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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 24 giugno 2008

 

C-188/07, Commune de Mesquer   Total France SA

 

 

 

Nel procedimento C‑188/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Francia) con decisione 28 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2007, nella causa

 

Commune de Mesquer

 

contro

 

Total France SA,

Total International Ltd,

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente, dai sigg. A. Rosas, K. Lenaerts e L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, P. Kūris, E. Levits, A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. J.-C. Bonichot, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2008,

considerate le osservazioni presentate:

        per il Comune di Mesquer, dagli avv.ti C. Lepage e A. Moustardier, avocats;

        per la Total France SA e la Total International Ltd, dagli avv.ti J.‑P. Hordies, C. Smits, M. Memlouk, J. Boivin, E. Fontaine e F.-H. Briard, avocats;

        per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.-L. During, in qualità di agenti;

        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;

        per il governo italiano, dai sigg. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;

        per il governo del Regno Unito, dalle sig.re C. Gibbs e I. Rao, in qualità di agenti, assistite dal sig. J. Maurici, barrister,

        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Konstantinidis, J.‑B. Laignelot e G. Valero Jordana, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 1 e 15 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), nonché sull’allegato I di tale direttiva.

2        La domanda in questione interviene nell’ambito di una controversia che vede contrapporsi il Comune di Mesquer alla Total France SA e alla Total International Ltd (in prosieguo, congiuntamente: le «società Total») relativamente al risarcimento dei danni causati dai rifiuti sversati sul territorio del menzionato Comune in seguito al naufragio della petroliera Erika.

 Contesto normativo

 La normativa internazionale

3        La convenzione internazionale del 1969 sulla responsabilità civile per i danni dovuti a inquinamento da idrocarburi, adottata a Bruxelles il 29 novembre 1969, come modificata dal protocollo firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 32; in prosieguo: la «convenzione sulla responsabilità civile»), disciplina la responsabilità dei proprietari di navi per i danni risultanti da sversamenti ripetuti di idrocarburi provenienti da navi cisterna. Essa si fonda sul principio della loro responsabilità oggettiva, limitata a un importo calcolato in funzione della stazza della nave, e istituisce un sistema obbligatorio di assicurazione della responsabilità civile.

4        Ai sensi dell’art. II, lett. a), della convenzione sulla responsabilità civile, quest’ultima si applica ai danni dovuti a inquinamento che si verificano nel territorio di uno Stato contraente, ivi compreso il mare territoriale, e nella zona economica esclusiva di uno Stato contraente, definita conformemente alle norme del diritto internazionale, o, qualora uno Stato contraente non abbia fissato tale zona, in una fascia di mare situata al di là delle acque territoriali di detto Stato contraente e ad esse contigua, conformemente al diritto internazionale, che si estende non oltre le 200 miglia nautiche dalla linea di base a partire dalla quale è misurata la larghezza delle acque territoriali.

5        Ai sensi dell’art. III, n. 4, della convenzione sulla responsabilità civile, «il risarcimento per danni dovuti a inquinamento ai sensi della presente convenzione o di altro genere non può essere chiesto (...) a qualsiasi noleggiatore (in qualunque modo descritto, ivi compresi i noleggiatori di navi non equipaggiate), gestore o operatore della nave (...), tranne nel caso in cui il danno sia dovuto a loro atti o omissioni personali, commessi con l’intento di provocare tali danni, ovvero con negligenza e con la consapevolezza della probabilità di provocare tali danni».

6        La convenzione internazionale sull’istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da idrocarburi, adottata a Bruxelles il 18 dicembre 1971, come modificata dal protocollo firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 40; in prosieguo: la «convenzione Fondo»), completa la convenzione sulla responsabilità civile, istituendo un sistema di risarcimento delle vittime.

7        Il Fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da idrocarburi (in prosieguo: il «FIPOL»), alimentato da contributi dell’industria petrolifera, può coprire fino a 135 milioni di DTS (diritti speciali di prelievo) per un evento precedente al 2003. Conformemente all’art. 4 della convenzione Fondo, le vittime possono presentare, dinanzi ai giudici dello Stato parte contraente di tale convenzione in cui sono stati causati i danni, istanze al fine di ottenere un risarcimento, in particolare qualora la convenzione sulla responsabilità civile non preveda alcuna responsabilità per il danno in questione o qualora il proprietario della nave sia insolvibile o sollevato dalla sua responsabilità in forza della convenzione in parola.

8        Il protocollo del 2003 alla convenzione internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei danni causati dall’inquinamento da idrocarburi (GU 2004, L 78, pag. 24) crea un fondo complementare internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento, denominato «fondo complementare internazionale del 2003 per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi», che consente, congiuntamente al FIPOL, di coprire fino a 750 milioni di unità di conto per un determinato incidente successivo al 1° novembre 2003.

