SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
6 settembre 2011
Nel procedimento C‑163/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Isernia (Italia) con decisione 9 marzo 2010, pervenuta in cancelleria il 2 aprile 2010, nel procedimento penale a carico di Aldo Patriciello,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e J.‑J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský, A. Ó Caoimh (relatore), dalla sig.ra C. Toader e dal sig. M. Safjan, giudici,
avvocato generale: sig. N. Jääskinen
cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 febbraio 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. Patriciello, dagli avv.ti G. Ranaldi e G. Scalese, nonché dalla sig.ra S. Fortunato, assistente;
– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra M. Russo, avvocato dello Stato;
– per il governo ellenico, dal sig. K. Georgiadis nonché dalle sig.re M. Germani e G. Papagianni, in qualità di agenti;
– per il Parlamento europeo, dai sigg. H. Krück, A. Caiola e N. Lorenz, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, dalla sig.ra I. Martínez del Peral e dal sig. C. Zadra, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 giugno 2011, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 8 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA (in prosieguo: il «Protocollo»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale promosso a carico del sig. Patriciello, membro del Parlamento europeo, per il reato di calunnia.
Contesto normativo
La
normativa dell’Unione
3 L’art. 8 del Protocollo così dispone:
«I membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».
4 L’art. 9 del Protocollo stabilisce quanto segue:
«Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano:
a) sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro paese, (...)».
5 L’art. 18 del Protocollo così dispone:
«Ai fini dell’applicazione del presente protocollo, le istituzioni dell’Unione agiranno d’intesa con le autorità responsabili degli Stati membri interessati».
6 L’art. 6 del regolamento interno del Parlamento europeo (GU 2005, L 44, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento interno»), intitolato «Revoca dell’immunità», recita:
«1. Nell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento cerca principalmente di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.
(...)
3. Ogni richiesta diretta al Presidente da un deputato o da un ex deputato in difesa dei privilegi e delle immunità è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla commissione competente.
(...)».
7 L’art. 7 di detto regolamento, che contiene le norme sulle procedure in materia di immunità dei deputati europei, prevede, ai nn. 2, 6 e 7, quanto segue:
«2. La commissione presenta una proposta di decisione che si limita a raccomandare l’accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell’immunità o di difesa delle immunità e dei privilegi.
(...)
6. Nei casi concernenti la difesa dei privilegi o delle immunità, la commissione indica se le circostanze costituiscono un ostacolo di ordine amministrativo o di altra natura alla libertà di circolazione dei deputati da e verso il luogo di riunione del Parlamento o all’espressione di un’opinione o di un voto nell’esercizio del loro mandato, oppure se sono assimilabili agli aspetti dell’articolo [9] del Protocollo (...) che non rientrano nell’ambito del diritto nazionale, e formula una proposta per invitare l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni.
7. La commissione può [emettere] un parere motivato sulla competenza dell’autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta, ma in nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del deputato né sull’opportunità o l’inopportunità di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti, anche qualora l’esame della richiesta abbia fornito alla commissione una conoscenza approfondita del merito della questione».
La
normativa nazionale
8 L’art. 68, primo comma, della Costituzione italiana enuncia quanto segue:
«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni».
9 L’art. 3, n. 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140, recante disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato (GURI n. 142 del 21 giugno 2003), prevede quanto segue:
«L’articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento».
Causa principale e questione pregiudiziale
10 Il sig. Patriciello è imputato nell’ambito di un procedimento penale instaurato dinanzi al Tribunale di Isernia, per aver ingiustamente accusato di comportamento illecito un agente della polizia municipale di Pozzilli (Italia) durante un alterco verificatosi il 1° agosto 2007 in un parcheggio pubblico situato a poca distanza da un istituto neurologico e in prossimità del suo luogo di residenza.
