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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 10 maggio 2011 – C-147/08

«Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Principi generali del diritto dell’Unione – Art. 157 TFUE – Direttiva 2000/78/CE – Ambito di applicazione – Nozione di “retribuzione” – Esclusioni – Regime di previdenza professionale sotto forma di pensione complementare di vecchiaia per gli ex dipendenti di un ente locale ed i loro superstiti – Metodo di calcolo di tale pensione che avvantaggia i beneficiari coniugati rispetto a quelli che vivono nell’ambito di un’unione civile registrata – Discriminazione fondata sulle tendenze sessuali»

Nel procedimento C‑147/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Arbeitsgericht Hamburg (Germania), con decisioni in data 4 aprile 2008 e 23 gennaio 2009, pervenute in cancelleria il 10 aprile 2008 e il 28 gennaio 2009, nella causa

Jürgen Römer

contro

Freie und Hansestadt Hamburg,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, D. Šváby (relatore), presidenti di sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

considerate le osservazioni presentate:

– per il sig. Römer, dall’avv. H. Graupner, Rechtsanwalt;

– per la Freie und Hansestadt Hamburg, dal sig. Härtel, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. V. Kreuschitz e J. Enegren, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 luglio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16), nonché sull’interpretazione dei principi generali del diritto dell’Unione e dell’art. 141 CE (norma cui ora corrisponde l’art. 157 TFUE) per quel che riguarda le discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali in materia di occupazione e di lavoro.

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra il sig. Römer e la Freie und Hansestadt Hamburg in merito all’ammontare della pensione complementare di vecchiaia cui questi ha diritto.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 I ‘considerando’ tredicesimo e ventiduesimo della direttiva 2000/78 enunciano quanto segue:

«(13) La presente direttiva non si applica ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dell’articolo 141 [CE] (...).

(...)

(22) La presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano».

4 L’art. 1 della direttiva 2000/78 stabilisce quanto segue:

«La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

5 L’art. 2 di tale direttiva così dispone:

«1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i) tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; (...)

(...)».

6 L’art. 3 della medesima direttiva è formulato nei seguenti termini:

«1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(...)

c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(...)

3. La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi [pubblici] o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi [pubblici] di sicurezza sociale o di protezione sociale.

(...)».

7 A norma dell’art. 18, primo comma, della direttiva 2000/78, gli Stati membri erano tenuti, in linea di principio, ad adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest’ultima entro il 2 dicembre 2003, oppure potevano affidare alle parti sociali il compito di dare esecuzione a tale direttiva relativamente alle disposizioni rientranti nella sfera dei contratti collettivi, assicurandosi che questi fossero attuati entro la medesima data.

Il diritto nazionale

La Legge fondamentale

8 L’art. 6, n. 1, della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania (Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland; in prosieguo: la «Legge fondamentale») stabilisce che «[i]l matrimonio e la famiglia sono posti sotto la particolare tutela dello Stato».

La legge sulle unioni civili registrate

9 L’art. 1, n. 1, della legge 16 febbraio 2001, sulle unioni civili registrate (Gesetz über die Eingetragene Lebenspartnerschaft; in prosieguo: il «LPartG»), dispone, riguardo alla forma ed ai presupposti per la costituzione di unioni siffatte, quanto segue:

«Due persone dello stesso sesso costituiscono un’unione civile quando dichiarano reciprocamente, personalmente e in presenza l’una dell’altra che intendono realizzare insieme un partenariato per la durata della loro vita (partner dell’unione). Le dichiarazioni prestate non possono essere assoggettate a termini o condizioni. Le dichiarazioni producono i loro effetti quando sono rese dinanzi all’autorità competente. (...)»

10 L’art. 2 del LPartG così dispone:

«I partner dell’unione sono reciprocamente obbligati a prestarsi soccorso e assistenza e ad organizzare e condurre insieme la loro vita. Essi assumono responsabilità l’uno nei confronti dell’altro».

11 Ai sensi dell’art. 5 della legge sopra citata:

«I partner dell’unione sono reciprocamente obbligati a contribuire in modo adeguato ai bisogni della comunità partenariale. Gli artt. 1360a e 1360b del codice civile [(Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il “BGB”)] si applicano per analogia».

12 L’art. 11, n. 1, della stessa legge recita:

«Salvo disposizione contraria, ciascun partner dell’unione è considerato come un familiare dell’altro partner».

13 La legge 15 dicembre 2004, recante riforma della disciplina delle unioni civili (Gesetz zur Überarbeitung des Lebenpartnerschaftsrechts; in prosieguo: la «legge 15 dicembre 2004»), entrata in vigore il 1° gennaio 2005, ha modificato il LPartG ed ha ancor più ravvicinato il regime dell’unione civile registrata a quello del matrimonio. In particolare, in caso di scioglimento dell’unione civile, è ora previsto il riparto compensativo dei diritti pensionistici tra i partner (art. 20 del LPartG), così come avviene tra i coniugi in caso di divorzio. Inoltre, il regime legale di assicurazione di vecchiaia è stato modificato affinché i partner registrati percepiscano, al pari delle persone coniugate, le pensioni di reversibilità, anche nel caso in cui il partner sia deceduto prima del 1° gennaio 2005 [art. 46, n. 4, del libro VI del Codice delle materie sociali (Sozialgesetzbuch)].

