Corte di Giustizia delle Comunità europee, 22 ottobre
1998
C-10/97 a C-22/97, Ministero delle Finanze – IN.CO.GE.'90 Srl e a.
Nei procedimenti riuniti da C-10/97 a
C-22/97,
aventi ad
oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma
dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Pretura circondariale di Roma nelle cause
dinanzi ad essa pendenti tra
Ministero
delle Finanze
e
IN.CO.GE.'90 Srl
(C-10/97),
Idelgard Srl (C-11/97),
Iris'90 Srl (C-12/97),
Camed Srl
(C-13/97),
Pomezia
Progetti Appalti Srl (PPA) (C-14/97),
Edilcam Srl
(C-15/97),
A. Cecchini
& C. Srl (C-16/97),
EMO Srl
(C-17/97),
Emoda Srl
(C-18/97),
Sappesi Srl
(C-19/97),
Ing. Luigi
Martini Srl (C-20/97),
Giacomo Srl
(C-21/97),
Mafar Srl
(C-22/97),
domande vertenti
sulle conseguenze derivanti, in diritto interno, dall'incompatibilità di un
tributo nazionale con il diritto comunitario,
composta dai
signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn, J.-P. Puissochet (relatore), G. Hirsch
e P. Jann, presidenti di sezione, G.F.
Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, J.L. Murray, D.A.O. Edward, H. Ragnemalm, L. Sevón, M. Wathelet, R. Schintgen e K.M. Ioannou, giudici,
avvocato
generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: H.
von Holstein, cancelliere aggiunto
viste le
osservazioni scritte presentate:
- per il
governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo
del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in
qualità di agente, assistito dalla signora Francesca Quadri, avvocato dello
Stato;
- per il
governo francese, dalla signora Kareen Rispal-Bellanger, vicedirettore presso la direzione degli
affari giuridici del Ministero degli Affari esteri, e dal signor Gautier Mignot, segretario agli
affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti;
- per il
governo del Regno Unito, dalla signora Lindsey Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in
qualità di agente, assistita dal signor Rhodri
Thompson, barrister, poi dalla signora Stephanie
Ridley, del Treasury Solicitor's
Department, in qualità di agente, assistita dal
signor Rhodri Thompson, barrister;
- per
vista la
relazione d'udienza,
sentite le
osservazioni orali della IN.CO.GE.'90 Srl, della Idelgard Srl, della Iris'90 Srl e della Sappesi
Srl, con l'avv. Gianni Manca, del foro di Roma, del governo italiano,
rappresentato dal signor Ivo M. Braguglia, avvocato
dello Stato, del governo francese, rappresentato dal signor Gautier
Mignot, del governo del Regno Unito, rappresentato
dal signor Rhodri Thompson, barrister,
e della Commissione, rappresentata dal signor Enrico Traversa, all'udienza del
19 marzo 1998,
sentite le
conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 maggio 1998,
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con tredici
ordinanze 17 dicembre 1996, giunte alla Corte il 16 gennaio 1997,
2 Tale questione
è stata sollevata nell'ambito di controversie tra il Ministero delle Finanze e
3 La tassa di
concessione è stata istituita dal decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 641 (GURI n. 292, dell'11 novembre 1972, Supplemento n. 3; in
prosieguo: il «decreto n. 641/1972»). Essa è stata oggetto, in quanto applicata
all'iscrizione nel registro dell'atto costitutivo delle società, di modifiche
successive in relazione ai suoi importi e alla sua periodicità.
4 Gli importi
della tassa di concessione sono stati anzitutto notevolmente aumentati con
decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853 (GURI n. 347, del 19 dicembre 1984),
convertito nella legge 17 febbraio 1985, n. 17 (GURI n. 41 bis,
del 17 febbraio 1985), il quale ha anche stabilito che il versamento della
tassa sarebbe dovuto avvenire, in futuro, non solo al momento dell'iscrizione
nel registro dell'atto costitutivo della società, ma anche il 30 giugno di
ciascun anno solare successivo. Gli importi della tassa sono stati poi di nuovo
modificati nel 1988 e nel
5 Nella
sentenza 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, Ponente Carni e
Cispadana Costruzioni (Racc. pag. I-1915), pronunciata con riferimento alla
tassa di concessione,
7
8 Il Ministero
delle Finanze ha proposto tuttavia opposizione ai decreti ingiuntivi del
Pretore di Roma sollevando due eccezioni relative, l'una, all'incompetenza di
quest'ultimo a conoscere di una controversia di natura tributaria, e l'altra,
alla decadenza dal diritto al rimborso delle ricorrenti limitatamente alle
somme versate oltre un triennio prima della presentazione delle loro domande di
ripetizione, ai sensi dell'art. 13 del decreto n. 641/1972.
