ORDINANZA N. 82
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo MADDALENA Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto dalla Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia-Confedilizia contro il Ministero dell’interno ed altri, con ordinanza del 6 marzo 2008, iscritta al n. 303 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visto l’atto di costituzione della Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia-Confedilizia;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2009 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 6 marzo 2008, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali), per violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;
che il giudice a quo riferisce di essere investito di un ricorso proposto dalla Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia-Confedilizia avverso il decreto del Prefetto di Milano del 21 maggio 2007 (prot. n. 10.3/200700288 – Gab.), con il quale è stato disciplinato il funzionamento dei lavori della Commissione per la graduazione delle azioni di rilascio di immobili ad uso di abitazione, prevista dalla legge n. 9 del 2007;
che, in particolare, il decreto impugnato è stato adottato dal Prefetto di Milano in attuazione dell’art. 3, comma 2, della legge n. 9 del 2007;
che, secondo quest’ultima norma, «A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni individuati nell’articolo 1, comma 1, possono essere istituite apposite commissioni, con durata di diciotto mesi, per l’eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell’autorità giudiziaria ordinaria, delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica»;
che il comma 3 del medesimo art. 3 della legge n. 9 del 2007 recita: «Le prefetture - uffici territoriali del Governo convocano le commissioni di cui al comma 2 e ne definiscono il funzionamento e la composizione, garantendo la presenza, oltre che del sindaco del comune interessato all’esecuzione di rilascio e del questore, o di loro delegati, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia maggiormente rappresentative, individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, e della convenzione nazionale, sottoscritta ai sensi del medesimo articolo 4, comma 1, in data 8 febbraio 1999, e successive modificazioni, nonché di un rappresentante dell’Istituto autonomo case popolari, comunque denominato, competente per territorio»;
che, secondo quanto riferisce il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, il ricorrente nel giudizio principale ha articolato due tipi di censure: in primo luogo, il Prefetto nell’atto impugnato sarebbe «andato oltre il compito assegnatogli dalla legge disciplinando l’attività degli uffici giudiziari e attribuendo loro compiti non previsti dalla legge, tra l’altro imponendo ai proprietari prestazioni non rispondenti alla riserva di legge di cui all’art. 23 Cost.»; in secondo luogo, gli artt. 1 e 3 della legge n. 9 del 2007 sarebbero costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt. 3, 24, 42 e 113 Cost.;
che nel giudizio a quo si sono costituiti il Ministero dell’interno e la Prefettura di Milano per resistere al ricorso e con ordinanza 20 settembre 2007, n. 1420 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato;
che, con l’odierno atto di promovimento, il rimettente ha dichiarato infondata la prima censura, assumendo che con il decreto impugnato il Prefetto di Milano avrebbe fatto applicazione dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007, compiendo «certo delle scelte di carattere organizzativo e funzionale, ma nel rispetto dei parametri fissati dalle norme di legge»;
che, quanto alla seconda censura, il rimettente osserva che «i dubbi di costituzionalità sollevati da parte ricorrente in punto di sospensione degli sfratti e di modalità tecniche in cui la stessa avviene […] non sono rilevanti [in quanto] la controversia in esame ha ad oggetto il provvedimento del Prefetto di Milano che ha provveduto all’organizzazione e al funzionamento della Commissione amministrativa che, secondo le previsioni dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007, deve aver cura della eventuale graduazione amministrativa delle azioni esecutive»;
che il Collegio giudicante ritiene, invece, rilevanti e non manifestamente infondati i dubbi di legittimità costituzionale relativi all’art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 9 del 2007 in punto di disciplina dell’istituto della graduazione amministrativa degli sfratti;
che, con riguardo alla rilevanza della questione, il rimettente osserva che il giudizio ha per oggetto il decreto del Prefetto di Milano del 21 maggio 2007, con il quale è stata data attuazione all’art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 9 del 2007, e che dunque lo stesso decreto, qualora le norme censurate fossero dichiarate costituzionalmente illegittime, «verrebbe travolto per illegittimità derivata»;
