Sentenza n. 150 del 2017

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SENTENZA N. 150

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                      GROSSI                                              Presidente

-    Giorgio                   LATTANZI                                          Giudice

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

-    Franco                    MODUGNO                                              ”

-    Augusto Antonio   BARBERA                                                ”

-    Giulio                     PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie del 29 gennaio 2015, n. 1 (paragrafi “commi 421, 422 e 424”), promosso dalla Regione Puglia con ricorso notificato il 3 aprile 2015, depositato in cancelleria l’8 aprile 2015, ed iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti 2015.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’11 aprile 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Puglia e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− La Regione Puglia, con ricorso notificato il 3 aprile 2015, depositato il successivo 8 aprile, ed iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti 2015, ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad alcuni passi della circolare n. 1/2015 (DAR Prot. 1856 del 29.1.2015), adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, recante «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190», ritenuti lesivi delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alla Regione, con riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, secondo comma, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettere g) e p), terzo, quarto e sesto comma, 118, primo e secondo comma, 119, quarto comma, della Costituzione.

2.− La ricorrente premette che la circolare rappresenta una nota interpretativa ed esplicativa dei commi 420, 421, 422, 423, 424 e 427 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», già impugnati dalla Regione Puglia nella sede del giudizio in via principale (reg. ric. n. 38 del 2015), e concernenti l’imposizione di puntuali e penetranti limiti di spesa alle Province (comma 420), la consistente contrazione della dotazione organica di Province e Città metropolitane (comma 421) e i processi di assorbimento del relativo personale soprannumerario in altre amministrazioni, in particolare regionali e locali (commi 422, 423, 424 e 427). Più in particolare, la circolare, in alcuni passi, si limiterebbe a riproporre, parafrasandolo e arricchendolo di chiarimenti, il contenuto delle sopra citate disposizioni legislative, mentre in altri conterrebbe affermazioni non riconducibili in alcun modo ai precetti desumibili da queste ultime.

2.1.− Innanzitutto la Regione argomenta sull’ammissibilità del conflitto, consapevole della giurisprudenza costituzionale in base alla quale nella sede del conflitto di attribuzione non possono essere invocati profili di vulnerazione delle competenze regionali che si atteggino quali mere esecuzioni o applicazioni, prive di autonoma attitudine lesiva, delle lesioni già prodottesi per effetto di atti anteriori dei quali il provvedimento impugnato rappresenti l’attuazione.

La ricorrente segnala quindi che intende proporre soltanto censure concernenti quelle parti della circolare che si configurano quale novum rispetto alle disposizioni legislative di cui costituiscono attuazione, ovviamente nella misura in cui, limitatamente ad esso, esse sono in grado di determinare una lesione della sfera competenziale di livello costituzionale della Regione ulteriore rispetto a quella già prodottasi per effetto delle disposizioni legislative, anche se per ipotesi dipendenti dalla violazione dei medesimi parametri costituzionali.

Si sofferma, poi, in particolare sulla impugnabilità, nella sede del giudizio per conflitto di attribuzione, di atti aventi la natura di circolare, sottolineando che dalla circolare n. 1/2015 risulta in modo del tutto chiaro ed inequivoco, sia pure implicitamente, la manifestazione di volontà di parte statale in ordine all’affermazione della propria competenza ad adottare precetti violativi delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, in quanto contrastanti con norme costituzionali poste a presidio delle competenze di queste ultime. Da qui, dunque, deriverebbe la sicura ammissibilità del presente conflitto.

2.2.− La Regione Puglia, nel merito, argomenta distinte censure in ordine a diversi passi della circolare.

2.2.1.− Chiede, innanzitutto, di accertare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il potere di adottare la circolare ed in particolare, nella parte concernente il comma 421, il seguente passo (pag. 9): «In relazione ai processi di riordino delle funzioni delle province, secondo la previsione della legge 7 aprile 2014, n. 56, il legislatore ha rapportato le dotazioni organiche delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario al fabbisogno connesso con lo svolgimento delle funzioni fondamentali attribuite dalla predetta legge 56/2014. Le percentuali di riduzione sono tarate [...] in ragione della consistenza delle funzioni fondamentali rispettivamente attribuite agli enti di area vasta».

Il comma 421 prevede una consistente riduzione della pianta organica delle Città metropolitane e delle Province, così disponendo: «La dotazione organica delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario è stabilita, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56, ridotta rispettivamente, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari al 30 e al 50 per cento e in misura pari al 30 per cento per le province, con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, di cui all’articolo 1, comma 3, secondo periodo, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i predetti enti possono deliberare una riduzione superiore. Restano fermi i divieti di cui al comma 420 del presente articolo. Per le unità soprannumerarie si applica la disciplina dei commi da 422 a 428 del presente articolo».