Le disposizioni applicabili nel Land di Amburgo in materia di previdenza sociale

14 L’art. 1 della legge del Land di Amburgo 7 marzo 1995, in materia di previdenza complementare (Hamburgisches Zusatzversorgungsgesetz; in prosieguo: l’«HmbZVG»), dichiara che tale legge si applica alle persone alle dipendenze della Freie und Hansestadt Hamburg nonché a qualsiasi persona alla quale tale città debba versare una pensione ai sensi dell’art. 2 della legge medesima (titolari di pensione). Secondo quest’ultimo articolo, la pensione viene concessa sotto forma di pensione di vecchiaia, disciplinata dagli artt. 3‑10 dello stesso HmbZVG, oppure sotto forma di pensione di reversibilità a favore dei superstiti, disciplinata dagli artt. 11‑19 di tale legge. A norma degli artt. 2a e 2c dell’HmbZVG, i dipendenti al servizio della città suddetta partecipano alle spese pensionistiche versando una contribuzione, il cui tasso iniziale ammonta all’1,25% della retribuzione imponibile e che viene trattenuta dalla retribuzione. Ai sensi dell’art. 2b della medesima legge, l’obbligo di contribuzione prende inizio con la nascita del rapporto di lavoro e termina con la cessazione dello stesso.

15 L’art. 6 dell’HmbZVG stabilisce che l’importo mensile della pensione ammonta, per ciascun anno completo del periodo di occupazione che dà diritto a prestazioni pensionistiche, allo 0,5% degli elementi retributivi considerabili ai fini del calcolo della pensione stessa.

16 Gli elementi retributivi computabili ai fini della pensione sono specificati all’art. 7 dell’HmbZVG, mentre i periodi di occupazione che danno diritto ad una pensione nonché quelli che ne sono esclusi vengono precisati all’art. 8 della medesima legge.

17 L’art. 29 dell’HmbZVG contiene le disposizioni transitorie riguardanti i titolari di pensione che soggiacevano alla legislazione precedentemente in vigore, contemplati all’art. 1, n. 1, secondo periodo, di tale legge. A norma del n. 1, punti 1 e, in combinato disposto, 5, di tale art. 29, i suddetti titolari di pensione continuano a percepire, in deroga segnatamente all’art. 6, nn. 1 e 2, della medesima legge, una pensione uguale a quella da essi percepita per il mese di luglio 2003 o a quella cui essi avrebbero avuto diritto, ai sensi dei punti 2 e 4 del citato art. 29, n. 1, per il mese di dicembre 2003.

18 La materia era precedentemente regolata dalla legge del Land di Amburgo disciplinante le pensioni complementari di vecchiaia e di reversibilità dei dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg (Erstes Ruhegeldgesetz der Freien und Hansestadt Hamburg; in prosieguo: il «primo RGG»). L’art. 10, n. 6, di tale legge prevedeva quanto segue:

«La remunerazione figurativa netta da prendere in considerazione per il calcolo della pensione viene determinata deducendo dagli elementi retributivi computabili ai fini di quest’ultima (art. 8) i seguenti importi:

1. nel caso di un beneficiario di prestazioni coniugato che al giorno di inizio del versamento della pensione di vecchiaia (art. 12, n. 1) non sia stabilmente separato, nonché nel caso di un beneficiario che a questa stessa data sia titolare di un diritto al pagamento di assegni familiari o di analoghe prestazioni, l’importo che a tale data dovrebbe essere pagato a titolo dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente [previa deduzione della quota versata alla Chiesa (Kirchenlohnsteuer)] in base allo scaglione tributario III/0;

2. per tutti gli altri beneficiari, l’importo che alla data di inizio del versamento della pensione di vecchiaia dovrebbe essere pagato a titolo dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente (previa deduzione della quota versata alla Chiesa) in base allo scaglione tributario I (…)».

19 A norma dell’art. 8, n. 10, ultimo periodo, del primo RGG, qualora le condizioni di cui all’art. 10, n. 6, punto 1, della medesima legge sussistano solo dopo l’inizio dell’erogazione della pensione di vecchiaia, occorre, se l’interessato ne fa domanda, applicare quest’ultima disposizione a partire da tale data.

20 L’importo da dedurre a titolo dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente dovuta in base allo scaglione tributario III/0 è nettamente inferiore a quello che risulta dall’applicazione dello scaglione tributario I.

Causa principale e questioni pregiudiziali

21 La lite tra le parti verte sull’importo della pensione che il ricorrente nella causa principale, il sig. Römer, può pretendere a partire dal mese di novembre 2001.

