Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 29 ottobre 2009
C-115/08, Land Oberösterreich – ČEZ
as
Nel procedimento C‑115/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Landesgericht
Linz (Austria) con decisione 5 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 17 marzo
2008, nella causa
Land
Oberösterreich
contro
ČEZ
as,
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai
sigg. K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e dalla sig.ra P. Lindh,
presidenti di sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas,
K. Schiemann (relatore), P. Kūris, E. Juhász,
G. Arestis e L. Bay Larsen, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 marzo 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il Land Oberösterreich,
dagli avv.ti J. Hintermayr, F. Haunschmidt, G. Minichmayr,
P. Burgstaller, G. Tusek
e C. Hadeyer, Rechtsanwälte;
– per
la ČEZ as, dall’avv. W. Moringer, Rechtsanwalt;
– per
il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl e
C. Rauscher nonché dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agenti;
– per
il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in
qualità di agente;
– per
il governo francese, dalla sig.ra A.‑L. During, in qualità di agente;
– per
il governo polacco, dai sigg. M. Dowgielewicz,
M. Nowacki e D. Krawczyk,
in qualità di agenti;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 aprile
2009,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione degli artt. 10 CE, 12 CE, 28 CE
e 43 CE.
2 Tale
domanda è stata proposta
nell’ambito di una controversia tra il Land Oberösterreich e la ČEZ as
(in prosieguo: la «ČEZ») in merito ad immissioni o rischi di immissioni
legati a radiazioni ionizzanti che produrrebbero i loro effetti su alcuni
terreni agricoli situati in Austria, di proprietà del summenzionato Land, causati dall’esercizio da parte della ČEZ di una
centrale nucleare situata a Temelín, nel territorio
della Repubblica ceca.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
Il Trattato CEEA
3 Ai sensi dell’art. 1, secondo comma, EA, viene
disposto quanto segue:
«
4 L’art. 2 EA così dispone:
«Per
l’assolvimento dei suoi compiti,
(...)
b) stabilire
norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei
lavoratori e vigilare sulla loro applicazione,
c) agevolare
gli investimenti ed assicurare, particolarmente incoraggiando le iniziative
delle imprese, la realizzazione degli impianti fondamentali necessari allo
sviluppo dell’energia nucleare nella Comunità,
(...)».
5 Gli artt. 30 EA – 39 EA
compongono il capo 3, intitolato «Protezione sanitaria», del
titolo II del Trattato CEEA, denominato «Disposizioni intese a
favorire il progresso nel campo dell’energia nucleare».
6 L’art. 30 EA così prevede:
«Sono
istituite nella Comunità norme fondamentali relative alla protezione sanitaria
della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni
ionizzanti.
Per norme fondamentali s’intendono:
a) le
dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza,
b) le
esposizioni e contaminazioni massime ammissibili,
(...)».
7 Ai sensi dell’art. 31 EA viene disposto
quanto segue:
«Le
norme fondamentali vengono elaborate dalla Commissione, previo parere di un
gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli
esperti scientifici degli Stati membri, particolarmente tra quelli versati in
materia di sanità pubblica. (...)
Dopo consultazione del Parlamento europeo, il
Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione
che gli trasmette i pareri dei comitati da essa raccolti, stabilisce le norme
fondamentali».
8 L’art. 32 EA così stabilisce:
«A
richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali
possono essere rivedute o completate secondo la procedura definita
dall’articolo 31.
9 L’art. 33 EA così dispone:
«Ciascuno
Stato membro stabilisce le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative atte a garantire l’osservanza delle norme fondamentali fissate
(...).
A tal fine, gli Stati membri sono tenuti a
comunicare alla Commissione sia le disposizioni applicabili al momento
dell’entrata in vigore del presente Trattato, sia gli ulteriori progetti di
disposizioni di ugual natura.
(...)».
10 L’art. 35 EA
ha il seguente tenore:
«Ciascuno Stato membro provvede agli impianti
necessari per effettuare il controllo permanente del grado di radioattività
dell’atmosfera, delle acque e del suolo, come anche al controllo
sull’osservanza delle norme fondamentali.
11 Ai
sensi dell’art. 36 EA viene disposto quanto segue:
«Le informazioni relative ai controlli contemplati dall’articolo
35 sono regolarmente comunicate dalle autorità competenti alla Commissione, per
renderla edotta del grado di radioattività di cui la popolazione possa
eventualmente risentire».
12 L’art. 37 EA
così dispone:
«Ciascuno Stato membro è tenuto a fornire alla
Commissione i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di
residui radioattivi, sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la
realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una contaminazione
radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo di un altro Stato
membro.
13 L’art. 38 EA
così prevede:
«
In caso di urgenza,
Qualora lo Stato in causa non si conformi nel
termine stabilito alla direttiva della Commissione, quest’ultima o qualsiasi
Stato membro interessato può, in deroga agli articoli 141 e 142, adire
immediatamente
14 L’art. 192 EA
ha il seguente tenore:
«Gli Stati membri adottano tutte le misure, di
carattere generale o particolare, atte ad assicurare l’adempimento degli
obblighi derivanti dal presente Trattato o risultanti dagli atti delle
istituzioni della Comunità. Essi agevolano quest’ultima nell’esecuzione della
sua missione.
Gli Stati membri si astengono da qualsiasi misura
che possa risultare pregiudizievole al raggiungimento degli scopi del presente
Trattato».
15 L’adesione
della Comunità europea dell’energia atomica alla Convenzione sulla sicurezza
nucleare, adottata il 17 giugno 1994, è stata approvata dalla decisione della
Commissione 16 novembre 1999, 1999/819/Euratom
(GU L 318, pag. 20). Anche tutti gli Stati membri sono parte di
tale Convenzione.
16 Il
terzo comma della dichiarazione allegata alla summenzionata decisione 1999/819,
come modificata dalla decisione della Commissione 29 aprile 2004, 2004/491/Euratom (GU L 172, pag. 7), dichiara che
«[l]a Comunità possiede competenze, condivise con [gli] Stati membri nei
settori coperti dall’articolo 7 e dagli articoli da
17 Ai
sensi del suo art. 1, lett. ii),
18 L’art. 7
della Convenzione sulla sicurezza nucleare così dispone:
«1. Ciascuna
parte contraente istituisce e mantiene in vigore un quadro legislativo e regolatorio per disciplinare la sicurezza degli impianti
nucleari.
2. Il quadro
legislativo e regolatorio deve prevedere:
i) l’istituzione
di prescrizioni e di norme di sicurezza nazionali applicabili;
ii) un
sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari ed il divieto
di esercire un impianto nucleare senza autorizzazione;
iii) un
sistema regolatorio di ispezioni e di valutazione
degli impianti nucleari per verificare la conformità con la normativa
applicabile e con i limiti di autorizzazione;
iv) la
vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle
autorizzazioni, compresa la loro sospensione, modifica o revoca».
19 L’art. 8,
n. 1, della stessa Convenzione prevede quanto segue:
«Ciascuna parte contraente istituisce o designa un
organismo di regolamentazione incaricato di attuare il complesso delle
disposizioni legislative e regolatorie di cui
all’articolo 7, dotato di autorità, competenza e risorse umane e finanziarie
adeguate per adempiere ai compiti assegnati».
20 L’art. 14
della detta Convenzione, intitolato «Valutazione e verifica della sicurezza»,
così recita:
«Ciascuna parte contraente intraprende le azioni
appropriate per assicurare che vengano effettuate:
i) valutazioni
globali e sistematiche della sicurezza prima della costruzione e
[del]l’avviamento di un impianto nucleare e per tutta la durata della sua vita.
Tali valutazioni, adeguatamente documentate, devono essere successivamente
aggiornate alla luce dell’esperienza operativa e delle più recenti informazioni
rilevanti per la sicurezza, e riesaminate dall’organismo di regolamentazione;
ii) verifiche
mediante analisi, sorveglianza, prove ed ispezioni, intese a controllare che lo
stato fisico e l’esercizio di un impianto nucleare continuino ad essere
conformi alla sua progettazione, ai requisiti di sicurezza nazionali
applicabili ed ai limiti ed alle condizioni di esercizio».
21 L’art. 15
della Convenzione sulla sicurezza nucleare, intitolato «Protezione
radiologica», così dispone:
«Ciascuna parte contraente intraprende le azioni
appropriate affinché, in normali condizioni di funzionamento, l’esposizione dei
lavoratori e della popolazione alle radiazioni ionizzanti causata da un
impianto nucleare sia mantenuta al livello più basso, ragionevolmente
ottenibile, e che nessun individuo venga esposto a dosi di radiazione superiori
ai limiti stabiliti a livello nazionale».
