Corte di Giustizia delle Comunità europee (Terza
Sezione), 4 giugno 2009
C-22/08 e C-23/08, A. Vatsouras, J. Koupatantze – Arbeitsgemeinschaft
(ARGE) Nürnberg 900
Nei procedimenti riuniti C‑22/08 e C‑23/08,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Sozialgericht Nürnberg (Germania), con decisioni datate 18 dicembre 2007,
pervenute in cancelleria il 22 gennaio 2008, nei procedimenti
Athanasios Vatsouras (C‑22/08),
Josif Koupatantze (C‑23/08)
contro
Arbeitsgemeinschaft
(ARGE) Nürnberg 900,
composta dal sig. A. Rosas, presidente di
sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J.N. Cunha Rodrigues (relatore), U. Lõhmus
e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer,
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore,
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 febbraio 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e
C. Blaschke, in qualità di agenti;
– per
il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg
e dalla sig.ra B. Weis Fogh,
in qualità di agenti;
– per
il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels
e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;
– per
il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao
e dal sig. J. Coppel, in qualità di agenti;
– per
il Parlamento europeo, dai sigg. E. Perillo,
A. Auersperger Matić
e U. Rösslein, in qualità di agenti;
– per
il Consiglio dell’Unione europea, dalle sigg.re
M. Veiga e M. Simm,
in qualità di agenti;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12
marzo 2009,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono
sull’interpretazione degli artt. 12 CE e 39 CE, nonché sulla
validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68
ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE,
75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158,
pag. 77, e rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, L 197,
pag. 34, nonché GU 2007, L 204, pag. 28).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito delle
controversie che oppongono i sigg. Vatsouras e Koupatantze all’Arbeitsgemeinschaft
(ARGE) Nürnberg 900 (ente consortile per il lavoro,
l’assistenza e l’integrazione sociale di Norimberga 900; in prosieguo: l’«ARGE»)
in merito all’annullamento delle prestazioni di base per persone in cerca di
occupazione di cui avevano beneficiato.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Il primo ed il nono ‘considerando’ della direttiva
2004/38 sono formulati nei seguenti termini:
«(1) La
cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto
primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio
degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal
trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso.
(…)
(9) I
cittadini dell’Unione dovrebbero aver il diritto di soggiornare nello Stato
membro ospitante per un periodo non superiore a tre mesi senza altra formalità
o condizione che il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in
corso di validità, fatto salvo un trattamento più favorevole applicabile ai
richiedenti lavoro, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia».
4 L’art. 6 della direttiva 2004/38 enuncia quanto
segue:
«1. I
cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un
altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna
condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un
passaporto in corso di validità.
2. Le
disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in possesso di un
passaporto in corso di validità non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
che accompagnino o raggiungano il cittadino dell’Unione».
5 L’art. 7 della direttiva 2004/38 così dispone:
«1. Ciascun
cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a
tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
a) di
essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; (…).
(…)
3. Ai
sensi del paragrafo 1, lettera a), il cittadino dell’Unione che abbia cessato
di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva la qualità di
lavoratore subordinato o autonomo nei seguenti casi:
(…)
c) l’interessato,
trovandosi in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al
termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno o
venutosi a trovare in tale stato durante i primi dodici mesi, si è registrato
presso l’ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro. In
tal caso, l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un
periodo che non può essere inferiore a sei mesi;
(…)».
6 L’art. 14 di tale direttiva prevede, in
particolare, che
«1. I
cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno
di cui all’articolo 6 finché non diventano un onere eccessivo per il sistema di
assistenza sociale dello Stato membro ospitante.
2. I
cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno
di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli
stessi.
(…)
4. In
deroga ai paragrafi 1 e 2 e senza pregiudizio delle disposizioni del capitolo VI, un provvedimento di allontanamento non può essere
adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari qualora:
(…)
b) i
cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato membro ospitante
per cercare un posto di lavoro. In tal caso i cittadini dell’Unione e i membri
della loro famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini
dell’Unione possono dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e
di avere buone possibilità di trovarlo».
7 Ai sensi dell’art. 24 della direttiva 2004/38:
«1. Fatte
salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal
diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente
direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento
rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il
beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di
uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di
soggiorno permanente.
