Corte di Giustizia delle Comunità europee (Quarta
Sezione), 11 giugno 2009
C-155/08, C‑157/08, X e a. – Staatssecretaris van Financiën
Nei procedimenti riuniti C‑155/08 e C‑157/08,
aventi ad oggetto le domande di decisione
pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der
Nederlanden (Paesi Bassi) con decisioni 21 marzo
2008, pervenute in cancelleria il 16 aprile 2008, nelle cause
X (C‑155/08),
E. H. A.
Passenheim-van Schoot (C‑157/08)
contro
Staatssecretaris van
Financiën,
composta dal sig. K. Lenaerts
(relatore), presidente di sezione, dai sigg. T. von Danwitz,
E. Juhász, G. Arestis e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig.ra R. Şereş,
amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza dell’11 marzo 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per
X, dagli avv.ti J. J. Feenstra e L.C.A. Wijsman, advocaten;
– per
la sig.ra Passenheim-van Schoot,
dall’avv. J. Hamer, advocaat,
e dai sigg. J.A.R. van
Eijsden e E.C.C.M. Kemmeren, belastingadviseurs;
– per
il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels
e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;
– per
il governo belga, dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agente;
– per
il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente,
assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;
– per
vista la decisione, adottata dopo aver sentito
l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli
artt. 49 CE e 56 CE.
2 Tali
domande sono state proposte nell’ambito di due controversie che oppongono
persone fisiche residenti nei Paesi Bassi, vale a dire X (causa C‑155/08)
e la sig.ra Passenheim-van Schoot
(causa C‑157/08), allo Staatssecretaris van Financiën (segretario di
Stato per le Finanze), riguardo alle rettifiche fiscali effettuate
dall’amministrazione fiscale olandese a seguito della scoperta di beni detenuti
in un altro Stato membro e di redditi derivanti da questi ultimi che erano
stati occultati.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 L’art. 1,
n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa
alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel
settore delle imposte dirette e indirette (GU L 336, pag. 15),
come modificata dall’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica
d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli
adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994,
C 241, pag. 21, e GU 1995, L 1, pag. 1; in prosieguo: la
«direttiva 77/799»), così dispone:
«Le autorità competenti degli Stati membri
scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a
permettere loro un corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul
patrimonio (...)».
4 L’art.
2, n. 1, della direttiva 77/799 prevede quanto segue:
«L’autorità competente di uno Stato membro può
chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicargli le
informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per quanto concerne un caso
specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è
rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità
competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di
informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per
ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati
dell’inchiesta».
5 L’art.
3 della direttiva 77/799 così recita:
«Le autorità competenti degli Stati membri si
scambiano le informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, senza che ne sia fatta
preventiva richiesta, con regolarità, ove si tratti di certe categorie di casi
determinati nell’ambito della procedura di consultazione prevista dall’articolo
9».
6 Ai
sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 77/799, nella sua versione applicabile
ai fatti della controversia principale di cui alla causa C‑155/08:
«La presente direttiva non impone l’obbligo di fare
effettuare richieste o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la
pratica amministrativa non autorizza[no] l’autorità competente dello Stato che
dovrebbe fornire le informazioni né a effettuare tali ricerche, né a
raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le necessità di tale Stato».
7 La
direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei
redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157,
pag. 38), mira, ai sensi del suo art. 1, n.
8 Al
suo capitolo II, dal titolo «Scambio di informazioni», la direttiva 2003/48
prevede la comunicazione di informazioni da parte dell’agente pagatore di tali
interessi all’autorità competente del suo Stato membro di stabilimento (art. 8)
nonché lo scambio automatico di informazioni tra quest’ultima e l’autorità competente
dello Stato membro di residenza del beneficiario effettivo di detti interessi
(art. 9).
9 Ai
sensi del citato art. 9:
«1. L’autorità competente dello Stato membro
dell’agente pagatore comunica le informazioni di cui all’articolo 8 all’autorità
competente dello Stato membro di residenza del beneficiario effettivo.
2. La comunicazione di informazioni è automatica e
ha luogo almeno una volta all’anno, entro i sei mesi successivi al termine
dell’anno fiscale dello Stato membro dell’agente pagatore, per tutti i
pagamenti di interessi effettuati durante l’anno.
3. Le disposizioni della direttiva [77/799] si
applicano allo scambio di informazioni previsto dalla presente direttiva, a
condizione che le disposizioni della presente direttiva non vi deroghino.
Tuttavia, l’articolo 8 della direttiva [77/799] non si applica alle
informazioni da fornire a norma del presente capitolo».
10 L’art.
10, n. 1, della direttiva 2003/48, contenuto nel suo capitolo III, dal titolo
«Disposizioni transitorie», prevede che durante un periodo transitorio il Regno
del Belgio, il Granducato di Lussemburgo e
La normativa olandese
11 L’art.
16 del codice tributario (Algemene Wet inzake Rijksbelastingen;
in prosieguo: l’«AWR») così dispone:
«1. Qualora un
qualche fatto susciti il sospetto che a torto non abbia avuto luogo
l’assoggettamento ad imposta ovvero che sia stato liquidato un importo troppo
basso (...) l’ispettore può esigere a posteriori l’imposta non prelevata (...).
(...)
3. Il potere di
emettere un avviso di rettifica fiscale decade con il decorso di cinque anni
dal momento in cui è sorto il debito d’imposta. (...)
4. Qualora sia
stata prelevata un’imposta troppo bassa per un elemento imponibile mantenuto o
generato all’estero, il potere di rettifica fiscale, in deroga a quanto
stabilito al terzo paragrafo, prima frase, decade con il decorso di dodici anni
dal momento in cui è sorto il debito d’imposta».