22 Dal 1950 fino all’insorgere della sua incapacità lavorativa in data 31 maggio 1990, il sig. Römer ha lavorato per la Freie und Hansestadt Hamburg come impiegato amministrativo. Dal 1969 egli ha vissuto ininterrottamente con il sig. U. Il 15 ottobre 2001 il ricorrente nella causa principale e il suo compagno hanno contratto un’unione civile registrata, conformemente al LPartG. Il sig. Römer lo ha comunicato al suo ex datore di lavoro con lettera del 16 ottobre 2001. Con una lettera successiva in data 28 novembre 2001, egli ha chiesto che l’importo della sua pensione complementare di vecchiaia fosse ricalcolato applicando la deduzione più vantaggiosa corrispondente allo scaglione tributario III/0, e ciò con effetto a partire dal 1° agosto 2001, secondo quanto indicato dal giudice del rinvio. Il ricorrente afferma però, nelle sue osservazioni, di avere chiesto tale adeguamento della sua pensione solo a partire dal 1° novembre 2001.

23 Con lettera 10 dicembre 2001, la Freie und Hansestadt Hamburg ha informato il sig. Römer che non intendeva modificare il calcolo della pensione suddetta, in quanto, ai sensi dell’art. 10, n. 6, punto 1, del primo RGG, solo i beneficiari di prestazioni coniugati e non stabilmente separati e quelli aventi diritto ad assegni familiari o ad altre prestazioni analoghe potevano pretendere che l’importo della loro pensione di vecchiaia fosse calcolato tenendo conto dello scaglione tributario III/0.

24 Conformemente al «prospetto delle prestazioni di quiescenza» redatto dalla Freie und Hansestadt Hamburg il 2 settembre 2001, la pensione di vecchiaia versata mensilmente al sig. Römer, a partire dal settembre 2001, ammontava, sulla base di una retribuzione ridotta dell’importo che avrebbe dovuto essere pagato a titolo dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente in applicazione dello scaglione tributario I, a DEM 1 204,55 (EUR 615,88). Secondo i calcoli dell’interessato, non contestati dal suo ex datore di lavoro, se si fosse applicato lo scaglione tributario III/0, l’importo mensile di tale pensione di vecchiaia sarebbe stato, nel mese di settembre 2001, superiore di DEM 590,87 (EUR 302,11).

25 La controversia è stata portata dinanzi al giudice del rinvio. Il sig. Römer ritiene di aver diritto ad essere trattato come un beneficiario coniugato e non stabilmente separato ai fini del calcolo della sua pensione sul fondamento dell’art. 10, n. 6, punto 1, del primo RGG. Egli sostiene che il criterio del «beneficiario coniugato e non stabilmente separato», previsto dalla citata disposizione, deve essere interpretato nel senso che include i beneficiari che abbiano contratto un’unione civile registrata conformemente al LPartG.

26 Il sig. Römer afferma che il suo diritto alla parità di trattamento con i beneficiari coniugati non stabilmente separati risulta, in ogni caso, dalla direttiva 2000/78. Egli sostiene, inoltre, che tale direttiva, non essendo stata trasposta nel diritto nazionale entro il termine previsto dal suo art. 18, vale a dire entro il 2 dicembre 2003, si applica direttamente alla convenuta nella causa principale.

27 La Freie und Hansestadt Hamburg fa valere che il termine «coniugato», ai sensi dell’art. 10, n. 6, punto 1, del primo RGG, non può essere interpretato nel senso richiesto dal sig. Römer. Essa rileva, in sostanza, che l’art. 6, n. 1, della Legge fondamentale pone il matrimonio e la famiglia sotto la particolare protezione dell’ordinamento statale. Sempre secondo la Freie und Hansestadt Hamburg, esiste un parallelismo tra la questione dell’imposizione comune e quella della possibilità di applicare in modo figurativo lo scaglione tributario III/0 nell’ambito del calcolo delle pensioni complementari di vecchiaia versate ai sensi del primo RGG. Essa fa valere che le risorse finanziarie di cui gli interessati dispongono mensilmente per soddisfare le esigenze della vita quotidiana sono determinate dall’imposizione comune nel periodo di attività professionale e, successivamente, dall’applicazione figurativa dello scaglione tributario III/0 per il calcolo delle pensioni. Il vantaggio concesso alle persone che hanno costituito una famiglia, o che avrebbero potuto farlo, avrebbe lo scopo di compensare l’onere economico supplementare implicato dalla loro situazione.

28 Ciò considerato, l’Arbeitsgericht Hamburg (tribunale del lavoro di Amburgo) ha deciso, con ordinanza in data 4 aprile 2008, integrata da un’altra ordinanza in data 28 gennaio 2009, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se le pensioni complementari versate agli ex impiegati e lavoratori della Freie und Hansestadt Hamburg nonché ai loro superstiti, disciplinate dal [primo RGG], costituiscano “pagamenti (...) effettuati dai regimi [pubblici] o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi [pubblici] di sicurezza sociale o di protezione sociale”, ai sensi dell’art. 3, n. 3, della [direttiva 2000/78], con la conseguenza che tale direttiva (…) non trova applicazione nel settore regolamentato dal primo RGG.

2) [a)] In caso di soluzione negativa della questione precedente: se le disposizioni del primo RGG, che ai fini del calcolo dell’importo delle pensioni distinguono fra beneficiari coniugati, da un lato, e tutti gli altri beneficiari, dall’altro, favorendo in particolare i beneficiari coniugati – e ciò anche e per l’appunto rispetto alle persone che abbiano contratto un’unione civile con una persona dello stesso sesso ai sensi del [LPartG] (...) – costituiscano “legislazioni nazionali in materia di stato civile [o] prestazioni che ne derivano” ai sensi del ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78.

