ORDINANZA N. 123
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 55, comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009, n. 27 (Testo Unico in materia di Commercio), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche nel giudizio vertente tra la Oviesse s.p.a. e il Comune di Porto San Giorgio ed altri, con ordinanza del 9 novembre 2011, iscritta al n. 57 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti l’atto di costituzione di Oviesse s.p.a., nonché l’atto di intervento della Regione Marche;
udito nell’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Cecilia Martelli per Oviesse s.p.a. e Stefano Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale (TAR) per le Marche con ordinanza del 9 novembre 2011 ha sollevato – in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009, n. 27 (Testo Unico in materia di Commercio), nella parte in cui individua il regime di deroga all’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali in modo difforme da quanto previsto dall’art. 12 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che il Tribunale rimettente, dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale in materia di orari degli esercizi commerciali, afferma che la norma censurata, per quanto concerne i Comuni a prevalente economia turistica, diverge fortemente da quanto stabilito dalla legge statale citata e produce effetti negativi per la concorrenza;
che risulterebbe palese come il regime delle deroghe fissato dalla Regione Marche si allontani sensibilmente da quello stabilito dalla legge statale, la quale prevede la possibilità, per gli esercenti delle città a economia prevalentemente turistica, di derogare all’obbligo di chiusura nei giorni festivi;
che, in particolare, la norma della Regione Marche individua le zone per le quali sono previste ulteriori deroghe, indicando i centri storici, i piccoli Comuni di montagna e una fascia ristretta del lungomare;
che il legislatore regionale consente ai Comuni l’aumento delle deroghe per i centri storici (anche a non prevalente economia turistica), per i piccoli Comuni, per i Comuni montani e per una stretta fascia del lungomare (150 mt.), di fatto abolendo la distinzione normativa tra Comuni a prevalente economia turistica e gli altri;
che, tuttavia, la norma impugnata esclude dal regime di deroga tutte le aree dei Comuni a prevalente economia turistica che non rientrano nel centro storico o nel lungomare, in maniera, ad avviso del rimettente, fortemente limitativa in rapporto alla citata norma statale;
che con la nuova normativa la Regione avrebbe rinunciato al regime differenziato previsto per i Comuni a prevalente economia turistica, operando, di fatto, una penalizzazione di tutti gli esercizi che non rientrino nella zona del centro storico o in una stretta fascia del lungomare;
che, in conclusione, l’art. 55, comma 6, della legge reg. n. 27 del 2009 si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.;
che in data 7 maggio 2012 si è costituita la Regione Marche concludendo nel senso dell’inammissibilità o dell’infondatezza delle questioni sollevate dal TAR;
che, in via pregiudiziale, la resistente evidenzia che, successivamente alla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione, il quadro legislativo nazionale in materia è radicalmente mutato a seguito di quanto disposto dall’art. 31, comma l, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha stabilito che le attività commerciali, come individuate dal d.lgs. n. 114 del 1998, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio;
che, pertanto, secondo la Regione Marche si imporrebbe una restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione in ordine alla rilevanza della questione;
che, inoltre, la resistente eccepisce la manifesta inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, in quanto il Giudice rimettente avrebbe omesso del tutto di indicare i numerosi e articolati motivi proposti dal ricorrente nel giudizio principale;
che la questione sarebbe inammissibile anche perché si richiede una sentenza additiva senza che si sia in presenza delle cosiddette «rime obbligate» rispetto all’invocato parametro di costituzionalità;
che, nel merito, la questione sarebbe anche infondata, in quanto non sussisterebbe alcun contrasto tra la norma impugnata e l’art. 12 del d.lgs. n. 114 del 1998;
che, in data 8 maggio 2012, si è costituita la società Oviesse s.p.a., ricorrente nel giudizio principale, concludendo per l’accoglimento della questione di costituzionalità sollevata dal TAR per le Marche;
che la parte privata ritiene, con argomenti analoghi a quelli spesi dal rimettente, che la norma regionale violi la competenza statale in materia di tutela della concorrenza e si ponga in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
che, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Marche ha ribadito le proprie argomentazioni insistendo per la richiesta di restituzione degli atti al giudice rimettente e, in subordine, per la richiesta di declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione sollevata.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per le Marche con ordinanza del 9 novembre 2011 ha sollevato – in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009, n. 27 (Testo Unico in materia di Commercio), nella parte in cui individua il regime di deroga all’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali in modo difforme da quanto previsto dall’art. 12 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che, secondo il rimettente, la norma impugnata, escludendo dal regime di deroga all’obbligo di chiusura domenicale e festiva gli esercizi commerciali che, pur essendo presenti nei Comuni a prevalente economia turistica, non sono ubicati nel centro storico o nel lungomare, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ponendosi in evidente contrasto con la disciplina statale in materia, costituita dal citato art. 12 del d.lgs. n. 114 del 1998;
che la disciplina degli orari degli esercizi commerciali e della chiusura domenicale e festiva ha subito rilevanti modifiche ad opera del legislatore statale;
che un primo intervento si è avuto con l’art. 35, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la lettera d-bis) al comma 1 dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale);
che la nuova lettera d-bis) del comma 1 del citato art. 3 del d.l. n. 223 del 2006 ha aggiunto all’elenco degli ambiti normativi per i quali espressamente è escluso che lo svolgimento di attività commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni anche la disciplina degli orari e della chiusura domenicale o festiva degli esercizi commerciali sia pure solo in via sperimentale e limitatamente agli esercizi ubicati nei Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha ulteriormente modificato l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. n. 223 del 2006, eliminando dal testo della norma il riferimento ai Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte ed alla sperimentalità della nuova disciplina, così estendendo la liberalizzazione della disciplina degli orari degli esercizi commerciali e della chiusura domenicale e festiva a tutte le attività commerciali, come individuate dal d.lgs. n. 114 del 1998;
che, pertanto, attualmente la normativa statale prevede che tali attività commerciali non possano più incontrare limiti o prescrizioni relativi agli orari di apertura e chiusura e alle giornate di chiusura obbligatoria;
che compete al rimettente verificare se la motivazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della questione, prospettata nell’ordinanza di rimessione, resti valida alla luce del novum normativo;
che, pertanto, occorre restituire gli atti al giudice rimettente, perché operi una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (ordinanza n. 59 del 2012).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per le Marche.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2013.