2. In
deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il
diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di
soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all’articolo
14, paragrafo 4, lettera b), né è tenuto a concedere prima dell’acquisizione
del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa
la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per
studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non
mantengano tale status o loro familiari».
La normativa nazionale
8 L’art. 7, n. 1, del libro II del codice
tedesco della previdenza sociale – Prestazioni di base in favore dei
disoccupati (Sozialgesetzbuch II, in prosieguo,
l’«SGB II») così dispone:
«1. Le
prestazioni previste dal presente libro vengono erogate a coloro che:
1) siano
di età superiore a quindici anni, ma inferiore a sessantacinque,
2) siano
abili al lavoro,
3) si
trovino in stato di bisogno, e,
4) abbiano
la propria residenza abituale nella Repubblica federale di Germania (…).
Sono esclusi (…)
2. gli
stranieri il cui diritto di soggiorno sia giustificato unicamente dalla
finalità di ricercare un lavoro, i loro familiari, nonché i soggetti
legittimati a ricevere prestazioni in forza dell’art. 1 della legge sulle
prestazioni a favore dei richiedenti asilo (Asylbewerberleistungsgesetz).
Restano impregiudicate le disposizioni in materia di diritto di soggiorno».
9 In forza dell’art. 23, n. 3, del libro XII
del codice tedesco della previdenza sociale – Assistenza sociale in favore
degli stranieri (Sozialgesetzbuch XII), gli stranieri
che abbiano fatto ingresso nel paese per ottenere un’assistenza sociale, ovvero
il cui diritto di soggiorno sia giustificato unicamente dalla finalità di
ricercare lavoro, non hanno diritto a ricevere prestazioni di assistenza
sociale.
10 L’art. 1 della suddetta legge sulle prestazioni
assistenziali a favore dei richiedenti asilo enuncia quanto segue:
«1. Hanno
titolo per beneficiare delle prestazioni ai sensi della presente legge gli
stranieri che risiedono effettivamente nel territorio federale e che
1) siano
in possesso di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno ai sensi della legge
sulle procedure in materia di asilo (Asylverfahrensgesetz).
(…)».
Cause principali e
questioni pregiudiziali
Causa C‑22/08
11 Il sig. Vatsouras,
nato il 10 dicembre 1973 e cittadino greco, faceva il suo ingresso in Germania
nel marzo 2006.
12 Il 10 luglio 2006, egli presentava dinanzi all’ARGE
una richiesta di prestazioni ai sensi dell’SGB II, che gli venivano
concesse, con decisione 27 luglio 2006 dell’ARGE, fino al 30 novembre 2006.
Poiché il reddito percepito dal sig. Vatsouras a
titolo della sua attività professionale era stato dedotto dalle prestazioni in
questione, il loro importo mensile ammontava a EUR 169. Con decisione 29
gennaio 2007 dell’ARGE, il diritto a tali prestazioni veniva prorogato fino al
31 maggio 2007.
13 L’attività professionale del sig. Vatsouras terminava alla fine del mese di gennaio 2007.
14 Con decisione 18 aprile 2007, l’ARGE annullava tali
prestazioni con effetto a partire dal 30 aprile 2007. L’opposizione proposta
dal sig. Vatsouras avverso detta decisione
veniva respinta mediante la decisione dell’ARGE 4 luglio 2007, con la
motivazione che egli non era legittimato a percepire tali prestazioni ai sensi
dell’art. 7, n. 1, seconda frase, punto 2, dell’SGB II.
Il sig. Vatsouras proponeva ricorso
giurisdizionale contro quest’ultima decisione dinanzi al Sozialgericht
Nürnberg.
15 Nel frattempo, il 4 giugno 2007, il sig. Vatsouras riprendeva a svolgere un’attività professionale
che gli consentiva di non dovere più dipendere dall’assistenza sociale.
Causa C‑23/08
16 Il sig. Koupatantze,
nato il 15 maggio 1952, è un cittadino greco.
17 Egli faceva ingresso in Germania nell’ottobre 2006 e
accettava un impiego il successivo 1° novembre. Il suo contratto di lavoro
veniva risolto il 21 dicembre dello stesso anno in ragione della mancanza di
ordinativi riscontrata dal datore di lavoro.
18 Il 22 dicembre 2006, il sig. Koupatantze presentava dinanzi all’ARGE una richiesta di
prestazioni di base per persone in cerca di occupazione ai sensi
dell’SGB II. Con decisione dell’ARGE 15 gennaio 2007, gli veniva accordata
una prestazione di importo mensile pari a EUR 670 fino al 31 maggio 2007.