[b)] In caso di soluzione affermativa della questione precedente: se ciò comporti che la direttiva non si applica in rapporto alle menzionate disposizioni del primo RGG, sebbene la direttiva di per sé non preveda alcuna limitazione del proprio ambito di applicazione corrispondente al [citato] ventiduesimo ‘considerando’.

3) In caso di soluzione negativa della questione sub 2 [a)] o della questione sub 2 [b)]: se l’art. 10, n. 6, del primo RGG – a norma del quale la pensione versata a beneficiari coniugati non stabilmente separati viene calcolata prendendo come base figurativa lo scaglione tributario III/0 (più favorevole per il soggetto d’imposta), mentre la pensione di tutti gli altri beneficiari viene calcolata prendendo come base figurativa lo scaglione tributario I (più sfavorevole per il soggetto d’imposta) – costituisca, nei confronti di un beneficiario che sia partner di un’unione civile registrata contratta con una persona dello stesso sesso e che non sia da questa stabilmente separato, una violazione degli artt. 1 e, in combinato disposto, 2 e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78.

4) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1) o della questione sub 2 [b)] ovvero di soluzione negativa della questione sub 3): se l’art. 10, n. 6, del primo RGG violi l’art. 141 CE o un principio generale di diritto comunitario a motivo della disciplina descritta sopra sub 3) o degli effetti giuridici da essa prodotti.

5) [a)] In caso di soluzione affermativa delle questioni sub 3) o sub 4): se ciò comporti che – fintantoché l’art. 10, n. 6, del primo RGG non verrà modificato in modo da eliminare la censurata disparità di trattamento – anche il beneficiario partner di un’unione civile registrata, il quale non viva stabilmente separato dal suo partner, può pretendere di essere trattato, ai fini del calcolo della sua pensione [complementare], come un beneficiario coniugato non stabilmente separato.

[b)] Ove così fosse, se ciò valga – in caso di applicabilità della direttiva 2000/78 e di risposta affermativa alla questione sub 3) – anche per il periodo precedente la scadenza del termine di trasposizione previsto dall’art. 18, primo comma, della medesima direttiva.

6) In caso di soluzione affermativa della questione sub 5): se ciò valga – giusta quanto enunciato nelle motivazioni della sentenza della Corte di giustizia [17 maggio 1990,] causa C‑262/88, Barber [Racc. pag. I‑1889] – con la limitazione che la parità di trattamento ai fini del calcolo della pensione [complementare] deve essere applicata solo con riferimento alle quote di pensione che il beneficiario ha maturato a partire dal 17 maggio 1990.

7) Qualora la Corte di giustizia dovesse concludere per l’esistenza di una discriminazione diretta:

a) quale rilevanza si debba attribuire al fatto che, da un lato, tanto la Legge fondamentale (...) quanto il diritto comunitario impongono di rispettare il principio della parità di trattamento, ma che, dall’altro, il diritto della Repubblica federale di Germania prevede che il matrimonio e la famiglia siano posti sotto la particolare protezione dell’ordinamento statale, in forza dell’espresso precetto costituzionale contenuto nell’art. 6, n. 1, della Legge fondamentale.

b) Se, malgrado il tenore letterale della direttiva [2000/78], una norma giuridica direttamente discriminatoria possa essere giustificata per il fatto che persegue una diversa finalità, la quale costituisce parte integrante del diritto interno dello Stato membro [interessato] ma non del diritto comunitario. In caso di risposta affermativa, se [questa] diversa finalità perseguita dal diritto interno dello Stato membro [suddetto] prevalga senz’altro sul principio della parità di trattamento.

c) In caso di soluzione negativa del quesito precedente: sulla base di quale criterio giuridico si possa stabilire in che modo deve essere assicurato, in una situazione siffatta, l’equilibrio tra il principio comunitario della parità di trattamento e la diversa finalità giuridicamente rilevante perseguita dal diritto interno del [suddetto] Stato membro. Se valgano anche a tale proposito le condizioni enunciate all’art. 2, n. 2, lett. b), sub i), della direttiva [2000/78] in materia di ammissibilità delle discriminazioni indirette, secondo cui, anzitutto, la normativa discriminatoria deve essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima e, inoltre, i mezzi impiegati per il suo conseguimento devono essere appropriati e necessari.

d) Se una disposizione quale l’art. 10, n. 6, del primo RGG risponda ai requisiti di legittimità imposti dal diritto comunitario, come definiti nella risposta ai quesiti qui sopra sollevati. Se detta disposizione soddisfi tali requisiti già solo in virtù della particolare norma di diritto interno che non ha equivalenti in diritto comunitario, vale a dire l’art. 6, n. 1, della Legge fondamentale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle prime due questioni

29 Con le sue due prime questioni, alle quali occorre rispondere congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se pensioni complementari di vecchiaia, quali quelle versate ai sensi del primo RGG agli ex dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg ed ai loro superstiti, si sottraggano all’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2000/78 in virtù di quanto disposto dall’art. 3, n. 3, o dal ventiduesimo ‘considerando’ di quest’ultima.

