Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 24 giugno 2008
C-188/07, Commune de Mesquer – Total France SA
Nel procedimento C‑188/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Francia) con decisione 28 marzo 2007, pervenuta
in cancelleria il 3 aprile 2007, nella causa
Commune de Mesquer
contro
Total France SA,
Total International Ltd,
composta dal sig. C.W.A. Timmermans,
presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente, dai
sigg. A. Rosas, K. Lenaerts
e L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dalla
sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, P. Kūris, E.
Levits, A. Ó Caoimh, dalla
sig.ra P. Lindh, dai sigg. J.-C. Bonichot, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart,
capo unità
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il Comune di Mesquer, dagli avv.ti C. Lepage e A. Moustardier, avocats;
– per
– per
il governo francese, dal sig. G. de Bergues e
dalla sig.ra A.-L. During,
in qualità di agenti;
– per
il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck,
in qualità di agente;
– per
il governo italiano, dai sigg. I. M. Braguglia,
in qualità di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo,
avvocato dello Stato;
– per
il governo del Regno Unito, dalle sig.re C. Gibbs e I. Rao, in qualità di
agenti, assistite dal sig. J. Maurici, barrister,
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13
marzo 2008,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione degli artt. 1 e 15 della direttiva del Consiglio 15
luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194,
pag. 39), come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio
1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la
«direttiva 75/442»), nonché sull’allegato I di tale direttiva.
2 La domanda in questione interviene nell’ambito di
una controversia che vede contrapporsi il Comune di Mesquer
alla Total France SA e alla Total International Ltd
(in prosieguo, congiuntamente: le «società Total») relativamente al
risarcimento dei danni causati dai rifiuti sversati
sul territorio del menzionato Comune in seguito al naufragio della petroliera
Erika.
Contesto normativo
La normativa internazionale
3 La convenzione internazionale del 1969 sulla
responsabilità civile per i danni dovuti a inquinamento da idrocarburi,
adottata a Bruxelles il 29 novembre 1969, come modificata dal protocollo
firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 32; in
prosieguo: la «convenzione sulla responsabilità civile»), disciplina la responsabilità
dei proprietari di navi per i danni risultanti da sversamenti
ripetuti di idrocarburi provenienti da navi cisterna. Essa si fonda sul
principio della loro responsabilità oggettiva, limitata a un importo calcolato
in funzione della stazza della nave, e istituisce un sistema obbligatorio di
assicurazione della responsabilità civile.
4 Ai sensi dell’art. II, lett. a), della
convenzione sulla responsabilità civile, quest’ultima si applica ai danni
dovuti a inquinamento che si verificano nel territorio di uno Stato contraente,
ivi compreso il mare territoriale, e nella zona economica esclusiva di uno
Stato contraente, definita conformemente alle norme del diritto internazionale,
o, qualora uno Stato contraente non abbia fissato tale zona, in una fascia di
mare situata al di là delle acque territoriali di detto Stato contraente e ad
esse contigua, conformemente al diritto internazionale, che si estende non
oltre le
5 Ai sensi dell’art. III, n. 4, della
convenzione sulla responsabilità civile, «il risarcimento per danni dovuti a
inquinamento ai sensi della presente convenzione o di altro genere non può
essere chiesto (...) a qualsiasi noleggiatore (in qualunque modo descritto, ivi
compresi i noleggiatori di navi non equipaggiate), gestore o operatore della
nave (...), tranne nel caso in cui il danno sia dovuto a loro atti o omissioni
personali, commessi con l’intento di provocare tali danni, ovvero con
negligenza e con la consapevolezza della probabilità di provocare tali danni».
6 La convenzione internazionale sull’istituzione di un
fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da
idrocarburi, adottata a Bruxelles il 18 dicembre 1971, come modificata dal
protocollo firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78,
pag. 40; in prosieguo: la «convenzione Fondo»), completa la
convenzione sulla responsabilità civile, istituendo un sistema di risarcimento
delle vittime.
7 Il Fondo internazionale per il risarcimento dei
danni dovuti a inquinamento da idrocarburi (in prosieguo: il «FIPOL»),
alimentato da contributi dell’industria petrolifera, può coprire fino a 135
milioni di DTS (diritti speciali di prelievo) per un evento precedente al 2003.
Conformemente all’art. 4 della convenzione Fondo, le vittime possono
presentare, dinanzi ai giudici dello Stato parte contraente di tale convenzione
in cui sono stati causati i danni, istanze al fine di ottenere un risarcimento,
in particolare qualora la convenzione sulla responsabilità civile non preveda
alcuna responsabilità per il danno in questione o qualora il proprietario della
nave sia insolvibile o sollevato dalla sua responsabilità in forza della
convenzione in parola.