12 L’art.
67e, nn. 1 e 2, dell’AWR prevede quanto segue:
«1. Qualora la
notifica fiscale di un’imposta riscossa mediante ruolo avvenga per un importo
eccessivamente basso o qualora sia stata altrimenti riscossa un’imposta eccessivamente
bassa e tale circostanza sia riconducibile al dolo o alla colpa grave del
contribuente, ciò costituisce un illecito per il quale l’ispettore può
infliggere al contribuente stesso, contemporaneamente all’avviso di rettifica
fiscale, un’ammenda fino a un massimo del 100% della base di calcolo
dell’ammenda come stabilita al n. 2.
2. La base di
calcolo dell’ammenda è costituita (...) dall’importo di cui all’avviso di
rettifica fiscale (...)».
13 Il
decreto del segretario di Stato per le Finanze 24 maggio 2002,
n. CPP2001/3595, V‑N 2002/29.4, vertente sulla disciplina relativa
alla reciproca assistenza internazionale in materia di riscossione delle
imposte (besluit van de Staatssecretaris van Financiën nr. CPP2001/3595,
V‑N 2002/29.4, inzake het
voorschrift internationale wederzijdse bijstand bij de heffing van belastingen; in prosieguo: il
«decreto dello Staatssecretaris van
Financiën»), contiene orientamenti in merito
all’attuazione della direttiva 77/799.
14 Ai
sensi del punto 4.1 di tale decreto, dal titolo «Condizioni per la
presentazione di una richiesta all’estero»:
«Una richiesta di informazioni può avere ad oggetto
enti e persone fisiche e può essere presentata qualora le informazioni siano
atte a consentire il corretto accertamento dell’importo del debito fiscale
(art. 1 della direttiva [77/799]) ovvero qualora le informazioni siano
necessarie all’attuazione delle disposizioni delle convenzioni fiscali
bilaterali in questione e/o ai fini dell’applicazione della legislazione
fiscale olandese (v. i vari articoli delle convenzioni fiscali bilaterali
relativi alle richieste di informazioni). La domanda deve avere ad oggetto casi
specifici. Non può trattarsi di una “battuta di pesca”. Prima che possa essere
presentata una richiesta di informazioni all’estero, devono risultare esauriti
i propri strumenti abituali per ottenere informazioni (principio di
esaurimento)».
15 Il
punto 5.2 del decreto dello Staatssecretaris van Financiën reca il titolo
«Scambio automatico di informazioni». Il punto 5.2.1, a sua volta intitolato
«Fondamento giuridico», così dispone:
«Lo scambio automatico di informazioni è
esplicitamente menzionato dall’art. 3 della direttiva [77/799] e dall’art. 6
della Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia
fiscale [stipulata a Strasburgo il 25 gennaio 1988]. Emerge dal commentario
della convenzione modello dell’[‘Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico (OCSE)], del 1977, che le disposizioni relative agli scambi di
informazioni vertono, segnatamente, sullo scambio automatico di tali
informazioni.
Lo scambio automatico di informazioni è attuato
mediante accordi tra le parti della convenzione. Tali accordi vertono sulle
categorie di informazioni che saranno scambiate nonché sulle condizioni e sulle
modalità di svolgimento dello scambio stesso.
Tali accordi saranno oggetto di compromessi (o di
memorandum d’intesa). Nei Paesi Bassi, tali intese saranno pubblicate nello Staatscourant (...)
I Paesi Bassi hanno stipulato un certo numero di
convenzioni specifiche relative allo scambio automatico di informazioni (...)».
16 Il
16 ottobre 1997 il Regno dei Paesi Bassi e
Cause principali e
questioni pregiudiziali
Causa C‑155/08
17 Con
lettera 27 ottobre 2000 l’Ispettorato speciale delle imposte del Regno del
Belgio ha fornito spontaneamente informazioni all’amministrazione fiscale
olandese in merito a conti finanziari aperti presso
18 Poiché
dall’esame di tali informazioni è emerso il sospetto che X fosse il titolare di
tale conto, l’inspecteur van
de Belastingdienst (ispettore dell’amministrazione
fiscale olandese; in prosieguo: l’«ispettore») gli ha chiesto talune
precisazioni in proposito. A seguito di uno scambio epistolare tra l’ispettore
e il consulente di X, quest’ultimo ha dichiarato, in una lettera datata 8
maggio 2002, di essere stato titolare di un conto bancario presso
19 Il
12 novembre 2002 è stato notificato ad X un avviso di rettifica fiscale
relativo all’imposta sul patrimonio per il 1998, contenente rettifiche
relative, per un verso, all’imposta sul reddito e ai contributi previdenziali
obbligatori per gli esercizi 1993-2000 e, per altro verso, all’imposta sul
patrimonio per gli esercizi 1994-2001. Veniva contestualmente inflitta ad X
un’ammenda pari al 50% degli importi oggetto di rettifica fiscale.
20 Essendo
stato respinto il reclamo contro tale avviso, X ha proposto ricorso dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam),
affermando, segnatamente, che il termine di rettifica fiscale di dodici anni
previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR con riferimento ad elementi
imponibili detenuti all’estero è contrario al diritto comunitario.
21 Con
decisione del 18 gennaio 2006 il giudice ha dichiarato infondato il ricorso;
tuttavia, avendo rilevato un superamento del termine ragionevole, ha annullato
la decisione dell’ispettore ed ha ridotto l’importo della rettifica fiscale.
22 Avverso
tale decisione X ha proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der
Nederlanden (Corte di cassazione dei Paesi Bassi), il
quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli artt.
