Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda
Sezione), 3 settembre 2009
C-2/08, Amministrazione dell’Economia e
delle Finanze –
Fallimento Olimpiclub Srl
Nel procedimento C‑2/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte suprema di cassazione, con
decisione 10 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 2 gennaio 2008, nella
causa
Amministrazione
dell’Economia e delle Finanze,
Agenzia delle Entrate
contro
Fallimento Olimpiclub Srl,
composta dal sig. C.W.A. Timmermans,
presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann
(relatore), P. Kūris, L. Bay Larsen e dalla sig.ra C. Toader,
giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per
la Fallimento Olimpiclub Srl,
dall’avv. G. Tinelli;
– per
il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente,
assistita dal sig. P. Gentili e dalla sig.ra W. Ferrante,
avvocati dello Stato;
– per
il governo slovacco, dalla sig.ra B. Ricziová,
in qualità di agente;
– per
la Commissione delle Comunità europee, dal sig. E. Traversa e dalla
sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24
marzo 2009,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata in un
contenzioso in materia di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).
2 Questa
domanda è stata presentata
nell’ambito di una controversia tra la Fallimento Olimpiclub
Srl (in prosieguo: l’«Olimpiclub») e
l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze (in prosieguo:
l’«amministrazione fiscale») vertente su quattro avvisi di rettifica in materia
di IVA inviati all’Olimpiclub per le annualità fiscali
1988‑1991.
Normativa nazionale
3 L’art. 2909 del codice civile italiano,
intitolato «Cosa giudicata», dispone quanto segue:
«L’accertamento contenuto nella sentenza passata in
giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa».
4 Tale
articolo è stato interpretato
dalla Corte suprema di cassazione nella sua sentenza n. 13916/06 nei
termini seguenti:
«(...) Qualora due giudizi
tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno
di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento
così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di
questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad
entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione
contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso
punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia
finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo».
Causa principale e
questione pregiudiziale
5 L’Olimpiclub, società a
responsabilità limitata il cui oggetto sociale è la costruzione e la gestione
di infrastrutture sportive, è proprietaria di un complesso di attrezzature
sportive ubicate su un terreno di proprietà del demanio dello Stato italiano. Il 27 dicembre 1985 essa ha stipulato con l’Associazione
Polisportiva Olimpiclub (in prosieguo:
l’«Associazione»), associazione non avente scopo di lucro, i cui membri fondatori
coincidevano per la maggior parte con i detentori delle quote sociali dell’Olimpiclub, un contratto che consentiva all’Associazione di
usare tutte le attrezzature del complesso sportivo (in prosieguo: il
«comodato»). A titolo di corrispettivo, l’Associazione doveva, in primo
luogo, assumere a proprio carico il pagamento allo Stato italiano del canone
demaniale (somma da versare ogni anno a titolo della concessione in uso del
terreno), in secondo luogo, versare ogni anno ITL 5 milioni a titolo di rimborso
delle spese forfettarie annuali e, in terzo luogo, trasferire all’Olimpiclub tutte le entrate lorde dell’Associazione,
consistenti nell’ammontare complessivo delle quote associative annuali versate
dai suoi soci.
6 Nel 1992, l’amministrazione fiscale ha effettuato
verifiche concernenti detto comodato ed è giunta alla conclusione che le parti
di tale contratto, mediante un atto formalmente lecito, avevano perseguito, in
realtà, esclusivamente il fine di eludere la legge per conseguire un vantaggio
fiscale. Così, l’Olimpiclub avrebbe trasferito ad un’associazione non avente fini di lucro tutte le incombenze
amministrative e gestionali del complesso sportivo interessato, pur
beneficiando del reddito prodotto da tale associazione sotto forma di quote
associative versate dai membri della medesima e, a tale titolo, non soggetto ad
IVA. Avendo pertanto considerato che il contratto di comodato era inopponibile, l’amministrazione fiscale ha attribuito all’Olimpiclub tutto il reddito lordo prodotto dall’Associazione
durante gli anni oggetto del controllo fiscale e ha rettificato, di
conseguenza, con quattro avvisi di rettifica, le dichiarazioni dell’IVA
presentate dall’Olimpiclub per le annualità fiscali
1988‑1991.