8 Il protocollo del 2003 alla convenzione
internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale per il
risarcimento dei danni causati dall’inquinamento da idrocarburi (GU 2004,
L 78, pag. 24) crea un fondo complementare internazionale per il
risarcimento dei danni dovuti a inquinamento, denominato «fondo complementare
internazionale del 2003 per il risarcimento dei danni da inquinamento da
idrocarburi», che consente, congiuntamente al FIPOL, di coprire fino a 750
milioni di unità di conto per un determinato incidente successivo al 1°
novembre 2003.
La normativa comunitaria
La direttiva 75/442
9 Ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva
75/442, ogni regolamento in materia di smaltimento dei rifiuti deve
essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell’ambiente contro
gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso
e del deposito dei rifiuti.
10 L’art. 1 della direttiva 75/442 così dispone:
«Ai sensi
della presente direttiva, si intende per:
a) “rifiuto”:
qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo
di disfarsi.
b) “produttore”:
la persona la cui attività ha prodotto rifiuti (“produttore iniziale”) e/o la
persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre
operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
c) “detentore”:
il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;
(…)
e) “smaltimento”:
tutte le operazioni previste nell’allegato II A;
f) “recupero”:
tutte le operazioni previste nell’allegato II B;
g) “raccolta”:
l’operazione di raccolta, di cernita e/o di raggruppamento dei rifiuti per il
loro trasporto».
11 L’art. 8 della direttiva 75/442 recita:
«Gli
Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di
rifiuti:
a) li
consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le
operazioni previste nell’allegato II A o II B, oppure
b) provveda
egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni
della presente direttiva».
12 L’art. 15 della direttiva 75/442 prevede:
«Conformemente
al principio “chi inquina paga”, il costo dello smaltimento dei rifiuti deve
essere sostenuto:
a) dal
detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad una impresa di cui
all’articolo 9; e/o
b) dai
precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei rifiuti».
13 Le categorie Q4, Q11, Q13 e Q16 dell’allegato I
della direttiva 75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», hanno il seguente
tenore:
«Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o
aventi subìto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le
attrezzature, ecc. contaminati in seguito all’incidente in questione
(…)
Q11 Residui provenienti dall’estrazione e dalla
preparazione delle materie prime (ad esempio residui provenienti da attività
minerarie o petrolifere, ecc.)
(…)
Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui
utilizzazione è giuridicamente vietata
(…)
Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non
rientri nelle categorie sopra elencate».
14 L’allegato II A della citata direttiva,
intitolato «Operazioni di smaltimento», intende elencare le operazioni di
smaltimento così come esse sono effettuate in pratica, laddove l’allegato II B
della stessa, intitolato «Operazioni di recupero», intende analogamente
elencare le operazioni di recupero.
15 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114,
pag. 9), nell’operare, a fini di chiarezza e razionalizzazione, una
codificazione della direttiva 75/442, riporta agli artt. 1 e 15 nonché
agli allegati I, II A e II B le disposizioni sopra menzionate. La direttiva
2006/12 è stata tuttavia adottata solo successivamente al verificarsi dei fatti
di cui alla causa principale, cosicché essa non è chiamata a disciplinare la
causa principale.
La direttiva 68/414/CEE
16 L’art. 2 della direttiva del Consiglio 20
dicembre 1968, 68/414/CEE, che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri
della CEE di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o
di prodotti petroliferi (GU L 308, pag. 14), come modificata
dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1998, 98/93/CE (GU L 358,
pag. 100), che prevede un siffatto obbligo in particolare per far fronte a
eventuali penurie o crisi di approvvigionamento, assimila gli oli combustibili
a una categoria di prodotti petroliferi.
La direttiva 2004/35/CE
17 Il decimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità
ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale
(GU L 143, pag. 56), recita:
«Si
dovrebbe tenere espressamente conto del trattato Euratom,
delle convenzioni internazionali pertinenti e della normativa comunitaria che
disciplina più completamente e più rigorosamente tutte le attività che
rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. (…)».
18 L’art. 4, n. 2, della direttiva 2004/35
dispone:
«La presente direttiva non si applica al danno
ambientale o a una minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente
per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrano nell’ambito
d’applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato
IV, comprese eventuali successive modifiche di tali convenzioni, in vigore
nello Stato membro interessato».
19 L’allegato IV della direttiva 2004/35 così recita:
«Convenzioni
internazionali di cui all’articolo 4, paragrafo 2
a) Convenzione
internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni
derivanti da inquinamento da idrocarburi;
b) Convenzione
internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per
l’indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;
(…)».
La decisione 2004/246/CE
20 Il Consiglio ha adottato, il 2 marzo 2004, la
decisione 2004/246/CE, che autorizza gli Stati membri a firmare o ratificare,
nell’interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla convenzione
internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale per il
risarcimento dei danni causati dall’inquinamento da idrocarburi, o ad aderirvi,
e che autorizza Austria e Lussemburgo, nell’interesse della Comunità europea,
ad aderire agli strumenti di riferimento (GU L 78, pag. 22).