A parere della ricorrente, sarebbe ravvisabile un novum della circolare n. 1/2015 rispetto alla previsione legislativa di cui rappresenta attuazione. E ciò in quanto la legge n. 190 del 2014 non disponeva nulla in ordine alla destinazione del residuo personale delle Province e delle Città metropolitane, mentre nella circolare sarebbe affermato il principio della necessaria ed esclusiva destinazione del personale residuo allo svolgimento delle funzioni fondamentali individuate dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), presso Province e Città metropolitane.

La circolare, introducendo tale principio, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma, Cost., determinando la lesione della competenza legislativa della Regione in materia di «organizzazione amministrativa degli enti locali».

Il «principio di necessaria ed esclusiva destinazione» si porrebbe anche in contrasto con gli artt. 117, terzo e quarto comma, 118, secondo comma, e 119, quarto comma, Cost., in quanto verrebbe precluso al legislatore regionale di esplicare la propria discrezionalità nell’allocazione delle funzioni, dovendo necessariamente destinare il personale residuo alle sole funzioni fondamentali stabilite dalla legge dello Stato. Risulterebbe così violato, oltre che l’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse di cui all’art. 119, quarto comma, Cost., nonché i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, non potendo la legge regionale applicare gli stessi nel riordino delle funzioni a fronte dei limiti alla riallocazione del personale imposti dalla circolare.

La contrarietà a tali principi garantiti dall’art. 118, primo e secondo comma, Cost., deriverebbe, inoltre, dall’impossibilità per il legislatore regionale di attuare il riordino delle funzioni facendosi guidare da essi, posto che gli sarebbe precluso preporre unità di personale allo svolgimento di funzioni ulteriori rispetto a quelle fondamentali.

2.2.2.− La ricorrente chiede, poi, di accertare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il potere di adottare la circolare n. 1 del 2015, ed in particolare, nella parte concernente il comma 422, il seguente passo (pag. 13): «Qualora la Regione, sulla base del precedente assetto, avesse delegato alla provincia l’esercizio di funzioni con connesso trasferimento di risorse finanziarie (anche in forma di potestà impositiva, comprese le entrate derivanti dall’esercizio delle funzioni) a copertura degli oneri di personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato e/o determinato con la provincia, lo stesso personale è trasferito alla regione con relative risorse corrispondenti all’ammontare dei precedenti trasferimenti».

Il comma 422 prevede che venga individuato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità per il 2015, e secondo modalità e criteri definiti nell’ambito delle procedure e degli osservatori di cui all’accordo previsto dall’art. 1, comma 91, della legge n. 56 del 2014, il personale destinato a rimanere assegnato alle Province e alle Città metropolitane, nonché quello destinato invece alle procedure di mobilità, in base ai commi 422 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014.

Il novum delle affermazioni della circolare n. 1/2015 rispetto alla previsione legislativa di cui rappresenta attuazione (già oggetto di ricorso presentato in via principale, n. 38 del 2015) sarebbe costituito dal richiamo, in parte implicito e in parte esplicito, a due differenti (ma correlati) precetti che dovrebbero essere seguiti nel processo di riordino delle funzioni amministrative provinciali e nel correlato processo di ricollocazione del personale soprannumerario per effetto della riduzione della dotazione organica:

a) il principio secondo il quale la Regione dovrebbe riallocare a se stessa le funzioni esercitate fino ad oggi dalle Province sulla base di una delega regionale;

b) il principio secondo il quale la Regione sarebbe tenuta a riassorbire non genericamente una quota del personale in mobilità corrispondente al fabbisogno per l’esercizio di dette funzioni, ma specificamente le singole unità di personale che in concreto le esercitavano.

La circolare, nella parte impugnata, ad avviso del ricorrente, violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118, secondo comma, Cost. Il principio secondo il quale la Regione dovrebbe riallocare a se stessa le funzioni esercitate fino ad oggi dalle Province sulla base di una delega regionale, nella misura in cui riguarda funzioni ricadenti in materie diverse da quelle di competenza esclusiva statale, inciderebbe sull’allocazione delle funzioni amministrative nelle materie regionali, affidata alla competenza legislativa regionale in base agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, secondo comma, Cost. Il principio secondo il quale la Regione sarebbe tenuta a riassorbire non genericamente una quota del personale in mobilità corrispondente al fabbisogno per l’esercizio di dette funzioni, ma specificamente le singole unità di personale che in concreto le esercitavano, invece, inciderebbe sulla materia dell’organizzazione amministrativa regionale, affidata alla competenza della legge regionale dal combinato disposto dei commi secondo, lettera p), e quarto, dell’art. 117 Cost.