22 Gli
artt. 16‑19 della detta Convenzione, rispettivamente intitolati
«Pianificazione di emergenza», «Localizzazione», «Progettazione e costruzione»
nonché «Esercizio», sanciscono vari obblighi relativi a tali questioni.
La direttiva 96/29/Euratom
23 La
direttiva del Consiglio 13 maggio 1996, 96/29/Euratom,
che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione
sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle
radiazioni ionizzanti (GU L 159, pag. 1), è stata adottata sulla
scorta degli artt. 31 EA e 32 EA.
24 Ai
sensi dell’art. 2, n. 1, di detta direttiva vale quanto segue:
«La presente direttiva si applica a tutte le
pratiche che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da
una sorgente artificiale o da una sorgente di radiazione naturale nei casi in
cui i radionuclidi naturali siano o siano stati trattati, per le loro proprietà
radioattive, fissili o fertili, vale a dire:
a) alla
produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, all’impiego, alla detenzione,
all’immagazzinamento, al trasporto, all’importazione nella Comunità ed
all’esportazione a partire dalla Comunità e allo smaltimento di sostanze
radioattive;
b) al
funzionamento di qualunque attrezzatura elettrica che emetta radiazioni
ionizzanti e contenga componenti funzionanti con una differenza di potenziale
superiore a 5 kV;
c) a ogni altra
pratica designata dallo Stato membro».
25 L’art. 4
della direttiva in parola, intitolato «Autorizzazione», al n. 1,
lett. a), così dispone:
«Salvo quanto previsto nel presente articolo, gli
Stati membri provvedono a richiedere l’autorizzazione preventiva per le
seguenti pratiche:
a) funzionamento
e disattivazione di impianti del ciclo del combustibile nucleare (...)».
26 L’art. 6,
n. 3, della direttiva 96/29 dispone quanto segue:
«Inoltre, gli Stati membri garantiscono che:
a) nel quadro
dell’ottimizzazione qualsiasi esposizione sia mantenuta al livello più basso
ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali;
b) salvo il
disposto dell’articolo 12, la somma delle dosi derivanti da tutte le pratiche
in oggetto non superi i limiti di dose stabiliti nel presente titolo per i
lavoratori esposti, gli apprendisti, gli studenti e gli individui della
popolazione».
27 L’art. 13
della direttiva in oggetto fissa i limiti di dose da rispettare per gli
individui della popolazione.
28 L’art. 43,
intitolato «Principi di base», il quale figura sotto il titolo VIII della
summenzionata direttiva, denominato «Applicazione della radioprotezione della
popolazione in situazione normale», prevede quanto segue:
«Ogni Stato membro crea le condizioni necessarie al fine
di garantire la migliore protezione possibile della popolazione sulla base dei
principi stabiliti dall’articolo 6 e per l’applicazione dei principi
fondamentali che disciplinano dal punto di vista operativo la protezione della
popolazione».
29 L’art. 44
della direttiva 96/29, intitolato «Condizioni per l’autorizzazione di pratiche
implicanti per la popolazione un rischio di radiazioni ionizzanti», così
dispone:
«La protezione operativa della popolazione in
situazione normale contro le pratiche soggette ad autorizzazione preventiva è
l’insieme delle disposizioni e degli accertamenti atti ad individuare e
eliminare i fattori che nello svolgimento di un’operazione qualsiasi che
esponga alle radiazioni ionizzanti, possono comportare per la popolazione un
rischio di esposizione che non può essere trascurato dal punto di vista della
radioprotezione. La protezione prevede i seguenti adempimenti:
a) esame e
approvazione dei progetti di impianti implicanti un rischio di esposizione
nonché dei siti proposti per detti impianti nel territorio interessato, sotto
il profilo della radioprotezione;
b) collaudo di
detti nuovi impianti, previa verifica dell’esistenza di un’adeguata protezione
contro qualsiasi esposizione o contaminazione radioattiva che possa uscire dal
loro perimetro, tenendo conto, se del caso, delle condizioni demografiche,
meteorologiche, geologiche, idrologiche ed ecologiche;
c) esame ed
approvazione di progetti per lo smaltimento degli effluenti radioattivi.
Questi compiti vengono svolti conformemente a
modalità determinate dalle autorità competenti a seconda dell’entità del
rischio di esposizione».
30 L’art. 45
della stessa direttiva, intitolato «Stima delle dosi per la popolazione», ha il
seguente tenore:
«Le autorità competenti:
a) provvedono
affinché le stime delle dosi [risultanti dalle] pratiche di cui all’articolo 44
siano eseguite nel modo più realistico possibile per la popolazione nel suo
insieme e per i gruppi di riferimento della popolazione in tutti i luoghi in
cui essi possano trovarsi;
b) decidono sulla
frequenza delle valutazioni e prendono tutti i provvedimenti necessari per
individuare i gruppi di riferimento della popolazione, tenendo conto delle vie
effettive di trasmissione delle sostanze radioattive;
c) provvedono
affinché, tenuto conto dei rischi di radiazioni, le stime delle dosi per la
popolazione includano quanto segue:
– valutazione
delle dosi dovute alle radiazioni esterne, con l’indicazione, se del caso,
della qualità delle radiazioni in oggetto,
– valutazione
dell’assunzione di radionuclidi, con l’indicazione della natura dei
radionuclidi e, se del caso, del loro stato fisico e chimico, e determinazione
dell’attività e delle concentrazioni di detti radionuclidi,
– valutazione
delle dosi che i gruppi di riferimento della popolazione possono ricevere e
specificazione delle caratteristiche di tali gruppi;
d) prescrivono la
conservazione di registri delle misurazioni dell’esposizione esterna, delle
stime dell’assunzione di radionuclidi e di contaminazione radioattiva, nonché
delle conclusioni delle valutazioni delle dosi ricevute dai gruppi di
riferimento e dalla popolazione».
31 L’art. 46
della direttiva in oggetto, sotto la rubrica «Ispezione», prevede quanto segue:
«Per quanto attiene alla tutela sanitaria della
popolazione, ogni Stato membro istituisce un sistema d’ispezione al fine di far
rispettare le norme emanate in conformità della presente direttiva e di
promuovere le misure di sorveglianza nel campo della radioprotezione».
32 L’art. 47
della direttiva 96/29, intitolato «Responsabilità delle imprese», così
stabilisce al suo n. 1:
«Ogni Stato membro impone alle imprese responsabili
di pratiche contemplate all’articolo 2, l’obbligo di conformarsi ai principi di
protezione sanitaria della popolazione nel campo della radioprotezione e, in
particolare, di adempiere i seguenti compiti all’interno dell’impianto:
a) raggiungere e
conservare un livello ottimale di protezione dell’ambiente e della popolazione;
b) verificare
l’efficacia dei dispositivi tecnici destinati alla protezione dell’ambiente e
della popolazione;
c) collaudare,
sotto il profilo della sorveglianza della radioprotezione, le attrezzature e i processi
di misurazione e, a seconda dei casi, di valutazione dell’esposizione e della
contaminazione radioattiva dell’ambiente e della popolazione;
d) tarare
periodicamente gli strumenti di misurazione e controllarne periodicamente lo
stato di funzionamento e il corretto impiego».
33 Gli
artt. 48‑53 della direttiva in parola, che ne compongono il
titolo IX, hanno come oggetto gli interventi in caso di emergenza
radiologica.
34 L’art. 54
della stessa direttiva così dispone:
«La presente direttiva fissa le norme fondamentali
di sicurezza relative alla protezione sanitaria dei lavoratori e della
popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti ai fini
dell’applicazione uniforme da parte degli Stati membri. Qualora uno Stato
membro adotti dosi limite più rigorose di quelle fissate dalla presente
direttiva, ne informa
35 È
pacifico che
La normativa nazionale
36 L’art. 364,
n. 2, del codice civile austriaco (Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch; in
prosieguo: l’«ABGB») così stabilisce:
«Il proprietario di un fondo può vietare al vicino
le immissioni provenienti dal suo fondo tramite deflusso di acque, fumo, gas,
calore, odori, rumore, scuotimenti e analoghe propagazioni, qualora, avuto
riguardo alle condizioni del luogo, superino la misura abituale e compromettano
in misura sostanziale il godimento del fondo secondo consuetudine. Lo scarico
diretto senza specifico titolo giuridico è inammissibile in qualsiasi
circostanza».