21 Il quarto ‘considerando’ della decisione 2004/246
dispone come segue:
«Conformemente al protocollo per il fondo
complementare, solo gli Stati sovrani possono esserne parte; pertanto,
22 Gli artt. 1, n. 1, e 4 della decisione
2004/246 recitano:
«Articolo
1
1. Gli Stati membri sono autorizzati a firmare o
ratificare, nell’interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla
convenzione internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale
per il risarcimento dei danni provocati da inquinamento da idrocarburi (il
protocollo per il fondo complementare), o ad aderirvi, alle condizioni
specificate nei seguenti articoli.
(…)
Articolo 4
Gli Stati membri si adoperano con tempestività
affinché il protocollo per il fondo complementare e gli strumenti di
riferimento siano modificati per consentire alla Comunità di divenirne parte
contraente».
La normativa nazionale
23 L’art. 2 della legge 15 luglio 1975,
n. 75-633, relativa allo smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei
materiali (JORF del 16 luglio 1975, pag. 7279), ormai art. L541-2 del
codice dell’ambiente, così dispone:
«Chiunque
produca o detenga rifiuti in circostanze tali da produrre effetti nocivi per il
suolo, la flora e la fauna, deteriorare i siti o i paesaggi, inquinare l’aria o
le acque, causare rumori e odori e, in generale, ledere la salute dell’uomo e
l’ambiente, è tenuto a provvedere o a far provvedere al loro smaltimento
conformemente alle disposizioni del presente capitolo, in condizioni idonee a
evitare i menzionati effetti.
Lo smaltimento dei rifiuti comporta le operazioni di
raccolta, trasporto, stoccaggio, cernita e trattamento necessari al recupero
degli elementi e dei materiali riutilizzabili o dell’energia, nonché al
deposito o al rigetto nell’ambiente naturale di tutti gli altri prodotti in
condizioni idonee a evitare i danni menzionati al comma precedente».
Causa principale e questioni pregiudiziali
24 Il 12 dicembre 1999 la petroliera ERIKA, battente
bandiera maltese e noleggiata dalla Total International Ltd,
affondava a circa
25 Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni
presentate dinanzi alla Corte emerge che la società italiana ENEL ha stipulato
con
26 Il 9 giugno 2000 il Comune di Mesquer
ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunal de commerce
de Saint-Nazaire avverso le società Total diretto, in
particolare, a far dichiarare che queste ultime dovevano farsi carico, in
applicazione della legge n. 75-633, delle conseguenze dei danni causati
dai rifiuti sversati sul suo territorio ed essere
condannate in solido al pagamento delle spese sostenute dal Comune per
operazioni di pulitura e bonifica, ossia EUR 69 232,42.
27 In seguito al rigetto del suo ricorso, il Comune di Mesquer ha interposto appello dinanzi alla Cour d’appel de Rennes, che, con sentenza 13 febbraio
28 Reputando che la causa presenti una seria difficoltà
in termini di interpretazione della direttiva 75/442,
«1)
Se l’olio pesante, prodotto derivato da un processo di raffinazione,
rispondente alle specifiche dell’utilizzatore, destinato dal produttore a
essere venduto come combustibile e menzionato nella direttiva 68/414 (...)
possa essere considerato un rifiuto ai sensi dell’art. 1 della direttiva
75/442 (...) codificata dalla direttiva 2006/12 (...).
2) Se
un carico di olio pesante, trasportato da una nave e accidentalmente sversato in mare, costituisca, di per sé o miscelato ad
acqua e sedimenti, un rifiuto ai sensi della [categoria] Q4 dell’allegato I
della direttiva 2006/12 (...).
3) In
caso di soluzione negativa della prima questione e di soluzione affermativa
della seconda, se il produttore dell’olio pesante (Total Raffinage
[distribuzione]) e/o il venditore e noleggiatore (Total International Ltd) possano essere considerati, ai sensi dell’art. 1,
lett. b) e c), della direttiva 2006/12 (…) e ai fini dell’applicazione
dell’art. 15 della medesima direttiva, come il produttore e/o il detentore
del rifiuto, anche qualora il prodotto, al momento dell’incidente che l’ha
trasformato in rifiuto, fosse trasportato da terzi».
Sulle questioni
pregiudiziali
Sulla ricevibilità
29 Le società Total sostengono che il presente rinvio
pregiudiziale deve essere dichiarato irricevibile in quanto il Comune di Mesquer ha già ottenuto un risarcimento in forza del FIPOL
e che, di conseguenza, non disporrebbe dell’interesse ad agire. Pertanto, la
domanda di pronuncia pregiudiziale rivestirebbe un carattere ipotetico.