49 CE e 56 CE debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano a
che uno Stato membro, nei casi in cui (redditi derivanti da) beni esteri
provenienti dal risparmio non siano stati dichiarati alle sue autorità
tributarie, applichi un regime normativo che prevede un termine per la
rettifica fiscale di dodici anni, a compensazione dell’assenza di effettive
possibilità di controllo sui beni esteri, mentre per (redditi derivanti da)
beni provenienti dal risparmio che sono stati mantenuti all’interno del suo
territorio, dove invece esistono possibilità effettive di controllo, vige un
termine di cinque anni.
2) Ai fini della
soluzione della prima questione, se faccia differenza il fatto che i beni siano
mantenuti in uno Stato membro che applica il segreto bancario.
3) Qualora la
prima questione sia risolta affermativamente, se gli artt. 49 CE e 56 CE non
ostino neppure a che l’ammenda inflitta per l’omessa dichiarazione dei redditi
o dei beni oggetto della rettifica fiscale venga determinata in proporzione
all’importo della rettifica fiscale per tale più lungo periodo».
Causa C‑157/08
23 Dopo
la scomparsa del marito, in data 10 gennaio 2003 la sig.ra Passenheim-van
Schoot ha comunicato all’amministrazione fiscale
olandese, di propria iniziativa, tutte le informazioni riguardanti taluni beni
amministrati da una banca con sede in Germania e appartenuti a lei e al suo
defunto marito. Sino a quel momento tali beni non erano mai stati menzionati
nelle loro dichiarazioni fiscali relative all’imposta sui redditi e ai
contributi previdenziali nonché all’imposta sul patrimonio.
24 Su
istanza della sig.ra Passenheim-van Schoot, l’ispettore le ha concesso il beneficio del
cosiddetto regime di «pentimento», cosicché non le è stata irrogata alcuna
ammenda. Il 13 maggio 2005 le sono stati tuttavia notificati taluni avvisi di
rettifica fiscale, relativi, per un verso, all’imposta sui redditi e ai
contributi previdenziali per gli esercizi 1993-1996 e, per altro verso,
all’imposta sul patrimonio per gli esercizi 1994-1997, nonché talune decisioni
correlate relative agli interessi.
25 La
sig.ra Passenheim-van Schoot
ha proposto ricorso avverso tali avvisi dinanzi al Rechtbank
te Arnhem (Tribunale di Arnhem),
sostenendo in particolare che il termine per la rettifica fiscale di dodici
anni previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR con riferimento ad elementi
imponibili detenuti all’estero è contrario al diritto comunitario.
26 A
seguito del rigetto di detto ricorso, la sig.ra Passenheim-van
Schoot ha adito in cassazione lo Hoge
Raad der Nederlanden, il quale ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale esattamente
identica alla prima questione posta nella causa C‑155/08.
27 Con
ordinanza del presidente della Corte 26 maggio 2008 le cause C‑155/08 e C‑157/08
sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché
della sentenza.
Sulle questioni
pregiudiziali
Sulla prima e sulla seconda questione nella
causa C‑155/08 e sulla questione nella causa C‑157/08
28 Con
la prima e con la seconda questione proposte nella causa C‑155/08 nonché
con la questione proposta nella causa C‑157/08 il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se gli artt. 49 CE e 56 CE debbano essere
interpretati nel senso che ostano alla legislazione di uno Stato membro secondo
cui, in caso di occultamento alle autorità tributarie di beni che traggono
origine dal risparmio e/o di redditi derivanti da tali beni, il termine di
rettifica fiscale è di cinque anni quando tali beni sono detenuti in questo
stesso Stato membro, mentre si estende a dodici anni quando tali beni sono
detenuti in un altro Stato membro. Esso pone la questione dell’eventuale
incidenza, in proposito, del fatto che la legislazione di tale altro Stato
membro preveda il segreto bancario.
Sull’esistenza di una restrizione alle libertà
di circolazione
29 Secondo
i ricorrenti nella causa principale e secondo
30 Per
contro, i governi dei Paesi Bassi e belga ritengono che tale normativa non
rappresenti una restrizione né alla libera prestazione dei servizi né alla
libera circolazione dei capitali. Infatti, l’art. 16, n. 4, dell’AWR si
applicherebbe indipendentemente dalla nazionalità e dal luogo di stabilimento o
di residenza del contribuente. Nei confronti di un contribuente che dichiari al
fisco i propri beni derivanti dal risparmio nonché i redditi che ne ricava,
tale disposizione non rappresenterebbe neppure un ostacolo al mantenimento di
tali beni in un altro Stato membro. Anche nel caso in cui beni siffatti siano
occultati alle autorità tributarie, l’applicazione di un termine di rettifica
fiscale prolungato non potrebbe avere alcun effetto dissuasivo per quanto
riguarda il loro mantenimento in un altro Stato membro, posto che, in una tale
ipotesi, dette autorità non disporrebbero di alcuna possibilità concreta di
ottenere informazioni in merito a tali beni.
31 Il
governo dei Paesi Bassi aggiunge che l’applicazione di un termine di rettifica
fiscale prolungato non comporta alcuna discriminazione in termini di certezza
del diritto per quanto riguarda beni detenuti all’estero rispetto a quelli
detenuti nei Paesi Bassi, dal momento che, nell’uno e nell’altro caso, la
certezza del diritto potrebbe e dovrebbe essere acquisita anzitutto mediante la
dichiarazione di tali beni e dei redditi che essi generano. Dal canto suo, il
governo belga sostiene che l’art. 16, n. 4, dell’AWR non può essere
considerato discriminatorio, in quanto i contribuenti che detengono beni presso
banche stabilite nei Paesi Bassi sono oggetto di una dichiarazione automatica
dei loro dati bancari al fisco di tale Stato membro, rendendo impossibile
qualsiasi occultamento di tali beni, mentre i contribuenti che abbiano
collocato i loro risparmi in altri Stati membri possono essere oggetto di un
mero scambio di informazioni avente carattere limitato.
