Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda
Sezione), 16 luglio 2009
C-165/08, Commissione delle Comunità europee – Repubblica di Polonia
Nella causa C‑165/08,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi
dell’art. 226 CE, proposto il 15 aprile 2008,
Commissione delle Comunità
europee,
rappresentata dal sig. B. Doherty e dalla sig.ra A. Szmytkowska,
in qualità di agenti,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica di Polonia,
rappresentata dal sig. M. Dowgielewicz,
in qualità di agente,
convenuta,
composta dal sig. C.W.A. Timmermans,
presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann
(relatore), P. Kūris, L. Bay Larsen e dalla sig.ra C. Toader,
giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. R. Grass
vista
la fase scritta del procedimento,
vista
la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la
causa senza conclusioni,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Col suo ricorso
Contesto normativo
La normativa comunitaria
La direttiva 2001/18
2 La direttiva 2001/18 è stata adottata sul fondamento
dell’art. 95 CE. A norma dell’art. 1 essa mira, nel rispetto del
principio di precauzione, al ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute
umana e dell’ambiente, da un lato, quando si emettono deliberatamente
nell’ambiente organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM») a
scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno della Comunità europea
e, dall’altro, quando si immettono in commercio all’interno della Comunità OGM
come tali o contenuti in prodotti.
3 Il nono ‘considerando’ della direttiva 2001/18
enuncia quanto segue:
«Il
rispetto dei principi etici riconosciuti in uno Stato membro è particolarmente
importante. Gli Stati membri possono prendere in considerazione gli aspetti
etici quando gli OGM siano deliberatamente emessi o immessi in commercio come
tali o contenuti in prodotti».
4 Ai sensi dei ‘considerando’ che vanno dal
cinquantaseiesimo al cinquantottesimo di tale direttiva:
«(56) Se un prodotto
comprendente un OGM o una combinazione di essi è immesso sul mercato o è stato
debitamente autorizzato ai sensi della presente direttiva, uno Stato membro non
può vietare, limitare o impedire l’immissione in commercio di OGM, come tali o
contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della presente direttiva. Occorre
prevedere una clausola di salvaguardia in caso di rischio per la salute umana o
per l’ambiente.
(57) È
opportuno consultare il Gruppo europeo della Commissione per l’etica delle
scienze e delle nuove tecnologie al fine di ottenere un parere riguardo a
problemi etici generali relativi all’emissione deliberata o all’immissione in
commercio di OGM. Tale consultazione non dovrebbe pregiudicare la competenza
degli Stati membri in merito alle questioni etiche.
(58) Gli
Stati membri dovrebbero poter consultare qualsiasi comitato da essi istituito
allo scopo di ottenere un parere sulle implicazioni etiche della
biotecnologia».
5 La parte B della direttiva in parola tratta delle
condizioni alle quali sono rilasciate le autorizzazioni all’emissione
deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dalla loro immissione in
commercio.
6 La parte C della medesima direttiva, che comprende
gli articoli dal 12 al 24 di quest’ultima, riguarda le autorizzazioni
all’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti.
7 Intitolato «Libera circolazione», l’art. 22
della direttiva 2001/18 così dispone:
«Fatto salvo l’articolo 23, gli Stati membri non
possono vietare, limitare o impedire l’immissione in commercio di OGM, come
tali o contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della presente direttiva».
8 L’art. 23 di tale direttiva, intitolato
«Clausola di salvaguardia», recita come segue:
«1. Qualora
uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute
disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di
rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata
su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di
ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato
e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un
rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o
vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave
rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la
cessazione dell’immissione in commercio, e l’informazione del pubblico.
Lo Stato membro informa immediatamente
2. Una
decisione in materia è adottata entro 60 giorni, secondo la procedura di cui
all’articolo 30, paragrafo 2 (…)».
9 L’art. 29 della suddetta direttiva così
dispone:
«1. Fatte
salve le competenze degli Stati membri nelle questioni etiche,
Tale consultazione può anche essere effettuata su
richiesta di uno Stato membro.
(…)
3. Il
paragrafo 1 lascia impregiudicate le procedure amministrative previste nella
presente direttiva».