 La normativa comunitaria

 La direttiva 75/442

9        Ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva 75/442, ogni regolamento in materia di smaltimento dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti.

10      L’art. 1 della direttiva 75/442 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a)      “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.

La Commissione (...) preparerà (...) un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all’allegato I. (…);

b)      “produttore”: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti (“produttore iniziale”) e/o la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;

c)      “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;

(…)

e)      “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;

f)      “recupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;

g)      “raccolta”: l’operazione di raccolta, di cernita e/o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto».

11      L’art. 8 della direttiva 75/442 recita:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti:

a)      li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B, oppure

b)      provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della presente direttiva».

12      L’art. 15 della direttiva 75/442 prevede:

«Conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto:

a)      dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad una impresa di cui all’articolo 9; e/o

b)      dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei rifiuti».

13      Le categorie Q4, Q11, Q13 e Q16 dell’allegato I della direttiva 75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», hanno il seguente tenore:

«Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati in seguito all’incidente in questione

(…)

Q11 Residui provenienti dall’estrazione e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.)

(…)

Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata

(…)

Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate».

14      L’allegato II A della citata direttiva, intitolato «Operazioni di smaltimento», intende elencare le operazioni di smaltimento così come esse sono effettuate in pratica, laddove l’allegato II B della stessa, intitolato «Operazioni di recupero», intende analogamente elencare le operazioni di recupero.

15      La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), nell’operare, a fini di chiarezza e razionalizzazione, una codificazione della direttiva 75/442, riporta agli artt. 1 e 15 nonché agli allegati I, II A e II B le disposizioni sopra menzionate. La direttiva 2006/12 è stata tuttavia adottata solo successivamente al verificarsi dei fatti di cui alla causa principale, cosicché essa non è chiamata a disciplinare la causa principale.

 La direttiva 68/414/CEE

16      L’art. 2 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1968, 68/414/CEE, che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri della CEE di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi (GU L 308, pag. 14), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1998, 98/93/CE (GU L 358, pag. 100), che prevede un siffatto obbligo in particolare per far fronte a eventuali penurie o crisi di approvvigionamento, assimila gli oli combustibili a una categoria di prodotti petroliferi.

 La direttiva 2004/35/CE

17      Il decimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56), recita:

«Si dovrebbe tenere espressamente conto del trattato Euratom, delle convenzioni internazionali pertinenti e della normativa comunitaria che disciplina più completamente e più rigorosamente tutte le attività che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. (…)».

18      L’art. 4, n. 2, della direttiva 2004/35 dispone:

«La presente direttiva non si applica al danno ambientale o a una minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrano nell’ambito d’applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato IV, comprese eventuali successive modifiche di tali convenzioni, in vigore nello Stato membro interessato».

19      L’allegato IV della direttiva 2004/35 così recita:

«Convenzioni internazionali di cui all’articolo 4, paragrafo 2

a)      Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

b)      Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l’indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

(…)».

 La decisione 2004/246/CE

20      Il Consiglio ha adottato, il 2 marzo 2004, la decisione 2004/246/CE, che autorizza gli Stati membri a firmare o ratificare, nell’interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla convenzione internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei danni causati dall’inquinamento da idrocarburi, o ad aderirvi, e che autorizza Austria e Lussemburgo, nell’interesse della Comunità europea, ad aderire agli strumenti di riferimento (GU L 78, pag. 22).

21      Il quarto ‘considerando’ della decisione 2004/246 dispone come segue:

«Conformemente al protocollo per il fondo complementare, solo gli Stati sovrani possono esserne parte; pertanto, la Comunità non può ratificare il protocollo o aderirvi né potrà farlo nel futuro immediato».

22      Gli artt. 1, n. 1, e 4 della decisione 2004/246 recitano:

«Articolo 1

1. Gli Stati membri sono autorizzati a firmare o ratificare, nell’interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla convenzione internazionale del 1992 sull’istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei danni provocati da inquinamento da idrocarburi (il protocollo per il fondo complementare), o ad aderirvi, alle condizioni specificate nei seguenti articoli.

(…)

Articolo 4

Gli Stati membri si adoperano con tempestività affinché il protocollo per il fondo complementare e gli strumenti di riferimento siano modificati per consentire alla Comunità di divenirne parte contraente».