37 L’art. 364 a
dell’ABGB dispone quanto segue:
«Tuttavia, qualora un danno che oltrepassi la misura
suddetta sia arrecato da una miniera oppure da un impianto che beneficia di
un’autorizzazione amministrativa situato sul fondo vicino, il possessore del
fondo è legittimato soltanto a chiedere giudizialmente l’indennizzo del danno
subito, anche nel caso in cui il danno sia stato provocato da circostanze delle
quali non si sia tenuto conto nella valutazione della pubblica
amministrazione».
La causa principale e il suo contesto
38 Il
Land Oberösterreich è
proprietario di taluni fondi destinati all’agricoltura e alla sperimentazione
agronomica sui quali ha sede una scuola agraria. Tali fondi sono situati in
Austria a circa
39 Tale
centrale è esercita dall’impresa di fornitura energetica ČEZ, una società
per azioni ceca detenuta in maggioranza dallo Stato ceco.
40 La
costruzione e l’esercizio della centrale nucleare di Temelín
sono stati autorizzati dalle autorità ceche nel 1985 e la centrale è entrata in
servizio in via sperimentale il 9 ottobre 2000.
41 Nel
2001, il Land Oberösterreich
e altri proprietari privati hanno adito il Landesgericht
Linz (Tribunale di Linz) con talune azioni ex art. 364, n. 2,
dell’ABGB, finalizzate ad ottenere l’ingiunzione alla ČEZ di far cessare
le immissioni o i rischi di immissioni legati alle possibili radiazioni
ionizzanti emanate dalla centrale summenzionata.
42 A
giudizio del Land Oberösterreich,
la radioattività generata dal normale funzionamento della centrale nucleare in
parola o, comunque, i rischi di contaminazione legati all’esercizio e
all’eventuale cattivo funzionamento di quest’ultima pregiudicherebbero
durevolmente il normale uso dei fondi ad esso appartenenti. Pertanto
sussisterebbero i presupposti di un’azione inibitoria diretta a far cessare le
immissioni, eventualmente preventiva.
43 La
centrale summenzionata è stata, peraltro, oggetto di negoziati tra
44 Dal
2003 la centrale nucleare di Temelín funziona a piena
capacità.
45 Come
risulta dalla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento
europeo sulla sicurezza nucleare e l’allargamento dell’Unione europea del 6
novembre 2002 [COM(2002) 605 def.], nell’ambito dei
negoziati che hanno condotto all’adesione di dieci nuovi Stati membri nel 2004,
i problemi legati alla sicurezza nucleare delle centrali di cui disponevano gli
Stati candidati sono stati oggetto di un’attenzione davvero particolare in
seguito all’adozione delle risoluzioni del Consiglio europeo di Colonia del 3 e
4 giugno 1999, con cui si chiedeva alla Commissione di vigilare
sull’applicazione di norme di sicurezza elevate nell’Europa centrale e
orientale. La valutazione conseguentemente svolta ha portato tanto alla
disattivazione di reattori nucleari, quanto a raccomandazioni dirette a
conseguire il miglioramento di questi al fine di spingerli ad un livello di
sicurezza comparabile con quello esistente all’interno dell’Unione europea per
reattori comparabili, raccomandazioni la cui effettiva attuazione è stata
monitorata dalla Commissione e dal Consiglio [v., in particolare, il
punto 4 dell’introduzione della detta comunicazione e i punti 1.1,
lett. b), e 3.2 della stessa].
46 Parallelamente
alla procedura di Melk, nella quale
47 Peraltro,
come risulta dal punto 5.3.2 della comunicazione della Commissione recante
una sintesi delle attività svolte nel 2004 e nel 2005 per l’attuazione del
titolo II, capi da
48
49 Il
3 novembre 2006 i due reattori della centrale di Temelín
sono stati oggetto di un controllo e di una dichiarazione definitiva di
conformità alle disposizioni regolamentari in vigore.
Le questioni
pregiudiziali
50 Il
Landesgericht Linz spiega che l’art. 364 a
dell’ABGB, che esclude la proponibilità di azioni inibitorie dirette a far
cessare immissioni nel caso di impianti che beneficino di un’autorizzazione
amministrativa, secondo la giurisprudenza precedente era applicabile anche agli
impianti autorizzati da autorità straniere qualora risultasse che l’immissione
in questione era autorizzata dal diritto internazionale e che le condizioni di
autorizzazione applicabili nello Stato d’origine erano sostanzialmente
equivalenti a quelle in vigore in Austria.
51 Con
sentenza 4 aprile 2006 l’Oberster Gerichtshof
ha tuttavia dichiarato che solo le autorizzazioni rilasciate dalle autorità
austriache rientrano nell’ambito di applicazione del detto
art. 364 a. Tale disposizione troverebbe infatti il proprio
fondamento unicamente in una ponderazione di interessi interni divergenti e non
sarebbe in alcun modo giustificato il fatto che il legislatore austriaco
imponesse restrizioni al diritto di proprietà su beni immobili situati in
Austria e che subiscono danni unicamente nell’interesse di un’economia
straniera e in nome dell’interesse pubblico straniero.
52 A
giudizio del Landesgericht Linz, l’interpretazione
così adottata dall’Oberster Gerichtshof
potrebbe violare il diritto comunitario in quanto essa comporta una disparità
di trattamento tra gli impianti che dispongono di un’autorizzazione rilasciata
dalla autorità austriache e quelli che beneficiano di un’autorizzazione
rilasciata dalle autorità di un altro Stato membro.
53 Considerando
che né i Trattati CE e CEEA, né il diritto da essi derivato
contengono norme relative alla concessione di autorizzazioni a centrali
nucleari e al riconoscimento di tali autorizzazioni in Stati membri diversi da
quelli che le hanno rilasciate, il giudice del rinvio chiede se la disparità di
trattamento così rilevata violi gli artt. 10 CE, 12 CE,
28 CE o 43 CE.
54 Ciò
considerato, il Landesgericht Linz ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) a) Se
costituisca una misura di effetto equivalente ai sensi
dell’art. 28 CE il fatto che si imponga, tramite sentenza inibitoria
emessa da un giudice di uno Stato membro confinante – sentenza che, ai sensi
del [regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente
la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni
in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1)], è esecutiva
in tutti gli Stati membri –, ad un’impresa che esercisce una centrale elettrica
produttrice di energia fornita a diversi Stati membri in uno Stato membro in
ottemperanza della legislazione di tale Stato e delle pertinenti norme di
diritto comunitario, a causa delle possibili immissioni di tale centrale,
l’obbligo di adeguare l’impianto alle norme tecniche di un altro Stato membro o
addirittura, qualora risulti impossibile attuare misure di adeguamento per la
complessità dell’impianto nel suo insieme, quello di far cessare il
funzionamento dell’impianto, e che a tale giudice non sia consentito, in forza
dell’interpretazione delle norme nazionali fornita a livello del massimo grado
di giudizio di tale paese, di tener conto dell’esistenza di un’autorizzazione
all’esercizio della centrale elettrica rilasciata nello Stato membro sul cui
territorio essa è situata, benché, nell’ambito di una simile azione inibitoria,
esso terrebbe conto di un’autorizzazione nazionale dell’impianto, con l’effetto
che quindi non verrebbe pronunciata una sentenza inibitoria nei confronti di un
impianto autorizzato nello Stato del foro.
b) Se le
giustificazioni sancite dal Trattato CE debbano essere interpretate nel
senso che la distinzione operata dal diritto di uno Stato membro tra
autorizzazioni nazionali e straniere all’esercizio degli impianti,
relativamente alla considerazione che è necessario tutelare esclusivamente
l’economia nazionale, ma non quella di un altro paese, è in ogni caso
illegittima poiché ciò costituisce un motivo di carattere meramente economico
non riconosciuto meritevole di tutela nell’ambito delle libertà fondamentali.
c) Se le
giustificazioni sancite dal Trattato CE e il relativo principio di
proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che una distinzione
sommaria operata dal diritto di uno Stato membro tra autorizzazioni nazionali e
straniere degli impianti è in ogni caso illegittima in quanto l’esercizio di un
impianto autorizzato nello Stato membro nel cui territorio esso è situato deve
essere valutato nel caso specifico da un giudice nazionale di un altro Stato
membro sulla base delle effettive minacce che il funzionamento dell’impianto
comporta per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la tutela della salute,
o sulla base di altri riconosciuti motivi imperativi di interesse generale.
d) Se, alla luce
del principio di proporzionalità da esaminare nell’ambito delle
giustificazioni, i giudici di uno Stato membro debbano comunque trattare
l’autorizzazione all’esercizio di un impianto rilasciata nello Stato membro nel
cui territorio esso è situato alla stregua di un’autorizzazione nazionale
qualora, sotto il profilo giuridico, l’autorizzazione rilasciata nello Stato
membro nel cui territorio è situato l’impianto sia sostanzialmente equiparabile
a un’autorizzazione nazionale.
e) Se sia
rilevante ai fini della valutazione delle precedenti questioni il fatto che
l’impianto autorizzato nello Stato membro sul cui territorio esso è situato è
una centrale nucleare qualora in un altro Stato membro in cui sia pendente
un’azione inibitoria per il rischio di immissioni provenienti da una centrale
nucleare non possano di per sé essere eserciti impianti di questo tipo, benché
siano operativi altri impianti a tecnologia nucleare.
f) Se, qualora
l’interpretazione del diritto nazionale descritta nella prima questione, sub
a), comporti una violazione dell’art. 28 CE, i giudici dello Stato
membro dinanzi ai quali è pendente un’azione inibitoria diretta a far cessare
le immissioni siano tenuti a interpretare la legislazione nazionale in maniera
conforme al diritto comunitario, nel senso che l’espressione “impianto che
beneficia di un’autorizzazione amministrativa” comprende sia le autorizzazioni
nazionali all’esercizio di impianti sia quelle straniere rilasciate da autorità
di altri Stati membri.