che, inoltre, la questione sarebbe non manifestamente infondata, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 321 del 1998;
che, in particolare, le norme in oggetto, pur facendo salve le competenze dell’autorità giudiziaria ordinaria, sovrapporrebbero a queste ultime «la valutazione amministrativa tendente a modellare l’effettivo svolgimento dell’azione esecutiva, conformandola alle esigenze pubbliche» indicate nella legge;
che, pertanto, «l’operare dell’organo amministrativo non [sarebbe] nella specie di mera collaborazione, ausiliarietà e strumentalità all’esecuzione forzata» ma realizzerebbe «“un intervento che giunge a determinare un sostanziale differimento amministrativo della singola esecuzione forzata, incidendo in tal modo sul principio costituzionale della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive” (Corte cost. sentenza n. 321 del 1998)»;
che il giudice a quo richiama, infine, un ulteriore passaggio della citata sentenza n. 321 del 1998, secondo cui «il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (art. 24, primo comma, Cost.) comprende la fase dell’esecuzione forzata, la quale è diretta a rendere effettiva l’attuazione dei provvedimenti giurisdizionali, che non può essere elusa o condizionata da valutazioni amministrative di opportunità»;
che, per le ragioni anzidette, il rimettente considera rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 9 del 2007, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.;
che la Confedilizia, ricorrente nel giudizio principale, si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale, chiedendo che la questione venga accolta;
che, in prossimità della data fissata per l’udienza, la stessa Confedilizia ha depositato una memoria con la quale insiste per l’accoglimento della questione;
che la parte privata, pur dando atto che la norma di cui al comma 2 dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007 è già stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 166 del 2008, ritiene che ancora si imponga una declaratoria di illegittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 3;
che, in particolare, la Confedilizia assume che la formale vigenza di quest’ultima disposizione avrebbe dato vita ad una ambigua prassi amministrativa, in virtù della quale il Prefetto di Milano sembrerebbe «giocare sull’equivoco, imputando alla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 166 del 2008, in quanto riferibile solo al comma 2 e non anche al comma 3 dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007, l’effetto di comportare la semplice “cessazione” per l’avvenire dei compiti della Commissione per la “graduazione” degli sfratti, anziché di travolgere integralmente il “funzionamento” della Commissione stessa, come sarebbe indubitabile che dovrebbe essere in presenza di declaratoria di incostituzionalità tanto del comma 2 che del comma 3 dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007»;
che, a parere della stessa parte, «in difetto di una esplicita dichiarazione di incostituzionalità del comma 3 dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007, resterebbe invero un dubbio, non facile da cancellare, sul significato e la portata da annettere al dato, incontestabile, che tale medesima disposizione è sopravvissuta, appunto, al vaglio di illegittimità di cui alla sentenza n. 166 del 2008»;
che, pertanto, la Confedilizia «confida […] nel prudente apprezzamento dell’Ecc.ma Corte affinché ogni possibile incertezza, circa la persistenza nell’ordinamento del comma 3 dell’art. 3 della legge n. 9 del 2007 e dei suoi effetti, possa essere definitivamente rimossa».
Considerato che, con ordinanza depositata il 6 marzo 2008, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali), per violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;
che, successivamente alla proposizione della presente ordinanza, l’art. 3, comma 2, della legge n. 9 del 2007 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 166 del 2008 di questa Corte, per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost.;
che, per effetto di tale pronuncia, la questione di legittimità relativa al comma 2 dell’art. 3 è divenuta priva di oggetto e deve, quindi, essere dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis, ordinanze n. 45, n. 22, n. 17 e n. 11 del 2009);
che il comma 3 dell’art. 3, il quale si limita ad attribuire alle prefetture il compito di convocare e definire il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 2 dell’art. 3, è divenuto inapplicabile a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato comma 2, con la conseguenza che difetta il requisito della rilevanza della questione;
che, pertanto, risulta manifestamente inammissibile anche la questione di legittimità costituzionale relativa al comma 3 dell’art. 3.
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 marzo 2009.
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2009.