32 A
tal proposito, si deve ricordare che l’art. 49 CE osta all’applicazione di
qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione
di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi
puramente interna a uno Stato membro (v., in particolare, sentenze 28 aprile
1998, causa C‑118/96, Safir, Racc. pag. I‑1897,
punto 23; 4 marzo 2004, causa C‑334/02, Commissione/Francia, Racc.
pag. I‑2229, punto 23, nonché 11 settembre 2007, causa C‑318/05,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6957, punto 81).
33 Costituiscono,
inoltre, restrizioni ai movimenti dei capitali, ai sensi dell’art. 56,
n. 1, CE, in particolare le misure imposte da uno Stato membro atte a
dissuadere i suoi residenti dal contrarre prestiti o compiere investimenti in
altri Stati membri (v., in particolare, sentenza 26 settembre 2000, causa C‑478/98,
Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑7587, punto 18).
34 Nella
fattispecie, dall’art. 16, nn. 3 e 4, dell’AWR emerge
che, laddove non sia intervenuta alcuna imposizione o laddove essa sia
intervenuta solo per un importo eccessivamente basso, le autorità tributarie
olandesi possono rettificare l’imposizione entro un termine di cinque anni in
caso di beni e di redditi provenienti dai Paesi Bassi, e di dodici anni in caso
di beni o di redditi esteri.
35 Se,
assoggettando il potere impositivo delle autorità tributarie a un termine
massimo di rettifica fiscale, la legislazione olandese ha inteso quindi
accordare ai contribuenti residenti nei Paesi Bassi una certezza del diritto
quanto ai loro obblighi fiscali, tale certezza risulta acquisita, per quanto
riguarda i beni e i redditi provenienti da un altro Stato membro, solo dopo
dodici anni, anziché dopo cinque anni.
36 Tale
divergenza di trattamento in base alla localizzazione dei beni derivanti dal
risparmio non viene meno per il fatto, sottolineato dai governi dei Paesi Bassi
e belga, che il contribuente può sempre dichiarare al fisco i beni da esso
detenuti all’estero nonché i redditi che ne derivano.
37 È
sufficiente infatti rilevare che, per quanto riguarda beni o redditi nazionali,
come ammesso in udienza dal governo dei Paesi Bassi, il termine di rettifica
fiscale non è prolungato in caso di occultamento al fisco. Lo stesso avviene
qualora beni o redditi nazionali che non sono detenuti su un conto bancario o
non provengono da un conto siffatto e che non sono quindi oggetto di un obbligo
di informazione al fisco non siano stati dichiarati al fisco stesso. Ne
discende che, laddove un contribuente non dichiari al fisco beni o redditi
nazionali siffatti, questi ottiene già dopo cinque anni la certezza che essi
non saranno più assoggettati ad imposizione, mentre, in caso di omessa
dichiarazione di beni o di redditi provenienti da un altro Stato membro, una
certezza di tal genere si acquisisce solamente dopo dodici anni.
38 Inoltre,
qualora la rettifica fiscale dell’imposta sia accompagnata da un’ammenda,
quest’ultima è calcolata in funzione dell’importo della rettifica fiscale e,
pertanto, in funzione del periodo cui tale rettifica si riferisce, il che
significa che, in caso di applicazione del termine di rettifica fiscale
prolungato previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR, il contribuente è esposto al
rischio di vedersi infliggere un’ammenda calcolata sulla base di una rettifica
fiscale riguardante un periodo più lungo rispetto al periodo che può essere
preso in considerazione in una situazione in cui gli elementi imponibili che
sono oggetto della rettifica fiscale siano detenuti o generati nei Paesi Bassi.
39 Per
queste ragioni, l’applicazione ai contribuenti residenti nei Paesi Bassi di un
termine di rettifica fiscale prolungato con riferimento ai beni detenuti al di
fuori di tale Stato membro e ai redditi che ne derivano è tale da rendere meno
attraente per detti contribuenti il trasferimento di beni verso un altro Stato
membro allo scopo di beneficiare dei servizi finanziari ivi offerti rispetto al
mantenimento di tali beni e all’ottenimento di servizi finanziari nei Paesi
Bassi.
40 Ne
discende che una normativa quale quella di cui alla causa principale
rappresenta una restrizione sia della libera prestazione dei servizi sia della
libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio,
rispettivamente dagli artt. 49 CE e 56 CE.
Sulla giustificazione della restrizione alle
libertà di circolazione
41 Secondo
i governi dei Paesi Bassi, belga e italiano, l’art. 16, n. 4, dell’AWR è
giustificato dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali
nonché, secondo il governo dei Paesi Bassi, dalla lotta alla frode fiscale.
42 Detti
governi sottolineano, in primo luogo, che l’applicazione di un termine di
rettifica fiscale prolungato con riferimento ai beni detenuti dai residenti di
uno Stato membro al di fuori di quest’ultimo e ai redditi che essi ne traggono
si spiega in ragione dell’assenza di una possibilità concreta per il fisco di
tale Stato membro di ottenere informazioni sui beni e sui redditi provenienti
da un altro Stato membro. Essi sottolineano in proposito che, nel quinto
‘considerando’ della direttiva 2003/48, il legislatore comunitario ha
riconosciuto che, «[i]n assenza di un coordinamento dei regimi tributari
nazionali in materia di imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di
pagamenti di interessi, in particolare per quanto attiene al trattamento degli
interessi percepiti da non residenti, attualmente i residenti degli Stati membri
possono spesso evitare qualsiasi forma di imposizione nel loro Stato membro di
residenza sugli interessi percepiti in un altro Stato membro».