30 Risulta dalla decisione di rinvio che tali prestazioni costituiscono retribuzioni ai sensi dell’art. 157 TFUE.

31 Per quanto riguarda, anzitutto, l’art. 3, n. 3, della direttiva 2000/78, il giudice del rinvio si chiede, più in particolare, se il fatto che, ai sensi di tale disposizione, questa direttiva «non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi [pubblici]», significhi che il regime in questione deve, in quanto regime pubblico, ritenersi sottratto all’ambito di applicazione della direttiva stessa.

32 A questo proposito, è sufficiente ricordare come la Corte abbia statuito che l’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 deve intendersi – alla luce dell’art. 3, nn. 1, lett. c), e 3, di quest’ultima, letto in combinato disposto con il suo tredicesimo ‘considerando’ – nel senso che non si estende ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non siano assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dell’art. 157 TFUE, e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro (sentenza 1° aprile 2008, causa C‑267/06, Maruko, Racc. pag. I‑1757, punto 41).

33 Ne consegue che l’art. 3, n. 3, della direttiva 2000/78 non può essere interpretato nel senso che una pensione complementare di vecchiaia versata da un regime pubblico e costituente una retribuzione ai sensi dell’art. 157 TFUE sia sottratta alla sfera di applicazione della direttiva suddetta.

34 Per quanto riguarda poi il ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78, a mente del quale «[tale] direttiva lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano», è sufficiente ricordare come la Corte si sia già pronunciata sulla portata di tale ‘considerando’ ai punti 58‑60 della citata sentenza Maruko.

35 Come risulta da tale sentenza, qualora una pensione complementare di vecchiaia, come quella controversa nella causa principale, sia stata qualificata come «retribuzione» ai sensi dell’art. 157 TFUE e rientri nella sfera di applicazione della direttiva 2000/78, il ventiduesimo ‘considerando’ di quest’ultima non è idoneo a rimettere in discussione l’applicazione della direttiva medesima (v., in tal senso, sentenza Maruko, cit., punto 60).

36 Sulla base delle suesposte considerazioni, la prima e la seconda questione vanno dunque risolte dichiarando che la direttiva 2000/78 deve essere interpretata nel senso che non sono escluse dal suo ambito di applicazione ratione materiae – né sulla base del suo art. 3, n. 3, né a norma del suo ventiduesimo ‘considerando’ – le pensioni complementari di vecchiaia come quelle versate agli ex dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg e ai loro superstiti ai sensi del primo RGG, le quali costituiscono retribuzioni ai sensi dell’art. 157 TFUE.

Sulla terza e sulla settima questione

37 Con la sua terza e la sua settima questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza, da un lato, se il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78 osti ad una disposizione quale l’art. 10, n. 6, del primo RGG – a norma del quale la pensione complementare versata ad un beneficiario coniugato è più vantaggiosa di quella corrisposta ad un beneficiario che abbia contratto un’unione civile registrata con una persona del medesimo sesso –, a motivo del fatto che una disposizione siffatta costituirebbe una discriminazione, diretta o indiretta, fondata sulle tendenze sessuali. Dall’altro lato, il detto giudice desidera sapere se e a quali condizioni una finalità perseguita da uno Stato membro, quale la tutela del matrimonio, sancita dall’art. 6, n. 1, della Legge fondamentale, possa giustificare una discriminazione diretta fondata sulle tendenze sessuali.

38 Preliminarmente, occorre ricordare che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la legislazione in materia di stato civile delle persone rientra nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, come risulta dal suo art. 1, la direttiva 2000/78 si prefigge l’obiettivo di combattere, in materia di occupazione e di lavoro, alcuni tipi di discriminazioni, tra cui quelle fondate sulle tendenze sessuali, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.

39 Ai sensi dell’art. 2 della citata direttiva, per «principio della parità di trattamento» si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’art. 1 della medesima direttiva.

40 A norma dell’art. 2, n. 2, lett. a), della direttiva 2000/78, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1 della medesima direttiva, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto lo sia un’altra in una situazione paragonabile.

41 Ne consegue che l’esistenza di una discriminazione diretta, ai sensi della citata direttiva, presuppone, in primo luogo, che le situazioni messe a confronto siano paragonabili.

42 A questo proposito occorre sottolineare che, come risulta dalla citata sentenza Maruko (punti 67‑73), da un lato, non è necessario che le situazioni siano identiche, ma soltanto che siano paragonabili, e, dall’altro, l’esame di tale carattere paragonabile deve essere condotto non in maniera globale e astratta, bensì in modo specifico e concreto in riferimento alla prestazione di cui trattasi. Infatti, nella sentenza sopra citata, avente ad oggetto il rifiuto di concedere una pensione di reversibilità alla persona legata in unione civile ad un affiliato ad un regime di previdenza professionale poi deceduto, la Corte non ha effettuato una comparazione globale del matrimonio e dell’unione civile registrata all’interno dell’ordinamento tedesco, bensì, basandosi sull’analisi di tale ordinamento effettuata dal giudice autore della domanda di pronuncia pregiudiziale, secondo la quale nella legislazione tedesca si era verificato un ravvicinamento progressivo del regime istituito per detta unione civile a quello applicabile al matrimonio, ha evidenziato come tale unione civile fosse equiparata al matrimonio relativamente alla pensione vedovile.