La circolare violerebbe anche gli artt. 97, secondo comma, 114, secondo comma, 117, sesto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto, imponendo l’obbligo di assorbimento, tra le unità di personale soprannumerario degli enti di area vasta, proprio di quelle che svolgevano le funzioni esercitate dalla Provincia su delega regionale, verrebbe determinata una lesione alla potestà di autorganizzazione della Regione, cui è precluso preferire l’assorbimento di unità di personale aventi differenti specializzazioni professionali.

La violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, Cost., deriverebbe, infine, dall’imposizione dell’obbligatoria riallocazione a livello regionale di funzioni ad oggi svolte dalle Province (sia pure sulla base di una delega a suo tempo operata dalla Regione).

2.2.3.− La ricorrente chiede, inoltre, di accertare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il potere di adottare la circolare n. 1/2015, ed in particolare, nella parte concernente il comma 424, il seguente passo (pag. 15): «nonché enti da queste dipendenti».

Il primo periodo del citato comma 424 prevede che «[l]e regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità». Il secondo periodo, invece, impone alle Regioni ed agli enti locali di destinare «esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità [...] la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario».

Ad avviso della ricorrente, l’ampliamento, operato dalla circolare, dell’ambito soggettivo originariamente fissato dalla legge n. 190 del 2014 agli «enti dipendenti dalla Regione» rappresenterebbe un quid novi rispetto alla previsione contenuta nel comma 424, la quale invece si limitava alle sole amministrazioni degli enti-Regioni (oltre che agli enti locali).

Il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere p) e g), e quarto comma, Cost. deriverebbe dal difetto, in capo allo Stato, di qualunque titolo competenziale per disciplinare il personale degli enti locali, delle Regioni e degli enti regionali, nonché le rispettive procedure di mobilità, potendo, infatti, intervenire soltanto in relazione alle funzioni fondamentali, agli organi di governo e alla legislazione elettorale di Province, Comuni e Città metropolitane, nonché in relazione all’organizzazione degli enti pubblici nazionali.

Il medesimo passo comporterebbe anche la violazione dell’art. 119, quarto comma, Cost., nonché degli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, Cost. Infatti, la circolare n. 1/2015 estenderebbe l’applicazione della disposizione di cui al comma 424 anche agli enti regionali, oltre che alla Regione-ente. Posta la presunta incostituzionalità – lamentata dalla Regione Puglia nel ricorso promosso in via principale (reg. ric. n. 38 del 2015) – del vincolo (introdotto dal comma 424 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014) a carico degli enti territoriali di realizzare assunzioni a tempo indeterminato solamente attingendo alle graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità del 2015, ovvero al personale delle Città metropolitane e Province messo in mobilità, la circolare, ampliando l’ambito applicativo del precetto de quo, determinerebbe, secondo la ricorrente, una ulteriore violazione del principio di corrispondenza qualitativa tra risorse e funzioni amministrative di pertinenza di ciascun ente territoriale, non potendo quest’ultimo ricercare i profili adeguati dinanzi al bisogno di specifiche professionalità; nonché la violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97, secondo comma, Cost., poiché per le amministrazioni regionali e locali «non sarà possibile organizzare gli uffici pubblici interessati in modo tale da garantire il buon andamento della loro attività amministrativa, per effetto di un precetto evidentemente irragionevole».

2.2.4.− La ricorrente chiede, infine, di accertare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il potere di adottare la circolare n. 1 del 2015, ed in particolare, nella parte concernente il comma 424, il seguente passo (pag. 15): « La percentuale di turn over legata alle facoltà di assunzioni deve essere destinata in via prioritaria all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate al 1° gennaio 2015. Le risorse rimanenti, ovvero quelle derivanti dalle facoltà ad assumere al netto di quelle utilizzate per l’assunzione dei vincitori, devono essere destinate, sommate ai risparmi derivanti dalla restante percentuale di cessazioni (ovvero 40% per il 2015 e 20% per il 2016), ai processi di mobilità del personale soprannumerario degli enti area vasta».

Il novum delle affermazioni contenute nella circolare n. 1/2015, rispetto alla previsione legislativa di cui al comma 424, sarebbe rappresentato dalla priorità che viene imposta a beneficio dei vincitori di concorso rispetto al personale soprannumerario degli enti di area vasta, collocati, invece, sullo stesso piano nella legge n. 190 del 2014.

