovino in una situazione comparabile.
48 Per fornire una risposta utile al detto giudice e
consentirgli di dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente, occorre
esaminare in successione questi due aspetti.
Sull’ambito di applicazione ratione personae
dell’art. 13 della decisione n. 1/80
49 Il giudice del rinvio si pone la questione se un
cittadino turco come il sig. Sahin soddisfi il
requisito di regolarità in materia di soggiorno e di occupazione enunciato
all’art. 13 della decisione n. 1/80. Tale giudice ha effettivamente
constatato che l’interessato aveva, da un lato, rispettato non solo le norme
nazionali pertinenti in materia di primo ingresso nel territorio olandese, ma
anche quelle in materia di soggiorno fino al 2 ottobre 2002 e, dall’altro lato,
che tale cittadino turco fino alla stessa data vi era stato legalmente occupato
dal punto di vista del diritto interno. Tuttavia, tale giudice si chiede se,
successivamente, il sig. Sahin possa ancora
fondarsi validamente sul detto art. 13, poiché, in applicazione del
diritto nazionale, la scadenza del suo permesso di soggiorno e l’introduzione
oltre il termine stabilito della domanda di proroga dello stesso, a causa del
versamento tardivo dei diritti dovuti a questo titolo, hanno reso la sua
situazione non conforme alle norme nazionali per quanto riguarda tanto il
soggiorno quanto l’occupazione e poiché, inoltre, non ricorrevano ancora nei
suoi confronti le condizioni necessarie per poter beneficiare di diritti
concreti in materia di occupazione e di soggiorno nello Stato membro ospitante
sulla base dell’art. 6, n. 1, della medesima decisione.
50 A tale proposito, occorre, da un lato, ricordare
che, ai punti 75‑84 della citata sentenza Abatay
e a.,
51 Infatti, queste due disposizioni della decisione
n. 1/80 riguardano ipotesi distinte, poiché l’art. 6 disciplina le
condizioni di esercizio di un’occupazione che consente l’integrazione
progressiva dell’interessato nello Stato membro ospitante, mentre
l’art. 13 riguarda le misure nazionali relative all’accesso
all’occupazione, pur comprendendo nel suo ambito di applicazione i familiari il
cui ingresso nel territorio di uno Stato membro non dipende dall’esercizio di
un’attività lavorativa.
52 Pertanto, la circostanza che il sig. Sahin non soddisfi i requisiti per essere titolare di
diritti concreti sulla base di quest’ultima disposizione non è tale da privarlo
della possibilità di invocare utilmente l’art. 13 della decisione
n. 1/80.
53 D’altro canto, per quanto riguarda la nozione di
«situazione regolare» ai sensi dell’art. 13 della decisione n. 1/80,
risulta dalla giurisprudenza che essa implica che il lavoratore turco o il suo
familiare deve aver rispettato la normativa dello Stato membro ospitante in
materia di ingresso, soggiorno e, eventualmente lavoro, in modo da trovarsi
legittimamente nel territorio del detto Stato (v., in particolare, sentenza Abatay e a., cit., punto 84 e giurisprudenza ivi
citata). Così tale articolo non può applicarsi a un cittadino turco che versi
in una situazione irregolare (sentenza Abatay
e a., cit., punto 85).
54 A tale proposito, risulta dal fascicolo che il sig. Sahin è stato legalmente ammesso ad entrare e a soggiornare
nel territorio olandese e che, inoltre, le autorità nazionali competenti gli
hanno conferito il diritto incondizionato ad esercitare nello Stato membro
ospitante un’attività lavorativa di suo gradimento, diritto che egli ha
d’altronde effettivamente esercitato.
55 È pertanto pacifico che il sig. Sahin ha osservato tutte le norme nazionali pertinenti in
materia di polizia degli stranieri e di impiego, dal momento del suo ingresso
legale nei Paesi Bassi il 12 settembre 2000 e fino al 2 ottobre 2002, data
nella quale è scaduto il periodo di validità del suo permesso di soggiorno. In
particolare, l’interessato si trovava in situazione regolare in tale Stato
membro alla data di entrata in vigore della nuova normativa interna che
imponeva la riscossione di diritti per l’ottenimento e la proroga del permesso
di soggiorno e che, secondo il fascicolo a disposizione della Corte,
costituisce l’unico oggetto della causa principale.
56 Secondo le indicazioni fornite dal giudice del
rinvio, è solo a partire dal 3 ottobre 2002 che la situazione del
sig. Sahin, per quanto riguarda il soggiorno e
l’occupazione, è divenuta temporaneamente non conforme ai requisiti prescritti
dalla normativa nazionale, fino a quando, meno di sei mesi dopo la data di
scadenza della validità del suo permesso di soggiorno, l’interessato aveva
chiesto, nel rispetto delle forme e adempiendo all’obbligo di versare i diritti
previsti a tal fine, la proroga del summenzionato permesso.