9
Dall'ordinanza di rinvio risulta che tali eccezioni vanno accolte o respinte
insieme in quanto sono ambedue vincolate alla natura tributaria o civile della
controversia. Infatti, se questa è di natura fiscale, il Pretore è incompetente
a conoscerne e non gli spetterà quindi esaminare l'eccezione di decadenza. Per
contro, se la lite non ha natura tributaria, ma rientra nel regime della
ripetizione dell'indebito del diritto civile, non soltanto spetterà al giudice
a quo risolverla, ma non sarà nemmeno applicabile il termine di decadenza
triennale di cui all'art. 13 del decreto n. 641/1972.
10 Il Pretore
di Roma aggiunge in proposito che, nella sentenza 23 febbraio 1996, n. 3458,
11 Il giudice
a quo non condivide tuttavia quest'analisi. Esso ricorda che, conformemente
alla giurisprudenza della Corte, la normativa nazionale, anche posteriore,
contraria al diritto comunitario va disapplicata dal giudice statale senza che
se ne debba chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o
mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza 4 giugno 1992,
cause riunite C-13/91 e C-113/91, Debus, Racc. pag.
I-3617). Ora, nel caso di specie, la disapplicazione integrale della legge
italiana che ha istituito la tassa di concessione avrebbe necessariamente
l'effetto di privare della loro natura tributaria i rapporti giuridici sorti
tra il Ministero delle Finanze e le società ricorrenti all'atto del versamento
delle somme controverse. Dato che queste sono state riscosse sulla base di un
tributo ormai inesistente e quindi in mancanza di qualsiasi credito tributario
dello Stato, il loro rimborso rientrerebbe nel regime della ripetizione
dell'indebito, soggetto al termine di prescrizione decennale del codice civile.
12 E' alla
luce di ciò che il Pretore di Roma ha sospeso il procedimento e ha sottoposto
alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se
l'incompatibilità tra l'art. 10 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969,
69/335/CEE, interpretato nel senso risultante dalla sentenza della Corte in
data 20 aprile 1993 (resa nelle cause riunite C-71/91 e C-178/91), e l'art. 3,
commi 18 e 19, del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, convertito in legge 17
febbraio 1985, n. 17, comporti, in base ai criteri di integrazione tra la
normativa nazionale e quella comunitaria elaborati dalla Corte medesima, la
disapplicazione totale dei citati commi 18 e 19 dell'art. 3, ed in particolare
se essa comporti che il giudice nazionale non debba tenere conto di dette norme
interne neanche in sede di qualificazione del rapporto giuridico, in forza del
quale un soggetto di uno Stato membro richiede all'amministrazione finanziaria
la restituzione delle somme versate in violazione del citato art. 10 della
direttiva 69/335/CEE».
Sulla
competenza della Corte
13 Il governo
del Regno Unito afferma che
15 Tuttavia,
17 Ne discende
che
Sulla
questione proposta
18
19 Questa interpretazione non può essere accolta.
20 Occorre
rilevare che, nella citata sentenza Simmenthal,
21
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non può pertanto dedursi
dalla citata sentenza Simmenthal che l'incompatibilità
con il diritto comunitario di una norma di diritto nazionale successiva abbia
l'effetto di rendere quest'ultima inesistente. Posto di
fronte a una situazione del genere, il giudice nazionale è viceversa
obbligato a disapplicare la detta norma, fermo restando che quest'obbligo non
limita il potere dei giudici nazionali competenti di applicare, tra i vari
mezzi offerti dall'ordinamento interno, quelli che appaiono loro più
appropriati per tutelare i diritti attribuiti agli individui dal diritto comunitario
(v. sentenza 4 aprile 1968, causa 34/67, Lück, Racc.
pag.
22 Occorre
ancora chiedersi se la disapplicazione, in seguito a una sentenza della Corte,
di una normativa nazionale che abbia istituto un tributo contrario al diritto
comunitario abbia l'effetto di privare retroattivamente il detto tributo della
sua natura di tassa e quindi di far venir meno la natura tributaria dei
rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale nazionale e le società
debitrici del tributo all'atto della riscossione di quest'ultimo.
