Corte di Giustizia delle Comunità europee 9 settembre
2003
C-198/01, Consorzio
Industrie Fiammiferi (CIF) – Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato
avente ad
oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma
dell'art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nella
causa dinanzi ad esso pendente tra
Consorzio
Industrie Fiammiferi (CIF)
e
Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato,
domanda vertente
sull'interpretazione dell'art. 81 CE,
composta dal
sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet,
M. Wathelet (relatore) e C.W.A.
Timmermans, presidenti di sezione, C. Gulmann, D.A.O. Edward, A.
avvocato
generale: sig. F.G. Jacobs
cancelliere:
sig.ra L. Hewlett,
amministratore principale
viste le
osservazioni scritte presentate:
- per il Consorzio
Industrie Fiammiferi (CIF), dagli avv.ti G.M. Roberti, F.
Lattanzi e F. Sciaudone;
- per
l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dagli avv.ti
S.M. Carbone e F. Sorrentino;
- per
vista la
relazione d'udienza,
sentite le
osservazioni orali del Consorzio Industrie Fiammiferi (CIF), rappresentato
dagli avv.ti G.M. Roberti, F. Lattanzi
e A. Franchi, dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
rappresentata dall'avv. S.M. Carbone, e della Commissione, rappresentata dalla
sig.ra L. Pignataro,
all'udienza del 24 settembre 2002,
sentite le
conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 30 gennaio 2003,
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con ordinanza 24 gennaio 2001, pervenuta nella cancelleria della Corte l'11 maggio successivo, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha presentato, ai sensi dell'art. 234 CE, due questioni pregiudiziali sull'interpretazione dell'art. 81 CE.
2 Tali
questioni sono state proposte nell'ambito di un ricorso presentato dal
Consorzio Industrie Fiammiferi, il consorzio italiano
dei produttori nazionali di fiammiferi (in prosieguo: il «CIF»), contro la
decisione 13 luglio 2000 dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(in prosieguo: l'«Autorità») che dichiarava in contrasto con gli artt. 10 CE e 81 CE la normativa che istituisce il CIF e ne
disciplina il funzionamento, affermava che il CIF e le imprese che ne erano membri (in prosieguo: le «imprese consorziate»)
avevano violato l'art. 81 CE a causa della ripartizione delle quote di
produzione e ingiungeva loro di porre fine alle violazioni constatate.
Diritto
nazionale
3 Con Regio Decreto 11 marzo 1923, n. 560 (in prosieguo: il «Regio Decreto»), il legislatore italiano
introduceva una nuova disciplina della fabbricazione e della vendita di
fiammiferi, istituendo un consorzio tra i produttori nazionali di fiammiferi,
il CIF. Il decreto affidava al consorzio un monopolio commerciale che
consisteva nel diritto esclusivo di fabbricazione e vendita dei fiammiferi
necessari al fabbisogno del mercato nazionale italiano.
4 Inoltre, al
CIF venivano assegnate apposite marche-contrassegno
ufficiali, strumentali alla riscossione dell'imposta di fabbricazione sui
fiammiferi, che era stata istituita dallo stesso decreto. Tali marche dovevano
essere distribuite tra le imprese consorziate, affinché queste le applicassero
sulle confezioni di fiammiferi di loro produzione.
5 II CIF,
quindi, è nato come consorzio obbligatorio e chiuso, istituito dalla legge
italiana per la produzione e la vendita dei fiammiferi necessari a soddisfare
il fabbisogno nazionale.
7 La
convenzione, inoltre, regolava dettagliatamente il funzionamento interno del
CIF. L'art. 4 affidava il compito di contingentare e di ripartire le quote di
produzione dei fiammiferi tra le imprese del CIF a
un'apposita commissione (in prosieguo: la «commissione per la ripartizione
delle quote»). Tale commissione è composta da un
funzionario dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato (in prosieguo:
l'«Amministrazione dei Monopoli di Stato»), che ne è presidente, da un
rappresentante del CIF e da tre rappresentanti delle imprese consorziate
nominati dal consiglio di amministrazione del CIF e delibera a maggioranza. Le
sue decisioni sono comunicate per approvazione all'Amministrazione dei Monopoli
di Stato. Inoltre, talune decisioni, tra cui le cessioni delle assegnazioni,
devono essere comunicate per approvazione al Ministero delle Finanze. Lo
statuto del CIF prevede che la ripartizione della produzione dev'essere stabilita «tenendosi conto del rapporto
percentuale esistente».
