ORDINANZA N. 169
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale della «legge istitutiva» dell’imposta municipale propria (IMU), dell’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), e dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, promossi dalle Commissioni tributarie provinciali di Massa Carrara e di Novara con ordinanze del 25 marzo e del 26 ottobre del 2015, rispettivamente iscritte al n. 219 del registro ordinanze 2015 ed al n. 18 del registro ordinanze 2016 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2015 e n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Confederazione italiana della proprietà edilizia (Confedilizia);
udito nella camera di consiglio del 1° giugno 2016 il Giudice relatore Aldo Carosi.
Ritenuto che, con ordinanza del 25 marzo 2015 (r.o. n. 219 del 2015), la Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara ha sollevato questioni di legittimità costituzionale della «legge istitutiva» dell’imposta municipale propria (IMU) in riferimento agli artt. 42 e 53 Cost.;
che ad avviso del giudice rimettente l’IMU, colpendo un reddito virtuale, anche ove l’immobile non possa produrlo, violerebbe il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., in quanto dovuta a prescindere dalla percezione di un reddito da parte del proprietario del bene, chiamato ad adempiere all’obbligazione tributaria indipendentemente da disponibilità finanziarie sufficienti a pagare quanto dovuto e quindi costretto a svendere il bene, a ricorrere a forme di finanziamento penalizzanti o a rilasciare l’immobile al Comune;
che, alla luce di tali ultime considerazioni, l’imposta contrasterebbe anche con l’art. 42 Cost., in quanto impedirebbe il mantenimento della proprietà acquistata a titolo successorio da parte di soggetti privi di reddito che potrebbero destinare l’immobile ad abitazione personale;
che il giudice a quo riferisce di essere stato adito da un contribuente che ha impugnato il silenzio rifiuto del Comune di Aulla formatosi in ordine alle istanze di restituzione di quanto versato a titolo di IMU negli anni 2012 e 2013, onde, secondo il rimettente, la rilevanza della questione;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha anzitutto eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate, atteso che l’ordinanza non individuerebbe esattamente le disposizioni censurate, non offrirebbe un’adeguata ricostruzione del quadro normativo di riferimento, conterrebbe censure assolutamente generiche e, fornendo un’insufficiente descrizione della fattispecie, non permetterebbe di verificare la necessità di applicazione delle disposizioni della cui legittimità costituzionale il rimettente dubita;
che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, nel merito la censura sollevata in riferimento all’art. 53 Cost. sarebbe comunque infondata, in quanto il presupposto dell’imposta non consisterebbe nella percezione di un reddito ma nel possesso di immobili;
che, quanto all’asserito contrasto con l’art. 42 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato sottolinea come la garanzia costituzionale della proprietà privata non sia d’ostacolo a scelte impositive rispettose degli artt. 3 e 53 Cost., in quanto la compressione del principio di tutela della proprietà avverrebbe allo scopo di realizzare il riparto solidaristico del carico del concorso alle spese pubbliche e sociali, avendo come limite invalicabile soltanto l’ossequio al principio di uguaglianza;
che è intervenuta in giudizio la Confederazione italiana della proprietà edilizia (Confedilizia), non costituita in quello principale, argomentando in ordine all’ammissibilità dell’intervento spiegato e, nel merito, sostenendo la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara;
che la medesima Confedilizia ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza camerale, ribadendo l’ammissibilità del proprio intervento e la fondatezza delle questioni sollevate dal rimettente;
che, con ordinanza del 26 ottobre 2015 (r.o. n. 18 del 2016), la Commissione tributaria provinciale di Novara ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), e dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost.;
che il rimettente rammenta come l’art. 8 del d.lgs. n. 23 del 2011 abbia istituito l’IMU – in sostituzione, per la componente immobiliare, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari afferenti ai beni non locati, nonché dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) – e l’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 ne abbia anticipato l’applicazione in via sperimentale a decorrere dall’anno 2012;
che, ad avviso del giudice a quo, l’IMU contrasterebbe anzitutto con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto, a parità di imponibile e di aliquota, si applicherebbe a tutti i contribuenti a prescindere dalle singole posizioni economiche e reddituali, sebbene la capacità contributiva del singolo soggetto vada valutata nel suo complesso e non desunta dal solo possesso di immobili, per quanto indice di agio;
che, pertanto, un’imposizione quale quella in considerazione, gravando ugualmente su contribuenti di alto e di basso reddito, prescinderebbe dall’effettiva capacità contributiva degli stessi – la cui entità risulterebbe ricostruita in termini distorti e fittizi, anche in ragione della mancata considerazione dei costi di mantenimento del bene e dell’eventuale mutuo acceso per l’acquisto – penalizzando maggiormente i secondi, anche nella possibilità di risparmiare, in spregio al principio di uguaglianza ed ai principi di capacità contributiva e di progressività;
che, secondo il rimettente, il mancato adattamento dell’imposta alla capacità contributiva specifica ed effettiva del contribuente, oltre a violare il principio di uguaglianza, si porrebbe in contrasto con il principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost.;
che, infine, l’imposta istituita e disciplinata dalle norme censurate, non tenendo conto della situazione economica contingente, caratterizzata da una profonda crisi incidente negativamente sul reddito dei contribuenti e sul valore degli immobili, violerebbe anche gli artt. 42, secondo comma, e 47, primo comma, Cost., in quanto colpirebbe «il diritto di mantenere la proprietà privata» e la disponibilità di beni immobili, accumulo di ricchezza equiparabile ad una forma di risparmio statico;
che il giudice a quo riferisce di essere stato adito da un contribuente che ha impugnato il silenzio rifiuto del Comune di Miasino formatosi in ordine all’istanza di rimborso di quanto versato a titolo di IMU nell’anno 2012, chiedendo la condanna dell’ente alla restituzione: la questione sarebbe rilevante in quanto il riconoscimento del diritto al rimborso dipenderebbe dalla declaratoria d’incostituzionalità delle disposizioni censurate ed andrebbe negato in caso contrario;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha sollevato eccezioni di inammissibilità e svolto nel merito argomenti difensivi coincidenti con quelli sviluppati in relazione alle questioni proposte dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara;
che è intervenuta in giudizio la Confedilizia, non costituita in quello principale, argomentando in ordine all’ammissibilità dell’intervento spiegato e, nel merito, sostenendo la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Novara;
che la medesima Confedilizia ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza camerale, ribadendo l’ammissibilità del proprio intervento e la fondatezza delle questioni sollevate dal rimettente.