43 Pertanto, il raffronto tra le situazioni deve essere fondato su un’analisi incentrata sui diritti e sugli obblighi dei coniugi e dei partner dell’unione civile registrata, quali risultanti dalle disposizioni nazionali applicabili e che appaiono pertinenti alla luce della finalità e dei presupposti di concessione della prestazione controversa nella causa principale, e non deve consistere nel verificare se il diritto nazionale abbia operato un’equiparazione generale e completa, sotto il profilo giuridico, dell’unione civile registrata rispetto al matrimonio.

44 A questo proposito, dalle informazioni contenute nella decisione di rinvio risulta che, a partire dal 2001, anno di entrata in vigore del LPartG, la Repubblica federale di Germania ha adeguato il proprio ordinamento giuridico per consentire alle persone dello stesso sesso di vivere in seno ad una comunità fondata sull’assistenza e sull’aiuto reciproco, costituita formalmente per tutta la durata della vita. Avendo scelto di non consentire a tali persone il matrimonio, il quale resta riservato alle sole persone di sesso diverso, il detto Stato membro ha istituito, per le persone dello stesso sesso, un regime distinto, ossia l’unione civile registrata, la cui disciplina è stata progressivamente allineata a quella del matrimonio.

45 In tale contesto, il giudice a quo rileva che la modifica del LPartG introdotta dalla legge 15 dicembre 2004 ha contribuito al ravvicinamento progressivo del regime valevole per l’unione civile a quello applicabile al matrimonio. Secondo il detto giudice, non esiste più alcuna differenza giuridica di rilievo tra questi due status personali così come sono concepiti nell’ordinamento giuridico tedesco. La principale differenza che permane consiste nel fatto che il matrimonio presuppone che i coniugi siano di sesso diverso, mentre l’unione civile registrata esige che i partner abbiano il medesimo sesso.

46 A differenza della prestazione presa in esame nella citata sentenza Maruko, che consisteva in una pensione di reversibilità, la prestazione controversa nell’odierna causa principale è costituita dalla pensione complementare di vecchiaia versata dalla Freie und Hansestadt Hamburg ad uno dei suoi ex dipendenti. Inoltre, è pacifico che l’applicazione della normativa del Land di Amburgo controversa nella causa principale presuppone non soltanto che il beneficiario sia sposato, ma anche che egli non sia stabilmente separato dal suo coniuge. Essa mira a procurare, al raggiungimento della pensione, un reddito sostitutivo che si presume andare a vantaggio dell’interessato, ma anche, indirettamente, di coloro che vivono con lui.

47 A questo proposito, risulta dalle indicazioni fornite nella decisione di rinvio che, se certo la legge 15 dicembre 2004 ha rafforzato, per un certo numero di aspetti specifici, quale il diritto ad una pensione di reversibilità, l’allineamento dello status giuridico dell’unione civile rispetto a quello del matrimonio, ciò non toglie che, nella sua versione iniziale, il LPartG prevedeva già, agli artt. 2 e 5, l’obbligo reciproco per i partner dell’unione, da un lato, di prestarsi soccorso e assistenza e, dall’altro, di contribuire in maniera adeguata ai bisogni della comunità partenariale mediante il loro lavoro e il loro patrimonio, così come è previsto anche per i coniugi nel corso della loro vita in comune.

48 Ne consegue che simili obblighi gravano, sin dall’entrata in vigore del LPartG, sui partner di un’unione civile così come sulle persone coniugate.

49 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il criterio attinente ad un trattamento meno favorevole fondato sulle tendenze sessuali, risulta dal fascicolo presentato alla Corte che la pensione complementare di vecchiaia del sig. Römer sarebbe stata aumentata, in applicazione dell’art. 8, n. 10, ultimo periodo, del primo RGG, qualora egli, nel mese di ottobre 2001, si fosse sposato, anziché contrarre un’unione civile registrata con un uomo.

50 Orbene, come constatato dall’avvocato generale al paragrafo 99 delle sue conclusioni, tale trattamento più favorevole non sarebbe stato collegato né ai redditi dei componenti l’unione civile, né all’esistenza di figli, né ad altri elementi come quelli riguardanti i bisogni economici del partner.

51 Inoltre, risulta che, durante la vita professionale dell’interessato, i contributi dovuti da quest’ultimo in rapporto alla prestazione controversa nella causa principale non erano in alcun modo correlati al suo stato civile, dal momento che egli era tenuto a contribuire alle spese pensionistiche versando una quota pari a quella dei suoi colleghi coniugati.