8 La
regolarità di tale ripartizione è controllata da un'altra commissione, prevista
dall'art. 23, secondo comma, dello statuto del CIF (in prosieguo: la
«commissione per il rispetto delle quote»), composta da
tre membri nominati dal consiglio di amministrazione del CIF, che al principio
di ogni anno propone alla direzione del CIF il programma delle consegne di
fiammiferi da parte delle imprese consorziate.
9 II sistema è
rimasto pressoché inalterato fino alla sentenza della Corte Costituzionale n.
78 del 3 giugno 1970, con la quale le modalità di organizzazione
del CIF sono state dichiarate illegittime per violazione del principio di
libertà di iniziativa economica privata di cui all'art. 41 della Costituzione
italiana, in quanto precludevano a nuove imprese l'accesso al CIF.
10 Con decreto
ministeriale del 23 dicembre 1983, che ha approvato una nuova convenzione tra
il CIF e lo Stato italiano, si è ammesso che potessero aderire al CIF anche
nuove aziende, le quali avessero ottenuto dall'Amministrazione fiscale una
licenza di fabbricazione di fiammiferi.
11 La
partecipazione al CIF è rimasta comunque obbligatoria
almeno fino alla soppressione del monopolio fiscale nel 1993 (su tale
soppressione, v. punto 14 della presente sentenza).
12 Il decreto del Ministero delle Finanze del 5 agosto 1992 (in
prosieguo: il «decreto del 5 agosto 1992») ha approvato l'ultima versione della
convenzione tra il CIF e lo Stato italiano, la cui scadenza era fissata per il
31 dicembre del 2001 (in prosieguo: la «convenzione del 1992»).
13 Ai sensi
dell'art. 4 di quest'ultima convenzione, che regola il funzionamento del CIF, le quote di produzione
devono essere sempre ripartite tra le imprese del consorzio dalla commissione
di ripartizione delle quote. Il controllo del rispetto delle quote, dal canto
suo, rimane di competenza della commissione per il rispetto delle
quote.
14 Con il
decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 (in prosieguo: il
«decreto legge n. 331/1993»), il legislatore italiano ha adottato nuove
norme sulle accise e altri tributi indiretti. L'art.
29 di tale decreto legge individua direttamente nel fabbricante e nell'importatore
i soggetti obbligati al pagamento del tributo. Secondo il giudice del rinvio,
questa norma ha eliminato il monopolio fiscale del CIF.
15 Vi sono
opinioni divergenti circa la natura volontaria o obbligatoria
dell'appartenenza al CIF, dopo tale data, per i fabbricanti di fiammiferi che
ne erano membri prima della fine del monopolio fiscale.
16 Prima del
Procedimento
principale
19 Il 13
luglio 2000, nella sua deliberazione finale, l'Autorità constatava che il
comportamento degli operatori sul mercato italiano dei fiammiferi, se
determinato più o meno direttamente dal contesto
normativo che aveva disciplinato il settore a partire dal Regio Decreto n.
560/1923, costituiva tuttavia in parte il risultato di autonome decisioni
imprenditoriali.
26 Ne deduceva, inoltre, che il decreto legge n. 331/1993, pur non
avendo abrogato la convenzione del 1992, aveva modificato il regime giuridico
della partecipazione delle imprese al CIF, rendendola semplicemente volontaria,
con la conseguente possibilità per ogni impresa consorziata di recedere perfino
senza attendere la scadenza prevista.
28 Inoltre,
l'Autorità riteneva che due accordi conclusi dal CIF restringessero la
concorrenza. L'accordo con
29 Per questi
motivi, l'Autorità decideva, in particolare, quanto segue:
- l'esistenza
e l'attività del CIF, quali disciplinate dal Regio Decreto n. 560/1923 e
dall'annessa convenzione, così come da ultimo modificata
dal decreto del 5 agosto 1992, sono in contrasto con gli artt.