2) a) Se
sia compatibile con il divieto di limitazione della libertà di stabilimento dei
cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, di cui
all’art. 43 CE, che si imponga, tramite sentenza inibitoria emessa da
un giudice di uno Stato membro confinante – sentenza che ai sensi del
[regolamento n. 44/2001] è esecutiva in tutti gli Stati membri –, ad
un’impresa che esercisce una centrale elettrica in uno Stato membro, in
ottemperanza della legislazione di tale Stato e delle pertinenti norme di
diritto comunitario, l’obbligo di adeguare l’impianto alle norme tecniche di un
altro Stato membro o addirittura, qualora risulti impossibile attuare misure di
adeguamento per la complessità dell’impianto nel suo insieme, quello di far
cessare il funzionamento dell’impianto, a causa delle possibili immissioni di
tale centrale, e che a tale giudice non sia consentito, in forza
dell’interpretazione delle norme nazionali fornita a livello del massimo grado
di giudizio di tale paese, di tener conto dell’esistenza di un’autorizzazione
all’esercizio della centrale elettrica rilasciata nello Stato membro sul cui
territorio essa è situata, benché, nell’ambito di una simile azione inibitoria,
esso terrebbe conto di un’autorizzazione nazionale dell’impianto, con l’effetto
che quindi non verrebbe pronunciata una sentenza inibitoria nei confronti di un
impianto autorizzato nello Stato del foro.
b) Se le
giustificazioni sancite per la limitazione della libertà di stabilimento
debbano essere interpretate nel senso che una distinzione effettuata dal
diritto di uno Stato membro tra autorizzazioni nazionali e straniere per
l’esercizio degli impianti, relativamente alla considerazione che è necessario
tutelare esclusivamente l’economia nazionale, ma non quella di un altro paese,
è in ogni caso illegittima poiché ciò costituisce un motivo di carattere
meramente economico non riconosciuto meritevole di tutela nell’ambito delle
libertà fondamentali.
c) Se le
giustificazioni sancite dal Trattato CE per la limitazione della libertà
di stabilimento e, in particolare, il principio di proporzionalità debbano
essere interpretati nel senso che una distinzione sommaria operata dal diritto
di uno Stato membro tra autorizzazioni nazionali e straniere degli impianti è
in ogni caso illegittima in quanto l’esercizio di un impianto autorizzato nello
Stato membro nel cui territorio esso è situato deve essere valutato nel caso
specifico da un giudice nazionale di un altro Stato membro sulla base delle
effettive minacce che il funzionamento dell’impianto comporta per l’ordine
pubblico, la pubblica sicurezza e la tutela della salute, o sulla base di altri
riconosciuti motivi imperativi di interesse generale.
d) Se, alla luce
del principio di proporzionalità da esaminare nell’ambito delle giustificazioni
di atti lesivi della libertà di stabilimento, i giudici di uno Stato membro
debbano comunque trattare l’autorizzazione all’esercizio di un impianto
rilasciata nello Stato membro nel cui territorio esso è situato alla stregua di
un’autorizzazione nazionale qualora, sotto il profilo giuridico,
l’autorizzazione rilasciata nello Stato membro nel cui territorio è situato
l’impianto sia sostanzialmente equiparabile a un’autorizzazione nazionale.
e) Se sia
rilevante ai fini della valutazione delle precedenti questioni, anche alla luce
della libertà di stabilimento, il fatto che l’impianto autorizzato nello Stato
membro sul cui territorio esso è situato sia una centrale nucleare qualora in
un altro Stato membro in cui sia pendente un’azione inibitoria per il rischio di
immissioni provenienti da una centrale nucleare non possano di per sé essere
eserciti impianti di questo tipo, benché siano operativi altri impianti a
tecnologia nucleare.
f) Se, qualora
l’interpretazione del diritto nazionale descritta nella seconda questione, sub
a), comporti una violazione dell’art. 28 CE, i giudici dello Stato
membro dinanzi ai quali è pendente un’azione inibitoria diretta a far cessare
le immissioni siano tenuti a interpretare la legislazione nazionale in maniera
conforme al diritto comunitario, nel senso che l’espressione “impianto che
beneficia di un’autorizzazione amministrativa” comprenda sia le autorizzazioni
nazionali all’esercizio di impianti sia quelle straniere rilasciate da autorità
di altri Stati membri.
3) a) Se
costituisca una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai
sensi dell’art. 12 CE, il fatto che, nell’ambito di un’azione
inibitoria privata relativa ad un impianto, i giudici di uno Stato membro
tengano conto dell’autorizzazione del detto impianto rilasciata dalle autorità
pubbliche nazionali, con l’effetto che qualsiasi azione volta a far cessare o
adeguare [alle norme tecniche dello Stato del foro] il funzionamento
dell’impianto viene respinta, mentre, nell’ambito di una simile azione
inibitoria, tali giudici non tengono conto delle autorizzazioni all’esercizio
degli impianti rilasciate in altri Stati membri dalle autorità pubbliche di
tali Stati membri.
b) Se una simile
discriminazione rientri nell’ambito di applicazione del Trattato, considerato
che essa riguarda le condizioni giuridiche in base alle quali le imprese che
eserciscono impianti di questo tipo possono stabilirsi in uno Stato membro,
nonché le condizioni giuridiche alle quali tali imprese producono l’energia elettrica
e la forniscono in altri Stati membri, e quindi essa presenta almeno un nesso
indiretto con l’attuazione delle libertà fondamentali.
c) Se una tale
discriminazione possa essere giustificata da motivi oggettivi qualora i giudici
interessati dello Stato membro non effettuino un esame caso per caso delle
circostanze su cui si basa l’autorizzazione dell’impianto nello Stato membro in
cui è situato. Se non sarebbe conforme al principio di proporzionalità che
l’autorizzazione straniera rilasciata nello Stato nel cui territorio è situato
l’impianto venga presa in considerazione dai giudici dell’altro Stato membro
almeno qualora questa sia sostanzialmente equiparabile, sotto il profilo
giuridico, a un’autorizzazione nazionale all’esercizio dell’impianto.
d) Se, qualora
l’interpretazione del diritto nazionale descritto nella terza questione, sub
a), comporti una violazione dell’art. 12 CE, i giudici dello Stato
membro dinanzi ai quali è pendente un’azione inibitoria diretta a far cessare
le immissioni siano tenuti a interpretare la legislazione nazionale in maniera
conforme al diritto comunitario, nel senso che l’espressione “impianto che
beneficia di un’autorizzazione amministrativa” comprende sia le autorizzazioni
nazionali all’esercizio di impianti sia quelle straniere rilasciate da autorità
di altri Stati membri.
4) a) Se
il principio di leale cooperazione nel campo di applicazione del diritto
comunitario sancito dall’art. 10 CE si applichi anche nel rapporto
tra gli Stati membri.
b) Se da tale
principio di leale cooperazione si debba desumere che gli Stati membri non
devono reciprocamente ostacolare o addirittura vanificare il rispettivo
esercizio di pubblici poteri, in particolare quando si tratta delle loro
rispettive decisioni riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio
di impianti nucleari sul loro territorio.
c) Se, qualora
l’interpretazione del diritto nazionale descritta nella quarta questione, sub
a), comporti una violazione dell’art. 10 CE, i giudici dello Stato
membro dinanzi ai quali è pendente un’azione inibitoria diretta a far cessare
le immissioni siano tenuti a interpretare la legislazione nazionale in maniera
conforme al diritto comunitario, nel senso che l’espressione “impianto che
beneficia di un’autorizzazione amministrativa” comprende sia le autorizzazioni
nazionali all’esercizio di impianti sia quelle straniere rilasciate da autorità
di altri Stati membri».
