ORDINANZA N.216
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio sull'ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli nei con fronti del Ministro dell'interno e del Ministro di grazia e giustizia, in relazione agli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 8 del decreto 24 novembre 1994, n. 687 (Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e le relative modalità di attuazione), emanato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con ricorso depositato in Cancelleria il 20 aprile 1995 ed iscritto al n. 55 del registro ammissibiltà conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.
RITENUTO che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, con ricorso depositato il 20 aprile 1995, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro dell'interno e del Ministro di grazia e giustizia in relazione al decreto 24 novembre 1994, n. 687 (Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e le relative modalità di attuazione), emanato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 17 dicembre 1994; che, in particolare, il ricorrente chiede che questa Corte, ritenuto ammissibile il conflitto, annulli gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 8 del citato decreto, i quali, a suo avviso, "incidono nella sfera delle attribuzioni del pubblico ministero, quali a lui riconosciute dalla Carta costituzionale, e violano gli articoli 13, 101, 2° comma, 104, 108 e 112 di tale Carta, sia sotto l'aspetto di interferenze e condizionamenti frapposti all'indipendenza ed autonomia della magistratura e all'esercizio dell'attività giudiziaria, sia sotto quello della violazione di norme primarie, come quelle delle preleggi, dell'Ordinamento giudiziario, per le quali è fatta espressa riserva di legge dall'articolo 108 della Costituzione, e del codice processuale pena le, alcuni articoli del quale sono stati modificati o derogati da tale regolamento"; che, ai fini dell'ammissibilità del conflitto, il ricorrente sostiene che, nella specie, la legittimazione attiva debba essere riconosciuta al pubblico ministero, quale organo competente a dichiarare la volontà del potere cui appartiene, tenuto anche conto che l'attività del pubblico ministero si presenta, sotto molteplici aspetti, con caratteri squisitamente propri, autonomi e decisori, che anch'esso è una "autorità giudiziaria" e che la funzione requirente (art. 112 della Costituzione) è ricompresa tra le attribuzioni riferibili al potere giudiziario.
CONSIDERATO che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte è chiamata preliminarmente a decidere con ordinanza in camera di consiglio, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento alla presenza dei requisiti, soggettivi ed oggettivi, richiamati nel primo comma del medesimo art. 37; che, per quanto concerne i requisiti soggetti vi, va innanzitutto riconosciuta -- come questa Corte ha più volte affermato (cfr. sentenze nn. 462, 463 e 464 del 1993) -- la legittimazione del pubblico ministero a sollevare conflitti di attribuzione, in quanto organo al quale, nel complesso del potere giudiziario, è attribuita, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, la titolarità di retta ed esclusiva delle attività d'indagine finalizzate all'esercizio obbligatorio dell'azione penale; che, in ordine alla proposizione del ricorso nei confronti del Ministro dell'interno, deve escludersi che la legittimazione passiva spetti al Ministro medesimo, in quanto va ribadito che le attribuzioni dei singoli ministri non assumono uno specifico rilievo costituzionale nei rapporti con gli organi giurisdizionali, se non nelle ipotesi delle competenze direttamente ed esclusivamente conferite al Ministro di grazia e giustizia in base agli artt. 107, secondo comma, e 110 della Costituzione (cfr. sentenze nn. 383 del 1993, 379 del 1992, 150 del 1981); che la legittimazione a resistere va, invece, riconosciuta al Governo della Repubblica, abilitato a prendere parte ai conflitti tra i poteri dello Stato in base alla configurazione dell'organo statuita nel primo comma dell'art. 95 della Costituzione, ed al quale l'atto impugnato deve ritenersi imputabile; che va, inoltre, esclusa la legittimazione passiva del Ministro di grazia e giustizia, in quanto nella specie il suo intervento si è inserito nella fase preparatoria dell'atto, la cui titolarità, ai fini che qui interessano, va pertanto attribuita essenzialmente al Ministro dell'interno; che, per quanto concerne i requisiti oggetti vi, viene prospettata dal ricorrente la lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente spettante al pubblico ministero -- individuata ne gli artt. 13, 101, 104, 108 e 112 della Costituzione --, ad opera di un atto del potere esecutivo; che, in conclusione, in questa fase delibati va, il ricorso va dichiarato ammissibile nei con fronti del Governo, salva ed impregiudicata la pronuncia definitiva anche sul punto relativo all'ammissibilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti del Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; dispone che la Cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente, e che, a cura dello stesso ricorrente, il ricorso e l'ordinanza siano notificati al Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/05/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 31/05/95.