10 L’art. 36 della direttiva 2001/18 prevede
quanto segue:
«1. La
direttiva 90/220/CEE è abrogata il 17 ottobre 2002.
2.
I riferimenti fatti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla
presente direttiva e vanno letti secondo la tabella di correlazione contenuta nell’allegato
VIII».
La direttiva 2002/53
11 Come risulta dal suo art. 1, n. 1, la
direttiva 2002/53 «riguarda l’ammissione delle varietà di barbabietole, di
piante foraggere, di cereali, di patate, di piante oleaginose e da fibra in un
catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole le cui sementi o
i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati secondo le
disposizioni delle direttive relative rispettivamente alla commercializzazione
delle sementi di barbabietole (2002/54/CE) [del Consiglio 13 giugno 2002,
relativa alla commercializzazione delle sementi di barbabietole
(GU L 193, pag. 12)], delle sementi di piante foraggere
(66/401/CEE) [del Consiglio 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione
delle sementi di piante foraggere (GU 125, pag. 2298)], delle sementi
di cereali (66/402/CEE) [del Consiglio 14 giugno 1966, relativa alla
commercializzazione delle sementi di cereali (GU 125, pag. 2309)],
dei tuberi‑seme di patate (2002/56/CE) [del Consiglio 13 giugno 2002,
relativa alla commercializzazione dei tuberi‑seme di patate
(GU L 193, pag. 60)] e delle sementi di piante oleaginose e da
fibra (2002/57/CE) [del Consiglio 13 giugno 2002, relativa alla
commercializzazione delle sementi di piante oleaginose e da fibra
(GU L 193, pag. 74)]». Ai sensi del n. 2 del medesimo
articolo, il suddetto catalogo comune viene «compilato in base ai cataloghi
nazionali degli Stati membri».
12 L’art. 4 della direttiva 2002/53, il quale reca
un certo numero di condizioni che gli Stati membri devono rispettare ai fini
dell’ammissione di una varietà, al suo n. 4 prevede quanto segue:
«Nel caso di una varietà geneticamente modificata ai
sensi dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 90/220/CEE, la varietà
può essere ammessa solo se sono state adottate tutte le misure appropriate atte
ad evitare effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente».
13 L’art. 16 della direttiva 2002/53 così dispone:
«1. Gli
Stati membri vigilano affinché, con effetto a partire dalla data di
pubblicazione di cui all’articolo 17, le sementi delle varietà ammesse in
applicazione delle disposizioni della presente direttiva o in base a principi
corrispondenti a quelli stabiliti dalla presente direttiva non siano soggette
ad alcuna restrizione di mercato per quanto concerne la varietà.
2. A
richiesta di uno Stato membro questo può essere autorizzato, con la procedura
di cui all’articolo 23, paragrafo 2, ovvero all’articolo 23, paragrafo 3, nel
caso di varietà geneticamente modificate, a vietare l’impiego, in tutto o in
parte del suo territorio, della varietà in questione o a prescrivere le
condizioni appropriate di coltivazione della varietà e, nel caso di cui alla
lettera c), le condizioni di impiego dei prodotti derivanti dalla sua
coltivazione:
a) qualora
sia appurato che la coltivazione di tale varietà possa risultare dannosa dal
punto di vista fitosanitario per la coltivazione di altre varietà o specie;
b) qualora,
in base ad esami ufficiali in coltura, effettuati nello Stato membro
richiedente, applicando per analogia le disposizioni dell’articolo 5, paragrafo
4, si sia constatato che la varietà non produce, in nessuna parte del
territorio di tale Stato, risultati corrispondenti a quelli ottenuti con
un’altra varietà comparabile ammessa nel territorio di detto Stato membro o se
è notorio che la varietà, per natura e classe di maturità, non è atta ad essere
coltivata in alcuna parte del territorio di detto Stato membro. La domanda è
presentata entro la fine del terzo anno di calendario successivo a quello
dell’ammissione;
c) qualora
sussistano valide ragioni, diverse da quelle già indicate o che possono esserlo
nel caso della procedura di cui all’articolo 10, paragrafo 2, per ritenere che
la varietà presenta un rischio per la salute umana o l’ambiente».