11 Risulta dalla decisione di rinvio che il sig. Patriciello deve rispondere, a tale titolo, del reato di calunnia previsto dall’art. 368 del codice penale italiano, aggravato dalla circostanza di averlo commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, quale prevista dall’art. 61, n. 10, di detto codice. I fatti ascrittigli consistono nell’aver affermato che l’agente della polizia municipale in questione aveva falsificato gli orari riportati sui verbali di contravvenzione elevati nei confronti di vari automobilisti, i cui veicoli stazionavano in violazione del codice della strada, e dunque nell’aver accusato l’agente suddetto del reato di falso materiale in atto pubblico, punito dall’art. 477 del codice penale italiano. Il sig. Patriciello avrebbe inoltre reiterato le proprie affermazioni alla presenza di carabinieri intervenuti in loco allo scopo di verificare i presunti reati da lui addebitati all’agente di polizia municipale.
12 Con decisione 5 maggio 2009 il Parlamento europeo, deliberando su richiesta del sig. Patriciello ai sensi dell’art. 6, n. 3, del proprio regolamento interno, ha deciso, sulla base della relazione della commissione per gli affari giuridici, di difendere l’immunità e i privilegi del predetto richiedente (in prosieguo: la «decisione di difesa dell’immunità»). Tale relazione era motivata come segue:
«In effetti, con le sue affermazioni l’on. Patriciello si è limitato a commentare fatti di dominio pubblico, ovvero i diritti dei cittadini di poter accedere agevolmente agli ospedali e alle cure sanitarie, fatti che hanno un impatto importante sulla vita quotidiana dei suoi elettori.
L’on. (...) Patriciello non ha agito nel proprio interesse e non intendeva insultare il pubblico ufficiale, bensì ha agito nell’interesse generale del suo elettorato nel quadro della sua attività politica.
Così facendo svolgeva il proprio dovere di deputato al Parlamento, in quanto esprimeva la propria opinione su una questione di pubblico interesse per i suoi elettori.
(...)
Sulla base delle suddette considerazioni, la commissione [per gli affari giuridici], do[po] avere esaminato i motivi favorevoli e contrari alla difesa dell’immunità, raccomanda che l’immunità dell’on. (...) Patriciello sia difesa».
13 Tuttavia, nella sua ordinanza di rinvio il Tribunale di Isernia constata che, in forza dell’art. 9, primo comma, lett. a), del Protocollo, i deputati europei godono, per i fatti commessi nel territorio nazionale, dell’immunità e dei privilegi con gli stessi limiti sostanziali e formali di quelli previsti dal diritto nazionale. Orbene, ai sensi dell’art. 68 della Costituzione italiana, il privilegio dell’insindacabilità si estenderebbe alle attività extraparlamentari soltanto nel caso in cui queste siano strettamente connesse all’espletamento delle funzioni tipiche e delle finalità proprie del mandato parlamentare.
14 Alla luce di tali circostanze, detto giudice ritiene che, prescindendosi da qualsivoglia valutazione sulla fondatezza o meno dell’accusa, non appaiano condivisibili, in base al diritto interno, le ragioni che hanno portato il Parlamento europeo ad adottare la decisione di difesa dell’immunità. Infatti, la condotta oggetto dell’imputazione nella causa principale apparirebbe disancorata da qualsivoglia espressione di opinioni nell’esercizio delle funzioni di deputato europeo.
15 A tale riguardo detto giudice rileva che, secondo il pubblico ministero, non sembra sostenibile e fondato l’argomento secondo cui il sig. Patriciello si sarebbe limitato a commentare fatti di dominio pubblico, ovvero i diritti dei cittadini di poter accedere agevolmente agli ospedali e alle cure, senza l’intenzione di insultare il pubblico ufficiale. Infatti, il sig. Patriciello – anche se ciò resta da verificare – avrebbe espressamente accusato di falso materiale in atto pubblico un pubblico ufficiale alla presenza delle forze dell’ordine. Orbene, un comportamento siffatto sembrerebbe del tutto deviante dall’interesse generale del suo elettorato e, in quanto tale, non parrebbe, sia pure sempre considerato in astratto, idoneo a rientrare nel regime dell’immunità.
