SENTENZA N. 66
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promossi dalla Commissione tributaria provinciale di Agrigento con due ordinanze del 7 luglio 2014, iscritte ai nn. 174 e 175 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2015 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.
1.– Con due ordinanze del 7 luglio 2014, la Commissione tributaria provinciale di Agrigento ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nelle parti in cui non stabiliscono alcun limite di natura qualitativa e/o quantitativa oltre il quale la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli cessa di essere attività connessa a quella agricola e diviene attività industriale che genera reddito di impresa soggetto a tassazione ordinaria.
Le disposizioni censurate violerebbero gli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione in quanto determinerebbero un sistema di fiscalità di favore assolutamente irragionevole e privo di qualsiasi nesso con l’effettiva capacità contributiva, traducendosi nell’esonero dalla tassazione ordinaria dei ricavi derivanti dalla produzione di energia da fonti rinnovabili.
2.– La Commissione tributaria espone che la Società Agricola Solar Farm srl, destinataria di due avvisi di accertamento fondati su processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di finanza a seguito di attività di verifica presso l’azienda della ricorrente, esercitava l’attività di coltivazione di ortaggi in serre e l’attività di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica, cedendo l’energia prodotta al Gestore servizi energetici verso corrispettivo, e aveva presentato la dichiarazione dei redditi, optando per il regime impositivo di cui all’art. 32 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi − Testo post riforma 2004), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006. A seguito di verifica da parte della Guardia di finanza, l’Agenzia delle entrate aveva emesso gli impugnati avvisi di accertamento, con i quali veniva disapplicato il regime di cui al citato art. 32. Nei ricorsi articolati dalla Società Agricola Solar Farm srl, veniva, tra l’altro, dedotta l’illegittimità degli atti impositivi per violazione di quest’ultima norma, dell’art. 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006. La ricorrente, in particolare, deduceva che, in virtù del combinato disposto delle due disposizioni da ultimo richiamate, l’attività di produzione di energia elettrica mediante impianto fotovoltaico doveva considerarsi attività agricola connessa “senza alcuna eccezione e senza alcun limite”, idonea a generare esclusivamente reddito agrario assoggettato al regime di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 917 del 1986 (d’ora in avanti, «TUIR»).
L’Agenzia delle entrate contestava tale assunto, evidenziando che le richiamate disposizioni richiedono che l’attività di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili debba essere effettivamente connessa a quella agricola e non debba essere così ingente da modificare radicalmente la natura dell’attività esercitata, così da renderla non più agricola ma industriale. In particolare, nel caso specifico della Società Agricola Solar Farm srl, l’Agenzia delle entrate sottolineava che i ricavi provenienti dall’attività agricola erano stati pari a euro 1.162,50 per l’anno 2011 e a euro 250,50 per l’anno 2010, a fronte di corrispettivi per la cessione di energia elettrica ottenuta da impianto fotovoltaico pari a euro 3.286.574,00 per l’anno 2011 e a euro 1.780.190,00 per l’anno 2010. Alla luce di tali dati, l’Agenzia delle entrate sosteneva che per la società in esame l’attività agricola era da considerare assolutamente marginale, essendosi in presenza di un’attività industriale di produzione di energia elettrica.
L’Ufficio impositore aggiungeva che, secondo quanto previsto dalla circolare n. 32/E del 6 luglio 2009 dell’Agenzia delle entrate, la produzione di energia elettrica non sarebbe da considerare attività connessa a quella agricola se sono superati i 200 kw di potenza nominale complessiva. La ricorrente replicava che tale soglia e le ulteriori condizioni restrittive per l’accesso ai vantaggi fiscali sono contenute esclusivamente nelle circolari dell’Agenzia delle entrate.