 La normativa nazionale

23      L’art. 2 della legge 15 luglio 1975, n. 75-633, relativa allo smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei materiali (JORF del 16 luglio 1975, pag. 7279), ormai art. L541-2 del codice dell’ambiente, così dispone:

«Chiunque produca o detenga rifiuti in circostanze tali da produrre effetti nocivi per il suolo, la flora e la fauna, deteriorare i siti o i paesaggi, inquinare l’aria o le acque, causare rumori e odori e, in generale, ledere la salute dell’uomo e l’ambiente, è tenuto a provvedere o a far provvedere al loro smaltimento conformemente alle disposizioni del presente capitolo, in condizioni idonee a evitare i menzionati effetti.

Lo smaltimento dei rifiuti comporta le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio, cernita e trattamento necessari al recupero degli elementi e dei materiali riutilizzabili o dell’energia, nonché al deposito o al rigetto nell’ambiente naturale di tutti gli altri prodotti in condizioni idonee a evitare i danni menzionati al comma precedente».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

24      Il 12 dicembre 1999 la petroliera ERIKA, battente bandiera maltese e noleggiata dalla Total International Ltd, affondava a circa 35 miglia marine a sud-ovest della punta di Penmarc’h (Finistère, Francia), sversando una parte del suo carico e del suo combustibile in mare e causando un inquinamento del litorale atlantico francese.

25      Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni presentate dinanzi alla Corte emerge che la società italiana ENEL ha stipulato con la Total International Ltd un contratto di fornitura di olio pesante diretto a essere utilizzato come combustibile per la produzione di energia elettrica. Ai fini dell’esecuzione di tale contratto, la Total raffinage distribution, divenuta Total France SA, ha venduto l’olio pesante alla Total International Ltd, la quale ha noleggiato la nave Erika al fine di trasportarlo dal porto di Dunkerque (Francia) a quello di Milazzo.

26      Il 9 giugno 2000 il Comune di Mesquer ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunal de commerce de Saint-Nazaire avverso le società Total diretto, in particolare, a far dichiarare che queste ultime dovevano farsi carico, in applicazione della legge n. 75-633, delle conseguenze dei danni causati dai rifiuti sversati sul suo territorio ed essere condannate in solido al pagamento delle spese sostenute dal Comune per operazioni di pulitura e bonifica, ossia EUR 69 232,42.

27      In seguito al rigetto del suo ricorso, il Comune di Mesquer ha interposto appello dinanzi alla Cour d’appel de Rennes, che, con sentenza 13 febbraio 2002, ha confermato la sentenza di primo grado, stimando che l’olio pesante fosse, nel caso di specie, non un rifiuto bensì un materiale combustibile costituente un materiale energetico creato per un uso specifico. La Cour d’appel de Rennes ha in effetti ammesso che l’olio pesante, così sversato e trasformato a seguito del suo miscelarsi con l’acqua e la sabbia, ha generato rifiuti, ma essa ha tuttavia ritenuto che nessuna norma consentisse di dichiarare la responsabilità delle società Total, poiché queste ultime non possono essere considerate produttrici o detentrici dei rifiuti in questione. Il Comune di Mesquer ha allora proposto ricorso per cassazione.

28      Reputando che la causa presenti una seria difficoltà in termini di interpretazione della direttiva 75/442, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’olio pesante, prodotto derivato da un processo di raffinazione, rispondente alle specifiche dell’utilizzatore, destinato dal produttore a essere venduto come combustibile e menzionato nella direttiva 68/414 (...) possa essere considerato un rifiuto ai sensi dell’art. 1 della direttiva 75/442 (...) codificata dalla direttiva 2006/12 (...).

2)      Se un carico di olio pesante, trasportato da una nave e accidentalmente sversato in mare, costituisca, di per sé o miscelato ad acqua e sedimenti, un rifiuto ai sensi della [categoria] Q4 dell’allegato I della direttiva 2006/12 (...).

3)      In caso di soluzione negativa della prima questione e di soluzione affermativa della seconda, se il produttore dell’olio pesante (Total Raffinage [distribuzione]) e/o il venditore e noleggiatore (Total International Ltd) possano essere considerati, ai sensi dell’art. 1, lett. b) e c), della direttiva 2006/12 (…) e ai fini dell’applicazione dell’art. 15 della medesima direttiva, come il produttore e/o il detentore del rifiuto, anche qualora il prodotto, al momento dell’incidente che l’ha trasformato in rifiuto, fosse trasportato da terzi».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

29      Le società Total sostengono che il presente rinvio pregiudiziale deve essere dichiarato irricevibile in quanto il Comune di Mesquer ha già ottenuto un risarcimento in forza del FIPOL e che, di conseguenza, non disporrebbe dell’interesse ad agire. Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale rivestirebbe un carattere ipotetico.