16 Tuttavia, il Tribunale di Isernia osserva che la decisione di difesa dell’immunità è stata adottata previo richiamo, oltre che dell’art. 9, primo comma, lett. a), del Protocollo, anche dell’art. 8 di tale Protocollo. Orbene, la Corte avrebbe già statuito che, poiché quest’ultimo articolo non fa alcun rinvio ai diritti nazionali, la portata dell’immunità da esso prevista dev’essere determinata unicamente sulla scorta del diritto dell’Unione. Inoltre, sebbene la decisione di difesa dell’immunità costituisca un parere sprovvisto di effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali, il giudice del rinvio sarebbe comunque tenuto ad un obbligo di leale cooperazione con le istituzioni europee in forza degli artt. 4, n. 3, TUE e 18 del Protocollo (sentenza 21 ottobre 2008, cause riunite C‑200/07 e C‑201/07, Marra, Racc. pag. I‑7929, punti 26 e 39‑41).
17 Alla luce di tali premesse, il Tribunale di Isernia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se il fatto di reato astrattamente ascritto [al deputato europeo sig.] Patriciello (...) (descritto in accusa e già oggetto di decisione di difesa dell’immunità [...]), qualificato come calunnia ex art. 368 del codice penale, costituisca o meno una opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. [8] del Protocollo».
Sulla questione pregiudiziale
18 Occorre preliminarmente ricordare che, come già dichiarato dalla Corte, l’immunità parlamentare dei deputati europei, quale prevista dagli artt. 8 e 9 del Protocollo, comprende le due forme di tutela generalmente riconosciute ai membri dei parlamenti nazionali degli Stati membri, vale a dire l’immunità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari e l’inviolabilità parlamentare, che comporta, in via di principio, una tutela contro i procedimenti giudiziari (v. sentenza Marra, cit., punto 24).
19 Come risulta dalla formulazione stessa della questione sollevata, nella causa principale viene in rilievo soltanto l’interpretazione dell’art. 8 del Protocollo.
20 A questo proposito occorre constatare, al pari del governo italiano, che, con la sua questione così formulata, il giudice del rinvio chiede che la Corte proceda essa stessa all’applicazione dell’art. 8 del Protocollo alla controversia pendente dinanzi a detto giudice, stabilendo se le dichiarazioni del deputato europeo interessato, che hanno dato luogo all’azione penale esercitata nei suoi confronti nella causa principale, costituiscano un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e ricadano dunque sotto l’immunità prevista dall’articolo sopra citato.
21 Occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento instaurato ai sensi dell’art. 267 TFUE, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione ad una fattispecie concreta. Essa può tuttavia fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione rientranti nel diritto dell’Unione che possano essergli utili ai fini della sua decisione (v., in particolare, sentenza 10 luglio 2008, causa C‑54/07, Feryn, Racc. pag. I‑5187, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).
22 Pertanto, in una controversia quale quella oggetto della causa principale, spetta al giudice del rinvio decidere se le dichiarazioni in questione siano coperte dall’immunità prevista dall’art. 8 del Protocollo, verificando se siano soddisfatti i presupposti di merito stabiliti da tale disposizione ai fini dell’applicazione dell’immunità suddetta (v. sentenza Marra, cit., punto 33).
23 Per contro, la Corte è tenuta a fornire a detto giudice tutte le indicazioni necessarie al fine di guidarlo in tale valutazione, eventualmente riformulando la questione che le è stata sottoposta (v., in particolare, sentenze 11 marzo 2008, causa C‑420/06, Jager, Racc. pag. I‑1315, punto 46, e 14 ottobre 2010, causa C‑243/09, Fuß, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).
24 Orbene, a questo proposito, risulta dal fascicolo presentato alla Corte che, con la sua questione, il giudice del rinvio mira in realtà a precisare i criteri pertinenti per stabilire se una dichiarazione quale quella oggetto della causa principale, effettuata da un deputato europeo al di fuori delle aule del Parlamento europeo e che ha dato origine ad un’azione penale per calunnia nel suo Stato membro d’origine, costituisca un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 8 del Protocollo.
25 Riguardo a tale punto occorre sottolineare che, contrariamente all’inviolabilità parlamentare prevista dall’art. 9, primo comma, lett. a), del Protocollo, la quale dipende dal diritto nazionale, la portata dell’immunità prevista dall’art. 8 del medesimo Protocollo deve essere determinata, in mancanza di un rinvio ai diritti nazionali, soltanto sulla scorta del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Marra, cit., punto 26).