7 L’Olimpiclub ha proposto
un ricorso avverso tali avvisi di rettifica dinanzi alla Commissione tributaria
provinciale di primo grado di Roma la quale ha accolto tale ricorso,
dichiarando che l’amministrazione fiscale aveva erroneamente posto nel nulla
gli effetti giuridici del contratto di comodato, poiché non aveva dimostrato
l’esistenza di un accordo fraudolento.
8 L’amministrazione fiscale ha interposto appello
avverso tale decisione dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio,
la quale l’ha confermata. Secondo tale giudice, l’amministrazione fiscale non
aveva dimostrato l’esistenza di un intento fraudolento delle due parti che
avevano stipulato il comodato, posto che le ragioni che le avevano indotte a
stipularlo potevano legittimamente essere individuate nell’antieconomicità
della gestione diretta di attività essenzialmente sportive da parte di una
società commerciale.
9 L’amministrazione fiscale ha proposto un ricorso per
cassazione avverso tale ultima decisione dinanzi al giudice del rinvio.
Intervenuto, nelle more, il fallimento dell’Olimpiclub,
il curatore fallimentare si è costituito in giudizio nel procedimento per
cassazione in qualità di resistente.
10 Nell’ambito di tale procedimento, il curatore ha
fatto valere due sentenze della Commissione tributaria regionale del Lazio
passate in giudicato e aventi ad oggetto avvisi di rettifica in materia di IVA
redatti in seguito al medesimo controllo fiscale riguardante l’Olimpiclub, ma concernenti altre annualità fiscali, vale a
dire le sentenze nn. 138/43/00 e 67/01/03,
relative, rispettivamente, alle annualità fiscali 1992 e 1987.
11 Anche se tali sentenze si riferivano a periodi
d’imposta diversi, gli accertamenti ivi operati nonché la soluzione adottata
sarebbero diventati vincolanti nella causa principale, in virtù
dell’art. 2909 del codice civile che sancisce il principio dell’autorità
di cosa giudicata.
12 Risulta dalla decisione di rinvio che, in materia
fiscale, i giudici italiani, interpretando l’art. 2909 del codice civile,
sono restati a lungo ancorati al cosiddetto principio della frammentazione dei
giudicati, in base al quale ogni annualità fiscale conserva la propria
autonomia rispetto alle altre ed è oggetto, tra contribuente e fisco, di un
rapporto giuridico distinto rispetto a quelli relativi alle annualità
precedenti e successive, per cui, qualora le controversie vertenti su annualità
diverse di una medesima imposta (pur riguardando questioni analoghe) siano
decise con sentenze separate, ciascuna controversia conserva la propria autonomia
e la decisione che vi pone fine non ha alcuna autorità di giudicato nei
confronti delle controversie afferenti ad altre annualità fiscali.
13 Tuttavia, tale impostazione sarebbe stata
recentemente modificata, in particolare per l’abbandono del principio della
frammentazione dei giudicati. Ormai la soluzione derivante da una sentenza
pronunciata in una controversia, quando gli accertamenti che vi si riferiscono
riguardano questioni analoghe, può essere utilmente invocata in un’altra
controversia, benché detta sentenza sia relativa ad un periodo d’imposta
diverso da quello che costituisce l’oggetto del procedimento in cui è stata
invocata.
14 Poiché le due sentenze menzionate al punto 10 della
presente sentenza hanno accertato l’esistenza di validi motivi economici che
giustificavano la stipulazione di un contratto di comodato tra l’Associazione e
l’Olimpiclub, ed erano dunque favorevoli a
quest’ultima, la convenuta nella causa principale ha sostenuto che il ricorso
per cassazione deve essere dichiarato irricevibile in quanto è diretto a far
statuire di nuovo sulle medesime questioni di diritto e di fatto.
15 È alla luce di tali elementi che il giudice del
rinvio si considera vincolato da dette sentenze che attestano definitivamente
il carattere reale, lecito e non fraudolento del comodato. Tuttavia, esso
rileva che ciò potrebbe tradursi nella sua impossibilità di esaminare la causa
principale alla luce della normativa comunitaria e della giurisprudenza della
Corte in materia di IVA, in particolare della sentenza 21 febbraio 2006, causa
C‑255/02, Halifax e a. (Racc. pag. I‑1609) e,
eventualmente, di accertare l’esistenza di un abuso di diritto.
