SENTENZA N. 383
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Magistrato di sorveglianza di Ancona, iscritto al n. 17 del registro conflitti 1993, notificato il 14 maggio 1993, depositato in Cancelleria il 2 giugno successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito:
a) del decreto del vice Direttore generale del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria del Ministero di grazia e giustizia emesso in data 25 novembre 1992, concernente la sottoposizione al regime detentivo di cui all'art. 41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), con il quale è stato esercitato il potere di disporre la sottoposizione della corrispondenza dei detenuti a visto di controllo;
b) dei relativi provvedimenti applicativi emanati il 9 dicembre 1992 dalla Direzione della Casa Circondariale di Ancona nei confronti dei detenuti Calfapietra Natale, Soru Antonio e Adelfio Salvatore.
Visto l'atto di costituzione del Ministro di grazia e giustizia;
udito nell'udienza pubblica del 5 ottobre 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Ritenuto in fatto
l. Con ricorso depositato il 5 febbraio 1993 il Magistrato di sorveglianza di Ancona ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del Ministro di grazia e giustizia, in riferimento al decreto ministeriale 25 novembre 1992, per la dichiarazione che non spetta al Ministro della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - il potere di disporre la sottoposizione della corrispondenza dei detenuti a visto di controllo e per il conseguente annullamento del predetto decreto, limitatamente all'art. 1, punto n. 4, nonchè dei relativi provvedimenti applicativi, per violazione dell'art. 15, secondo comma, della Costituzione.
2. Espone il ricorrente che in data 25 novembre 1992 il Ministero di grazia e giustizia ha decretato la sospensione, in attuazione dell'art. 41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modificazioni, dell'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla citata legge, nei confronti dei detenuti individuati nel decreto stesso.
Detto decreto, tra le altre disposizioni, prevede, al punto n. 4 dell'articolo 1, la sottoposizione della corrispondenza epistolare e telegrafica dei detenuti al visto di controllo da parte del Direttore dell'Istituto penitenziario o di un suo delegato.
Successivamente, in data 9 dicembre 1992, ed in esecuzione di quanto disposto dal decreto ministeriale, venivano emanati dalla Direzione della Casa Circondariale di Ancona i provvedimenti con i quali era applicato il regime di cui al citato art. 41 bis, ivi compresa la sottoposizione della corrispondenza epistolare e telegrafica, in arrivo ed in partenza, a visto di controllo.
Detto decreto ministeriale - ed i relativi provvedimenti emanati dalla Direzione della Casa Circondariale di Ancona - devono ritenersi, ad avviso del ricorrente, del tutto confliggenti con il principio sancito dal secondo comma dell'art. 15 della Costituzione, secondo cui la limitazione della segretezza della corrispondenza può avvenire soltanto per atto motivato dall'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
D'altra parte, osserva il Magistrato di sorveglianza di Ancona, non è possibile sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 bis, secondo comma, posto che questo, nel disporre la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla legge n. 354 del 1975 che possono porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza, nulla prevede in ordine alla sottoposizione della corrispondenza al visto di controllo.
Sarebbe quindi evidente come l'ampia facoltà attribuita al Ministro di grazia e giustizia nel sospendere l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario non possa estendersi sino al punto da attribuire all'esecutivo poteri propri dell'autorità giudiziaria.
Infine, in ordine alla legittimazione a sollevare il conflitto di attribuzione, rileva il ricorrente che per giurisprudenza costante la competenza a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza del detenuto appartiene al Magistrato di sorveglianza in via esclusiva e definitiva, nel senso cioè che contro detto provvedimento non è ammissibile nè il ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, nè il gravame al Tribunale di Sorveglianza.
3. Con ordinanza n. 183 del 2 aprile 1993 questa Corte ha dichiarato ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953 n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Magistrato di sorveglianza di Ancona.
Considerato in diritto
l. Con il ricorso indicato in epigrafe il Magistrato di sorveglianza di Ancona ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro di grazia e giustizia in riferimento al decreto ministeriale 25 novembre 1992, concernente la sottoposizione di taluni detenuti al regime previsto dall'art. 41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), "per la dichiarazione che non spetta al Ministro di grazia e giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il potere di disporre la sottoposizione della corrispondenza dei detenuti al visto di controllo".
2. Il magistrato ricorrente, dopo aver premesso che il decreto in esame prevede, tra le altre disposizioni, al punto n. 4 dell'art. 1, la sottoposizione della corrispondenza epistolare e telegrafica dei detenuti indicati nel decreto stesso al visto di controllo da parte del direttore dell'istituto penitenziario, ha lamentato, in sostanza, la lesione delle competenze direttamente attribuite all'autorità giudiziaria dall'art. 15 della Costituzione in tema di limitazione della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.
3. Con successivo decreto 15 settembre 1993 il Ministro della giustizia ha revocato, in parte qua, il provvedimento impugnato e, conseguentemente, l'Avvocatura generale dello Stato ha concluso per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
4. Occorre innanzitutto affermare, in via definitiva, l'ammissibilità del conflitto di attribuzione, che questa Corte ha già dichiarato, in linea di prima e sommaria delibazione, con l'ordinanza n. 183 del 2 aprile 1993.
Sotto il profilo oggettivo ricorrono certamente i requisiti previsti dall'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n.87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), secondo cui i conflitti tra i poteri dello Stato devono avere ad oggetto "la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata fra i vari poteri da norme costituzionali"; vengono infatti in questione le competenze demandate dall'art. 15 della Costituzione all'autorità giudiziaria, in raffronto a quelle spettanti al Ministro della giustizia, ai sensi dell'art. 110 della Costituzione, in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
A medesima conclusione deve giungersi sotto il profilo soggettivo, poichè non v'è dubbio che l'autorità giudiziaria (e nell'ambito di essa il Magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'art. 18 della citata legge n. 354 del 1975, per quanto riguarda la materia in esame) sia direttamente investita dall'art. 15 della Costituzione del potere di limitare - per atto motivato e con le garanzie stabilite dalla legge - la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione; del pari, il presente conflitto è correttamente instaurato nei confronti del Ministro della giustizia, quale diretto titolare, in base al ricordato art.110 della Costituzione, delle competenze afferenti all'organizzazione ed al funziona mento dei servizi relativi alla giustizia, ivi compresa l'organizzazione dei servizi relativi all'esecuzione delle pene e delle misure detentive; attribuzioni il cui esercizio è assunto, in questo giudizio, come causa di menomazione delle competenze attribuite al ricorrente dall'art. 15 della Costituzione.
5. Ciò posto, con proprio decreto del 15 settembre 1993 il Ministro della giustizia ha revocato la disposizione relativa alla sottoposizione al visto di controllo della corrispondenza dei detenuti contenuta nel decreto impugnato e in ogni altro provvedimento applicativo del citato art. 41 bis, secondo comma, della legge n. 354 del 1975, riconoscendo espressamente, in ossequio alla sentenza n. 349 del 1993 di questa Corte, che l'art. 15 della Costituzione riserva alla sola autorità giudiziaria il potere di sottoporre o meno detta corrispondenza a visto di controllo.
Ne deriva, pertanto, che in base al citato provvedimento di revoca ed alle motivazioni ivi contenute è venuto meno con effetto ex tunc l'oggetto del giudizio promosso con ricorso del Magistrato di sorveglianza di Ancona, e che perciò, in conformità alla richiesta dell'Avvocatura dello Stato, si deve dichiarare cessata la materia del contendere in ordine all'impugnato decreto 25 novembre 1992 del Ministro della giustizia.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/10/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 28/10/93.