26 Come la Corte ha già statuito, l’art. 8 del Protocollo – che costituisce una norma speciale applicabile a qualunque procedimento giudiziario per il quale il deputato europeo benefici dell’immunità in ragione delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari – mira a tutelare la libertà di espressione e l’indipendenza dei deputati europei, sicché detto articolo osta a qualsiasi procedimento giudiziario instaurato a motivo di opinioni e voti siffatti (v., in tal senso, sentenza Marra, cit., punti 27 e 45).
27 Ne consegue che, quali che siano il regime di immunità previsto dal diritto nazionale oppure i limiti dettati da quest’ultimo, una volta soddisfatti i presupposti di merito per il riconoscimento dell’immunità sancita dall’art. 8 del Protocollo, quest’ultima non può essere revocata dal Parlamento europeo ed il giudice nazionale competente per la sua applicazione è tenuto a non dar seguito all’azione promossa contro il deputato europeo di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Marra, cit., punto 44).
28 Come sostenuto da tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni nel contesto della presente causa, le dichiarazioni di un deputato europeo non possono essere private del beneficio di tale immunità per il semplice fatto che sono state effettuate al di fuori delle aule del Parlamento europeo.
29 Vero è che l’art. 8 del Protocollo – vista la sua finalità di protezione della libertà di espressione e dell’indipendenza dei deputati europei, e considerato il suo tenore letterale, che fa espresso riferimento, oltre che alle opinioni, anche ai voti espressi dai deputati europei – è essenzialmente destinato ad applicarsi alle dichiarazioni effettuate da questi ultimi nelle aule stesse del Parlamento europeo.
30 Tuttavia, non si può escludere che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo fuori da tali aule possa costituire un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni ai sensi dell’art. 8 del Protocollo, atteso che l’esistenza di un’opinione siffatta dipende non dal luogo in cui la dichiarazione è stata effettuata, bensì dalla natura e dal contenuto di quest’ultima.
31 Riferendosi alle opinioni espresse dai deputati europei, l’art. 8 del Protocollo è strettamente connesso alla libertà di espressione. Orbene, la libertà di espressione, in quanto fondamento essenziale di una società democratica e pluralista, rispecchiante i valori sui quali l’Unione si fonda ai sensi dell’art. 2 TUE, costituisce un diritto fondamentale garantito dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale, in forza dell’art. 6, n. 1, TUE, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. La libertà suddetta è inoltre garantita dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
32 Pertanto, occorre dichiarare che la nozione di «opinione» ai sensi dell’art. 8 del Protocollo deve essere intesa in senso ampio, includente cioè i discorsi o le dichiarazioni che, per il loro contenuto, corrispondono ad asserzioni costituenti valutazioni soggettive.
33 Risulta inoltre dal tenore letterale dell’art. 8 del Protocollo che, per poter beneficiare dell’immunità, un’opinione deve essere stata espressa da un deputato europeo «nell’esercizio delle [sue] funzioni», ciò che presuppone necessariamente l’esistenza di un nesso tra l’opinione formulata e le funzioni parlamentari.
34 Ove si tratti, come nella causa principale, di dichiarazioni di un deputato europeo per le quali sia stata promossa un’azione penale nel suo Stato membro di origine, occorre constatare che, come già risulta dal punto 27 della presente sentenza, l’immunità prevista dall’art. 8 del Protocollo è idonea a precludere definitivamente alle autorità giudiziarie e ai giudici nazionali l’esercizio delle loro rispettive competenze in materia di azione penale e di punizione degli illeciti penali al fine di garantire il rispetto dell’ordine pubblico nel loro territorio, ed è dunque idonea, in modo correlato, a privare totalmente i soggetti lesi da tali dichiarazioni dell’accesso alla giustizia, compresa un’eventuale azione per ottenere dinanzi ai giudici civili il risarcimento del danno subìto.
35 Tenuto conto di tali conseguenze, occorre ammettere che il nesso tra l’opinione espressa e le funzioni parlamentari deve essere diretto e deve imporsi con evidenza.