14 Ai sensi dell’art. 17 di tale direttiva:
«Conformemente alle informazioni fornite dagli Stati
membri e via via che esse le pervengono,
La normativa nazionale
15 L’art. 5, n. 4, della legge sulle sementi
26 giugno 2003 (Dz. U n. 137, posizione 1299),
come modificata dalla legge 27 aprile 2006 (Dz. U
n. 92, posizione
16 Ai sensi dell’art. 57, n. 3, della legge
sulle sementi «le sementi di varietà geneticamente modificate non possono
essere immesse in commercio sul territorio della Repubblica di Polonia».
L’art. 67, n. 1, della medesima legge prevede che colui che
commercializza sementi in violazione del suddetto art. 57, n. 3, è
passibile di un’ammenda.
Procedimento precontenzioso
17 In esito ad un primo scambio di lettere con
18 Con lettera del 20 dicembre 2006,
19
20 Non ritenendo tale risposta soddisfacente, il 29
giugno 2007
21 Nella sua risposta del 28 agosto 2007,
22 In tale contesto
Sul ricorso
Argomenti delle parti
23 Nel suo ricorso
24 Allo stesso modo, l’art. 16, n. 1, della
direttiva 2002/53 imporrebbe agli Stati membri di provvedere affinché, con
decorrenza dall’inclusione di una varietà nel catalogo comune delle varietà
delle specie di piante agricole, le sementi di queste ultime non siano soggette
ad alcuna restrizione di mercato. Orbene, allo stato attuale esisterebbero
settanta varietà geneticamente modificate, autorizzate ai sensi della direttiva
2001/18, che sono state incluse nel predetto catalogo comune.
25 Peraltro
26 Quanto alle obiezioni sollevate dalla Repubblica di
Polonia nel corso del procedimento precontenzioso,
27 Dal canto suo, il riferimento generale ai principi
etici contenuto nella risposta alla diffida non sarebbe corredato da alcun
argomento etico preciso in rapporto all’emissione di OGM. Peraltro, dal nono
‘considerando’ della direttiva 2001/18 risulterebbe che le considerazioni
etiche non vanno al di là dell’ambito di applicazione di quest’ultima, cosicché
un divieto dei prodotti autorizzati in forza della suddetta direttiva non può
essere istituito senza i procedimenti da essa previsti. Secondo
28 Nel controricorso
29 Nel merito
30 Nella fattispecie l’adozione delle disposizioni
nazionali controverse sarebbe stata ispirata da principi di etica cristiana ed
umanista condivisi dalla maggioranza della popolazione polacca.
31 A tale proposito
32 Nella sua replica
33 Per quanto riguarda la direttiva 2001/18, al di là
degli artt. 22 e 23, espressamente menzionati in quanto costituirebbero la
pietra angolare del sistema di libera circolazione istituito, sarebbero proprio
detto sistema e lo stesso spirito di tale direttiva, nonché l’insieme delle
disposizioni di quest’ultima, ad essere violati. Quanto alla direttiva 2002/53,
34 Nel merito
35
36 Ad avviso della Commissione, inoltre, uno Stato
membro non può basarsi sulla percezione di una parte dell’opinione pubblica al
fine di rimettere in questione unilateralmente una misura di armonizzazione
comunitaria.