Considerato che, con ordinanza del 25 marzo 2015 (r.o. n. 219 del 2015), la Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara ha sollevato questioni di legittimità costituzionale della «legge istitutiva» dell’imposta municipale propria (IMU) in riferimento agli artt. 42 e 53 Cost.;
che, con ordinanza del 26 ottobre 2015 (r.o. n. 18 del 2016), la Commissione tributaria provinciale di Novara ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), e dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost.;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, eccependo in via preliminare l’inammissibilità delle questioni sollevate – per mancata esatta individuazione delle disposizioni censurate, inadeguata ricostruzione del quadro normativo di riferimento, genericità delle censure ed insufficiente descrizione della fattispecie – e, nel merito, deducendone l’infondatezza;
che in entrambi i giudizi è intervenuta la Confederazione italiana della proprietà edilizia (Confedilizia), non costituita nei giudizi a quibus, argomentando in ordine all’ammissibilità degli interventi spiegati e, nel merito, sostenendo la fondatezza delle questioni di legittimità sollevate dai rimettenti;
che, in via preliminare, deve essere disposta la riunione dei giudizi promossi con le indicate ordinanze, entrambe aventi ad oggetto la normativa che istituisce e disciplina l’IMU, censurata in riferimento a parametri costituzionali in larga misura coincidenti;
che, sempre in via preliminare, devono essere dichiarati inammissibili gli interventi spiegati da Confedilizia, che non è parte nei giudizi a quibus;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 221 del 2015), sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale le sole parti del giudizio principale ed i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura;
che la Confedilizia non è parte nei giudizi principali né risulta essere titolare di un siffatto interesse qualificato, atteso che quest’ultimo è suscettibile di essere inciso solo in maniera mediata e riflessa dalla pronuncia di questa Corte sulla normativa di istituzione e di disciplina dell’IMU;
che conseguentemente gli interventi spiegati devono essere dichiarati inammissibili;
che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara in riferimento agli artt. 42 e 53 Cost. sono manifestamente inammissibili;
che il giudice rimettente, limitandosi a censurare la «legge istitutiva» dell’IMU ed omettendo di descrivere compiutamente la fattispecie al suo esame, non individua le norme della cui legittimità costituzionale dubita;
che «dalla mancata indicazione della norma censurata (ordinanze n. 307 del 2011, n. 227 del 2007 e n. 85 del 2003), che, all’esame dell’intero contesto dell’atto di rimessione, non risulta identificabile nemmeno per indicazione implicita, stante anche la carenza descrittiva della fattispecie concreta» (ordinanza n. 312 del 2012) deriva l’inammissibilità delle questioni sollevate;
che l’impossibilità, per le enunciate ragioni, di una precisa individuazione delle norme censurate si riverbera inevitabilmente sulla rilevanza della questione, non potendosi valutare la necessità di applicazione delle norme stesse (ordinanza n. 312 del 2012);
che anche le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8 del d.lgs. n. 23 del 2011 e 13 del d.l. n. 201 del 2011, sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Novara in riferimento agli artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost., sono manifestamente inammissibili;
che le doglianze proposte – le quali investono nella loro totalità gli articoli indicati, composti da numerosi commi che, a loro volta, rinviano spesso ad altre disposizioni – si risolvono sostanzialmente nella censura dell’intero complesso normativo riguardante l’istituzione e la disciplina dell’imposta, nei suoi aspetti sostanziali e procedimentali;
che la circostanza che le disposizioni impugnate abbiano oggetti eterogenei rende le questioni inammissibili (sentenza n. 263 del 1994), stante anche l’impossibilità di selezionare le norme da applicare nel giudizio a quo, cui circoscrivere lo scrutinio, considerata l’insufficiente descrizione della fattispecie concreta;
che, peraltro, «il giudice a quo è tenuto ad individuare la norma, o la parte di essa, che determina la paventata violazione dei parametri costituzionali invocati (ex plurimis, ordinanze n. 21 del 2003, n. 337 del 2002 e n. 97 del 2000)» (sentenza n. 218 del 2014) a pena di inammissibilità della questione;
che, pertanto, le questioni sollevate dalle ordinanze indicate in epigrafe risultano manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della «legge istitutiva» dell’imposta municipale propria (IMU), sollevate, in riferimento agli artt. 42 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), e dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Novara con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Carmelinda MORANO, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2016.