52 Pertanto, occorre risolvere la terza e la settima questione sollevate dichiarando che il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78 osta ad una norma nazionale, come quella di cui all’art. 10, n. 6, del primo RGG, ai sensi della quale un beneficiario partner di un’unione civile percepisca una pensione complementare di vecchiaia di importo inferiore rispetto a quella concessa ad un beneficiario coniugato non stabilmente separato, qualora:

– nello Stato membro interessato, il matrimonio sia riservato a persone di sesso diverso e coesista con un’unione civile quale quella prevista dal LPartG, che è riservata a persone dello stesso sesso, e

– sussista una discriminazione diretta fondata sulle tendenze sessuali, per il motivo che, nell’ordinamento nazionale, il suddetto partner di un’unione civile si trova in una situazione di diritto e di fatto paragonabile a quella di una persona coniugata per quanto riguarda la pensione summenzionata. La valutazione della comparabilità ricade nella competenza del giudice del rinvio e deve essere incentrata sui rispettivi diritti ed obblighi dei coniugi e delle persone legate in un’unione civile, quali disciplinati nell’ambito dei corrispondenti istituti e che risultano pertinenti alla luce della finalità e dei presupposti di concessione della prestazione in questione.

Sulla quinta questione

53 Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se, nell’ipotesi in cui la Corte ammettesse che lo svantaggio subito da un beneficiario quale il ricorrente nella causa principale costituisce una violazione del diritto dell’Unione, l’interessato potrebbe esigere di essere trattato alla pari dei beneficiari coniugati non stabilmente separati ancor prima che l’art. 10, n. 6, del primo RGG venga modificato al fine di renderlo compatibile con l’anzidetto diritto dell’Unione, tenuto conto che la Freie und Hansestadt Hamburg non è un datore di lavoro di diritto privato, bensì un ente pubblico territoriale che agisce sia in qualità di datore di lavoro, sia in qualità di legislatore per quanto riguarda la disposizione sopra citata.

54 Per consolidata giurisprudenza, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme del diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza 19 novembre 2009, causa C‑314/08, Filipiak, Racc. pag. I‑11049, punto 81 e la giurisprudenza ivi citata).

55 Inoltre, qualora sussistano i presupposti necessari affinché i singoli possano invocare le disposizioni di una direttiva dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, essi possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale agisce quest’ultimo, ossia datore di lavoro o pubblica autorità (sentenza 18 novembre 2010, cause riunite C‑250/09 e C‑268/09, Georgiev, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 70).

56 Ne consegue che, nel caso in cui una disposizione quale l’art. 10, n. 6, del primo RGG costituisse una discriminazione ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78, il diritto alla parità di trattamento potrebbe essere rivendicato da un singolo nei confronti di un ente locale senza necessità di attendere che il legislatore nazionale renda la disposizione in questione conforme al diritto dell’Unione, tenuto conto del primato di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenze 12 gennaio 2010, causa C‑341/08, Petersen, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 81, e Georgiev, cit., punto 73).

57 In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede di sapere a partire da quale data dovrebbe essere garantita la parità di trattamento. A questo proposito, bisogna anzitutto osservare che, qualora sussistesse una discriminazione ai sensi della direttiva 2000/78, il ricorrente non potrebbe vantare sulla base di quest’ultima, prima della scadenza del termine impartito agli Stati membri per la sua trasposizione, gli stessi diritti spettanti ai beneficiari coniugati riguardo alla pensione complementare in esame nella causa principale.

58 Per quanto riguarda questo termine, occorre osservare che, sebbene – come statuito in particolare nella sentenza 22 novembre 2005, causa C‑144/04, Mangold (Racc. pag. I‑9981, punto 13) – la Repubblica federale di Germania abbia chiesto di beneficiare, a norma dell’art. 18, secondo comma, della direttiva 2000/78, di un termine supplementare di tre anni a far data dal 2 dicembre 2003 per la trasposizione di tale direttiva, tale facoltà, come risulta dal tenore letterale della suddetta disposizione, riguardava unicamente le discriminazioni fondate sull’età e sull’handicap. Di conseguenza, il termine impartito per trasporre le norme della direttiva 2000/78 riguardanti le discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali è scaduto, per la Repubblica federale di Germania come per gli altri Stati membri, il 2 dicembre 2003.

59 Infine, per quanto riguarda il periodo compreso tra la registrazione dell’unione civile del ricorrente nella causa principale, avvenuta il 15 ottobre 2001, e la scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2000/78, occorre ricordare che il Consiglio dell’Unione europea, fondandosi sull’art. 13 CE, ha adottato la direttiva 2000/78, la quale, secondo quanto statuito dalla Corte, non sancisce essa stessa il principio della parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro – l’origine del quale si rinviene in vari strumenti internazionali nonché nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri –, bensì mira unicamente a istituire, nelle suddette materie, un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate su diversi motivi (v. sentenze Mangold, cit., punto 74, e 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 20), tra i quali rientrano le tendenze sessuali.

60 Tuttavia, affinché il principio di non discriminazione sulla base delle tendenze sessuali possa applicarsi in una fattispecie come quella di cui alla causa principale, è necessario anche che tale fattispecie rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v. sentenza Kücükdeveci, cit., punto 23).

61 Orbene, né l’art. 13 CE né la direttiva 2000/78 consentono di ricondurre all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione una situazione quale quella oggetto della causa principale relativamente al periodo precedente la scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva (v., per analogia, sentenze 23 settembre 2008, causa C‑427/06, Bartsch, Racc. pag. I‑7245, punti 16 e 18, nonché Kücükdeveci, cit., punto 25).