30 Secondo
costante giurisprudenza, le
questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal
giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto
la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare
l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della
Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto
qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario
richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa
principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora
31 Peraltro, secondo una giurisprudenza costante,
spetta ai giudici nazionali cui è stata sottoposta la controversia valutare sia
la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare
la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla
Corte (sentenza 15 giugno 2006, cause riunite C‑393/04 e C‑41/05,
Air Liquide Industries Belgium,
Racc. pag I‑5293, punto 24 e giurisprudenza citata).
32 A questo riguardo, emerge dagli atti di causa che il
Comune di Mesquer ha effettivamente beneficiato di
pagamenti in forza del FIPOL, i quali sono stati effettuati a seguito della
domanda di risarcimento formulata dal Comune nei confronti, in particolare, del
proprietario della nave Erika e del FIPOL. Questi pagamenti hanno costituito l’oggetto
di transazioni mediante le quali il Comune in parola ha espressamente
rinunciato a qualsivoglia istanza e azione, a condizione che fossero rimborsate
le somme versate.
33 Sembra che il giudice del rinvio disponesse di tali
informazioni, ma che esso tuttavia non abbia né considerato che la causa
principale si era estinta o che il Comune di Mesquer
aveva perso il suo interesse ad agire né rinunciato a proporre alla Corte le
sue questioni pregiudiziali.
34 Occorre pertanto risolvere le questioni proposte
dalla Cour de cassation.
Sulla prima questione
35 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio
intende sapere se l’olio pesante venduto per essere utilizzato come
combustibile possa essere qualificato come rifiuto ai sensi dell’art. 1,
lett. a), della direttiva 75/442.
36 Le società Total, gli Stati membri che hanno
sottoposto osservazioni nonché
37 In via preliminare, si deve rammentare che, a norma
dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, deve considerarsi
rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo
di disfarsi.
38 Così, nel contesto della direttiva 75/442, l’ambito
di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine
«disfarsi» (sentenza 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie,
Racc. pag I‑7411, punto 26) e, di conseguenza,
conformemente alla giurisprudenza della Corte, tale termine va interpretato
tenendo conto delle finalità di questa stessa direttiva (sentenza
15 giugno 2000, cause riunite C‑418/97 e C‑419/97, ARCO Chemie Nederland e a.,
Racc. pag I‑4475, punto 37), finalità che, ai sensi del terzo
‘considerando’ della direttiva di cui trattasi, consiste nella tutela della
salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del
trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti, alla luce
dell’art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità
in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in
particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (v.
sentenza 11 novembre 2004, causa C‑457/02, Niselli,
Racc. pag I‑10853, punto 33).
39
40 Tale
nozione può riferirsi a tutti
gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno
un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo,
di recupero o di riutilizzo (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa
C‑9/00, Palin Granit
e Vehmassalon kansanterveystyön
kuntayhtymän hallitus,
Racc. pag. I‑3533; in prosieguo: la sentenza «Palin Granit», punto 29 e
giurisprudenza citata).
41 A tale proposito, alcune circostanze possono
costituire indizi del fatto che il detentore di una sostanza o di un oggetto se
ne disfi ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene ai sensi
dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442. Ciò si verifica, in
particolare, se la sostanza utilizzata è un residuo di produzione, cioè un
prodotto che non è stato ricercato in quanto tale (sentenza ARCO Chemie Nederland e a., cit.,
punti 83 e 84).
42 Tuttavia, un bene, un materiale o una materia prima
derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è
principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un
sottoprodotto, del quale l’impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che essa
intende sfruttare o commercializzare a condizioni per essa favorevoli, in un processo
successivo, senza operare trasformazioni preliminari (v. sentenza Palin Granit, punto 34,
nonché ordinanza 15 gennaio 2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani,
Racc. pag I‑1005, punto 35).
43 Infatti, non è assolutamente giustificato assoggettare
alle disposizioni della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che
dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da
qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa
applicabile a tali prodotti (v. sentenza Palin Granit, punto 35, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 35).
44 Tuttavia, tenuto conto dell’obbligo di interpretare
in maniera estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare gli
inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere il
ricorso a tale argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni in cui
il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo
eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nell’ambito del
processo di produzione (sentenza Palin Granit, punto 36, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 36).
45 Unitamente al criterio del riconoscimento o meno
della natura di residuo di produzione riguardo ad una certa sostanza, il grado
di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di
trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio utile al
fine di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442.
Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore
consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è
alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere
considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un
autentico prodotto (sentenza Palin Granit, punto 37).
46 Nella causa principale, risulta che la sostanza di
cui trattasi è ottenuta in esito al processo di raffinazione del petrolio.
47 Tuttavia, tale sostanza residua può essere sfruttata
commercialmente a condizioni economicamente vantaggiose, come confermato dal
fatto che essa è stata l’oggetto di un’operazione commerciale e che risponde
alle specifiche dell’acquirente, come sottolinea il giudice del rinvio.