Il venir meno della possibilità di scelta, da parte della Regione, tra le due categorie di soggetti, eventualmente guidata dalle esigenze organizzative e funzionali della Regione stessa, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma, Cost., in quanto lo Stato difetterebbe di qualunque titolo competenziale per disciplinare il personale degli enti locali e delle Regioni, nonché le rispettive procedure di mobilità, potendo intervenire soltanto in relazione alle funzioni fondamentali, agli organi di governo e alla legislazione elettorale di Province, Comuni e Città metropolitane, nonché per regolare i profili civilistici dei rapporti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche.

Il contrasto con l’art. 119, quarto comma, Cost., nonché con gli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, Cost. deriverebbe dall’introduzione di un ulteriore fattore di irrigidimento rispetto alla disciplina di cui al comma 424, già impugnato dalla Regione Puglia per violazione del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni, del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, perché imponeva l’assunzione di personale prescindendo dalle specifiche esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione regionale. Il novum introdotto dal censurato passo della circolare n. 1/2015 approfondirebbe tali lesioni alla sfera costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto ridurrebbe ulteriormente la possibilità di scelta dell’amministrazione, imponendo un prestabilito ordine di priorità tra le categorie di soggetti individuate dalla norma.

3.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

3.1.− Il resistente ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità in linea generale del conflitto, in quanto la circolare impugnata si limiterebbe a confermare il dettato normativo e sarebbe quindi priva di portata innovativa rispetto ad esso.

Con riferimento ai singoli passi impugnati, lo Stato ha, poi, elaborato le seguenti argomentazioni.

La doglianza concernente il passo della circolare relativo al comma 421 – oltre ad essere inammissibile per la ragione suddetta – sarebbe infondata in quanto il principio di necessaria destinazione del residuo personale alle sole funzioni fondamentali sarebbe pienamente conforme alla legge, posto che, alla luce della legge n. 56 del 2014, sarebbe preclusa alle Regioni la possibilità di attribuire agli enti di area vasta funzioni che il legislatore ha inteso definitivamente sottrarre ad essi.

Le censure riguardanti il passo della circolare relativo al comma 422 sarebbero, innanzitutto, inammissibili – oltre che per il medesimo motivo che accomuna tutte le doglianze (ovvero la mancata portata innovativa) – perché, per quanto concerne il motivo legato all’art. 97 Cost., esso involverebbe la pretesa lesione di un principio di carattere generale e non di una competenza regionale.

Le doglianze sarebbero altresì infondate perché la circolare si limiterebbe a illustrare esemplificativamente una delle modalità con le quali si può dare attuazione al dettato normativo, senza incidere sulle eventuali residue competenze regionali. La Regione, d’altro canto, proprio nell’ambito di tali competenze, resterebbe libera di determinare una diversa allocazione delle funzioni e del relativo personale, come desumibile dalla stessa legge n. 56 del 2014, ed in particolare dal comma 96 dell’art. 1, e dal successivo accordo dell’11 settembre 2014. I criteri generali per tale fase sarebbero del resto cristallizzati nel d.P.C.m. 26 settembre 2014 (Criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l’esercizio delle funzioni provinciali).

La terza serie di censure, relativa al passo della circolare inerente al comma 424 – anch’essa inammissibile per carenza di carattere innovativo – sarebbe infondata per contraddittorietà della posizione sostenuta dalla Regione, che, da un lato, contesta l’obbligo di riassorbimento del personale soprannumerario delle Province e, dall’altro, contesta che tale riassorbimento sia postergato rispetto ai vincitori di concorso la cui chiamata dovrebbe venire incontro proprio alle prioritarie esigenze regionali.

4.− In data 21 marzo 2017, la Regione Puglia ha depositato memoria, tesa a dare conto delle sentenze di questa Corte n. 202 e n. 159 del 2016, intervenute successivamente alla proposizione del conflitto, rilevando come non possa ritenersi esaustiva l’applicazione pura e semplice delle pronunce al concreto caso di specie.

Innanzitutto, con riferimento alla parte della circolare concernente il comma 421, si contesta che il principio di necessaria ed esclusiva destinazione del personale residuo delle Province e delle Città metropolitane alle sole funzioni stabilite dalla legge dello Stato possa essere semplicemente ascritta alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., altrimenti dovendosi ritenere quest’ultima una sorta di “competenza onnicomprensiva” giustificata dalla circostanza che l’intera disciplina concernente il personale di Province e Città metropolitane è considerata uno dei passaggi fondamentali della riforma di cui alla legge n. 56 del 2014. Né alcun rilievo potrebbe assumere – a parere della Regione – la previsione di cui al comma 427 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014, il quale, lungi dal poter assumere una funzione di “salvaguardia”, si limiterebbe a «rende[re] ancor più evidente l’illegittimità del vincolo che quel principio intende porre all’esercizio delle competenze costituzionali».