Tuttavia, con decisione 18 aprile 2007, l’ARGE annullava tale prestazione con
effetto a partire dal 28 aprile 2007.
19 L’opposizione proposta dal sig. Koupatantze avverso quest’ultima decisione veniva respinta
mediante decisione dell’ARGE 11 maggio 2007, con la motivazione che egli non
era legittimato a percepire tali prestazioni ai sensi dell’art. 7,
n. 1, seconda frase, punto 2, dell’SGB II. Il sig. Koupatantze proponeva ricorso contro tale decisione dinanzi
al giudice del rinvio.
20 A far data dal 1° giugno 2007, il sig. Koupatantze riprendeva a svolgere un’attività professionale
che gli consentiva di non dovere più dipendere dall’assistenza sociale.
Le questioni pregiudiziali
21 In data 18 dicembre 2007, il Sozialgericht
Nürnberg ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se
l’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38 (…) sia compatibile con
l’art. 12 CE in combinato disposto con l’art. 39 CE.
2) In
caso di soluzione negativa della questione sub 1), se l’art. 12 CE in
combinato disposto con l’art. 39 CE osti ad una normativa nazionale
che esclude i cittadini dell’Unione dalla possibilità di beneficiare
dell’assistenza sociale, qualora sia stata superata la durata massima del
soggiorno consentita ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2004/38 (…), e
non sussista un diritto di soggiorno neppure in forza di altre disposizioni.
3) In
caso di soluzione affermativa della questione sub 1), se l’art. 12 CE
osti ad una normativa nazionale che esclude i cittadini di uno Stato membro
dell’Unione europea dalla possibilità di beneficiare persino delle prestazioni
di assistenza sociale che vengono concesse agli immigrati irregolari».
22 Con ordinanza 7 aprile 2008, le cause C‑22/08
e C‑23/08 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del
procedimento, come pure della sentenza.
Sulle questioni
pregiudiziali
Osservazioni preliminari
23 Sebbene nell’ambito della ripartizione delle competenze
tra giudici comunitari e nazionali spetti, in linea di massima, al giudice
nazionale verificare che sussistano, nella causa dinanzi ad esso pendente, le
condizioni di fatto tali da comportare l’applicazione di una norma comunitaria,
24 Come risulta dalla decisione di rinvio, le questioni
deferite si fondano sulla premessa che, all’epoca dei fatti oggetto della causa
principale, i sigg. Vatsouras e Koupatantze non avevano la qualità di «lavoratore» ai sensi
dell’art. 39 CE.
25 Il giudice del rinvio ha constatato che l’attività
professionale «in forma ridotta, di breve durata» esercitata dal sig. Vatsouras era «inidonea a garantirgli i mezzi di
sussistenza» e che l’attività del sig. Koupatantze
«è durata poco più di un mese».
26 A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo una
giurisprudenza costante, la nozione di «lavoratore» ai sensi
dell’art. 39 CE ha portata comunitaria e non dev’essere
interpretata restrittivamente. Per essere qualificato come «lavoratore», un
soggetto deve svolgere attività reali ed effettive, restando escluse quelle
attività talmente ridotte da potersi definire puramente marginali e accessorie.
La caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è, secondo questa
giurisprudenza, il fatto che una persona fornisca per un certo periodo di
tempo, in favore e sotto la direzione di un’altra persona, prestazioni in
contropartita delle quali percepisce una retribuzione (v., in particolare,
sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum,
Racc. pag. 2121, punti 16 e 17, nonché 11 settembre 2008, causa C‑228/07,
Petersen, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 45).
27 Né il livello limitato della retribuzione stessa, né
l’origine delle risorse per quest’ultima, possono avere alcuna conseguenza
sulla qualità di «lavoratore» ai sensi del diritto comunitario (v. sentenze 31
maggio 1989, causa 344/87, Bettray,
Racc. pag. 1621, punto 15, nonché 30 marzo 2006, causa C‑10/05,
Mattern e Cikotic,
Racc. pag. I‑3145, punto 22).