37 Nella controreplica
38 Nel merito
39 Date le loro finalità etiche, le disposizioni
nazionali controverse possono in realtà essere esaminate soltanto avendo
riguardo agli artt. 28 CE e 30 CE, e non secondo il metro delle
direttive 2001/18 e 2002/53. Tuttavia, poiché
40 Peraltro
41
Giudizio della Corte
Sull’oggetto del ricorso e sulla ricevibilità
42 In via preliminare, occorre ricordare che, come
emerge dall’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di
procedura della Corte e dalla giurisprudenza ad esso relativa, ogni ricorso
deve indicare l’oggetto della controversia nonché l’esposizione sommaria dei
motivi, e tale indicazione dev’essere
sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di
preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne
discende che gli elementi essenziali di fatto e di
diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e
comprensibile dal testo del ricorso stesso e che le conclusioni di quest’ultimo
devono essere formulate in modo inequivoco al fine di
evitare che
43
44 Nel caso di specie, e con riguardo, in primo luogo,
alla parte del ricorso inerente alla direttiva 2002/53, è sufficiente ricordare
che, nonostante la relativa ambiguità delle conclusioni del ricorso sul punto,
45 In secondo luogo, per quanto riguarda la
ricevibilità della parte del ricorso inerente alla direttiva 2001/18, occorre
rilevare che
46 Difatti il ricorso della Commissione si limita
innanzitutto a riprodurre soltanto le disposizioni di cui all’art. 2,
n. 2, della direttiva 2001/18 che includono una definizione degli OGM,
nonché quelle di cui agli artt. 19, nn. 1 e
2, 22 e 23, n. 1, di tale direttiva contenute nella sua parte C, relativa
all’immissione in commercio di OGM. Lo stesso ricorso, nel prosieguo, dedica
argomenti precisi soltanto ai suddetti artt. 22 e 23, prima di concludere
che le disposizioni nazionali controverse sono incompatibili «con il sistema di
libera circolazione istituito dalla suddetta direttiva nel suo insieme ed in
particolare con gli artt. 22 e 23».
47 Come giustamente affermato dalla Repubblica di
Polonia, una siffatta affermazione lapidaria non spiega le ragioni per le quali
la direttiva 2001/18, che include in particolare una parte B dedicata
all’emissione deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dalla loro
immissione in commercio, o, ancora, una parte D che comprende talune disposizioni
inerenti alla riservatezza, all’etichettatura o allo scambio di informazioni,
sarebbe stata violata «nel suo insieme», come affermato nelle conclusioni del
ricorso.
48 Ne deriva che il ricorso, nella sua parte relativa
alla direttiva 2001/18, è ricevibile soltanto nei limiti in cui concerne la
contestazione di un inadempimento agli artt. 22 e 23 di tale direttiva, ma
non nella parte in cui mira a far constatare una violazione della medesima
direttiva «nel suo insieme».
Nel merito
49
50 Senza negare che i divieti introdotti dalle
disposizioni nazionali controverse violerebbero le direttive 2001/18 e 2002/53
qualora dovesse risultare che queste ultime sono dirette unicamente a
disciplinare gli scambi di sementi di varietà geneticamente modificate e la
loro inclusione nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante
agricole,
51 A tale proposito
52 Nel caso di specie, infatti, è sufficiente
constatare che
53 Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza
della Corte, spetta agli Stati membri dimostrare che sono soddisfatte le
condizioni che consentono di derogare all’art. 28 CE (v., in tal
senso, sentenza 10 febbraio 2009, causa C‑110/05, Commissione/Italia, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62). Così, in particolare, laddove uno
Stato membro contro cui è indirizzato un ricorso per
inadempimento invochi, a sua difesa, una giustificazione relativa
all’art. 30 CE,
54 In primo luogo, per quanto concerne più in
particolare la giustificazione relativa alla tutela della moralità pubblica
fatta valere dalla Repubblica di Polonia nell’ambito della presente
controversia, occorre considerare che affermazioni così generali come quelle
dedotte da tale Stato membro durante il procedimento precontenzioso,
e consistenti nel riferirsi ai timori in materia ambientale e di salute
pubblica ed alla decisa opposizione agli OGM manifestata dalla popolazione
polacca, o, ancora, al fatto che le assemblee dei voivodati
avevano adottato talune risoluzioni che dichiaravano che il territorio dei voivodati doveva essere libero da colture geneticamente
modificate e da OGM, non possono soddisfare siffatta esigenza probatoria.
55 Sembra infatti che, in tale contesto, la moralità
pubblica non sia in realtà invocata autonomamente, ma si confonda con la
giustificazione inerente alla tutela dell’ambiente e della salute, che, nella
fattispecie costituisce proprio lo scopo della direttiva 2001/18 (v., in tal
senso, sentenza 19 marzo 1998, causa C‑1/96, Compassion
in World Farming, Racc. pag. I‑1251,
punto 66).