3, n. 1, lett. g), CE, 10 CE e 81, n. 1, CE, nella misura in cui hanno imposto,
fino al 1994, e, a partire da tale data, consentito e
agevolato al CIF e alle imprese consorziate comportamenti anticoncorrenziali in
violazione dell'art. 81, n. 1, CE;
- in ogni
caso, il CIF e le imprese consorziate hanno adottato delibere
consortili e proceduto ad accordi che, in quanto volti a definire le
modalità e i meccanismi di ripartizione, tra le dette imprese, della produzione
di fiammiferi destinati ad essere smerciati dallo stesso CIF in modo da
limitare la concorrenza al di là di quanto ammesso dalla conferente normativa,
ledono la concorrenza, in violazione dell'art. 81, n. 1, CE;
- il CIF e
- il CIF, le
imprese consorziate e
- il Conaedi e i Magazzini di Generi di Monopolio devono
astenersi in futuro dal porre in essere intese che abbiano oggetto o effetto
analogo a quello delle intese accertate.
Procedimento
principale
30 Avverso la
deliberazione dell'Autorità il CIF ha proposto ricorso
dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il 14 novembre 2000.
31 Oltre alla
contestazione della valutazione degli elementi di fatto e dell'interpretazione
degli elementi di diritto effettuate dall'Autorità, il
CIF ha sostenuto che questa non era legittimata a sindacare la validità e
l'efficacia delle norme di diritto nazionale, non ricevendo una legittimazione
a procedere in tal senso né dalla legge n. 52/1996 né dal principio del primato
del diritto comunitario, il quale, infatti, varrebbe solo a permettere le disapplicazioni di tipo incidentale, e non ai fini degli
accertamenti in via principale con autonoma statuizione.
32 Il giudice
del rinvio, pur non essendo convinto della validità di quest'ultima
distinzione, dubita che l'Autorità abbia il potere di dichiarare non
applicabile la normativa italiana nel caso di specie per un'altra ragione.
33 Infatti, non gli sembra fermamente acquisito, nella
giurisprudenza comunitaria, il punto secondo il quale la disapplicazione
delle misure normative nazionali in contrasto con gli artt.
81 CE e 82 CE può essere operata anche in una
prospettiva quale quella in cui si è mossa l'Autorità.
35 Il ricorso
al meccanismo della disapplicazione di una normativa
nazionale in malam partem (cioè la disapplicazione di una
normativa nazionale favorevole agli operatori economici privati interessati, il
che si traduce per loro in un'imposizione di obblighi) da parte di un organo
dotato di poteri sanzionatori si rivelerebbe altresì
problematico dal punto di vista dell'importante valore della certezza del
diritto, il quale risulterebbe annoverato tra i principi generali del diritto
comunitario.
36 Il giudice
del rinvio dubita anche che la normativa italiana, sia prima sia dopo il 1994, lasciasse e lasci sussistere la possibilità di una
concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da
comportamenti autonomi delle imprese. Infatti, essa
non permetterebbe alle imprese consorziate di intraprendere un confronto
concorrenziale sui prezzi, rimessi alla potestà tariffaria ministeriale, e
sottoporrebbe tali imprese, inoltre, ad un regime di quote di produzione
contingentate.
38 Stando così
le cose, il giudice del rinvio considera che la tesi del CIF secondo cui le norme
regolatrici dell'attività di settore guasterebbero già in radice la libera
concorrenza, senza lasciar sussistere alcuna significativa
possibilità di competizione tra le imprese, non potrebbe essere considerata
manifestamente destituita di fondamento. Infatti, dal punto di vista della
tutela della concorrenza, può verificarsi che risulti
indifferente la circostanza che la singola quota faccia capo all'una o
all'altra impresa, o venga ceduta ad un terzo operatore, trattandosi di
evenienze comunque interne ad un regime retto da regole che precludono
l'esplicazione di un confronto concorrenziale tra le aziende.
39 Pertanto,
il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il
giudizio e di rimettere alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, in presenza di circostanze per cui un'intesa tra imprese
provoca effetti pregiudizievoli al commercio comunitario, e qualora l'intesa
stessa sia imposta o favorita da un provvedimento legislativo nazionale che ne
legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione
dei prezzi e alla ripartizione del mercato, l'art. 81 CE impone o consente
all'Autorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza di disapplicare comunque tale disciplina e di provvedere a sanzionare
o almeno a vietare per il futuro il comportamento anticoncorrenziale delle
imprese, e con quali conseguenze giuridiche;
2) se una
normativa nazionale che rimette alla competenza ministeriale la determinazione
della tariffa di vendita di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio
obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire
la produzione fra le imprese possa essere considerata, per quanto rileva ai
fini dell'applicazione dell'art. 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia
sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire ostacolata,
ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese».
Sulla prima
questione
40 Il CIF
ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, gli artt.