16 Il giudice del rinvio fa particolare riferimento
alla sentenza 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini
(Racc. pag. I‑6199) in cui la Corte ha affermato che il diritto
comunitario osta all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale,
come l’art. 2909 del codice civile, volta a sancire il principio
dell’autorità di cosa giudicata, nei limiti in cui l’applicazione di tale
disposizione impedisce il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto
con il diritto comunitario. Esso osserva che tale sentenza sembra illustrare
una certa tendenza nella giurisprudenza della Corte a relativizzare il valore
del giudicato nazionale e a esigere di non tener conto di tale giudicato al
fine di rispettare il primato delle disposizioni del diritto comunitario ed
evitare un conflitto con le medesime. Il giudice del rinvio si riferisce a tal
proposito alle sentenze 1° giugno 1999, causa C‑126/97, Eco Swiss (Racc. pag. I‑3055); 28 giugno
2001, causa C‑118/00, Larsy
(Racc. pag. I‑5063); 7 gennaio 2004, causa C‑201/02,
Wells (Racc. pag. I‑723), nonché 13 gennaio 2004, causa C‑453/00,
Kühne & Heitz
(Racc. pag. I‑837).
17 Poiché la riscossione dell’IVA svolge un ruolo
importante nella costituzione delle risorse proprie della Comunità europea, il
giudice del rinvio si chiede se la giurisprudenza della Corte esiga che non sia
riconosciuto carattere vincolante ad una sentenza nazionale che ha acquisito,
in virtù del diritto interno, autorità di cosa giudicata. Nella causa
principale, l’applicazione dell’art. 2909 del codice civile potrebbe
impedire la piena attuazione del principio della lotta all’abuso di diritto,
elaborato dalla giurisprudenza della Corte in materia di IVA quale strumento
diretto a garantire la piena applicazione del regime comunitario dell’IVA,
riferendosi tale giudice, a questo riguardo, alla citata sentenza Halifax
e a..
18 In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha
deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se il diritto comunitario osti all’applicazione di
una disposizione del diritto nazionale, come quella di cui all’art. 2909
[del codice civile], tesa a sancire il principio dell’autorità di cosa
giudicata, quando tale applicazione venga a consacrare un risultato
contrastante con il diritto comunitario, frustrandone l’applicazione, anche in
settori diversi da quello degli aiuti di Stato (per cui, v. [sentenza] (...)
Lucchini [citata]) e, segnatamente, in materia di IVA e di abuso di diritto
posto in essere per conseguire indebiti risparmi d’imposta, avuto, in
particolare, riguardo anche al criterio di diritto nazionale, così come
interpretato dalla giurisprudenza d[ella Corte suprema di cassazione], secondo
cui, nelle controversie tributarie, il giudicato esterno, qualora
l’accertamento consacrato concerna un punto fondamentale comune ad altre cause,
esplica, rispetto a questo, efficacia vincolante anche se formatosi in
relazione ad un diverso periodo d’imposta».
Sulla questione
pregiudiziale
19 Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il
diritto comunitario osti all’applicazione, in circostanze come quelle della
causa principale, di una disposizione di diritto nazionale, come
l’art. 2909 del codice civile, in una controversia vertente sull’IVA
afferente ad un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una
sentenza definitiva, nel caso in cui la disposizione di cui trattasi impedisca
a tale giudice di prendere in considerazione le norme di diritto comunitario in
materia di pratiche abusive legate a detta imposta.
20 Occorre innanzitutto sottolineare che, per risolvere
tale questione, è irrilevante che il giudice del rinvio non abbia esposto in
modo dettagliato le ragioni per cui si potrebbe dubitare del carattere reale,
lecito e non fraudolento del comodato.
21 L’Olimpiclub ha fatto
valere il principio dell’autorità di cosa giudicata, come interpretato
nell’ordinamento giuridico italiano e descritto al punto 13 della presente
sentenza, per sostenere che l’accertamento del carattere reale, lecito e non
fraudolento del comodato, contenuto nelle sentenze anteriori relative a periodi
d’imposta diversi, ha carattere vincolante e definitivo.
22 A tal riguardo, occorre rammentare l’importanza che
il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento
giuridico comunitario sia negli ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, al
fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia
una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni
giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili
o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possano più
essere rimesse in discussione (sentenza 30 settembre 2003, causa C‑224/01,
Köbler, Racc. pag. I‑10239,
punto 38, e 16 marzo 2006, causa C‑234/04, Kapferer,
Racc. pag. I‑2585, punto 20).