23
Conformemente a una giurisprudenza costante, l'interpretazione di una norma di
diritto comunitario data dalla Corte nell'esercizio della competenza ad essa
attribuita dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa, quando ve ne sia
bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della
sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può e deve
essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti
prima della sentenza interpretativa se, per il resto, sono soddisfatte le
condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una
controversia relativa all'applicazione di detta norma (sentenze 27 marzo 1980,
causa 61/79, Denkavit italiana, Racc. pag. 1205,
punto 16, e 2 dicembre 1997, causa C-188/95, Fantask
e a., Racc. pag. I-6783, punto 37).
24 Sempre
secondo tale giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso di tributi percepiti
in violazione delle norme del diritto comunitario è la conseguenza e il
complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle norme comunitarie così
come interpretate dalla Corte. Lo Stato membro è pertanto tenuto, in linea di
principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto
comunitario (sentenza Fantask e a., citata, punto
38).
25 Tuttavia,
in assenza di una normativa comunitaria in materia, tale rimborso può essere
richiesto solo in osservanza delle modalità formali e sostanziali stabilite
dalle diverse legislazioni nazionali, fermo restando che le dette modalità non
possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di
natura interna né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile
l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v.,
in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck,
Racc. pag. I-4599, punto 12, e 8 febbraio 1996, causa C-212/94, FMC e a., Racc.
pag. I-389, punto 71).
26 Pertanto,
l'obbligo incombente al giudice nazionale di garantire il rimborso di un
tributo nazionale riscosso in violazione del diritto comunitario dev'essere adempiuto, fatto salvo il rispetto delle due
condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte, conformemente alle
disposizioni del suo diritto interno. Ne discende che la fissazione delle
modalità di rimborso applicabili e la qualificazione, a tal fine,
dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale di uno Stato membro
e singole società del detto Stato all'atto della riscossione di un tributo del
genere rientrano nella sfera dell'ordinamento nazionale.
27 Occorre del
resto ricordare che, come deciso recentemente dalla Corte, il diritto
comunitario non osta, in linea di principio, a che la normativa di uno Stato
membro contempli, accanto a un termine di prescrizione ordinario applicabile
alle azioni di ripetizione dell'indebito tra privati, modalità particolari di
reclamo e di azione giudiziale per la contestazione delle tasse e degli altri tributi
(sentenze 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis,
punto 37, e causa C-260/96, Spac, punto 21, non
ancora pubblicate nella Raccolta).
28 Ebbene, il
potere in tal modo riconosciuto dalla Corte di prevedere anche modalità
particolari per il rimborso di tributi ed altre imposte riconosciuti
contrari al diritto comunitario sarebbe del tutto svuotato d'efficacia
se, come sostenuto dalla Commissione, il contrasto fra un tributo nazionale e
il diritto comunitario portasse necessariamente a privare il detto tributo del
suo carattere di tassa e facesse venir meno la natura tributaria dei rapporti
giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale nazionale e i soggetti passivi
all'atto della riscossione del tributo di cui trattasi.
29 Occorre
pertanto risolvere la questione proposta dichiarando che l'obbligo incombente
al giudice nazionale di disapplicare una normativa nazionale che abbia
istituito un tributo contrario al diritto comunitario deve portarlo, di regola,
ad accogliere le domande di rimborso del detto tributo. Tale rimborso dev'essere garantito conformemente alle disposizioni del
suo diritto nazionale, fermo restando che queste ultime non devono essere meno
favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né
rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei
diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. Un'eventuale
riqualificazione dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale di
uno Stato membro e singole società del detto Stato all'atto della riscossione
di un tributo nazionale successivamente riconosciuto contrario al diritto
comunitario rientra, pertanto, nella sfera dell'ordinamento nazionale.
Decisione relativa alle
spese
Sulle spese
30 Le spese
sostenute dai governi italiano, francese e del Regno
Unito e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non
possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale
il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi
motivi,
pronunciandosi
sulla questione sottopostale dalla Pretura circondariale di Roma con ordinanze
17 dicembre 1996, dichiara:
L'obbligo
incombente al giudice nazionale di disapplicare una normativa nazionale che
abbia istituito un tributo contrario al diritto comunitario deve portarlo, di
regola, ad accogliere le domande di rimborso del detto tributo. Tale rimborso dev'essere garantito conformemente alle disposizioni del
suo diritto nazionale, fermo restando che queste ultime non devono essere meno
favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né
rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei
diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. Un'eventuale
riqualificazione dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale di
uno Stato membro e singole società del detto Stato all'atto della riscossione
di un tributo nazionale successivamente riconosciuto contrario al diritto
comunitario rientra, pertanto, nella sfera dell'ordinamento nazionale.
(Seguono
le firme)