43 In
un simile contesto, il termine di rettifica fiscale prolungato consentirebbe,
in caso di scoperta di beni detenuti in altri Stati membri, di equiparare
l’imposizione di beni siffatti, nonché dei redditi che essi producono,
all’imposizione di beni e di redditi nazionali. Così, nella causa principale,
in assenza di un termine di rettifica fiscale prolungato, i beni e i redditi in
questione non avrebbero potuto essere assoggettati ad imposizione durante un
certo numero di anni. L’applicazione di un termine di rettifica fiscale
prolungato compenserebbe inoltre il lasso di tempo richiesto per ottenere informazioni
facendo ricorso alla reciproca assistenza tra Stati membri.
44 In
secondo luogo, il termine di rettifica fiscale prolungato dovrebbe essere
considerato necessario nell’ambito della lotta alla frode fiscale. A tal
proposito, il governo dei Paesi Bassi sostiene che l’art. 16, n. 4, dell’AWR si
applica solo laddove i beni stranieri siano stati occultati al fisco e laddove
quest’ultimo non abbia alcun concreto elemento di partenza per avviare esso
stesso un’indagine, vale a dire esclusivamente nei casi di frode o di evasione
fiscali.
45 In
proposito,
46 Per
quanto concerne i movimenti di capitali, l’art. 58, n. 1, lett. b), CE prevede
inoltre che le disposizioni dell’art. 56 CE non pregiudicano il diritto degli
Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni
della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel
settore fiscale.
47 Tuttavia,
affinché una misura restrittiva sia giustificata, essa deve rispettare il
principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere
idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e che non
deve andare oltre quanto è necessario per conseguirlo (sentenza
Commissione/Francia, cit., punto 28).
48 In
tale contesto, i ricorrenti nella causa principale osservano, anzitutto, che la
disciplina nazionale di cui alla causa principale non è idonea a realizzare gli
obiettivi perseguiti, dal momento che l’estensione del termine di rettifica
fiscale non aumenta, di per sé, i poteri di controllo delle autorità tributarie
di uno Stato membro con riferimento ad elementi imponibili detenuti in un altro
Stato membro. Ciò che si verificherebbe in particolare laddove tale altro Stato
membro applichi il segreto bancario.
49 Occorre
rilevare in proposito che, se l’estensione di un termine di rettifica fiscale
non rafforza, in quanto tale, i poteri di indagine di cui dispongono le
autorità tributarie di uno Stato membro, essa consente nondimeno a queste
ultime, in caso di scoperta di elementi imponibili detenuti in un altro Stato
membro e di cui esse non erano a conoscenza, di avviare un’indagine e, qualora
risulti che tali elementi non sono stati assoggettati all’imposta, o vi sono
stati assoggettati in maniera eccessivamente ridotta, di emanare un avviso di
rettifica fiscale.
50 Così
come dimostrato dai fatti di cui alla causa C‑155/08, lo stesso può dirsi
qualora le autorità tributarie di uno Stato membro siano informate
dell’esistenza di elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro che
applichi il segreto bancario.
51 Inoltre,
l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale
prolungato nel caso di elementi imponibili detenuti o generati in un altro
Stato membro può dissuadere i contribuenti detentori di tali beni
dall’occultare al fisco i beni stessi o i redditi che ne ricavano, allo scopo
di non esporsi successivamente ad una rettifica fiscale nonché, se del caso, ad
un’ammenda, entrambe determinate sulla base di un periodo che può estendersi
fino a dodici anni.
52 Deve
quindi riconoscersi che una disciplina quale quella di cui all’art. 16, n. 4,
dell’AWR contribuisce a garantire l’efficacia dei controlli fiscali e a
contrastare la frode fiscale.
53 Tuttavia,
si deve ancora verificare se, come sostenuto in secondo luogo dai ricorrenti
nella causa principale, una disciplina siffatta vada oltre quanto necessario
per conseguire tali obiettivi.
54 Secondo
i ricorrenti nella causa principale, infatti, l’art. 16, n. 4, dell’AWR non
tiene conto della possibilità di cui dispongono gli Stati membri, ai sensi
degli artt. 1-3 della direttiva 77/799, di ottenere da un altro Stato
membro ogni informazione necessaria per permettere loro un corretto
accertamento dell’imposta. Essi sottolineano a tal proposito la facoltà,
prevista al citato art. 3, di instaurare uno scambio automatico di
informazioni. Il fatto che uno Stato membro non si avvalga di tali possibilità
di scambio di informazioni sarebbe da ricondursi alla sua stessa volontà e non potrebbe
in alcun modo essere opposto al contribuente.
55 Inoltre,
la disposizione nazionale di cui trattasi nella causa principale sarebbe
sproporzionata dal momento che non opererebbe alcuna distinzione a seconda che
il Regno dei Paesi Bassi abbia stipulato un accordo di scambio di informazioni
con lo Stato da cui provengono gli elementi imponibili, ovvero che tale altro
Stato applichi il segreto bancario, né addirittura a seconda che si tratti di
un altro Stato membro o di uno Stato terzo. Su tale punto, i ricorrenti nella
causa principale precisano che l’attuazione di un accordo di scambio di
informazioni non richiede normalmente un termine supplementare di sette anni,
quale quello previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR. Essi sostengono che tale termine
è stato stabilito, in modo piuttosto arbitrario, con riferimento al termine
entro il quale devono essere avviate azioni penali in caso di reato di frode,
ancorché, nel diritto penale olandese, tale termine ai fini dell’azione sia
identico nelle situazioni nazionali e nelle situazioni transnazionali.
56 Al
contrario, secondo i governi degli Stati membri che hanno presentato
osservazioni, l’applicazione da parte di uno Stato membro di un termine di
rettifica fiscale prolungato in caso di elementi imponibili provenienti da un
altro Stato membro è necessaria per rimediare all’assenza di reale possibilità,
per il fisco del primo Stato membro, di ottenere informazioni sui beni detenuti
nel secondo.