56 Orbene, uno Stato membro non può fondarsi sul punto
di vista di una parte dell’opinione pubblica per rimettere in discussione
unilateralmente una misura di armonizzazione stabilita dalle istituzioni
comunitarie (v. sentenza Compassion in World Farming, cit., punto 67). Come ricordato dalla Corte
in una causa che riguardava, in particolare, la direttiva 2001/18, uno Stato
membro non può eccepire difficoltà di attuazione emerse nella fase
dell’esecuzione di un atto comunitario, comprese quelle connesse alla
resistenza di privati, per giustificare l’inosservanza degli obblighi e termini
risultanti dalle norme del diritto comunitario (v. sentenza 9 dicembre 2008,
causa C‑121/07, Commissione/Francia, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 72).
57 In secondo luogo, relativamente agli argomenti di
ordine più prettamente religioso o etico dedotti dalla Repubblica di Polonia
per la prima volta nel controricorso e nella controreplica depositati dinanzi
alla Corte, occorre constatare che il predetto Stato membro non ha dimostrato
che siffatte considerazioni siano state realmente alla base dell’adozione delle
disposizioni nazionali controverse.
58 Infatti
59 Siffatte considerazioni, tuttavia, non sono
sufficienti a dimostrare che l’adozione delle disposizioni nazionali
controverse sia stata realmente guidata dai motivi etici e religiosi descritti
nel controricorso e nella controreplica, tanto più che, durante il procedimento
precontenzioso,
60 Ciò premesso, per poter decidere sul ricorso della
Commissione resta da rilevare che, come affermato da quest’ultima, divieti di
carattere generale come quelli introdotti dalle disposizioni nazionali
controverse violano gli obblighi che derivano alla Repubblica di Polonia sia
dagli artt. 22 e 23 della direttiva 2001/18, sia dagli artt. 4,
n. 4, e 16 della direttiva 2002/53.
61 Da un lato, si deve ricordare che gli artt. 22
e 23 della direttiva 2001/18 obbligano gli Stati membri a non vietare, limitare
o impedire l’immissione in commercio di OGM, come tali o contenuti in prodotti,
conformi ai requisiti della medesima direttiva, ferma restando, nel rispetto
delle condizioni previste al riguardo dalla seconda disposizione menzionata, la
possibilità di adottare le misure di salvaguardia dalla stessa previste.
Inoltre una misura nazionale unilaterale di divieto generale di immissione in
commercio di sementi di OGM, come quella prevista all’art. 57, n. 3,
della legge sulle sementi, viola manifestamente i suddetti artt. 22 e 23.
62 Un siffatto divieto generale viola parimenti,
manifestamente, l’art. 16, n. 1, della direttiva 2002/53, che obbliga
gli Stati membri a non assoggettare ad alcuna restrizione di mercato, per
quanto concerne la varietà, le sementi delle varietà ammesse in applicazione
della medesima direttiva, salve le eccezioni, non invocabili nel caso di
specie, previste al n. 2 dell’articolo stesso. È pacifico al riguardo che,
come ricordato dalla Commissione, un certo numero di varietà che sono state
ammesse in applicazione della suddetta direttiva e che pertanto figurano sul
catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ai sensi
dell’art. 17 della stessa, sono varietà geneticamente modificate.
63 Dall’altro lato, deriva in particolare
dall’art. 4, n. 4, della direttiva 2002/53 che l’inclusione di
varietà geneticamente modificate nel catalogo nazionale delle varietà non può
costituire l’oggetto di una misura di divieto generale come quella prevista
dall’art. 5, n. 4, della legge sulle sementi. Risulta, infatti, in
particolare dal suddetto art. 4, n. 4, che l’eventuale rifiuto
dell’inclusione di una varietà nel catalogo nazionale de quo per il solo fatto
che essa presenta la caratteristica di essere geneticamente modificata, si
giustifica solo se non sono state adottate tutte le misure appropriate atte ad
evitare i rischi per la salute umana, il che, come giustamente ha rilevato
64 In considerazione di tutto quanto precede si deve
dichiarare che
65 Il ricorso dev’essere,
invece, dichiarato irricevibile, come risulta dal punto 48 supra,
nella parte in cui esso mira a far constatare che
Sulle spese
66 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è
stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 69, n. 3, primo
comma, dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno
o più capi
Per questi motivi,
1)
2) Il
ricorso è respinto per il resto.
3)
4)
(Seguono le firme)