Ordinanza n. 78 del 2010

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ORDINANZA N. 78

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                    Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                             Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                                 ”

-           Alfonso                       QUARANTA                                           ”

-           Franco                         GALLO                                                    ”

-           Luigi                            MAZZELLA                                            ”

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Maria Rita                   SAULLE                                                  ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 405, comma 1-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Varese nel procedimento penale a carico di V. T. ed altri, con ordinanza del 13 febbraio 2008, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

            Ritenuto che, con ordinanza del 13 febbraio 2008, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Varese ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 405, comma 1-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, al termine delle indagini preliminari, sia tenuto a formulare richiesta di archiviazione in ogni ipotesi nella quale il giudice per le indagini preliminari o il «tribunale del riesame», con provvedimenti non impugnati, si siano espressi sulla mancanza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen., e non siano stati successivamente acquisiti ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini;

            che il rimettente riferisce che, nel procedimento a quo, la misura cautelare già disposta nei confronti degli attuali imputati era stata revocata dal Giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., per sopravvenuta mancanza di indizi di reità, alla luce delle indagini difensive svolte;

che l’ordinanza di revoca della misura non era stata impugnata dal pubblico ministero, il quale aveva indi esercitato l’azione penale, pur non avendo acquisito ulteriori elementi a carico degli imputati;

che i difensori degli imputati avevano eccepito la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, assumendo che l’esercizio dell’azione penale sarebbe avvenuto in violazione dell’art. 405, comma 1-bis, cod. proc. pen. (violazione da reputare riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 178, lettera b, dello stesso codice): ciò in quanto l’ordinanza del giudice di merito non impugnata, costituente «giudicato cautelare», andrebbe assimilata alla pronuncia della Corte di cassazione ai fini dell’operatività del citato art. 405, comma 1-bis, cod. proc. pen., in forza del quale «il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell’articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini»;

            che – ad avviso del rimettente – tale tesi non potrebbe essere condivisa, avendo la disposizione censurata natura eccezionale, in quanto derogatoria del principio di obbligatorietà dell’azione penale, sancito dall’art. 112 Cost.: circostanza che impedirebbe di attribuirle, in via di interpretazione analogica od estensiva, una portata più ampia di quella risultante dalle espressioni usate;

            che, recependo l’istanza subordinata dei difensori, il giudice a quo reputa, tuttavia, di dover sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 405, comma 1-bis, cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 3 Cost.;

            che la norma censurata, limitando alla sola pronuncia della Corte di cassazione l’effetto preclusivo dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, creerebbe, infatti, un’irragionevole discriminazione tra situazioni identiche, in violazione del principio di uguaglianza;

che nessuna differenza sarebbe, infatti, ravvisabile nell’ipotesi in cui siano il giudice per le indagini preliminari o il tribunale del riesame, anziché la Corte di cassazione, ad un adottare un provvedimento in cui viene affermata l’insussistenza dei requisiti legittimanti la limitazione della libertà dell’indagato;

che la disposizione impugnata mirerebbe, in effetti, ad impedire che la pubblica accusa formuli richieste di rinvio a giudizio basate su un quadro indiziario del quale è stata riconosciuta l’inconsistenza nella fase cautelare, e che non risulti arricchito da alcun elemento ulteriore;

che, a tale fine, non sarebbe peraltro necessario percorrere tutti i gradi del giudizio cautelare: la pronuncia del giudice per le indagini preliminari che – tanto in sede di rigetto di una richiesta di misura cautelare, quanto in sede di accoglimento dell’istanza di revoca di una misura già adottata – accerti la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza, non avrebbe, infatti, sul piano delle conseguenze in tema di libertà dell’indagato, una valenza inferiore rispetto al vaglio, pur qualificato, della Corte di cassazione, e non potrebbe produrre, quindi, effetti diversi in rapporto all’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero;

che, per contro, esigendo l’intervento della Corte di cassazione, la norma censurata finirebbe per rimettere allo stesso pubblico ministero – ossia proprio all’organo le cui «prerogative» si intendono limitare – la «sorte processuale» dell’indagato, col risultato di esporre ad un diverso trattamento anche indagati nel medesimo procedimento: a fronte di una pronuncia cautelare a sé sfavorevole, il pubblico ministero potrebbe infatti decidere, a suo arbitrio, di non adire i giudici superiori, conservando così – pur in assenza di ulteriori elementi di accusa – la facoltà di esercitare l’azione penale.

Considerato che, con il quesito di costituzionalità, il giudice rimettente mira ad ampliare l’ambito di applicazione dell’art. 405, comma 1-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), il quale stabilisce che, «al termine delle indagini», il pubblico ministero debba formulare richiesta di archiviazione allorché ricorrano due condizioni: e, cioè, da un lato, che «la Corte di cassazione si [sia] pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza», ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen.; e, dall’altro, che «non [siano] stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini»;

che il giudice a quo reputa, in particolare, eccessivamente restrittiva la prima delle due condizioni, assumendo che – onde evitare la violazione dell’art. 3 della Costituzione – l’obbligo dell’organo dell’accusa di chiedere l’archiviazione debba operare anche quando la gravità indiziaria, di cui all’art. 273 cod. proc. pen., sia stata esclusa dal giudice per le indagini preliminari o dal tribunale del riesame con decisione non impugnata e senza che ad essa abbia fatto seguito un arricchimento del materiale investigativo;

che con sentenza n. 121 del 2009, successiva all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima nella sua interezza la norma che il rimettente vorrebbe vedere ampliata, sul rilievo della incompatibilità della richiesta “obbligata” di archiviazione, da essa prefigurata, con gli artt. 3 e 112 Cost.;

che, di conseguenza, la questione di costituzionalità oggi in esame è divenuta priva di oggetto e va quindi dichiarata manifestamente inammissibile;

che, infatti, attenendo la questione alla medesima norma già rimossa dall’ordinamento con efficacia ex tunc dalla ricordata declaratoria di incostituzionalità, resta preclusa al giudice a quo una nuova valutazione della perdurante rilevanza del quesito, valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione degli atti al rimettente (con riferimento a questioni analoghe all’attuale, ordinanza n. 126 del 2009).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 405, comma 1-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Varese con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2010.