48 Si deve quindi risolvere la prima questione nel
senso che una sostanza come quella oggetto della causa principale, nella
fattispecie olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto
ai sensi della direttiva 75/442, nei limiti in cui è sfruttata o
commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere
effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di preliminari
operazioni di trasformazione.
Sulla seconda questione
49 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio
intende sapere, in sostanza, se l’olio pesante accidentalmente sversato in mare a seguito di un naufragio, in siffatte
circostanze, debba essere qualificato come rifiuto ai sensi della categoria Q4
dell’allegato I della direttiva 75/442.
Osservazioni presentate alla Corte
50 Il Comune di Mesquer,
sostenuto in sostanza dai governi francese e italiano nonché dalla Commissione,
ritiene che siffatti idrocarburi, una volta che siano sversati
in mare e, a fortiori, che si siano miscelati all’acqua e a sedimenti, debbano
essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442.
51 Le società Total reputano che la miscela costituita
da idrocarburi, acqua e sedimenti del litorale costituisca un rifiuto solo
qualora esista un obbligo di smaltimento o di recupero degli idrocarburi
accidentalmente sversati in quanto tali e se questi
ultimi sono indissolubilmente uniti all’acqua e ai sedimenti.
52 Il governo belga sostiene che i prodotti così sversati in mare non dovrebbero essere qualificati come
rifiuti ai sensi della direttiva 75/442, ma idrocarburi pesanti in conformità
alle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL. Il governo del Regno
Unito, pur ammettendo che idrocarburi di questo tipo possono essere qualificati
come rifiuti ai sensi di tale direttiva, ritiene auspicabile che lo sversamento accidentale di idrocarburi in mare rientri solo
nella sfera delle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL e, di
conseguenza, che la direttiva 75/442 non si applichi in siffatte circostanze.
Risposta della Corte
53 In limine, occorre rammentare che l’allegato II
della direttiva 75/442 propone elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili
come rifiuti. Tale elenco, tuttavia, ha soltanto un valore indicativo, posto
che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore
e dal significato del termine «disfarsi» (v. sentenza 7 settembre 2004, causa C‑1/03,
Van de Walle e a., Racc. pag. I‑7613,
punto 42).
54 La circostanza che l’allegato I della direttiva
75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», menzioni, al punto Q4, le «[s]ostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto
qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc.
contaminati in seguito all’incidente in questione», costituisce quindi soltanto
un indizio dell’inclusione di tali materie nell’ambito di applicazione della
nozione di rifiuto. La detta circostanza, pertanto, non consente di per sé di
qualificare come rifiuti gli idrocarburi che siano stati accidentalmente sversati e che siano all’origine di un inquinamento del
terreno e delle acque sotterranee (v., in tale senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 43).
55 Ciò premesso, è necessario verificare se un siffatto
sversamento accidentale di idrocarburi sia un atto
mediante il quale il detentore si disfa di questi ultimi ai sensi
dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 (v., in tal senso,
sentenza Van de Walle e a., cit.,
punto 44).
56 A tale riguardo, la sostanza o l’oggetto in
questione, ove costituiscano un residuo di produzione, vale a dire un prodotto
che non è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che
il detentore non può riutilizzare a condizioni economicamente vantaggiose senza
prima sottoporlo a trasformazione, debbono considerarsi come un onere del quale
il detentore «si disfa» (v. sentenze Palin Granit, punti 32‑37, nonché Van de Walle e a., cit., punto 46).
57 Per quanto riguarda idrocarburi che siano stati
accidentalmente sversati e che siano all’origine di
un inquinamento del terreno e delle acque sotterranee,
58 Orbene, una siffatta constatazione s’impone altresì
con riferimento a idrocarburi accidentalmente sversati
in mare e che siano all’origine di un inquinamento delle acque territoriali
nonché, di conseguenza, delle coste di uno Stato membro.
59 È infatti pacifico che lo sfruttamento o la
commercializzazione di idrocarburi sversati o
emulsionati con l’acqua o, ancora, agglomerati con sedimenti è un’operazione
molto aleatoria se non addirittura ipotetica. Risulta altrettanto indubbio che,
anche ammettendo che sia tecnicamente attuabile, un siffatto sfruttamento o
commercializzazione presupporrebbe comunque operazioni preliminari di
trasformazione che, lungi dall’essere economicamente vantaggiose per il
detentore di tale sostanza, costituirebbero in realtà considerevoli oneri
finanziari. Ne consegue che idrocarburi accidentalmente sversati
in mare costituiscono sostanze che il loro detentore non aveva l’intenzione di
produrre e delle quali egli «si disfa», ancorché involontariamente, in
occasione del loro trasporto, cosicché devono essere qualificate come rifiuti
ai sensi della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punti 47 e 50).
60 Peraltro, l’applicabilità della direttiva in parola
non è rimessa in discussione dal fatto che lo sversamento
accidentale di idrocarburi si è verificato non già sul territorio terrestre di
uno Stato membro, ma nella zona economica esclusiva di quest’ultimo.
