ORDINANZA N. 6
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, lettera e-ter), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), lettera introdotta dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, promosso con ordinanza depositata il 23 settembre 2008 dal Giudice di pace di Cosenza, nel giudizio vertente tra Angelo Panebianco, il Comune di San Fili e la s.p.a. Areariscossioni, iscritta al n. 79 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’iscrizione del fermo amministrativo dell’autovettura di un debitore di un Comune – iscrizione comunicata all’interessato dalla società incaricata della riscossione del credito, a séguito del mancato adempimento di una ingiunzione di pagamento –, il Giudice di pace di Cosenza, con ordinanza depositata il 23 settembre 2008, ha sollevato, in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 19, comma 1, lettera e-ter), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), lettera introdotta dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
che il Giudice di pace rimettente premette che: a) dalla comunicazione dell’iscrizione del fermo inviata al debitore non risultano le ragioni del credito posto a fondamento di detto fermo; b) la controversia rientra nella propria competenza per valore; c) il provvedimento di fermo oggetto della controversia incide su un diritto patrimoniale del cittadino;
che, su queste premesse, il giudice rimettente afferma, quanto alla non manifesta infondatezza della sollevata questione, che la disposizione censurata, nell’attribuire alla commissioni tributarie la giurisdizione esclusiva sulle controversie concernenti il fermo amministrativo di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), istituisce un giudice straordinario o speciale, in contrasto con l’evocato parametro costituzionale;
che, quanto alla rilevanza, lo stesso giudice osserva che, in applicazione della disposizione censurata, a suo avviso non interpretabile in modo conforme a Costituzione, dovrebbe dichiarare il proprio difetto di giurisdizione;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.;
che, secondo la difesa erariale, la questione è inammissibile perché il rimettente: a) non ha indicato le ragioni del dedotto contrasto con il parametro da lui evocato; b) non ha tentato di interpretare la disposizione denunciata in modo conforme a Costituzione, ponendola in rapporto con l’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 ed intendendola nel senso che la cognizione delle commissioni tributarie è limitata alle sole «questioni connesse alla riscossione di uno dei tributi riservati» alla giurisdizione tributaria, come ritenuto dalla stessa Corte costituzionale con l’ordinanza n. 57 del 2008; c) avrebbe potuto individuare la natura del credito azionato sia procedendo ad un attento esame della «cartella esattoriale» sia acquisendo ulteriore documentazione idonea ad evidenziare i dati mancanti; d) fa un «”uso distorto dell’incidente di costituzionalità” al fine di sindacare scelte discrezionali del Legislatore e tentare di conseguire avallo ad una tesi interpretativa»;
che, nel merito, sempre per la difesa erariale, la questione è «manifestamente infondata», perché: a) il legislatore gode di ampia discrezionalità nel definire la disciplina del processo e dei relativi istituti e le sue scelte sono censurabili sul piano costituzionale solo ove si manifestino irragionevoli ed arbitrarie; b) nella specie, il legislatore è intervenuto al fine di risolvere difficoltà interpretative circa l’individuazione del giudice competente a decidere in materia; c) la disposizione denunciata non istituisce una giurisdizione speciale, ma si limita «a disciplinare un aspetto processuale del procedimento esecutivo esattoriale, attribuendo la competenza a conoscere delle questioni concernenti una misura generale cautelare finalizzata ad assicurare la riscossione delle imposte al giudice competente a decidere del credito garantito».
Considerato che il Giudice di pace di Cosenza dubita, in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, della legittimità dell’art. 19, comma 1, lettera e-ter), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), lettera introdotta dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
che, in particolare, ad avviso del rimettente, la norma censurata, attribuendo alle commissioni tributarie la giurisdizione esclusiva sulle controversie concernenti la misura cautelare del fermo amministrativo di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), istituisce un giudice straordinario o speciale, in contrasto con l’evocato parametro costituzionale;
che la difesa erariale ha eccepito la manifesta inammissibilità della questione, perché il giudice a quo non ha tentato di fornire una interpretazione costituzionalmente orientata della denunciata disposizione;
che l’eccezione è fondata;
che il rimettente, infatti, si è limitato ad affermare, in modo meramente assertivo, che la disposizione denunciata deve essere necessariamente interpretata nel senso che la cognizione delle controversie sul fermo amministrativo di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 è attribuita alle commissioni tributarie, indipendentemente dalla natura tributaria od extratributaria del credito posto a fondamento della misura di fermo;
che il giudice a quo, in particolare, ha omesso di indicare le ragioni per le quali ritiene di non seguire l’interpretazione data alla denunciata disposizione dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione, le quali, con ordinanza n. 14831 del 2008, anteriore all’ordinanza di rimessione, hanno fissato il principio di diritto (in precedenza espresso anche da numerose decisioni dei giudici di merito) secondo cui, con riferimento alle controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1972 ed ai fini della giurisdizione, rileva la natura dei crediti posti a fondamento di detto provvedimento di fermo, con la conseguenza che la giurisdizione spetterà al giudice tributario o al giudice ordinario a seconda della natura tributaria o meno dei crediti, ovvero a entrambi se il provvedimento si riferisce in parte a crediti tributari e in parte a crediti non tributari;
che, in forza di tale principio – successivamente ribadito dalle indicate sezioni unite con la sentenza n. 12112 del 2009 e le ordinanze n. 10672 e n. 7034 del 2009 –, il giudice tributario non è il giudice di tutte le controversie in materia di fermo amministrativo dei beni mobili registrati, ma solo di quelle in cui il fermo è posto a garanzia di un credito di natura tributaria;
che, pertanto, con tale interpretazione, la disposizione denunciata si sottrarrebbe alla censura di violazione dell’art. 102, secondo comma, Cost.;
che, al riguardo, non ha alcun rilievo la circostanza, riferita dal rimettente, che dagli atti di causa non emerge la natura del credito posto a fondamento del fermo;
che in tale evenienza, infatti, il giudice a quo avrebbe dovuto espletare ogni piú opportuna indagine consentitagli dal codice di rito al fine di accertare tale natura e, nell’impossibilità di un siffatto accertamento, avrebbe dovuto ritenere radicata la giurisdizione del giudice ordinario (secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento a casi analoghi: ex multis, Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza n. 7034 del 2009);
che, in conclusione, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della sollevata questione, perché il rimettente non ha dimostrato di avere esperito il doveroso tentativo di pervenire, in via interpretativa, alla soluzione da lui ritenuta costituzionalmente corretta (ex plurimis, ordinanze n. 57 del 2008; n. 108 e n. 68 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, lettera e-ter), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), lettera introdotta dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata, in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Cosenza con l’ordinanza in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2010.