Osservazione
preliminare
55 Secondo
il governo austriaco, il giudice del rinvio avrebbe fornito una descrizione
lacunosa dell’art. 364 a dell’ABGB. La giurisprudenza affermerebbe,
infatti, che anche autorizzazioni rilasciate in Austria esulano dall’ambito di
applicazione di tale disposizione qualora siano state adottate al termine di un
procedimento che non ha riconosciuto al vicino lo status di parte ovvero in
presenza di turbamenti o rischi gravi alla vita o alla salute. Non
sussisterebbe pertanto la disparità di trattamento riferita dal giudice del
rinvio.
56 Il
Land Oberösterreich
sostiene che, contrariamente a quanto risulta dalla decisione di rinvio,
l’espressione «impianto che beneficia di un’autorizzazione amministrativa»
contenuta nell’art. 364 a dell’ABGB può essere applicata anche alle
autorizzazioni rilasciate dalle autorità di un altro Stato. Ciò avverrebbe
qualora l’immissione fosse autorizzata dal diritto internazionale, le
condizioni di autorizzazione in vigore nello Stato dello stabilimento fossero
equivalenti a quelle previste dallo Stato del foro e il proprietario del bene
minacciato avesse potuto partecipare al procedimento di autorizzazione in
qualità di parte. Orbene, nella fattispecie, sarebbe pacifico che una centrale
nucleare non può essere autorizzata nel diritto austriaco, che l’autorizzazione
rilasciata alla ČEZ non risponde né alle norme tecniche né alle
prescrizioni procedurali attualmente in vigore e che il Land
Oberösterreich non ha potuto partecipare al
procedimento di autorizzazione di cui trattasi.
57 Al
riguardo, va tuttavia ricordato che non compete alla Corte pronunciarsi
sull’interpretazione di disposizioni nazionali, dato che un’interpretazione di
questo tipo ricade infatti sotto la competenza esclusiva dei giudici nazionali.
Perciò
Sulle questioni
pregiudiziali
Considerazioni preliminari
58 Come
risulta dal testo stesso delle questioni pregiudiziali, nel formularle il
giudice del rinvio muove dal presupposto che la decisione che esso potrebbe
eventualmente adottare, con l’effetto di costringere la ČEZ ad adeguare la
centrale nucleare di Temelín ovvero a cessare
l’esercizio di quest’ultima in caso fosse impossibile apportare gli adattamento
richiesti, godrà dell’autorità di cui godono in ogni Stato membro le decisioni
pronunciate conformemente alle disposizioni del regolamento n. 44/2001.
59 Nelle
sue osservazioni, il governo ceco solleva due obiezioni contro tale
presupposto.
60 In
primo luogo, esso contesta la stessa applicabilità delle disposizioni del
regolamento n. 44/2001 alla decisione giurisdizionale che si intende
adottare. L’art. 66, n. 1, del detto regolamento escluderebbe
infatti, in linea di principio, l’applicabilità delle disposizioni in parola in
caso di azioni giudiziarie che, come l’azione di cui alla causa principale,
sono state proposte prima dell’entrata in vigore di tale regolamento. Peraltro,
nessuna delle due riserve previste al proposito dal n. 2 dello stesso
articolo troverebbe applicazione nel caso di specie. Da una parte, infatti,
l’azione di cui alla causa principale non sarebbe stata proposta dopo l’entrata
in vigore della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza
giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale
(GU 1972, L 299, pag. 32) tra i due Stati interessati, poiché
61 In
secondo luogo, il governo ceco sostiene che, anche supponendo che le
disposizioni del regolamento n. 44/2001 siano applicabili, dinanzi ai
giudici cechi troverebbe applicazione, nel caso di specie, l’art. 34,
punto 1, di tale regolamento, il quale prevede che le decisioni non siano
riconosciute qualora un tale riconoscimento sia manifestamente contrario
all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto.
62 Tenuto
conto della soluzione fornita in prosieguo alle questioni sottoposte dal
giudice del rinvio, non è tuttavia necessario pronunciarsi sulle obiezioni così
formulate dal governo ceco né, più in generale, sull’interpretazione delle
disposizioni del regolamento n. 44/2001.
Sulla ricevibilità delle questioni
pregiudiziali
63 Il
Land Oberösterreich
sostiene che le questioni pregiudiziali sono irricevibili sotto un duplice
profilo.
64 Da
una parte, l’eccessiva lunghezza delle questioni in oggetto nonché la
circostanza che esse enuncino numerosi argomenti ed elementi di fatto
renderebbero impossibile la formulazione di risposte chiare.
65 A
tal riguardo,
66 Dall’altra,
il Land Oberösterreich
sostiene che non sussista un collegamento sufficiente tra la situazione di cui
alla causa principale e il diritto comunitario, così che le questioni
pregiudiziali hanno un carattere artificioso o ipotetico.
67 A
tal riguardo, occorre sottolineare che la questione se una situazione come
quella di cui alla causa principale rientri nell’ambito di applicazione delle
disposizioni comunitarie considerate dal giudice del rinvio è una questione di
merito legata alla loro interpretazione, di modo che gli eventuali dubbi al
riguardo non sono idonei a pregiudicare la ricevibilità delle questioni
pregiudiziali.
68 Da
quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sull’identificazione delle disposizioni
comunitarie che necessitano di un’interpretazione
69 Nella
sua decisione, il giudice del rinvio espone i dubbi da esso nutriti in merito
alla conformità al diritto comunitario dell’art. 364 a dell’ABGB, in
considerazione della disparità di trattamento che una siffatta disposizione
introduce tra, da un lato, le imprese che possiedono un impianto che beneficia
di un’autorizzazione amministrativa rilasciata in Austria, le quali non sono
esposte ad un’azione inibitoria, eventualmente preventiva, diretta a far
cessare le immissioni da parte di vicini, e, dall’altro, un’impresa che, come
la ČEZ, possiede un impianto, nella fattispecie una centrale nucleare, il
quale beneficia di un’autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti di un
altro Stato membro, e che si trova esposta ad una azione inibitoria di questo
tipo.
70 A
tal riguardo, il giudice del rinvio identifica più particolarmente quattro
disposizioni del Trattato CE che potrebbero, a suo giudizio, ostare ad una
siffatta disparità di trattamento, vale a dire, rispettivamente, gli
artt. 10 CE, 12 CE, 28 CE e 43 CE.
Osservazioni presentate alla Corte
71 Ferme
restando le posizioni assunte in merito ai quattro articoli del
Trattato CE summenzionati, la ČEZ, i governi ceco, francese e polacco
nonché
72 Ritenendo
che la disparità di trattamento di cui al procedimento principale sia vietata
ai sensi dell’art. 12 CE,
73 All’udienza,
74 Secondo
il governo ceco, nella causa principale si devono applicare gli
artt. 30 EA – 39 EA nonché gli artt. 7, 8 e 14
della Convenzione sulla sicurezza nucleare. L’esame, da parte dei giudici
austriaci, dell’autorizzazione rilasciata per l’esercizio della centrale
nucleare di Temelín da parte del Consiglio per la
sicurezza nucleare, autorità nazionale ceca designata ai sensi dell’art. 8
della detta Convenzione, violerebbe le disposizioni summenzionate e,
segnatamente, i poteri riconosciuti a questa autorità nazionale, nonché,
conseguentemente, l’art. 192 EA. L’insieme di tali disposizioni
implicherebbe in particolare un obbligo di fiducia reciproca tra gli Stati
membri per quanto concerne le autorizzazioni rilasciate e i controlli svolti
dagli stessi.
75 All’udienza,
la ČEZ ha sostenuto che il fatto che un giudice austriaco operi una
valutazione in merito all’autorizzazione amministrativa rilasciata
dall’autorità ceca competente o in merito alla sicurezza della centrale
nucleare di Temelín usurpa le competenze della
Repubblica ceca quali riconosciute dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare e
viola sia quest’ultima sia il principio della lealtà stabilito
dall’art. 192 EA.
76 Il
governo polacco ritiene che gli artt. 30 EA – 39 EA,
la direttiva 96/29, in particolare i suoi artt. 4, n. 1,
lett. a), 13, 44 e 45, nonché
77 Intervenuto
nella fase orale del procedimento, il governo francese ha sostenuto che
nel caso di specie dovevano essere presi in considerazione gli
artt. 30 EA – 32 EA, 33 EA, 35 EA, 37 EA e 38 EA,
interpretati alla luce della giurisprudenza della Corte, nonché la direttiva
96/29, i quali hanno specificatamente l’obiettivo di definire un quadro che consenta
di difendere le popolazioni dal rischio connesso agli impianti nucleari.