57 In
ordine all’eventuale ricorso alla reciproca assistenza tra Stati membri, tali
governi rilevano come una domanda di informazioni possa essere formulata da uno
Stato membro, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 77/799, esclusivamente per
quanto concerne un caso specifico, con riferimento al quale tale Stato disponga
già di sufficienti elementi di partenza. Inoltre, qualora l’altro Stato membro
applichi il segreto bancario, l’art. 8 di tale direttiva osterebbe alla
comunicazione delle informazioni così tutelate. Infine, in materia di redditi
da risparmio, non sussisterebbe alcuna convenzione bilaterale tale da
consentire la comunicazione automatica di informazioni quale quella prevista
dall’art. 3 della direttiva citata.
58 Si
deve rilevare in proposito che, ai sensi dell’art. 16, n. 4, dell’AWR, il
termine di rettifica fiscale è portato da cinque a dodici anni a prescindere
dalla questione se, in un caso concreto di applicazione, il Regno dei Paesi
Bassi disponga o meno di strumenti per ottenere le informazioni necessarie da
parte dello Stato membro nel quale sono detenuti gli elementi imponibili, al di
là del fatto che ciò avvenga facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista
dalla direttiva 77/799 ovvero mediante uno scambio di informazioni effettuato
in virtù di una convenzione bilaterale stipulata con quest’ultimo Stato membro.
Inoltre, il termine di rettifica fiscale prolungato si applica altresì nel caso
in cui una domanda di comunicazione di dati bancari non possa andare a buon
fine a causa dell’applicazione, in tale altro Stato membro, del segreto
bancario.
59 Ne
discende che, nell’ambito di una normativa quale quella di cui alla causa
principale, il termine supplementare concesso alle autorità tributarie dello
Stato membro di cui trattasi per procedere ad una rettifica fiscale riguardante
elementi imponibili detenuti o generati in un altro Stato membro non
corrisponde necessariamente a quello di cui le citate autorità hanno bisogno
per verificare talune informazioni presso tale altro Stato membro facendo
ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 ovvero al
sistema di scambio di informazioni instaurato in base a una convenzione
bilaterale.
60 Ciò
non significa tuttavia che, in generale, l’estensione del periodo nel quale
tali autorità possono emanare un avviso di rettifica fiscale nel caso di beni o
di redditi provenienti da un altro Stato membro sia sproporzionata rispetto
all’obiettivo di garantire l’osservanza delle disposizioni fiscali nazionali.
61 In
proposito si deve sottolineare che, fatte salve le disposizioni comunitarie di
armonizzazione eventualmente applicabili, non può imporsi ad uno Stato membro
di conformare la propria normativa in materia di controlli fiscali in funzione
della situazione specifica prevalente in ciascun altro Stato membro o Stato
terzo.
62 Per
verificare se una normativa quale quella di cui alla causa principale non vada
oltre quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per
contrastare la frode fiscale, occorre distinguere due fattispecie.
63 La
prima fattispecie corrisponde ad una situazione in cui elementi che sono
imponibili in uno Stato membro e che sono situati in un altro Stato membro
siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro e dette
autorità non dispongano di alcun indizio relativo all’esistenza di tali
elementi che consenta l’avvio di un’indagine. In una simile ipotesi, tale primo
Stato membro si trova nell’impossibilità di rivolgersi alle autorità competenti
dell’altro Stato membro per ottenere da queste ultime le informazioni
necessarie ai fini di un corretto accertamento dell’importo dell’imposta.
64 Dal
momento che l’art. 2 della direttiva 77/799 consente alle autorità di uno Stato
membro di contattare le autorità competenti di un altro Stato membro solo in un
caso specifico, le autorità tributarie del primo Stato membro che non
dispongono di alcun indizio in ordine all’esistenza di elementi imponibili
situati in quest’altro Stato membro sono in grado di svolgere un’indagine
solamente qualora si vedano preliminarmente comunicare informazioni
sull’esistenza di tali elementi ad opera dell’altro Stato membro, segnatamente
mediante un sistema automatico di scambio di informazioni quale quello
introdotto dall’art. 9 della direttiva 2003/48, ovvero ad opera del
contribuente stesso, o ancora ad opera di terzi.
65 Contrariamente
a quanto sostiene la sig.ra Passenheim-van Schoot, il fatto che, per ottenere dati bancari relativi ai
propri contribuenti, uno Stato membro non abbia fatto ricorso alla possibilità
di scambio automatico di informazioni di cui all’art. 3 della direttiva 77/799
non è di per sé sufficiente a privare tale Stato membro del diritto di
applicare, nei confronti dei detti contribuenti, un termine di rettifica
fiscale diverso a seconda che i loro beni derivanti dal risparmio siano
detenuti in questo stesso Stato membro o in un altro Stato membro. Infatti,
lasciando agli Stati membri l’onere di instaurare un meccanismo di scambio
regolare e automatico di informazioni per le categorie di casi che essi devono
determinare nell’ambito della procedura di consultazione prevista dall’art. 9
della direttiva stessa, il citato art. 3 non fa altro che prevedere la facoltà
per uno Stato membro di contattare altri Stati membri allo scopo di instaurare
un meccanismo siffatto, la cui realizzazione dipende a quel punto dalla
decisione di tali altri Stati membri.
66 Qualora
elementi imponibili situati in uno Stato membro siano stati occultati alle
autorità tributarie di un altro Stato membro e qualora queste ultime non
abbiano avuto a disposizione alcun indizio in ordine alla loro esistenza che
consentisse l’avvio di un’indagine, la questione se l’applicazione, da parte di
quest’ultimo Stato membro, di un termine di rettifica fiscale prolungato rappresenti
uno strumento proporzionato all’obiettivo di garantire l’osservanza delle
disposizioni fiscali non dipende quindi in alcun modo dalla questione se tale
termine corrisponda al lasso di tempo necessario per ottenere informazioni
dallo Stato membro in cui tali elementi imponibili sono detenuti.