36 Occorre altresì riconoscere che, viste le descrizioni delle circostanze e del contenuto delle dichiarazioni del deputato europeo imputato nella causa principale, questi appaiono relativamente lontani dalle funzioni di un membro del Parlamento europeo e, di conseguenza, difficilmente possono presentare un nesso diretto con un interesse generale coinvolgente i cittadini. Quindi, anche se un nesso siffatto potesse essere dimostrato, esso non potrebbe imporsi con evidenza.
37 È alla luce di tali indicazioni che il giudice del rinvio deve valutare – esercitando la competenza esclusiva che gli spetta secondo quanto ricordato ai punti 21 e 22 della presente sentenza – se la dichiarazione controversa nella causa principale possa essere considerata quale espressione di un’opinione nell’esercizio delle funzioni parlamentari, con conseguente soddisfacimento dei presupposti di merito per il riconoscimento dell’immunità prevista dall’art. 8 del Protocollo.
38 Qualora, all’esito di tale valutazione, detto giudice dovesse giungere ad una risposta in senso affermativo, egli non potrebbe far altro che trarre le conseguenze dell’immunità in questione, astenendosi – come indicato al punto 27 della presente sentenza – dal dare seguito all’azione promossa contro il deputato europeo interessato (v. sentenza Marra, cit., punti 33 e 44). Invece, nella contraria ipotesi in cui non fossero soddisfatti i presupposti di merito dell’immunità, il giudice summenzionato dovrebbe proseguire l’esame dell’azione.
39 A questo proposito occorre ricordare che, anche qualora, come nella causa principale, il Parlamento europeo abbia adottato, a seguito della richiesta del deputato europeo interessato, una decisione di difesa dell’immunità di quest’ultimo, tale decisione, assunta a norma del regolamento interno dell’Istituzione, costituisce unicamente un parere sprovvisto di qualsiasi effetto vincolante nei confronti dei giudici nazionali, dal momento che il Protocollo non contiene alcuna disposizione che obblighi tali giudici a rimettere al Parlamento europeo la decisione sull’esistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 8 del Protocollo stesso. Come la Corte ha già statuito, la circostanza che il diritto di uno Stato membro, come quello in esame nella causa principale, preveda una procedura di difesa dei membri del parlamento nazionale, che permette a quest’ultimo di intervenire allorché il giudice nazionale non riconosce tale immunità, non implica il riconoscimento dei medesimi poteri al Parlamento europeo nei confronti dei deputati europei provenienti dallo Stato suddetto, dato che l’art. 8 del Protocollo non prevede espressamente una competenza del genere, né rinvia alle norme del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza Marra, cit., punti 35‑40).
40 Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto all’udienza dall’imputato nella causa principale, se certo il Parlamento europeo ed i giudici nazionali debbono, in forza dell’obbligo di leale cooperazione tra le istituzioni europee e le autorità nazionali, sancito dall’art. 4, n. 3, TUE e dall’art. 18 del Protocollo, cooperare al fine di evitare qualunque conflitto nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni del Protocollo stesso (sentenza Marra, cit., punto 42), il diritto dell’Unione non impone al giudice del rinvio alcun obbligo particolare riguardo alla motivazione delle sue decisioni per il caso in cui, tenendo conto dell’interpretazione fornita dalla presente sentenza pronunciata a norma dell’art. 267 TFUE, esso decidesse di discostarsi dal parere fornito dal Parlamento europeo – del quale era stato informato – per quanto concerne l’applicazione dell’art. 8 del Protocollo ai fatti della causa principale.
41 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art. 8 del Protocollo deve essere interpretato nel senso che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo al di fuori del Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo ad azioni penali nello Stato membro di origine dell’interessato per il reato di calunnia, costituisce un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari beneficiante dell’immunità prevista dalla citata disposizione soltanto nel caso in cui essa corrisponda ad una valutazione soggettiva presentante un nesso diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali presupposti risultino soddisfatti nella causa principale.
Sulle spese
42 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’art. 8 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA, deve essere interpretato nel senso che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo al di fuori del Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo ad azioni penali nello Stato membro di origine dell’interessato per il reato di calunnia, costituisce un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari beneficiante dell’immunità prevista dalla citata disposizione soltanto nel caso in cui essa corrisponda ad una valutazione soggettiva presentante un nesso diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali presupposti risultino soddisfatti nella causa principale.
(seguono le firme)