23 Ne consegue che il diritto comunitario non impone ad
un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che
attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò
permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da
parte di tale decisione (v. sentenza Kapferer, cit.,
punto 21).
24 In assenza di una normativa comunitaria in materia,
le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata
rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del
principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Esse non devono tuttavia
essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura
interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in
pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti
conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)
(v., in tal senso, sentenza Kapferer, cit., punto
22).
25 La citata sentenza Lucchini non è atta a rimettere
in discussione l’analisi sopra svolta. Infatti, tale sentenza riguardava una
situazione del tutto particolare in cui erano in questione principi che
disciplinano la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la
Comunità in materia di aiuti di Stato, posto che la Commissione delle Comunità
europee dispone di una competenza esclusiva per esaminare la compatibilità di
una misura nazionale di aiuti di Stato con il mercato comune (v., in tal senso,
sentenza Lucchini, cit., punti 52 e 62). La presente causa non solleva siffatte
questioni di ripartizione delle competenze.
26 Nella fattispecie si pone, più in particolare, la
questione se l’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata
cui fa riferimento il giudice del rinvio, secondo cui, nelle controversie in
materia fiscale, la cosa giudicata in una determinata causa, in quanto verte su
un punto fondamentale comune ad altre cause, ha, su tale punto, una portata
vincolante, anche se gli accertamenti operati in tale occasione si riferiscono
ad un periodo d’imposta diverso, sia compatibile con il principio di
effettività.
27 A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha
già affermato che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma
processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile
l’applicazione del diritto comunitario dev’essere
esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento,
dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi
giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se
necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale
nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della
certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza 14
dicembre 1995, causa C‑312/93, Peterbroeck,
Racc. pag. I‑4599, punto 14).
28 Occorre dunque esaminare più in particolare se
l’interpretazione soprammenzionata dell’art. 2909 del codice civile possa
essere giustificata alla luce della salvaguardia del principio della certezza
del diritto, tenuto conto delle conseguenze che ne derivano per l’applicazione
del diritto comunitario.
29 A tal riguardo occorre constatare, come fa peraltro
lo stesso giudice del rinvio, che detta interpretazione non solo impedisce di
rimettere in questione una decisione giurisdizionale che abbia acquistato
efficacia di giudicato, anche se tale decisione comporti una violazione del
diritto comunitario, ma impedisce del pari di rimettere in questione, in
occasione di un controllo giurisdizionale relativo ad un’altra decisione
dell’autorità fiscale competente concernente il medesimo contribuente o
soggetto passivo, ma un esercizio fiscale diverso, qualsiasi accertamento
vertente su un punto fondamentale comune contenuto in una decisione
giurisdizionale che abbia acquistato efficacia di giudicato.
30 Una siffatta applicazione del principio
dell’autorità di cosa giudicata avrebbe dunque la conseguenza che, laddove la
decisione giurisdizionale divenuta definitiva sia fondata su un’interpretazione
delle norme comunitarie relative a pratiche abusive in materia di IVA in
contrasto con il diritto comunitario, la non corretta applicazione di tali
regole si riprodurrebbe per ciascun nuovo esercizio fiscale, senza che sia
possibile correggere tale erronea interpretazione.
31 Ciò premesso, va concluso che ostacoli di tale
portata all’applicazione effettiva delle norme comunitarie in materia di IVA
non possono essere ragionevolmente giustificati dal principio della certezza
del diritto e devono essere dunque considerati in contrasto con il principio di
effettività.
32 Di conseguenza, occorre risolvere la questione
proposta nel senso che il diritto comunitario osta all’applicazione, in
circostanze come quelle della causa principale, di una disposizione del diritto
nazionale, come l’art. 2909 del codice civile, in una causa vertente
sull’IVA concernente un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta
una decisione giurisdizionale definitiva, in quanto essa impedirebbe al giudice
nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme
comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta.
Sulle spese
33 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non
possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione)
dichiara:
Il diritto comunitario
osta all’applicazione, in circostanze come quelle della causa principale, di
una disposizione del diritto nazionale, come l’art. 2909 del codice
civile, in una causa vertente sull’imposta sul valore aggiunto concernente
un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una decisione
giurisdizionale definitiva, in quanto essa impedirebbe
al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le
norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta.
(Seguono
le firme)