57 Infatti, come ha precisato il giudice del rinvio, a
partire dalla data di tale domanda, il soggiorno del sig. Sahin nei Paesi Bassi doveva, in conformità del diritto
interno, essere nuovamente considerato regolare. Inoltre, in applicazione del
medesimo diritto, una siffatta domanda di rinnovo tardiva doveva essere
esaminata con riferimento alle condizioni nazionali richieste per la proroga
del permesso di soggiorno e non di quelle disciplinanti il rilascio del
summenzionato permesso.
58 Occorre aggiungere che non è contestato che il
sig. Sahin avrebbe ottenuto la proroga del suo
titolo di soggiorno se avesse versato in tempo utile i diritti relativi alla
sua domanda. Il fascicolo non contiene alcun elemento tale da far ritenere che
le autorità olandesi competenti avrebbero voluto mettere fine al soggiorno
dell’interessato o minacciato di espellerlo.
59 In ogni caso,
60 Spetterà al giudice del rinvio valutare, tenendo in
debito conto l’insieme di tali circostanze particolari che caratterizzano la
causa principale, se la situazione del sig. Sahin
nello Stato membro ospitante debba essere considerata come non più regolare,
per quanto riguarda il soggiorno e l’occupazione, ai fini dell’applicazione
dell’art. 13 della decisione n. 1/80.
61 Nell’ipotesi in cui tale condizione di regolarità
risultasse soddisfatta nel caso di specie, occorre statuire sul secondo quesito
contenuto nella domanda di pronuncia pregiudiziale, esposta al punto 47 della
presente sentenza, relativo al significato esatto della clausola di «standstill» dell’art. 13 della decisione n. 1/80.
Sulla portata della clausola di «standstill» prevista all’art. 13 della decisione
n. 1/80
62 A tale proposito, occorre anzitutto ricordare che da
giurisprudenza costante della Corte risulta che l’art. 13 della decisione
n. 1/80 può essere invocato dinanzi ai giudici degli Stati membri da
cittadini turchi ai quali è applicabile al fine di escludere l’applicazione
della normativa interna in contrasto con esso (v. sentenze 20 settembre 1990,
causa C‑192/89, Sevince, Racc. pag. I‑3461,
punto 26, nonché Abatay e a., cit., punti 58, 59
e 117, primo trattino).
63 Risulta altresì da giurisprudenza costante che la
clausola di «standstill» prevista al summenzionato
art. 13 proibisce in generale l’introduzione di qualsiasi nuova misura
interna che abbia per oggetto o per effetto di assoggettare l’esercizio da
parte di un cittadino turco della libera circolazione dei lavoratori sul
territorio nazionale a condizioni più restrittive di quelle che gli erano
applicabili al momento dell’entrata in vigore della decisione n. 1/80 nei confronti
dello Stato membro considerato (v. sentenza Abatay
e a., cit, punti 66 e 117, secondo trattino,
nonché per analogia, per quanto riguarda la clausola di «standstill»
in materia di diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi di cui
all’art. 41, n. 1, del protocollo addizionale, sentenza 19 febbraio
2009, causa C‑228/06, Soysal e Savatli, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).
64
65 Poiché
66 Nella fattispecie il giudice del rinvio ha già
rilevato che la normativa interna di cui trattasi deve essere considerata
«nuova» ai sensi dell’art. 13 della decisione n. 1/80, poiché essa è
stata adottata dopo l’entrata in vigore di quest’ultima.
67 Tuttavia,
68 Orbene, nella causa principale, da un lato, risulta
dal fascicolo che nei Paesi Bassi il rilascio dei documenti che certificano
l’identità dei cittadini nazionali è assoggettato al versamento di un diritto
di un determinato importo. Dall’altro lato, in applicazione dell’art. 25,
n. 2, della direttiva 2004/38, i documenti menzionati al n. 1 dello
stesso articolo, tra cui quelli relativi ai cittadini dell’Unione che entrano o
soggiornano in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza
e i permessi di soggiorno riguardanti i loro familiari, a prescindere dalla
loro cittadinanza, che li accompagnano o li raggiungono, sono rilasciati a
titolo gratuito o dietro versamento di una somma non eccedente quella richiesta
ai cittadini dello Stato membro di cui trattasi per il rilascio di documenti
analoghi.