78 Il
detto governo sottolinea inoltre che le condizioni di funzionamento della
centrale nucleare di Temelín sono state oggetto di un
controllo approfondito da parte della Commissione durante il processo di
adesione, senza che il suo esercizio venisse rimesso in discussione in tale
occasione. Esso cita inoltre le verifiche operate dalla Commissione e il parere
favorevole che essa ha reso, menzionati ai punti 47 e 48 della presente
sentenza.
79 Secondo
questo stesso governo, il quadro così introdotto dal Trattato CEEA osta a
che un giudice di uno Stato membro possa ingiungere al gestore di una centrale
nucleare che opera in un altro Stato membro, ai sensi delle prescrizioni che
risultano dalla normativa relativa al detto quadro, di adeguare o di cessare
l’attività di tale centrale.
80 Peraltro,
i governi francese e polacco hanno affermato, all’udienza, di condividere il
punto di vista della Commissione secondo cui il principio di non
discriminazione in base alla nazionalità stabilito dall’art. 12 CE
costituisce un principio generale che trova applicazione anche nell’ambito del
Trattato CEEA. Secondo questi governi, un tale principio verrebbe violato
nel caso di specie dalla disparità di trattamento che discende
dall’art. 364 a dell’ABGB a sfavore delle centrali nucleari che
dispongono di un’autorizzazione rilasciata in uno Stato membro diverso dalla
Repubblica d’Austria nel rispetto di norme che sono oggetto di un’armonizzazione
comunitaria minima.
Giudizio della Corte
81 La
circostanza che formalmente il giudice del rinvio abbia formulato la questione
pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto comunitario
non osta a che
82 Nel
caso di specie, va anzitutto rilevato che la controversia principale verte,
essenzialmente, sulla questione se un’attività industriale che consiste
nell’esercizio di una centrale nucleare possa continuare e, se del caso, quali
siano le condizioni tecniche che possono essere imposte ad una siffatta
centrale a causa delle immissioni o dei rischi di immissioni in cui asseritamente incorrono taluni beni immobili situati in un
altro Stato membro a causa della loro eventuale esposizione alle radiazioni
ionizzanti provenienti da tale centrale.
83 Orbene,
un’attività industriale di questo tipo rientra, in ragione del suo stesso
oggetto e in misura rilevante, nell’ambito di applicazione del
Trattato CEEA ed è pacifico che quest’ultimo prevede, inoltre, un insieme
di norme relative proprio alla tutela delle popolazioni e dell’ambiente avverso
le radiazioni ionizzanti.
84 Peraltro,
va sottolineato che
85 Va,
inoltre, ricordato che l’art. 305, n. 2, CE prevede espressamente che
le disposizioni del Trattato CE non derogano a quelle del
Trattato CEEA.
86 Nel
caso di specie, l’esame dei principi e delle disposizioni specifiche contenuti
nel Trattato CEEA e in taluni atti adottati sulla sua scorta consente,
come si spiegherà in prosieguo, di risolvere i quesiti sollevati dal giudice
del rinvio.
Sul principio del divieto di discriminazioni
in base alla nazionalità nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA
Sull’esistenza del detto principio
87 Occorre
ricordare che l’art. 12 CE, cui fa riferimento la terza questione
pregiudiziale, vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità
nell’ambito di applicazione del Trattato CE.
88 Benché
il Trattato CEEA non preveda alcuna disposizione esplicita corrispondente
al detto articolo del Trattato CE, resta tuttavia il fatto, come ha
sottolineato molto presto
89 Il
detto art. 12, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla
nazionalità, costituisce del resto solo un’espressione specifica del principio
generale di uguaglianza che costituisce a sua volta uno dei principi
fondamentali del diritto comunitario (v., in tal senso, in particolare,
sentenze 8 ottobre 1980, causa 810/79, Überschär,
Racc. pag. 2747, punto 16, e 19 marzo 2002, causa C‑224/00,
Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2965, punto 14).
90 Alla
luce di quanto precede, risulterebbe contrario sia alla finalità sia alla
coerenza dei Trattati che le discriminazioni in base alla nazionalità, vietate
nell’ambito di applicazione del Trattato CE ai sensi dell’art. 12 CE,
siano invece tollerate nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA.
91 Perciò
si deve riconoscere che il principio del divieto di ogni discriminazione in
base alla nazionalità nell’ambito di applicazione del diritto comunitario,
benché espressamente previsto solo dall’art. 12 CE, costituisce un
principio generale destinato ad essere applicato anche nell’ambito del
Trattato CEEA.
Sull’esistenza, nel procedimento principale,
di una disparità di trattamento in base alla nazionalità nell’ambito di
applicazione del Trattato CEEA
92 In
primo luogo, è giurisprudenza costante che le regole della parità di
trattamento tra cittadini e stranieri proibiscono non solo le discriminazioni
palesi basate sulla nazionalità, o sulla sede per quanto concerne le società,
ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri
criteri di riferimento, pervenga di fatto al medesimo risultato (v., in
particolare, sentenze 13 luglio 1993, causa C‑330/91, Commerzbank,
Racc. pag. I‑4017, punto 14, e Commissione/Italia, cit.,
punto 15).
93 A
tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che l’art. 364 a
dell’ABGB prevede che un’impresa che possiede un impianto industriale situato
sul territorio austriaco che benefici di un’autorizzazione amministrativa
rilasciata dalle competenti autorità austriache non può, in linea di principio,
essere oggetto di un’azione inibitoria ex art. 364, n. 2, dell’ABGB,
diretta a far cessare le immissioni che il detto impianto provoca o rischia di
provocare sui fondi vicini. In un siffatto caso, un vicino di tale impianto può
solo agire al fine di ottenere un indennizzo a causa dei danni effettivamente
subiti dal suo fondo, anche qualora il danno risulti da circostanze che non
sono state prese in considerazione nella procedura di autorizzazione
amministrativa.
94 L’art. 364 a
dell’ABGB non fa quindi alcuna distinzione in funzione della particolare natura
dell’attività industriale esercitata nell’impianto così autorizzato, né in
funzione delle circostanze che sono state prese in considerazione nella
procedura di autorizzazione.
95 Per
contro, il giudice del rinvio spiega che un’impresa la quale, come la ČEZ,
disponga di un impianto industriale situato sul territorio di un altro Stato
membro, in cui essa beneficia di tutte le necessarie autorizzazioni
amministrative rilasciate dalle autorità di tale Stato membro, può essere
oggetto di un’azione inibitoria diretta a far cessare le immissioni ex
art. 364, n. 2, dell’ABGB, senza la possibilità di invocare la
riserva prevista al proposito dall’art. 364 a dell’ABGB.
96 Orbene,
è pacifico che le imprese che eserciscono un impianto situato in uno Stato
membro diverso dalla Repubblica d’Austria sono, di regola, imprese con sede in
quest’altro Stato membro.
97 Ne
consegue che la disparità di trattamento introdotta dagli artt. 364,
n. 2, e
98 In
secondo luogo, una volta dimostrata detta disparità di trattamento in base alla
nazionalità, occorre determinare se essa rientri, nel caso di specie,
nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA.
99 A
tal riguardo, se è pur vero che il Trattato CEEA non contiene alcun titolo
relativo agli impianti di produzione di energia nucleare, nondimeno il
titolo II di tale Trattato, denominato «Disposizioni intese a favorire il
progresso nel campo dell’energia nucleare», contiene un capo 3, intitolato
«Protezione sanitaria», che mira a garantire la tutela della sanità pubblica
nel settore nucleare (v., in particolare, sentenza 29 marzo 1990, causa C‑62/88,
Grecia/Consiglio, Racc. pag. I‑1527, punto 17).
100
101 Al
punto 72 della citata sentenza Commissione/Consiglio,
102 Al
punto 82 della stessa sentenza Commissione/Consiglio,
103 In
particolare essa ha dichiarato, quanto all’art. 7 della Convenzione sulla
sicurezza nucleare, che, anche se il Trattato CEEA non conferisce alla
Comunità la competenza ad autorizzare la costruzione o l’esercizio di impianti
nucleari, quest’ultima dispone, in forza degli
artt. 30 EA – 32 EA, di una competenza normativa al
fine di istituire, per la protezione sanitaria, un sistema di autorizzazione
che deve essere applicato dagli Stati membri. Infatti, un atto legislativo del
genere costituisce un provvedimento che integra le norme fondamentali
considerate all’art. 30 EA (sentenza Commissione/Consiglio, cit.,
punti 88 e 89).