In ordine al passo della circolare concernente il comma 422, la ricorrente rimarca che quanto ivi disposto non può rientrare nella competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., dovendo invece rientrare nella materia «organizzazione amministrativa della Regione e degli enti regionali», di competenza regionale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., e, più specificamente nei subsettori della predetta materia relativi all’«organizzazione», al «funzionamento degli uffici regionali», nonché alle «modalità di accesso al lavoro pubblico regionale». Né apparirebbe risolutiva la considerazione, valorizzata nella sentenza n. 159 del 2016, della possibilità della riqualificazione del personale che la Regione è tenuta a riassorbire, laddove non disponga delle competenze specificamente richieste; e ciò in quanto rimarrebbe sempre la possibilità che la Regione possa ritenere pienamente adeguata la dotazione organica di cui dispone, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, e di non necessitare quindi di ulteriore personale, al quale sarebbe peraltro collegato un obbligo di riqualificazione professionale.

Relativamente al primo passo della circolare concernente il comma 424 oggetto di censura, se pure si riconosce che le affermazioni contenute nella sentenza n. 202 del 2016 “indeboliscono” le censure mosse dalla ricorrente, si insiste sull’illegittimità di ritenere «del tutto recessivi (e, addirittura, azzerati)» gli ambiti competenziali di cui all’art. 117, quarto comma, Cost., a fronte dell’estensione dell’ambito applicativo della disciplina in esame anche agli enti dipendenti delle Regioni.

Analoghe considerazioni vengono svolte, infine, sulla seconda parte del passo della circolare relativo al comma 424 oggetto di censura, rimandando alle osservazioni esposte con riferimento alla prima parte dello stesso ed insistendo sull’impossibilità di qualificare le affermazioni della circolare, sia pur ammettendone la riconducibilità all’ambito della materia «coordinamento della finanza pubblica», quali «princìpi fondamentali» della materia, in quanto nel caso di specie non viene lasciato alcun margine di azione alle Regioni, con conseguente totale azzeramento di quei profili di autonomia organizzativa cui la stessa pronuncia citata farebbe riferimento.

Considerato in diritto

1.− La Regione Puglia ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ad alcuni passi della circolare n. 1/2015 (DAR Prot. 1856 del 29 gennaio 2015), adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, recante «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190», asseritamente lesivi delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alla Regione, con riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, secondo comma, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettere g) e p), terzo, quarto e sesto comma, 118, primo e secondo comma, e 119, quarto comma, della Costituzione.

2.− La ricorrente chiede, innanzitutto, di accertare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il potere di adottare la circolare n. 1/2015, con particolare riferimento − nella parte concernente il comma 421 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» − al passo che sarebbe innovativo rispetto alla previsione legislativa, poiché sancisce il principio della necessaria destinazione del personale residuo di Province e Città metropolitane allo svolgimento delle funzioni fondamentali.

Ciò contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma Cost., ledendo la competenza legislativa della Regione in materia di «organizzazione amministrativa degli enti locali». Esso comporterebbe inoltre la violazione dell’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto verrebbe precluso al legislatore regionale di esplicare la propria discrezionalità nell’allocazione delle funzioni, dovendo necessariamente destinare il personale residuo alle sole funzioni fondamentali stabilite dalla legge dello Stato; nonché la lesione del principio di corrispondenza tra funzioni e risorse di cui all’art. 119, quarto comma, Cost. e dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione di cui all’art. 118 Cost., non potendo la legge regionale applicare gli stessi nel riordino delle funzioni a fronte dei limiti alla riallocazione del personale imposti dalla circolare.

2.1.− Sotto questo profilo il conflitto è inammissibile.

Va premesso che, quando il conflitto riguarda atti aventi natura non legislativa, secondo la giurisprudenza costituzionale, occorre che la negazione o la lesione della competenza derivino immediatamente dall’atto denunciato come invasivo, nel senso che esso, qualora sia preceduto da altro che ne costituisca il precedente logico e giuridico, non ne ripeta il contenuto e non ne rappresenti una mera e necessaria esecuzione (ex plurimis, sentenze n. 41 del 2014, n. 181 del 1999, n. 467 del 1997, n. 215 del 1996 e n. 472 del 1995). Questa Corte ha inoltre chiarito che è inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione se ha ad oggetto un atto meramente esecutivo di altre disposizioni oggetto di precedente questione di legittimità costituzionale, decisa con sentenza nel senso della non fondatezza (sentenze n. 103 e n. 77 del 2016). Infatti, una volta riconosciute infondate le censure di illegittimità costituzionale rivolte alla norma presupposta, non può riconoscersi alcuna consistenza autonoma alle censure mosse all’atto che si limita a dettare le modalità applicative della norma legislativa (sentenza n. 138 del 1999).

