Sentenza n. 269 del 2007

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SENTENZA N. 269

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                     BILE                                                              Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                                                             Giudice

- Francesco                AMIRANTE                                                         ”

- Ugo                         DE SIERVO                                                         ”

- Paolo                       MADDALENA                                                    ”

- Alfio                       FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso                   QUARANTA                                                        ”

- Franco                     GALLO                                                                 ”

- Luigi                       MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano                  SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                     CASSESE                                                             ”

- Maria Rita               SAULLE                                                               ”

- Giuseppe                 TESAURO                                                            ”

- Paolo Maria             NAPOLITANO                                                    ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18-quater, comma 5, della legge della Provincia di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), inserito dall’art. 3, comma 1, della legge 11 novembre 2005, n. 16 (Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 – Ordinamento urbanistico e tutela del territorio. Disciplina della perequazione, della residenza ordinaria e per vacanze e altre disposizioni in materia di urbanistica), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 12 gennaio 2006, depositato in cancelleria il 21 gennaio 2006 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2006.

Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;

udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Franco Mastragostino per la Provincia autonoma di Trento.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 12 gennaio 2006 e depositato il successivo 21 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, della legge della Provincia di Trento 11 novembre 2005, n. 16 (Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 – Ordinamento urbanistico e tutela del territorio. Disciplina della perequazione, della residenza ordinaria e per vacanze e altre disposizioni in materia di urbanistica), – recte: dell’art. 18-quater, comma 5, della legge della Provincia di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), inserito dall’art. 3, comma 1, della legge prov. Trento n. 16 del 2005 – in riferimento all’art. 4 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), ed all’art. 117, primo comma, della Costituzione.

L’Avvocatura dello Stato, dopo aver illustrato il contenuto della disposizione impugnata – secondo cui «Le attrezzature e i servizi pubblici previsti dal piano regolatore generale possono essere realizzati direttamente dai proprietari delle aree gravate da vincolo preordinato all’espropriazione, previa convenzione con il comune volta ad assicurare l’effettiva realizzazione e destinazione pubblica delle attrezzature e dei servizi, nonché le loro modalità di realizzazione e gestione» – sottolinea che la Provincia di Trento, pur essendo titolare della potestà legislativa primaria in materia di urbanistica, lavori pubblici ed espropriazioni, è «tenuta comunque ad osservare i vincoli posti dalla Costituzione e dal diritto comunitario ed internazionale ai sensi dell’art. 4 dello statuto speciale».

In particolare, l’art. 18-quater, comma 5, della legge prov. Trento n. 22 del 1991, inserito dall’art. 3, comma 1, della legge prov. Trento n. 16 del 2005, è censurato in quanto, prevedendo un sistema di realizzazione diretta di opere pubbliche, contrasterebbe «con la normativa comunitaria e statale di recepimento che disciplina le modalità di affidamento degli appalti pubblici di lavori e servizi, specie per i lavori che superano la soglia comunitaria».

Sarebbero, dunque, violati i principi generali del Trattato sull’Unione europea in materia di tutela della concorrenza e, nell’ambito specifico degli appalti, le direttive 92/50/CEE del 18 giugno 1992 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi), 93/36/CEE del 14 giugno 1993 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture), 93/37/CEE del 14 giugno 1993 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori), 93/38/CEE del 14 giugno 1993 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni), e le relative norme statali di attuazione, che prevedono il ricorso a procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica per la realizzazione degli interventi in questione.

Il diritto nazionale in materia di lavori pubblici sarebbe, inoltre, violato in quanto l’art. 19, comma 01, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) stabilisce che la realizzazione di opere pubbliche può avvenire esclusivamente mediante contratto di appalto o di concessione. Ed ancora, l’art. 2, comma 5, della legge n. 109 del 1994 dispone che, per le singole opere d’importo superiore alla soglia comunitaria, i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla menzionata direttiva 93/37/CEE.

Il ricorrente sostiene che «l’applicazione di tale fonte legislativa [è] innegabile», se si considera che, nell’ipotesi regolata dalla norma impugnata, sono in gioco «valori e diritti di stretta pertinenza pubblica, in relazione ai quali il soggetto privato acquista connotazioni tipiche di “organismo di diritto pubblico”, tali da non poterlo sottrarre alle procedure di evidenza pubblica».

Richiama, in proposito, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, sez. VI, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, secondo cui, qualora il titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione realizzi direttamente le opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale dei contributi dovuti per il rilascio della concessione, si è in presenza in ogni caso di un appalto di lavori secondo la normativa comunitaria, con il conseguente ricorso alle procedure ad evidenza pubblica allorché il valore dell’opera eguagli o superi la soglia comunitaria.