81 CE e 82 CE riguardano soltanto comportamenti
anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa. Se un
comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle
imprese da una normativa nazionale o se quest'ultima
crea un contesto giuridico che di per sé elimina ogni possibilità di
comportamento concorrenziale da parte loro, gli artt.
81 CE e 82 CE non trovano applicazione. In una situazione del genere la
restrizione alla concorrenza non trova origine, come queste norme implicano, in
comportamenti autonomi delle imprese. Gli artt. 81 CE
e 82 CE si applicano invece nel caso in cui la normativa nazionale lasci
sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata,
ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (sentenza 11
novembre 1997, cause riunite C-359/95 P e C-379/95 P, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, Racc. pag. I-6265, punti 33 e 34).
41 Il CIF sottolinea anche che nell'ambito dell'esame, da parte della
Commissione, dell'applicabilità degli artt. 81 CE e
82 CE ai comportamenti delle imprese, la previa valutazione di una normativa
nazionale che incida su tali comportamenti è quindi
diretta unicamente ad accertare se la detta normativa lasci sussistere la
possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata
da comportamenti autonomi da parte delle imprese interessate (sentenza
Commissione e Francia/Ladbroke Racing,
cit., punto 35).
42 Il CIF ne
deduce che l'Autorità, nell'ambito delle operazioni d'istruzione da essa condotte, deve unicamente accertare preventivamente se
la normativa italiana consenta o meno margini di autonomia nei comportamenti
delle imprese interessate. Solo in caso di esito
positivo potranno applicarsi gli artt. 81 CE e 82 CE
alle imprese stesse. Ne discenderebbe, in maniera implicita, che non può
configurarsi alcun obbligo di disapplicazione della
normativa italiana esistente in capo alle imprese a fronte di norme nazionali
cogenti.
43 Secondo il
CIF, la legge n. 52/1996 attribuisce all'Autorità il potere d'applicare l'art.
81 CE per accertare e sanzionare intese
anticompetitive tra imprese, non anche quello di sindacare la validità di atti
normativi nazionali con riferimento al combinato disposto degli artt. 3 CE, 10 CE e 81 CE.
44 Di
conseguenza, condotte d'impresa quali quelle del CIF sarebbero potute ricadere
nell'ambito d'applicazione dell'art. 81 CE solo ove l'Autorità avesse
preventivamente - e incidentalmente - verificato e accertato la loro autonomia
rispetto a quanto previsto nella legislazione nazionale.
46
47 Del resto,
dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, il Trattato CE prevede espressamente che l'azione degli Stati membri,
nell'ambito della loro politica economica, debba rispettare il principio di
un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza [v. artt.
48 Si deve ricordare, in secondo luogo, che, secondo una
giurisprudenza costante, il principio del primato del diritto comunitario esige
che sia disapplicata qualsiasi disposizione della
legislazione nazionale in contrasto con una norma comunitaria,
indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest'ultima.
49 Tale obbligo
di disapplicare una normativa nazionale in contrasto
con il diritto comunitario incombe non solo al giudice nazionale, ma anche a
tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative (v., in questo
senso, sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839, punto 31), il che
implica, ove necessario, l'obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari
per agevolare la piena efficacia del diritto comunitario (v. sentenza 13 luglio
1972, causa 48/71, Commissione/Italia, Racc. pag. 529, punto 7).
50 Dal momento che un'autorità nazionale garante della
concorrenza, quale l'Autorità, è investita della missione di vigilare, in
particolare, sul rispetto dell'art. 81 CE e che tale norma, in combinato
disposto con l'art. 10 CE, impone un obbligo di astensione a carico degli Stati
membri, l'effetto utile delle norme comunitarie sarebbe affievolito se,
nell'ambito di un'inchiesta sul comportamento di imprese ai sensi dell'art. 81
CE, quell'autorità non potesse accertare se una
misura nazionale sia in contrasto con il combinato disposto degli artt. 10 CE e 81 CE e se, conseguentemente, non la disapplicasse.
54 La
decisione di disapplicare la legge di cui si tratta, infatti, non toglie che nel
passato essa abbia condizionato il comportamento delle imprese. Tale legge continua quindi a costituire, per il periodo precedente
la decisione di disapplicazione della legge, una
causa giustificatrice che sottrae le imprese interessate a qualsiasi
conseguenza della violazione degli artt. 81 CE e 82 CE, sia nei confronti delle pubbliche autorità sia degli
altri operatori economici.