61 Infatti, senza che occorra pronunciarsi
sull’applicabilità di tale direttiva al luogo del naufragio, basta osservare
che gli idrocarburi così accidentalmente sversati
sono andati alla deriva lungo le coste fino a raggiungere queste ultime,
risultando in tal modo sversati sul territorio
terrestre dello Stato membro di cui trattasi.
62 Da ciò consegue che, nel caso del naufragio di una
petroliera come quello che caratterizza la causa principale, la direttiva
75/442 trova applicazione ratione loci.
63 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda
questione nel senso che idrocarburi accidentalmente sversati
in mare in seguito a un naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a
sedimenti e che vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a
raggiungere queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell’art. 1,
lett. a), della direttiva 75/442, nei limiti in cui non possono più
essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni di
trasformazione.
Sulla terza questione
64 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio
intende sapere se, nel caso del naufragio di una petroliera, il produttore
dell’olio pesante sversato in mare e/o colui che lo
ha venduto e noleggiato la nave che trasportava tale sostanza possano essere
tenuti a farsi carico dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti così
generati, anche qualora la sostanza sversata in mare
fosse trasportata da terzi, nel caso di specie da un vettore marittimo.
Osservazioni presentate alla Corte
65 Il Comune di Mesquer
reputa che, nella causa principale, ai fini dell’applicazione dell’art. 15
della direttiva 75/442, il produttore dell’olio pesante nonché colui che ha
venduto tale sostanza e noleggiato la nave che la trasporta devono essere
qualificati, ai sensi dell’art. 1, lett. b) e c), della direttiva,
come produttori e detentori dei rifiuti risultanti dallo sversamento
in mare della sostanza in parola.
66 Secondo le società Total, in circostanze come quelle
oggetto della causa principale, l’art. 15 della direttiva 75/442 non è
applicabile al produttore dell’olio pesante né a colui che lo ha venduto e ha
noleggiato la nave che lo trasportava poiché, al momento dell’incidente che ha
determinato la trasformazione della sostanza di cui trattasi in rifiuto, la
stessa veniva trasportata da terzi. Peraltro, la disposizione in parola non si
applicherebbe nemmeno al produttore dell’olio pesante per la sola ragione che
quest’ultimo sarebbe il produttore della sostanza che ha generato i rifiuti.
67 Il governo francese, parzialmente sostenuto dal
governo italiano e dalla Commissione, è dell’avviso che il produttore dell’olio
pesante e/o colui che lo ha venduto e ha noleggiato la nave che trasportava
tale sostanza possano essere qualificati come produttori e/o detentori dei
rifiuti risultanti dallo sversamento in mare di detta
sostanza solo se il naufragio della nave, che ha trasformato il carico di olio
pesante in rifiuti, era imputabile a diversi comportamenti idonei a far sorgere
la loro responsabilità.
68 Per il governo belga, l’applicazione della direttiva
75/442 è esclusa a motivo del fatto che deve essere applicata la convenzione
sulla responsabilità civile. Analogamente, il governo del Regno Unito reputa
che
Risposta della Corte
69 In circostanze come quelle oggetto della causa principale,
tenuto conto della finalità della direttiva 75/442, ricordata al suo terzo
‘considerando’, l’art. 15, secondo trattino, di tale direttiva prevede
che, conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello smaltimento
dei rifiuti deve essere sostenuto dai precedenti detentori o dal produttore del
prodotto che ha generato i rifiuti.
70 Ai sensi dell’art. 8 della direttiva 75/442,
ogni «detentore di rifiuti» è tenuto a consegnarli ad un raccoglitore privato o
pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato
II A o II B di tale direttiva, oppure deve provvedere egli stesso al
recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva
(sentenza 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda,
Racc. pag I‑3331, punto 179).
71 Dalle disposizioni sopra citate risulta che la
direttiva 75/442 distingue la materiale realizzazione delle operazioni di
recupero o smaltimento – che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti»,
indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi –
dall’assunzione dell’onere finanziario relativo alle suddette operazioni, che
la medesima direttiva accolla, in conformità del principio «chi inquina paga»,
ai soggetti che sono all’origine dei rifiuti, a prescindere dal fatto che
costoro siano detentori o precedenti detentori dei rifiuti o anche fabbricanti
del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza Van de Walle
e a., cit., punto 58).
72 A tale riguardo, l’applicazione del principio «chi
inquina paga», ai sensi dell’art. 174, n. 2, primo comma, seconda
frase, CE e dell’art. 15 della direttiva 75/442, sarebbe vanificata se
tali soggetti coinvolti nella produzione di rifiuti dovessero sottrarsi ai loro
obblighi finanziari come previsti dalla direttiva 75/442, sebbene sia
chiaramente dimostrata l’origine degli idrocarburi sversati
in mare, ancorché involontariamente, e che sono stati all’origine di un
inquinamento del territorio costiero di uno Stato membro.