30      Secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I‑4233, punto 22 e giurisprudenza citata).

31      Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, spetta ai giudici nazionali cui è stata sottoposta la controversia valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla Corte (sentenza 15 giugno 2006, cause riunite C‑393/04 e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium, Racc. pag I‑5293, punto 24 e giurisprudenza citata).

32      A questo riguardo, emerge dagli atti di causa che il Comune di Mesquer ha effettivamente beneficiato di pagamenti in forza del FIPOL, i quali sono stati effettuati a seguito della domanda di risarcimento formulata dal Comune nei confronti, in particolare, del proprietario della nave Erika e del FIPOL. Questi pagamenti hanno costituito l’oggetto di transazioni mediante le quali il Comune in parola ha espressamente rinunciato a qualsivoglia istanza e azione, a condizione che fossero rimborsate le somme versate.

33      Sembra che il giudice del rinvio disponesse di tali informazioni, ma che esso tuttavia non abbia né considerato che la causa principale si era estinta o che il Comune di Mesquer aveva perso il suo interesse ad agire né rinunciato a proporre alla Corte le sue questioni pregiudiziali.

34      Occorre pertanto risolvere le questioni proposte dalla Cour de cassation.

 Sulla prima questione

35      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio intende sapere se l’olio pesante venduto per essere utilizzato come combustibile possa essere qualificato come rifiuto ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442.

36      Le società Total, gli Stati membri che hanno sottoposto osservazioni nonché la Commissione sono dell’avviso che occorra risolvere in termini negativi tale questione. Solo il Comune di Mesquer sostiene che un tale olio pesante deve essere qualificato come rifiuto e che, inoltre, la sostanza in questione rientra nella categoria dei prodotti pericolosi e illeciti.

37      In via preliminare, si deve rammentare che, a norma dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, deve considerarsi rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.

38      Così, nel contesto della direttiva 75/442, l’ambito di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine «disfarsi» (sentenza 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie, Racc. pag I‑7411, punto 26) e, di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza della Corte, tale termine va interpretato tenendo conto delle finalità di questa stessa direttiva (sentenza 15 giugno 2000, cause riunite C‑418/97 e C‑419/97, ARCO Chemie Nederland e a., Racc. pag I‑4475, punto 37), finalità che, ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva di cui trattasi, consiste nella tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti, alla luce dell’art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (v. sentenza 11 novembre 2004, causa C‑457/02, Niselli, Racc. pag I‑10853, punto 33).

39      La Corte ha altresì dichiarato che, alla luce della finalità perseguita dalla direttiva 75/442, la nozione di rifiuto non può essere interpretata in senso restrittivo (v. sentenza ARCO Chemie Nederland e a., cit., punto 40).

40      Tale nozione può riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C‑9/00, Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, Racc. pag. I‑3533; in prosieguo: la sentenza «Palin Granit», punto 29 e giurisprudenza citata).

41      A tale proposito, alcune circostanze possono costituire indizi del fatto che il detentore di una sostanza o di un oggetto se ne disfi ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442. Ciò si verifica, in particolare, se la sostanza utilizzata è un residuo di produzione, cioè un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale (sentenza ARCO Chemie Nederland e a., cit., punti 83 e 84). La Corte ha così precisato che i detriti provenienti dall’attività estrattiva di una cava di granito, che non si configurano come produzione principale ricercata mediante tale sfruttamento, rientrano, in via di principio, nella categoria dei rifiuti (sentenza Palin Granit, punti 32 e 33).

42      Tuttavia, un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto, del quale l’impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per essa favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari (v. sentenza Palin Granit, punto 34, nonché ordinanza 15 gennaio 2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani, Racc. pag I‑1005, punto 35).

43      Infatti, non è assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti (v. sentenza Palin Granit, punto 35, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 35).

44      Tuttavia, tenuto conto dell’obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere il ricorso a tale argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nell’ambito del processo di produzione (sentenza Palin Granit, punto 36, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 36).

45      Unitamente al criterio del riconoscimento o meno della natura di residuo di produzione riguardo ad una certa sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio utile al fine di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto (sentenza Palin Granit, punto 37).

46      Nella causa principale, risulta che la sostanza di cui trattasi è ottenuta in esito al processo di raffinazione del petrolio.

47      Tuttavia, tale sostanza residua può essere sfruttata commercialmente a condizioni economicamente vantaggiose, come confermato dal fatto che essa è stata l’oggetto di un’operazione commerciale e che risponde alle specifiche dell’acquirente, come sottolinea il giudice del rinvio.