28 Il fatto che il reddito proveniente da un’attività
di lavoro subordinato sia inferiore al minimo vitale non impedisce di
qualificare chi la svolge come «lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE
(v. sentenze 23 marzo 1982, causa 53/81, Levin,
Racc. pag. 1035, punti 15 e 16, nonché 14 dicembre 1995, causa C‑317/93,
Nolte, Racc. pag. I‑4625, punto 19), anche se la persona in
questione cerca di integrare tali proventi con altri mezzi di sussistenza, come
un aiuto finanziario a carico dello Stato di residenza (v. sentenza 3 giugno
1986, causa 139/85, Kempf, Racc. pag. 1741,
punto 14).
29 Inoltre, relativamente alla durata dell’attività
esercitata, la circostanza che un’attività di lavoro subordinato sia di breve
durata non può, di per sé, escluderla dall’ambito di applicazione
dell’art. 39 CE (v. sentenze 26 febbraio 1992, causa C‑3/90,
Bernini, Racc. pag. I‑1071, punto 16, e 6 novembre 2003, causa
C‑413/01, Ninni-Orasche, Racc. pag. I‑13187,
punto 25).
30 Ne consegue che, indipendentemente dal livello
limitato della retribuzione e dalla breve durata dell’attività professionale,
non si può escludere che le autorità nazionali reputino quest’ultima, alla luce
di una valutazione complessiva del rapporto di lavoro in questione, come reale
ed effettiva, e, quindi, idonea a conferire a chi la esercita lo status di
«lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE.
31 Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio pervenisse
ad una siffatta conclusione in ordine alle attività esercitate dai sigg. Vatsouras e Koupatantze, questi
ultimi potrebbero conservare lo status di «lavoratori» per almeno sei mesi,
purché risultino soddisfatte le condizioni enunciate all’art. 7,
n. 3, lett. c), della direttiva 2004/38. Dette valutazioni di fatto
devono essere compiute esclusivamente dal giudice nazionale.
32 Qualora i sigg. Vatsouras
e Koupatantze avessero conservato il proprio status
di lavoratori, essi avrebbero avuto diritto a percepire, nel suddetto periodo
di almeno sei mesi, prestazioni come quelle previste dall’SGB II, in
applicazione dell’art. 24, n. 1, della direttiva 2004/38.
Sulla prima questione
33 Mediante tale questione, il giudice del rinvio
chiede se l’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38 sia compatibile
con l’art. 12 CE in combinato disposto con l’art. 39 CE.
34 L’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38
stabilisce una deroga al principio della parità di trattamento di cui godono i
cittadini dell’Unione, diversi dai lavoratori subordinati o autonomi, dai
soggetti che mantengano tale status e dai loro familiari, che soggiornano nel
territorio di uno Stato membro ospitante.
35 Secondo detta disposizione, lo Stato membro ospitante non è
tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale, in
particolare, ai disoccupati durante il lasso di tempo più lungo nel quale essi
hanno il diritto di soggiornarvi.
36 I cittadini di uno Stato membro alla ricerca di
un’occupazione in un altro Stato membro rientrano nell’ambito di applicazione
dell’art. 39 CE, e, pertanto, beneficiano del diritto alla parità di
trattamento previsto al n. 2 di tale disposizione (sentenza 15 settembre
2005, causa C‑258/04, Ioannidis,
Racc. pag. I‑8275, punto 21).
37 Inoltre, tenuto conto dell’istituzione della
cittadinanza dell’Unione e dell’interpretazione giurisprudenziale del diritto
alla parità di trattamento di cui godono i cittadini dell’Unione, non si può
più escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 39, n. 2, CE una
prestazione di natura finanziaria destinata a facilitare l’accesso all’occupazione
sul mercato del lavoro di uno Stato membro (sentenze 23 marzo 2004, causa C‑138/02,
Collins, Racc. pag. I‑2703, punto 63, e Ioannidis,
cit., punto 22).
38 Tuttavia, è legittimo che uno Stato membro
attribuisca una siffatta prestazione soltanto previo accertamento
dell’esistenza di un legame reale tra chi è alla ricerca di un lavoro ed il
mercato del lavoro del medesimo Stato (sentenze 11 luglio 2002, causa C‑224/98,
D’Hoop, Racc. pag. I‑6191, punto 38,
e Ioannidis, cit., punto 30).
39 L’esistenza di un legame del genere potrebbe essere
verificata, in particolare, accertando che la persona di cui trattasi ha
effettivamente e concretamente cercato un lavoro nello Stato membro in
questione per un periodo di una durata ragionevole (sentenza Collins, cit.,
punto 70).