– Sulle
nozione di «detentore» e di «precedenti detentori»
73
74 Analogamente, nel caso di idrocarburi
accidentalmente sversati in mare, occorre osservare
che il proprietario della nave che li ha trasportati ne è, di fatto, in
possesso immediatamente prima che divengano rifiuti. Pertanto, il proprietario
della nave può quindi essere qualificato come colui che ha prodotto tali
rifiuti ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442 ed
essere così qualificato per ciò stesso come «detentore» ai sensi
dell’art. 1, lett. c), di tale direttiva.
75 Tuttavia, la direttiva in parola non esclude che, in
determinati casi, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia a carico di uno o
più detentori precedenti (sentenza Van de Walle
e a., cit., punto 57).
– Sulla
determinazione delle persone che devono sopportare il costo dello smaltimento
dei rifiuti
76 Nella causa principale, sorge la questione se colui
che ha venduto la merce al destinatario finale e che a tal fine ha noleggiato
la nave che si è danneggiata in mare possa altresì essere qualificato come
«detentore», per questa ragione «precedente», dei rifiuti in tal modo sversati. Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il
produttore del prodotto che ha generato rifiuti possa anche essere tenuto a
sopportare il costo dello smaltimento dei rifiuti così prodotti.
77 Al riguardo, l’art. 15 della direttiva 75/442
prevede che talune categorie di persone, nel caso di specie i «precedenti
detentori» o «il produttore del prodotto causa dei rifiuti», conformemente al
principio «chi inquina paga», possono essere tenuti a sopportare il costo dello
smaltimento dei rifiuti. Così, tale obbligo finanziario grava sui medesimi a
motivo del loro contributo alla produzione dei rifiuti in parola e,
eventualmente, al rischio di inquinamento che risulta.
78 Quindi, per quanto riguarda idrocarburi
accidentalmente sversati in mare a seguito del
naufragio di una petroliera, il giudice nazionale può considerare che colui che
ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati ha
«prodotto rifiuti» se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione
è di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che tale
venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse
l’inquinamento determinato da tale naufragio, in particolare se si è astenuto
dall’adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi
alla scelta della nave. In siffatte circostanze, il venditore-noleggiatore
potrà essere qualificato come precedente detentore dei rifiuti ai fini
dell’applicazione dell’art. 15, secondo trattino, prima parte, della
direttiva 75/442.
79 Come è stato rammentato al punto 69 della
presente sentenza, in circostanze come quelle oggetto della causa principale,
l’art. 15, secondo trattino, della direttiva 75/442 prevede, facendo
ricorso alla congiunzione «o», che il costo dello smaltimento dei rifiuti deve
essere sostenuto dai «precedenti detentori» o dal «produttore del prodotto
causa» dei rifiuti di cui trattasi.
80 A tale riguardo, conformemente
all’art. 249 CE, gli Stati membri destinatari della direttiva 75/442,
pur disponendo della competenza in merito alla forma e ai mezzi, sono vincolati
riguardo al risultato da conseguire in termini di assunzione dell’onere
finanziario dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti. Di conseguenza,
sono tenuti a garantire che il loro diritto nazionale consenta l’imputazione
dei costi di cui trattasi a precedenti detentori o al produttore del prodotto
che ha generato rifiuti.
81 Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo
135 delle sue conclusioni, l’art. 15 della direttiva 75/442 non osta a che
gli Stati membri prevedano, in applicazione di impegni internazionali
sottoscritti in materia, come le convenzioni sulla responsabilità civile e
FIPOL, che il proprietario della nave e il noleggiatore di quest’ultima non
possono rispondere dei danni causati dallo sversamento
di idrocarburi in mare fino a concorrenza di importi limitati nel massimo in
funzione della stazza della nave e/o in circostanze particolari connesse al
loro comportamento negligente. Tale disposizione non osta nemmeno a che, in
applicazione dei menzionati impegni internazionali, un fondo di risarcimento,
come il FIPOL, che prevede un tetto massimo per ogni sinistro assuma in luogo
dei «detentori», ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva
75/442, i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti risultanti da idrocarburi
accidentalmente sversati in mare.
82 Tuttavia, qualora risulti che i costi connessi allo
smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento
accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del
fondo in parola o non possono esserlo a motivo dell’esaurimento del limite
massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei
limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di
uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali,
impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal
noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali soggetti debbano essere qualificati
come «detentori» ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva
75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia
garantita una trasposizione conforme dell’art. 15 di tale direttiva, che i
costi in questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato
i rifiuti così sversati. Nondimeno, conformemente al
principio «chi inquina paga», il produttore può essere tenuto a farsi carico di
tali costi solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si
verificasse l’inquinamento prodotto dal naufragio della nave.