62 Infatti, l’art. 13 CE, che consentiva al Consiglio di prendere, nei limiti delle competenze ad esso conferite dal Trattato CE, i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali, non era di per sé idoneo a collocare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ai fini del divieto di qualsiasi discriminazione di questa natura, situazioni che, come nella causa principale, non rientravano nell’ambito delle misure adottate sulla base di detto articolo – in particolare, per quanto riguarda la direttiva 2000/78, prima della scadenza del termine da questa previsto per la sua trasposizione (v., per analogia, sentenza Bartsch, cit., punto 18).

63 Inoltre, l’art. 10, n. 6, del primo RGG non costituisce un provvedimento di attuazione della direttiva 2000/78 né di altre disposizioni del diritto dell’Unione, sicché è soltanto alla scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva che questa ha avuto l’effetto di far entrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione la normativa nazionale oggetto della causa principale, la quale riguarda una materia disciplinata dalla direttiva suddetta, ossia le condizioni di retribuzione ai sensi dell’art. 157 TFUE (v., per analogia, sentenza Bartsch, cit., punti 17, 24 e 25).

64 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la quinta questione sollevata dichiarando che, nel caso in cui l’art. 10, n. 6, del primo RGG costituisse una discriminazione ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78, il diritto alla parità di trattamento potrebbe essere rivendicato da un singolo quale il ricorrente nella causa principale non prima della scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva, ossia a partire dal 3 dicembre 2003, e ciò senza necessità di attendere che il legislatore nazionale renda la disposizione suddetta conforme al diritto dell’Unione.

Sulla quarta e sulla sesta questione

65 Alla luce delle soluzioni fornite alla terza e alla quinta questione, non vi è luogo a statuire sulla quarta questione sollevata.

66 Per quanto riguarda la sesta questione, è sufficiente constatare come la causa principale verta su prestazioni a titolo della pensione complementare di vecchiaia corrisposte a partire dal 1° novembre 2001, sulle quali la limitazione degli effetti nel tempo della sentenza 17 maggio 1990, causa C‑262/88, Barber (Racc. pag. I‑1889), al periodo successivo al 17 maggio 1990 non può incidere in alcun modo, malgrado che i contributi alla base delle suddette prestazioni siano stati versati prima dalla data di pronuncia di tale sentenza. Peraltro, né la Repubblica federale di Germania né la Freie und Hansestadt Hamburg hanno suggerito una qualche limitazione temporale degli effetti della presente sentenza, e non vi è alcun elemento presentato alla Corte che indichi una necessità di provvedere in tal senso.

Sulle spese

67 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) La direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretata nel senso che non sono escluse dal suo ambito di applicazione ratione materiae – né sulla base del suo art. 3, n. 3, né a norma del suo ventiduesimo ‘considerando’ – le pensioni complementari di vecchiaia come quelle versate agli ex dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg e ai loro superstiti ai sensi della legge del Land di Amburgo disciplinante le pensioni complementari di vecchiaia e di reversibilità dei dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg (Erstes Ruhegeldgesetz der Freien und Hansestadt Hamburg), nel testo del 30 maggio 1995, le quali costituiscono retribuzioni ai sensi dell’art. 157 TFUE.

2) Il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78 osta ad una norma nazionale, come quella di cui all’art. 10, n. 6, della succitata legge del Land di Amburgo, ai sensi della quale un beneficiario partner di un’unione civile percepisca una pensione complementare di vecchiaia di importo inferiore rispetto a quella concessa ad un beneficiario coniugato non stabilmente separato, qualora:

– nello Stato membro interessato, il matrimonio sia riservato a persone di sesso diverso e coesista con un’unione civile quale quella prevista dalla legge 16 febbraio 2001, sulle unioni civili registrate (Gesetz über die Eingetragene Lebenspartnerschaft), che è riservata a persone dello stesso sesso, e

– sussista una discriminazione diretta fondata sulle tendenze sessuali, per il motivo che, nell’ordinamento nazionale, il suddetto partner di un’unione civile si trova in una situazione di diritto e di fatto paragonabile a quella di una persona coniugata per quanto riguarda la pensione summenzionata. La valutazione della comparabilità ricade nella competenza del giudice del rinvio e deve essere incentrata sui rispettivi diritti ed obblighi dei coniugi e delle persone legate in un’unione civile, quali disciplinati nell’ambito dei corrispondenti istituti e che risultano pertinenti alla luce della finalità e dei presupposti di concessione della prestazione in questione.

3) Nel caso in cui l’art. 10, n. 6, della legge del Land di Amburgo disciplinante le pensioni complementari di vecchiaia e di reversibilità dei dipendenti della Freie und Hansestadt Hamburg, nel testo del 30 maggio 1995, costituisse una discriminazione ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78, il diritto alla parità di trattamento potrebbe essere rivendicato da un singolo quale il ricorrente nella causa principale non prima della scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva, ossia a partire dal 3 dicembre 2003, e ciò senza necessità di attendere che il legislatore nazionale renda la disposizione suddetta conforme al diritto dell’Unione.

Firme