40 Ne consegue che i cittadini degli Stati membri alla
ricerca di un lavoro in un altro Stato membro, i quali abbiano stabilito legami
reali con il mercato del lavoro di quest’ultimo, possono avvalersi
dell’art. 39, n. 2, CE al fine di beneficiare di una prestazione di
natura finanziaria destinata a facilitare l’accesso al mercato del lavoro.
41 Spetta alle competenti autorità nazionali e, ove
occorra, ai giudici nazionali, non solo constatare l’esistenza di un legame
reale con il mercato del lavoro, ma altresì esaminare gli elementi costitutivi
della suddetta prestazione, ed in particolare i suoi obiettivi e le condizioni
per la sua concessione.
42 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57
delle sue conclusioni, l’obiettivo della prestazione dev’essere
esaminato con riguardo ai suoi risultati e non alla sua struttura formale.
43 Una condizione come quella prevista all’art. 7,
n. 1, dell’SGB II, nella misura in cui implica che l’interessato dev’essere in grado di esercitare un’attività lavorativa,
potrebbe rappresentare un indizio del fatto che la prestazione è destinata a
facilitare l’accesso all’occupazione.
44 In ogni caso, l’eccezione prevista all’art. 24,
n. 2, della direttiva 2004/38 dev’essere
interpretata alla luce dell’art. 39, n. 2, CE.
45 Le prestazioni di natura finanziaria che, a
prescindere dalla qualificazione che ne dà la legislazione nazionale, siano
destinate a facilitare l’accesso al mercato del lavoro, non possono essere considerate
«prestazioni d’assistenza sociale», ai sensi dell’art. 24, n. 2,
della direttiva 2004/38.
46 In considerazione di quanto precede, occorre
dichiarare che dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento
tale da compromettere la validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva
2004/38 con riguardo al diritto dei cittadini degli Stati membri che cercano
un’occupazione in un altro Stato membro.
Sulla seconda questione
47 In considerazione della soluzione alla prima
questione, non occorre risolvere la seconda questione.
Sulla terza questione
48 Mediante tale questione, il giudice del rinvio mira
a sapere se l’art. 12 CE osti ad una normativa nazionale che escluda
i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea dalla possibilità di
beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse agli
immigrati irregolari.
49 Nell’ambito di tale questione, il giudice del rinvio
fa riferimento alle disposizioni della legge sulle prestazioni a favore dei
richiedenti asilo, il cui art. 1, n. 1, primo comma, prevede che gli
stranieri effettivamente residenti nel territorio della Repubblica federale di
Germania hanno diritto alle suddette prestazioni non appena divengano titolari
di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno per richiedenti asilo.
50 Si deve quindi intendere la questione deferita nel
senso che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 12 CE
osti a una normativa nazionale che escluda i cittadini degli Stati membri dalla
possibilità di beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che vengono
invece concesse ai cittadini di Stati terzi.
51 L’art. 12, primo comma, CE vieta, nell’ambito
di applicazione del Trattato e senza pregiudizio delle disposizioni particolari
dallo stesso previste, qualsiasi discriminazione effettuata in base alla
nazionalità.
52 Tale
disposizione riguarda le
situazioni, rientranti nell’ambito di applicazione del diritto comunitario,
nelle quali un cittadino di uno Stato membro subisce un trattamento discriminatorio
rispetto ai cittadini di un altro Stato membro per la sola ragione della sua
nazionalità, e non trova applicazione nel caso di un’eventuale disparità di
trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli degli Stati terzi.
53 Per tali ragioni, si deve risolvere la terza
questione nel senso che l’art. 12 CE non osta ad una normativa
nazionale che escluda i cittadini degli Stati membri dalla possibilità di
beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse ai cittadini
di Stati terzi.
Sulle spese
54 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi
1) Dall’esame
della prima questione non è emerso alcun elemento tale da compromettere la
validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE)
n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, con
riguardo al diritto dei cittadini degli Stati membri che cercano un’occupazione
in un altro Stato membro.
2) L’art. 12 CE
non osta ad una normativa nazionale che escluda i cittadini degli Stati membri
dalla possibilità di beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che
vengono concesse ai cittadini di Stati terzi.
(Seguono le firme)