69 Ne consegue che i lavoratori turchi e i loro familiari
non possono fondarsi validamente su una delle norme di status quo previste
nell’ambito dell’associazione CEE‑Turchia,
come l’art. 13 della decisione n. 1/80, per esigere che lo Stato
membro ospitante li esoneri dal pagamento di qualsiasi diritto in via
preliminare all’esame di una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno o
di proroga della sua validità, laddove, all’entrata in vigore di detta
decisione nei confronti di tale Stato membro, quest’ultimo Stato non li aveva
assoggettati ad alcun obbligo di siffatta natura. Infatti, una diversa
interpretazione non sarebbe conforme all’art. 59 del protocollo
addizionale, che vieta agli Stati membri di riservare ai cittadini turchi un
trattamento più favorevole di quello accordato ai cittadini comunitari che si
trovino in una situazione comparabile.
70 Quindi, la clausola di «standstill»
di cui all’art. 13 della decisione n. 1/80 non osta, di per se
stessa, all’introduzione di una normativa di questo tipo che condiziona il
rilascio di un permesso di soggiorno o la proroga della sua validità al
pagamento di diritti imposti agli stranieri residenti nel territorio dello
Stato membro interessato.
71 Cionondimeno una simile normativa non deve
comportare la creazione di una restrizione nel senso dell’art. 13 della
decisione n. 1/80. Infatti, letto in combinato disposto con l’art. 59
del protocollo addizionale, tale art. 13 implica che se è vero che un
cittadino turco a cui si applicano tali disposizioni non deve essere collocato
in una situazione più favorevole di quella dei cittadini comunitari, tuttavia
non gli si possono imporre obblighi nuovi sproporzionati rispetto a quelli
previsti per questi ultimi.
72 Orbene, dalla decisione di rinvio risulta che, al
momento dei fatti della causa principale, i cittadini turchi erano tenuti, in
applicazione della normativa olandese, a versare una somma di EUR 169 per
l’esame di una domanda di permesso di soggiorno o di proroga della sua
validità, mentre l’importo che poteva essere richiesto nei Paesi Bassi ai
cittadini comunitari per esaminare un’analoga domanda era di soli EUR 30.
Inoltre, è pacifico che il periodo di validità dei titoli di cui trattasi è talvolta più breve in caso di rilascio a cittadini turchi,
cosicché questi ultimi sono costretti a sollecitarne il rinnovo più spesso dei
cittadini comunitari e pertanto l’onere finanziario risulta rilevante per i
detti cittadini turchi, tanto più che la somma versata non viene rimborsata in
caso di rigetto della domanda.
73 A tale riguardo, il governo olandese non ha
invocato, né nelle osservazioni scritte presentate alla Corte né in risposta ai
quesiti che gli sono stati rivolti nel corso dell’udienza, alcun argomento
pertinente tale da giustificare una differenza così rilevante dell’importo dei diritti
imposti ai cittadini turchi rispetto a quello previsto per i cittadini
comunitari. In tale contesto occorre precisare che non può essere accolta la
tesi del governo olandese secondo cui le ricerche e i controlli preliminari al
rilascio di un titolo di soggiorno ad un cittadino turco sarebbero più
complessi e maggiormente onerosi di quelli necessari per un cittadino
comunitario, poiché, in applicazione della normativa olandese, il versamento
del diritto costituisce un’operazione preliminare allo stesso esame della
domanda di permesso di soggiorno o di proroga della sua validità e poiché,
d’altra parte, nulla impedisce ad uno Stato membro di esigere che il
richiedente stesso fornisca alle autorità competenti un fascicolo contenente
tutti i documenti giustificativi richiesti a sostegno di tale domanda.
74 Occorre quindi concludere che una normativa
nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale costituisce una
restrizione vietata dall’art. 13 della decisione n. 1/80 in quanto,
ai fini dell’esame di una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno o di
proroga della sua validità, impone il versamento a carico dei cittadini turchi,
a cui si applica detto art. 13, di diritti per un importo sproporzionato
rispetto a quello richiesto, in circostanze analoghe, ai cittadini comunitari.
75 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono,
occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che l’art. 13 della
decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che osta all’introduzione,
a partire dall’entrata in vigore di tale decisione rispetto allo Stato membro
di cui trattasi, di una normativa interna, come quella di cui alla causa
principale, che fa dipendere il rilascio di un permesso di soggiorno o la
proroga della sua validità dal pagamento di diritti, qualora l’importo dei
diritti a carico dei cittadini turchi sia sproporzionato rispetto a quello
richiesto ai cittadini comunitari.
Sulle spese
76 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi
L’art. 13 della
decisione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo
dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito
dall’Accordo che crea un’associazione tra
(Seguono le firme)