Ebbene, il passo della circolare relativo al citato comma 421 è privo di portata innovativa rispetto a quest’ultimo, limitandosi a ribadire quanto in esso già contenuto in ordine al collegamento della riduzione delle dotazioni organiche delle Città metropolitane e delle Province alle funzioni fondamentali attribuite dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni). Per di più il comma è stato già oggetto di questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Puglia e dichiarata non fondata con sentenza n. 159 del 2016.

3.− Quanto ai rimanenti passi oggetto del conflitto, il merito va affrontato alla luce della giurisprudenza costituzionale elaborata relativamente ai diversi interventi del legislatore statale sugli enti di area vasta.

In particolare, per quanto di interesse, la sentenza n. 159 del 2016, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 421, 422, 423 e 427, della legge n. 190 del 2014, e ribadendo l’impostazione delineata dalla sentenza n. 50 del 2015, che ha rigettato le numerose questioni di costituzionalità aventi ad oggetto diverse disposizioni della legge n. 56 del 2014, ha ricondotto alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. e, con specifico riferimento alle Città metropolitane, a quella di cui all’art. 114 Cost., la disciplina del personale delle Province e delle Città metropolitane e in particolare la sua riduzione, in quanto essa costituisce uno dei passaggi attuativi fondamentali della riforma degli enti di area vasta.

Questa Corte ha, inoltre, ritenuto non fondata la censura relativa alla presunta irragionevolezza della normativa sulla riduzione del personale. Ha sottolineato, al riguardo, come il potere di intervento delle Regioni sull’individuazione delle funzioni non fondamentali e sulla loro allocazione rimanga, comunque, salvaguardato grazie al disposto del comma 427 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014, secondo il quale, a conclusione del processo di ridistribuzione del personale, le stesse Regioni potranno affidare le funzioni non fondamentali alle Città metropolitane, alle Province e agli altri enti locali tramite apposite deleghe e convenzioni, disponendo contestualmente l’assegnazione del relativo personale.

Ugualmente non irragionevole è stata ritenuta la nuova disciplina sotto il profilo della non corrispondenza tra funzioni e risorse, in quanto la legge n. 56 del 2014 aveva già direttamente effettuato l’individuazione delle funzioni fondamentali delle Province e di quelle delle Città metropolitane ed è sulla base di tale operazione che si è proceduto a quantificare le risorse umane e materiali necessarie per il loro esercizio. Ciò ha portato questa Corte ad escludere, contrariamente a quanto lamentato dalle Regioni, che vi sia stata una riduzione del personale aprioristica e quindi di per sé irragionevole in quanto slegata dalla valutazione delle funzioni destinate ai diversi enti territoriali.

Il potere riconosciuto dal citato comma 427, sempre secondo quanto chiarito da questa Corte, porta ad escludere anche la violazione dell’art. 118 Cost. Le Regioni infatti – lungi dall’essere costrette a tradire i princìpi di sussidiarietà e adeguatezza nella riallocazione delle funzioni non fondamentali, perché condizionate dalla dotazione organica che il legislatore statale ha già cristallizzato – restano libere, a conclusione del processo di ricollocazione del personale previsto dalla medesima legge, di attribuire alle Province e alle Città metropolitane le funzioni non fondamentali in attuazione dei princìpi richiamati, sia pure assumendo i relativi oneri finanziari (sentenza n. 159 del 2016).

È stata esclusa, infine, la violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., evocato sotto il profilo del rischio di assorbimento di personale non qualificato, in considerazione dell’art. 4 del d.P.C.M. 26 settembre 2014 (Criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l’esercizio delle funzioni provinciali), il quale prevede che le amministrazioni interessate al riordino individuino il personale attenendosi, tra l’altro, al criterio dello svolgimento, in via prevalente, di compiti correlati alle funzioni oggetto di trasferimento.

Sulla scia di tale impostazione si pongono poi le successive pronunce, relative ad altri commi del medesimo art. 1 della legge n. 190 del 2014 (sentenze n. 202, n. 176 e n. 159 del 2016, pronunciatesi sulla legittimità costituzionale, rispettivamente, dei commi 424, 428 e 421 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014).

