ORDINANZA N. 105
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta CARTABIA;
Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), dell’art. 7, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572 (Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza) e dell’art. 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), promosso dal Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Modena nel procedimento proposto da P. G., nella qualità di amministratore di sostegno di P. V., con ordinanza del 7 febbraio 2017, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Udito il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera nella camera di consiglio del 6 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);
deliberato nella camera di consiglio del 6 maggio 2020.
Ritenuto che il Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Modena, con ordinanza del 7 febbraio 2017 (reg. ord. n. 242 del 2019), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), 7, comma 1 (recte: comma 2), del d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 (Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza) e 25, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevedono l’obbligo di prestazione del giuramento per l’acquisizione della cittadinanza, anche laddove tale adempimento non possa essere prestato da parte di persona affetta da disabilità a causa di tale condizione patologica, per violazione degli artt. 2 e 3, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 4 e 18 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, eseguita con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità), nonché degli artt. 21 e 26 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 1975 (recte: Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, CDFUE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007);
che nel giudizio principale P. G., amministratore di sostegno della moglie P. V., ha richiesto al giudice tutelare di autorizzare la trascrizione del decreto concessivo della cittadinanza a favore della moglie in assenza del prescritto giuramento, dato che costei non sarebbe in grado di prestare tale atto, in quanto «paralizzata, cieca ed incapace di parlare, a seguito del parto»;
Considerato che il Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Modena, con ordinanza del 7 febbraio 2017 (reg. ord. n. 242 del 2019), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), 7, comma 1 (recte: comma 2), del d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 (Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza) e 25, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevedono l’obbligo di prestazione del giuramento per l’acquisizione della cittadinanza, anche laddove tale adempimento non possa essere prestato da parte di persona affetta da disabilità a causa di tale condizione patologica;
che, ad avviso del rimettente, le menzionate disposizioni violerebbero gli artt. 2 e 3, secondo comma, della Costituzione, gli artt. 4 e 18 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, eseguita con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità), nonché gli artt. 21 e 26 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 1975 (recte: Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, CDFUE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007);
che questa Corte, con sentenza n. 258 del 2017, successiva all’ordinanza di rimessione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge n. 91 del 1992, nella parte in cui non prevedeva l’esonero dal giuramento della persona incapace di soddisfare tale adempimento in ragione di grave e accertata condizione di disabilità;
che, di conseguenza, la questione dell’art. 10 della legge n. 91 del 1992 deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per sopravvenuta carenza di oggetto (ex plurimis, ordinanze n. 71 del 2017, n. 208 e n. 54 del 2016, n. 226 e n. 173 del 2015), perché la norma censurata dal giudice a quo è già stata rimossa dall’ordinamento con efficacia retroattiva;
che, con la medesima pronuncia, questa Corte ha ritenuto inammissibili le questioni concernenti l’art. 7, comma 2, del d.P.R. n. 572 del 1993 e l’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 396 del 2000, in quanto disposizioni regolamentari prive di forza di legge (sentenza n. 258 del 2017);
che simile conclusione deve essere ribadita nel presente giudizio.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3, secondo comma, della Costituzione, agli artt. 4 e 18 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, eseguita con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità), nonché agli artt. 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, dal Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Modena con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, comma 2, del d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 (Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza) e 25, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), sollevate, in riferimento agli artt. 2 e 3, secondo comma, della Costituzione, agli artt. 4 e 18 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, eseguita con legge n. 18 del 2009, nonché agli artt. 21 e 26 CDFUE, dal Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Modena con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2020.