83 Al riguardo l’obbligo di uno Stato membro di
adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere il risultato
prescritto da una direttiva è un obbligo cogente, prescritto
dall’art. 249, terzo comma, CE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di
adottare tutti i provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi
degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito delle loro competenze, quelli
giurisdizionali (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, Racc. pag. I‑4135,
punto 8, e Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 40).
84 Ne consegue che, nell’applicare il diritto
nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o
successive alla direttiva o di disposizioni risultanti da convenzioni
internazionali alle quali lo Stato membro ha aderito, il giudice nazionale
chiamato a interpretare tale diritto deve procedere per quanto più possibile
alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il
risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art 294, terzo
comma, CE (v., in tal senso, sentenza Marleasing,
cit., punto 8).
85 Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dalle
società Total in sede di udienza,
86 Inoltre, per quanto riguarda la decisione 2004/246,
che autorizza gli Stati membri a sottoscrivere o a ratificare, nell’interesse
della Comunità, il protocollo del 2003 della convenzione Fondo o ad aderirvi, è
sufficiente constatare che la decisione e il protocollo del 2003 non possono
essere applicati ai fatti relativi alla causa principale.
87 Certamente, la direttiva 2004/35 prevede in modo
espresso, all’art. 4, n. 2, che essa non si applica al danno
ambientale o a una minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente
per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrano nell’ambito
d’applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato
IV, il quale menziona le convenzioni sulla responsabilità civile e Fondo.
Infatti, il legislatore comunitario, come indica il decimo ‘considerando’ di
tale direttiva, ha stimato necessario tener conto espressamente delle
convenzioni internazionali pertinenti che disciplinano in modo più completo e
più rigido le attività rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva in
parola.
88 Tuttavia, è giocoforza constatare che la direttiva
75/442 non contiene una disposizione analoga, nemmeno nella sua versione
codificata risultante dalla direttiva 2006/12.
89 Tenuto
conto di quanto precedentemente
considerato, occorre risolvere la terza questione nel senso che, ai fini
dell’applicazione dell’art. 15 della direttiva 75/442 allo sversamento accidentale di idrocarburi in mare all’origine
di un inquinamento delle coste di uno Stato membro:
– il
giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali idrocarburi e
noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore dei rifiuti in
questione, ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442, e,
in questo modo, come «precedente detentore» ai fini dell’applicazione
dell’art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale direttiva se tale
giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva
competenza, giunge alla conclusione che detto venditore-noleggiatore ha
contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento determinato dal
naufragio, in particolare se si è astenuto dall’adottare provvedimenti diretti
a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta della nave;
– qualora
risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono
oggetto di accollo da parte del FIPOL o non possono esserlo a motivo
dell’esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per tale sinistro
e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità
vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da
convenzioni internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal
proprietario della nave e/o dal noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali
soggetti debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell’art. 1,
lett. c), della direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà
allora consentire, onde sia garantita una trasposizione conforme dell’art. 15
di tale direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del
prodotto che ha generato i rifiuti così sversati.
Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina paga», tale produttore può
essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività,
ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento prodotto dal
naufragio della nave.
Sulle spese
90 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi,
1) Una
sostanza come quella oggetto della causa principale, nella fattispecie olio
pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai sensi della
direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come
modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, nei
limiti in cui è sfruttata o commercializzata a condizioni economicamente
vantaggiose e può essere effettivamente utilizzata come combustibile senza
necessitare di preliminari operazioni di trasformazione.
2) Idrocarburi
accidentalmente sversati in mare in seguito a un
naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano
alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste
ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell’art. 1, lett. a), della
direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei limiti in cui non
possono più essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni di
trasformazione.
3) Ai
fini dell’applicazione dell’art. 15 della direttiva 75/442, come
modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento
accidentale di idrocarburi in mare all’origine di un inquinamento delle coste
di uno Stato membro:
– il
giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali idrocarburi e
noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore dei rifiuti in
questione, ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442,
come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo modo, come «precedente
detentore» ai fini dell’applicazione dell’art. 15, secondo trattino, prima
parte, di tale direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui
valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto
venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento
determinato dal naufragio, in particolare se si è astenuto dall’adottare
provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla
scelta della nave;
– qualora
risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono
oggetto di accollo da parte del Fondo internazionale per il risarcimento dei
danni dovuti a inquinamento da idrocarburi o non possono esserlo a motivo
dell’esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per tale sinistro
e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità
vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da
convenzioni internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal
proprietario della nave e/o dal noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali
soggetti debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell’art. 1,
lett. c), della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350,
un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una
trasposizione conforme dell’art. 15 di tale direttiva, che i costi in
questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i
rifiuti così sversati. Tuttavia, conformemente al
principio «chi inquina paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico
di tali costi solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che
si verificasse l’inquinamento prodotto dal naufragio della nave.
(Seguono le firme)