2.1.– Tanto premesso, il giudice rimettente osserva che nell’art. 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005, nel testo applicabile ratione temporis, e nell’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006 non è previsto alcun limite oltre il quale la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli, incluse le società agricole, cessa di essere attività connessa a quella agricola (con conseguente regime fiscale di favore) e diviene attività industriale che genera reddito di impresa soggetto a tassazione ordinaria. Pertanto, sulla base di tali disposizioni il regime fiscale di favore per le imprese agricole dovrebbe applicarsi – come nella vicenda in esame – anche verso soggetti economici che, a fronte di un’attività agricola assolutamente marginale, ottengono ricavi notevolmente maggiori dalla produzione di energia da fonti rinnovabili.
La Commissione tributaria siciliana, alla luce della ricostruzione normativa appena ripercorsa, rileva, però, che l’applicazione del regime fiscale di favore per la Società Agricola Solar Farm srl ha comportato un debito per imposta sul reddito delle società (IRES) assolutamente irrisorio (pari ad appena euro 687,00 per l’anno 2011 e euro 349,00 per l’anno 2010), pur in presenza di ricavi di diversi milioni di euro derivanti dalla produzione di energia da fonti rinnovabili. E ciò in palese contrasto con i principi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., con quelli di uguaglianza e di ragionevolezza desumibili dall’art. 3 Cost. e con il principio della capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost.
Un ulteriore indice dell’irragionevolezza dell’art. 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 sarebbe, poi, implicitamente desumibile dalle modifiche introdotte dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, con il quale si è stabilito un diverso criterio per la tassazione dei proventi dall’attività di cessione di energia elettrica, «applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 25 per cento». A parere del giudice rimettente, tale intervento del legislatore dimostrerebbe la consapevolezza da parte di quest’ultimo dell’inadeguatezza della norma nella sua precedente formulazione (applicabile nel caso in esame) e del carattere assolutamente ingiustificato dei vantaggi fiscali da essa derivanti.
Il giudice a quo rileva, infine, che le disposizioni censurate non sarebbero suscettibili di interpretazioni adeguatrici costituzionalmente orientate, atteso che sono del tutto carenti di qualsivoglia indicazione su un eventuale limite alla qualificazione – come attività connessa a quella agricola – della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Del resto, la fissazione di limiti o di soglie, trattandosi di materia squisitamente tecnica, comporterebbe arbitrarie valutazioni da parte dell’amministrazione o dello stesso giudice e, peraltro, sulle norme in questione non si sarebbe formata una giurisprudenza idonea ad assurgere al rango di “diritto vivente”.
3.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per carenza di motivazione o non fondata.
3.1.– Vengono eccepiti diversi profili di inammissibilità.
Innanzitutto, nell’ordinanza di rimessione non sarebbero state illustrate le ragioni poste a fondamento delle lamentate violazioni dei principi di solidarietà e di capacità contributiva, limitandosi la Commissione tributaria provinciale di Agrigento ad asserire apoditticamente la violazione degli invocati parametri costituzionali.
Sarebbe, inoltre, ravvisabile un difetto di motivazione su un punto decisivo ai fini della rilevanza. E ciò in quanto la Commissione tributaria ritiene che la società ricorrente, in qualità di società agricola, in forza dell’art. 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d, f, g, l, e e, della L. 7 marzo 2003, n. 38), possa optare per il regime fiscale di favore mediante la tassazione su base catastale prevista dall’art. 32 del «TUIR». Sarebbe però sfuggito al rimettente che nei giudizi a quibus è contestata proprio la circostanza che la Società Agricola Solar Farm srl possa essere considerata una società agricola ai sensi del citato art. 2. Viene rilevato che, in base a tale disposizione e all’art. 2135 del codice civile, non perdono la qualifica di società agricola gli organismi che pongono in essere “attività connesse all’agricoltura” purché lo svolgimento di tali attività strumentali non incida sull’esclusività dell’esercizio dell’attività agricola, ossia non snaturi la capacità di produzione di reddito della società che deve originare principalmente dalle attività agricole. Alla luce di tale normativa, la Società Agricola Solar Farm srl non potrebbe essere assimilata alla società agricola di cui al predetto art. 2, in considerazione dell’esiguità dei ricavi provenienti dall’attività agricola rispetto a quelli ottenuti con la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La Commissione tributaria non avrebbe affrontato tale profilo, nulla esponendo sulle ragioni per cui debba ritenersi superabile la contestazione sollevata nei giudizi a quibus circa la possibilità di includere la società ricorrente nella platea dei beneficiari di quel regime fiscale di favore, in quanto società agricola.