104 Peraltro,
interpretando l’art. 37 EA, che è una disposizione da applicarsi al
fine di prevenire le possibilità di contaminazione radioattiva delle acque, del
suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro,
105 Da
tutto quanto precede consegue che il rilascio di autorizzazioni amministrative
relative alla costruzione ed al funzionamento di impianti nucleari, nei loro
aspetti relativi alla protezione sanitaria contro i pericoli per la popolazione
risultanti da radiazioni ionizzanti, ricade nell’ambito di applicazione del
Trattato CEEA.
106 Orbene,
la causa principale mira a determinare se gli effetti che sono o che possono
essere generati dalle radiazioni ionizzanti attuali o future emanate dalla
centrale nucleare di Temelín giustifichino,
nonostante le autorizzazioni rilasciate a tale centrale, che si ingiunga alla
ČEZ di procedere al suo adeguamento, ovvero alla sua chiusura, al fine di
prevenire o di arginare siffatti effetti o rischi.
107 Ne
consegue che la disparità di trattamento rilevata al punto 97 della
presente sentenza rientra, relativamente ad un’azione come quella di cui alla
causa principale, nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA.
Sull’esistenza di una giustificazione
108 Conformemente
alla giurisprudenza della Corte, la constatazione operata al punto 107 della
presente sentenza non è sufficiente per concludere che le dette disposizioni
nazionali siano incompatibili con il divieto di discriminazione in base alla
nazionalità nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA. Va anche
esaminato se la mancata considerazione, ai sensi dell’art. 364 a
dell’ABGB, delle autorizzazioni amministrative rilasciate ad impianti nucleari
situati sul territorio di Stati membri diversi dalla Repubblica d’Austria, e
l’applicazione a questi ultimi delle sole disposizioni dell’art. 364,
n. 2, dell’ABGB possano essere giustificate da circostanze oggettive
indipendenti dalla nazionalità e se una tale disparità di trattamento sia, in
tal caso, proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito (v. in
particolare in tal senso, con riferimento all’art. 12 CE, sentenze
Commissione/Italia, cit., punto 20; 5 giugno 2008, causa C‑164/07,
Wood, Racc. pag. I‑4143, punto 13, e 16 dicembre 2008,
causa C‑524/06, Huber, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 75).
109 Per
quanto concerne, da una parte, il quesito che risulta dalla prima e dalla
seconda questione pregiudiziale, lett. b), è sufficiente rilevare che la
volontà del legislatore austriaco di tenere conto degli interessi degli
operatori economici nazionali, escludendo quelli degli operatori economici con
sede in altri Stati membri, non è ammissibile come giustificazione della
disparità di trattamento che risulta dalla normativa di cui alla causa
principale. Non potendo giustificare un ostacolo ai principi fondamentali di
libera circolazione delle merci o di libera prestazione di servizi (v., in
particolare, sentenze 28 aprile 1998, causa C‑120/95, Decker,
Racc. pag. I‑1831, punto 39, e causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punto 41), gli
obiettivi meramente economici non possono neppure giustificare una
discriminazione in base alla nazionalità nell’ambito di applicazione del
Trattato CEEA.
110 D’altra
parte, quanto alle giustificazioni che potrebbero trarsi dalla tutela della
vita o della salute, invocate dal giudice del rinvio, o ancora dalla tutela
dell’ambiente o dal diritto di proprietà, invocate anche dal Land Oberösterreich, neanche
queste risultano idonee a giustificare una disparità di trattamento, come
quella di cui alla causa principale, tra le autorizzazioni amministrative
rilasciate dalle autorità austriache in favore di impianti industriali situati
in Austria e quelle rilasciate in favore di una centrale nucleare situata in un
altro Stato membro dalle autorità competenti di quest’ultimo.
111 A
tal riguardo va sottolineato, in primo luogo, che, come risulta dal quarto
comma del preambolo del Trattato CEEA, i suoi firmatari erano «solleciti
d’instaurare condizioni di sicurezza che allontanino i pericoli per la vita e
la salute delle popolazioni». L’art. 2, lett. b), EA precisa, per
parte sua, che, per l’assolvimento dei suoi compiti,
112 Condizioni
di questo tipo, le quali vengono precisate agli
artt. 30 EA – 39 EA che compongono il capo 3 del
titolo II del Trattato CEEA, sono dirette, come ha precedentemente
rilevato
113 Gli
artt. 30 EA e 31 EA prevedono, in particolare, l’adozione da parte della
Comunità, previo parere di un gruppo di esperti scientifici, di norme
fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i
pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
114 Come
risulta dall’art. 33, primo comma, EA, spetta a ciascuno Stato membro
stabilire le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative atte a
garantire l’osservanza delle norme fondamentali così fissate dalla Comunità. Il
secondo comma di questo stesso articolo investe tuttavia
115 Le
dette norme fondamentali, che devono essere in particolare governate dal
principio dell’ottimizzazione della protezione (v., in tal senso, sentenza 25 novembre
1992, causa C‑376/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑6153,
punto 27), e che sono state modificate a più riprese al fine di tener conto
dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia di radioprotezione,
sono fissate dalla direttiva 96/29.
116 Come
risulta dai punti 23‑34 della presente sentenza, la direttiva 96/29
contiene anche varie disposizioni relative ai regimi di autorizzazione, di
sorveglianza, d’ispezione e d’intervento in caso di emergenza radiologica,
disposizioni che gli Stati membri devono introdurre per le attività che
implichino un rischio di radiazione ionizzante per la popolazione.
117 In
secondo luogo, va sottolineato che il dispositivo giuridico elaborato dal
Trattato CEEA in materia di protezione sanitaria non si limita a prevedere
l’introduzione di norme fondamentali, ma contiene inoltre un importante
elemento relativo al controllo del loro rispetto nonché al controllo della
radioattività dell’atmosfera, delle acque e del suolo.
118 Le
disposizioni del capo 3 del titolo II del detto Trattato formano infatti
un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto
estese per la protezione della popolazione e dell’ambiente contro i rischi di
contaminazione nucleare (v. citate sentenze Land de
Sarre e a., punto 11, nonché Commissione/Consiglio, punto 79).
119 Questo
è in particolare l’oggetto degli artt. 35 EA – 38 EA
che, come rilevato in precedenza dalla Corte, conferiscono segnatamente alla
Commissione poteri considerevoli (sentenza Commissione/Regno Unito, cit., punto
35).
120 Ad
esempio, l’art. 35 EA obbliga gli Stati membri a provvedere agli
impianti necessari per effettuare il controllo permanente del grado di
radioattività dell’atmosfera, delle acque e del suolo nonché il controllo
sull’osservanza delle norme fondamentali.
121 Alla
Commissione è riconosciuto, in forza del secondo comma
dell’art. 35 EA, il diritto di accedere a tali impianti di controllo
al fine di verificarne il funzionamento e l’efficacia. L’art. 36 EA stabilisce
peraltro, a carico delle autorità nazionali competenti, l’obbligo di comunicare
regolarmente alla Commissione le informazioni relative ai controlli contemplati
dall’art. 35 EA, per renderla edotta del grado di radioattività di
cui la popolazione possa eventualmente risentire.
122 Come
risulta dal punto 47 della presente sentenza,
123 Come
ricordato al punto 104 della presente sentenza, l’art. 37 EA mira a
prevenire le possibilità di contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o
dello spazio aereo di un altro Stato membro. Ai sensi di tale disposizione, i
dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui
radioattivi devono essere forniti alla Commissione prima che tali smaltimenti
siano autorizzati dalle autorità competenti dello Stato membro interessato,
affinché il detto Stato membro sia in grado di esaminare gli orientamenti che
124
125 Come
indicato al punto 48 della presente sentenza,
126 L’art. 38 EA,
infine, conferisce alla Commissione il potere, da una parte, di inviare agli
Stati membri tutte le raccomandazioni concernenti il grado di radioattività
dell’atmosfera, delle acque e del suolo e, dall’altra, in caso d’urgenza, di
emanare una direttiva con cui intima allo Stato membro in causa di adottare,
nel termine che essa fissa, tutte le misure necessarie ad evitare un’infrazione
alle norme fondamentali e a garantire il rispetto delle disposizioni
regolamentari. Qualora lo Stato in causa non si conformi, entro il termine
impartito, alla direttiva della Commissione, quest’ultima o qualsiasi Stato
membro interessato può, in deroga agli artt. 141 EA e 142 EA,
adire immediatamente
127 In
terzo luogo, va ricordato che sia
128 A
tal riguardo, l’art. 15 della detta Convenzione prevede che ciascuna parte
contraente intraprenda le azioni appropriate affinché, in normali condizioni di
funzionamento, l’esposizione dei lavoratori e della popolazione alle radiazioni
ionizzanti causata da un impianto nucleare sia mantenuta al livello più basso
ragionevolmente ottenibile.