67 Dal
momento che, in una tale ipotesi, in assenza di elementi che consentano di
avviare un’indagine, è escluso il ricorso ad un meccanismo di scambio di
informazioni, la concessione alle autorità tributarie di uno Stato membro di un
termine più lungo per accertare l’imposta quando si tratti di elementi
imponibili situati in un altro Stato membro deve essere considerata come intesa
non a fornire a tali autorità il tempo necessario per ottenere da tale altro
Stato membro informazioni su elementi imponibili ivi situati, bensì
esclusivamente a prevedere un periodo più lungo nel corso del quale
un’eventuale scoperta di tali elementi imponibili possa ancora dar luogo ad una
rettifica fiscale, laddove l’indagine avviata a seguito di una tale scoperta
possa condurre alla rettifica fiscale prima della scadenza di tale periodo.
68 Peraltro,
dal momento che l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di
rettifica fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili situati in un
altro Stato membro e in ordine ai quali le autorità tributarie del primo Stato
membro non disponevano di alcun indizio non è in funzione della possibilità,
per tali autorità, di ottenere informazioni da tale altro Stato membro, non è
neppure rilevante la questione se quest’ultimo applichi o meno il segreto
bancario.
69 Quanto
all’argomento secondo cui il termine di rettifica fiscale previsto
dall’art. 16, n. 4, dell’AWR sarebbe stato arbitrariamente fissato a
dodici anni, si deve necessariamente rilevare che, laddove un tale termine sia
prolungato in caso di occultamento al fisco di elementi imponibili, la scelta
di uno Stato membro di limitare detto termine nel tempo e di definire tale
limite in funzione del termine applicabile per le azioni penali aventi ad
oggetto il reato di frode fiscale non appare sproporzionata.
70 In
tali circostanze, il fatto di sottoporre elementi imponibili occultati al fisco
ad un termine di rettifica fiscale prolungato pari a dodici anni non va oltre
quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per
contrastare la frode fiscale.
71 Non
si può opporre, infine, a uno Stato membro che applica un termine di rettifica
fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili situati in un altro Stato
membro e dei quali le autorità tributarie del primo Stato membro non erano a
conoscenza che, in caso di scoperta di elementi imponibili che erano del pari
occultati a tali autorità ma situati in questo stesso Stato membro, il periodo
quinquennale nel corso del quale le dette autorità possono procedere ad una
rettifica fiscale non possa essere prolungato.
72 Infatti,
benché un contribuente sia assoggettato ad un identico obbligo di dichiarazione
alle autorità tributarie sia per i propri beni e redditi nazionali, sia per i
propri beni e redditi non nazionali, resta pur sempre il fatto che, per quanto
riguarda beni e redditi che non sono oggetto di un sistema automatico di
scambio di informazioni, il rischio per un contribuente che beni e redditi
occultati alle autorità tributarie del proprio Stato membro di residenza siano
scoperti è inferiore nel caso di beni e di redditi provenienti da un altro
Stato membro rispetto al caso di beni e di redditi nazionali.
73 Pertanto,
se uno Stato membro prevede un termine di rettifica fiscale più ampio nel caso
di elementi imponibili di cui le autorità tributarie non erano a conoscenza,
non gli si potrà contestare il fatto di limitare l’ambito di applicazione di
tale termine agli elementi imponibili che non sono situati sul suo territorio.
74 La
seconda fattispecie corrisponde ad una situazione in cui le autorità tributarie
di uno Stato membro dispongano di indizi riguardanti elementi imponibili
situati in un altro Stato membro che consentano di avviare un’indagine. In una
simile ipotesi, non può essere giustificata l’applicazione, ad opera di questo
primo Stato membro, di un termine di rettifica fiscale prolungato che non miri
specificamente a consentire alle autorità tributarie di tale Stato membro di
ricorrere utilmente a meccanismi di reciproca assistenza tra Stati membri e che
scatti non appena gli elementi imponibili di cui trattasi siano situati in un
altro Stato membro.
75 Infatti,
come sostenuto dai ricorrenti nella causa principale, qualora le autorità
tributarie di uno Stato membro abbiano avuto a disposizione indizi tali da
consentire loro di rivolgersi alle autorità competenti di altri Stati membri,
facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799
ovvero all’assistenza prevista da convenzioni bilaterali, per ottenere da
queste ultime autorità le informazioni necessarie per determinare l’importo
esatto dell’imposta, il semplice fatto che gli elementi imponibili di cui
trattasi siano situati in un altro Stato membro non giustifica l’applicazione
generale di un termine di rettifica fiscale supplementare che non è in alcun
modo in funzione del lasso di tempo necessario per ricorrere utilmente a tali
meccanismi di reciproca assistenza.
76 Da
quanto precede risulta che gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere
interpretati nel senso che non ostano all’applicazione da parte di uno Stato
membro, qualora beni derivanti dal risparmio e i redditi che se ne ricavano
siano occultati alle autorità tributarie di tale Stato membro e qualora queste
ultime autorità non dispongano di alcun indizio in merito alla loro esistenza
tale da consentire l’avvio di un’indagine, di un termine di rettifica fiscale
più lungo nel caso in cui tali beni siano detenuti in un altro Stato membro
rispetto al caso in cui tali beni siano detenuti nel primo Stato membro. La
circostanza che tale altro Stato membro applichi il segreto bancario non è
rilevante in proposito.