In particolare questa Corte ha chiarito che il citato comma 424, sancendo l’obbligo, per il biennio 2015-2016, a carico delle Regioni e degli enti locali di destinare le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato all’immissione in ruolo dei vincitori di concorso già espletati e alla ricollocazione del personale cosiddetto soprannumerario, non impone un vincolo di destinazione alle risorse finanziarie regionali, in quanto «non convoglia le risorse trasferite dallo Stato alle Regioni verso un impiego che implica la sovrapposizione di un indirizzo politico centrale a quello locale (sentenza n. 423 del 2004), ma opera sulle risorse di cui le Regioni già dispongono a qualsivoglia titolo, rispettandone la destinazione, che resta il frutto di una decisione del livello di governo decentrato, volta alla assunzione a tempo indeterminato di personale. È solo impedita la sua selezione al di fuori della forza lavorativa soprannumeraria e dei vincitori dei concorsi già espletati, nel rispetto della finalità cui la Regione e gli enti locali hanno preposto le risorse economiche disponibili». (sentenza n. 202 del 2016).

4.− Questi precedenti giurisprudenziali non possono che condurre ad una pronuncia di non fondatezza.

Difatti tutti i passi della circolare oggetto di censura altro non sono che dei «segmenti attuativi» della cosiddetta riforma delle Province, in quanto tesi a disciplinarne aspetti più specifici, fisiologicamente estranei alla disciplina generale della fonte legislativa (come nel caso della parte relativa al comma 422 e del secondo passo censurato della parte relativa al comma 424), o ad introdurre modifiche ed integrazioni idonee a garantire una maggiore sistematicità e coerenza alla riforma (come nel caso del primo passo censurato della parte relativa al comma 424).

Anch’essi, pertanto, sono riconducibili all’esercizio della potestà statale fondata sugli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), Cost. (sentenze n. 202, n. 176 e n. 159 del 2016, n. 50 del 2015); e, da un punto di vista contenutistico, sono in linea con il riordino delle Province e delle Città metropolitane disegnato dalla legge n. 56 del 2014, di cui questa Corte ha evidenziato l’armonia con l’architettura costituzionale, con le ricordate sentenze n. 202 e n. 159 del 2016, n. 50 del 2015.

5.− Ciò vale anzitutto per il passo della circolare n. 1/2015, contenuto nella parte concernente il comma 422 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014.

5.1.− Secondo la ricorrente la circolare in questo caso introdurrebbe, in via implicita, il principio secondo il quale la Regione deve riallocare presso di sé le funzioni esercitate – nel precedente assetto − dalle Province sulla base di una delega regionale, e, in via esplicita, il principio secondo il quale la Regione è tenuta a riassorbire, non genericamente una quota del personale in mobilità corrispondente al fabbisogno per l’esercizio di dette funzioni, ma specificamente le singole unità di personale che in concreto le esercitavano.

Il primo principio, nella misura in cui riguarda funzioni ricadenti in materie diverse da quelle di competenza esclusiva statale, inciderebbe sull’allocazione delle funzioni amministrative nelle materie regionali, affidata alla competenza legislativa regionale in base agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. Il secondo, invece, inciderebbe sulla materia dell’organizzazione amministrativa regionale, affidata alla competenza della legge regionale dal combinato disposto dei commi secondo, lettera p), e quarto dell’art. 117 Cost.

Il passo della circolare violerebbe, poi, gli artt. 97, secondo comma, 114, secondo comma, 117, sesto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto, imponendo l’obbligo di assorbimento, tra le unità di personale soprannumerario degli enti di area vasta, proprio di quelle che svolgevano le funzioni esercitate dalla Provincia su delega regionale, comporterebbe una lesione della potestà di autorganizzazione della Regione, cui sarebbe precluso preferire l’assorbimento di unità di personale aventi differenti specializzazioni professionali.

5.2.− Va ricordato che nella sentenza n. 159 del 2016 è stato chiarito che il comma 427 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 esclude il contrasto con l’art. 118 Cost., in quanto in esso si è previsto un apposito meccanismo che permette alle Regioni – a conclusione del procedimento di mobilità − di attribuire alle Province e alle Città metropolitane le funzioni non fondamentali, in attuazione del principio di sussidiarietà e adeguatezza.

Tale previsione, unitamente al dettato dell’art. 4 del d.P.C.m. 26 settembre 2014 (ugualmente valorizzato dalle sentenze n. 202 e n. 159 del 2016), induce ad escludere la violazione di tutti i parametri invocati, ivi compreso quello dell’art. 97 Cost., con riferimento al rischio paventato dalle Regioni di vedersi preclusa la possibilità di ricercare le professionalità adeguate alle esigenze funzionali.

6.− La ricorrente censura, inoltre, l’estensione agli enti dipendenti dalle Regioni del vincolo, fissato dal comma 424 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014, di attingere, per le assunzioni a tempo indeterminato, solamente dalle graduatorie di vincitori di concorso vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità del 2015, ovvero dal personale di Città metropolitane e Province messo in mobilità.