48      Si deve quindi risolvere la prima questione nel senso che una sostanza come quella oggetto della causa principale, nella fattispecie olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442, nei limiti in cui è sfruttata o commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di preliminari operazioni di trasformazione.

 Sulla seconda questione

49      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se l’olio pesante accidentalmente sversato in mare a seguito di un naufragio, in siffatte circostanze, debba essere qualificato come rifiuto ai sensi della categoria Q4 dell’allegato I della direttiva 75/442.

 Osservazioni presentate alla Corte

50      Il Comune di Mesquer, sostenuto in sostanza dai governi francese e italiano nonché dalla Commissione, ritiene che siffatti idrocarburi, una volta che siano sversati in mare e, a fortiori, che si siano miscelati all’acqua e a sedimenti, debbano essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442.

51      Le società Total reputano che la miscela costituita da idrocarburi, acqua e sedimenti del litorale costituisca un rifiuto solo qualora esista un obbligo di smaltimento o di recupero degli idrocarburi accidentalmente sversati in quanto tali e se questi ultimi sono indissolubilmente uniti all’acqua e ai sedimenti.

52      Il governo belga sostiene che i prodotti così sversati in mare non dovrebbero essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442, ma idrocarburi pesanti in conformità alle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL. Il governo del Regno Unito, pur ammettendo che idrocarburi di questo tipo possono essere qualificati come rifiuti ai sensi di tale direttiva, ritiene auspicabile che lo sversamento accidentale di idrocarburi in mare rientri solo nella sfera delle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL e, di conseguenza, che la direttiva 75/442 non si applichi in siffatte circostanze.

 Risposta della Corte

53      In limine, occorre rammentare che l’allegato II della direttiva 75/442 propone elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come rifiuti. Tale elenco, tuttavia, ha soltanto un valore indicativo, posto che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v. sentenza 7 settembre 2004, causa C‑1/03, Van de Walle e a., Racc. pag. I‑7613, punto 42).

54      La circostanza che l’allegato I della direttiva 75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», menzioni, al punto Q4, le «[s]ostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati in seguito all’incidente in questione», costituisce quindi soltanto un indizio dell’inclusione di tali materie nell’ambito di applicazione della nozione di rifiuto. La detta circostanza, pertanto, non consente di per sé di qualificare come rifiuti gli idrocarburi che siano stati accidentalmente sversati e che siano all’origine di un inquinamento del terreno e delle acque sotterranee (v., in tale senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 43).

55      Ciò premesso, è necessario verificare se un siffatto sversamento accidentale di idrocarburi sia un atto mediante il quale il detentore si disfa di questi ultimi ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 44).

56      A tale riguardo, la sostanza o l’oggetto in questione, ove costituiscano un residuo di produzione, vale a dire un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che il detentore non può riutilizzare a condizioni economicamente vantaggiose senza prima sottoporlo a trasformazione, debbono considerarsi come un onere del quale il detentore «si disfa» (v. sentenze Palin Granit, punti 32‑37, nonché Van de Walle e a., cit., punto 46).

57      Per quanto riguarda idrocarburi che siano stati accidentalmente sversati e che siano all’origine di un inquinamento del terreno e delle acque sotterranee, la Corte ha avuto modo di constatare che questi ultimi non costituiscono un prodotto riutilizzabile senza previa trasformazione (v. sentenza Van de Walle e a., cit., punto 47).

58      Orbene, una siffatta constatazione s’impone altresì con riferimento a idrocarburi accidentalmente sversati in mare e che siano all’origine di un inquinamento delle acque territoriali nonché, di conseguenza, delle coste di uno Stato membro.

59      È infatti pacifico che lo sfruttamento o la commercializzazione di idrocarburi sversati o emulsionati con l’acqua o, ancora, agglomerati con sedimenti è un’operazione molto aleatoria se non addirittura ipotetica. Risulta altrettanto indubbio che, anche ammettendo che sia tecnicamente attuabile, un siffatto sfruttamento o commercializzazione presupporrebbe comunque operazioni preliminari di trasformazione che, lungi dall’essere economicamente vantaggiose per il detentore di tale sostanza, costituirebbero in realtà considerevoli oneri finanziari. Ne consegue che idrocarburi accidentalmente sversati in mare costituiscono sostanze che il loro detentore non aveva l’intenzione di produrre e delle quali egli «si disfa», ancorché involontariamente, in occasione del loro trasporto, cosicché devono essere qualificate come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punti 47 e 50).

60      Peraltro, l’applicabilità della direttiva in parola non è rimessa in discussione dal fatto che lo sversamento accidentale di idrocarburi si è verificato non già sul territorio terrestre di uno Stato membro, ma nella zona economica esclusiva di quest’ultimo.

