- 19-04-2024

Nella sent. n. 64 del 2024, la Corte di pronuncia sulla norma che il diritto vivente, attraverso un mutamento di orientamento a partire dal 2018, avrebbe tratto dall’art. 133, comma 1, del d.p.r. n. 115 del 2002 (T.U. spese di giustizia), stabilendo che il giudice civile condanna la parte soccombente senza «il limite della coincidenza» con i «compensi anticipati dall’Erario all’avvocato della parte gratuitamente difesa», in violazione degli art. 76, 3, 23, 53 e 111, secondo comma, Cost. La Corte però giunge alla conclusione, per un verso, che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice rimettente, nella norma non sia ravvisabile una deviazione dalla natura propria dell’istituto del rimborso delle spese nel giudizio civile e, soprattutto, che essa non abbia carattere realmente innovativo rispetto al quadro normativo previgente all’esercizio della delega; e, per un altro verso, che la tesi del rimettente tragga origine da un errore di prospettiva, dato che nel caso particolare in cui la parte vittoriosa sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la regolamentazione delle spese di lite attiene a un rapporto distinto e autonomo, concettualmente estraneo alla logica propria dell’obbligazione tributaria. Ritenere altrimenti significherebbe, d’altro canto, garantire un ingiustificato vantaggio patrimoniale alla parte soccombente solo perché la controparte rientra fra gli indigenti e lo Stato si fa carico, anche attraverso la fiscalità generale, dell’onere del loro patrocinio.