55 Quanto al sanzionamento di comportamenti futuri di imprese
fino a quel momento costrette da una legge nazionale ad adottare comportamenti
anticoncorrenziali, occorre rilevare che, dal momento in cui la decisione
dell'autorità nazionale garante della concorrenza che constata la violazione
dell'art. 81 CE e disapplica tale legge
anticoncorrenziale diventa definitiva nei loro confronti, tale decisione
s'impone alle imprese interessate. A partire dal quel
momento, le imprese non possono più asserire di essere costrette da detta legge
a violare le regole comunitarie sulla concorrenza. Il loro comportamento futuro
è quindi passibile di sanzioni.
57 Occorre sottolineare, cionondimeno, che
una situazione del genere, benché non possa servire a giustificare pratiche
atte ad aggravare ulteriormente le violazioni delle concorrenza, ha comunque
come conseguenza il fatto che, nel momento della determinazione del livello
della sanzione, il comportamento delle imprese interessate può essere valutato
alla luce della circostanza attenuante costituita dal contesto giuridico
interno (v., in questo senso, sentenza 16 dicembre 1975, cause riunite
40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker
Unie e a./Commissione, Racc.
pag. 1663, punto 620).
58 Date le
considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione
pregiudiziale dichiarando che, in presenza di
comportamenti d'imprese in contrasto con l'art. 81, n. 1, CE, che sono imposti
o favoriti da una normativa nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti,
con specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del
mercato, un'autorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza cui sia
stato affidato il compito, in particolare, di vigilare sul rispetto dell'art.
81 CE:
- ha l'obbligo
di disapplicare tale normativa nazionale;
- non può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi
qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa nazionale;
- può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti
successivi alla decisione di disapplicare tale
normativa nazionale, una volta che quella decisione sia
diventata definitiva nei loro confronti;
- può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi
qualora questi siano stati semplicemente facilitati o incoraggiati da quella
normativa nazionale, pur tenendo in debito conto le specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito.
Sulla seconda
questione
59 Mediante la
seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere se una normativa
nazionale che rimette alla competenza ministeriale la determinazione del prezzo
di vendita al dettaglio di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio
obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire
la produzione fra le imprese possa essere considerata, per quanto rileva ai
fini dell'applicazione dell'art. 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia
sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire ostacolata,
ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.
61 Pertanto,
spetta al giudice del rinvio stabilire se la sua seconda questione si riferisca unicamente al periodo precedente all'entrata in
vigore del decreto legge n. 331/1993 ovvero si riferisca anche al periodo
successivo.
62 Dall'altro,
si deve ricordare che, nell'ambito di un procedimento ai sensi dell'art. 234
CE, che è basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e
63 Il CIF
sostiene che il legislatore italiano, imponendogli l'obbligo di procedere alla
ripartizione delle quote tra le imprese consorziate - a prescindere dalle
modalità e dai criteri di determinazione di tali quote - ha eliminato alla
radice qualsiasi possibilità per quelle imprese di entrare in concorrenza al
fine di conquistare quote di mercato più consistenti.
64 Ricorda che
l'art. 4 della convenzione del 1992 impone di procedere alla ripartizione della
produzione di fiammiferi tra le imprese consorziate per tramite di un'apposita commissione, cioè la commissione di ripartizione
delle quote, composta da rappresentanti dell'industria e presieduta da un
funzionario dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato designato dal Ministro
delle Finanze.
65 Pertanto, a
prescindere dalla quota effettivamente attribuita a ciascuna impresa,
il sistema di ripartizione voluto dal legislatore eliminerebbe a priori la
concorrenza tra le imprese consorziate, che dovrebbero attenersi in ogni caso
al livello di produzione assegnato. Di conseguenza, qualsiasi sforzo in senso
concorrenziale per aumentare quella produzione sarebbe vano.
66 Per
risolvere la seconda questione, occorre stabilire innanzi tutto se una
normativa nazionale come quella di cui alla causa principale lasci sussistere
la possibilità di una concorrenza che potrebbe essere ancora ostacolata,
ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese e, in caso
affermativo, verificare successivamente se le
eventuali ulteriori restrizioni addebitate alle imprese non siano di fatto
imputabili allo Stato membro interessato.