61      Infatti, senza che occorra pronunciarsi sull’applicabilità di tale direttiva al luogo del naufragio, basta osservare che gli idrocarburi così accidentalmente sversati sono andati alla deriva lungo le coste fino a raggiungere queste ultime, risultando in tal modo sversati sul territorio terrestre dello Stato membro di cui trattasi.

62      Da ciò consegue che, nel caso del naufragio di una petroliera come quello che caratterizza la causa principale, la direttiva 75/442 trova applicazione ratione loci.

63      Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione nel senso che idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, nei limiti in cui non possono più essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni di trasformazione.

 Sulla terza questione

64      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio intende sapere se, nel caso del naufragio di una petroliera, il produttore dell’olio pesante sversato in mare e/o colui che lo ha venduto e noleggiato la nave che trasportava tale sostanza possano essere tenuti a farsi carico dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti così generati, anche qualora la sostanza sversata in mare fosse trasportata da terzi, nel caso di specie da un vettore marittimo.

 Osservazioni presentate alla Corte

65      Il Comune di Mesquer reputa che, nella causa principale, ai fini dell’applicazione dell’art. 15 della direttiva 75/442, il produttore dell’olio pesante nonché colui che ha venduto tale sostanza e noleggiato la nave che la trasporta devono essere qualificati, ai sensi dell’art. 1, lett. b) e c), della direttiva, come produttori e detentori dei rifiuti risultanti dallo sversamento in mare della sostanza in parola.

66      Secondo le società Total, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, l’art. 15 della direttiva 75/442 non è applicabile al produttore dell’olio pesante né a colui che lo ha venduto e ha noleggiato la nave che lo trasportava poiché, al momento dell’incidente che ha determinato la trasformazione della sostanza di cui trattasi in rifiuto, la stessa veniva trasportata da terzi. Peraltro, la disposizione in parola non si applicherebbe nemmeno al produttore dell’olio pesante per la sola ragione che quest’ultimo sarebbe il produttore della sostanza che ha generato i rifiuti.

67      Il governo francese, parzialmente sostenuto dal governo italiano e dalla Commissione, è dell’avviso che il produttore dell’olio pesante e/o colui che lo ha venduto e ha noleggiato la nave che trasportava tale sostanza possano essere qualificati come produttori e/o detentori dei rifiuti risultanti dallo sversamento in mare di detta sostanza solo se il naufragio della nave, che ha trasformato il carico di olio pesante in rifiuti, era imputabile a diversi comportamenti idonei a far sorgere la loro responsabilità. La Commissione aggiunge tuttavia che il produttore di una sostanza come l’olio pesante non può, già solo a motivo di tale attività, essere qualificato come «produttore» e/o «detentore», ai sensi dell’art. 1, lett. b) e c), della direttiva 75/442, dei rifiuti generati da tale prodotto in occasione di un incidente verificatosi durante il loro trasporto. Nondimeno, in forza dell’art. 15, secondo trattino, della direttiva, tale soggetto sarebbe ancora tenuto a sopportare il costo dello smaltimento dei rifiuti nella sua qualità di «produttore del prodotto causa dei rifiuti».

68      Per il governo belga, l’applicazione della direttiva 75/442 è esclusa a motivo del fatto che deve essere applicata la convenzione sulla responsabilità civile. Analogamente, il governo del Regno Unito reputa che la Corte non debba risolvere tale questione in quanto la causa principale riguarda questioni di responsabilità per sversamento di olio pesante in mare.

 Risposta della Corte

69      In circostanze come quelle oggetto della causa principale, tenuto conto della finalità della direttiva 75/442, ricordata al suo terzo ‘considerando’, l’art. 15, secondo trattino, di tale direttiva prevede che, conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti.

70      Ai sensi dell’art. 8 della direttiva 75/442, ogni «detentore di rifiuti» è tenuto a consegnarli ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B di tale direttiva, oppure deve provvedere egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva (sentenza 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda, Racc. pag I‑3331, punto 179).

71      Dalle disposizioni sopra citate risulta che la direttiva 75/442 distingue la materiale realizzazione delle operazioni di recupero o smaltimento – che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti», indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi – dall’assunzione dell’onere finanziario relativo alle suddette operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità del principio «chi inquina paga», ai soggetti che sono all’origine dei rifiuti, a prescindere dal fatto che costoro siano detentori o precedenti detentori dei rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza Van de Walle e a., cit., punto 58).