Per queste ragioni il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma impugnata «nella parte in cui consente la realizzazione di lavori pubblici senza ricorrere a procedure di gara ad evidenza pubblica» e «confida che, prima della discussione del ricorso la Provincia Autonoma di Trento faccia autonomamente cessare la materia del contendere».

2. – Con atto depositato l’8 febbraio 2006, la Provincia di Trento si è costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato, per le ragioni esposte con separata memoria nel corso del giudizio.

3. – In prossimità dell’udienza del 5 dicembre 2006, la Provincia di Trento ha depositato una memoria con la quale insiste affinché la questione sia dichiarata infondata.

In particolare, dopo aver sinteticamente riportato le conclusioni cui la Corte costituzionale è pervenuta con la sentenza n. 129 del 2006, precisa che la norma oggetto dell’odierna impugnazione avrebbe «una ratio completamente diversa» da quella delle norme dichiarate illegittime con la citata sentenza n. 129 del 2006.

Al riguardo, la resistente ritiene che la norma impugnata si inserisce «in un contesto del tutto sganciato dalle misure di compensazione e perequazione urbanistica», come invece avveniva per le norme annullate con la sentenza n. 129 del 2006. Mentre in queste ultime l’iniziativa privata avrebbe «alla base una situazione di “debenza” nei confronti della Amministrazione, da estinguere con la realizzazione di opere di urbanizzazione, anziché con pagamenti in denaro», o costituirebbe un «valore di scambio» per assicurare al privato la gestione del servizio pubblico previsto, nel caso oggetto del presente giudizio la norma impugnata esprimerebbe «l’intenzione di evitare l’espropriazione […] soddisfacendo pur sempre l’interesse pubblico, in vista del quale era stato imposto il vincolo». Le opere realizzate rimangono, infatti, «in proprietà del soggetto privato che, a sue spese, le realizzi, con l’obbligo di garantire comunque la fruizione ad uso pubblico, secondo modalità da definire in apposita convenzione».

Pertanto, secondo la difesa provinciale, lo scopo della norma sarebbe «soltanto quello di consentire al privato, in cambio della realizzazione a proprie spese delle attrezzature pubbliche ivi previste, di evitare di essere espropriato dell’area, con il corrispondente onere di consentirne la finalizzazione e l’uso pubblico». In questa prospettiva, la convenzione da stipularsi con l’amministrazione comunale «non attiene tanto alla gestione del servizio pubblico, quanto piuttosto è preordinata ad assicurare l’effettiva realizzazione e destinazione pubblica delle attrezzature e dei servizi e a regolare gli aspetti di gestione delle attrezzature medesime, stabilendo i reciproci obblighi».

In tal senso si spiegherebbe, a detta della resistente, la previsione secondo cui la norma impugnata riguarda tutte le attrezzature e i servizi pubblici previsti dal piano regolatore e non soltanto le opere di urbanizzazione.

Per quanto detto, la Provincia di Trento ritiene di dover sottolineare le differenze dell’odierna questione di legittimità costituzionale rispetto alla fattispecie che sta alla base della sentenza della Corte di Giustizia del 12 luglio 2001, in causa C-399/98, richiamata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 129 del 2006. In particolare, la difesa provinciale insiste nel sostenere che, nel presente caso, ci si trova «al di fuori del campo di applicazione della normativa, nazionale e comunitaria, sugli appalti di lavori pubblici, essendo evidente che la realizzazione da parte del privato di infrastrutture […] non dà luogo all’esecuzione di un’opera pubblica, ma rimane intervento privato».

Questa interpretazione troverebbe conforto, «sia pure a contrario», nell’art. 32, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), che assoggetta alle procedure ad evidenza pubblica i lavori affidati da soggetti privati, per la cui realizzazione sia previsto un contributo pubblico, diretto e specifico, che superi il 50 per cento dell’importo dei lavori.

Si ritiene, quindi, che la norma censurata «sia di per sé suscettibile di superare il vaglio di costituzionalità»; essa, infatti, non eccederebbe le competenze statutarie ma sarebbe diretta a dare seguito, «in materia pienamente rientrante nella competenza esclusiva provinciale di governo del territorio ed opere pubbliche», al principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, quarto comma, Cost.

Se anche si dovesse accedere alla tesi della natura pubblica dell’opera realizzata dal privato, non vi sarebbe comunque, secondo la resistente, alcuna illegittimità costituzionale, in quanto «la normativa comunitaria è sempre direttamente applicabile e la legge provinciale non deroga alla sua applicabilità».