3.2.– A parere del Presidente del Consiglio dei ministri, tali considerazioni si riverbererebbero anche in punto di manifesta infondatezza della questione sollevata dalla Commissione tributaria siciliana.
Infatti, le disposizioni denunciate, seppure nella loro generalità – necessitata dal carattere emergente del fenomeno disciplinato – apparirebbero rispettose dei parametri costituzionali evocati dal giudice rimettente.
In primo luogo, la disciplina in esame risulterebbe ragionevole (e rispettosa, quindi, dell’invocato art. 3 Cost.) e non violativa del principio di capacità contributiva (in ossequio a quanto stabilito dall’art. 53 Cost.). Il precetto della connessione con l’attività agricola sancito dal legislatore, in applicazione dei principi generali in materia di tassazione del reddito agrario e del reddito di impresa (con particolare riferimento al principio della cosiddetta “prevalenza”), consentirebbe di attrarre a quest’ultimo reddito – e quindi nel regime di tassazione ordinario – quello agrario e le attività connesse (quale quella del fotovoltaico) in presenza di un surplus reddituale.
La correttezza di tale interpretazione e della prassi applicativa adottata dall’Amministrazione con l’emanazione della ricordata circolare n. 32/E del 6 luglio 2009 troverebbe, del resto, conferma legislativa nell’art. 22 del d.l. n. 66 del 2014, con il quale, in considerazione dell’espandersi del fenomeno dell’impiego del fotovoltaico in agricoltura e della conseguente necessità di una tassazione adeguata, il limite indicato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate del 2009 è stato rideterminato (da 200 kw a 260.000 kwh), al fine di renderlo coerente con il principio di capacità contributiva. Con tale disposizione legislativa è stata prevista una disciplina transitoria per l’anno 2014, e una a regime per gli anni dal 2015 in poi. Tale evoluzione normativa confermerebbe, dunque, che l’interpretazione delle norme denunciate propugnata dall’Amministrazione esclude in radice la possibilità di creare un sistema di fiscalità di favore per le imprese agricole produttrici di energia da fonti rinnovabili e consente, in ossequio ai principi di ragionevolezza, uguaglianza e capacità contributiva, di allontanare qualsiasi rischio di esonero dalla tassazione di ricavi talvolta assai consistenti.
1.– Con due ordinanze del 7 luglio 2014 la Commissione tributaria provinciale di Agrigento ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nelle parti in cui non stabiliscono alcun limite di natura qualitativa e/o quantitativa oltre il quale la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli cessa di essere attività connessa a quella agricola e diviene attività industriale che genera reddito di impresa soggetto a tassazione ordinaria.
2.– Il giudice a quo premette che la Società Agricola Solar Farm srl, destinataria di due avvisi di accertamento, esercitava l’attività di coltivazione di ortaggi in serre e quella di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica, cedendo l’energia prodotta al Gestore servizi energetici verso corrispettivo, e che aveva presentato la dichiarazione dei redditi, optando per il regime impositivo di cui all’art. 32 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi − Testo post riforma 2004), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006. A seguito di verifica da parte della Guardia di finanza, l’Agenzia delle entrate aveva emesso gli impugnati avvisi di accertamento, con i quali veniva disapplicato il regime di cui al citato art. 32, reputandosi che nel caso di specie l’attività di produzione di energia elettrica mediante impianto fotovoltaico, in quanto prevalente, non fosse qualificabile come attività connessa a quella agricola, e quindi fosse inidonea a generare reddito agrario.