72      A tale riguardo, l’applicazione del principio «chi inquina paga», ai sensi dell’art. 174, n. 2, primo comma, seconda frase, CE e dell’art. 15 della direttiva 75/442, sarebbe vanificata se tali soggetti coinvolti nella produzione di rifiuti dovessero sottrarsi ai loro obblighi finanziari come previsti dalla direttiva 75/442, sebbene sia chiaramente dimostrata l’origine degli idrocarburi sversati in mare, ancorché involontariamente, e che sono stati all’origine di un inquinamento del territorio costiero di uno Stato membro.

       Sulle nozione di «detentore» e di «precedenti detentori»

73      La Corte ha ritenuto, con riferimento a idrocarburi accidentalmente sversati a causa di una fuoriuscita dagli impianti di stoccaggio di una stazione di servizio e che erano stati da questa acquistati per le esigenze delle sue attività, che tali idrocarburi fossero, in realtà, in possesso del gestore della stazione di servizio. La Corte ha inoltre reputato che, in tale contesto, colui che, per le esigenze della sua attività, accantonava detti idrocarburi quando sono divenuti rifiuti possa essere qualificato come colui che li ha «prodotti», ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442. Infatti, il gestore della stazione di servizio, essendo al tempo stesso possessore e produttore di tali rifiuti, dev’essere qualificato come loro detentore ai sensi del medesimo art. 1, lett. c), di tale direttiva (v., in tale senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 59).

74      Analogamente, nel caso di idrocarburi accidentalmente sversati in mare, occorre osservare che il proprietario della nave che li ha trasportati ne è, di fatto, in possesso immediatamente prima che divengano rifiuti. Pertanto, il proprietario della nave può quindi essere qualificato come colui che ha prodotto tali rifiuti ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442 ed essere così qualificato per ciò stesso come «detentore» ai sensi dell’art. 1, lett. c), di tale direttiva.

75      Tuttavia, la direttiva in parola non esclude che, in determinati casi, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia a carico di uno o più detentori precedenti (sentenza Van de Walle e a., cit., punto 57).

       Sulla determinazione delle persone che devono sopportare il costo dello smaltimento dei rifiuti

76      Nella causa principale, sorge la questione se colui che ha venduto la merce al destinatario finale e che a tal fine ha noleggiato la nave che si è danneggiata in mare possa altresì essere qualificato come «detentore», per questa ragione «precedente», dei rifiuti in tal modo sversati. Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il produttore del prodotto che ha generato rifiuti possa anche essere tenuto a sopportare il costo dello smaltimento dei rifiuti così prodotti.

77      Al riguardo, l’art. 15 della direttiva 75/442 prevede che talune categorie di persone, nel caso di specie i «precedenti detentori» o «il produttore del prodotto causa dei rifiuti», conformemente al principio «chi inquina paga», possono essere tenuti a sopportare il costo dello smaltimento dei rifiuti. Così, tale obbligo finanziario grava sui medesimi a motivo del loro contributo alla produzione dei rifiuti in parola e, eventualmente, al rischio di inquinamento che risulta.

78      Quindi, per quanto riguarda idrocarburi accidentalmente sversati in mare a seguito del naufragio di una petroliera, il giudice nazionale può considerare che colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati ha «prodotto rifiuti» se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che tale venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento determinato da tale naufragio, in particolare se si è astenuto dall’adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta della nave. In siffatte circostanze, il venditore-noleggiatore potrà essere qualificato come precedente detentore dei rifiuti ai fini dell’applicazione dell’art. 15, secondo trattino, prima parte, della direttiva 75/442.

79      Come è stato rammentato al punto 69 della presente sentenza, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, l’art. 15, secondo trattino, della direttiva 75/442 prevede, facendo ricorso alla congiunzione «o», che il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto dai «precedenti detentori» o dal «produttore del prodotto causa» dei rifiuti di cui trattasi.

80      A tale riguardo, conformemente all’art. 249 CE, gli Stati membri destinatari della direttiva 75/442, pur disponendo della competenza in merito alla forma e ai mezzi, sono vincolati riguardo al risultato da conseguire in termini di assunzione dell’onere finanziario dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti. Di conseguenza, sono tenuti a garantire che il loro diritto nazionale consenta l’imputazione dei costi di cui trattasi a precedenti detentori o al produttore del prodotto che ha generato rifiuti.

81      Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 135 delle sue conclusioni, l’art. 15 della direttiva 75/442 non osta a che gli Stati membri prevedano, in applicazione di impegni internazionali sottoscritti in materia, come le convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL, che il proprietario della nave e il noleggiatore di quest’ultima non possono rispondere dei danni causati dallo sversamento di idrocarburi in mare fino a concorrenza di importi limitati nel massimo in funzione della stazza della nave e/o in circostanze particolari connesse al loro comportamento negligente. Tale disposizione non osta nemmeno a che, in applicazione dei menzionati impegni internazionali, un fondo di risarcimento, come il FIPOL, che prevede un tetto massimo per ogni sinistro assuma in luogo dei «detentori», ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva 75/442, i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti risultanti da idrocarburi accidentalmente sversati in mare.