In ogni caso, la difesa della resistente precisa che ha ritenuto di predisporre una modifica al testo della norma censurata, sottolineando l’obbligo, per i proprietari delle aree, di rispettare la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, qualora gli importi per la realizzazione di attrezzature e servizi superino la soglia comunitaria. Questa modifica è contenuta nell’art. 46 del disegno di legge provinciale n. 198 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della provincia autonoma di Trento. Legge finanziaria 2007), d’iniziativa della Giunta provinciale, presentato il 31 ottobre 2006 e la cui approvazione – secondo quanto affermato dalla resistente – deve avvenire entro il 23 dicembre 2006.

4. – In pari data, la difesa provinciale ha depositato un’istanza – cui ha aderito il ricorrente – con la quale, premesso che, a seguito della sentenza n. 129 del 2006 di questa Corte, la Provincia di Trento ha ritenuto di predisporre la modifica sopra illustrata al testo della norma censurata, chiede il rinvio della discussione del ricorso.

5. – In prossimità dell’udienza del 5 giugno 2007, la Provincia autonoma di Trento ha depositato il testo dell’art. 18-quater, comma 5, della legge prov. n. 22 del 1991, introdotto dall’art. 3, comma 1, della legge prov. n. 16 del 2005, come modificato dall’art. 52, comma 1, della legge della Provincia di Trento 29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria 2007).

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 18-quater, comma 5, della legge della Provincia di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), inserito dall’art. 3, comma 1, della legge 11 novembre 2005, n. 16 (Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 – Ordinamento urbanistico e tutela del territorio. Disciplina della perequazione, della residenza ordinaria e per vacanze e altre disposizioni in materia di urbanistica), in riferimento all’art. 4 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), ed all’art. 117, primo comma, della Costituzione.

2. – Va rilevato, in via preliminare, che la norma impugnata è stata erroneamente individuata dall’Avvocatura (e prima ancora dal Dipartimento per gli Affari regionali nella relazione allegata alla delibera del Consiglio dei ministri) nell’art. 3, comma 5, della legge prov. Trento n. 16 del 2005.

In realtà, dal contenuto del ricorso si comprende chiaramente che il ricorrente intende censurare l’art. 18-quater, comma 5, della legge prov. Trento n. 22 del 1991, introdotto dall’art. 3, comma 1, della legge prov. Trento n. 16 del 2005.

3. – La norma impugnata, successivamente alla proposizione del presente ricorso, è stata modificata dall’art. 52, comma 1, della legge della Provincia di Trento 29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria 2007), che così dispone: «Alla fine del comma 5 dell’articolo 18-quater della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22, è aggiunto il seguente periodo: “Resta fermo in capo ai proprietari delle aree l’obbligo di rispettare la normativa comunitaria in materia di appalti, quando gli importi per la realizzazione di attrezzature e servizi superano le soglie comunitarie”».

Siffatta modifica, ai sensi dell’art. 80 della legge prov. Trento n. 11 del 2006, è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige, cioè il 3 gennaio 2007. Pertanto, non solo la norma impugnata, nella sua formulazione originaria, è rimasta in vigore dal 16 novembre 2005 fino al 2 gennaio 2007, ma non può neppure escludersi che essa, nel periodo sopraindicato, abbia trovato applicazione. Per tale ragione la suddetta modifica non impedisce il sindacato di questa Corte, che dunque deve essere limitato al periodo di vigenza dell’originario testo dell’art. 18-quater, comma 5, della legge prov. Trento n. 22 del 1991, introdotto dall’art. 3, comma 1, della legge prov. Trento n. 16 del 2005.

4. – La questione è fondata.

4.1. – Al riguardo, possono svolgersi considerazioni analoghe a quelle già esposte da questa Corte nella sentenza n. 129 del 2006. Infatti, nel giudizio definito con tale pronunzia la questione di legittimità costituzionale aveva ad oggetto, tra l’altro, la norma di cui all’art. 9, comma 12, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), secondo cui «È comunque ammessa, da parte del proprietario dell’area, entro il predetto termine quinquennale, la realizzazione diretta di attrezzature e servizi per la cui attuazione è preordinato il vincolo espropriativo, a condizione che la Giunta comunale espliciti con proprio atto la volontà di consentire tale realizzazione diretta ovvero, in caso contrario, ne motivi con argomentazioni di interesse pubblico il rifiuto. La realizzazione diretta è subordinata alla stipula di apposita convenzione intesa a disciplinare le modalità attuative e gestionali».