2.1.– Il giudice rimettente osserva, tuttavia, che nell’art. 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005, nel testo applicabile ratione temporis, e nell’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006 non è previsto alcun limite oltre il quale la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli cessano di essere attività connesse a quella agricola (con conseguente regime fiscale di favore) e divengono attività che generano reddito di impresa soggetto a tassazione ordinaria. Ne consegue, a suo avviso, che il regime fiscale di favore per le imprese agricole dovrebbe applicarsi – come nella vicenda in esame – anche a soggetti economici che, a fronte di un’attività agricola marginale, ottengono ricavi notevolmente maggiori dalla produzione di energia.
La Commissione tributaria provinciale ritiene che ciò si ponga in palese contrasto con i principi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., con quelli di uguaglianza e di ragionevolezza desumibili dall’art. 3 Cost., nonché con il principio della capacità contributiva dell’art. 53 Cost., atteso che il trattamento fiscale di favore eccederebbe ogni ragionevolezza.
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione.
L’eccezione non è fondata in quanto le due ordinanze di rimessione, che trattano in maniera unitaria tutti e tre i parametri invocati, argomentano adeguatamente le ragioni di incostituzionalità delle disposizioni censurate.
3.1.– Ugualmente non fondata è l’eccezione di inammissibilità della questione per carente motivazione sulla rilevanza, ed in particolare sulla sussistenza del presupposto dell’esercizio dell’attività agricola in via prevalente per l’applicazione delle disposizioni censurate.
Difatti, l’intero iter motivazionale delle due ordinanze è appunto imperniato sulla mancanza della previsione normativa del requisito della prevalenza ai fini del riconoscimento della qualifica di società agricola: in questa prospettiva non vi è la necessità di accertarne la sussistenza.
4.– Nel merito, la questione non è fondata.
4.1.– La Commissione tributaria provinciale di Agrigento ritiene che alla stregua della disciplina vigente la Società Agricola Solar Farm srl possa optare per il regime impositivo di favore, cui all’art. 32 del d.P.R. n. 917 del 1986, d’ora in avanti, «TUIR», per il reddito derivante dall’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili fotovoltaiche.
4.2.– La disciplina della materia è anzitutto contenuta nell’art. 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d, f, g, l, e e, della L. 7 marzo 2003, n. 38), che individua le società agricole come quelle che «hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’art. 2135 del codice civile»; e tali attività, ai sensi del primo comma della norma richiamata, sono «coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse».
L’art. 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005, poi, individua tra le attività connesse anche «[…] la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, […]» e aggiunge che esse si considerano produttive di reddito agrario.
4.3.– Il legislatore si preoccupa, peraltro, di perimetrare la categoria delle attività connesse, ricorrendo al principio della «prevalenza» dell’attività propriamente agricola nell’economia complessiva dell’impresa. E questa condizione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, riguarda tutte le attività connesse, ivi compresa quella di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, anche se per quest’ultima non vi è una espressa indicazione in tal senso nel citato comma 423.
Difatti, la norma base della materia, non a caso richiamata sia da questo comma che dall’art. 2 del d.lgs. n. 99 del 2004, è l’art. 2135 del codice civile. È la norma codicistica che individua in termini generali la categoria, specificando, al terzo comma, che si intendono connesse: «le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata […]».
Ebbene, l’attività di cui è questione è appunto da qualificarsi come «attività dirett[a] alla fornitura di beni» e, quindi, per essa vale il requisito della «utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola».
In particolare, quello che qui viene in evidenza è il fondo, quale «risorsa» primaria dell’impresa agricola, che, anche quando sia utilizzato per la collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili degli edifici addetti al fondo, deve comunque risultare «normalmente impiegat[a]» nell’attività agricola.
Del resto, il requisito risulta immanente al concetto stesso di connessione ed è coerente con la ratio dell’intera normativa in materia, volta a riconoscere un regime di favore per l’impresa agricola pur in presenza dell’esercizio di attività connesse, purché queste ultime non snaturino la stessa impresa, contraddicendone la vocazione agricola.
Erra dunque il giudice rimettente nel negare che sia richiesto il requisito della prevalenza nei sensi indicati e pertanto le censure sollevate, in quanto si fondano su un erroneo presupposto interpretativo, vanno dichiarate non fondate.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2015.