Sulla terza questione nella causa C‑155/08
77 Con
la sua terza questione nella causa C‑155/08, il giudice del rinvio
chiede, nel caso in cui gli artt. 49 CE e 56 CE non ostino
all’applicazione ad opera di uno Stato membro, per i beni detenuti in un altro
Stato membro e per i redditi generati da questi ultimi, di un termine di
rettifica fiscale più ampio rispetto a quello applicato per i beni e i redditi
provenienti da questo stesso Stato membro, se detti articoli non ostino neppure
a che l’ammenda inflitta per l’occultamento dei beni e dei redditi oggetto
della rettifica fiscale sia calcolata proporzionalmente all’importo rettificato
e, pertanto, in funzione di un periodo più lungo.
78 Nella
sua decisione di rinvio tale giudice precisa che, tenuto conto della
possibilità attribuita al fisco dall’art. 67e dell’AWR di infliggere al
contribuente, che abbia con dolo o colpa grave pagato un importo insufficiente
di imposta, un’ammenda che può arrivare al 100% dell’importo dell’imposta
inizialmente non riscosso, il prolungamento del termine di rettifica fiscale
nel caso di beni e di redditi provenienti dall’estero si ripercuote
sull’importo delle ammende irrogabili.
79 Secondo
la parte ricorrente nella causa C‑155/08, anche qualora il diritto
comunitario non osti all’applicazione di una disciplina quale quella di cui
all’art. 16, n. 4, dell’AWR, l’art. 56 CE osta tuttavia
all’applicazione di una norma secondo cui, in ragione dell’estensione del
termine di rettifica fiscale nel caso di beni e di redditi provenienti
dall’estero, l’ammenda irrogabile in un simile caso è più elevata rispetto a
quella che può essere inflitta nel caso di beni e di redditi situati sul
territorio nazionale.
80 Per
contro, i governi dei Paesi Bassi, belga e italiano ritengono che le libertà di
circolazione non ostino a che l’ammenda irrogabile in caso di occultamento di
beni o di redditi non nazionali che sono oggetto di una rettifica fiscale sia
calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più
lungo periodo.
81 Da
parte sua,
82 Si
deve in proposito osservare, anzitutto, che, ai sensi dell’art. 67e, n. 1,
dell’AWR, qualora un’imposta sia fissata a un livello eccessivamente ridotto a
causa del dolo o di colpa grave del contribuente, è possibile infliggere
un’ammenda fino a un massimo del 100% dell’importo della rettifica fiscale,
senza operare distinzioni a seconda che i beni all’origine di quest’ultima
siano detenuti nei Paesi Bassi ovvero in altri Stati membri.
83 Contrariamente
a quanto sostenuto dalla parte ricorrente nella causa C‑155/08, la
disciplina nazionale di cui si tratta nella causa principale non è pertanto
comparabile alle normative italiana e francese di cui, rispettivamente, alle
cause che hanno dato luogo alle sentenze 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl (Racc. pag. 1213), e 2 agosto 1993, causa C‑276/91,
Commissione/Francia (Racc. pag. I‑4413). Quelle normative
prevedevano, per le infrazioni in materia di imposta sul valore aggiunto, un
regime sanzionatorio più severo per le imposte dovute all’importazione da un
altro Stato membro che per le imposte relative alle operazioni compiute
all’interno degli Stati membri in questione.
84 Nel
caso della normativa di cui si tratta nella causa principale, infatti, il
rischio che a un contribuente residente nei Paesi Bassi venga applicata una
sanzione più elevata con riferimento a beni e redditi situati in un altro Stato
membro rispetto al caso in cui si tratti di beni e redditi nazionali deriva
semplicemente dal fatto che il periodo da prendersi in considerazione per la
determinazione della rettifica fiscale e, pertanto, per la base di calcolo
dell’ammenda può essere più lungo nel caso di beni e redditi non nazionali che
nel caso di beni e redditi nazionali, giacché a questi ultimi non si applica il
termine di rettifica fiscale prolungato di cui all’art. 16, n. 4,
dell’AWR.
85 Orbene,
come emerge dai punti 60-73 di questa sentenza, gli artt. 49 CE e
56 CE non ostano all’applicazione, ad opera di uno Stato membro, di un
termine di rettifica fiscale più ampio nel caso di beni detenuti in un altro
Stato membro rispetto al caso di beni detenuti nel primo Stato membro, laddove
si tratti di beni e di redditi che sono stati occultati alle autorità
tributarie di quest’ultimo e in merito ai quali esse non disponevano di alcun
indizio d’esistenza che consentisse l’avvio di un’indagine.
86 La
terza questione deve essere quindi risolta affermando che gli artt. 49 CE
e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, qualora
uno Stato membro applichi un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso di
beni detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di beni detenuti nel primo
Stato membro e qualora tali beni esteri nonché i redditi da questi prodotti
siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro, le quali
non disponevano di alcun indizio in merito alla loro esistenza che consentisse
l’avvio di un’indagine, l’ammenda inflitta in ragione dell’occultamento di tali
beni e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente all’importo della
rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.
Sulle spese
87 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
1) Gli
artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano
all’applicazione da parte di uno Stato membro, qualora beni derivanti dal
risparmio e i redditi che se ne ricavano siano occultati alle autorità tributarie
di tale Stato membro e qualora queste ultime autorità non dispongano di alcun
indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di
un’indagine, di un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso in cui tali
beni siano detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso in cui tali beni
siano detenuti nel primo Stato membro. La circostanza che tale altro Stato
membro applichi il segreto bancario non è rilevante in proposito.
2) Gli
artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che,
qualora uno Stato membro applichi un termine di rettifica fiscale più lungo nel
caso di beni detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di beni
detenuti nel primo Stato membro e qualora tali beni esteri nonché i redditi che
se ne ricavano siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato
membro, le quali non disponevano di alcun indizio in merito alla loro esistenza
tale da consentire l’avvio di un’indagine, l’ammenda inflitta in ragione
dell’occultamento di tali beni e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente
all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.
(Seguono le firme)