129 Peraltro,
il preambolo della detta Convenzione riafferma, al punto iii), che «la responsabilità della sicurezza nucleare
spetta allo Stato nella cui giurisdizione ricade un impianto nucleare», mentre,
ai sensi dell’art. 7, n. 2, della stessa Convenzione, ciascuna parte
contraente è in particolare tenuta ad istituire un quadro legislativo e regolatorio che preveda in particolare un sistema di
rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari ed il divieto di esercire
un impianto nucleare senza autorizzazione, un sistema regolatorio
di ispezione e di valutazione degli impianti nucleari per verificare la conformità
con la normativa applicabile e con i limiti di autorizzazione nonché la
vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle
autorizzazioni.
130 In
quarto luogo, va rammentato che, come sottolineato ai punti 45 e 46 della presente
sentenza, nel quadro dei negoziati che hanno condotto all’adesione di dieci
nuovi Stati membri all’Unione, il 1° maggio 2004, le questioni
connesse alla sicurezza delle centrali nucleari di cui disponevano questi
ultimi, tra cui quella di Temelín, sono state
esaminate dalla Commissione, il che ha portato alla formulazione di
raccomandazioni comunitarie dirette al loro miglioramento al fine di spingerle
ad un livello di sicurezza nucleare comparabile con quello esistente
all’interno dell’Unione per reattori comparabili, raccomandazioni la cui
effettiva attuazione è stata in seguito monitorata dalla Commissione e dal
Consiglio.
131 Va
anche sottolineato che, in caso di cattivo funzionamento del sistema di
protezione introdotto in forza del Trattato CEEA, gli Stati membri
dispongono di varie possibilità di azione per ottenere le correzioni che
potrebbero imporsi a tal riguardo.
132 Anzitutto,
l’art. 32 EA conferisce ad ogni Stato membro il diritto di proporre una
richiesta finalizzata alla revisione o al completamento delle norme
fondamentali fissate ai sensi degli artt. 30 EA e 31 EA, richiesta
che
133 Poi,
ai sensi dell’art. 142 EA, ciascuno degli Stati membri può adire
134 Infine,
gli artt. 145 EA – 149 EA prevedono, come le
corrispondenti disposizioni del Trattato CE, meccanismi di controllo
giurisdizionale concernenti sia la legittimità degli atti del Consiglio o della
Commissione, sia i casi in cui una di queste istituzioni si astenga dal pronunciarsi
in violazione del Trattato CEEA.
135 Ciò
considerato, si deve constatare che, qualora uno Stato membro abbia emanato una
disposizione interna che, come l’art. 364 a dell’ABGB, impedisca,
come spiegato dal giudice del rinvio, di proporre un’azione inibitoria diretta
a far cessare le immissioni se l’asserito turbamento o l’asserito rischio di
turbamento provenga da un impianto industriale che beneficia di
un’autorizzazione amministrativa, il detto Stato membro non può escludere in
linea di principio dall’ambito di applicazione di una siffatta disposizione le
autorizzazioni rilasciate in favore di impianti nucleari situati in altri Stati
membri, cercando di giustificare una tale esclusione con la necessità di
tutelare la vita, la sanità pubblica, l’ambiente o il diritto di proprietà.
136 Infatti,
una simile esclusione prescinde totalmente dal fatto che il contesto normativo
comunitario, quale descritto ai punti 111‑134 della presente sentenza e
in cui in parte si inseriscono le siffatte autorizzazioni, contribuisce per
l’appunto in maniera essenziale a garantire una siffatta protezione. Perciò,
detta esclusione non può essere considerata necessaria ai detti fini di tutela
né, pertanto, si può ritenere che essa soddisfi il requisito della proporzionalità.
Sull’obbligo d’interpretare il diritto
nazionale in modo da garantirne la conformità con il diritto comunitario
137 Come
risulta in particolare dalla prima questione, lett. f), dalla seconda
questione, lett. f), dalla terza questione, lett. d), e dalla quarta
questione, lett. c), il giudice del rinvio s’interroga anche in merito
alle conseguenze che possono discendere da un’eventuale difformità con il
diritto comunitario dell’interpretazione attualmente adottata dai giudici
nazionali in relazione alla normativa di cui trattasi nella causa principale.
138 Al
riguardo va rammentato che, in forza di una giurisprudenza costante sviluppata
a proposito dell’art. 10 CE, ma applicabile anche con riferimento
all’art. 192 EA, il dovere per gli Stati membri, ai sensi delle dette
disposizioni, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a
garantire l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario vale
per tutte le autorità degli Stati membri, ivi comprese, nell’ambito delle loro
competenze, quelle giurisdizionali. Perciò il giudice nazionale è tenuto a
conferire alla legge nazionale che è chiamato ad applicare un’interpretazione
per quanto possibile conforme ai precetti del diritto comunitario. Se una
simile applicazione conforme non è possibile, il giudice nazionale ha l’obbligo
di applicare integralmente il diritto comunitario e di proteggere i diritti che
questo attribuisce ai singoli, eventualmente disapplicando ogni disposizione la
cui applicazione, date le circostanze della fattispecie, condurrebbe a un
risultato contrario al diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 4
febbraio 1988, causa 157/86, Murphy e a., Racc. pag. 673,
punto 11, nonché 26 settembre 2000, causa C‑262/97, Engelbrecht, Racc. pag. I‑7321, punti 38‑40).
139 Alla
luce di tutto quanto precede, occorre risolvere le questioni sottoposte nel
senso che il principio del divieto di discriminazioni in base alla nazionalità
nell’ambito di applicazione del Trattato CEEA osta all’applicazione di una
normativa di uno Stato membro, come quella di cui alla causa principale, in
forza della quale un’impresa, che disponga delle autorizzazioni amministrative
richieste per esercire una centrale nucleare situata sul territorio di un altro
Stato membro, può essere oggetto di un’azione giudiziaria diretta a far cessare
immissioni o rischi di immissioni su fondi vicini provenienti da tale impianto,
mentre le imprese che dispongano di un impianto industriale situato nello Stato
membro del foro e che ivi beneficino di un’autorizzazione amministrativa non
possono essere oggetto di una siffatta azione e sono esposte unicamente ad
un’azione diretta alla condanna a corrispondere un indennizzo relativamente ai
danni subiti da un fondo vicino.
140 Occorre
anche rispondere che il giudice nazionale è tenuto a conferire alla legge
nazionale che è chiamato ad applicare un’interpretazione per quanto possibile
conforme ai precetti del diritto comunitario. Se una simile applicazione
conforme non è possibile, il giudice nazionale ha l’obbligo di applicare
integralmente il diritto comunitario e di proteggere i diritti che questo
attribuisce ai singoli, eventualmente disapplicando ogni disposizione la cui
applicazione, date le circostanze della fattispecie, condurrebbe a un risultato
contrario al diritto comunitario.
Sulle spese
141 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
1) Il
principio del divieto di discriminazioni in base alla nazionalità nell’ambito
di applicazione del Trattato CEEA osta all’applicazione di una normativa
di uno Stato membro, come quella di cui alla causa principale, in forza della
quale un’impresa, che disponga delle autorizzazioni amministrative richieste
per esercire una centrale nucleare situata sul territorio di un altro Stato
membro, può essere oggetto di un’azione giudiziaria diretta a far cessare
immissioni o rischi di immissioni su fondi vicini provenienti da tale impianto,
mentre le imprese che dispongano di un impianto industriale situato nello Stato
membro del foro e che ivi beneficino di un’autorizzazione amministrativa non
possono essere oggetto di una siffatta azione e sono esposte unicamente ad
un’azione diretta alla condanna all’indennizzo per i danni subiti da un fondo
vicino.
2) Il
giudice nazionale è tenuto a conferire alla legge nazionale che è chiamato ad
applicare un’interpretazione per quanto possibile conforme ai precetti del
diritto comunitario. Se una simile applicazione conforme non è possibile, il
giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto
comunitario e di proteggere i diritti che questo attribuisce ai singoli,
eventualmente disapplicando ogni disposizione la cui applicazione, date le
circostanze della fattispecie, condurrebbe a un risultato contrario al diritto
comunitario.
(Seguono le firme)