L’estensione comporterebbe «la ulteriore violazione, in relazione a questo specifico aspetto, dei medesimi parametri costituzionali» asseritamente lesi dal disposto del comma 424. Sarebbe, cioè, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere p) e g), e quarto comma, Cost., in quanto lederebbe la competenza legislativa regionale in materia di «ordinamento degli enti locali», comprensiva dell’accesso al lavoro regionale, rientrando nella competenza dello Stato soltanto la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Province, Comuni e Città metropolitane, nonché l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali.

A parere della Regione, la previsione comporterebbe anche la violazione dell’art. 119, quarto comma, nonché degli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, Cost., in quanto esso determinerebbe la violazione, da un lato, del principio di corrispondenza qualitativa tra risorse e funzioni amministrative di pertinenza di ciascun ente territoriale, non potendo quest’ultimo ricercare i profili adeguati dinanzi al bisogno di specifiche professionalità; dall’altro lato, dei princìpi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, poiché alle amministrazioni regionali e locali sarebbe impedito di poter organizzare gli uffici pubblici interessati in modo da garantire l’efficienza ed il corretto funzionamento della loro attività.

6.1.− Premessa, per quanto sopra osservato, la riconducibilità della materia alla competenza legislativa esclusiva statale, va precisato che la Regione censura l’ampliamento dell’ambito applicativo disposto dalla circolare non in sé ma in quanto da esso deriva l’ulteriore violazione degli stessi parametri reputati lesi dal comma 424.

Ebbene, la sentenza n. 202 del 2016 ha escluso che quest’ultima disposizione abbia imposto un vincolo di destinazione alle risorse finanziarie regionali, in quanto essa non devia le risorse trasferite dallo Stato alle Regioni verso un impiego che implica la sovrapposizione di un indirizzo politico centrale a quello locale, ma si limita a incidere sulle risorse di cui le Regioni già dispongono a qualsivoglia titolo, nel rispetto della destinazione, individuata a livello di governo decentrato, volta alla assunzione a tempo indeterminato di personale.

6.2.− Le previsioni di cui al comma 427 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 ed all’art. 4 del d.P.C.m. 26 settembre 2014 – secondo quanto già osservato con riferimento al passo della circolare precedentemente esaminato – consentono poi di escludere il rischio, lamentato dalla Regione, dell’assorbimento di personale non qualificato e della conseguente preclusione di una coerente ed efficiente organizzazione degli uffici. Ciò porta quindi a negare il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.

6.3.− La ricorrente, sempre con riferimento alla parte della circolare concernente il comma 424, censura, infine, la previsione che, nell’ambito dei soggetti destinatari delle assunzioni a tempo indeterminato, sia data la priorità ai vincitori di concorso rispetto al personale soprannumerario degli enti di area vasta.

Ciò comporterebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma, Cost., in quanto lo Stato difetterebbe di qualunque titolo per disciplinare il personale degli enti locali e delle Regioni, e le rispettive procedure di mobilità, nonché degli artt. 119, quarto comma, 3, primo comma, e 97, secondo comma, Cost., in quanto, riducendo la possibilità di scelta dell’amministrazione, introdurrebbe un fattore di ulteriore irrigidimento rispetto alla disciplina di cui al citato comma 424, già impugnato dalla Regione per violazione del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni, del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, perché imponeva l’assunzione di personale prescindendo dalle specifiche esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione regionale.

6.4.− Anche con riferimento a tale passo della circolare – in ordine al quale valgono le medesime conclusioni sulla riconducibilità della materia alla competenza legislativa esclusiva statale elaborate con riferimento agli altri passi – le argomentazioni della sentenza n. 202 del 2016 relative alla mancata incidenza dello Stato sulla scelta della destinazione delle risorse, sopra ricordate, portano ad escludere la violazione dell’art. 119 Cost.

In particolare, analogamente a quanto esposto in ordine al profilo relativo al precedente passo concernente il comma 424, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. è scongiurata dal dettato del comma 427 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 e dall’art. 4 del d.P.C.m. 26 settembre 2014, che – come chiarito – recuperano il potere di scelta delle Regioni nella materia.

7.− In conclusione, la riconduzione della disciplina censurata agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), Cost. e il mancato contrasto con gli artt. 3, 97, 118 e 119 Cost., comportano la non fondatezza del conflitto in oggetto.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione, promosso dalla Regione Puglia nei confronti dello Stato in relazione alla circolare n. 1/2015 (DAR Prot. 1856 del 29.1.2015), adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, recante «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190», relativamente al passo concernente il comma 421, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava allo Stato adottare la circolare n. 1/2015 (DAR Prot. 1856 del 29.1.2015).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 aprile 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2017.