68 Si deve ricordare, in secondo luogo, che la concorrenza dei
prezzi non è la sola forma efficace di concorrenza né quella cui si debba dare
in ogni caso la preminenza assoluta (v. sentenza 25 ottobre 1977, causa 26/76,
Metro/Commissione, Racc. pag. 1875,
punto 21).
69 Di
conseguenza, la fissazione preliminare dei prezzi di vendita dei
fiammiferi da parte dello Stato italiano non esclude, di per sé, ogni
possibilità di comportamento concorrenziale. Seppur
limitata, la concorrenza può prodursi attraverso altri fattori.
70 Si deve rilevare, in terzo luogo, che la legislazione italiana
controversa nella causa principale, benché attribuisca al CIF, consorzio
obbligatorio di produttori, il potere di ripartire la produzione tra le imprese
consorziate, non definisce i criteri né le modalità in base ai quali tale
ripartizione deve avvenire. Inoltre, come rilevato dall'avvocato
generale al paragrafo 7 delle sue conclusioni, il monopolio commerciale
del CIF sembra essere stato abolito già nel 1993, con l'abolizione del divieto
di fabbricazione e di vendita di fiammiferi a carico delle imprese non
consorziate.
71 Pertanto,
la libera concorrenza residua tra le imprese consorziate può essere falsata
oltre quanto derivante dall'obbligo di legge stesso.
73 Inoltre,
74 Sempre
secondo
75 Spetta al
giudice del rinvio valutare se tali asserzioni siano fondate.
77 Da un lato,
quattro dei cinque membri della commissione per la ripartizione delle quote
sono rappresentanti dei produttori cui nulla, nella normativa nazionale in
discussione, impedisce di agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi. Tale
commissione, che statuisce a maggioranza semplice, può adottare risoluzioni nonostante
il voto contrario del suo presidente, sola persona investita di un compito di interesse pubblico, talché essa può conformarsi alle
esigenze delle imprese consorziate.
78 Inoltre, le
pubbliche autorità non disporrebbero di un effettivo
potere di controllo sulle decisioni della commissione per la ripartizione delle
quote.
79 D'altro
lato, l'istruzione condotta dall'Autorità avrebbe rivelato che il compito di
ripartire la produzione tra le imprese consorziate è effettuato
in realtà non dalla commissione per la ripartizione delle quote, bensì dalla
commissione per il rispetto delle quote, che è costituita unicamente da membri
del CIF, sulla base di accordi definiti dalle imprese consorziate.
80 La seconda
questione pregiudiziale dev'essere pertanto risolta
dichiarando che spetta al giudice del rinvio valutare se una normativa
nazionale come quella di cui alla causa principale, che rimette alla competenza
ministeriale la determinazione del prezzo di vendita al dettaglio di un
prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire la produzione tra le
imprese, possa essere considerata, per quanto rileva ai fini dell'applicazione
dell'art. 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia sussistere la
possibilità di una concorrenza che sia ancora suscettibile di venire
ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.
Decisione relativa alle spese
Sulle spese
81 Le spese
sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato
osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle
parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi
motivi,
pronunciandosi
sulle questioni sottopostele dal Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio con ordinanza 24 gennaio 2001, dichiara:
1) In presenza di comportamenti d'imprese in contrasto con l'art.
81, n. 1, CE, che sono imposti o favoriti da una normativa nazionale che ne
legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione
dei prezzi e alla ripartizione del mercato, un'autorità nazionale preposta alla
tutela della concorrenza cui sia stato affidato il compito, in particolare, di
vigilare sul rispetto dell'art. 81 CE:
- ha l'obbligo
di disapplicare tale normativa nazionale;
- non può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi
qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa nazionale;
- può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti
successivi alla decisione di disapplicare tale
normativa nazionale, una volta che quella decisione sia
diventata definitiva nei loro confronti;
- può
infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi
qualora questi siano stati semplicemente facilitati o incoraggiati da quella
normativa nazionale, pur tenendo in debito conto le specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito.
2) Spetta al
giudice del rinvio valutare se una normativa nazionale come quella di cui alla
causa principale, che rimette alla competenza ministeriale la determinazione
del prezzo di vendita al dettaglio di un prodotto e affida, inoltre, ad un
consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di
ripartire la produzione fra le imprese, possa essere considerata, per quanto
rileva ai fini dell'applicazione dell'art. 81, n. 1, CE, come una disciplina
che lascia sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire
ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.
(Seguono le firme)