La norma della Provincia di Trento, oggetto dell’odierna impugnazione, stabilisce invece che «Le attrezzature e i servizi pubblici previsti dal piano regolatore generale possono essere realizzati direttamente dai proprietari delle aree gravate da vincolo preordinato all’espropriazione, previa convenzione con il comune volta ad assicurare l’effettiva realizzazione e destinazione pubblica delle attrezzature e dei servizi, nonché le loro modalità di realizzazione e gestione».

Sia nel giudizio definito con la sentenza n. 129 del 2006, sia nell’odierno giudizio, la norma impugnata prevede la possibilità per i proprietari di un’area, gravata da vincolo preordinato all’espropriazione, di realizzare direttamente le attrezzature ed i servizi pubblici per la cui attuazione è posto il vincolo espropriativo. In entrambi i casi, è prevista, inoltre, la stipula di un’apposita convenzione intesa a disciplinare le modalità di realizzazione e di gestione dell’opera.

Deve essere disattesa, pertanto, l’eccezione mossa dalla difesa provinciale, che rinviene nella norma oggetto dell’odierna impugnazione «una ratio completamente diversa» da quella delle norme dichiarate illegittime con la sentenza n. 129 del 2006.

Infatti, a prescindere dalle evidenti analogie nella formulazione testuale delle due disposizioni (art. 9, comma 12, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, e art. 18-quater, comma 5, della legge della Provincia di Trento n. 22 del 1991), le argomentazioni addotte dalla resistente a sostegno della presunta diversità di ratio riguardano semmai la sola norma di cui all’art. 11, comma 3, della citata legge lombarda, anch’essa dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 129 del 2006.

4.2. – Deve essere ribadito, dunque, quanto già affermato da questa Corte nella pronunzia da ultimo citata. Anche nel presente giudizio, infatti, la fattispecie configurata dalla norma provinciale impugnata è assimilabile a quella oggetto delle direttive comunitarie che impongono al soggetto che procede all’appalto l’adozione di una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, nel caso in cui l’opera da realizzarsi sia di importo pari o superiore ad un certo valore. In particolare, la pertinente normativa comunitaria prevede quest’obbligo sia nel caso in cui l’attribuzione dell’appalto spetti ad un ente pubblico territoriale o ad altro «organismo di diritto pubblico», sia quando l’opera venga realizzata da un privato, il quale in tal caso assume – come chiarito dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e confermato da questa Corte – la veste di «titolare di un mandato espresso», conferito dall’ente pubblico che intende realizzare l’opera o il servizio (rispettivamente, sentenza 12 luglio 2001, in causa C-399/98, e sentenza n. 129 del 2006).

Nel caso di specie, la norma provinciale impugnata prevede la stipula di accordi a titolo oneroso, dai quali derivano per le parti contraenti diritti e obblighi reciproci, che consentono al proprietario espropriando, in particolare, di mantenere la proprietà dell’area e di ottenere la gestione del servizio previsto in cambio della realizzazione diretta degli interventi necessari.

4.3. – Sulla scorta delle considerazioni che precedono, deve essere riaffermato che le direttive comunitarie in materia di procedure ad evidenza pubblica per l’attribuzione di lavori, forniture e servizi, si applicano anche nell’ipotesi che sia conferito ad un privato il compito di realizzare direttamente l’opera necessaria per la successiva prestazione del servizio pubblico, la cui gestione può essere affidata, mediante convenzione, al privato medesimo. Le direttive comunitarie, infatti, fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale (nel caso di specie, della normativa della Provincia autonoma di Trento) all’ordinamento comunitario, in base agli artt. 117, primo comma, e 11 Cost., quest’ultimo inteso quale principio fondamentale.

Pertanto, la mancata previsione, nella norma provinciale impugnata, dell’obbligo di adottare procedure ad evidenza pubblica in ogni caso in cui l’appalto sia di importo uguale o superiore alla soglia comunitaria, determina la sua illegittimità costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18-quater, comma 5, della legge della Provincia di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), inserito dall’art. 3, comma 1, della legge 11 novembre 2005, n. 16 (Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 – Ordinamento urbanistico e tutela del territorio. Disciplina della perequazione, della residenza ordinaria e per vacanze e altre disposizioni in materia di urbanistica), nel testo in vigore fino alle modifiche apportate dall’art. 52, comma 1, della legge della Provincia di Trento 29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria 2007), nella parte in cui non prevede l’obbligo di procedure ad evidenza pubblica per tutti i lavori, da chiunque effettuati, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2007.