82      Tuttavia, qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono esserlo a motivo dell’esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali soggetti debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una trasposizione conforme dell’art. 15 di tale direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Nondimeno, conformemente al principio «chi inquina paga», il produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento prodotto dal naufragio della nave.

83      Al riguardo l’obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una direttiva è un obbligo cogente, prescritto dall’art. 249, terzo comma, CE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito delle loro competenze, quelli giurisdizionali (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8, e Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 40).

84      Ne consegue che, nell’applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva o di disposizioni risultanti da convenzioni internazionali alle quali lo Stato membro ha aderito, il giudice nazionale chiamato a interpretare tale diritto deve procedere per quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art 294, terzo comma, CE (v., in tal senso, sentenza Marleasing, cit., punto 8).

85      Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dalle società Total in sede di udienza, la Comunità non è vincolata dalle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL. Infatti, da un lato, la Comunità non ha aderito ai citati strumenti internazionali e, dall’altro, non può essere considerata né come un sostituto dei suoi Stati membri, non foss’altro perché questi ultimi non hanno tutti aderito a tali convenzioni (v., per analogia, sentenze 14 luglio 1994, causa C‑379/92, Peralta, Racc. pag. I‑3453, punto 16, nonché 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47), né come indirettamente vincolata dalle convenzioni stesse a motivo dell’art. 235 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, entrata in vigore il 16 novembre 1994 e approvata con decisione del Consiglio 23 marzo 1998, 93/392/CE (GU L 1979, pag. 1), disposizione il cui n. 3 si limita, come ha sottolineato il governo francese all’udienza, a sancire un obbligo generale di cooperazione tra le parti della convenzione in questione.

86      Inoltre, per quanto riguarda la decisione 2004/246, che autorizza gli Stati membri a sottoscrivere o a ratificare, nell’interesse della Comunità, il protocollo del 2003 della convenzione Fondo o ad aderirvi, è sufficiente constatare che la decisione e il protocollo del 2003 non possono essere applicati ai fatti relativi alla causa principale.

87      Certamente, la direttiva 2004/35 prevede in modo espresso, all’art. 4, n. 2, che essa non si applica al danno ambientale o a una minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrano nell’ambito d’applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato IV, il quale menziona le convenzioni sulla responsabilità civile e Fondo. Infatti, il legislatore comunitario, come indica il decimo ‘considerando’ di tale direttiva, ha stimato necessario tener conto espressamente delle convenzioni internazionali pertinenti che disciplinano in modo più completo e più rigido le attività rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva in parola.

88      Tuttavia, è giocoforza constatare che la direttiva 75/442 non contiene una disposizione analoga, nemmeno nella sua versione codificata risultante dalla direttiva 2006/12.

89      Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, occorre risolvere la terza questione nel senso che, ai fini dell’applicazione dell’art. 15 della direttiva 75/442 allo sversamento accidentale di idrocarburi in mare all’origine di un inquinamento delle coste di uno Stato membro:

        il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore dei rifiuti in questione, ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442, e, in questo modo, come «precedente detentore» ai fini dell’applicazione dell’art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se si è astenuto dall’adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta della nave;

        qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del FIPOL o non possono esserlo a motivo dell’esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali soggetti debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una trasposizione conforme dell’art. 15 di tale direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento prodotto dal naufragio della nave.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      Una sostanza come quella oggetto della causa principale, nella fattispecie olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, nei limiti in cui è sfruttata o commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di preliminari operazioni di trasformazione.

2)      Idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei limiti in cui non possono più essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni di trasformazione.

3)      Ai fini dell’applicazione dell’art. 15 della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento accidentale di idrocarburi in mare all’origine di un inquinamento delle coste di uno Stato membro:

        il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore dei rifiuti in questione, ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo modo, come «precedente detentore» ai fini dell’applicazione dell’art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se si è astenuto dall’adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta della nave;

        qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del Fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da idrocarburi o non possono esserlo a motivo dell’esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal noleggiatore di quest’ultima, sebbene tali soggetti debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell’art. 1, lett. c), della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una trasposizione conforme dell’art. 15 di tale direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l’inquinamento prodotto dal naufragio della nave.

 

                              (Seguono le firme)